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CRAZEOLOGY

Topic "C O M P L O T T O D I F A M I G L I A"

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Auto. Nell'incontro la conferma che la presenza industriale nel nostro

Paese è parte integrante dei progetti della società - A fine mese il cda

Elkann: Italia strategica nei piani Fiat

Il presidente del Lingotto rassicura il premier Monti e il capo dello Stato Napolitano

di ANDREA MALAN (Il Sole 24ORE 27-10-2012)

John Elkann rassicura Mario Monti sull'impegno della Fiat in Italia. Il presidente del gruppo torinese ha incontrato ieri in mattinata il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e nel pomeriggio è stato ricevuto a Palazzo Chigi dal premier Monti, cui ha riconfermato che la presenza industriale nel nostro paese è parte integrante della strategia della società.

Fonti vicine al gruppo affermano che gli incontri di ieri non sono legati ad annunci specifici che potrebbero arrivare martedì 30 ottobre dopo il consiglio d'amministrazione che esaminerà i risultati del 3° trimestre 2012; se si è parlato di strategie, insomma, lo si è fatto in termini generali, e non con riferimento a programmi specifici. I dettagli sono ancora sul tavolo dell'amministratore delegato di Fiat, Sergio Marchionne, il quale è in questi giorni a Detroit da dove tornerà nel fine settimana: sarà lui a prendere le ultime decisioni operative. Per quanto riguarda martedì, l'unica sicurezza è che verrà annunciata – oltre ai conti trimestrali – anche la revisione dei target finanziari fino al 2014, che dovranno tener conto del deterioramento del mercato europeo.

Elkann era già stato a Roma il mese scorso, quando insieme a Sergio Marchionne aveva incontrato Monti e i ministri Passera e Fornero. Già in quella sede i vertici del Lingotto avevano rassicurato il Governo dopo le polemiche scatenate dalla decisione di rimettere mano al piano di investimenti nel nostro Paese. Nell'incontro del 22 settembre Marchionne aveva riproposto la strategia di fare dell'Italia una piattaforma per l'export; per agevolarla è stato creato un «tavolo per l'export» al ministero dello Sviluppo economico, che – ha chiarito ieri il ministro Corrado Passera – sta continuando il suo lavoro. Da allora, però, la crisi del mercato europeo dell'auto si è riconfermata con i dati negativi di settembre (-18,5% per Fiat in Europa) e i concorrenti hanno varato nuove misure per contenere i costi; le più drastiche sono quelle di Ford, che ha annunciato la chiusura di tre impianti entro il 2014 e il taglio di 6.200 posti di lavoro. Di qui la necessità per il Lingotto di rassicurare Roma sul fatto che la linea rimane inalterata.

Quanto gli spostamenti di produzioni – veri o presunti – possano essere delicati dal punto di vista politico, lo dimostra una gaffe del candidato repubblicano alla presidenza Usa, Mitt Romney: in un comizio in Ohio giovedì ha accusato «la Jeep, controllata dagli italiani» di voler spostare tutta la produzione in Cina; in realtà l'ipotesi formulata dai vertici di Jeep era di «produrre in Cina l'intera gamma Jeep» per il mercato locale, e non sostituendo le fabbriche americane.

Tornando in Italia, a Pomigliano intanto sale la tensione per una raccolta di firme avviata da alcuni lavoratori della newco preoccupati dalla sentenza della Corte d'appello di Roma, che dispone l'assunzione di 145 cassintegrati della Fiom. Il segretario generale della Fismic, Roberto Di Maulo, annuncia che la petizione ha raccolto 1.400 firme; secondo l'agenzia Ansa, a detta del fronte anti petizione «sarebbero stati tanti gli operai che si sono lasciati convincere a firmare per paura di essere tra i primi a dover lasciare la fabbrica per far rientrare i colleghi della Fiom».

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Le nuove produzioni

Anche un «Piano Balilla» per risolvere il rebus

SUL TAVOLO Per il mini suv a Mirafiori un dossier con il nome della storica vettura. Cassino e Melfi in corsa per le produzioni «estere»

di MARCO FERRANDO (Il Sole 24ORE 27-10-2012)

Un esercizio matematico. È quello che vede impegnato da metà settimana l'ad di Fiat, Sergio Marchionne, con i suoi collaboratori: la premessa è nota (la crisi europea dell'auto) e la scelta strategica di Fiat pure (massima cautela sul lancio dei nuovi modelli), ma di qui occorre trovare la formula che consenta di ottenere il massimo risultato con gli investimenti, non molti, che si considerano sostenibili al momento. È di qui che nascerà il piano sugli stabilimenti europei che il Lingotto presenterà dopodomani con la trimestrale: l'enfasi non sarà quella di Fabbrica Italia, ma a quanto si apprende – sollecitato anche dall'azionista – Marchionne presenterà un progetto articolato, che almeno dovrebbe aiutare a evitare i battibecchi delle ultime settimane e a spostare il dibattito sul terreno della concretezza.

Il contenuto del piano, come ricorda chi conosce bene Marchionne, potrà cambiare fino all'ultimo. Però i punti fermi, insieme a qualche dettaglio di colore, sono ormai definiti. Volendo partire da questi ultimi, nelle settimane scorse il progetto che Fiat sta mettendo a punto per Mirafiori è stato battezzato "Piano Balilla": era già accaduto che al Lingotto si ricorresse ai modelli che hanno fatto la storia dei suoi marchi per riconoscere i diversi dossier, come la Fulvia e la Topolino, ed è probabile che anche nel caso della Balilla il piano perda il nome prima di vedere la luce, ma è la conferma che a Mirafiori si starebbe dedicando un'attenzione particolare. Per lo storico stabilimento martedì dovrebbe arrivare la conferma del mini suv, sia per il segmento B che per quello C.

E gli altri siti? Di fatto, il mini suv è l'unico nuovo modello in rampa di lancio dei marchi italiani. Per tenere a galla i volumi degli altri siti, le strade sono due: produrre in Europa modelli Chrysler destinati agli Usa o produrre per altre case. Su quest'ultimo fronte, le voci più accreditate dicono che i contatti sono a buon punto con Mazda, per cui si potrebbe lavorare a Melfi o in Polonia. Cassino, invece, dove arriverà il restyling della Giulietta, potrebbe essere il sito chiamato a lavorare per il mercato americano. Per il resto, piccoli aggiustamenti: l'avvio a Pomigliano della versione 4x4 e metano della nuova Panda, l'ampliamento della gamma della 500L prodotta a Kragujevac, in Serbia, dove arriveranno le versioni extra-large, metano e con la guida a destra. Senza produzioni per terzi, Tychy, per ora dovrebbe accontentarsi della 500, della Y e della Ford Ka, di cui è a rischio il contratto di assemblaggio della nuova versione. Unico sito al riparo, Atessa, dove il Ducato è una garanzia.

Qualunque sia la soluzione dell'esercizio, un dato è certo: i tempi. Con lo stop a tutti i programmi del luglio scorso, per veder uscire i primi (nuovi) modelli ci sarà da aspettare almeno la fine del 2014. Con tutte le immaginabili conseguenze per l'intera filiera.

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Fiat vince la causa contro la Rai e Corrado Formigli

I magistrati di Torino hanno dato torto alla tivù nazionale e a un suo giornalista per la prova in tivù dell'Alfa MiTo. Ma ci sarà il ricorso...

http://www.sicurauto.it/ilsemaforo/news/fiat-vince-la-causa-contro-la-rai-e-corrado-formigli.html

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povero ganascione

ora senza berlusconi di cosa parla quel furbacchione

ha sfruttato la buona fede dei poveri diavoli e lui si è arricchito

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Altro favore agli Agnelli: Fassino

raddoppia le cubature alla Juve

MALUMORI NEL PD La società vuole edificare 260 mila mq accanto allo stadio

La Giunta ha dato il via libera ma parte della maggioranza contesta

di STEFANO CASELLI (il Fatto Quotidiano 10-11-2012)

Un pezzo di città da riqualificare, una potente società calcistica che potrebbe farsene carico (e completare così il progetto inedito e vincente di uno stadio di proprietà), una sciagurata operazione urbanistica di qualche anno fa e una città con un disperato bisogno di denaro liquido per rientrare nel Patto di stabilità. Sono gli elementi di una vicenda che rischia di incrinare la maggioranza di centrosinistra che governa Torino. Lunedì il consiglio comunale voterà la variante del piano regolatore che darebbe il via libera alla Juventus per la costruzione di una “cittadella bianconera” accanto allo Stadium . Variante che quattro consiglieri del Pd, e l’Idv Giuseppe Sbriglio, minacciano di non votare. e non sono mancati aspri dissapori tra quest’ultimo (ex assessore allo sport di Chiamparino) e l’assessore all’urbanistica Ilda Curti (Pd).

Si tratta di un progetto ambizioso su un’area di (almeno) 260 mila metri quadrati che prevede la costruzione di un centro sportivo (anche per la prima squadra), la nuova sede societaria, un centro di medicina dello sport, un albergo da 120 stanze, un cinema multisala da dieci schermi e - soprattutto - edifici di edilizia privata. La Juventus verserebbe nelle casse comunali 10, 5 milioni di euro (più gli oneri di urbanizzazione previsti per legge) e promette di investirne oltre 40. Il risultato promesso è la rinascita di un quartiere disagiato a tutto vantaggio - come del resto accade in molti paesi d’Europa - di una società calcistica che, grazie allo stadio di proprietà, raddrizza i bilanci e attira turisti.

Cosa agita, dunque, i consiglieri della maggioranza che sostiene Piero Fassino? Il prezzo troppo basso? In effetti meno di euro al metro quadro per il diritto di superficie è tutt’altro che sfavorevole, ma c’è dell’altro. Il problema, in realtà, riguarda una gestione un po’ leggera della vicenda. Chi è accecato dal tifo avverso evoca sudditanza a casa Agnelli, altri - meno prosaicamente - ci vedono l’esigenza di incassare alla svelta.

LA GIUNTA, a fine luglio, ha siglato un protocollo con la Juventus senza fissare un prezzo per la vendita ma accettando tout court l’offerta della società di Andrea Agnelli. Inoltre, nel testo della delibera sottoposto al Consiglio pochi giorni fa, è “magicamente” raddoppiata (da 6 a 12 mila mq) l’area destinata all’edilizia residenziale, quella più redditizia, senza che il Comune - come logica suggerirebbe - abbia chiesto un euro in più. A seguito di questo “incidente” è stata disposta una perizia, che tuttavia vedrebbe la luce solo ex post. Cosa accadrebbe se il prezzo non sarà considerato congruo?

C’è poi la questione di ciò che già esiste alla Continassa: l’ex Palastampa ora in gestione alla famiglia Togni (già in contenzioso con la città) e - soprattutto - l’ex Arena rock. Quest’ultima è un’enorme spianata di terra pensata come area concerti costata 5 milioni di euro e mai (dicasi mai) usata in quasi dieci anni, perché assolutamente e palesemente inadeguata. L’Arena rock è oggi un kartodromo, costruito da una società privata che ha vinto una regolare gara pubblica (a cui la Juventus non ha partecipato). Non è un rischio contabile - si chiedono i consiglieri “ribelli” - far finta che alla città quella struttura non sia costata milioni di euro? E soprattutto, chi manda via i concessionari? E a che prezzo? Il rischio, insomma, è che il ricavato della vendita - se la Juventus non accetterà di farsene carico - finisca in risarcimenti e contenziosi con i privati.

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Torino, il Comune litiga sulla Juve

“Abbiamo svenduto aree commerciali”

Il club ha chiesto il raddoppio della superficie residenziale vicino allo stadio

Il sindaco Fassino: “L’investimento è fondamentale per quella zona. La soluzione si trova”

di GABRIELE GUCCIONE & DIEGO LONGHIN (la Repubblica 10-11-2012)

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TORINO — I progetti del nuovo quartier generale della Juventus mandano in crisi la maggioranza di Fassino. Sul piano di riqualificazione dell’area della Continassa, estrema periferia di Torino, il rischio è che il centrosinistra, diviso sul «prezzo» concordato tra Comune e società bianconera, lunedì debba chiedere un aiuto all’opposizione per approvarlo. Prima vera impasse da quando Piero Fassino è stato eletto sindaco. «E se l’intervento dovesse decadere — dice il sindaco rivolgendosi ai consiglieri riottosi — gli unici a farne le spese sarebbero i residenti della Vallette che perderebbero una grande occasione». Ma andiamo per gradi. È un intervento ambizioso, quello che la Juventus vuole realizzare a due passi dal nuovo stadio di proprietà. Un’area degradata dove punta a realizzare, oltre alla sede, centro e campi di allenamento, un cinema multisala, un centro benessere, un albergo e alloggi di pregio. Ed è proprio su quest’ultimo particolare che si gioca la partita.

Gli accordi di luglio tra il sindaco Fassino e il presidente della Juventus, Andrea Agnelli, parlavano di 10,5 milioni per 180 mila metri quadri di superficie, di cui 33mila edificabili. Ma poco prima che l’atto approdasse in Consiglio comunale l’intesa è stata rivista e la giunta ha proposto di raddoppiare i metri quadri edificabili come residenziale: da 6 a 12mila. Tutto senza ritoccare di una virgola il prezzo. L’ha riconosciuto lo stesso capogruppo del Pd, Stefano Lo Russo: «Non è accettabile che l’aumento delle cubature non porti a un incremento del valore di quell’area».

E così, da dieci giorni, all’interno della maggioranza che amministra la città degli Agnelli ci si arrovella sulla delibera. Il nodo principale, senza contare i problemi dovuti allo sgombero di un campo rom abusivo, è il prezzo. Troppo basso, lamentano i consiglieri insoddisfatti. A detta di alcuni potrebbe valere 5 milioni in più rispetto ai 10,5 pattuiti su propostadellaJuve. Contrario alla variante urbanistica l’ex assessore allo Sport della giunta Chiamparino e consigliere del-l’Idv, Giuseppe Sbriglio: «Dove sono le perizie sul valore effettivo dell’area?». Contrari anche quattro eletti del Pd: i «renziani» Guido Alunno, Domenica Genisio, Domenico Mangone e Marco Muzzarelli. «Non si può decidere in tempi così stretti. Siamo sicuri che la cifra sia congrua?», si chiede Muzzarelli.

Cinque voti in meno che lunedì in Sala Rossa, se non si troverà una mediazione, non consentiranno a Fassino di raggiungere i 21 «sì» necessari. E determinante sarà quindi l’apporto di alcuni consiglieri di Pdl e Lega Nord. Fassino vuole che la delibera, modificata con alcuni emendamenti, vada avanti così com’è, e che una eventuale ridiscussione del prezzo venga fatta dopo la perizia che si è deciso di affidare al Politecnico di Torino.

La Juventus, che prevede un investimento di 41,5 milioni, non sembra disposta a vedersi alzare il costo. L’ad Aldo Mazzia ha ribadito: «Non possiamo modificare gli accordi, ne andrebbe della tenuta finanziaria dell’operazione ». La giunta è però convinta che una quadratura si riesca a trovare: «In un momento di scarsità di risorse pubbliche — dice Fassino — non possiamo permetterci di perdere questa occasione per rivitalizzare un’area della città».

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Per approvare la delibera serviranno forse i voti dell’opposizione. Fassino: “A rimetterci sarebbero le Vallette”

La Juve spaventa il Comune

Oggi il voto sulla Continassa: la maggioranza è divisa

Il sindaco vuole evitare che la delibera passi con i voti decisivi dell’opposizione

di GABRIELE GUCCIONE & DIEGO LONGHIN (la Repubblica - Torino 12-11-2012)

Il giorno della verità sulla Continassa, il giorno in cui la maggioranza che sostiene la giunta Fassino, divisa sulla variante che dà il via libera al nuovo progetto del quartier generale della Juventus, potrebbe non essere sufficiente in Sala Rossa per approvare la delibera. E i voti di alcuni eletti di Pdl e Lega sarebbero determinanti per l’ok del Comune. La giunta si è impegnata a rivedere gli accordi ed eventualmente il prezzo con la società bianconera sulla base di una perizia del Poli dopo l’approvazione della delibera, ma forse non basterà a far cambiare idea ai cinque ribelli della maggioranza.

L’impegno a cambiare il prezzo, sancito con un emendamento, non accontenta la pattuglia di consiglieri “ribelli” formata da quattro eletti del Pd, Guido Alunno, Domenica Genisio, Domenico Mangone e Marco Muzzarelli. A cui si aggiunge il consigliere dell’Idv ed ex assessore della giunta Chiamparino, Giuseppe Sbriglio, difensore del kartodromo nell’area dell’Arena Rock e «critico sull’operazione per il metodo, per il prezzo basso e non per la riqualificazione in sé». Prima della seduta in Sala Rossa Fassino tenterà l’ultima mediazione, partecipando alla riunione del gruppo del Pd: «Se non si dà il via alla riqualificazione gli unici a perderci saranno gli abitanti delle Vallette», aveva detto in Consiglio. L’obiettivo è ridurre il numero di «no» ed evitare di avere bisogno dell’opposizione per approvare la variante.

Il gruppo dei “ribelli” sembra compatto. «Non siamo contro l’investimento, ma contro il metodo — dice il consigliere Guido Alunno — la forma in questo caso è sostanza. Non possiamo accontentarci di un emendamento con una delibera attorno. La perizia va fatta a monte, non a valle della variante. Anche perché la Juventus potrebbe poi non essere d’accordo con i nuovi valori dell’area». E Domenica Genisio aggiunge: «Il Pd ha fatto un gran lavoro, merito del capogruppo e dell’impegno di tutti, ma rimangono i miei dubbi sul prezzo e sul valore delle aree da dare in concessione».

Ma quanto potrebbe valere in più l’area della Continassa? Cinque milioni dopo il raddoppio delle metrature destinate all’edilizia residenziale, passate, secondo gli ultimi accordi con la Juventus, da 6mila a 12mila metri quadri. Cinque milioni in più rispetto ai 10 e mezzo pattuiti a luglio su proposta della società con la firma della prima intesa. Un calcolo teorico sulla base delle considerazioni dei tecnici del Municipio e delle valutazioni immobiliari della zona. La società bianconera dovrebbe mettere in conto circa 15 milioni per i 180mila metri quadri della Continassa, di cui 33mila edificabili, dove realizzare multisala, centro benessere, palazzi, campi di allenamento e albergo.

Qualche parametro di massima, non il calcolo, il settore valutazioni l’aveva abbozzato: «Se rimangono a carico della città le bonifiche e gli sgomberi di occupanti senza titolo è opportuno che sia massimizzato il parametro di valutazione del prezzo finale». Non il 20 per cento, ma il 25 per cento del valore calcolato sulle quotazioni di mercato. Incrociando i dati delle quotazioni immobiliari, secondo l’Agenzia del Territorio il prezzo medio è di 2.500 euro al metro quadro per le abitazioni e di 1.500 per gli uffici e il commercio, dopo il passaggio da 6 a 12mila del residenziali, il valore dell’area potrebbe aggirarsi attorno ai 15,4 milioni. Sarebbe il 25 per cento del prezzo medio, calcolato in base alle attuali valutazioni di mercato delle Vallette, che a lavori ultimati i costruttori incasserebbero dalla vendita degli alloggi e degli spazi commerciali: 61,5 milioni di ricavi, su investimento dichiarato dalla Juventus di 41,5 milioni.

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Il retroscena

Hanno vinto la gara, ma hanno costruito la pista senza avere tutte le autorizzazioni

L’autogol della pista di kart

Multa nell’aria per i gestori

Le tre società replicano: “E’ tutto in regola, i tecnici del Comune sono venuti più volte”

di DIEGO LONGHIN (la Repubblica - Torino 12-11-2012)

I responsabili delle tre società che hanno vinto la gara per aggiudicarsi l’Arena Rock e realizzare il kartodromo all’interno dell’ex area concerti (Expo Rent, Stamas Racing ed Expo Group) rischiano di dover pagare una multa salata a Palazzo Civico. Decine di migliaia di euro per quello che si profila come un abuso edilizio. Una pecca amministrativa che costerà cara ai vincitori del bando del dicembre 2010 e che potrebbe indurre il Comune a mettere in forse il rapporto con le società che hanno inaugurato da poco la pista per i gokart.

Il quadro che fino a pochi giorni fa vedeva il Municipio nella condizione di dover risarcire i gestori dell’Arena Rock per liberare gli spazi, che rientrano nel progetto della Juve, potrebbe ribaltarsi. Non esiste nessuna autorizzazione edilizia precedente all’inizio dei lavori della pista. Non esiste perché il raggruppamento di imprese non si è curato di avanzare la richiesta ai competenti uffici dell’edilizia sportiva di Palazzo Civico prima di dare il via. Una situazione che si può sanare solo pagando una multa.

I responsabili del kartodromo dicono che «è tutto in regola e che i tecnici degli uffici del Comune sono venuti più volte a fare sopralluoghi e non hanno eccepito nulla. I lavori sono finiti, stiamo aggiungendo i cordoli della pista, non mi occupo degli aspetti burocratici, ma noi abbiamo il titolo per fare quello che abbiamo fatto», spiega Daniele Cravotto di Expo Rent. Forse i tecnici non si sono accorti dell’inizio dei lavori.

Le tre società non hanno firmato la concessione degli spazi, ma hanno in mano un’autorizzazione temporanea di occupazione scaduta a marzo e rinnovata. Documento che dà pieno diritto ai vincitori della gara di utilizzare gli spazi, ma non a costruire 900 metri di asfalto senza autorizzazioni edilizie.

Un via libera necessario e previsto anche nello stesso schema di concessione reperibile sul sito del Comune e non ancora firmato dalle parti. All’articolo 5 si legge che «la realizzazione delle opere, costo 944 mila euro, dovrà essere eseguita a totale cura e spese del soggetto convenzionato, previa presentazione del relativo progetto». E poi «il progetto relativo ai lavori a carico del concessionario dovrà essere sottoposto al parere tecnico del settore edilizia sportiva». I lavori sono già stati completati. Non è poi chiaro se i vincitori della gara abbiano presentato la certificazione d’impatto acustico, così come richiesto nella determina del luglio 2011.

La vicenda assume i contorni di un pasticcio amministrativo, tanto che il Municipio potrebbe recedere in maniera unilaterale dall’intesa con i gestori. Nello schema di concessione è previsto che il Comune, per inadempienze, possa incamerare la cauzione, pari a 67 mila euro, oltre al pagamento, come penale, di un anno di canone. Altri 26 mila euro.

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La Continassa I “ribelli” resistono in Sala Rossa sia pure

con modi diversi contro il piano di riqualificazione della zona

Sì alla Juve, la maggioranza trema

Cinque no dagli alleati, 4 sì dall’opposizione. Fassino: non mi scandalizzo

di GABRIELE GUCCIONE (la Repubblica - Torino 13-11-2012)

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È una maggioranza sul filo del rasoio, quella che ha consentito alla Sala Rossa di approvare dopo cinque ore di dibattito la controversa delibera sulla cittadella bianconera alla Continassa, attorno allo stadio della Juventus. I cinque consiglieri “ribelli” della maggioranza sono andati fino in fondo, anche se con qualche distinguo: due hanno votato contro, il democratico Domenico Mangone e l'ex assessore e consigliere dell'Idv Giuseppe Sbriglio. Tre alla fine, dopo i laboriosi tentativi di mediazione andati a vuoto all'interno del Pd, hanno optato per l'astensione: gli esponenti democratici “renziani” Guido Alunno, Domenica Genisio e Marco Muzzarelli.

Numeri che non hanno consentito ai quattro voti favorevoli dell'opposizione, tre dal Pdl e uno da Fli, di essere determinanti sul piano numerico, come ci si aspettava. La maggioranza ha potuto fare affidamento su 20 voti, quanto basta per toccare la maggioranza numerica, il minimo indispensabile rispetto ai consiglieri presenti in aula. Ma non abbastanza per superare la soglia critica dei 21 voti favorevoli, che costituisce la maggioranza politica su cui si basa la fiducia alla giunta Fassino. La questione di fiducia, del resto, non è stata neanche posta. Ma il centrosinistra non ne esce certo con tutte le ossa intere, diviso al suo interno, principalmente sulla premura imposta alla delibera e sulle modalità con cui la partita è stata gestita dall'assessore all'Urbanistica Ilda Curti. «Non mi scandalizza che questa delibera abbia trovato il consenso di alcuni esponenti dell'opposizione», ha detto il sindaco Piero Fassino.

«La necessità di una risistemazione dell'area della Continassa è condivisa da tutti»: è stato il ritornello più o meno condiviso da tutti in aula, durante la discussione. I distinguo sono stati sull'iter che porterà alla cessione di 180mila metri quadri alla Juventus, di cui 33mila edificabili, dove la società ha in mente di costruire la sua nuova sede sociale, il training center della “prima squadra”, un cinema multisala, un centro benessere, un albergo, e alloggi di pregio.

«Avrei preferito un altro percorso », ha detto Mangone, uno dei più determinati oppositori. Ma al centro del contendere ci sono state le valutazioni sul prezzo dell'area concordato con la Juventus: 10,5 milioni di euro, rimasti invariati nonostante il raddoppio a ottobre delle metrature destinate alle residenze, passati da 6 a 12mila metri quadri. Secondo i consiglieri “ribelli” si sarebbe dovuto fare prima una perizia per valutare il prezzo effettivo dell'area, e poi procedere con l'adozione della variante. La giunta con un emendamento, dopo le mediazioni portate avanti dal capogruppo del Pd Stefano Lo Russo e dell'assessore al Patrimonio Gianguido Passoni, si è impegnata a fare la perizia nelle prossime settimane: «Sarà decisiva per confermare o per rivedere le condizioni iniziali», ha rassicurato Fassino. Altra questione spinosa, particolarmente a cuore all'altro oppositore di maggioranza, l'Idv Giuseppe Sbriglio, è stata quella del kartodromo costruito sull'Arena rock. Con un emendamento l'amministrazione ha stabilito che si troverà «la modalità più idonea per liberare l’area».

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Rcs ritorna ai livelli di fine agosto,

la situazione finanziaria resta insostenibile

Profondo rosso per Rcs a Piazza Affari all'indomani dei conti. L'azione crolla del 5,32% a quota 1,174 euro dopo essere scivolata nell'arco della mattinata a un minimo, che non vedeva dal 30 agosto di quest'anno, a 1,157 euro. Se si pensa che lo scorso 6 settembre ha toccato il massimo dell'anno a quota 2,99 euro, il titolo ha in pratica perso il 60% del suo valore in tre mesi.

Non solo la società ha chiuso i nove mesi con un risultato netto negativo per 380,5 milioni dai -25,5 milioni di un anno prima e con ricavi consolidati in calo a 1.184,1 milioni, ma per fine anno vede ricavi e risultati operativi correnti in sensibile diminuzione.

Come se non bastasse l'indebitamento finanziario netto è sì diminuito da 938,2 milioni di fine 2011 a 875,6 milioni, ma principalmente per i benefici della cessione di Flammarion, parzialmente compensati dai continui investimenti effettuati, dalle spese sostenute per il processo di ristrutturazione e dall'assorbimento di cassa della gestione tipica. La situazione finanziaria resta quindi non sostenibile.

Tanto che, scrive oggi MF, l'aumento di capitale, che probabilmente sarà contenuto nel piano strategico che verrà annunciato a dicembre, potrebbe anche essere superiore rispetto alle recenti indiscrezioni che indicano 400 milioni di euro di fabbisogno: almeno 800 milioni di euro. Se davvero si arriverà a questo importo la conseguenza diretta sarà che numerosi degli attuali soci, vincolati fino alla primavera del 2014, potrebbero decidere di non impegnarsi fino in fondo, lasciando il controllo dell'azienda in mano a due o tre azionisti al massimo.

Il nuovo piano, sul quale è al lavoro l'ad Pietro Scott Jovane, "risponderà con linee guida e strategie adeguate alle nuove sfide del mercato, sia per gli aspetti strutturali della congiuntura macroeconomica, sia per le criticità dei prodotti tradizionali, puntando con determinazione a una innovativa logica editoriale e di sistema".

La prima grana per l'ad è rappresentata dallo sciopero indetto dalla Cgil aziendale di Rcs Quotidiani (220 iscritti su 420 dipendenti) per la giornata di domani in concomitanza con lo sciopero nazionale indetto dalla Confederazione. Ciò bloccherà l'uscita in edicola del Corriere della Sera e della giornalaccio rosa dello Sport.

Ma in attesa, il mercato approfitta del 89% incassato dall'azione da inizio anno per prendere profitto anche perché i broker non cambiano idea: Banca Akros ha confermato il rating sell e il target price a 0,70 euro visto che il debito conta per oltre il 10% dell'attuale target di equity value del gruppo editoriale.

"Le nostre stime per la fine dell'anno che vedono al momento vendite a 1.663 milioni dai 2.075 milioni del 2011, un ebitda a 50 milioni da 168 milioni del 2011 e una perdita a 4 milioni da un utile di 30 milioni verranno di nuovo riviste al ribasso", annunciano gli analisti di Banca Akros che stimano anche un debito netto a fine anno a 831 milioni.

Anche gli analisti di Mediobanca (underperform e target price a 0,56 euro), che si aspettano ricavi 2012 a 1.638 milioni e una perdita più consistente a 344 milioni, ritengono che il debito sia una questione da risolvere: "la cessione di Flammarion con i conseguenti effetti sulla posizione finanziaria netta non è infatti una soluzione strutturale".

http://www.milanofin...a+insostenibile

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L'Unita':

"Alleanza Agnelli-RCS Mediagroup in vista?"

14.11.2012

Sull'Unita' un articolo sui possibili risvolti media: Un’alleanza, un matrimonio tra la Stampa e il gruppo Rcs Mediagroup, la creazione del più grande polo di quotidiani, con il Corriere della Sera e la giornalaccio rosa dello sport. È l’ipotesi che nasce tra le pieghe del piano di ristrutturazione di via Solferino e il prossimo aumento di capitale di Rcs che potrebbe riaprire la battaglia per il controllo della società. Dopo l’idea di fusione tra Intesa SanPaolo e Unicredit, sull’asse Torino- Milano il capitalismo italiano valuta un’altra ipotesi clamorosa.

I promessi sposi, si sa, non sempre convolano a nozze. Ma spesso il lungo fidanzamento, d’amore o d’interesse, può portare lontano e rendere felici. Nel mezzo di una crisi che pare non voler finire mai, con un capitalismo tricolore che fatica a stare a galla tra difficoltà interne, sfide internazionali e anche qualche rissa, emergono ipotesi, idee, anche progetti che in condizioni normali nessuno avrebbe mai osato proporre, né tantomeno discutere.

Ma l’emergenza e i suoi effetti destabilizzanti possono aprire prospettive impreviste. Sull’asse Milano-Torino, sul quale già nei giorni scorsi è stata buttata lì la “bomba” di una possibile fusione tra Intesa SanPaolo e Unicredit, in questi giorni si sta parlando di un matrimonio editoriale che cambierebbe il panorama italiano dei mezzi di informazione e rappresenterebbe una rivoluzione, o forse l’avvio di una nuova restaurazione dipende dai punti di vista, nel potere capitalistico dei media.

In mezzo ai lavori in corso per la riorganizzazione di Rcs Mediagroup, è spuntata un’idea, quasi una provocazione: ma perchè non mettiamo insieme la Stampa degli Agnelli e il Corriere della Sera e la giornalaccio rosa dello Sport, perchè non accorpiamo in qualche modo i due gruppi e creiamo il maggior polo editoriale nazionale, leader nei quotidiani, con una vocazione internazionale, una presenza forte nei libri, nella pubblicità, nei nuovi media?

La discussione, che non ha mai trovato conferme ufficiali, è inizialmente partita dal fronte pubblicitario. Viste le enormi difficoltà del mercato è stata ipotizzata prima l’unione tra la Publikompass, agenzia de la Stampa e di altre testate minori, e le attività di pubblicità della Rcs. E poi il discorso, puramente informale che non è finora arrivato all’ufficialità di un consiglio di amministrazione, è diventato più impegnativo, quasi un risiko del potere finanziario e industriale privato attorno ai grandi giornali di informazione.

I protagonisti sono quasi sempre gli stessi. Gli eredi Agnelli e la Fiat hanno la Stampa e sono azionisti rilevanti da lungo tempo di Rcs Mediagroup. Gianni Agnelli si prese il Corriere all’inizio degli anni Ottanta, quando via Solferino era inquinata dalla P2 e vicina al fallimento per la conduzione di Tassan Din e del giovane Rizzoli. Per evitare di apparire troppo invadenti Agnelli ed Enrico Cuccia diedero una spolverata alla finanziaria Gemina, la aprirono a qualche fedele e spesso inutile alleato, e ci misero dentro la quota di controllo del Corriere.

Per la verità i milanesi spesso sono rimasti delusi del comportamento della Fiat in città e solo una memoria che funziona a rate può aver fatto dimenticare i pasticci dei predecessori di Sergio Marchionne alla Rinascente o all’Alfa di Arese. Col tempo il salotto è stato allargato. Si sono presentati nuovi e coraggiosi investitori come il neopadrone del San Raffaele, Giuseppe Rotelli, Diego Della Valle persino i progressisti Benetton, che stanno però fuori dal patto di sindacato che controlla il gruppo con oltre il 65% del capitale, ma la sostanza dei fatti non è cambiata. Torino e Mediobanca hanno sempre fatto il bello e il cattivo tempo alla Rizzoli e al Corriere.

Ora Rcs Mediagroup è alla vigilia di una radicale ristrutturazione che dovrebbe dovrebbe realizzarsi con un aumento di capitale tra i 400 e i 500 milioni di euro, una ridefinizione del perimetro di attività con la difesa e il rafforzamento dei quotidiani e il netto ridimensionato dei periodici, e investimenti sul web e i nuovi media.

Il nuovo amministratore delegato Pietro Scott Jovane sta lavorando al piano industriale che sarà varato in dicembre e ieri ha informato i consiglio delle ultime novità. I conti sono ancora in rosso, Rcs ha perso 380 milioni di euro nei primi nove mesi dell’anno i ricavi sono calati a 1,3 miliardi e il debito è pari a 875,6 milioni. Davanti alla sede di Rcs hanno manifestato i giornalisti dei periodici contro le ipotesi di tagli e hanno chiesto la solidarietà dei loro colleghi dei quotidiani. I numeri che circolano del piano di Scott Jovane non sono per nulla rassicuranti, ma bisogna attendere l’ufficialità.

L’ipotesi di alleanze o di un matrimonio editoriale tra Torino e Milano nasce, dunque, nelle pieghe di questo passaggio delicato per l’editoria italiane anche per grandi gruppi come la Stampa e Rcs. Le idee su come collaborare o sposarsi sono tante e non manca la fantasia ai protagonisti di questa partita. Marchionne, nella sua ultima intervista al Corriere, ha chiesto alla giornalista Raffaella Polato che lo intervistava un consiglio se sottoscrivere o meno l’aumento di capitale Rcs. La Fiat certo lo farà se sarà soddisfatta del nuovo piano industriale. Ma in questa occasione può succedere di tutto.

L’aumento di capitale potrebbe scatenare nuovamente la battaglia sul controllo, potrebbe essere l’occasione per cambiare gli equilibri tra i soci ben prima della scadenza del patto di sindacato del 2014. Una modifica dei rapporti di forza nel capitale, un’alleanza più compiuta tra la Stampa e Rcs, pur nel rispetto delle autonomie delle prestigiose testate, sarebbero novità rilevanti, con un forte impatto politico e sulle concentrazioni editoriali.

L’ipotesi di un matrimonio, a ben vedere, non è poi così peregrina e qualche preparativo c’è già stato. In casa Agnelli la società editoriale Itedi è stata incorporata nella Editrice la Stampa. Dall’inizio del 2012, poi, la Stampa e Rcs hanno un accordo industriale che prevede la produzione del quotidiano di Torino per l’Italia del Nord nella tipografia Rcs di Pessano, alle porte di Milano, e la produzione della giornalaccio rosa dello Sport per il Nord Ovest nello stabilimento del quotidiano degli Agnelli a Torino. Se son rose...

www.tuttojuve.com/?action=read&idnotizia=117317

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Holding. Il net asset value torna a crescere e tocca 7,46 miliardi

Exor accelera nel trimestre

e conferma le stime 2012

DATI A CONFRONTO Il paragone sui nove mesi (profitti -41% a 286,4

milioni) è invece penalizzato dagli elevati proventi atipici realizzati nel 2011

di LAURA GALVAGNI (Il Sole 24ORE 15-11-2012)

Un terzo trimestre in forte ascesa sul fronte dell'utile, mentre il conto dei profitti dei nove mesi paga il confronto con l'anno precedente che era stato ricco di proventi atipici. In aggiunta il net asset value torna a crescere. Sono questi, in sintesi, le principali indicazioni emerse dai risultati conseguiti da Exor in questo primo scorcio dell'anno. In particolare, al 30 settembre il nav della holding era pari a 7.464 milioni di euro con un incremento di 1.144 milioni rispetto al dato del 31 dicembre 2011.

Quanto ai numeri di bilancio, Exor ha chiuso il terzo trimestre con un utile consolidato di 71,8 milioni (64,3 milioni in più rispetto all'analogo periodo 2011). La variazione positiva è da imputare principalmente ai maggiori risultati ottenuti dalle partecipate nel terzo trimestre il cui ammontare complessivo è stato di 67,8 milioni. Nei nove mesi, invece, i profitti si sono attestati a 286,4 milioni, in calo di 198,3 milioni rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso. All'epoca, però, quel risultato includeva proventi atipici per 324,2 milioni legati all'acquisizione del controllo di Chrysler da parte del Gruppo Fiat.

Al 30 settembre 2012 il patrimonio netto consolidato attribuibile ai soci della controllante Exor spa ammontava a 7,05 miliardi, con un incremento netto di 654,7 milioni rispetto al dato di fine 2011, pari a 6,4 miliardi.

Al 30 settembre 2012, la posizione finanziaria netta consolidata del sistema holdings si attestava a -531,7 milioni rispetto al saldo di fine 2011 (-325,8 milioni). La variazione negativa di 205,9 milioni riflette gli investimenti effettuati nel periodo (438,2 milioni), oltre che i dividendi distribuiti da Exor (-80,1 milioni) e altre variazioni (-69,6 milioni), parzialmente compensati dai dividendi incassati dalle partecipate (151,7 milioni), dai proventi delle cessioni (203,9 milioni) e da rimborsi di capitale (26,4 milioni). Va ricordato, tra l'altro, che a valle della chiusura dei nove mesi, in particolare lo scorso 16 ottobre, la holding ha perfezionato l'emissione di un prestito obbligazionario non convertibile per un ammontare di 150 milioni con scadenza 16 ottobre 2019. Il bond è stato collocato presso investitori qualificati e aveva il preciso scopo di dotare Exor di nuovi mezzi freschi anche per proseguire con la strategia societaria che punta a un allungamento della scadenza del debito. Le obbligazioni hanno cedola fissa annua pari a 4,750% (con rendimento effettivo a scadenza pari al 5,073%) ed hanno ricevuto un rating creditizio pari a BBB+ da parte di Standard & Poor's. Nuove munizioni che in ogni caso vanno ad arrotondare la cassa disponibile da utilizzare, se possibile, per nuovi investimenti. Per la holding resta poi altamente prioritario anche l'altro obiettivo ossia quello di pulire il portafoglio valorizzando le piccole partecipazioni di minoranza.

Infine, riguardo alle attese per il futuro Exor prevede per l'esercizio 2012 un risultato positivo. A livello consolidato i conti dovrebbero evidenziare risultati economici positivi legati in larga misura dall'andamento delle principali società partecipate.

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L’AGGREGAZIONE DEI SERVIZI EDITORIALI NEL BUSINESS PLAN

Rcs progetta il polo-stampa

di ANDREA MONTANARI & STEFANIA PEVERARO (MF-Milano Finanza 17-11-2012)

La crisi aguzza l’ingegno. Il nuovo amministratore delegato di Rcs Mediagroup, Pietro Scott Jovane per cercare di venire a capo della difficile situazione finanziaria e patrimoniale della casa editrice (il rosso al 30 settembre si è attestato a 380 milioni) sta studiando una soluzione di natura industriale per il contenimento dei costi di produzione, stampa e distribuzione dei giornali, in particolare delle testate di punta, il Corriere della Sera e la Ġazzetta dello Sport. La creazione di un polo-stampa sarà uno dei capitoli più importanti e interessanti del piano che sta elaborando assieme ai consulenti di McKinsey e che presenterà il 19 dicembre. L’idea è quella di aggregare il centro stampa, l’attività di distribuzione e la concessionaria di pubblicità con altri operatori del Centro Nord Italia. Un modo per fare ingenti sinergie, passando anche da robusti tagli agli organici. I partner con i quali dialogare sono in particolare la Editrice La Stampa (come già più volte indicato da MF-Milano Finanza) che apporterebbe il suo centro stampa e la concessionaria Publikompass e il Gruppo Sole24Ore con i suoi asset, ivi compresa la concessionaria Sole24Ore System. Al momento, va detto che il piano ipotizzato da Jovane non ha definito realmente i perimetri del polo-stampa e né messo nero su bianco i partner industriali. Ma da tempo sul mercato si fa riferimento a queste società che hanno le attività in Lombardia e Piemonte e quindi facilmente aggregabili. Tra l’altro va segnalato che nessuno dei tre operatori ha mai smentito queste opzioni. Il progetto comunque è in fase avanzata di elaborazione e nelle prossime settimane verrà disegnato nella sua interezza proprio in vista della scadenza della presentazione al mercato del piano di ristrutturazione di Rcs, che conterrà anche la ricapitalizzazione da non meno di 350-450 milioni. L’opzione dell’eventuale conferimento di asset faciliterebbe il compito di Fiat che, come socio forte del patto di sindacato, vuole aderire alla ricapitalizzazione ma non ha ancora individuato la modalità più idonea. E non è da escludere che il progetto di Jovane possa essere o allargato ad altri competitor oppure essere replicato dagli editori del Centro e Sud Italia. L’attesa sul business plan e sull’aumento stanno pesando sul titolo Rcs sceso a 1,11 euro dopo aver perso il 16% nell’ultima settimana.

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ehhh, carissimo Craze, ci vorrebbe una mitragliata di missilink, una mitragliata costante...

........chissà se così chi deve capire (...che non è né il capo/padrone della BDOL, né il pupazzo a capo della FIGC, né quell'altro che pontifica dalla presidenza del CONI, né quella marmaglia indecente che appesta le sedicenti trasmissioni di "informazione" (!!!) sportiva, bensì quel tristanzuolo a cui Calciopoli è scoppiata in mano....) capirà che forse è meglio cambiare strategia.

dovrebbe arrivarci perfino uno non troppo sveglio come lui............

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Joined: 18-Feb-2008
118 messaggi

Ciao Craze.

Torno a scrivere qui dopo lunga assenza.

Per non trovarmi d'accordo sul tuo pezzo.

Un missilink non è sufficiente. Ma neppure 20, 30 e credo nemmeno un centinaio.

E' che i ladri vanno imputati, denunciati, colpiti, condannati.

Altrimenti si tengono la refurtiva e ridono dei commenti o dei non commenti.

E' questione anche qui di angolazioni.

Dalla mia vorrei che tornasse indietro il maltolto, ma vedo che AA tende a stringere accordi sotterranei piuttosto che fare pubblica denuncia di cosa successe nei mesi susseguenti il 31 agosto 2006.

Sarà per via dei "cuggini" ?

Per quanto riguarda il 31 agosto 2006, inoltre, io in Corso Galfer ho visto te ed altri cari amici, ma AA non l'ho visto nè sentito. Eppure, per la miseria, si decideva se sospendere un campionato senza la Juventus.... Non si parlava di vendiota di noccioline tostate.

Au revoir !

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Joined: 24-Oct-2006
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Se si facesse informazione seria, e quando dico seria non intendo difensiva, ma controffensiva, non risolveremmo calciopoli probabilmente, perché quella è una partita a parte da giocare col palazzo chiuso e barricato dall'interno, ma tanti pezzenti verrebbero rasi al suolo, sia umanamente che professionalmente.

Le querele sono cose che finiscono in fascicoli persi per i tribunali delle repubblica...

Vanno bene, ma solo qualcuna, perché non si può rincorrere tutti... Ci sarebbe da querelare metà del paese.

Ma se invece si comincia ad usare la stessa arma di chi ci accusa, e si scende in dettagli (tal giornale ha scritto questo, è tutto falso perché i fatti provati sono questi, ecc), si distrugge la credibilità di persone e intere aziende (giornali e tv in particolare).

Siamo 14 milioni. Immaginate cosa potrebbe significare se da domani tutti gli Juventini sentono dire certe cose da Conte o Agnelli su qualcosa di offensivo ed errato che è stato scritto da una certa testata.

Se lo dico io non vale niente, ma se lo dicono loro l'effetto bomba è garantito.

Poi io credo che questa cosa che è avvenuta è solo una tantum, data da un po' di nervosismo, ma per loro la componente mediatica è un fatto molto relativo. Vivono alla giornata. Non c'è nessuna strategia.

Ma una volta che hanno fatto qualcosa di buono bisogna riconoscerglielo...

Sul fatto che nel 2006 AA non ha detto nemmeno una parola su quanto stava accadendo son d'accordo.

Non gli è piaciuto sicuramente, ma non si è sbattuto più di tanto...

O forse non poteva... Vai a sapere.

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Fiat/CNH

THE LEX COLUMN (FINANCIAL TIMES 21-11-2012)

A bit of “carota”. A bit of “bastone”. Fiat Industrial’s patience has worn thin as it tries to meld its own assets and those of 88 per cent-owned CNH into what would be the world’s thirdlargest capital equipment group by sales. Understandably so. It is six months since Turin-based Fiat first proposed share exchange terms, based on undisturbed market prices, that would see both companies fold into a US-listed “NewCo” – only to be told by CNH’s minorities that these were inadequate.

Discussions with the minorities’ representatives have since failed to produce agreement. So Fiat is now unilaterally offering the carrot of a $10 per CNH share special dividend. But it is also warning that more operational integration between it and CNH will be pursued regardless – a move that could involve raising prices for services and products (such as engines) supplied to the US group by Fiat Industrial. The minorities’ representatives have until tonight to decide on these final terms.

They should accept – even if some still hanker after a full cash offer. The logic of a simplified group, better able to match up against peers such as Caterpillar, has always been obvious. On the valuation front, with Fiat trading at €8.35, the offer is now worth more than $50 per CNH share (including the dividend) or 11 times consensus 2012 earnings. CNH shareholders may – fairly – point out that their assets are driving Fiat at present: CNH accounted for almost 80 per cent of its third-quarter trading profit. But there is no control premium at issue and expected synergies are not large.

Meanwhile, the dividend, which will cost $300m, does return some of CNH’s own cash to its investors. Not doing the deal could also be costly: if Fiat Industrial-supplied engines and services are repriced post-2015, this could cut CNH’s margin by 100 basis points, Fiat warns. Time to sign up.

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INCULATA INDUSTRIAL - UNA PARTE DELLA FIAT UFFICIALMENTE NON È PIÙ ITALIANA: MARPIONNE TRASFERISCE FIAT INDUSTRIAL IN OLANDA - UNA MOSSA CHE GUARDA AGLI INTERESSI DEGLI AZIONISTI DEGLI AGNELLI: AVRANNO LA FACOLTÀ DEL DOPPIO VOTO PER OGNI AZIONE - CHI CI RIMETTERÀ SARÀ L'ITALIA E GLI ITALIANI: COSÌ FACENDO L'AZIENDA DI TORINO POTRÀ AVERE UN SACCO DI AGEVOLAZIONI FISCALI...

Walter Galbiati per "La Repubblica.it"

Alla fine è volata in Olanda. Un colosso come Fiat Industrial da 25 miliardi di euro di fatturato non batterà più bandiera italiana e verserà le tasse altrove. Il rilancio prendere o lasciare del numero uno della società, Sergio Marchionne, ha convinto della bontà dell'operazione gli amministratori indipendenti di Cnh, gli unici che potevano impedire la fusione con la casa madre. Di certo grazie all'unione tra Cnh e Fiat Industrial, annunciata oggi, il nuovo gruppo pagherà meno interessi sul debito (gli analisti dicono 150 milioni in meno) ed, essendo più internazionale, avrà anche più accesso ai mercati finanziari. Ma il vantaggio per gli altri portatori di interesse in Fiat (dai fornitori ai lavoratori, dall'Italia ai clienti) è tutto da dimostrare.

Sembrava francamente difficile che uno Special Committee stipendiato da Fiat potesse opporsi a lungo. Tra di loro non c'era nemmeno un italiano, con l'aggravante che di indipendente quegli amministratori non avevano nulla, visto che sono tutti a libro paga di Torino. Sono il professor Thomas Colligan, ex revisore della Pricewaterhouse Cooper, il professor Rolf Jeker, che nella sua vita ha collezionato numerosi incarichi in Svizzera, Jacques Theurillat, avvocato esperto di tasse, il professor Edward Hiler e il banchiere (tra l'altro ex Lehman Brothers) Kenneth Lipper.

Di certo hanno avuto il merito di strappare una maxi cedola da 10 dollari in contanti per azione al temuto Sergio Marchionne che dal canto suo nella trattativa ha messo sul tavolo una minaccia non troppo velata. Se l'operazione non fosse passata, la Fiat Industrial si sarebbe incassata anche lei un dividendo da oltre 2 miliardi di dollari, dando certo un contentino di 290 milioni agli azionisti di minoranza, ma svuotando di fatto la cassa del gruppo americano. Per di più Marchionne aveva minacciato di non garantire più nessuna cedola per il futuro e di rivedere in senso peggiorativo per Cnh tutti gli accordi infragruppo con Fiat. Insomma una spada di Damocle che lo Special Committe ha preferito subito rimuovere.Sono stati definiti indipendenti, anche se i primi tre percepiscono, da diversi anni, circa 115mila dollari l'anno da Cnh e gli altri circa 87mila dollari. Per sciogliere la loro riserva e chiarire i loro dubbi si sono avvalsi della consulenza, remunerata sempre da Fiat, di Jp Morgan e di Lazard con l'aiuto dei legali degli studi Cravath, Swaine & Moore LLP, De Brauw Blackstone Westbroek N. V e di Bonelli, Erede & Pappalardo.

L'ultima possibilità di bloccare l'operazione è in mano agli Agnelli che, però, hanno annunciato "pieno sostegno all'operazione". Con lo spostamento della sede all'estero, gli azionisti di minoranza di Fiat Industrial si possono sfilare esercitando il diritto di recesso. Se alla Fiat il recesso costerà più di 325 milioni di euro, gli Agnelli potranno decidere il da farsi. Un ampio recesso sembra tuttavia improbabile, tanto quanto un ripensamento da parte della famiglia. Così nel 2013 si assisterà alla prima grande migrazione all'estero della Fiat coi suoi veicoli industriali, prima che si compia quella più attesa dell'auto. Con la fusione societaria, si trasferisce fuori dai confini nazionali la testa della società, mentre la produzione e gli stabilimenti sono già in via di ridimensionamento o di chiusura.

Trasferire l'azienda dall'Italia all'Olanda porterà benefici societari e fiscali, che vanno nell'esclusivo interesse degli azionisti di maggioranza. I principali sono avere azioni con privilegi diversi e risparmiare in tasse. Il primo lo ha confermato la società stessa nel suo annuncio: "Gli azionisti che parteciperanno alle assemblee di Fiat Industrial e di Case New Hollande convocate per deliberare sull'operazione e rimarranno azionisti delle due società fino al completamento della fusione avranno la facoltà, indipendentemente dal voto da loro espresso, di ricevere due voti per ogni azione loro attribuita. Tale diritto sarà valido fino al momento in cui tali azioni saranno cedute. Successivamente alla chiusura dell'operazione, il diritto di ottenere il doppio voto per azione spetterebbe anche ai detentori di azioni a voto singolo che rimarranno azionisti della società per almeno tre anni".

Uno dei sistemi più utilizzati per creare holding in Olanda è conosciuto come "dutch sandwich" (il "panino olandese"), che consiste nel collocare una società holding madre nelle Antille Olandesi e la società holding figlia in Olanda, che a sua volta possiede l'operativa collocata in uno stato estero (per esempio, Usa e Italia). Il fine è di avere un beneficio fiscale (fino all'esenzione) sui dividendi prodotti dalle controllate o di avere minori aliquote di imposta.I primi a beneficiarne, non vale neanche la pena di sottolinearlo, saranno gli Agnelli. Con la fusione, la loro quota in Fiat Industrial si diluirebbe dal 30% al 27% (al di sotto della soglia d'Opa), ma il doppio diritto di voto blinderebbe di fatto il controllo della società. Quanto ai benefici fiscali, bisogna attendere i dettagli della fusione, sui quali Marchionne ha mantenuto il più stretto riserbo.

In Olanda, i dividendi non sono tassati a differenza dell'Italia dove sono esenti solo per il 95%, mentre sul restante 5% si versa al Fisco un'imposta del 27,5%. Equivale a una aliquota dell'1,375% che sui grandi numeri non è irrilevante. Avere gli zoccoli ai piedi vuol dire anche pagare meno royalties sui marchi e sui brevetti (non per niente molte case del lusso hanno le società proprietarie dei marchi con sede in Olanda) e avere a disposizione una serie di accordi con Paesi esteri sulla doppia imposizione più numerosi rispetto a quelli siglati dall'Italia.

Un altro fattore rilevante che ha dato di fatto il via libera all'espatrio delle holding italiane è stata la recente normativa sul congelamento delle plusvalenze latenti. Prima, per trasferire la sede fuori dall'Italia, era necessario pagare subito le tasse sulle plusvalenze che la vendita degli asset della società avrebbe generato. Dallo scorso anno la tassazione è differita nel tempo e viene rimandata al momento della cessione vera e propria dell'asset. Liberi tutti. E Marchionne e gli Agnelli non hanno perso tempo per portare una parte del loro gruppo lontano dai controlli degli ispettori del Fisco italiano.

[26-11-2012]

http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/inculata-industrial-una-parte-della-fiat-ufficialmente-non-pi-italiana-marpionne-trasferisce-fiat-industrial-47250.htm

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potessi io

andarmene

non sentire più parlare di

berlusca renzi & c

abete petrucci & c

tronchetti moratti & c

profumo geronzi & c

c c & c

qualsiasi popolo civile

li avrebbe presi a calci in c**o

invece noi facciamo la fila.............

non ho ancora capito per cosa

carosone canta va

tu vo fa a mericano mericano

ma se nato in italiiiiii

comunque io non posso e rimango qui

e li subisco

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Trattativa in corso alla Rcs anche per la Ġazzetta dello Sport. Obiettivo: iniziare a risparmiare

Il Corsera stringe sul taglio orario

Repubblica è già pronta. La Stampa partirà da lunedì

di MARCO A. CAPISANI (ItaliaOggi 27-11-2012)

A breve i quotidiani del gruppo Corriere della Sera e Ġazzetta dello Sport dovranno chiudere le loro pubblicazioni entro le 22,30. Sono, infatti, alle battute finali le trattative tra sindacati e azienda. I primi risparmi per Rcs arriveranno così da qui. Gli aggiornamenti delle news successivi alla chiusura del quotidiano verranno affidati ai siti internet e alle varie pubblicazioni digitali. Repubblica è già pronta a compiere la stessa scelta mentre la Stampa di Torino ha deciso di partire con l’orario ridotto di lavoro da lunedì prossimo.

Ieri intanto, il titolo Rcs ha iniziato la settimana con un rally in Borsa chiudendo su del 4,1% a 1,27 euro, dopo essere stato sospeso più volte per eccesso di volatilità (+17%). A spingere le quotazioni è stato l’incontro informale di domenica tra l’a.d. Pietro Scott Jovane e i consiglieri del gruppo editoriale per il nuovo piano industriale, che verrà presentato ufficialmente al cda del 19 dicembre. Un piano che ha i suoi pilastri nell’aumento di capitale da almeno 400 milioni di euro per coprire le perdite per 380 milioni alla fine dei primi nove mesi dell’anno e la riduzione dell’organico di cento giornalisti e altri 400 dipendenti. I tagli tra i redattori dovrebbero intervenire prima nell’area periodici, dove qualche testata rischia la chiusura, alcuni femminili e magazine del comparto casa possono invece venir accorpati. Solo in un secondo momento le uscite riguarderanno i quotidiani, Corriere della Sera e Ġazzetta dello Sport.

Ma prima che queste operazioni portino i loro pieni effetti, il gruppo presieduto da Angelo Provasoli inizierà a risparmiare (seppur solo in una minima parte necessaria a risanare i conti in rosso) eliminando la ribattuta. Scelta che permette anche di non arrivare in ritardo in edicola ed evita problemi di distribuzione, estero compreso.

A Torino, per esempio, il quotidiano di casa Agnelli diretto da Mario Calabresi ha iniziato a strutturare operativamente la chiusura anticipata scaglionando l’invio delle pagine in tipografi a, a seconda della redazione. I singoli servizi inizieranno a chiudere progressivamente a partire dalle 21,30. I primi a dover mandare i pezzi in stampa saranno quelli meno legati all’attualità (le cosiddette soft news) mentre i servizi più vincolati dalla cronaca (le hard news) avranno la scadenza delle 22,30. Il giornale si chiuderà al più tardi alle 23. Uniche deroghe per eventi sportivi o fatti politici nazionali importanti.

La scomparsa della ribattuta tradizionale non solo porta a significativi risparmi economici ma spinge ulteriormente i quotidiani nazionali a investire sul web, visto che le notizie successive alla chiusura verranno date soprattutto attraverso i siti internet. Sull’online verranno spostati, infatti, redattori e grafi ci che prima lavoravano al turno notturno di chiusura e verranno prodotti più contenuti.

Di conseguenza, con una maggior offerta di articoli su internet, i quotidiani possono pensare pure di far pagare i lettori per la loro informazione online. A conferma, per esempio, il direttore Calabresi sta progettando di trasformare la versione del giornale su tablet (che si chiama Top News) e ha una sola edizione serale in una pubblicazione a pagamento in costante aggiornamento, durante tutto l’arco della giornata.

La Stampa di Torino così come Corriere della Sera e Repubblica puntano a delineare meglio il posizionamento delle pubblicazioni cartacee e di quelle web. Le prime analizzeranno, approfondiranno e commenteranno le notizie mentre le seconde giocheranno tutto sulla velocità nel dare le news dell’ultima ora. I contenuti della carta si potranno trovare poi anche in rete, magari in formato pdf, ma sempre a pagamento.

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È FINITA DALL’EDITRICE LA STAMPA A FIAT PARTECIPAZIONI

La Stampa ha ceduto la sede torinese

dove si trovava fino a due mesi fa

di MATTEO MEDIOLA (ItaliaOggi 27-11-2012)

La Stampa perde la proprietà dell’immobile ove era situata fino a due mesi fa la redazione del quotidiano diretto da Mario Calabresi. Nei giorni scorsi, infatti, è stato varato il progetto di scissione parziale dell’Editrice La Stampa in favore di Fiat Partecipazioni, entrambe controllate da Fiat Spa al 100%. L’operazione, ratificata per conto dell’Editrice dall’amministratore delegato e direttore generale Luigi Vanetti e per conto di Fiat Partecipazoni dall’a.d. Mario Lombardi, prevede che dalla prima passi alla seconda un totale di attività pari a 14,9 milioni e di passività per il controvalore di 12,9 milioni. Le prime sono rappresentate, come spiega il progetto di scissione, dai «terreni e fabbricati afferenti il complesso immobiliare ad uso terziario ubicato in Torino - via Marenco 32, costituito dall’intero isolato urbano delimitato dalle vie Marenco, Correggio, Chiabrera e Tiziano». Si tratta della storica sede che per 44 anni ha ospitato il quotidiano di proprietà Fiat, che ha trasferito recentemente la redazione in via Lugaro, sempre a Torino. «Il valore del complesso immobiliare risultante dalla situazione patrimoniale al 30 giugno scorso - continua il progetto di scissione - è di 13,6 milioni», cui si aggiungono 1,3 milioni pari al valore degli impianti al servizio dello stesso complesso immobiliare. Le passività, invece, rappresentano i debiti nei confronti di Fiat Finance. Il valore netto scindendo è quindi di 2 milioni, che vengono sottratti come patrimonio dall’Editrice per un importo finale di 5,7 milioni. Fiat Partecipazioni post scissione assegnerà alla controllante Fiat Spa 2 milioni di titoli di nuova emissione del valore nominale di un euro cadauno; mentre l’Editrice annullerà 2 milioni di titoli del medesimo controvalore unitario. Fiat Partecipazioni detiene, fra l’altro, terreni e immobili (fra cui il Centro Congressi Lingotto) per 244,6 milioni e le quote di controllo di Fabbrica Italia Pomigliano, Fabbrica Italia Mirafiori, Fiat do Brasil e Fiat Servizi per l’Industria per un controvalore di circa 55 milioni.

___

PRIMI CONTATTI CON LA GIUNTA PISAPIA PER IL CAMBIO DI DESTINAZIONE D’USO DELLA SEDE

Rcs apre il cantiere via Solferino

La vendita dello storico immobile potrebbe sbloccare l’impasse sull’iniezione di 7-800 milioni

necessaria al rilancio industriale del gruppo. Il titolo arriva a guadagnare il 17% e chiude con un +4%

di ANDREA MONTANARI (MF-Milano Finanza 27-11-2012)

Aggrappati al gioiello di famiglia. Per trovare le risorse necessarie a mettere in sicurezza la solidità patrimoniale e a rilanciare il business (cioè i 7-800 milioni dei quali aveva già riferito MF-Milano Finanza il 13 novembre scorso), i vertici di Rcs Mediagroup stanno valutando l’opportunità di mettere sul mercato lo stabile di via Solferino di Milano, sede del Corriere della Sera. Per questo nei giorni scorsi alcuni emissari del gruppo presieduto da Angelo Provasoli e guidato dall’ad Pietro Scott Jovane hanno preso contatti con la giunta Pisapia e in particolare con lo staff dell’assessore all’Urbanistica ed Edilizia privata Lucia De Cesaris. Sul tavolo c’è la valutazione sull’eventuale, possibile cambio di destinazione d’uso (da editoriale a residenziale-commerciale) del prestigioso immobile valutato dagli analisti anche 400 milioni. Operazione non semplice, soprattutto perché non incontra il gradimento di gran parte del patto di sindacato di Rcs. E ancora di più perché da tempo il direttore del Corsera, Ferruccio de Bortoli ha messo nero su bianco che da lì la redazione non se ne andrà. Resta il fatto che però l’immobile di pregio sito nel quartiere di Brera troverebbe più facilmente compratori, anche in anni di crisi come questi, rispetto all’altra proprietà che l’azienda vuole cedere, e cioè lo stabile adiacente di via San Marco.

Ma è fuori di dubbio che se i grandi soci del patto sono pronti ad aderire alla ricapitalizzazione (350-450 milioni) necessaria a ricostituire il capitale dopo le perdite (a fine settembre il rosso era di 380 milioni), è altrettanto vero che non sarebbero intenzionati a mettere nuovamente mano al portafoglio per una ulteriore iniezione di liquidità. Opzione, quest’ultima, che tra l’altro avrebbe una doppia conseguenza: un’eccessiva diluizione del sindacato di blocco (oggi Rcs capitalizza 930 milioni, ma nei giorni scorsi la cifra è scesa a valori nettamente inferiori) e, contemporaneamente, un’opportunità per chi, come Giuseppe Rotelli (16,55%) e Diego Della Valle (8,695%) vuole pesare di più in futuro in via Rizzoli.

Questa misura straordinaria farà il paio con le altre mosse che il cda di Rcs sta preparando in vista dell’approvazione del business plan in calendario per mercoledì 19 dicembre. Si parla di interventi drastici sul personale (almeno 500 tagli su un organico di 5 mila unità), di revisione del portafoglio di periodici (cioè della chiusura della gran parte delle testate) e di ricerca di partner (si parla di Cisneros o Vocento) per il rilancio della controllata spagnola Unidad Editorial. Opzioni che, in parallelo con lo sviluppo digitale dei quotidiani (Corsera e Ġazzetta dello Sport) stanno facendo volare il titolo finito anche ieri sull’ottovolante: prima un rialzo teorico del 17%, poi la chiusura a 1, 27 euro (+4,1%) con forti volumi soprattutto sulle risparmio: è passato di mano il 7% del capitale.

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MENTRE IL GOVERNO MONTI NON FIATA. COSA SAREBBE SUCCESSO CON UN CASO DEL GENERE IN FRANCIA?

Fiat industrial si accoccola in Olanda per poter pagare meno tasse

di GIANNI GAMBAROTTA (ItaliaOggi 28-11-2012)

È come se due film fossero proiettati in contemporanea. Nel primo si vede il presidente del Consiglio, Mario Monti, seduto nello studio di Fabio Fazio che critica, pur con i suoi modi elegantemente moderati, i paesi dell’Unione che applicano trattamenti fiscali di favore, per attirare le società da altri Stati europei. E ne cita un paio: Irlanda e Lussemburgo. Ne dimentica uno, che invece è il protagonista principale del secondo film: l’Olanda. Infatti, proprio in quelle stesse ore, è stata formalizzata una decisione che si aspettava da tempo: Fiat Industrial, cioè quanto rimane della Fiat dopo la separazione del settore auto, si fonderà con Cnh. Diventerà una società di diritto olandese con i vantaggi che questo comporta. La cosa funzionerà così. Verrà creata una holding in un paradiso fiscale, le Antille olandesi. Questa ne controllerà un’altra domiciliata in qualche parte in Olanda. Entrambe saranno però pure scatole e conterranno le società operative, gli stabilimenti ovunque essi siano, in Italia, Stati Uniti, Canada o altrove. Il sistema darà dei vantaggi fiscali ragguardevoli agli azionisti; ovviamente darà degli svantaggi diretti all’erario italiano. Ma che volete farci? Non si può, come si dice, volere l’uovo e la gallina. Allora, premesso e sottolineato che questo piano tenacemente voluto dall’amministratore del Lingotto, Sergio Marchionne, è perfettamente legale, si possono comunque fare alcune, modeste osservazioni. È possibile che il Governo, pur disponendo di un potere reale di moral suasion nei confronti dei poteri economici, si sia lasciato sfi lare così un asset senza muovere un dito? La Fiat ha chiuso impianti, indetto referendum nelle fabbriche, disdetto accordi sindacali, promesso investimenti per 20 miliardi mai visti, e ora sceglie anche un localizzazione fi scale più vantaggiosa. Un qualsiasi altro governo dell’Unione, quello francese, tedesco (e perché no? olandese) avrebbe cercato di interloquire con un grande gruppo deciso a emigrare, avrebbe cercato di trattenerlo. Da noi non è successo nulla: ci si è limitati a registrare sui giornali la notizia. Siamo certi che questo sia il liberalismo giusto?

[…]

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Ora Lapo Elkann veste la Reggina

di MARCEL VULPIS (ItaliaOggi 28-11-2012)

Co-marketing tra Reggina calcio (attualmente iscritta al campionato di serie B) e Italia Independent, azienda creata da Lapo Elkann. La collaborazione tra le due strutture ha portato alla nascita di una divisa uffi ciale per la squadra e alla creazione di una collezione di occhiali in edizione limitata per i tifosi del club reggino. La Reggina, che nel gennaio del 2014 festeggerà 100 anni di storia, ha una delle fan base più estese del calcio italiano, con una presenza di appassionati in Italia e all’estero. «Questa partnership», ha spiegato Marco Tolentino, nuovo direttore commerciale e marketing del club, «rappresenta uno dei momenti chiave del processo di rinnovamento della nostra struttura». L’operazione è collegata inoltre a un accordo di esclusiva commerciale per la distribuzione di capi e linee Italia Independent sul territorio calabrese, grazie alla presenza di Lillo Foti (presidente della Reggina) nel settore dell’abbigliamento. La divisa ufficiale sarà indossata dalla prima squadra e dallo staff amaranto in tutte le occasioni formali fuori dal campo di gioco.

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SETTE | 07.12.2012

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