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Topic "C O M P L O T T O D I F A M I G L I A"

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Il Sole 24 ORE 12-05-2012

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LA HOLDING DELLA FAMIGLIA AGNELLI ENTRERÀ NEL CAPITALE DI PARIS ORLEANS. CEDUTO L’87% DELLA BRASILIANA BTG PACTUAL

Elkann stringe legami con i Rothschild

A marzo il valore degli attivi (Nav) di Exor è salito a 7,47 miliardi

di LUCA FORNOVO (LA STAMPA 13-05-2012)

John Elkann, presidente e amministratore delegato della società d’investimenti

Exor, rafforza ancora l’asse delle relazioni con le grandi famiglie del

capitalismo internazionale. Dopo l’ingresso nel consiglio di amministrazione

di Jay Lee , l’erede del colosso dell’elettronica Samsung, la holding della

famiglia Agnelli si prepara a diventare socio dei Rothschild, uno dei più

potenti gruppi finanziari in Europa e a livello mondiale.

Exor entrerà infatti nel capitale di Paris Orleans, holding della famiglia

Rothschild. Nel comunicato sui conti trimestrali, la finanziaria della

famiglia Agnelli sottolinea di aver sottoscritto, il 3 aprile, nell’ambito del

processo di riorganizzazione di Paris Orleans, un impegno ad acquistare azioni

del gruppo fino a un massimo di 25 milioni di euro. L’investimento finale

dipenderà dai risultati dell’Opa che verrà lanciata su Paris Orleans dalla

controllante Rothschild Concordia.

Per quanto riguarda, invece, il bilancio del primo trimestre di Exor,

approvato venerdì dal consiglio di amministrazione a Torino, tra i risultati

emerge la forte crescita del Nav, il valore netto degli attivi, che è salito a

7,47 miliardi di euro, oltre un miliardo in più (+18,2%) rispetto al 31

dicembre 2011.

In netto rialzo nei primi tre mesi dell’anno anche i profitti, grazie al

miglioramento dei conti delle principali partecipate, Fiat-Chrysler, Fiat

Industrial e Sgs. L’utile balzato a 105,5 milioni di euro è più che

raddoppiato rispetto all’analogo periodo del 2011 quando era pari a 44,8

milioni. La variazione positiva ammonta a € 60,7 milioni e deriva dal

miglioramento netto dei risultati delle partecipate (+ 41 milioni di euro),

dai maggiori dividendi incassati da Sgs (+3,8 milioni) e da altre variazioni

nette (+18,3 milioni), parzialmente compensata dal decremento dei proventi

(oneri) finanziari netti (-2,4 milioni).

Al 31 marzo 2012 il patrimonio netto consolidato attribuibile ai soci della

controllante ammonta a circa 6,7 miliardi ed evidenzia un incremento netto di

346,5 milioni rispetto al dato di fine 2011, pari a 6,4 miliardi. Al 31 marzo

il saldo della posizione finanziaria netta consolidata del Sistema Holdings è

negativo per 363,8 milioni, con una variazione negativa di 38 milioni rispetto

al saldo negativo di 325,8 milioni di fine 2011.

Exor, che prevede di chiudere l’esercizio 2012, nonostante la difficile

congiuntura economica, con un risultato positivo sia della capogruppo sia a

livello consolidato, porta avanti la strategia di semplificazione delle

partecipazioni.

Il 20 aprile Exor, assistita dallo studio legale Paul Hastings, ha dato

attuazione all’accordo per la cessione di Alpitour per 225 milioni a Seagull,

società controllata da due fondi di private equity facenti capo a Wise e J.

Hirsch & Co. Rientra sempre nella strategia di semplificazione, l’annuncio del

disinvestimento nella banca d’affari brasiliana Btg Pactual, considerata la

Goldman Sachs dell’America Latina. In occasione della sua entrata in Borsa la

holding del gruppo Agnelli ha ceduto l’87% dell’investimento, originariamente

pari a 19 milioni di euro, con il 20% di ritorno finanziario.

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LO SCUDETTO DEGLI

AGNELLI E I SOLDI

DI MARCHIONNE

La Juve festeggia la vittoria

ma i conti ancora non tornano

di VITTORIO MALAGUTTI (il Fatto Quotidiano 15-05-2012)

Io juventino per contratto? Ma stiamo scherzando? Mi sono avvicinato alla Juve

all’età di cinque anni e quando posso vado allo stadio, specialmente adesso

che ne abbiamo uno nuovo e spettacolare”. Così parlò Sergio Marchionne, poco

più di un mese fa, nel tentativo di accreditare la sua fede calcistica. Solo

che domenica, nel giorno del trionfo e dell'orgoglio bianconero, il capo della

Fiat non era in tribuna a festeggiare insieme agli Agnelli. Affari urgenti a

Detroit? Macchè, mentre il popolo juventino celebrava lo scudetto, l’uomo dal

maglioncino nero era in città, al Lingotto, e si è fatto vedere alla

presentazione del libro del giornalista Massimo Gramellini (gran tifoso

torinista, peraltro). Marchionne non ha perso l'occasione di attaccare i

sindacati osservando che “in Italia il clima è molto teso” (ma va?).

QUESTIONI importanti, certo. Di sicuro più serie del campionato di calcio. Ai

più, però, la scelta di disertare lo stadio in una giornata tanto importante

non è sembrata casuale. Sostengono gli esperti di cose torinesi che il manager

dal maglioncino nero, personaggio ingombrante e controverso, si sarebbe fatto

volontariamente da parte per lasciare il palcoscenico agli Agnelli. E

soprattutto ad Andrea, il presidente della Juve tagliato fuori anni fa dalla

successione ai vertici della Fiat per scelta di suo zio Giovanni, l'Avvocato,

che gli preferì il cugino John Elkann. L’erede di Umberto Agnelli fin qui ha

vissuto di luce riflessa e la vittoria calcistica, accompagnata dai proclami

sulla terza stella e gli scudetti vinti sul campo, serve a riconquistare

visibilità agli occhi dell'opinione pubblica. Lo scudetto, in realtà, porta

anche soldi, molti soldi, a cominciare da sponsor, tv e incassi della

Champions League. Sono decine di milioni di euro, più che mai necessari per

una società come la Juventus che l'anno scorso, a giugno, ha chiuso il

bilancio con 95 milioni di perdite e in nove mesi ha già accumulato un deficit

di altri 40 milioni.

Chi paga il conto? Molti ricordano che l'estate scorsa il capo della Fiat

lasciò trapelare una forte irritazione per la scelta degli Agnelli di

investire, attraverso la holding Exor, oltre 70 milioni nella Juve. Ma come,

la Fiat arranca e gli azionisti di maggioranza pompano nuovi capitali nelle

casse esauste di una squadra di calcio? Un mese fa è arrivata un'altra

sorpresa. Per i prossimi tre anni sarà la Fiat a versare altri 35 milioni alla

Juve, che fino al 2015 avrà sulle maglie il marchio Jeep, controllato dalla

Chrysler. Il contratto di sponsorizzazione è stato annunciato in aprile.

Fu in quell'occasione che Marchionne fece la sua dichiarazione d'amore al

club bianconero. Ci hanno creduto in pochi, a dire il vero e l’assenza del

manager alla festa scudetto ha dato ragione agli scettici. La questione di

sostanza però è un’altra. Molti analisti finanziari avevano accolto con

scetticismo la scelta della Fiat di finanziare la Juventrus. Una scelta in

pieno conflitto d’interessi, perchè finisce per dare una mano a una società

controllata dagli azionisti di maggioranza della casa automobilistica. Per le

migliaia di piccoli azionisti della Fiat i vantaggi dell’operazione sono

invece quantomeno aleatori. Va anche detto che il contratto targato Jeep è più

generoso rispetto a quello precedente firmato con la Betclic, gruppo

internazionale delle scommesse sportive. E questo ha finito per aumentare i

dubbi negli ambienti di Borsa. Così, se adesso Marchionne non va allo stadio,

prende implicitamente le distanze da un business, quello calcistico, che

riguarda la famiglia e non l’azienda automobilistica.

ADESSO TUTTI si chiedono se la Juventus sarà in grado di camminare sulle

proprie gambe. Per quest’anno ci sono poche speranze. L’aumento degli incassi

non sono stati sufficenti a coprire i costi degli ingaggi per i calciatori

approdati in bianconero con l’ultima campagna acquisti. A giugno, quindi, il

bilancio chiuderà ancora in forte perdita. Se però i proventi della Champions

League non fossero sufficienti a tappare le falle è difficile pensare a un

nuovo intervento finanziario della famiglia. Il presidente bianconero Andrea

Agnelli, nominato solo due anni fa, ha già ricevuto tutto il necessario per

vincere lo scudetto a tempo di record. Difficile che il cugino John Elkann sia

disposto a fare il bis. Per non parlare di Marchionne.

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Lapo, lo show alla Bocconi

tra autografi e foto ricordo

L'appuntamento era fissato per un incontro con Gianluigi Gabetti, presidente onorario della Exor spa e da sempre legato agli Agnelli, per un incontro sul tema 'Finanza, credito ed economia reale'. La scena, però, l'ha conquistata Lapo Elkann, arrivato in Ferrari nella sede dell'università Bocconi per salutare l'amico di famiglia e subito preso d'assalto dagli studenti, che hanno approfittato per farsi fotografare con lui e chiedere un autografo, come testimoniano queste immagini

http://milano.repubblica.it/cronaca/2012/0...apo-35279425/1/

"Coraggio e passione per uscire dalla crisi"

Gabetti: “"Giovani, affermate i vostri diritti"

FRANCESCO MANACORDA

«Coraggio e passione», come negli istituti di credito del Dopoguerra che - erano i miei inizi alla Banca Commerciale - assumevano dei rischi, «mentre oggi c’è una tale passione a stare fuori dai rischi che non so più le banche che ci stiano a fare». Ma anche coraggio e passione che servono ai giovani e al Paese perché «la competitività dipende dalla nostra volontà di battersi e di combattere».

Metti Gianluigi Gabetti, oggi presidente d’onore Exor, davanti agli studenti della Bocconi e a un nutrito gruppo di amici e allievi che si sono fatti strada nel mondo finanziario e ne esce un pomeriggio a metà tra la lezione di un grande protagonista, classe 1924, del capitalismo italiano e un dibattito senza ipocrisie: «Se voi siete stati la classe dirigente del Paese - domanda uno studente - che cosa è andato male per consegnarcelo in queste condizioni?».

Invitato all’Università da Giuseppe Berta e al tavolo degli oratori assieme all’ex banchiere, e suo compagno in Olivetti, Nerio Nesi, a Camillo Venesio della Banca del Piemonte e all’editorialista del Corriere della Sera Massimo Mucchetti, quella di Gabetti è una cavalcata «in quello che hanno chiamato il secolo breve» con molti spunti legati all’attualità.

Il credito e il ruolo delle banche, prima di tutto, quando quel ventiduenne laureato con lode in legge viene assunto nel ’46 alla Comit «e lì notai che da un collega vicino, che si occupava di conti correnti, passavano operazioni nuove. Erano i primi segnali del Piano Marshall, uno strumento meraviglioso con cui gli Stati Uniti offrivano credito al resto del mondo e le banche potevano offrire credito ai propri clienti, selezionandoli in modo responsabile».

Sul rapporto di oggi tra finanza e impresa, Gabetti non vuole dare giudizi, ma sottolinea come la revoca del Glass-Steagall Act - le legge Usa del ’33 che fino al ’99 ha sancito la completa separazione delle attività di banca commerciale da quella di banca d’affari - abbia aperto la porta alla crisi degli ultimi anni.

Compresa quella bolla immobiliare Usa «che capii quando nel 2006 amici che lavoravano nelle banche ci offrivano denaro a gogò», chiedendo come unica garanzia un immobile di pregio. «Mi sembrò una follia e compresi che se c’era chi faceva incetta di immobili di ottima qualità era perché nel retrobottega qualcuno li mescolava con immobili di pessima qualità» per poi venderli sul mercato.

Nella sua vita da manager Gabetti è stato in Comit, Olivetti e gruppo Agnelli, «tre entità a cui devo molto» e di cui ha conosciuto, con gradi diversi di vicinanza, i protagonisti. Dal banchiere Raffaele Mattioli «di cui ho sempre ricordato una cosa che mi disse: “La finanza segue sempre”, come indicazione a privilegiare le ragioni e i progetti dell’industria», a Adriano Olivetti, che un giovane Gabetti riesce a scandalizzare identificando la propria maggiore qualità nella «diplomazia». «”Ma è l’arte della menzogna!”, mi disse lui. “Per me - risposi - è l’arte di saper dire sempre la verità, ma in un modo che sia accettabile all’interlocutore».

Dell’Avvocato Agnelli un ricordo partecipe e divertito: «Nel ’71 mi chiamò a New York, dove vivevo, e mi chiese se potevo fargli fare una visita privata di una mostra al MoMa, di cui ero consigliere. Poi aggiunse: “Ah, e verrebbe a fare il direttore generale dell’Ifi?”».

«Un vero maestro di vita non l’ho mai avuto - dice Gabetti parlando del suo rapporto con Agnelli - però ci vogliono dei punti di riferimento; e di lui ho sempre apprezzato il grandissimo rispetto verso gli altri».

Ma questo è il passato. Ai giovani che lo interrogando qui alla Bocconi, il presidente d’onore di Exor spiega che «non devono avere timore di affermare i loro diritti, ma che le cose non si risolvono protestando, bensì collaborando e lavorando nei propri ruoli. Noi lavoravamo come pazzi, ci buttavamo a capofitto nel lavoro. E questa è stata anche la chiave del miracolo italiano».

http://www3.lastampa.it/economia/sezioni/a...lo/lstp/454560/

Mille Miglia: sfida tra capitani industria, Elkann per Italia

BRESCIA - Costruire bolidi da sogno evidentemente non basta, provare l'emozione di sfidarsi in gara é questa una rinnovata passione dei n.1 delle case automobilistiche europee. Alla Mille Miglia 2012 ce ne sono cinque in gara e la sfida e' sempre la stessa: Italia contro Germania e Inghilterra. Per la difesa del tricolore sarà un affare di famiglia con John Philip Elkann, presidente Fiat Group, sostenuto al roadbook (ovvero alla navigazione) dalla moglie Lavinia Borromeo (n. gara 234).

Per la Germania l'attacco è a tre punte: Dieter Zetsche, n.1 di Mercedes-Benz Cars e Chairman Board del Management di Daimler AG (n. gara 273), Matthias Muller, Ceo di Porsche AG (n. gara 300) e Franz Jung, ad Bmw Italia. L'Inghilterra si affida invece alla tradizione con Adrian Hallmark, Brand Director di Jaguar Cars Limited (n. gara 198).

Altra battaglia è quella tra i designer. La Germania schiera Wolfgang Egger, head designer di Audi AG (n. gara 334), l'Italia si affida ai giovani con Fabrizio Giugiaro, Co-Chairman e Styling Director di Italdesign Giugiaro (n. gara 334) e all'esperienza di Andrea Zagato, presidente di Zagato (n. gara 362). A fare da arbitro, ci penserà un'altra presenza importante dell'industria dell'auto, Alberto Bombassei, presidente Brembo (n. gara 281), che a 'far frenare' chi troppo insiste è meglio di Collina coi cartellini rossi.

Sul percorso ci sarà anche il presidente della Ferrari, Luca Cordero di Montezemolo, che però scenderà in campo, con la sua abituale eleganza decontracté, solo per la cena di gala di Roma, a Castel Sant'Angelo, dove la Mille Miglia va di scena venerdì sera.

http://www.ansa.it/motori/notizie/rubriche...ia_6884098.html

«Fiat tassa le buste paga»

Ha tutta l'aria di essere una ripicca quella della Fiat che ha fissato una sorta di tassa di 7-8 euro sullo stipendio mensile di ogni lavoratore per pagare i contributi sindacali degli iscritti a Fiom-Cgil.

Una ripicca sì, perché è arrivata proprio dopo l'ondata di sentenze che hanno accusato il Lingotto di condotta antisindacale, conseguenza delle numerose cause intentate da Fiom-Cgil contro varie aziende del gruppo per avere impedito le nomine delle Rsa o di avere rappresentanti sindacali in fabbrica o ancora di cedere le quote dei lavoratori al sindacato.

FIAT E IL VIZIETTO ANTI-SINDACALE. Cause, nella maggioranza dei casi, vinte da Fiom-Cgil (tranne il recente caso di Torino, con 21 ricorsi rigettati): ultima vittoria in ordine cronologico quella della Sevel di Atessa, mentre si resta ancora in attesa del verdetto su uno dei primi casi, quello di Pomigliano.

Una battaglia senza esclusione di colpi, dunque, quella tra Marchionne e la Fiom che passa dal mancato diritto di rappresentanza nelle sedi Fiat, con il conseguente e arrabattato tentativo del sindacato di costruirsi sedi di fortuna nei pressi delle industrie, fino al rifiuto di prelevare le quote associative per le parti sociali, salvo poi una serie di sentenze in tribunale che hanno dato contro alle decisioni del Lingotto.

VIA DALLA BUSTA PAGA 7-8 EURO. E così i metalmeccanici di Torino si sono visti recapitare intorno a metà maggio una lettera in cui viene spiegato che, per poter sostenere le trattenute sindacali, è necessario detrarre dalla busta paga di ogni iscritto circa 7-8 euro al mese, fatto che ha indignato il segretario generale della Fiom Maurizio Landini (già impegnato nella lotta per il riassorbimento delll'ex stabilimento di Termini Imerese, terreno di sit in quotidiani) che ha tacciato il provvedimento di Marchionne come una «tassa sulla libertà sindacale».

La vicenda, rivelata da Il Fatto Quotidiano il 17 maggio, va inserita nel particolare contesto della Fiat di Torino, condannata a inizio maggio per attività antisindacale a causa del rifiuto del Lingotto di prelevare le quote associative degli iscritti della Cigil (circa 15 euro al mese) dalle buste paga dei dipendenti.

Una decisione, quella del Lingotto, presa da quando la Fiom di Maurizio Landini aveva rifiutato di firmare il 'contratto Mirafiori' secondo cui la Fiat aveva cessato l'opera di sostituto di imposta, appellandosi allo statuto dei lavoratori nella sua versione odierna: in pratica, non era più compito dell'azienda sostenere il sindacato.

FIAT SCONFITTA IN 11 CASI SU 11. La decisione ha portato in tribunale azienda e parti sociali, generando un risultato poco lusinghiero per il Lingotto: in undici casi su undici è arrivata infatti la condanna a ripristinare la sua funzione di sostituto d'imposta. Le quote dei lavoratori al sindacato vanno cedute, lo ha stabilito il giudice e non si può impedirlo.

Da qui l'applicazione della così detta 'tassa sulla libertà', tacciata di essere un'azione ritorsiva di Marchionne contro Fiom-Cgil:

IN ARRIVO LETTERE AGLI ISCRITTI. Da inizio maggio sono iniziate infatti ad arrivare delle lettere ai dipendenti Fiat, in cui viene annunciata la detrazione di 7-8 euro dallo stipendio per poter coprire i contributi sindacali.

Secondo quanto hanno scritto i legali dello studio De Dominicis, che rappresenta il Lingotto: «Le società da noi rappresentate ritengono di avere diritto comunque a ottenere il pieno e totale rimborso di ogni qualsivoglia onere conseguente alle attività di carattere gestionale, amministrativo e contabile».

LA SOLUZIONE: «PAGHINO I LAVORATORI». E perché dovrebbe essere la Fiat a pagare, si è chiesto Marchionne. Soluzione: che paghino i lavoratori.

Gli iscritti ai Fiom-Cgil stanno quindi ricevendo delle lettere per spiegare la faccenda: «Questa difesa ritiene di dover stimare, avuto riguardo dei costi di una risorsa impiegatizia, un costo medio di 4,5 euro per ciascuna cessione». E non solo: «Avuto riguardo ai costi nei praticati dagli istituti bancari per ciascun bonifico e agli oneri connessi per la materiale gestione contabile di tre euro», il totale dei soldi prelevati mensilmente dalla busta paga potrebbe diventare anche di 7-8 euro.

LANDINI: «È UNA TASSA SULLA LIBERTÀ». La notizia non ha spaventato il segretario della Fiom Maurizio Landini, il quale ha dichiarato: «Marchionne si lamenta di essere costretto alle cause, ma è con questi comportamenti che ci costringe solo alle cause». Da qui l'accusa: «Con questa tassa sulla libertà sindacale non sta facendo altro che intimidire i lavoratori iscritti al sindacato».

http://www.lettera43.it/economia/industria..._4367551089.htm

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PANORAMA | 30 maggio 2012

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Elkann: «No comment sul caso Conte»

18 Maggio, 2012

TORINO - Avvicinato dai media alla sosta a San Sepolcro della Mille Miglia, il presidente del gruppo Fiat, John Elkann, non ha commentato il caso dell'allenatore della Juventus, Antonio Conte, tirato in ballo nello scandalo del calcioscommesse. Elkann, insieme alla moglie Lavinia, sta partecipando all'edizione 2012 della Freccia Rossa, a bordo di una berlinetta Fiat 8V del '54.

http://www.tuttosport.com/calcio/calciosco...nte%26%23187%3B

Fiat: inizia marcia verso fusione con Chrysler (Giornale)

ROMA (MF-DJ)--Parte la marcia di avvicinamento alla fusione di Fiat con Chrysler e, allo stesso tempo, potrebbe iniziare l'operazione di reverse merger che porterebbe le azioni di Fiat Industrial a essere assorbite da Cnh, quotando la societa' solo sul mercato americano. E' quanto si legge sul Giornale che aggiunge come passo fondamentale e' l'annunciata semplificazione della struttura azionaria che si concretizzera' la prossima settimana.

Lunedi' prossimo, infatti, avverra' la conversione obbligatoria di tutte le azioni Fiat privilegiate e le azioni Fiat di risparmio in azioni Fiat ordinarie. Semplificare e' la parola d'ordine che si sono dati John Elkann e Sergio Marchionne, soprattutto in vista della prossima fusione tra Fiat e Chrysler, che sara' resa piu' agevole, evitando in questo modo tutti i problemi legati ai concambi. Tra gli analisti si scommette anche sulla doppia quotazione, a Milano e a Wall Street.

La semplificazione relativa a Fiat Industrial, invece, sarebbe propedeutica a possibile operazioni straordinarie come, appunto, il passaggio di Industrial sotto Cnh (l'11,6% e' quotato negli Usa), rafforzando quest'ultima e beneficiando, come gia' sottolineato da Marchionne, dei vantaggi offerti dal mercato americano. Il nuovo soggetto, che potrebbe essere ribattezzato, comprenderebbe anche Iveco e la parte di Powertrain di Fiat Industrial. pev

http://borsaitaliana.it/borsa/notizie/mf-d...976〈=it

Fiat, ultimo giorno per privilegiate e risparmio

Marchionne pronto a trasferirsi a Wall Street

MILANO - L'antipatia per gli interlocutori italiani di Sergio Marchionne è nota. E il fatto che punti sempre più a voler essere "internazionale", che poi vuol dire americano, è altrettanto risaputo. Là le grandi corporation godono di privilegi che in Italia non esistono e così è là che Marchionne vede il destino della Fiat. Non solo come azienda, dopo l'acquisto di Chrysler, ma anche come titolo quotato. E per farlo potrebbe iniziare con un piccolo, ma neanche tanto, importante passo, come la fusione inversa tra la controllata Cnh, già quotata a New York e la controllante Fiat Industrial.

La produzione di trattori, pulmann e camion è già in gran parte destinata a trasferirsi dove i costi sono inferiori, con buona pace dei sindacati, e la stessa sorte potrebbe toccare ai titoli azionari. Oggi è l'ultima giornata di contrattazione delle Fiat risparmio e privilegiate, dopo di che sia le Industrial che le Auto verranno convertite in ordinarie. Il rapporto di conversione è pari a 0,85 azioni ordinarie per ogni privilegiata e 0,875 per ogni azione di risparmio. Secondo gli analisti e il mercato che sembra crederci, sarà il primo passo verso la semplificazione dei titoli in vista di una fusione con Chrysler. Ma ancor prima del matrimonio fra i due marchi dell'auto, potrebbe arrivare un reverse merger tra i titoli della Cnh e le Fiat Industrial, l'operazione porterebbe di fatto il passaggio delle azioni da Piazza Affari a Wall Street. Una fuga all'estero che ricorda la clamorosa quotazione di Prada, il marchio del made in Italy, quotato a Hong Kong.

http://www.repubblica.it/economia/finanza/...treet-35382581/

Tempo di pulizie in Exor

La semplificazione del portafoglio voluta da Elkann impone di vendere le partecipazioni più piccole. Per le prime cessioni si pensa a Sequana, Vision Investment e Banijay. Invece Almacantar per ora resta

http://www.milanofinanza.it/giornali/previ...zie%20in%20Exor

Sergio Marchionne conquista il primato

riesce a mettere in cig tutta Mirafiori

La Fiat lascia a casa per la prima volta tutti i 5.400 impiegati di Mirafiori, mentre sale la tensione a Termini Imerese, dove circa 300 operai della ex fabbrica del Lingotto bloccano l'autostrada Palermo-Catania. Sono preoccupati anche i lavoratori dello stabilimento di Cassino, che sollecitano nuovi modelli. I sindacati chiedono la conferma degli investimenti e annunciano un incontro con i vertici Fiat a giugno. In Sicilia la situazione e' sempre piu' difficile. Un nuovo tavolo e' convocato al ministero dello Sviluppo economico per lunedi' 4 giugno con Fiat, Dr Motor, sindacati, Regione Sicilia e ministero del Lavoro ''Dopo ben 19 giorni di lotta - afferma il sindaco Salvatore Burrafato - la mobilitazione dei lavoratori della Fiat e dell'indotto ha portato finalmente il ministro Passera ad occuparsi direttamente di Termini Imerese. Sono molto preoccupato, e' una citta' che rischia di esplodere''. Il ministro Corrado Passera rassicura: ''dobbiamo trovare una soluzione solida in cui i soldi pubblici vengano impiegati al meglio. Se il piano di Dr Motors puo' essere realizzato daremo il massimo appoggio. Abbiamo dato 15 giorni a Dr per confermare o meno la loro capacita' e disponibilita' ad attuare l'impegno preso. Il giorno dopo e' stato convocato il tavolo. Se la risposta arrivera' prima anticiperemo l'incontro''. Per il segretario generale della Fiom, Maurizio Landini, ''una soluzione al problema dello stabilimento siciliano deve venire dal governo e da Fiat. Il sindacato non accettera' mai che Fiat possa semplicemente chiudere e licenziare''. Le difficolta' del mercato dell'auto e il calo delle vendite Fiat cominciano ad avere contraccolpi in tutti gli stabilimenti italiani. A Mirafiori per la prima volta tutti i colletti bianchi andranno in cassa integrazione sei giorni: 14, 15 e 21 giugno, 12, 13 e 19 luglio. Altri erano già programmati per il 22 giugno e il 20 luglio quando lo stabilimento torinese restera' chiuso utilizzando i permessi personali dei lavoratori.

http://www.ilmanifes...zie/mricN/7458/

John Elkann affida il volante alla moglie

Nuova staffetta al volante della berlinetta Fiat V8 del ’54 con a bordo il presidente di Fiat John Elkann e la moglie Lavinia Borromeo che stanno disputando la terza e ultima tappa della Mille Miglia, gara di regolarità automobilistica da Brescia a Roma e ritorno sul percorso della storica Millemiglia di velocità degli anni ’30, ’40 e ’50.

Dopo il controllo timbro a Viterbo, Elkann che aveva guidato dalla partenza di Roma è passato alla navigazione mentre la moglie ha imbracciato il volante. Evidentemente la buona prestazione ottenuta ieri da Lavinia Borromeo durante la seconda parte della tappa da Ferrara a Roma ha fatto cambiare strategia all’equipaggio. Rispetto alla prima tappa infatti al termine della seconda la Fiat V8 ha recuperato ben 60 posizioni e ora viaggia intorno alla 150/a.

Ora la carovana sta per affrontare una delle prove più difficili del percorso attraverso le Crete Senesi prima e le colline del Chianti fiorentino poi. Ci saranno anche prove su sterrato e in salita.

Come sempre instancabile continua l’attività su Twitter del numero uno della Fiat. Da stamattina, Elkann ha postato già diversi messaggi arricchiti da foto scattate dall’auto: l’ultimo dice: «Toscana eccoci».

http://www.giornaledibrescia.it/in-citta/j...oglie-1.1208726

Processo Giovine, la difesa

"Firme false? Così fan tutti"

L'avvocato del consigliere regionale condannato invoca una pena più bassa in appello: "Si è uniformato a quello che facevano gli altri"

Il mestiere di politico o amministratore "è un mestiere che porta a uniformarsi a quello che fanno tutti gli altri" ed è anche per questo motivo che la pena a due anni e otto mesi inflitta in primo grado a Michele Giovine per la vicenda delle firme elettorali false è troppo alta: lo ha detto oggi al processo d'appello uno dei suoi difensori, l'avvocato Cesare Zaccone.

Il legale, dopo avere invocato l'assoluzione del consigliere regionale imputato per irregolarità elettorali, si è soffermato sulla diffusione dei comportamenti che sono contestati dall'accusa.

"Basta leggere i quotidiani - ha osservato - per rendersene conto. Succede ovunque, anche in Piemonte. Ma sono condotte prive di conseguenze troppo rilevanti e, per questo motivo, punite con pene molto più basse: è stato il legislatore a dire che non sono fatti gravi, al punto da scegliere di declassarli". Il pg Vittorio Corsi è stato di parere opposto. "Non condivido il discorso del 'così fan tutti'. Bisogna, anzi, dare sanzioni che scoraggino quello che fanno tutti".

http://torino.repubblica.it/cronaca/2012/0...tutti-35471527/

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Chrysler richiama 87mila Jeep

(ANSA) - DETROIT (USA), 19 MAG - La Chrysler sta richiamando quasi 87.000 Jeep Wrangler negli Stati Uniti, in Canada e in altri Paesi, perché potrebbero essere esposte a rischi di incendio. Il provvedimento riguarda esclusivamente le vetture del modello 2010 che hanno la trasmissione automatica e che sono state prodotte prima del 14 luglio 2010, riferisce il Washington Post online, aggiungendo che la Chrysler ha ricevuto almeno 14 segnalazioni di protesta di Jeep Wrangler andate a fuoco.

http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/to...ep_6898547.html

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Mille Miglia: vince il duo argentino Scalise-Claramunt su un'Alfa del '33“

Elkann 152/mo

Il vincitore dell'edizione 2012 delle Mille Miglia è il duo argentino Claudio Scalise e Daniel Claramunt a bordo dell' Alfa Romeo 6C 1500 GS del 1933.

L'equipaggio ha avuto la meglio alla fine di una lotta serrata contro la Bmw-328 Roadster del 1939 dei veterani Giuliano Canè e Lucia Galliani.“

Terzo classificato Giovanni Moceri su una Aston Martin Le Mans del 1933, assistito dal bresciano Tiberio Cavalieri.“

Il presidente di Fiat Group John Elkann, che partecipava alla competizione su una Fiat 8v del '54, accompagnato dalla moglie Lavinia Borromeo, si è classificato al 152esimo posto.“

http://www.bresciatoday.it/cronaca/vincito...ane-elkann.html

:interxxx:

Grande Stevens:

"Godo per le vittorie del Napoli ma ovviamente tifo Juve"

Napoletano di nascita, torinese d'adozione. Franzo Grande Stevens ha raccontato a Il Mattino il suo incontro con l'Avvocato Agnelli e la sua fede juventina:

Com’era la Napoli di Grande Stevens?

«Durante la guerra il collegio dei Benedettini di Montecassino, dove vivevo dall’età di 8 anni, chiuse e tornai a Napoli per frequentare il ginnasio al Vico, dove insegnavano maestri, ad esempio, come Sannia e l’Arcuno. Mio padre aveva un piccolo pastificio, mia madre fu isolata dai tedeschi in un campo di concentramento a Chiaiano, colpevole di ascoltare Radio Londra dove parlava mio zio, il colonnello Stevens. Vivevo da una zia sulla collina dei Camaldoli e scappavo nei boschi se arrivavano i tedeschi. Quando ci raggiunsero le forze dell’Ottava Armata britannica venni accolto nelle vicinanze dell’ospedale Cardarelli dalla Brigata palestinese, composta da soldati ebrei guidati da Tiberius Iritz».

Quando arrivò a Torino?

«Mi laureai con il massimo dei voti con Alessandro Graziani, maestro di diritto commerciale, ed entrai nello studio del grande avvocato civilista Francesco Barra Caracciolo. Volevo conoscere Paolo Greco, insigne giurista napoletano che insegnava a Torino, e andai a trovarlo. Venni ”sequestrato” e inserito nello studio di Dante Livio Bianco, da poco deceduto, allievo di Manlio Brosio e collaboratore di Piero Calamandrei. Vivevo in una camera ammobiliata. Così cominciò la mia avventura torinese».

Lei è stato soprannominato l’Avvocato dell’Avvocato. Come nacque il suo rapporto con Agnelli?

«L’Avvocato mi chiese l’assistenza legale nella cessione di una sua azienda. Mi disse: quando mio nonno ebbe bisogno di un avvocato civilista si affidò all’avvocato napoletano Vincenzo Janfolla, ho sentito parlare bene di lei e anch’io mi affido a un avvocato napoletano. Da allora, seconda metà degli anni ’50, il rapporto è diventato sempre più assiduo e si è esteso alla famiglia, in particolare a Gianni e Umberto Agnelli».

È stato presidente della Juventus per tre anni.

«Quando morì Vittorio Chiusano, il grande penalista torinese presidente del club, il lavoro mi assorbiva molto. Umberto vinse la mia riluttanza, dicendo che dovevo accettare perché era un tributo all’amico scomparso. E io accettai».

Da napoletano avrà seguito la crescita del Napoli, dal fallimento alle partite di Champions.

«Certamente. Conosco le vicende della squadra, dai campioni come Maradona a quelli attuali come Cavani, Lavezzi e Hamsik».

Ha simpatia verso il Napoli?

«Confido e godo della vittoria del Napoli, quando non gioca contro la Juve o non c’è un interesse della Juve».

Domani l’ultimo atto di Del Piero alla Juve.

«Ha giustamente voglia di continuare a giocare anche se con minore intensità e minore stress di quelli del campionato italiano. C’è tempo per lavorare a tavolino.Del Piero resterà sempre una bandiera e un esempio della Juve oltre che un grandissimo calciatore come Sivori e Platini».

Il pronostico per la finale?

«Spero che sia una bellissima partita, esemplare non solo per abilità tecnica ma anche per correttezza, sia dei giocatori che del pubblico. E che, naturalmente, vinca la Juve».

http://www.tuttojuve...idnotizia=95157

Ahia... .oddio

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Ora con 30 scudetti cè il nodo della terza stella. Lei

come la pensa in merito?

«Noi tifosi siamo consapevoli di aver vinto 30 scudetti in

campo ma io sono abituato a rispettare le regole. Così la

Juve, in questo senso è al di sopra di ogni sospetto. Si

troverà una soluzione intelligente. E poi la terza stella senza possibilità di

contestazioni credo che arriverà presto...».

Riccardo Grande Stevens, Tuttosport 28/05/2012

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Bilderberg 2012, sorpresa: ci sono anche Lilli Gruber e Enrico Letta

Con una mossa a sorpresa, insolita, quasi a voler lasciar intendere che non c'è niente di strano e di segreto, il sito ufficiale del Meeting Bilderberg ha pubblicato un comunicato stampa ed un elenco dei partecipanti1 prima dell'inizio della conferenza del 2012, in programma dal 31 maggio al 3 giugno a Chantilly, Virginia, USA.

Il comunicato stampa del Bilderberg spiega come la "conferenza si occuperà principalmente di questioni politiche, economiche e sociali, come le relazioni transatlantiche, l'evoluzione del paesaggio politico in Europa e negli Stati Uniti, l'austerity e la crescita nelle economie sviluppate" ma anche della "cyber sicurezza, delle sfide energetiche, del futuro della democrazia, della Russia, della Cina e del Medio Oriente".

Naturalmente, viene precisato che "l'incontro è privato al fine di incoraggiare la discussione franca e aperta" e che il Bilderberg è solo un "forum dove partecipa un'ampia sezione dei cittadini più importanti (del mondo, ndr) che si riuniscono per tre giorni al fine di portare avanti una discussione informale e off-the-record su argomenti di interesse vigente".

Quasi una adunata di filantropi, insomma.

Tra i 145 partecipanti del Bilderberg 2012 c'è anche qualche rappresentante per l'Italia, sempre pronta naturalmente a contribuire allo sviluppo dell'umanità.

Scorrendo la lista, stilata in rigoroso ordine alfabetico, si scopre quindi che quest'anno i "rappresentanti italiani" al Bilderberg sono Franco Bernabè, presidente e CEO di Telecom Italia (le compagnie di telecomunicazioni a questi "forum" sono spesso ben accolte), Fulvio Conti, amministratore delegato e direttore generale di Enel e John Elkann, presidente della Fiat. Ma non solo. Un po' a sorpresa appare poi il nome di Lilli Gruber, giornalista di La7 TV (di proprietà Telecom Italia) e "miracolosamente" (citando una sua famosa missiva indirizzata al premier Mario Monti2 quando si insediò a Palazzo Chigi) anche quello di Enrico Letta, deputato del Partito democratico.

Di cosa parleranno i nostri dirigenti di aziende, giornalisti e politici probabilmente difficilmente si saprà (con certezza), anche se qualcuno apprezzerebbe di sicuro se alla Camera venisse proposta una interrogazione parlamentare per chiarire per esempio in che veste un rappresentante del popolo italiano è presente al Bilderberg, e per l'interesse di chi.

Ad altri invece, scoprendo la partecipazione di Lilli Gruber al Bilderberg, sarà tornata in mente l'intervista che fece a Mario Monti3 (da oggi una sorta di collega, visto che è stato membro del comitato direttivo del Gruppo Bilderberg), quando domandò innocentemente al premier: ma lei è un massone? La risposta ormai probabilmente la conoscono tutti.

Sante Mapelli Morro

http://www.mainfatti.it/Bilderberg/Bilderberg-2012-sorpresa-ci-sono-anche-Lilli-Gruber-e-Enrico-Letta_044025033.htm

.read .read .read

ELENCO PARTECIPANTI 2012:

http://www.bilderbergmeetings.org/participants2012.html

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INTERVISTA

FRANZO GRANDE

STEVENS

L'uomo che ha salvato gli Agnelli spiega

perché l'impresa familiare è come la Chiesa.

Una controrivoluzione attraversa l'Europa per garantire continuità alle aziende.

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«Un Michele Ferrero, un Leonardo Del Vecchio, un Luigi Cremonini

hanno qualità che altri non hanno, c'è poco da fare». E se lo dice

lui, Franzo Grande Stevens, c'è da credergli. Da cinquant'anni fra

i giuristi d'impresa più affermati d'Europa, è stato per oltre

quattro decenni «l'avvocato dell'Avvocato», cioè il principale

consulente di Gianni Agnelli; ha assistito clienti eccellenti come

l'Aga Khan, lo Ior e il Vaticano; è autorevole consigliere del

gruppo Ferrero e lo studio di cui è tuttora (a 83 anni) presidente

onorario conta circa 50 avvocati fra Torino, Milano e Roma.

di SERGIO LUCIANO (Panorama | 13 giugno 2012)

A fianco della famiglia Agnelli, e con Gianluigi Gabetti, ha anche gestito la

discussa operazione dell'equity swap, che permise alla dinastia di conservare

il controllo della Fiat dopo la conversione del maxiprestito bancario che la

salvò nel 2005. Insomma, Grande Stevens sta all 'impresa familiare come il

Papa a San Pietro. «Gli uomini che hanno fondato le imprese le amano ben al

di là del loro valore patrimoniale» afferma «Ne ho conosciuti tanti e so per

certo che sono catalizzati dall'esigenza di assicurare per le loro creature il

futuro migliore».

Grande Stevens non ha mai cercato cattedre universitarie e ha rilasciato due

o tre interviste in tutta la sua carriera, per un understatement che attinge più

alla matrice britannica (madre) che a quella partenopea (padre) del suo dna.

Il suo cavallo di battaglia è l'impresa familiare. Il suo capolavoro risale al 1987,

quando per primo in Europa applicò al gruppo Agnelli uno strumento

giuridico rivoluzionario, poi adottato da quasi tutti i grandi gruppi

economici a controllo familiare: la società in accomandita per azioni,

una cassaforte a prova di scalata e di dissidi intestini.

Oggi Grande Stevens è, se non l'autore, certo l'ispiratore di una seconda

rivoluzione, che anticipa a Panorama con questa intervista, e che s'impernia

su due novità giuridiche che porteranno a una nuova stagione di consolidamenti

delle famiglie imprenditoriali, una delle quali è appena stata utilizzata

anche da casa Agnelli, nella fusione tra la Fiat Industriai e la Cnh.

Avvocato, quali sono queste due novità?

La più nuova è un perfezionamento del principio dell'accomandita. L'ha

appena applicato per la prima volta la famiglia Hermès. Al vertice di quel gruppo

c'è ora una società a responsabilità limitata, la Emile Hermès sarl, che è

accomandataria della società in accomandita. La sarl naturalmente fa capo al

gruppo familiare di riferimento. Insomma, la volontà di chi controlla e vuol

continuare a controllare il gruppo è stata racchiusa a un livello superiore a

quello dell'originaria accomandita di famiglia, dove forse non era più così

sicuro che si potesse continuare a lavorare con stabilità.

Insomma, un sistema di scatole cinesi, di società a responsabilità

limitata e in accomandita per azioni ...

Consentita dall'ordinamento europeo. E per un obiettivo preciso.

Quale?

L'imprenditore ha due esigenze, e il caso Hermès non fa eccezione: la prima

è che la proprietà resti in famiglia; la seconda è che la gestione rimanga

affidata a mani capaci, che possono essere anche estranee alla famiglia

purché scelte con il criterio meritocratico più rigoroso.

Nel presupposto, da dimostrare, che l'imprenditore sappia valutare

il meglio ...

Sicuramente ha l'intenzione onesta di farlo. L'imprenditore che ha avuto

successo ama la sua azienda perché l'ha creata o comunque ingrandita,

potenziata. Quindi non guarda solo al patrimonio, guarda alla stabilità

dell'impresa.

Ma perché il meccanismo dell'accomandita dovrebbe garantire

stabilità?

Non direi garantire, ma rafforzare le possibilità di ottenerla. Il socio

accomandatario è responsabile illimitatamente con il suo patrimonio dei

risultati della gestione. Questo scoraggia l'avventurismo. Chi si impegna non

può farlo con intenti speculativi, deve mettersi in gioco completamente. Del

resto, l'accomandita imita la Chiesa.

Come sarebbe?

Garantisce quel principio di cooptazione che funziona da 2 mila anni e

ha permesso alla Chiesa di diventare l'istituzione più longeva e stabile

dell'umanità. I soci accomandatari devono essere d'accordo sulla cooptazione

di nuovi soggetti.

Ma non bastano i patti di sindacato per tutelare la stabilità di

un'impresa?

Si sono dimostrati insufficienti. L' approvazione degli accomandatari in

carica è necessaria invece per nominare nuovi accomandatari. Tutti

sono responsabili patrimonialmente di quel che fanno. Questo meccanismo

garantisce un imbattibile tasso di adesione ai valori, alle finalità aziendali.

Quando un soggetto aderente a un patto di sindacato ne viola le regole,

può semmai risarcire il danno cagionato, ma gli effetti non vengono

cancellati. Nell'accomandita ogni accomandatario risponde personalmente di

quel che fa e gli altri accomandatari possono prevenire l'insorgere della

scorrettezza, non rettificarla a cose fatte.

Torniamo al caso Hermès: cos'hanno fatto in quel gruppo?

Dopo l'attacco da parte del gruppo Lvmh, nel 2010, la famiglia Dumas,

che controlla circa il 70 per cento della Hermès, costituì un'accomandita

cui conferì il pacchetto di maggioranza dell'azienda: la chiamò H51 proprio

perché controllava il 51 per cento del capitale. Ora il ruolo di socio

accomandatario nella H51 è stato attribuito non più a una persona fisica,

ma a un'ulteriore accomandita: così si è ulteriormente circoscritto il potere

d'indirizzo, e si è riunita una componente maggioritaria della famiglia.

Forse perché cinque mesi fa è mancato Jean-Louis Dumas, e questo ha

creato qualche crepa tra i 60 eredi?

Non so. Posso dire però che lo strumento della srl come accomandataria

della società in accomandita per azioni ha subito fatto proseliti presso un'altra

famiglia storica del capitalismo mondiale, i Rothschild. E aggiungo che la

Francia ha un ordinamento molto difensivo nei confronti della proprietà

familiare, al quale ha appena aggiunto un secondo istituto determinante.

L'altro strumento innovativo di cui si parla. Di che cosa si tratta?

Il voto doppio per i possessi azionari stabili, di cui si avrà applicazione

anche nel caso della fusione tra la Fiat Industriai e la Cnh. Una norma che

permette alle società di prevedere nello statuto che i pacchetti azionari

posseduti stabilmente, cioè da oltre due anni, dagli stessi proprietari

acquistano voto doppio in assemblea. Diritto speciale che perdono se

vengono venduti.

Un premio fedeltà?

Sì, che funziona anche in caso di opa, l'offerta pubblica d'acquisto. Che è la

vera novità francese, visto che anche in Danimarca, Paesi Bassi e altri stati

esiste qualcosa di simile, ma in caso di opa decade. Il pacchetto con voto

doppio, invece, in Francia continua a votare per due.

Ma l'Unione Europea consente una norma così dannosa per la

contendibilità delle società quotate?

La consente, anzi ha un orientamento favorevole. E non è una novità: la

direttiva cui risale è del 2004, ma come sempre lasciava discrezionalità

applicative agli stati membri.

Ma alla fine è sano tanto fervore difensivo attorno alle proprietà

familiari?

La storia dimostra che il ruolo dell'individuo alla fine sovrasta sempre

qualsiasi semplificazione, qualsiasi istituzionalizzazione giuridica. Quindi

un'equivalenza granitica tra le imprese familiari e le imprese ben gestite non

c'è. Certo, però, queste novità legislative rafforzano l'impresa familiare nel

suo ruolo di cardine del sistema. Forse, in mancanza di meglio: perfino

Facebook o Google, per parlare di società colossali e fondate da giovanissimi,

tutelano la continuità proprietaria con lo strumento delle doppie categorie di

azioni. Che poi l'impostazione delle imprese familiari regga, che resista alla

globalizzazione, che sia prevalentemente proficua per il futuro delle imprese,

beh, dipende dalla qualità delle persone.

Per lei, insomma, l'impresa s'identifica con l'imprenditore che l'ha

creata?

Entro certi limiti, sì. L'impresa è l'attività nella quale una persona

s'identifica davvero, se ha avuto un particolare successo, e s'innamora del

suo lavoro amandolo anche più del patrimonio raccolto. Allora il suo interesse

profondo è che l'impresa continui nel tempo con le stesse capacità di successo.

Lei conosce imprenditori così?

Per esempio Michele Ferrero: so bene che non ha interesse solo a conservare

il patrimonio, ma a garantire il futuro dell'impresa. Ecco perché uomini come lui

devono trovare il modo per assicurarsi che quelli che continuano abbiano lo

stesso amore per il lavoro, le stesse capacità e qualità.

La crisi della finanza colpisce più le family company o le public

company?

Insisto, dipende dagli uomini. I fattori esterni, il mercato, il credito, la

concorrenza sono gli stessi per tutti. Le imprese familiari hanno le loro

risorse tipiche, le public company ne hanno altre, ma su tutto prevale il

ruolo dei singoli, dei gestori. Che siano imprese familiari o pubbliche, dove

il metodo della cooptazione assicura la qualità del management le cose

funzionano, altrove meno. Sa qual è una public company molto ben gestita?

La Reale mutua di assicurazioni: è una mutua, quindi non ha un padrone

tipico, tutti gli assicurati sono soci; e non distribuisce utili, naturalmente. C'è

un meccanismo rigorosissimo di cooptazione manageriale. Va avanti benissimo

dal 1828.

Bio

Nato a Napoli nel 1928, l'avvocato Franzo Grande Stevens a Torino

è stato per anni il primo contribuente, anche davanti al suo miglior

cliente, Gianni Agnelli. La Consob nel 2007 lo sanzionò per l'equity

swap che due anni prima aveva permesso agli Agnelli di conservare

il controllo della Fiat. Dall'accusa penale di aggiotaggio fu però

prosciolto nel 2011. Civilista, ha sconfinato nel penale una sola

volta, nel '76, come difensore d'ufficio dei capi storici delle Br

(nessuno li voleva difendere), con l'allora presidente degli avvocati

di Torino Fulvio Croce, poi assassinato dai terroristi. Padre di tre figli

e nonno di svariati nipoti, è zio del nuovo amministratore delegato

delle Generali, Mario Greco.

Modificato da Ghost Dog

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Non sono un espertone di questi temi, ma ne ho sentito parlare più di una volta. E mi sono confrontato professionalmente un paio di volte con temi attigui.

Nonostante i fatti dicano che egli tifa per la seconda squadra di Milano, mi sento di avallare quanto dice Franzo nell'intervista. :sisi:

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Non sono un espertone di questi temi, ma ne ho sentito parlare più di una volta. E mi sono confrontato professionalmente un paio di volte con temi attigui.

Nonostante i fatti dicano che egli tifa per la seconda squadra di Milano, mi sento di avallare quanto dice Franzo nell'intervista. :sisi:

Di accomandita in accomandita, visti i livelli riproduttivi della famiglia, avranno bisogno a medio termine di ulteriori magie.

Però son d'accordo: bisogna tutelare i gioielli di famiglia (preferibilmente non a qualsiasi costo).

Ma Franzo non è tifoso napoletano? Solo simpatizzante per linea di sangue?

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Di accomandita in accomandita, visti i livelli riproduttivi della famiglia, avranno bisogno a medio termine di ulteriori magie.

Però son d'accordo: bisogna tutelare i gioielli di famiglia (preferibilmente non a qualsiasi costo).

Ma Franzo non è tifoso napoletano? Solo simpatizzante per linea di sangue?

Visto quanto accaduto, direi che tifa Inter. sefz

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Ora con 30 scudetti cè il nodo della terza stella. Lei

come la pensa in merito?

«Noi tifosi siamo consapevoli di aver vinto 30 scudetti in

campo ma io sono abituato a rispettare le regole. Così la

Juve, in questo senso è al di sopra di ogni sospetto. Si

troverà una soluzione intelligente. E poi la terza stella senza possibilità di

contestazioni credo che arriverà presto...».

Riccardo Grande Stevens, Tuttosport 28/05/2012

Forse lui sa davvero qualcosa e che la terza stella possa davvero arrivare presto?

Modificato da ClaudioGentile

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Forse lui sa davvero qualcosa e che la terza stella possa davvero arrivare presto?

Credo che sia solo ottimista per il futuro della squadra, e che si possano vincere un altro paio di scudetti in tempi brevi...

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Il Sole 24 ORE 08-06-2012

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Holding. Sale la cedola per l'accomandita

Exor riduce

la quota Sequana

L'OPERAZIONE

Aumento da 150 milioni per l'azienda francese, entra il fondo

sovrano Fsi Ieri i soci G.Agnelli & C. approvano i conti 2011

di A.MAL. (Il Sole 24 ORE 08-06-2012)

I soci della Giovanni Agnelli & C. , la società in accomandita che

custodisce le quote di controllo di Fiat e Fiat Industrial, hanno

approvato ieri il bilancio 2011. I circa 50 soci presenti, dei vari

rami della famiglia Agnelli, hanno dato ieri via libera ai conti

nell'assemblea presieduta da John Elkann; la riunione è stata

l'occasione, come ormai di consueto da qualche anno, di fare il

punto sull'andamento dei vari business del gruppo e sulle prospettive.

I conti 2011 della società non sono stati resi noti; la principale fonte

di ricavi è il dividendo pagato da Exor – la holding controllata al 59%

che ha in portafoglio le partecipazioni di controllo in Fiat e Fiat

Industrial; il dividendo 2011 di Exor è aumentato rispetto all'anno

precedente (a complessivi 75 milioni da 68) e salirà ulteriormente a

circa 80 milioni quest'anno, come appena deliberato dal l'assemblea.

Proprio ieri Exor ha annunciato una riduzione della quota nella

società cartaria francese Sequana in occasione di un aumento di

capitale da 150 milioni di euro annunciato sempre ieri da quest'ultima.

La finanziaria degli Agnelli – maggiore azionista con il 28, 4% – ha

deciso di partecipare solo in parte all'operazione accettando una

diluizione e lasciando spazio all'ingresso nella compagine azionaria di

Sequana di Fsi, il fondo sovrano francese di investimento strategico.

La partecipazione di Exor nella società – guidata da Tiberto Ruy

Brandolini D'Adda – «risulterà diluita in funzione delle caratteristiche

dell'aumento di capitale che saranno definite nei prossimi giorni».

Sequana non ha dato di recente grandi soddisfazioni ai soci: dopo

una perdita di 77 milioni di euro nell'esercizio 2011, nel primo trimestre

2012 è tornata in utile per 2,6 milioni di euro (in netto calo rispetto

ai 26, 3 dello stesso periodo del 2011).

Tornando alla due giorni torinese, la giornata di mercoledì ha visto

gli interventi al Lingotto del direttore de «La Stampa» Mario Calabresi

e di quello della Fondazione Agnelli, Andrea Gavosto. Ieri la riunione

si è trasferita al nuovo stadio della Juventus – uno dei maggiori

investimenti del gruppo in Italia degli ultimi anni – dove ha fatto gli

onori di casa il presidente Andrea Agnelli.

In quella cornice Sergio Marchionne e i tre amministratori delegati di

Iveco, Cnh e Fipt hanno illustrato l'andamento e le prospettive

rispettivamente di Fiat spa (con Chrysler) e di Fiat Industrial, ovvero

i due investimenti "storici" della famiglia (ma non i due maggiori,

poiché la quota nella svizzera Sgs vale oggi più di quella in Fiat).

Al meeting hanno partecipato, tra gli altri, Lapo e Ginevra Elkann,

fratelli di John; Maria Sole Agnelli – sorella dell'Avvocato – con il

marito Pio Teodorani Fabbri e il figlio Eduardo; Alessandro e Tiziana

Nasi, Ruy Brandolini, Oddone Camerana, Luca Ferrero Ventimiglia

e parecchi esponenti dell'ultima generazione della famiglia.

Come si conviene a una delle maggiori dinastie aziendali italiane, gli

Agnelli hanno ascoltato ieri una relazione di un esponente di un'altra

famiglia imprenditrice: Jorge Paulo Lemann, terzo nella classifica dei

miliardari brasiliani e guida della famiglia che controlla il colosso

delle bevande InBev e che nel 2010 ha rilevato la Burger King.

Modificato da Ghost Dog

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MARCHIONNE

«Cara Juve,

corri come Alonso per

vincere la Champions»

L'a.d. Fiat a ruota libera: «L'affare scommesse mi urta moltissimo» E sulla crisi: «Monti è ok»

di PINO ALLIEVI (GaSport 12-06-2012)

Un breve commento e dopo il gran premio è scomparso, con l'amaro in bocca

per la Ferrari che era prima sino a 7 giri dal termine. Adesso potrebbe essere

a Detroit, oppure in volo per Torino diretto in Cina, dopo una sosta per un

convegno a New York.

Sergio Marchionne, a.d. del gruppo Fiat-Chrysler, vive sospeso per la maggior

parte del suo tempo. Salvo regalarsi qualche puntata ai gran premi, come

quella oramai abituale nel Canada, la sua patria adottiva. Che adora. «Ero un

bambino e tutti impazzivamo per Gilles Villeneuve. La Ferrari dava l'idea di

un'astronave che si ammirava a distanza. Erano momenti in cui il Canada aveva

grandi sprazzi di genialità. Dal primo ministro Pierre Trudeau sino a

Villeneuve: entrambi hanno messo il Paese sulla mappa internazionale».

Ora la Ferrari è Fernando Alonso...

«Mi piace tantissimo. È un direttore d'orchestra, oltre che un pilota

eccezionale, con qualità sia in pista che fuori che fanno la differenza. Mi

piace anche Massa, ma ha avuto tanta sfortuna...».

Alonso bene o male è in posizione di poter vincere il Mondiale, che cosa

manca alla Juventus per ambire a conquistare la Champions League?

«Probabilmente niente. Il lavoro fatto è stato fenomenale, la squadra ha

disputato una stagione fuori dal comune. Bisogna continuare a lavorare così.

Che giocatori acquisterei? Io sono nato juventino ma non mi permetterei mai di

suggerire un nome. Andrea Agnelli ha più competenza di me. A noi spetta

appoggiare la Juve da vicino. Come sponsor col marchio Jeep l'abbiamo sposata

come una squadra di cuore e di portafoglio. Ci aspettiamo molto. Dare consigli

sarebbe una cosa sbagliata».

Uno duro e puro come lei, come vede dal di fuori la vicenda delle

scommesse e più in generale la corruzione nel mondo del calcio?

«La vedo malissimo. Ho zero pazienza. Certe cose dovrebbero restare al

di fuori degli affari, figuriamoci dallo sport. È una vicenda che urta. Mi

infastidisce che ci sia stato uno strascico nella Nazionale che sta giocando

l'Europeo, perché chi è convocato dovrebbe avere la tranquillità».

Italia corrotta nel calcio, corrottissima nella politica, i giornali

sono bollettini di guerra, la gente è nauseata. Lei che deve vendere

un pezzo di Italia sui mercati si sente in qualche modo condizionato?

«È una situazione che dà fastidio a tutti coloro che rappresentano l'Italia a

livello internazionale, perché c'è un'Italia che non è così, c'è un'Italia che

è molto buona, che vuole fare e lavorare. È l'Italia che piace a me. Grazie a

Dio, negli ultimi 8 anni con Fiat e adesso con Chrysler abbiamo acquisito una

credibilità a livello mondiale: non voglio che nulla vada a disturbarla».

Viviamo una crisi economica infinita: quanto durerà ancora?

«Le mosse che si stanno facendo sono tutte nella direzione giusta. Bisogna

dare il tempo al presidente Monti di completare il lavoro di risanamento e

portare avanti le riforme sulle quali, per ragioni che non conosco, ha un po'

rallentato. Solo la credibilità in campo internazionale può darci la

possibilità di ripianare il debito pubblico e solo una persona, Monti, ha la

possibilità di gestire il momento. È di un'importanza cruciale».

Nel frattempo Montezemolo si scalda per entrare in politica, Italia

Futura oramai è un partito.

«Il mio consiglio di cuore, che gli ripeto sempre, è di non farlo. In questo

momento c'è un lavoro che dev'essere lasciato ai tecnici, gli unici che hanno

la capacità e l'interesse per risanare i conti rimettendo l'Italia sui binari.

Facciamolo fare a chi è uno specialista. È inutile ingaggiare un cuoco per

fare la pizza quando io voglio l'arrosto: chiamiamo chi è capace di cucinarlo».

Si è mai posto il problema di chi eventualmente potrebbe sostituire

Montezemolo in Ferrari?

«Il problema me lo pongo sempre ma sono assolutamente sicuro che non andrà

da nessuna parte perché si rende conto di due cose. Primo, non è il mestiere

suo e sotto sotto lo sa; secondo, vuole un grandissimo bene alla Ferrari».

A quali condizioni la Fiat potrà tornare in Confindustria?

«Sinché Confindustria è disegnata in un modo in cui toglie la libertà di

gestione delle relazioni industriali dalle aziende con i suoi dipendenti, per

noi la Confindustria non ha nessun valore».

Si arrabbia quando Crozza la imita?

«Pensi che non l'ho mai visto! Mi dicono che sia simpatico la maggior parte

delle volte, in altre occasioni esagera. Comunque il fatto che qualcuno si

prenda l'impegno di prendermi per i fondelli mi fa ridere, mi piace, basta che

non ci siano attacchi personali. Un po' di umorismo fa sempre bene,

soprattutto in questi momenti, non è vero?».

Modificato da Ghost Dog

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1- SIGNORI, IN CARROZZA. STA PER PARTIRE IL SUPER TRENO CHE CI PORTERA' FIN NEL VENTRE DELLA TERZA REPUBBLICA: DA AIRONE PASSERA A CIRINO POMICINO, DA MASTELLA A BO*****O, ECCO I PILASTRI DEL PROGETTO POLITICO DI LUCHINO MONTEPREZZEMOLO - 2- A FINANZIARE “ITALIA FUTURA” CI SONO LO SCARPARO MARCHIGIANO E GIANNI PUNZO, MA E’ IN ARRIVO ANCHE CIRINO POMICINO CON LA SUA “IMPRESA SPA” E BO*****O CHE HA VIRATO SUL “PARTITO DEI CARINI” DOPO AVER MOLLARO I TIPINI FINI SENZA FUTURO - 3- TRA GLI AMICI DEL PROGETTO LUCHINO CI SAREBBE ANCHE ALFREDO ROMEO, IL CHIACCHIERATO IMPRENDITORE NAPOLETANO CHE HA FATTO LITIGARE DE MAGISTRIS E NARDUCCI

Andrea Cinquegrani per "la Voce delle Voci"

http://www.lavocedel...ste1.php?id=527

Signori, in carrozza. Sta per partire il super treno che ci portera' fin nel ventre della Terza Repubblica. Confortevole, veloce, competitivo, proprio come l'Italo nazionale, inaugurato in pompa magna a fine aprile.

Ormai il leader maximo, il semprepallido Luca Cordero di Montezemolo, ha deciso di rompere gli indugi e scendere in campo aperto a un anno dal voto, subito dopo la batosta elettorale per la Casta alle amministrative di maggio e la stravittoria del partito dell'astensione (quasi 50 per cento) e dei grillini (gia' sondaggiati al 15 per cento).

Sono i giorni in cui Silvio Berlusconi lancia in pista la «grande novita'» annunciata nei mesi scorsi, il «presidenzialismo alla francese», con un Cavaliere che, disarcionato dal governo, si allenerebbe dunque per la salita verso il Quirinale. Con un "forse si'", per ora, da parte dei montezemoliani.

Ma e' il colossale vuoto politico che va presto riempito. Un deserto di macerie: centrosinistra senza identita', centrodestra annientato, terzo polo morto prima ancora di nascere. «E' dentro questa totale confusione - notano parecchi in Transatlantico - che si fa spazio l'Italia Futura di Montezemolo e company. Si tratta di un gigantesco minestrone politico e d'interessi spacciato per il nuovo che avanza, per l'innovazione attesa messianicamente dagli italiani, per la politica diversa perche' dell'altra ne hanno le scatole piene».

Ed e' cosi' che ritroviamo un po' tutti sotto lo stesso ombrello: pezzi di Pd con una serie di veltroniani ma anche ex dalemiani in testa, poi una bella manciata di tecnocarati, docenti e professori in perfetto stile Monti-Passera, quindi una sfilza di lib, di berlusconiani pentiti, anche di reduci della prima repubblica, che servono soprattutto per portare ossigeno alle finanze di una formazione che sta decollando.

Quindi che spazio politico occupera' la "Cosa"? Sara' il neo Centro da sempre vagheggiato, la nuova Balena bianca storica aspirazione di tanti ex dc, berluscones e non solo? Il partito della Nazione sognato da Pierferdinando Casini e abortito dopo il naufragio del Terzo Polo? Oppure il Nuovo Partito Conservatore, i Tories de noantri, quindi il vero erede di una destra "illuminata" (sic) e mai nata, comunque a presidiare lo spazio politico ex Forza Italia-An, e poi Pdl? O cosa, visto che la porta verso il centrosinistra (con tanti pezzi pd nel motore) e il gruppo De Benedetti non sembra del tutto chiusa?

Per adesso, ci sono tanti nomi e sigle in campo. E la voglia matta di mister Cinzano (a quella poltrona lo aveva assegnato il nemico storico Cesare Romiti dopo le bufere di casa Fiat): guidare il motore Italia, stavolta non piu' a bordo di una Ferrari o di un Italo, ma dalla poltrona piu' alta di palazzo Chigi. Una voglia che comincia da lontano, e matura un paio d'anni fa. La sua "celebrazione" durante un puntata prenatalizia di Che tempo che fa. Sotto l'albero di Natale, nel salottino di Fabio Fazio, ecco scendere in pista Elisabetta Canalis, Aldo Cazzullo e lui, Luca, a dettare il suo verbo: «non mi piace il modo di fare politica oggi».

Tutti da leggere i commenti a caldo, via telefono, con l'amico di sempre, Luigi Bisignani, l'uomo della P3 (le conversazioni fanno parte dei maxi fascicoli raccolti dalla procura di Napoli). Bisignani lo accoglie con un «grande!». E lui, timido ma deciso: «Io ho fatto il 22 per cento, loro non erano mai andati oltre il 15-16 per cento». L'altro gongola: «Mamma mia!». Lui: «Con sei, sei milioni di persone e la rete 3 e' la prima volta di domenica che vince la serata, quindi bene anche come attenzione».

Dopo l'euforia per il botto da Fazio, entra in scena l'imprenditore sempre vigile, che cerca l'appoggio dell'ubiquo Bisignani per una faccenda che riguarda l'associazione degli industriali a Napoli: «Sai che ho un grande amico fraterno che si chiama Gianni Punzo. Li' c'e' uno, un mascalzone, che vuol fare il presidente degli industriali. Te la faccio breve, la Marcegaglia ha posto il veto su Punzo, allora sia lui che un altro molto bravo, proprietario della Ferrarelle, un altro proprietario della Yamamay, escono perche' dicono che non accettano che ci siano veti sulle vicepresidenze. (....) Allora posso farti chiamare da Carlo Calenda per spiegarti la situazione, perche' in questo momento, quello che noi vorremmo tutti...». E Bisignani lo anticipa: «... che questo si ritirasse...».

In un'altra conversazione, poi, si parla di Stefano Lucchini, responsabile per le relazioni esterne di Eni. Cosi' spiega Montezemolo ai pm partenopei: «chiesi a Bisignani di chiedere al Lucchini quali fossero le posizioni dell'Eni in ordine al rinnovo delle cariche di Confindustria Napoli; lo chiesi perche' era interessato il mio amico Punzo».

Punzo e Calenda, due grandi amici che si ritroveranno accomunati da un idem sentire imprenditoriale, in quel di Nola, con il rampante Calenda, manager ex Sky e Ferrari, a dirigere da un paio d'anni lo strategico Interporto Campano, creatura nell'arcipelago societario di Punzo e tassello-base nell'operazione Italo sulle piste arcimilionarie dell'Alta velocita'. Li ritroveremo piu' volte, Punzo e Calenda, nel racconto che segue, lungo la mappa della strategia targata Montezemolo per passare dagli ozi capresi (abusi edilizi compresi nella sua villa Caprile ad Anacapri) alle vette del Potere.

Ricordano ancora oggi al palazzo della Provincia di Avellino, storico feudo di casa Dc: «A inizio anni ‘80, dopo il terremoto, i contatti di Ciriaco De Mita con Montezemolo erano frequenti. Lui era li' li' per essere candidato, poi non se ne fece piu' nulla». Ad opporsi fu l'avvocato Gianni Agnelli in persona e cosi' quella candidatura, prevista per le elezioni del 1983, sfumo'.

Si potra' riproporre adesso, a vent'anni esatti, e caso mai qualche pezzo da novanta di quella Balena bianca nel motore (o almeno nel poderoso think tank). Un nome facilmente arruolabile - per rimanere in zona - e' quello di Clemente Mastella che, perso per strada (e per alcune vicende giudiziarie) l'appeal politico, puo' comunque contare sulle storiche "truppe mastellate" e sull'innata vocazione a fiondarsi sul carro del vincitore (da ministro del Lavoro - quello dei 100 mila posti promessi - con l'esecutivo Berlusconi, alla casacca di Guardasigilli nel governo Prodi, e causa della sua caduta).

Altro ingrediente-base, l'inossidabile amicizia che lega il leader di Ceppaloni con l'altro storico amico di Montezemolo (e terzo eccellente nell'avvetura Italo-Ntv), ovvero Diego Della Valle.

Passiamo ad un altro big, Paolo Cirino Pomicino. E' rientrato alla grande in politica con la maglietta Udc, organizza kermesse a tutto campo per impartire lezioni di politica economica a Tremonti prima e Monti poi, detta le nuove regole dell'urbanistica all'ombra del Vesuvio (riesumando i suoi vecchi arnesi da prima repubblica "Neonapoli" e "il Regno del Possibile"), pontifica sulle colonne del Corriere del Mezzogiorno (diretto dall'amico Marco Demarco).

«Pomicino potrebbe giocare a breve un ruolo strategico - commentano a palazzo Partanna, sede della Confindustria partenopea - nel convincere Casini a seguirlo verso il progetto di Montezemolo, vista ormai la morte del terzo polo. Questo significa avere in gioco la forza economica del gruppo Caltagirone che non e' poco».

Come del resto e' piu' che cospicuo il bottino, la "cassaforte" che potrebbe portare in dote lo stesso Pomicino. Quella cassaforte - come vedremo piu' avanti - le cui chiavi sono condivise con l'altro partner "d'oro", Italo BO*****O. Era destinata a ossigenare le casse di Fli, e visto che Fli fa flop, ecco che - magicamente - tutto puo' tornare in gioco per il dream team di Montezemolo. In questa ottica, con un Pomicino capace di catalizzare significativi pezzi Udc (e ex Dc), BO*****O portera' con se' un consistente pezzo di Futuro e Liberta', lasciando al suo destino l'ex capo Gianfranco Fini.

Continuiamo lungo il versante "politico". Per scoprire che una parte dell'esecutivo vagheggiato da monsieur Cinzano e' gia' all'opera alacremente sotto i vessili del premier-tecnocrate Monti. A cominciare dall'uomo forte, il superministro Corrado Passera, il mega banchiere-finanziere prestato alla politica, il grande finanziatore del sogno che e' appena diventato realta', il Treno della Cuccagna, Italo, capace di produrre milioni a palate senza aver staccato il primo biglietto ferroviario.

Meraviglie della finanza creativa dei tremontiani? No, anche dei Montiani piu' ferrei. A cominciare da Passera, per i quali i bookmaker di Montecitorio preconizzano un SuperTicket proprio con lui, il pupillo dell'Avvocato. «E' per questo che Passera sta prendendo lezioni di "sinistra" - commentano in Senato - pare addirittura abbia chiesto consigli a Roberto Saviano, per rappresentare il volto progressista del tandem, con un Luca moderato». Fantapolitica? Staremo a vedere.

Pezzo forte del team governativo con un occhio (anzi due) al dream di Montezemolo e' Piero Gnudi, attuale ministro per il turismo, lo sport e gli affari regionali. Altro pedigree, il suo, chilometrico: ex vertice Enel, membro del cda di Unicredit, amicizie politiche trasversali, da Romano Prodi a Casini (per restare in ambito bolognese), fino a lui, il leader maximo futuro, Luca. Si sono ritrovati insieme (e con un altro felsineo doc, Gaetano Maccaferri), nella compagine della Manifatture Sigaro Toscano spa, comprata dal colosso statunitensa BAT (il quale, a sua volta, aveva acquisito dalle privatizzazioni di casa nostra l'Ente Tabacchi Italiani).

Restiamo ancora in casa Monti ed eccoci al ministro per le politiche sociali Andrea Riccardi, storico fondatore della Comunita' di Sant'Egidio, cattolico di lungo corso e da sempre vicino alla fondazione Italia Futura. E poi al vice ministro per il Lavoro (il numero due di Elsa Fornero), Michel Martone, figlio di Antonio, l'ex presidente dell'Anm (il cui nome ha fatto capolino nelle pagine dell'inchiesta sulla P4): docente di diritto del lavoro all'universita' di Teramo e alla Luiss di Roma, avvocato cassazionista nonostante la giovane eta', Michel e' oggi fra i promotori-fondatori di Italia Futura.

«E' proprio quel milieu universitario, bocconiano, louissiano - ricostruiscono in ambienti politici romani - di docenze in economia oppure storia, scienze politiche o giuslavorismo che rappresenta uno dei terreni su cui lavora Montezemolo, per accreditare un'aura di rinnovamento, di gioventu', di diverso rispetto alla vecchia offerta politica».

E sono un copia-incolla i curricula di molti tra i fondatori di Italia Futura. Come quello di Mauro Bussani, docente in universita' di mezzo mondo e a Trieste di diritto comparato; dell'economista Luca Di Mauro; del docente di scienza e comunicazione politica alla Luiss e alla San Pio V° di Roma Angelo Mellone (collabora a Radio Rai e si definisce «un giornalista che dice qualcosa di destra»), in passato molto vicino a Fini; del direttore dell'istituto di Igiene alla Cattolica Walter Ricciardi;

del docente di storia all'universita' di Bergamo Adolfo Scotto di Luzio; di Irene Tinaglia, docente di «innovazione, creativita' e sviluppo economico» (letterale dal curriculum) prima alla Carnegie Mellon Univesity di Pittsbourgh e poi alla Carlo III° di Madrid; di Marco Simoni, docente di capitalismo comparato alla London School of Economics and Political Science; di Andrea Romano, che piu' modestamente insegna storia contemporanea all'Universita' Tor Vergata di Roma.

Con Simoni e Romano approdiamo al terzo "terreno" in cui vuol affondare radici e far proseliti la Montezemolo band. E' la prateria del fu centro sinistra. Gia' editorialista per l'Unita', giovane promessa veltroniana, Simoni e' oggi tra gli uomini macchina di Italia Futura; il cui timone e', pero', nelle mani di Romano, gia' dalemiano convinto, livornese, un pallino (in comune con Simoni) per «i giovani precari», pronti a sfornare una ricetta per loro (sarebbe poi la Rossi-Ichino). Ed eccoci al big che viene dal Pd, l'economista che sussurava al leader Maximo D'Alema le misure da adottare, le terapie anticrisi per lo sviluppo, Nicola Rossi, al timone dell'Istituto Bruno Leoni, altro think tank del pensiero lib, avamposti a Torino e Milano.

Non e' finita. Perche' a "sinistra" s'e' fatto le ossa (sic) Giuliano Da Empoli, gia' al timone di Marsilio Editore, nel curriculum la presenza nel cda della Biennale di Venezia, oggi assessore alla cultura nella giunta Renzi che governa Firenze. Allo stesso rottamator Matteo - sembra - piaccioni i progetti «innovativi», «per una politica diversa» e bla bla continuando dei Monteprezzemolo boys (e il Comune di Firenze ha dato disco verde ai lavori per il tram veloce di un'impresa che potra' portar propellente al Nuovo Progetto).

Dalla Toscana al Lazio il salto non e' poi cosi' lungo, ed eccoci alla provincia di Roma guidata da Luca Zingaretti, Pd, che ha pensato bene di stanziare mezzo milione di euro circa di fondi per la "formazione professionale" delle nuove leve che dovranno lavorare nell'Italo superveloce del futuro. Potra' mai mancare, last but not least, una blogger doc, una conduttrice germogliata rigogliosa alla corte di Michele Santoro?

Certo che no. E' Giulia Innocenzi, segretario giovanile Pd mancato: e' addirittura tra i pochi, selezionatissimi fondatori di Italia Futura. Passiamo all'organizzazione, alla macchina. Due uomini li abbiamo gia' visti, gli ex pd Romano e Simoni. Ma ecco gli altri pezzi forti. Numero uno e' il gia' ricordato Carlo Calenda, l'uomo ora fifty fifty tra Montezemolo e Punzo, il sigillo dell'amicizia fraterna tra ‘o pannazzaro Punzo e il pupillo dell'Avvocato. A lui sono affidate le redini del movimento che in quest'anno dovra' spiccare il salto verso l'appuntamento poltico del 2013.

Gli potranno dare una grossa mano Simone Perillo (si occupa dello sviluppo territoriale del movimento) e, sotto il profilo delle "pubbliche relazioni", una sorta di Gianni Letta in salsa montezemoliana, Alberto Stancanelli.

Pezzo da novanta del Palazzo, ex consigliere alla presidenza del consiglio dei ministri, capo di gabinetto alla Funzione pubblica quando era ministro Luigi Nicolais (napoletano, pd, da alcuni mesi al vertice del Cnr), anche Stancanelli ha dovuto occuparsi dei problemi di Napoli, in particolare la monnezza: ai tempi di Guido Bertolaso commissario per l'emergenza rifiuti in Campania, infatti, venne designato dall'ex capo della Protezione civile (e ora coordinatore in pectore delle truppe berlusconiane da riorganizzare dopo lo tsunami elettorale) per mettere ordine nella giungla di consorzi mangiasoldi: una mission fallita, perche' ancor oggi i cittadini della Campania hanno sotto gli occhi quello sfascio ambientale ed economico, con la camorra a farla, come al solito, da padrona, e i partiti a spartirsi le poltrone, in un'orgia di sperperi milionari.

Gran consigliori di Italia Futura sara' infine un altro big dell'establishment amministrativo-finanziario: Mario Ciaccia, per anni braccio destro di Passera al vertici di Imi-Intesa San Paolo, trascorsi come vicecapo di gabinetto del ministro delle Poste nel primo governo Prodi del 1996, l'avellinese Antonio Maccanico.

E' proprio in quegli anni (siamo nel ‘98) che Passera va ad occupare una poltrona che conta, amministratore delegato di Poste (forte, a quei tempi, l'influenza dei finiani, con il bocchiniano Antonio Pezzella nel motore). Consigliere della Corte dei Conti, Ciaccia diventera' poi capo di gabinetto anche col centro destra berlusconiano (al ministero dei beni culturali con Guliano Urbani). Intanto, il posto di Ciaccia al fianco di Maccanico era stato preso da Antonio Catricala', ora braccio destro di Mario Monti nel governo dei tecnocrati.

E passiamo alla "polpa". Alle casse, ossia all'ossigeno che potra' vitalizzare Italia Futura e, soprattutto, dar forza e gambe a quel "Cantiere per il 2013" che dovra' portare sul palcoscenico elettorale le truppe targate Montezemolo. Per metter su le fondamenta, ci vuol poca fantasia, provvedono i soci-amici di Luca nell'avventura del super treno (per ora fortunatissima, capace di produrre una montagna di utili prima ancora di entrare in concorrenza con le Frecce Rosse di Mario Moretti): ossia le grandi liquidita' di Mister Tod's Diego Della Valle e di Gianni Punzo ‘o pannazzaro.

Poi, ci saranno i tanti "amici" coltivati ai tempi della presidenza in Confindustria, caso mai oggi vogliosi di mettersi in mostra dopo l'elezione - non gradita, ma comunque digerita - di Giorgio Squinzi al vertice di viale dell'Astronomia (i fans di Luca tifavano per Alberto Bombassei). Un folto gruppo, quindi, seguira' i primi gia' folgorati sulla via di Italia Futura: come Anna Maria Artoni, a capo del gruppo leader nei settori di trasporti e logistica; Massimo Ferrarese, impegnato nel mattone, molto attivo in Confindustria e anche in politica (al timone della Provincia di Brindisi);

il gruppo Monsurro' (pasta) e quello che fa capo alla Coelna (gruppi elettrogeni industriali e marini) di Stefania Brancaccio; quello, armatoriale, riconducibile al salernitano Agostino Gallozzi, per anni al vertice della locale autorita' portuale. Passiamo alla banca "amica". Si tratta della Banca Popolare di Sviluppo, non a caso quartier generale a Nola (sede di Cis e Interporto), creatura di Punzo.

Ha appena presentato il suo bilancio (utile netto per il 2011 a quota 635 mila euro), i 300 nuovi soci (per un totale che arriva a 2.600), le entre'e di peso, i progetti ambiziosi. Un "pannazzaro" in forma smagliante, orgoglioso dei suoi gioielli coltivati in tempo di vacche magre e critico verso le autorita' locali e il numero uno di Confindustria Napoli, Paolo Graziano («il prossimo anno invece di investire in locomotive proporro' ai miei amici di organizzare una corsa campestre», nota malizioso a proposito della America's Cup).

«Diventeremo almeno la prima banca della regione», gonfia il petto il presidente del cda di BPS, Luigi Gorgia. Un consiglio nel quale figurano, tra gli altri, in rappresentanza di Cisfi (la cassaforte del Cis) Gianni Cacace, amico storico di Pomicino; Sergio Russo (per Interporto Servizi Cargo); Agostino Borselli, il mattonaro partenopeo da sempre vicino a Sua Sanita' Francesco De Lorenzo, a bordo della Borselli e Pisani Costruzioni; Alessandra Rubino (Kimbo-Cafe' do Brasil);

Antonio Ferraioli (La Doria, grosso gruppo alimentare); Diego Pacella (per il gruppo armatoriale Grimaldi); Carlo Pontecorvo (presidente del gruppo Ferrarelle, che negli ultimi anni ha fatto man bassa di sigle del settore e non solo); l'avvocato Raffaele Ferola. Dulcis in fundo, l'ex procuratore generale del tribunale di Napoli Vincenzo Galgano, una toga prestigiosa fresca di pensione, come si conviene per le compagini a' la page.

Ma eccoci alle indiscrezioni sul futuro ormai prossimo. Risulta alla Voce che buona parte della "cassa" e' in arrivo dalle falde del Vesuvio. Non solo quella made in Punzo (la creatura per il commercio al dettaglio, il Vulcano Buono partorito dal compasso di Renzo Piano), ma soprattutto quella targata Paolo Cirino Pomicino, del resto amico storico di Punzo.

La cassaforte si chiama Impresa spa, gia' destinata a finanziare Fli, e ora pronta ad essere riconvertita sulla via del progetto di Italia Futura. «Ci sono tanti segnali - commentano a Palazzo Partanna - che portano in questa direzione. Pomicino vuole un suo spazio, l'Udc non gli sta piu' bene, e quindi e' lui che puo' dettare le regole, anche a Casini. O vieni con me da Montezemolo, o resti li' da solo, col tuo centro che non nascera' mai».

Cos'e' Impresa ? Una sigla sbocciata con prepotenza pochi anni fa e diventata in brevissimo tempo una delle star del mattone a livello nazionale e non solo. «Come fece Icla col dopo terremoto - viene ancora osservato - una sfilza di maxi appalti tutti dovuti ai buoni uffici di ‘o ministro che garantiva i flussi prima come presidente della commissione bilancio, ‘o sportello, e poi dal ministero stesso del Bilancio. Tutto facile, appalti a go go per le imprese amiche, le portappalti, come in primo luogo l'Icla».

Stesso copione, ora, per Impresa, ma ancor piu' "rombante" - per la quantita' di lavori in portafoglio, nonostante la crisi - e piu' "manifesta" che un tempo. Se una volta Icla era affidata ai due "amici" Agostino Di Falco e Massimo Buonanno, due geometri che improvvisamente si trasformano in imprendotori multimiliardari, ora Impresa fa direttamente capo a lorsignori: Raffaele Raiola (il mattonaro che a fine anni ‘80 ribattezzo' la Sorrentino Costruzioni tanto cara a Pomicino, levandola e "lavandola" delle custodie giudiziarie dopo i sequestri per camorra), Ludovico e Maria Grazia Greco (rampolli di Vincenzo Maria Greco, l'uomo ovunque di ‘o ministro da sempre), Domenico Chieffo, commercialista di fiducia di Italo BO*****O. Tra i tanti appalti, come detto prima, Icla s'e' aggiudicata anche quello - arcimilionario - per il tram veloce che colleghera' l'aeroporto di Peretola con il cuore antico di Firenze.

Non e' finita qui. A quanto pare altri bocconi si sono in fase di "cottura" sempre a Napoli. Dove lo stesso Pomicino e' tornato in sella, alla guida di Tangenziale spa, con grossi progetti per l'area occidentale e non solo (vedi articolo a pagina 28).

Nell'area opposta, quella orientale, sono ormai cantierati i lavori per Naple'st, la creatura di Marilu' Faraone Mennella e di Antonio D'Amato, storici amici di Pomicino (il padre, Salvatore D'Amato, fondatore della Seda, era tra i finanziatori piu' assidui della rivista pomiciniana Itinerario negli anni ‘80) ed habitue' anacapresi con la loro villa Damecuta, a un passo dalla maison di Luca. Del resto, l'ex presidente di Confindustria D'Amato, a poche settimane delle elezioni dello scorso anno, sbalordi' tutti scoprendosi un cuor bolscevico e invitando a votare De Magistris contro il collega industriale (e coinquilino di palazzo Partanna) Gianni Lettieri.

La torta, per la coppia dorata, si arricchisce dei faraonici progetti - a quanto pare in fase di start - non solo per il costoso restyling del vecchio stadio San Paolo (a proposito, uno degli sperperi dovuti alla gestione allegra del Col per i Mondiali ‘90, guidato da Montezemolo), ma anche per la realizzazione del nuovo impianto in partnership con il patro'n del Napoli calcio Aurelio De Laurentiis (che e' socio di Della Valle e Luigi Abete nella Italian Entertainment Group, sigla che gestisce gli studi di Cinecitta').

Dulcis in fundo, i "progetti" di Alfredo Romeo - l'uomo ovunque nella gestione dei patrimoni immobiliari pubblici - per l'area "antica" e fronte porto di Napoli, la cosiddetta "Insula": Romeo e' stato il protagonista dell'inchiesta Global Service, finita in flop, nella quale sono stati coinvolti pezzi grossi della Casta, a cominciare dal suo principale referente politico Francesco Rutelli. Ma l'amico del cuore, comunque, resta sempre lui, ‘o ministro. E ora - tutti insieme - cosi' come scoprono un cuore prima bolscevico, poi arancione, sono pronti - armi e bagagli - a catapultarsi sul'Italo che sta sfrecciando a tutta birra.

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Norme antiriciclaggio, lo Stato vaticano bocciato otto volte su sedici

di Marco Lillo

Il Vaticano è stato bocciato giovedì scorso agli esami scritti in una materia che storicamente pratica poco: l’anti-riciclaggio. E ora confida negli orali che si terranno a Strasburgo dal 2 al 6 luglio prossimo, per agguantare almeno una sufficienza risicata (il 4 luglio sarà esaminata la posizione del Vaticano). Il Fatto Quotidiano è in grado di anticipare le linee principali del rapporto Moneyval, il comitato degli esperti anti-riclaggio europei, consegnato giovedì scorso agli Stati membri dalla segreteria dell’organismo del Consiglio d’Europa. Sulle 16 raccomandazioni fondamentali in materia di anti-riciclaggio prescritte dagli organismi europei per l’inserimento all’interno della cosiddetta lista bianca degli Stati virtuosi, lo Stato Vaticano è stato bocciato otto volte su sedici.

La valutazione è stata effettuata sulla base delle 40 raccomandazioni sull’anti-riciclaggio e sulle nove raccomandazioni relative all’anti-terrorismo. Per ognuna di esse la disamina della situazione del Vaticano si conclude con un voto che può essere positivo, nel senso del rispetto della raccomandazione Gafi, il Gruppo di Azione Finanziaria Internazionale costituito a Parigi dal G7 per lottare contro il riciclaggio e il terrorismo, con due gradazioni (compliant, cioè conforme, o addirittura largely compliant) oppure negativo con due gradazioni (non compliant; partially compliant). Il rapporto è stato consegnato anche a Giuseppe Maresca, direttore dell’ufficio V del ministero dell’Economia e Finanze, per la “prevenzione dell’utilizzo del sistema finanziario a fini illegali”. Lo Stato della Città del Vaticano, come un qualsiasi paradiso fiscale alla ricerca di una migliore reputazione, aveva chiesto e ottenuto nell’aprile 2011 di essere sottoposto alla valutazione di Moneyval. Lo scopo della Santa Sede era quello di essere posizionato nella “lista bianca” dei paesi affidabili per le loro procedure e normative. Una valutazione positiva permette infatti maggiore fluidità nei rapporti internazionali e avrebbe quindi favorito l’attività delle istituzioni finanziarie come lo IOR.

Il rapporto è stato stilato da cinque esperti dei vari paesi più due membri del segretariato Moneyval e la parte più importante della valutazione è quella che riguarda le 16 raccomandazioni fondamentali sulle 49 complessive. La valutazione di otto delle 16 previsioni core and key, come le definisce il rapporto, è negativa cioè “non conforme” o solo “parzialmente conforme”. Ora, l’inclusione della Città del Vaticano nella lista grigia dei paesi poco affidabili durante l’assemblea plenaria di Strasburgo che si terrà dal 2 al 6 luglio, sembra sempre più probabile. A nulla sono serviti i trattamenti di riguardo agli ispettori quando sono venuti a Roma per studiare sul campo lo Ior: erano stati alloggiati nella residenza SantaMarta, all’interno della Città del Vaticano, dove i cardinali sono ospitati durante il conclave. Ma la pace delle suite color pastello dell’ex convento ristrutturato alla fine degli anni Novanta e il silenzio dei giardini vaticani non sono riusciti a mettere di buon umore gli esperti europei al punto da ribaltare il verdetto negativo. Il rapporto raffronta le procedure in vigore all’interno dello IOR, l’Istituto per le Opere Religiose che tutti chiamano banca del Vaticano, anche se in realtà si comporta come una fiduciaria che scherma i suoi clienti, con le 49 raccomandazione elaborate dal Gafi.

Il Moneyval è il fratello minore del Gafi che si occupa di dare le pagelle agli Stati del Consiglio d’Europa o anche esterni (come Israele) che però chiedono di essere valutati da Moneyval per poi essere ammessi alle procedure semplificate al fine di snellire le operazioni bancarie dei loro istituti. Per questa ragione, nell’aprile del 2011 il Vaticano, che è un osservatore del Consiglio d’Europa anche se non ne fa parte, ha chiesto di essere valutato. L’obiettivo era quello di incassare i meriti della legge anti-riciclaggio voluta da Benedetto XVI in persona approvata nel dicembre del 2010 ed entrata in vigore proprio nell’aprile 2011. La valutazione era partita sotto i migliori auspici anche perché quella normativa istituiva un’autorità anti-riciclaggio interna al Vaticano, l’Aif, che avrebbe dialogato con l’italiana Uif e le altre omologhe autorità anti-riciclaggio degli Stati membri e che avrebbe potuto raccogliere informazioni grazie ai suoi autonomi poteri di ispezione sullo Ior. Peccato che con una legge successiva del gennaio 2012, il Vaticano ha fatto una brusca marcia indietro. Così l’Aif, presieduta dal cardinale Attilio Nicora, ha perso i suoi poteri ispettivi a beneficio della Segreteria di Stato, diretta dal cardinale Tarcisio Bertone. I poteri congelati, secondo la nuova legge del 25 gennaio scorso, sarebbero stati riattribuiti dalla Commissione Pontificia con un regolamento che però non è mai stato emanato. Inoltre, con un’interpretazione caldeggiata dall’avvocato Michele Briamonte dello studio Grande Stevens e dal presidente del Tribunale del Vaticano, Giuseppe della Torre del Tempio di Sanguinetto, è stato stabilito che lo Ior non fornirà alcuna indicazione sui movimenti dei conti dei suoi clienti antecedenti all’aprile 2011.

Una retromarcia che avrà fatto piacere agli illustri correntisti che hanno potuto così chiudere i conti prima della data fatidica dell’aprile 2011 (come ha raccontato anche Ettore Gotti Tedeschi ai magistrati) e che così hanno ottenuto per sempre il segreto sui loro affari, ma che però è costata molto cara al Vaticano. Almeno 4 delle 8 bocciature Moneyval potrebbero essere state influenzate proprio dalla nuova legislazione meno rigida. In particolare, il Vaticano è stato bocciato in cooperazione internazionale e non è un mistero che il flusso di informazioni tra le autorità finanziarie anti-riciclaggio del Vaticano e italiane (Aif e Uif) si è fermato; anche la bocciatura sulla supervisione dell’Aif sullo Ior è stata influenzata dalla cancellazione dei poteri ispettivi autonomi che ha di fatto impedito all’Aif di rispondere in modo esaustivo sui movimenti dei conti che interessavano alla Procura di Roma. E pure la bocciatura in “adeguata verifica” cioè le informazioni che devono essere richieste dagli intermediari finanziari per identificare i propri clienti e l’origine dei loro fondi potrebbe essere figlia delle modifiche normative, come anche la bocciatura sulla segnalazione delle operazioni sospette. Ora il Vaticano spera nella riunione plenaria di Strasburgo per convincere gli ispettori a modificare almeno qualcuna delle 8 bocciature.

Il “Select Committee of experts on the evaluation of anti-money laundering measures” detto Moneyval, è stato costituito nel settembre del 1997 dal Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa per la valutazione delle misure anti-riciclaggio adottate dai paesi aderenti allo stesso Consiglio (in tutto 49), ma non membri del Gafi, il Gruppo di Azione Finanziaria Internazionale formato a Parigi dal G7 per lottare contro il riciclaggio e il terrorismo. Si tratta, in particolare, di paesi dell’Est europeo e dell’ex Unione Sovietica, nonché di Malta, Andorra, Cipro, Liechtenstein, San Marino e, da ultimo, Monaco e Montenegro.

Moneyval nel 2011 è stato elevato al rango di organismo indipendente che opera sotto il coordinamento del Comitato dei ministri dell’Economia all’interno del Consiglio d’Europa e che è composto da un board in carica fino al 2014, che vede un russo alla presidenza (Vladimir Nechaev) e quattro membri: Anton Bartolo, vicepresidente (Malta), Alexandru Codescu (Romania), Elzbieta Francow-Jaskiewicz (Polonia), Nicola Muccioli (San Marino). Il Comitato si riunisce a Strasburgo in assemblee plenarie due volte l’anno. Dal 2 al 6 luglio, nell’assemblea di Strasburgo alla quale parteciperà la delegazione dello Stato Vaticano, si deciderà la sorte della Santa Sede.

http://www.ilfattoqu...-sedici/267237/

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Agnelli: la lussemburghese Old Town riduce i profitti. Niente dividendo

Milano, 18 giu - Diminuisce a 3,4 milioni di euro dai 5 milioni del 2010 l'utile del 2011 di Old Town Sa, ex Exor Sa, holding lussemburghese controllata dalla Giovanni Agnelli & C. Sapa. Secondo quanto ricostruito da ilmondo.it, il board, contrariamente all'esercizio precedente, non ha deliberato la distribuzione di un dividendo così che la voce dei profitti portati a nuovo è salita a quasi 30 milioni.

Con un capitale di 82,5 milioni la finanziaria lussemburghese, fondata nel 1964, è una delle holding storiche della famiglia Agnelli, essendo stata fondata nel 1964 e negli ultimi anni le sue funzioni e attività si sono assottigliate. Tuttavia nel 2011 gli asset residui sono diminuiti a 121,5 milioni dai 136,4 milioni dell'esercizio precedente.

Nel portafoglio di Old Town c'è l'8,8% (era il 9,9% nel 2010) della statunitense Graphic Packaging, società americana quotata a New York e attiva nella produzione di materiali per l'imballaggio, per un valore di 82,4 milioni, gli investimenti nei fondi Usa Permal per un netto di 4,7 milioni (dai 5,3 milioni dell'esercizio precedente) e i vigneti francesi Greysac controllati al 99,99% e in carico a 8,8 milioni. Alle immobilizzazioni finanziarie per 96 milioni si aggiungono un credito di 20 milioni concesso alla accomandita nel 2008 e altri titoli per 3,5 milioni, ridotti dai 21,3 milioni del 2010. Old Town è guidata dal presidente e a.d. Jacques Loesch e nel board siedono Pierre Martinet ed Enrico Vellano, cfo di Exor.

Andrea Giacobino

http://www.ilmondo.i...ndo_36292.shtml

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CorSera 20-06-2012

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CORRIERE DELLA SERA

STYLEMAGAZINE

LUGLIO-AGOSTO 2012

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Ifil-Exor: Grande Stevens e Gabetti tornano sotto processo

20 Giugno 2012 - 20:32

(ASCA) - Torino, 20 giu - Nuovo processo d'appello per Franzo Grande Stevens e Gianluigi Gabetti in relazione alla vicenda Ifil-Exor. Lo ha stabilito oggi la Corte di Cassazione che ha annullato il verdetto di assoluzione nei confronti dei due manager del gruppo emesso dalla corte d'Appello di Torino nel dicembre scorso. La Suprema corte non ha invece cancellato l'assoluzione del terzo manager chiamato in giudizio, Virgilio Marrone, che esce quindi dal processo. I tempi per il nuovo giudizio d'appello sono comunque molto stretti perche' nel febbraio del 2013 scattera' la prescrizione del reato. Sara' molto improbabile il giudizio definitivo prima di quella data.

Gabetti e Grande Stevens erano stati accusati di aggiotaggio informativo a causa di un comunicato alla Consob nel quale sarebbero state fornite comunicazioni false al mercato in relazione alla operazione finanziaria di equity swap che nel settembre del 2005 consenti' alla Ifil di mantenere la quota di controllo del 30% sulla Fiat senza ricorrere ad un'Opa.

Nessun commento da Torino. Le motivazioni della sentenza dovrebbero essere rese note entro 60 giorni.

eg/mau

sefz

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Marò, che schifo. .oddio

Grazie a tutti per lo splendito lavoro di informazione che ci offrite. :)

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La Cassazione

«Il processo sul caso Exor va rifatto»

di FABRIZIO MASSARO (CorSera 21-06-2012)

Tutto da rifare: l’equity swap di Ifil-Exor torna davanti ai giudici. La

Cassazione, annullando parzialmente la sentenza di assoluzione del Tribunale

di Torino del 21 dicembre 2010, ha ordinato un secondo processo per

aggiotaggio a Gianluigi Gabetti e Franzo Grande Stevens. Al centro della

vicenda (dalla quale esce di scena Virginio Marrone) c’è la complessa

operazione finanziaria che nel settembre 2005 permise a Ifil di mantenere il

controllo di Fiat, in particolare il comunicato del 24 agosto in cui affermava

che, nonostante si fosse alla scadenza del convertendo con le banche, non

erano in programma o allo studio iniziative particolari sul titolo. La

conversione dei debiti in azioni avrebbe fatto scendere sotto il 30% in Fiat

la holding degli Agnelli. L’equity swap realizzato con Merrill Lynch consentì

invece di restare sopra la soglia di controllo. Proprio per questo la Procura

aveva sostenuto che il comunicato era falso, perché da mesi il gruppo aveva

predisposto quel piano.

Il Tribunale di Torino aveva riconosciuto che la notizia era «totalmente

falsa»; tuttavia essa non aveva alterato «sensibilmente » i mercati e quindi

non poteva essere punita dalla giustizia penale ma al massimo da quella

amministrativa (infatti la Consob aveva multato imanager e la società). Ieri

la Cassazione ha accolto il ricorso presentato direttamente da Procura,

Procura generale e Consob contro l’assoluzione, sposando l’impostazione della

Procura: per l’aggiotaggio basta che si crei il pericolo concreto di

un’oscillazione anomala. Davanti alla Corte d’appello compariranno adesso come

persone giuridiche Exor (ex Ifil) e l’accomandita Giovanni Agnelli. Il reato

si prescriverà nel febbraio del 2013, ma solo per Gabetti e Grande Stevens:

alle società si applica un regime differente.

___

Ifil-Exor, la Cassazione cancella l’assoluzione dei vertici

ORDINATO UN NUOVO PROCESSO PER AGGIOTAGGIO CONTRO GABETTI E GRANDE STEVENS, I FEDELISSIMI DI AGNELLI

di GIORGIO MELETTI (il Fatto Quotidiano 21-06-2012)

“È una sentenza non su una sola vicenda ma sull'intera mia carriera ”. Con una

certa solennità, il manager ottantasettenne Gianluigi Gabetti commentò un anno

e mezzo fa la sentenza che lo assolse (insieme all’avvocato Franzo Grande

Stevens) dall’accusa di aggiotaggio. I due storici collaboratori dell’Avvocato

Gianni Agnelli, e poi di suo nipote, John Elkann, attuale presidente della

Fiat, furono assolti in primo grado, con la formula “il fatto non sussiste”,

dall’accusa di aver manipolato l’andamento in Borsa dei titoli Fiat. Il 24

agosto del 2005 avevano fatto emettere dal Lingotto un comunicato contenente

notizie false. Secondo i giudici del tribunale di Torino quel comunicato non

ebbe effetti sull’andamento del titolo, e per questo il fatto non sussistette.

MA IERI la quinta sezione penale della Corte di Cassazione ha annullato la

sentenza di primo grado, con rinvio alla Corte di Appello di Torino per un

nuovo processo. Il sostituto procuratore Giancarlo Avenati Bassi, che sostiene

l’accusa, ha scelto infatti la strada del ricorso direttamente in Cassazione

dopo il primo grado di giudizio per stringere i tempi, visto che sulla vicenda

incombe l’appuntamento con la prescrizione, nel febbraio prossimo. La

questione infatti non riguardava più i fatti ma la loro valutazione giuridica.

E quella che ne ha fatto ieri la Cassazione è destinata a fare giurisprudenza,

come suol dirsi, sulla pelle dei due vecchi consiglieri dell’Avvocato.

Oggetto del processo era il comunicato con cui il 24 agosto del 2005 l’Ifil

(la finanziaria controllata dagli Agnelli che deteneva a sua volta il

controllo della Fiat) disse che non era “stata intrapresa né studiata alcuna

iniziativa”, in vista della scadenza del prestito delle banche alla stessa

Fiat convertibile in azioni. Vicenda finanziariamente complicata, ma nella

sostanza la banche avevano un grosso credito verso il Lingotto, convertibile

in azioni: se la Fiat non fosse riuscita a pagarlo il controllo del gruppo

automobilistico sarebbe passato dagli Agnelli alle banche. Mentre dichiaravano

di non avere alcuna iniziativa neppure allo studio, Gabetti e Grande Stevens

avevano già progettato la magia finanziaria con cui, il mese successivo, la

famiglia Agnelli mantenne il controllo della Fiat.

Secondo la procura di Torino, ma anche secondo la Consob, che si è costituita

parte civile, i due anziani manager, mentendo al mercato, hanno

automaticamente commesso il reato di aggiotaggio. Secondo il tribunale che ha

mandato assolti gli imputati, invece, il fatto che le azioni Fiat non avessero

registrato movimenti particolari all’indomani della falsa comunicazione

escludeva di per sè la sussistenza del reato. Accertato dunque che il

contenuto del comunicato del 24 agosto era falso, rimaneva la questione di

interpretazione della legge, per la quale Avenati Bassi è andato direttamente

alla Cassazione. In pratica la domanda è la seguente: se una grande azienda

quotata in Borsa spara con un comunicato una notizia falsa, il reato di

aggiotaggio viene commesso semplicemente emettendo il comunicato o solo se il

comunicato falso provoca oscillazioni anomale nella quotazione del titolo

interessato?

LA RISPOSTA della Cassazione è netta, visto che ha dato ragione alle richieste

del sostituto procuratore generale Francesco Salzano, secondo il quale il

reato di aggiotaggio informativo sussiste anche quando non si producono danni

effettivi agli azionisti. In termini non giuridici, significherebbe che una

furbata resta una furbata anche quando non provoca effetti. Questo significa

che da oggi le comunicazioni false saranno giudicate e punite in quanto tali,

senza la complicata valutazione dei dati borsistici, sui quali c’è sempre un

perito pronto a dimostrare che in realtà non era successo niente.

___

GRUPPO AGNELLI Nel mirino il riassetto del 2005

La Cassazione riapre

il processo Ifil-Exor

La suprema Corte cancella l’assoluzione di Gabetti

e Grande Stevens. Chiesto un nuovo procedimento

di LUCA FAZZO (il Giornale 21-06-2012)

Fu eccessivamente indulgente la sentenza con cui il tribunale di Torino, nel

dicembre 2010 assolse dall’imputazione di aggiotaggio i due grandi vecchi di

casa Fiat, Franzo Grande Stevens e Gianluigi Gabetti,accusati di avere tenuto

nascosta ai mercati l’operazione varata dalla famiglia Agnelli per mantenere

il controllo del gruppo. La Cassazione ha annullato ieri l’assoluzione,

ordinando un nuovo processo. A questo punto la Procura di Torino è impegnata

in una corsa contro il tempo, perché il reato si prescrive l’anno prossimo. La

Cassazione ha invece confermato l’assoluzione, che è definitiva, di Virgilio

Marrone, del quale la Procura aveva pure impugnato l’assoluzione.

Il processo ruotava intorno a due comunicati che Ifil - l’attuale Exor - aveva

diramato il 24 agosto 2005, a ridosso della scadenza (fissata per il mese

successivo) di un prestito convertibile che avrebbe messo le banche in

posizione di maggioranza all’interno della catena di controllo. Ifil, nei

comunicati finiti sotto accusa, aveva negato che vi fossero allo studio

particolari iniziative intorno al titolo Fiat. In realtà, secondo il pubblico

ministero torinese Giancarlo Avenati Bossi, in agosto il management di corso

Marconi aveva già allo studio la modifica dell’equity swap stipulato

nell’aprile precedente con Merrill Lynch per garantire comunque alla famiglia

Agnelli il controllo del gruppo. Sotto processo erano finiti Gabetti, Grande

Stevens e Marrone, rispettivamente presidente, consigliere e direttore di Ifil

all’epoca del comunicato.

Nel processo di primo grado il difensore di Gabetti, Franco Coppi, aveva

sostenuto che il comunicato era «minimalista ma non falso », e il giudice gli

aveva dato ragione. Ma la Procura aveva presentato ricorso direttamente in

Cassazione per violazione di diritto. Ieri ha incassato una prima vittoria:

processo da rifare.

___

Exor, da rifare il processo

a Gabetti e Grande Stevens

La sentenza

La Cassazione annulla in parte la decisione del tribunale torinese

di MAURO BARLETTA (IL MATTINO 21-06-2012)

Torino. L'equity swap di Ifil-Exor torna davanti ai giudici. La Corte di

Cassazione, annullando parzialmente la sentenza di assoluzione che era stata

pronunciata dal Tribunale di Torino il 21 dicembre 2010, ha ordinato un

secondo processo per Gianluigi Gabetti e Franzo Grande Stevens.

Al centro della vicenda (dalla quale esce di scena una terza figura che era

stata chiamata in causa, Virgilio Marrone, per il quale l'assoluzione resta

dunque confermata) non c'è la complessa operazione finanziaria che nel

settembre del 2005 permise a Ifil di mantenere il controllo della Fiat, ma un

comunicato: quello che Torino, su richiesta specifica della Consob, diffuse il

24 agosto precedente affermando che, nonostante si fosse alla scadenza del

convertendo con le banche, non erano in programma oppure allo studio

iniziative particolari sul titolo.

L'equity swap, come venne spiegato al processo di primo grado dalle difese,

era stato il marchingegno che aveva evitato alla Fiat di cadere nelle mani

degli istituti di credito o di altri soggetti estranei.

Ma il comunicato, secondo la Procura di Torino, non diceva il vero: da mesi

il Gruppo aveva predisposto la soluzione al problema del mantenimento delle

proprie quote in Fiat. Il Tribunale di Torino, su questo punto, si proclamò

d'accordo: la notizia contenuta nel documento era «totalmente falsa». Però

aggiunse che la bugia non aveva esercitato un'influenza sensibile sui mercati

e, quindi, non poteva essere punita dalla giustizia penale ma al massimo da

quella amministrativa.

Procura di Torino, Procura generale e Consob presentarono quindi ricorso

direttamente in Cassazione.

E la Suprema Corte ha, nella sostanza, accolto l'impostazione dei procuratori

Marcello Maddalena e Gian Carlo Caselli e del pm Giancarlo Avenati Bassi, il

magistrato che sostenne l'accusa in primo grado: a parte il fatto che qualche

oscillazione nelle Borse venne percepita, per consumare l'aggiotaggio basta

che si crei il pericolo concreto di un'oscillazione anomala.

Il nuovo processo sarà celebrato dalla Corte d'appello e chiamerà, come

persone giuridiche, la Exor (ex Ifil) e l'accomandita Giovanni Agnelli Sapaz.

Il reato andrà in prescrizione nel febbraio del 2013 ma interesserà soltanto

per Gabetti e Grande Stevens: alle società, infatti, si applica un regime

differente.

___

La Cassazione annulla la sentenza di assoluzione

per l’operazione sul convertendo Fiat del 2005

Caso Exor, nuovo processo

per Gabetti e Grande Stevens

L’accusa contestata ai vertici del gruppo è aggiotaggio informativo

art.non firmato (Il Messaggero 21-06-2012)

ROMA - C’è un nuovo processo in vista per l’avvocato Franzo Grande Stevens e

per Gianluigi Gabetti, presidente onorario di Ifil. Lo ha stabilito ieri la

Corte di Cassazione, che ha annullato con rinvio ad un una diversa sezione

della corte d’appello di Torino la sentenza che li aveva assolti per la

vicenda Ifil-Exor. Sul nuovo giudizio pende tuttavia il termine ormai

imminente della prescrizione, che impedirà la prosecuzione di qualsiasi azione

già dal prossimo febbraio 2013.

La decisione adottata ieri della Cassazione non riguarda la terza figura

chiamata in causa nel processo Ifil-Exor, Virgilio Marrone, per il quale

l'assoluzione iniziale resta confermata. Saranno però processate anche due

«persone giuridiche», la società Exor (ex Ifil) e l'accomandita Giovanni

Agnelli Sapaz. La vicenda è legata all'equity swap Ifil-Exor, la complessa

operazione finanziaria che nel settembre del 2005 permise a Ifil di conservare

il controllo della Fiat. Ma il processo, nel quale viene ipotizzato

l'aggiotaggio informativo, riguarda soltanto un comunicato diffuso dal gruppo

torinese (su richiesta della Consob) il 24 agosto di quell'anno, in cui veniva

spiegato che pur essendo imminente il convertendo con le banche, non erano in

programma, o allo studio, iniziative particolari sul titolo Fiat. Contro il

proscioglimento di Gabetti, di Grande Stevens, del manager Marrone e delle due

società, aveva fatto ricorso la procura generale di Torino, il pubblico

ministero di Torino e la Consob che per questa vicenda ha già inflitto

sanzioni amministrative poi passate in giudicato.

Nel processo di primo grado, i giudici del tribunale, dopo aver disposto una

super perizia, affermarono che il comunicato non aveva avuto effetto sui

mercati e non aveva creato «un pericolo per l'andamento del prezzo del titolo

Fiat». Ma ieri il sostituto procuratore generale della Cassazione ha condiviso

la tesi della procura di Torino e della Consob in base alla quale il reato di

aggiotaggio informativo sussiste «anche quando non si producono danni agli

azionisti». E ha chiesto (e ottenuto) la celebrazione di un nuovo processo.

___

Processi. Riparte dall'appello la vicenda dello swap su Fiat del 2005

Ifil-Exor, la Cassazione

annulla le assoluzioni

LE ACCUSE

Imputati di manipolazione del mercato Grande Stevens e Gabetti, assolto Marrone

Responsabilità dell'ente per Exor e G.Agnelli & C.

di ANDREA MALAN (Il Sole 24 ORE 21-06-2012)

Processo Ifil-Exor, si riparte dall'appello. La V Sezione penale della Corte

di Cassazione ha annullato la sentenza con cui nel dicembre 2010 il Tribunale

di Torino aveva assolto Franzo Grande Stevens, Gianluigi Gabetti e le due

società Ifil (ora ribattezzata Exor) e Giovanni Agnelli & C. (l'accomandita al

vertice del gruppo Agnelli), nel processo per manipolazione del mercato

(articolo 185 del T.u.F. ) e responsabilità dell'ente (in base alla legge

231/2001). Confermata invece l'assoluzione di Virgilio Marrone, che esce

definitivamente dal processo.

La Corte ha dunque accolto il ricorso presentato dalla Procura di Torino,

dalla Procura generale e dalla Consob: le motivazioni della sentenza sono

attese entro 60 giorni. Gli atti torneranno poi alla Corte d'Appello di Torino

dove si svolgerà il nuovo processo contro Grande Stevens, Gabetti e le due

società. Almeno per quanto riguarda le due persone fisiche c'è la forte

probabilità della prescrizione, che dovrebbe intervenire nel febbraio del

prossimo anno.

La vicenda risale al 2005 e riguarda l'operazione di equity swap che permise

a Ifil di mantenere il controllo di Fiat nonostante l'esercizio del prestito

convertendo da parte delle banche. Sotto accusa è in particolare il comunicato

diffuso in data 24 agosto 2005 da Ifil su richiesta della Consob, in cui la

società – holding della famiglia Agnelli che deteneva una quota del 30% in

Fiat – affermava «di non aver intrapreso né studiato alcuna iniziativa in

relazione alla scadenza del prestito convertendo» – prestito concesso a Fiat

da otto banche e la cui conversione, 20 giorni dopo, avrebbe fatto scendere la

quota Ifil al 22 per cento. In realtà già nell'aprile di quell'anno Exor

(un'altra società del gruppo Agnelli, ora ribattezzata Old Town) aveva

stipulato con la banca americana Merrill Lynch un contratto di equity swap

avente per oggetto azioni Fiat e che in caso di consegna fisica sarebbe stato

in grado di garantire a Ifil il mantenimento del controllo di Fiat. All'epoca

Gabetti era presidente di Ifil ed Exor, Grande Stevens consigliere

d'amministrazione di Ifil e consulente legale del gruppo, Marrone era

procuratore della Giovanni Agnelli & C.

Per la vicenda, sia i tre dirigenti (compreso Marrone) che le due società

sono stati sanzionati dalla Consob in via amministrativa, sanzioni confermate

in misura ridotta in Cassazione. I manager e le aziende hanno sempre affermato

di non aver mentito al mercato. Le motivazioni della sentenza di assoluzione

in primo grado definivano «indubbiamente falso» il comunicato del 24 agosto ma

indicavano «non rilevabile alcuna evidenza concreta e oggettiva che il

comunicato possa aver creato un pericolo per l'andamento del prezzo del titolo

Fiat». La Corte di Cassazione ha in sostanza accolto l'impostazione dei

procuratori Marcello Maddalena e Gian Carlo Caselli e del pm Giancarlo Avenati

Bassi, che sostenne l'accusa in primo grado: per consumare l'aggiotaggio basta

che si crei il pericolo concreto di un'oscillazione anomala.

___

Gabetti e Grande Stevens tornano a processo

La Cassazione ha annullato le assoluzioni ai due manager per il caso Exor-Fiat

di ETTORE BOFFANO & PAOLO GRISERI (la Repubblica 21-06-2012)

TORINO — La Cassazione annulla l’assoluzione di Gianluigi Gabetti e Franzo

Grande Stevens, i due dirigenti delle finanziarie degli Agnelli accusati dalla

Consob e dalla Procura di Torino di aggiotaggio informativo per aver mentito

alla Commissione di Borsa sulla vera natura dell’equity swap che nel settembre

2005 consentì agli Agnelli di mantenere il controllo della Fiat. Quelle accuse

erano state giudicate infondate dal Tribunale di Torino che il 21 dicembre

2010, con sentenza del giudice Giuseppe Casalbore, aveva assolto i due alti

consulenti degli Agnelli «perché il fatto non sussiste». Ora invece la Suprema

Corte ha stabilito che l’assoluzione non era sufficientemente motivata e che

dunque il processo deve tornare alla Corte d’appello. Difficilmente comunque

ci saranno i tempi tecnici per giungere alla sentenza definitiva. La

prescrizione per i reati di cui sono accusati Gabetti e Grande Stevens scatta

infatti nel febbraio del 2013 ed è piuttosto improbabile che entro quella data

sia possibile concludere l’iter processuale.

Dopo l’esito del primo grado la Procura di Torino e la Consob avevano deciso

di saltare il ricorso in appello rivolgendosi direttamente alla Cassazione. Il

giudice Casalbore infatti aveva riconosciuto la falsità del comunicato con cui,

a fine agosto del 2005, le finanziarie degli Agnelli negavano alla Consob che

fossero «in atto o allo studio» manovre sul titolo Fiat. Ma l’autore della

sentenza di primo grado aveva ritenuto che di quella falsità non fossero

responsabili né l’avvocato Grande Stevens (che curava da consulente tutta

l’operazione per mantenere il comando degli Agnelli in Fiat) né Gianluigi

Gabetti, all’epoca al vertice di Ifil-Exor. E’ questa tesi che la Cassazione

ritiene non sufficientemente motivata ed è per questa ragione che è stata

annullata l’assoluzione dei due imputati. E’ stata invece confermata

l’assoluzione del manager Virgilio Marrone risultato pacificamente estraneo ai

fatti.

Per la stessa vicenda la Consob aveva già condannato Grande Stevens e Gabetti

sul piano amministrativo. Secondo la Commissione di Borsa - e secondo la

Procura di Torino e il Procuratore generale della Cassazione che ieri ha

ripetuto la tesi in dibattimento - le finanziarie degli Agnelli studiavano da

tempo una strada per evitare che il prestito convertendo da 3 miliardi di euro,

in scadenza a settembre 2005, consentisse alle banche creditrici di

trasformare il debito in azioni Fiat, conquistando così il controllo della

società. Per sventare il pericolo le finanziarie della famiglia utilizzarono

nel settembre 2005 le azioni rastrellate nell’aprile dello stesso anno da

Merrill Lynch, ufficialmente per una scommessa sull’andamento del titolo

(equity swap). Secondo la difesa, solo a fine agosto venne l’idea di

trasformare le azioni dell’equity swap in titoli da utilizzare per mantenere

la quota di controllo degli Agnelli sul Lingotto. Secondo l’accusa, invece,

fin dall’aprile 2005 tutta l’operazione dell’equity swap serviva allo scopo di

tutelare la quota Agnelli e dunque le finanziarie di Torino avrebbero mentito,

a fine agosto, rispondendo ai quesiti della Consob sulle manovre in corso sul

titolo. La sentenza della Cassazione è stata accolta con soddisfazione negli

ambienti della procura torinese mentre i due alti esponenti delle finanziarie

degli Agnelli non hanno commentato la decisione della Suprema corte. La

Cassazione ha rinviato in appello anche le società Exor e Giovanni Agnelli

Sapaz.

___

IL REATO SI PRESCRIVERÀ A FEBBRAIO

Exor, la Cassazione

annulla l’assoluzione

di Gabetti e G.Stevens

La Suprema Corte rinvia gli atti ai giudici d’appello torinesi

di ALBERTO GAINO (LA STAMPA 21-06-2012)

La quinta sezione della Cassazione ha annullato la sentenza di primo grado che

aveva assolto Gianluigi Gabetti e Franzo Grande Stevens dall’accusa di

aggiotaggio informativo sul titolo Fiat al termine del processo associato

all’equity swap Ifil-Exor (si era nel 2005) e deciso sugli effetti del

comunicato Ifil al mercato borsistico del 24 agosto di quell’anno, a pochi

giorni dalla scadenza del prestito «convertendo». Era in ballo il controllo di

Fiat.

«Non è rilevabile alcuna evidenza concreta ed oggettiva che il comunicato

possa aver creato un pericolo per l’andamento del prezzo del titolo Fiat»

furono i termini dell’assoluzione, a dicembre 2010.

Il pm Giancarlo Avenati Bassi decise di ricorrere direttamente in Cassazione

ritenendo che la sentenza fosse sbagliata in diritto. E dopo la decisione

della Suprema Corte commenta: «Mi avevano dato ingiustamente torto.

L’aggiotaggio informativo è reato di pericolo e il tribunale di Torino aveva

ritenuto che si dovesse verificare se il comunicato avesse prodotto un reale

pericolo di turbamento del mercato. La probabilità dell’evento, invece, doveva

essere valutata nel momento della diffusione dell’informazione, il 24 agosto,

e non rispetto a come reagì il mercato il giorno dopo».

Sostiene il pm, e in Cassazione la Procura generale si è allineata, «il

comunicato Ifil negava che la società avesse anche solo allo studio

un’operazione che le consentisse di mantenere il controllo di Fiat. Il processo

ha chiarito che già 4 mesi prima era stato organizzato l’equity swap a questo

fine».

Anche il procuratore generale del Piemonte, Marcello Maddalena, presentò un

suo autonomo ricorso contro la sentenza di primo grado. E adesso si dichiara

«professionalmente soddisfatto, quella sentenza era sbagliata in diritto».

Però, aggiunge Maddalena, «sono umanamente dispiaciuto per l’avvocato Grande

Stevens che è persona perbene, ha avuto e ha molti meriti e molto ha fatto per

Torino».

Prudente il collegio di difesa: «Aspettiamo di leggere le motivazioni della

Cassazione. Ora se ne conosce solo il dispositivo».

In Appello non si andrà per il terzo imputato, Virgilio Marrone, ritenuto

estraneo alla stesura del comunicato e assolto definitivamente. Per gli altri

due il reato si prescrive a febbraio. Forse il processo si rifarà solo per la

responsabilità amministrativa di Ifil - oggi Exor - e della Giovanni Agnelli & C.

___

l'Unità 22-06-2012

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L'IMPRESA DI LAPO ELKANN E ANDREA

TESSITORE STA DIVENTANDO GRANDE

La holding ha chiuso il 2011 con ricavi consolidati per 10,5

milioni di euro e circa 40 dipendenti. Un significativo salto avanti

rispetto agli esordi, nel 2008. L'obiettivo? Chiudere il 2012 con

una crescita dei ricavi sino a 14 milioni di euro di fatturato

di FILIPPO ASTONE (IL MONDO | 16 Giugno 2012)

La holding di Lapo Elkann e Andrea Tessitore ha chiuso il 2011 con ricavi

consolidati per 10,5 milioni di euro e un ebitda positivo di 1,5 milioni. I

dipendenti sono circa 40. Un significativo salto avanti rispetto al milione di

euro del 2008, ottenuto vendendo mille dei famosi occhiali-scultura in

carbonio degli esordi, che costavano, appunto, mille euro l'uno. «In base

all'andamento delle partecipazioni in questi primi cinque mesi, prevediamo di

chiudere il 2012 con una crescita dei ricavi del 30%, posizionandoci intorno

ai 14 milioni di euro di fatturato», spiega Andrea Tessitore, l'avvocato

37enne che cinque anni fa ha lasciato una promettente carriera in un grande

studio di New York per fare l'imprenditore insieme a Lapo Elkann. «L'obiettivo

è di fatturare circa 20-25 milioni nel giro di tre anni». La maggior parte dei

ricavi proviene da LA srl, la società operativa che con il marchio Italia

Independent è attiva nella produzione e commercializzazione di occhiali di

varie forme e colori, nonché di capi di abbigliamento. LA srl è partecipata al

72,5% da LA holding. Altre quote sono in mano di Brama (15%) che cura la

produzione, di Tessitore (10%) e del socio operativo Alberto Fusignani

(2,5%).

Grazie a oltre 140 mila paia di occhiali venduti, nel 2011 LA srl ha

fatturato sei milioni di euro, il doppio dell'anno precedente. Il budget

2012 è di dieci milioni di euro. Un obiettivo realistico, visto che nei primi

mi cinque mesi del 2012 sono già stati venduti 100 mila paia di occhiali.

Legati a LA Srl sono i due progetti di sviluppo commerciale. Il primo riguarda

i negozi diretti, che vendono tutti gli oggetti: occhiali, abbigliamento e le

altre collaborazioni realizzate o distribuite dal gruppo. A fine giugno ha

aperto i battenti il negozio di Bergamo, seguiranno un punto vendita

a New York e poi in Giappone e in altre parti del mondo.

Il secondo progetto si chiama "shop in shop" e riguarda i negozi di ottica

indipendenti dai grandi circuiti come AVANZI o Salmoiraghi & Viganò e alle

quali LA srl vuole proporre un originale progetto di affiliazione. «In

Italia ci sono molti ottici indipendenti che non esprimono a pieno le

loro potenzialità perché non hanno a disposizione gli stessi strumenti di

marketing e comunicazione delle grandi catene. Collaborare con noi darà

loro molti vantaggi in termini di visibilità e pubblicità», spiega Tessitore,

«Ai negozi che ospiteranno i nostri "shop in shop" chIediamo uno spazio

a partire da 15 mq, un ruolo di protagonisti in vetrina». L'idea è di aprire

circa 35 "shop in shop" entro la fine del 2012 e 60 entro la fine del 2013

solo in Italia. «Una formula che funziona e che porteremo anche all'estero,

sottolineando sempre il principale valore aggiunto dei nostri prodotti:

essere made in Italy».

La seconda partecipazione di LA Holding in ordine di ricavi generati è

l'agenzia LA communication, guidata da Alberto Fusignani, che opera

col marchio Independent Ideas. Nel 2011 ha fatturato circa tre milioni di

euro. L'agenzia si occupa di progetti marketing e comunicazione a 360

gradi. Nel 2010 è diventata famosa per la campagna pubblicitaria sui

cartelloni di Virgin Radio, con Lapo Elkann ritratto in una foto come Jim

Morrrison a torso nodo e il payoff "Rock save Italy. Nel 2011 tra i tanti

progetti ha curato gli allestimenti speciali delle Fiat 500 Gucci e Diesel e

ha seguito nuovi clienti come Iveco, Juventus e Caffè Vergnano.

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