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CRAZEOLOGY

Topic "C O M P L O T T O D I F A M I G L I A"

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LETTERA AL RISPARMIATORE

FIAT CAMBIA PELLE

La fusione con Chrysler

per sfidare i big dell'auto

Le opzioni Ferrari e Alfa

Le nozze transatlantiche in porto entro 2-3 anni

ma al gruppo potrebbero aggiungersi nuovi partner

LA SFIDA Sergio Marchionne si prepara al negoziato con il fondo

Veba per portare al 100% la quota del Lingotto nell'azienda di

Auburn Hills, presupposto decisivo per l'integrazione

di ANDREA MALAN (Il Sole 24 ORE 15-04-2012)

Dopo tre anni di cambiamenti vorticosi – dall'ingresso in Chrysler allo

scorporo di Fiat Industrial – la Fiat prepara i passi decisivi nel delicato

processo di integrazione industriale e societaria con l'azienda americana; un

processo che peserà sull'evoluzione del titolo Fiat ancor più della difficile

congiuntura che penalizza il settore auto in Europa.

L'amministratore delegato Sergio Marchionne dovrà gestire nei prossimi mesi

una serie di passi per aumentare la quota in Chrysler (attualmente al 58, 5%) e

arrivare alla fusione. Fiat dispone di una serie di opzioni ma dovrà

inevitabilmente venire a patti con il fondo Veba, azionista di minoranza

dell'azienda Usa. I fondi necessari all'operazione sono già in cassa, anche se

il Lingotto potrebbe decidere di cedere qualche asset per finanziare

l'operazione, per evitare un'impennata dei debiti e un deterioramento del

rating (tra le ipotesi circolate nei mesi scorsi, quelle di Ferrari e Alfa

Romeo).

Una volta arrivati alla fusione resteranno due nodi altrettanto importanti:

la sede della nuova società (resterà a Torino o prenderà il volo per gli Usa?)

e la presenza e il ruolo della famiglia Agnelli, da 110 anni azionista di

maggioranza di Fiat. Resteranno al volante o sceglieranno di ridurre

l'esposizione a un settore ciclico e rischioso come l'automobile? Fiat pesa in

fondo ormai meno del 20% sul portafoglio della loro holding Exor. Una cosa è

certa: quando Sergio Marchionne lascerà il volante di Fiat, fra 3 o 4 anni, la

società potrebbe essere molto diversa da ora.

«Signori azionisti, il 2011 ha cambiato la Fiat per sempre» ha detto il

presidente John Elkann alla recente assemblea dei soci. Con l'acquisto di

Chrysler nel 2009 e poi lo scorporo di Iveco e Cnh, il gruppo si è trasformato

da conglomerato autoveicolistico in un'entità focalizzata sulle quattro ruote,

con una presenza geografica più equilibrata e una gamma che va dalla Panda

alla Ferrari. I problemi non mancano, soprattutto dal punto di vista

industriale: il crollo del mercato italiano e la frenata di quello europeo

hanno accresciuto le perdite strutturali nel Vecchio continente (500 milioni

di euro nel 2011), accentuando il gap rispetto a un Brasile redditizio e una

Chrysler in forte ripresa; il gruppo, con i suoi 4 milioni di veicoli venduti,

è piccolo rispetto ai colossi globali: per questo l'amministratore delegato

Sergio Marchionne ha cercato nei mesi scorsi di siglare intese con Psa Peugeot

e con Gm/Opel e per questo sono poi spuntati fra i potenziali partner anche

costruttori giapponesi come Suzuki (in rotta con Vw) o Mazda. La stessa

alleanza con Chrysler, di cui Fiat controlla attualmente il 58, 5%, è un

cantiere aperto dal punto di vista dell'integrazione industriale ma

soprattutto dal punto di vista di quella societaria; proprio di quest'ultima

si occuperà il resto dell'articolo.

Socio di minoranza di Chrysler – con il 41,5% – è il fondo Veba gestito dal

sindacato Uaw. Fiat dispone di varie opzioni per aumentare la propria quota

(si veda la colonna più a destra). Lo scenario più probabile è che Torino

arrivi entro fine 2013 al 100% di Chrysler, magari con un mix di due delle

opzioni a disposizione: acquistare il 3,3% ogni sei mesi (a prezzo garantito e

relativamente basso) e fare un'offerta ai gestori del Veba per l'intera quota

residua. Lo scenario negoziale è favorevole: il venditore non ha alternative

(chi comprerebbe per diventare socio di minoranza di Fiat?) e potrebbe avere

bisogno di cash per pagare le prestazioni sanitarie ai pensionati Chrysler.

Salire al 100% di Chrysler potrebbe costare a Fiat un massimo di 4 miliardi

di euro (ma probabilmente meno); a finanziarli basta in prima battuta il

consistente cuscino di liquidità che Marchionne ha accuratamente preservato

(20,7 miliardi di euro lordi a fine 2011). L'operazione farebbe salire il

debito netto del gruppo e peserebbe sul rating due volte, in quanto il "voto"

di Chrysler è più basso di quello del Lingotto. Per coprire il costo, Fiat ha

naturalmente a disposizione anche altre mosse; per esempio la cessione di una

quota di minoranza della Ferrari. La casa di Maranello è però un asset

prezioso anche per il flusso di dividendi che assicura (200 milioni di euro

nel 2010): qualora gli Agnelli decidessero di non conferirla a Fiat-Chrysler

potrebbero scorporarla come fatto con Fiat Industrial (magari siglando un

patto di sindacato con Piero Ferrari per restare sopra al 30% e introducendo

poison pill per evitare scalate ostili). C'è poi il marchio Alfa Romeo, da

tempo nel mirino di Volkswagen; finora la Fiat ha sempre rifiutato di venderlo,

ma gli investimenti necessari al rilancio, da tempo promesso, non si sono

materializzati.

Il raggiungimento del 100% di Chrysler renderebbe Fiat responsabile delle

obbligazioni pensionistiche di Chrysler (la parte non coperta era pari a 6, 5

miliardi di dollari a fine anno), ma le consentirebbe di utilizzare la

generazione di cassa dell'azienda americana (1, 9 miliardi di dollari nel

2011). Potrebbe insomma essere proprio il cash flow di Chrysler a ripagare il

grosso del costo dell'acquisizione (già il primo 35% è stato ottenuto da Fiat

senza esborso monetario e ha generato un provento atipico di 2 miliardi di

euro nel bilancio 2011).

La conquista del 100% di Chrysler spianerebbe la strada verso la fusione, che

a quel punto non sarebbe più diluitiva per gli Agnelli. Se appare scontato che

la futura Fiat-Chrysler sia quotata a Wall Street oltre che a Milano, il nodo

maggiore e più simbolico sarà quello della sua sede legale. Sergio Marchionne

ha lanciato vari segnali di una possibile "emigrazione", soprattutto sulla

stampa americana, per poi rintuzzare le proteste italiane con un "non c'è

nulla di deciso". Più di un fattore, però, gioca agli occhi del manager a

favore dell'America: dai vantaggi fiscali alla più volte lamentata difficoltà

di fare business in Italia. A questo interrogativo si sovrappone quello sulla

strategia degli Agnelli: resteranno maggiori azionisti o si lasceranno

diluire? Fiat spa vale attualmente 5 miliardi di euro e il 30% in mano alla

loro holding Exor pesa attualmente per meno del 19% sul valore totale dei suoi

investimenti, a fronte del 35% di Fiat Industrial e del 22% circa della

svizzera Sgs.

John Elkann ha dichiarato un anno fa che la famiglia è disposta a veder

scendere la propria quota in Fiat per accompagnarne la crescita. Farlo in

coincidenza con una fusione con Chrysler e magari con un'Ipo di quest'ultima

significherebbe però rinunciare a monetizzare il premio di maggioranza; nel

lungo periodo, invece, ogni scenario è possibile, compreso quello di accordi

con soci di peso (magari asiatici) che portino in dote capitali e completino

la presenza geografica del gruppo. Marchionne ha detto l'anno scorso che

resterà al volante fino al 2015 o 2016: c'è da scommettere che prima di

lasciare conti di chiudere tutti i dossier.

Le opzioni di Fiat

Veba call option

Questa opzione permette a Fiat di acquistare dal Veba un

totale del 40% della quota in mano al fondo, ovvero

complessivamente il 16, 3% del capitale Chrysler, dal 1°

luglio 2012 fino al 30 giugno 2016; tale diritto può essere

esercitato in quote semestrali non superiori al 20%, ovvero

il 3, 32% del capitale Chrysler ogni semestre. Il prezzo di

acquisto è di volta in volta determinato da una formula che

fa riferimento all'equity value di Chrysler moltiplicato per

i multipli di Fiat spa – un prezzo conveniente, poiché Fiat è

valutata attualmente meno di Chrysler. Il meccanismo è però

lento: Fiat dovrebbe aspettare fino al luglio 2014 per

raggiungere il 75% del capitale.

Recapture option

Questa seconda opzione, che il Lingotto ha acquistato l'anno

scorso dal Tesoro Usa, prevede un tetto a quanto il Veba può

incassare dalla cessione della propria quota del 41, 5% in

Chrysler. Il tetto è pari a 4, 25 miliardi di dollari con una

rivalutazione del 9% ogni anno a partire dal 1° gennaio 2010:

il tetto al 1° gennaio 2012 è dunque arrivato a 5, 05

miliardi di dollari (3, 9 in euro al cambio attuale).

Eventuali introiti al di sopra di quella soglia andrebbero

"girati" a Fiat. Quest'ultima ha inoltre la possibilità di

rilevare in qualsiasi momento l'intera partecipazione del

Veba a una cifra pari al tetto sopra citato – un esborso che

gli osservatori valutano piuttosto elevato.

Scambio quota Veba con azioni Fiat

Più che un'opzione concreta è un'arma negoziale in mano a

Sergio Marchionne. In teoria Fiat potrebbe già ora scegliere

di offrire al Veba azioni proprie in cambio della quota

Chrysler. L'unificazione delle categorie di azioni, appena

votata dalle assemblee, è un passo in questa direzione; come

controindicazioni ci sono la diluizione di Exor (senza

compenso), e il fatto che l'opzione principale del Veba è la

monetizzazione secca.

Quotazione di Chrysler in Borsa

La soluzione di gran lunga meno probabile, come spiegato da

Marchionne in una recente intervista. In una fase positiva

del ciclo dell'auto e del mercato Usa, c'è infatti il rischio

che il mercato valuti Chrysler più di quanto Fiat potrebbe

pagare in base all'opzione sulla quota Veba (ai multipli Fiat)

o, ancor meglio, a un negoziato con lo stesso fondo. Certo,

Fiat perderà dal prossimo 1° gennaio il diritto di veto sulla

"registrazione dei titoli" in vista della quotazione; ma se

il fondo decidesse di "forzare" tale opzione, l'eventuale Ipo

verrebbe comunque gestita da Sergio Marchionne, che avrebbe

dunque in mano le chiavi del suo successo (o insuccesso). Il

manager potrebbe quindi convincere i gestori del fondo che è

meglio vendere a Fiat con uno sconto piuttosto che affrontare

i rischi del mercato.

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ELKANN è un hub di creatività fatto di un solo uomo

da cui fuoriescono i tipi più disparati di idee, progetti e di cose a una velocità vertiginosa

di JASON BARLOW [L'Uomo Vogue | aprile 2012 (n. 430)]

Nell’atelier a vista dietro lo stand della Ferrari al Salone di Ginevra è in

posa una FF, il modello fastback della casa, trazione integrale ed eleganza

non convenzionale. La circondano un’infinità di campioni di tessuti, cartelle

colore e immagini scelte accuratamente per ricordare l’ineguagliabile retaggio

culturale della Ferrari. I sedili della vettura sono rivestiti di tessuto gessato.

Si tratta della presentazione di “Tailor Made”, l’ultimo progetto di consulenza

affidatogli dal Presidente di Ferrari Luca Cordero di Montezemolo. "È un

servizio su misura simile a quello offerto da Huntsman, Anderson &

Sheppard, o qualunque altro sarto in Savile Row. Mi interessano i tessuti

particolari, i materiali insoliti: fibra di carbonio, cashmere, titanio. La

pelle è splendida, ma non è l’unico materiale che si può usare per gli

interni".

Lapo potrebbe essere definito un iconoclasta per caso. Dice di essere un

“italiano globale”, molto orgoglioso delle proprie radici, ma non disposto a

lasciarsi limitare o imprigionare da esse. Un’infanzia irrequieta e itinerante

gli ha regalato una visione del mondo unica ma non sempre accettata dai

suoi connazionali, soprattutto in questo momento difficile. "Mi piace il mio

paese ma non penso come un italiano. È un paese complesso, complicato,

in cui è difficile far succedere le cose, con un grande potenziale attualmente

ancora inespresso che vorrei contribuire a liberare".

Cosa lo trattiene? Troppe questioni da spiegare in troppo poco tempo.

Misura le parole con grande prudenza. "C’è la burocrazia, la gerontocrazia,

negli affari, nella politica e nella religione. Ma esistono anche grandi realtà,

aziende molto interessanti, persone che hanno fondato società con una

prospettiva globale anche se provengono da piccole regioni del paese. Grandi

creatori. Il mercato italiano è in un certo senso piuttosto provinciale e se vuoi

essere globale non puoi agire come faresti in Italia. È un paese difficile da

spiegare, oggi ancora più che in passato. Questa disfunzione ha un suo fascino,

ma è proprio ciò che rende complicato fare affari qui. Correre rischi non aiuta,

anche se non si può evitare. Bisogna comprendere il livello di rischio che ci si

sta assumendo, e questo non è un paese che ti sostiene o ti aiuta in quella

direzione. La faccenda si complica se vuoi essere innovativo o all’avanguardia.

Guarda, essere all’avanguardia in questo mercato non significa esserlo a livello

globale".

Lapo viaggia in continuazione, la sua mente è un turbinio costante di idee,

pensieri e progetti. Confessa di essere un sognatore, ma dotato di sufficiente

passione e dedizione da riuscire a realizzare i propri sogni. L’anno scorso ha

passato parecchio tempo a Londra. "Londra è come una fidanzata che ho

amato ma con cui ho ferocemente litigato", spiega, "e di cui ora mi sono

nuovamente innamorato. Qui si trovano un’arte incredibile e bravissimi

professionisti della comunicazione e della finanza. È una città piena di energia,

che mi mette di buonumore".

Cerco sempre di vedere Lapo quando è in città, come recentemente in

occasione dell’incontro con gli studenti del modulo post-laurea di design dei

trasporti del Royal College of Art. Di fronte a una sala gremita, Lapo ha deviato

quasi subito dall’argomento stabilito, si è messo a nudo e proprio per questo

è piaciuto ancora di più. Oggi, la folta capigliatura ondulata alla Agnelli ha

un taglio un po’ più preppy e il suo abbigliamento è studiatamente casual. Ma

non serve osservarlo a lungo per vedere emergere l’inflessibile rigore con cui

naviga attraverso la sua frenetica vita quotidiana. I suoi alti e bassi sono

stati ampiamente documentati, anche se all’estero meno che in Italia, ed è

probabilmente per questo che si sente così a suo agio a Londra, Parigi o New

York.

Ma chi è esattamente Lapo Elkann? "Sono un imprenditore freestyle e creativo.

Non un uomo d’affari. Mi piace far nascere imprese che pongono al centro la

creatività. Non sono mai soddisfatto. Penso che si possa sempre fare di più,

un punto di forza e allo stesso tempo di debolezza nella vita. Mi piace

interessarmi ad ambiti diversi, creare ponti tra campi che normalmente non

comunicherebbero tra loro. Italia Independent è il veicolo ideale per questa

impollinazione incrociata".

La partnership dell’anno scorso tra Gucci e Fiat ha ottenuto molto successo

e lui recentemente è riuscito a mettere insieme anche l’azienda svizzera di

orologeria Hublot e la Ferrari. È una specie di hub di creatività composto da

un solo uomo da cui fuoriescono ogni genere di cose a una velocità vertiginosa

e a volte caotica. Ma non bisogna commettere l’errore di pensare che non ci

sia rigore. "Italia Independent vuole essere un modo per scrivere ogni giorno

la propria storia, in maniera indipendente, vale a dire rifiutando i compromessi.

Non imponiamo un determinato look, ma vogliamo che i nostri clienti si

costruiscano un loro gusto personale, mescolando tra proprio i vari capi.

Siamo un marchio di contaminazione, non di imposizione".

La passione per le auto è inscritta nel suo Dna: "Io provo tutte le macchine.

Le automobili devono essere dannatamente sexy, perché qui non stiamo

parlando di biscotti. Un’auto deve essere sensazionale e per me il design

rappresenta il 70% dell’opera. Ma anche una bellissima macchina può essere un

fiasco se la presenti sul mercato al momento sbagliato. Mi piace lavorare con

l’industria automobilistica e aerospaziale perché riesco a trarne cose che altre

aziende non riescono ad avere. Questo è uno dei nostri potenziali vantaggi,

su cui dobbiamo fare maggiormente leva. Dobbiamo spingerci oltre, lavorando in

questo modo innovativo. Non si tratta di moda, ma di stile: la moda è transitoria

e non mi interessa farne parte. Non per nulla amo Winston Churchill. Amo la sua

saggezza, la sua sagacia. Mi piacciono le persone che pensano con la loro

testa: persone che non appartengono a un clan o a un sistema, che hanno

talento e sono libere, in grado di agire senza lasciarsi corrompere dal sistema.

La cosa più bella del mondo non è dire sì, ma essere capaci di dire no".

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Coraggio e audacia

Dialogo fra Lapo

e il matematico

di STEFANO MONTEFIORI (CorSera 16-04-2012)

PARIGI — Lapo Elkann, 35 anni, e Cédric Villani, 39: Madame Figaro ha messo

insieme l'imprenditore italiano e il matematico francese (vincitore nel 2010

della medaglia Fields, equivalente del Nobel) per una conversazione

sull'audacia e la voglia di riuscire. «Per me l'audacia non è una questione di

mezzi o di cervello, ma di forza interiore. Perché tre quarti delle persone

ricche mi annoiano — si chiede dice Elkann —? Perché sono autoreferenziali,

pretenziose e hanno paura di perdere». Villani è diventato popolare in Francia

conducendo una trasmissione radiofonica in cui spiegava come le complesse

formule matematiche entrino nella vita quotidiana di tutti. «L'audacia per me

è mettersi in posizione di vulnerabilità — dice Villani —. Un buon ricercatore

deve imparare a esporsi». Villani e Elkann parlano assieme del coraggio, «che

per quanto mi riguarda — dice Elkann — è arrivato soprattutto nei momenti

difficili, alla morte di mio nonno, o quando gli affari andavano molto male».

___

“L’audace, c’est l’envie”

Conversation entre Lapo Elkann et Cédric Villani

par ISABELLE GIRARD (madame LE FIGARO.fr 15-04-2012)

L’un est un héritier (petit-fils de Giovanni Agnelli, PDG mythique de

Fiat). L’autre est le parfait produit de l’éducation laïque républicaine

à la française. L’un est entrepreneur. L’autre est mathématicien,

médaille Fields 2010. Deux destins réunis dans une même énergie.

Madame Figaro. - Quelle définition donneriez-vous de l’audace?

Lapo Elkann (1). - L’audace, c’est l’envie. L’envie de construction, l’envie

d’évolution et peut-être même de révolution. C’est d’avoir été mis K. -O. , de

remonter sur le ring et de combattre à nouveau. L’audace n’est pas une

question de moyens ou de cerveau. C’est une question de force intérieure.

Pourquoi les trois quarts des gens riches m’ennuient ? Parce qu’ils sont

autoréférentiels, prétentieux et qu’ils ont peur de perdre.

Cédric Villani (2). - Pour faire des choses importantes, il faut se mettre en

position de vulnérabilité : c’est ça, l’audace. Un bon chercheur ne se

contente pas d’approfondir ce qui existe. Il invente, crée de nouvelles

théories et doit apprendre à s’exposer. Ce qui est vrai professionnellement

l’est aussi affectivement. Si l’on ne prend pas de risques de peur d’être

blessé, on ne noue pas de relations intimes fortes.

(1) Lapo Elkann préside LA holding, Italie Independent et Independent Ideas.

(2) Cédric Villani, médaille Fields 2010 (l'équivalent du prix Nobel), est directeur de l'institut Poincaré.

Alors, en amour, avez-vous, l’un et l’autre, pris des risques ?

C.V. - Je ne parle pas de la sphère privée.

L.E. - En amour, si l’on a de l’audace, on la garde pour soi.

Lapo Elkann, vous êtes toujours accompagné de très belles femmes...

L.E. - J’ai aimé de très belles femmes qui ont su me rassurer à certains

moments de ma vie où j’étais plus fragile.

C.V. - Je vais aller dans ton sens : pour avoir de l’audace, il faut, à mon

avis, une certaine forme de confiance en soi.

L.E. - En ce qui me concerne, le courage m’est plutôt venu dans des moments

difficiles, à la mort de mon grand-père ou quand les affaires allaient très

mal. J’aime le risque. Avec ma société Italia Independent, j’essaie de

cultiver un « esprit contagion » : utiliser des procédés techniques de

l’industrie automobile pour créer une nouvelle collection de lunettes, ou des

fibres carbone pour tisser un smoking nouvelle génération.

Avez-vous l’un et l’autre connu l’échec ?

C.V. - Tout le monde se plante. Pourquoi avoir peur ? Nos deux pays, la

France et l’Italie, ont perdu confiance en eux. Ils souffrent du syndrome de

celui qui s’est pensé le meilleur à un certain moment de son histoire et dont

le tour est passé. Pour compliquer les choses, les politiques et les

universitaires tiennent des discours très masochistes. Prenons le classement

de Shanghai : dès qu’il sort, tout le monde saute dessus, alors qu’il est

totalement idiot de vouloir classer des universités sans tenir compte des

richesses des systèmes d’éducation des uns et des autres. Ces attitudes

engendrent la peur et rendent l’audace difficile.

L.E. - L’audace surgit aussi quand une histoire d’amour casse, quand tu perds

ta femme, comme quand le marché est au plus bas. Alors il faut se réinventer.

C’est ce qui m’excite le plus. Me remuer les méninges pour avoir des idées qui

soient plus intelligentes que celles des autres mais avec moins d’argent.

L’audace, c’est avoir moins et gagner quand même. Voir l’équipe de foot de

Naples battre celle de Chelsea, qui a pourtant cent fois plus de moyens, c’est

beau !

C.V. - L’histoire d’Évariste Galois va dans ton sens. C’est en pleine

détresse, alors qu’il endure tour à tour l’échec, la prison et le dépit

amoureux, qu’il rédige un traité qui révolutionnera les mathématiques. Trois

jours plus tard, en 1832, il succombe dans un duel. Il a 20 ans.

L.E. - Et Winston Churchill, pour moi l’homme politique le plus audacieux de

ce siècle ! Il n’avait « que du sang et des larmes » à offrir alors que

l’Angleterre demeurait le dernier rempart face à l’Allemagne nazie. Il a

gagné. En plus, il a su s’effacer quand il a jugé qu’il n’était plus utile à

son pays. Cela aussi est audacieux : mettre son ego de côté pour quelque chose

de plus grand que soi, qui est son pays.

Est-il possible de décrire le processus intellectuel qui permet à un

mathématicien ou à un entrepreneur d’avoir du génie ?

C.V. - C’est inexplicable. Un grand mathématicien, c’est comme un grand

peintre. Il voit les choses comme personne ne les voit. Il part du concret

pour aller vers l’abstrait. Comme Picasso lorsqu’il a peint Les Demoiselles

d’Avignon.

L.E. - Moi, je n’ai pas de génie. Je travaille. Je me lève à cinq heures du

matin, je fais du sport, je parle avec mes équipes, et chaque jour je leur

répète : « Comment allons-nous améliorer ce que nous avons imaginé hier ? »

L’audace ne serait-elle pas pour vous, Cédric Villani, de quitter

l’université pour entrer dans le privé, par exemple. . . chez Fiat ?

C.V. - Lapo pourrait peut-être me trouver un job, mais je ne le prendrais

pas. J’appartiens à une communauté, celle des scientifiques. Avoir reçu la

médaille Fields en 2010 me confère une responsabilité vis-à-vis d’elle.

En la quittant, vous auriez l’impression de la trahir ?

C.V. - Oui, quelque chose comme ça

L.E. - Ça, c’est ta noblesse. Car placer un mathématicien comme toi dans le

monde de la formule 1 serait une rencontre drôlement intéressante. Ce n’est

pas tellement ta médaille qui m’impressionne, mais ta capacité à rendre les

maths sexy. Je t’ai déjà entendu parler en public. Ton potentiel marketing est

incroyable. Ce talent est inestimable. Tu pourrais l’exercer chez Alfa Romeo

ou chez Goldmann Sachs et te faire beaucoup d’argent.

C.V. - J’aurais pu. Mais on perd l’essentiel.

C’est quoi, l’essentiel ?

C.V. - La passion et le goût du risque intellectuel. Voilà ce qui fait les gens.

Le métier de financier ne demande-t-il pas, lui aussi, de l’audace ?

L.E. - Si, mais pour quelqu’un comme Cédric, qui possède cette forme de

créativité, ce serait perdre son âme pour aller la vendre au diable. Toi,

Cédric, je te verrais plutôt à la Banque mondiale. Tu es un Français mais

surtout un Européen.

C.V. - Je suis un super Européen ! Je défends une Europe fédérale au sein du

think-tank Europanova. Et je trouve que nous sommes à côté de la plaque avec

l’Europe actuelle : personne ne pilote la boutique, juste une grappe de

dirigeants accrochés autres par des accords et qui tentent de sauver les

situations au coup par coup, dans l’urgence. Il n’y a aucune vision, aucune

pédagogie, aucun leadership.

L.E. - L’Europe aurait de bonnes raisons de se remettre en question. L’audace

appartient aujourd’hui aux pays neufs qui ont faim de connaissance et sont

prêts à tout pour manger et exister. Il y a presque une vingtaine d’années, au

Brésil, on enterrait Ayrton Senna, un mythe et, à l’époque, l’un des rares

symboles positifs pour un pays qui ne fonctionnait pas. Aujourd’hui, le Brésil

va accueillir la Coupe du monde de football en 2014, les Jeux olympiques en

2016. Une classe moyenne est en train de s’y créer... Dans le monde en général,

les politiciens manquent d’inspiration et de charisme. Ils ne poussent pas

les jeunes à vouloir entrer dans ce monde qui a l’air vieux et prétentieux,

déconnecté.

C.V. - C’est pour cela qu’il est très important de voyager. Pour un

mathématicien aussi, c’est fondamental. C’est comme ça qu’on transmet les

idées face à face.

L.E. - Laisse-moi te poser une question : quand on est petit et qu’on voit

une Ferrari rouge, on dit « wouah ». Puis on regarde son joueur préféré mettre

un but, et on dit « wouah ». Qu’est-ce qui a fait que tu as dit « wouah » aux

mathématiques ?

C.V. - Un professeur de maths. Le talent de la transmission ne vient pas

forcément de la connaissance, mais du charisme.

L.E. - Et ce qui m’impressionne chez toi, c’est la passion avec laquelle tu

parles des mathématiques. Tu es un amant des mathématiques. Moi, je suis un

amant du produit. De la créativité. J’aime construire des voitures toujours

plus belles qui vont toujours plus vite.

C.V. - Nous aussi, nous aimons la beauté. Tu viens de prononcer des mots très

justes qui nous font vivre. Le métier de chercheur en mathématiques est un job

bourré de passion, à la recherche permanente de l’élégance. L’une des

questions que l’on se pose le plus est : est-ce que cette démonstration est

belle ? Nous sommes à la recherche d’un produit parfait qui peut changer la

façon de voir des gens. Nous travaillons lentement, durement. Nous sommes très

concentrés. Nous, mathématiciens, brûlons d’un feu intérieur.

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La lente

Finanza & Famiglie,

l'asse Agnelli Rothschild

di FABRIZIO MASSARO (CorSera 18-04-2012)

Nella tradizionale lettera agli azionisti di Exor, il presidente John

Elkann l'aveva detto: «Intendiamo ridurre il numero dei piccoli

investimenti per concentrarci su poche grandi società», mantenendo

eventualmente partecipazioni minori o di prestigio, come «The

Economist» o Almacantar, o prendendone altre se si presenterà

l'occasione. Adesso l'occasione c'è: Paris Orléans, la holding quotata

a Parigi, cassaforte dei Rothschild, che in queste settimane sta

portando avanti una complessa riunificazione societaria dei rami

francese e inglese della storica famiglia di banchieri. Exor potrebbe

investire 25-30 milioni per il 5% circa di Paris Orléans (capitalizza

543 milioni). Due le strade: o comprare sul mercato dai soci che

intendono uscire, o rilevare le azioni Paris Orléans dal gruppo di

Hong Kong Jardine Matheson, che vuole uscire. I rapporti degli Agnelli

con i Rothschild e la conglomerata cinese sono consolidati: nel 2010

era stata anche avviata una partnership per investimenti in Asia.

L'ingresso avverrà a metà giugno, durante lo scambio delle azioni del

ramo francese, Rothschild & Compagnie Banque, e di quello britannico,

Rothschilds Continuation Holding, in titoli Paris Orléans. Che si

trasformerà in accomandita. Sul modello della Giovani Agnelli & c sapa.

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AVVISO AI NAVIGANTI di MASSIMO RIVA (l'Espresso | 26 aprile 2012)

La Fiat americana

si tiene Rcs e Juve

CHI TEME CHE I SIGNORI DELLA FIAT intendano abbandonare l'Italia

ha potuto leggere negli ultimi giorni un paio di notizie che, almeno a prima

vista, possono suonare rassicuranti. Anche perché si tratta di fatti, non di

parole. Come quelle disinvoltamente contraddittorie sull'argomento

che Sergio Marchionne, il più che lautamente retribuito castaldo di casa

Agnelli, pronuncia da tempo senza mai dissipare il dubbio che ormai gli

eredi dell'Avvocato abbiano già deciso in cuor loro di farsi americani a

tutti gli effetti.

Il primo fatto teso a testimoniare un ritrovato impegno del gruppo torinese

sul mercato nazionale è stato compiuto niente meno che dal presidente della

Fiat, John Elkann, con la scelta di occuparsi in prima persona di uno dei

"dossier" più spinosi nella galassia di partecipazioni azionarie della

famiglia.

Quello della Rcs (Rizzoli-Corriere della Sera) il cui bilancio soffre di

perdite piuttosto ingenti che richiederebbero una cura sostanziosa e

fors'anche un congruo aumento di capitale: ipotesi entrambe rese finora poco

praticabili dai dissidi interni al variopinto sindacato azionario di controllo

della società.

Con l'aria che tira in Fiat, anche dopo i primi successi americani con la

Chrysler, si poteva magari immaginare che Torino decidesse di lasciare ad

altri il compito ingrato e potenzialmente oneroso di fare ordine nei bilanci

Rcs. Invece no. Il giovane Elkann con piglio battagliero ha scelto di

affiancare Mediobanca, altro importante socio dell'impresa editoriale, nel

duro scontro con alcuni azionisti di peso per imprimere una svolta anche

statutaria alla conduzione dell'azienda. Altro che l'immagine degli eredi

Agnelli ormai lontani dagli affari italiani: per quanto riguarda il delicato

settore della stampa, più che mai presenti.

A suo modo rientra nel campo delle comunicazioni d'immagine anche il secondo

impegno domestico assunto di recente sempre dallo stesso Elkann. Quello di far

sponsorizzare la Juventus, squadra di casa, da parte del marchio Jeep da poco

acquisito nell'ambito dell'operazione Chrysler. E stavolta trattasi di un

impegno non proprio finanziariamente esiguo: 35 milioni in tre anni. Un nuovo

e costoso stadio per la compagine bianconera inaugurato con successo e ora

anche un sostegno multimilionario con soldi che vengono dall'America. Che ne

possano gioire i tifosi juventini è scontato. Ma con loro anche tutti gli

italiani preoccupati da un futuro del paese segnato dal disimpegno degli

azionisti della maggiore impresa manifatturiera?

Con tutto il rispetto per il "Corriere della Sera" e per la Juventus, infatti,

né l'editoria né il gioco del calcio - pur rientrando nel campo degli

interessi consolidati e ormai tradizionali del gruppo torinese - hanno granché

da spartire con il core business industriale della Fiat del quale sono sempre

stati finora abbellimenti accessori e funzionali alla strategia d'immagine

dell'azienda e dei suoi proprietari. O, per dirla in termini più crudi, sono

stati i "circenses" coi quali rendere talora meno indigeste la quantità e la

qualità del "panem" distribuito nelle fabbriche italiane. Punto quest'ultimo

che resta l'unico, vero banco di prova sulle effettive intenzioni degli eredi

Agnelli oltre che sulle capacità imprenditoriali del loro "factotum".

Nel pur declinante mercato europeo la Volkswagen vola, perché la Fiat no?

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il caso di LUIGI GRASSIA (LA STAMPA 21-04-2012)

Exor esce da Alpitour

Plusvalenza di 140 milioni

Elkann: lasciamo una società leader nel settore

UN LEGAME DI 20 ANNI

Prima quota nel 1992, al 100% nel 2001. Fusione con Francorosso nel ’98

QUESTIONE DI STAZZA

L’azienda è importante ma troppo piccola per un gruppo globale

PASSAGGIO DI MANO

I fondi Wise e Hirsch sono subentrati per 225 milioni

Il divorzio fra il gruppo Exor e il gigante italiano dei viaggi Alpitour si è

ufficializzato ieri: Exor aveva deciso di semplificare il portafoglio e così è

stato fatto. Non c’è nulla che non vada in Alpitour, l’azienda fa soldi, è

seria e solida. Ma per quanto Alpitour sia importante nel suo settore, dal

punto di vista di Exor è una società troppo piccola. Un gigante internazionale

come la holding del gruppo Agnelli vuole concentrarsi sui grandi investimenti,

mentre l’attenzione e l’impegno che Alpitour richiedeva a Exor risultavano

sproporzionati.

Confermati i dettagli finanziari dell’accordo con il compratore Seagull,

società controllata da due fondi chiusi di private equity (facenti capo a Wise

Sgr e J. Hirsch & Co). Il controvalore della transazione è pari a 225 milioni

di euro, di cui 15 milioni come prezzo differito, che maturerà interessi. È

prevista inoltre un’integrazione del prezzo legata al risultato economico che

sarà ottenuto dagli investitori al momento della cessione del pacchetto di

maggioranza.

Contestualmente alla cessione, Exor ha acquistato per un ammontare di 10

milioni di euro una quota pari a circa il 10% del capitale di Seagull e si è

impegnata a rilevare dal gruppo Alpitour un’unità immobiliare a uso

alberghiero per un corrispettivo di 26 milioni di euro. La transazione

determina per Exor una plusvalenza nel bilancio separato di circa 140 milioni

di euro.

«Con la firma di oggi si chiude una pagina della storia di Alpitour e se ne

apre un’altra» ha detto il presidente e amministratore delegato di Exor, John

Elkann. «Il progetto imprenditoriale che avevamo avviato nel 1992 ha raggiunto

tutti i suoi obiettivi: nel corso di questi 20 anni la società è cresciuta

notevolmente, fino a conquistare una posizione di leadership assoluta sul

mercato italiano del turismo. I suoi marchi sono apprezzati e riconosciuti

come sinonimi di qualità e affidabilità».

Elkann sottolinea che «il gruppo turistico che affidiamo ora alla nuova

proprietà è solido ed è concentrato a realizzare nuovi progetti per continuare

a crescere». Il presidente di Exor si rivolge anche «alle persone che lavorano

in Alpitour, che con il loro impegno hanno reso possibile questo progetto»:

John Elkann tiene a «esprimere il mio ringraziamento. Consapevole della forza

del gruppo, faccio loro i miei migliori auguri per un futuro altrettanto ricco

di soddisfazioni».

Exor ha cominciato a interessarsi di Alpitour nel 1992 quando ha acquistato

una prima partecipazione di minoranza; nel giro di pochi anni la quota è

rapidamente aumentata finché nel 2001 la holding del gruppo Agnelli è arrivata

al controllo del 100 per cento del pacchetto azionario di Alpitour.

Tre anni prima, nel 1998, era stata comprata la Francorosso, il secondo tour

operator italiano. Questi due grandi operatori nazionali del turismo sono

stati fusi nel Gruppo Alpitour: una società di profilo internazionale

organizzata in sei grandi divisioni operative (Tour Operating, Aviation,

Alberghiero, Distribuzione, Incoming, Incentive & Eventi) nel cui ambito ogni

brand è specializzato nel fornire una gamma di servizi alla propria clientela

di riferimento.

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Inviato (modificato)

Exor, la svolta di Elkann

capitalismo familiare

in salsa internazionale

L'EUROPA PESA SUI RICAVI AGGREGATI PER IL 38%. IL 33

VIENE DA USA E CANADA E IL 29 DAL RESTO DAL MONDO.

DOPO L'USCITA DA ALPITOUR SI AVVICINA LA CESSIONE DI

BTG PACTUAL. L'INGRESSO NELLA PARIS-ORLÉANS

di SALVATORE TROPEA (la Repubblica ECONOMIA & Finanza 23-04-2012)

Il 29 maggio gli azionisti di Exor si troveranno, per approvare il bilancio

2011, nientemeno che allo Juventus Stadium. Una novità, non solo d’immagine, e

una scommessa della famiglia Agnelli che a quella data potrebbe aver incluso

nel palmares dell'asset bianconero in portafoglio Exor un'altra Coppa Italia e

un altro scudetto. Una ventata nuova rispetto agli ambienti datati e scontati

del Lingotto e ancor prima del Museo della Casa madre. Il presidente di Exor e

Fiat, John Elkann, e quello della Juventus, Andrea Agnelli, non hanno avuto

dubbi sull'accostamento: lo stadio di un supertitolato club internazionale per

l'annuale rito dell'assemblea di una società che vuole essere internazionale.

Ma anche un colpo di torinesità che rimanda all'intenzione di cancellare o

anche stemperare i timori di un futuro di Torino senza Fiat o con molto meno

Fiat.

Come il centurione romano al quale Tito Livio attribuisce la frase "hic

manebimus optime", anche il presidente di Exor sembra voler trasmettere l'idea

che la controllata Fiat a Torino e in Italia si trova bene, magari non bene

come vorrebbe Sergio Marchionne, ed è intenzionata a restare senza dovere per

forza andare altrove, tanto meno negli Stati Uniti dove negli ultimi anni ha

rimesso piede conquistando la Chrysler. Ma Exor, che di casa continua ad

essere al Lingotto ovvero sotto lo stesso tetto di Fiat, dall'Italia e

dall'Europa è già abbastanza fuori e lo sarà sempre di più, orgogliosa di

esserlo agli occhi di un mercato che in passato l'ha spesso guardata come una

realtà solo italiana e nel migliore dei casi europea. Ha scritto John Elkann

nell'ultima lettera agli azionisti. «Il mercato considera la società

prevalentemente europea, mentre a ben vedere il 62 per cento dei ricavi

aggregati dei maggiori investimenti di Exor è stato realizzato al di fuori

dell'Europa».

Se poi si considera che il fatturato aggregato delle quattro principali

società controllate da Exor (nell'ordine, Fiat Industrial, Sgs, Fiat-Chrysler,

Cushman & Wakefield), le quali insieme rappresentano l'83 per cento del suo

portafoglio, ammonta a circa 90 miliardi di euro, si desume che il 62 per

cento di cui parla Elkann equivale a 56 miliardi di euro. E ancora: se lo si

scompone per area geografica si scopre che per un 38 per cento è realizzato in

Europa, mentre per un 33 per cento è "targato" Usa e Canada (area Nafta) e

l'altro 29 per cento proviene dal resto del mondo. E' inutile ricordare che

fino a un paio di anni fa l'Europa aveva un peso ben maggiore rispetto

all'attuale terzo, essendo la nuova distribuzione figlia dell'operazione

Chrysler e in qualche misura anche dello spin off che ha aggregato Iveco e CNH.

E’ in questo nuovo scenario che si muove ora la società con la quale la

famiglia Agnelli controlla una Fiat che di suo possiede il 58 per cento di

Chrysler. Ed è ragionevole pensare che la strategia di Sergio Marchionne

faccia parte di questo scenario e ne sia condizionata. Dopotutto nel 2011,

come ricorda Elkann, l'insieme degli Ebit, cioè degli utili prima degli

interessi e delle tasse, dei quattro grandi investimenti è stato pari a 4, 8

miliardi di euro con un aumento del 215 per cento rispetto al 2009. Un

incremento che obbliga a tenere conto della provenienza quando si deve

decidere come muoversi in futuro.

In apertura dell'assemblea societaria, il 4 aprile scorso, John Elkann ha

detto che il «2011 ha cambiato la Fiat per sempre». Si riferiva allo spin off

e alla conquista della Chrysler dunque alle due operazioni che hanno fatto

fare un balzo a Exor in termini di internazionalità. E anche se è vero che

Fiat è al terzo posto tra gli asset di Exor questo non può essere ininfluente

nelle mosse da fare nel 2012 un anno che Elkann definisce «di continua

semplificazione». Del resto le vendite di Fiat nel mercato europeo, compreso

l'ultimo dato di qualche giorno fa un meno 25 a marzo preceduto da un meno 26

in febbraio consigliano di guardare fuori dal Vecchio Continente, attraverso

un'uscita di sicurezza. E fanno pensare che quest'ultima è stata già imboccata

dalla controllante prima che dalla controllata conferendo alla mossa forma e

significato di sbocco strategico e non di abbandono.

Ma che cosa vuol dire poi semplificazione? Nelle intenzioni di John Elkann

significa vendere ciò che è piccolo (chiusa la cessione di Alpitour è ora il

caso dell'uscita da Btg Pactual, banca d'affari sudamericana in occasione

della sua entrata in Borsa) e concentrarsi sulle grandi società che per Exor

sono appunto Fiat Industrial, Fiat, Sgs e Cushman & Wakefield. Naturalmente

con alcune eccezioni riguardanti operazioni non di grandi dimensioni ma

realizzabili a prezzi convenienti e d’impatto sicuro sul piano in fatto di

autorevolezza e visibilità internazionali. Rientrano in questa tipologia il 5

per cento dell'Economist, la quota di Almacantar (società di intermediazioni

immobiliare molto attiva a Londra e dintorni) e ora l'ingresso nella

Paris-Orléans, holding-cassaforte della famiglia Rothschild quotata in Borsa.

Un ritorno agli affari assieme ai Rothschild e dunque a quel "capitalismo

familiare" che piace tanto al presidente di Exor.

aarXmDFx.jpg

[LA SCHEDA]

di LUIGI DELL'OLIO (la Repubblica ECONOMIA & Finanza 23-04-2012)

Gli analisti non si attendono strappi nel breve termine da Exor: il

titolo avrebbe solo un piccolo margine di rivalutazione. Secondo

Websim, l’orientamento della società a dismettere alcune attività

minori è positivo, ma le grandezze in gioco rappresentano meno del

1% del Nav. Pertanto la loro cessione non avrebbe un impatto

significativo. Da qui la conferma del giudizio "neutrale", con un

prezzo obiettivo a 18 euro. La valutazione di Websim non era cambiata

nemmeno al momento della pubblicazione dei dati di bilancio:

nell’occasione gli analisti avevano rilevato per la società una

trattazione a sconto del 40% sul Nav, in linea con la media

dell’ultimo anno. Maggiore ottimismo da Mediobanca, che in un

report del 27 marzo ha portato da 18,2 a 21 euro il target price sul

titolo, con un giudizio "neutral": una valutazione che nelle

prossime
settimane potrebbe essere aggiornata alla luce delle

prospettive societarie.

___

aah4L7Tb.jpg

Modificato da Ghost Dog

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LECCALECCA - LUCHINO NON HA BISOGNO DI COMPRARE PAGINATE DI PUBBLICITÀ SUI QUOTIDIANI, BASTA INVITARE I GIORNALISTI A BORDO DI “ITALO” E ALLESTIRE UNA PANCA DI TRAMEZZINI E DOLCETTI - SCRIVE IL CORRIERE (MA POTREBBE ESSERE L’UFFICIO STAMPA DI NTV): “ROMA-NAPOLI IN MENO DI UN’ORA, UN TRENO MOLTO BELLO (POLTRONE DI PELLE FRAU ANCHE IN SECONDA-SMART)” - “LA STAMPA” SPIEGA, ENTUSIASTA: “IL TRENO ARRIVA PUNTUALISSIMO”. COME LA PUBBLICITÀ NON A PAGAMENTO…

Leccalecca per il "Fatto quotidiano"

Quella di Luca Cordero di Montezemolo è un'impresa senza precedenti: il treno Italo non ha bisogno di comprare paginate di pubblicità sui quotidiani, basta invitare i giornalisti a bordo e allestire una panca di tramezzini e dolcetti. E la promozione viene ancora meglio. Scrive il Corriere (ma potrebbe essere l'ufficio comunicazione di Ntv): "Non sale, per ora, sul treno della politica ma su quello che ha lanciato insieme a Diego Della Valle e soci.

Montezemolo, circondato dallo staff e assediato da 300 giornalisti, si imbarca su Italo per il primo viaggio inaugurale. Roma-Napoli in meno di un'ora, un treno molto bello (poltrone di pelle Frau anche in seconda-Smart), silenzioso e attaccato al terreno grazie alla originale trazione sui carrelli Alstom. Montezemolo, come fa quando presenta l'ultimo modello della Ferrari, va nei dettagli e mostra le grandi vetrate progettate apposta per vedere la ‘bella Italia'". La Stampa intervista un macchinista: "L'adrenalina dei 300 all'ora". E spiega, entusiasta: "Il treno arriva puntualissimo". Come la pubblicità non a pagamento.

[23-04-2012]

Dagospia

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Mps, Alessandro Profumo eletto nuovo presidente da assemblea soci

SIENA, 27 aprile (Reuters) - Alessandro Profumo è stato eletto dall'assemblea dei soci nuovo presidente della banca Mps assieme a un consiglio di amministrazione profondamente rinnovato.

"Signori la vostra banca ha il nuovo consiglio di amministrazione", ha annunciato all'assemblea il presidente uscente Giuseppe Mussari leggendo la lista dei nuovi consiglieri e poco dopo con formula analoga ha annunciato l'elezione di Profumo, in cima alla lista di maggioranza.

Accanto a Profumo, compongono il nuovo consiglio: Fabrizio Viola, che sarà amministratore delegato, due vice che sono Turiddo Campaini e Marco Turchi, poi i consiglieri Paola Demartini, Angelo Dringoli, Tania Groppi, Alberto Giovanni Aleotti, Michele Briamonte, Lorenzo Gorgoni, Pietro Giovanni Corsa e Frederic Marie de Courtois.

(Stefano Bernabei)

http://it.reuters.com/article/italianNews/...E8FR7TL20120427

Christillin nuovo presidente

del Museo Egizio di Torino

MATTIA FELTRI

roma

Sarà Evelina Christillin a succedere ad Alain Elkann come presidente della Fondazione Museo Egizio. Lo ha annunciato in un’intervista (che sarà pubblicata nell’edizione di domani della Stampa) il ministro dei Beni Culturali, Lorenzo Ornaghi.

«Inizialmente ci sarà, come succede nei grandi musei internazionali, un affiancamento ad Elkann del quale, ne sono certo, la Christillin proseguirà l’eccellente lavoro», ha detto Ornaghi. Infatti il mandato di Elkann scade a settembre.

La scelta è caduta sulla Christillin, che ha accettato con entusiasmo, «per mille altri motivi, non ultimo che è una straordinaria foundraiser». Evelina Christillin, torinese, classe 1955, fra l’altro ha organizzato le Olimpiadi invernali del 2006. Dal ministero sono certi che la nomina della Christillin favorirà lo sviluppo del metodo museale torinese, fatto di partnership coi privati e di stretta interazione fra i musei.

http://www3.lastampa.it/cultura/sezioni/ar...lo/lstp/452034/

Exor, la svolta di Elkann capitalismo familiare in salsa internazionale

SALVATORE TROPEA

Il 29 maggio gli azionisti di Exor si troveranno, per approvare il bilancio 2011, nientemeno che allo Juventus Stadium. Una novità, non solo d’immagine, e una scommessa della famiglia Agnelli che a quella data potrebbe aver incluso nel palmares dell'asset bianconero in portafoglio Exor un'altra Coppa Italia e un altro scudetto. Una ventata nuova rispetto agli ambienti datati e scontati del Lingotto e ancor prima del Museo della Casa madre. Il presidente di Exor e Fiat, John Elkann, e quello della Juventus, Andrea Agnelli, non hanno avuto dubbi sull'accostamento: lo stadio di un supertitolato club internazionale per l'annuale rito dell'assemblea di una società che vuole essere internazionale. Ma anche un colpo di torinesità che rimanda all'intenzione di cancellare o anche stemperare i timori di un futuro di Torino senza Fiat o con molto meno Fiat.

Come il centurione romano al quale Tito Livio attribuisce la frase "hic manebimus optime", anche il presidente di Exor sembra voler trasmettere l'idea che la controllata Fiat a Torino e in Italia si trova bene, magari non bene come vorrebbe Sergio Marchionne, ed è intenzionata a restare senza dovere per forza andare altrove, tanto meno negli Stati Uniti dove negli ultimi anni ha rimesso piede conquistando la Chrysler. Ma Exor, che di casa continua ad essere al Lingotto ovvero sotto lo stesso tetto di Fiat, dall'Italia e dall'Europa è già abbastanza fuori e lo sarà sempre di più, orgogliosa di esserlo agli occhi di un mercato che in passato l'ha spesso guardata come una realtà solo italiana e nel migliore dei casi europea. Ha scritto John Elkann nell'ultima lettera agli azionisti. «Il mercato considera la società prevalentemente europea, mentre a ben vedere il 62 per cento dei ricavi aggregati dei maggiori investimenti di Exor è stato realizzato al di fuori dell'Europa».

Se poi si considera che il fatturato aggregato delle quattro principali società controllate da Exor (nell'ordine, Fiat Industrial, Sgs, FiatChrysler, Cushman & Wakefield), le quali insieme rappresentano l'83 per cento del suo portafoglio, ammonta a circa 90 miliardi di euro, si desume che il 62 per cento di cui parla Elkann equivale a 56 miliardi di euro. E ancora: se lo si scompone per area geografica si scopre che per un 38 per cento è realizzato in Europa, mentre per un 33 per cento è "targato" Usa e Canada (area Nafta) e l'altro 29 per cento proviene dal resto del mondo. E' inutile ricordare che fino a un paio di anni fa l'Europa aveva un peso ben maggiore rispetto all'attuale terzo, essendo la nuova distribuzione figlia dell'operazione Chrysler e in qualche misura anche dello spin off che ha aggregato Iveco e CNH.

E’ in questo nuovo scenario che si muove ora la società con la quale la famiglia Agnelli controlla una Fiat che di suo possiede il 58 per cento di Chrysler. Ed è ragionevole pensare che la strategia di Sergio Marchionne faccia parte di questo scenario e ne sia condizionata. Dopotutto nel 2011, come ricorda Elkann, l'insieme degli Ebit, cioè degli utili prima degli interessi e delle tasse, dei quattro grandi investimenti è stato pari a 4,8 miliardi di euro con un aumento del 215 per cento rispetto al 2009. Un incremento che obbliga a tenere conto della provenienza quando si deve decidere come muoversi in futuro.

In apertura dell'assemblea societaria, il 4 aprile scorso, John Elkann ha detto che il «2011 ha cambiato la Fiat per sempre». Si riferiva allo spin off e alla conquista della Chrysler dunque alle due operazioni che hanno fatto fare un balzo a Exor in termini di internazionalità. E anche se è vero che Fiat è al terzo posto tra gli asset di Exor questo non può essere ininfluente nelle mosse da fare nel 2012 un anno che Elkann definisce «di continua semplificazione». Del resto le vendite di Fiat nel mercato europeo, compreso l'ultimo dato di qualche giorno fa un meno 25 a marzo preceduto da un meno 26 in febbraio consigliano di guardare fuori dal Vecchio Continente, attraverso un'uscita di sicurezza. E fanno pensare che quest'ultima è stata già imboccata dalla controllante prima che dalla controllata conferendo alla mossa forma e significato di sbocco strategico e non di abbandono.

Ma che cosa vuol dire poi semplificazione? Nelle intenzioni di John Elkann significa vendere ciò che è piccolo (chiusa la cessione di Alpitour è ora il caso dell'uscita da Btg Pactual, banca d'affari sudamericana in occasione della sua entrata in Borsa) e concentrarsi sulle grandi società che per Exor sono appunto Fiat Industrial, Fiat, Sgs e Cushman & Wakefield. Naturalmente con alcune eccezioni riguardanti operazioni non di grandi dimensioni ma realizzabili a prezzi convenienti e d’impatto sicuro sul piano in fatto di autorevolezza e visibilità internazionali. Rientrano in questa tipologia il 5 per cento dell'Economist, la quota di Almacantar (società di intermediazioni immobiliare molto attiva a Londra e dintorni) e ora l'ingresso nella ParisOrléans, holdingcassaforte della famiglia Rothschild quotata in Borsa. Un ritorno agli affari assieme ai Rothschild e dunque a quel "capitalismo familiare" che piace tanto al presidente di Exor.

http://www.repubblica.it/supplementi/af/20...a/015lexor.html

Marchionne fa volare Chrysler ma la Fiat finisce in rosso

di Pierluigi Bonora

Stante così le cose Sergio Marchionne non sarà mai l'eroe dei due mondi nella pura declinazione automobilistica. Lo è negli Stati Uniti, dove la rediviva Chrysler-Jeep-Dodge ha archiviato un primo trimestre da record: ricavi su del 25%; utili netti più che quadruplicati a 473 milioni di dollari, grazie al +40% di vendite. Non lo è, invece, nella vecchia Europa, in casa della Fiat, dove le immatricolazioni languono a causa della crisi economica, ma anche di un'offerta del gruppo in questo momento piuttosto povera. «Insomma - concordano alcuni analisti - senza la Chrysler sarebbero dolori. E per fortuna che c'è la Chrysler a sostenere i conti del gruppo». I dati arrivati ieri da Auburn Hills, dove si è riunito il consiglio di amministrazione, hanno messo in allarme Piazza Affari ed è indicativo il -5,13% con cui il titolo, ai minimi storici di 3,73 euro, ha chiuso la giornata. Il Lingotto, infatti, deve dire grazie all'alleata del Michigan se è riuscito a chiudere in nero il primo trimestre. Senza questo apporto decisivo, Torino avrebbe registrato una perdita netta di 273 milioni di euro e di 207 milioni a livello di gestione ordinaria. Meglio, in Borsa, è andata a Fiat Industrial (+1,69% a 8,4 euro) dopo i risultati dell'altro giorno sopra le attese, grazie anche ai conti record di Cnh. L'Europa si conferma quindi l'anello debole del gruppo Fiat-Chrysler e nelle sale operative c'è chi sollecita Marchionne, dopo che è sfumata l'opzione Peugeot-Citroën, a spingere sull'acceleratore nella ricerca del terzo partner. «Tra Mazda e Suzuki - dice un banchiere - la seconda è l'alleato asiatico ideale: con Maruti va fortissimo in India e nelle aree limitrofe. I giapponesi devono solo risolvere i loro problemi con Volkswagen». Per ora gli obiettivi del gruppo indicati per il 2012 non cambiano: ricavi superiori a 77 miliardi, utile della gestione ordinaria fra 3,8 e 4,5 miliardi, utile netto tra 1,2 e 1,5 miliardi, indebitamento netto industriale tra 5,5 e 6 miliardi. Solo nel terzo trimestre, ha spiegato Marchionne, il gruppo sarà in grado di «articolare gli impatti della situazione economica nell'Eurozona sul proprio piano fino al 2014».

I risultati del trimestre non sono confrontabili con quelli dello stesso periodo del 2011 perch´ Fiat e Chrysler non erano ancora un unico gruppo, ma il contributo della controllata Usa è evidente. Anche sul fronte dei ricavi l'ammontare complessivo è pari a 20,2 miliardi, mentre quelli del Lingotto sono pari a 8,7 miliardi (-5,7%). Sale l'indebitamento netto delle attività industriali a 5,77 miliardi dai 5,52 di fine dicembre; senza la Chrysler i debiti risultano, a fine marzo, di 3,8 miliardi dai 2,4 di fine 2011.

Guardando il gruppo per aree geografiche, l'Europa è in rosso con una perdita operativa (marchi di lusso esclusi) di 170 milioni, il doppio rispetto allo stesso periodo del 2011; il Nordamerica guadagna 681 milioni, il Sudamerica 235 e l'Asia 85 (il ritorno in Cina, con l'imminente avvio della produzione della berlina Viaggio darà i primi riscontri a fine anno). A proposito dei due mondi, Marchionne ha spiegato agli analisti che «non investire in Europa attualmente non significa che il gruppo Fiat-Chysler sta deindustrializzando in questa regione; le architetture le abbiamo - ha precisato - e quando il mercato europeo si riprenderà potremo installarle rapidamente».

http://www.ilgiornale.it/economia/marchion...ge=0-comments=1

Brutta notizia per Marchionne e il Lingotto. S&P taglia rating Fiat

Roma - Standard and Poor's ha tagliato il rating di Fiat a BB- da BB. L'outlook e' mantenuto stabile. Il taglio del rating, secondo Standard & Poor's, riflette in primo luogo "la debole performance di Fiat in Europa". L'agenzia ritiene che Fiat "continuera' a soffrire della sovracapacita' dell'industria e della sottoutilizzazione dei suoi impianti in Europa nei prossimi anni". L'outlook stabile viene mantenuto in conseguenza della ''adeguata liquidita' e della ripresa di Chrysler''. Standard & Poor's si aspetta inoltre una debole domanda dei consumatori soprattutto in Italia

http://www.wallstreetitalia.com/article/13...ating-fiat.aspx

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In certi passaggi è molto pesante. Io comincerei a pensare a qualche querela.

O magari a qualche telefonata, visto che alla fin fine il gruppo espresso-repubblica è vicino alla famiglia.

Stavolta in famiglia si sono interessati.

Qualcuno è intervenuto nei confronti del giornalista e delle sue esche.

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Il Lingotto Nel board anche Mina Gerowin, Mike Volpi e Giuseppina Capaldo. Escono Gabetti e Grande Stevens

Elkann porta Samsung a Torino

Nel consiglio Exor l'erede della famiglia Lee, l'Agnelli coreano

di RAFFAELLA POLATO (CorSera 05-05-2012)

MILANO — Internazionalizzazione, e va bene: John Elkann sul tasto batte e

ribatte. Dopodiché: l'internazionalizzazione si fonda, ovviamente, sul

business. Il business si fonda (anche) sulle alleanze. Le alleanze si fondano

sulle reti dei rapporti. Che devono certo viaggiare a 360 gradi. Ma che, nel

caso di Exor, hanno un'indubbia rotta privilegiata: la holding simbolo del

capitalismo familiare italiano — le cui controllate producono però già i due

terzi del loro fatturato fuori dall'Europa — punta in modo sempre più netto

sul capitalismo familiare globale.

Il colpo grosso Elkann l'ha annunciato ieri. Volto e nome poco noti (almeno

da noi), marchio di fabbrica famosissimo: è Jay Y. Lee, boss della divisione

elettronica ma soprattutto delfino della dinastia cui fa capo il colosso

coreano Samsung, la new entry di maggior peso nell'elenco che la cassaforte

Giovanni Agnelli & C. propone (e dunque nominerà) per il prossimo

consiglio della finanziaria del Lingotto.

Non è, giurano da Torino, il preludio a mosse d'investimento, la holding che

controlla l'auto Fiat-Chrysler pronta a entrare nella conglomerata delle tv e

degli smart phone (leadership mondiale conquistata a inizio anno), ma anche

delle navi, delle assicurazioni, persino dei parchi di divertimento. Oppure

viceversa, i coreani interessati a valutare dall'interno se mettere pur solo

una fiche in un gruppo con cui comunque hanno parecchio in comune:

dall'assetto proprietario (come gli Agnelli i Lee hanno fondato e continuano a

controllare il loro impero), a qualche «divergenza» familiare (a Torino le

cause, fin qui perse, di Margherita Agnelli, a Seul diatribe tra fratelli), ai

processi di successione alla guida (il trentaseienne John, «comandato»

giovanissimo dal nonno Giovanni Agnelli, è già da anni il plenipotenziario

della dinastia italiana; il quarantaquattrenne Jay è il figlio unico, ed erede

designato, dell'attuale leader-presidente della casa coreana, Lee Kun-Hee).

Quel che è vero oggi, ossia che la nuova nomina nel board Exor è legata solo

alla volontà di internazionalizzare il consiglio con nomi di peso, non

necessariamente lo sarà però anche domani. Dopotutto, Jay Lee non è solo

presidente della divisione elettronica Samsung: è sua anche la delega allo

sviluppo «attraverso partnership strategiche e alleanze industriali». Il

secondo non è il caso di Torino. Il primo, un giorno, chissà.

Sono soltanto ipotesi. Teorie. Suggestioni. Di concreto, alla vigilia

dell'assemblea e mentre Shahriar Tadjbakhsh entra nel gruppo come chief

operating officer, c'è un consiglio che Elkann ridisegna all'insegna sia

dell'estero (con Lee arrivano Mina Gerowin e Mike Volpi), sia del ricambio

generazionale. La lista presentata dalla Giovanni Agnelli & C. — che

comprende tra l'altro Giuseppina Capaldo, figlia dell'ex banchiere Pellegrino

— conferma l'uscita di nomi storici. Lasciano il board Exor Pio Teodorani

Fabbri (al suo posto il figlio Edoardo), Oddone Camerana, Franzo Grande

Stevens (l'avvocato dell'Avvocato). Lascia, soprattutto, Gianluigi Gabetti: il

«traghettamento» l'ha completato. Da un pezzo, ormai.

___

Exor, Elkann il “cinese” torna a Torino

PERDE IL POSTO IL MANAGER INGLESE CHE DOVEVA LANCIARE I NUOVI INVESTIMENTI IN ASIA

Nel 2011 la holding non ha investito in Oriente, ma soprattutto su Fiat e Juventus

di VITTORIO MALAGUTTI (il Fatto Quotidiano 05-05-2012)

Gli Agnelli a marcia indietro. Solo un anno fa John Elkann, gran capo della

holding di famiglia Exor, annunciava la svolta del gruppo. "Meno Europa, più

Asia", questo lo slogan. È durata poco: dieci mesi, forse meno. Exor torna sui

suoi passi: da Hong Kong a Torino. La metropoli asiatica era la nuova

frontiera, il centro su cui puntare per i prossimi grandi investimenti della

holding. Proprio lì, per dirigere le operazioni, si era insediato un nuovo

chief operating officer, l'inglese Tobias Brown, che rispondeva direttamente

al numero uno Elkann. Brown, però, ha fatto le valigie a tempo di record. Exor

lo ha già sostituito con un altro manager. Si chiama Shahriar Tadjbakhsh, ha

48 anni e viene dalla banca d’affari americana Goldman Sachs, di cui ha

diretto a lungo la sede di Parigi. La differenza, una differenza sostanziale,

è che Tadjbakhsh lavorerà a Torino da dove, si legge in un comunicato stampa,

collaborerà con il presidente e amministratore delegato, cioè Elkann. Exor

rivolge a Brown il rituale ringraziamento per il "contributo prestato nella

definizione delle attività d'investimento della società". Da mesi però in

ambienti finanziari era data per certa la rottura tra gli Agnelli e il manager

britannico.

SECONDO indiscrezioni, Brown sarebbe entrato quasi subito in rotta di

collisione con i vertici del gruppo e alla fine il divorzio è stato

inevitabile, anche se non è chiaro, al momento, su che cosa, in concreto, sia

nato lo scontro. Sta di fatto che, al momento, l'operazione Hong Kong pare

quantomeno ridimensionata. L'Asia resta una delle piazze finanziarie centrali

per le strategie di Exor, ma dell'enfasi che solo un anno fa aveva

accompagnato la nomina di Brown non c'è più traccia nel comunicato diffuso

ieri dalla holding torinese. Gli Agnelli, per il futuro, hanno intenzione di

concentrare gli investimenti su un numero minore di aziende "dotate di

dimensioni e rilevanza globali". Intanto nelle settimane scorse Exor ha

completato la vendita di Alpitour, che ha portato in cassa oltre 200 milioni

di euro.

Quanto ai nuovi investimenti, a dir la verità, per il momento se ne sono

visti pochini. Anzi, la holding ha continuato a puntare su “ciò che conosce

bene”, per usare le parole di Elkann nell'annuale lettera agli azionisti. Già,

perché la finanziaria degli Agnelli nel corso del 2011 ha investito ben 68

milioni in azioni proprie, cadute ai minimi storici in Borsa. Mentre altri 85

milioni sono stati spesi per comprare titoli Fiat, pure questi in gran

ribasso. Come dire che che Exor sognava Hong Kong ma ha continuato a puntare

su Torino. I due investimenti casalinghi sono i più importanti realizzati nel

corso del 2011, a cui possiamo aggiungere anche i 72 milioni destinati alla

Juventus.

ALLA FINE la partecipazione nell'azienda guidata da Marchionne rappresenta

ancora oltre la metà del valore globale del portafoglio investimenti. Nel 2008

invece la Fiat pesava per circa il 43 per cento. Insomma l'auto conta sempre

di più, a dispetto di chi pronosticava imminenti disimpegni. Resta da vedere

che cosa succederà nei prossimi anni. Se davvero la casa del Lingotto è

destinata a fondersi con Chrysler, gli Agnelli finiranno per diluirsi,

mantenendo una quota nettamente inferiore all’attuale 30 per cento nel nuovo

gruppo, magari basato a Detroit. Che sta dalla parte opposta del mondo

rispetto a Hong Kong.

___

LA FINANZIARIA AGNELLI Il nuovo consiglio

Elkann apre le porte Exor

all’erede della Samsung

Jay Y. Lee sarà amministratore indipendente

Escono nomi storici: Gabetti e Grande Stevens

di LAURA VERLICCHI (il Giornale 05-05-2012)

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L’erede degli Agnelli spalanca le porte di Exor al discendente di una delle

più grandi dinastie industriali dell’Asia: Jay Y. Lee, responsabile operativo

della Samsung Electronics e figlio unico del presidente del colosso coreano.

Il quarantatreenne Lee entrerà a far parte come indipendente del consiglio

d’amministrazione della finanziaria che sarà «battezzato» allo stadio della

Juventus, nell’assemblea del 29 maggio. Lui e John Elkann si frequentano da

diversi anni: vicini per età, entrambi hanno già alle spalle una carriera di

peso nelle aziende di famiglia, che hanno fatto la storia - industriale e non

solo - dei rispettivi Paesi. Certo, i settori sono diversi: anche se Samsung,

che ha appena conquistato il primato nei telefonini, potrebbe in prospettiva

dare un contributo nel settore automotive. E senza dubbio, l’ingresso di Lee è

uno dei segnali del nuovo corso di Exor, più giovane e più internazionale.

Così come la scelta di affidare da giugno la gestione dei futuri investimenti

della finanziaria del gruppo Agnelli a Shahriar Tadjbakhsh, avvocato d’affari

e banchiere con esperienze in tre continenti: America, Europa e Asia. Sarà

coadiuvato da Mario Bonaccorso e da Alessandro Nasi, managing directors

investimenti. «Le capacità e l’esperienza di Shahriar - dichiara Elkann-

daranno a Exor un contributo significativo per sostenere la società

nell’attuale fase di sviluppo internazionale ». E sempre dal mondo della

finanza internazionale arrivano gli altri due nomi nuovi della lista

presentata dall’azionista Giovanni Agnelli Sapaz: Mina Gerowin, che ha

lavorato in Lazard ed è direttore generale della Paulson Europe di Londra, e

Mike Volpi, che è stato manager di Cisco e ad di Joost, una delle prime

società a offrire servizi video a pagamento distribuiti via Internet. Dal

consiglio escono invece nomi storici del gruppo come Gianluigi Gabetti e

Franzo Grande Stevens.

Le altre new entry del consiglio sono Giuseppina Capaldo, docente di diritto

delle imprese, Vittorio Avogadro di Collobiano, vice presidente alle vendite

internazionali di gas di Eni, ed Eduardo Teodorani Fabbri, figlio di Maria

Sole Agnelli.

Cognomi doppi e importanti, come per altri consiglieri in lista: Tiberto

Brandolini d’Adda e Luca Ferrero Ventimiglia, che si aggiungono ad Alessandro

Nasi, Lupo Rattazzi, lo stesso Elkann e l’ad del Lingotto, Sergio Marchionne.

Come amministratori indipendenti, troviamo ancora Victor Bischoff e Giuseppe

Recchi.

___

Holding. L'americano Tadjbakhsh diventa d.g. della finanziaria

Exor, cda più internazionale

Entra l'erede della Samsung

LA SQUADRA DI ELKANN

Nel board anche Mike Volpi (ex Cisco) e due donne:

Capaldo e Gerowin Escono Grande Stevens e l'ex presidente Gabetti

di ANDREA MALAN (il Sole 24 ORE 05-05-2012)

Exor cambia il consiglio d'amministrazione e nomina un direttore generale

(chief operating officer) che collaborerà con John Elkann nella gestione degli

investimenti: per questo ruolo la holding della famiglia Agnelli ha scelto

l'americano di origine iraniana Shahriar Tadjbakhsh.

Lo sviluppo degli investimenti in Asia sarà uno dei compiti principali di

Tadjbakhsh, che sarà il braccio destro di Elkann su tutti gli investimenti e

lavorerà da Torino. Il curriculum del 48enne manager, ex banchiere della

Goldman Sachs, è stato prescelto da Elkann per l'esperienza in tre tipi di

attività (avvocato d'affari, banchiere e gestore di società) e in tre aree

geografiche differenti – Usa, Europa e Asia.

Con l'arrivo di Tadjbakhsh viene meno l'incarico di chief investment officer

conferito poco più di un anno fa a Tobias Brown; nel comunicato di ieri Exor

«ringrazia Brown per il contributo alla definizione delle attività

d'investimento. La collaborazione con Brown potrà proseguire con la

condivisione di idee su possibili investimenti in Asia». Il cambio di gestore

segue il cambio di strategia di investimento di Exor, che prevede il passaggio

da una serie di piccoli investimenti a operazioni mirate su aziende di

maggiori dimensioni.

Anche la lista per il cda della società, presentata ieri e che verrà

sottoposta all'approvazione dei soci all'assemblea del prossimo 29 maggio,

contiene novità interessanti. Tra gli amministratori attuali rimangono – oltre

al presidente John Elkann – Andrea Agnelli, Tiberto Brandolini D'Adda, Luca

Ferrero Ventimiglia, Alessandro Nasi, Lupo Rattazzi, il numero uno di Fiat e

Chrysler Sergio Marchionne, e fra i consiglieri indipendenti Victor Bischoff e

Giuseppe Recchi.

Il rimpasto vede un ricambio generazionale: escono infatti alcuni fra i più

anziani fra gli eredi Agnelli, come Pio Teodorani Fabbri e Oddone Camerana;

manager storici come Gianluigi Gabetti e Franzo Grande Stevens; lasciano anche

Carlo Barel di Sant'Albano (ex a.d. di Exor), Eugenio Colucci, Christine Morin

Postel, Antoine Schwartz. Entrano invece in consiglio Vittorio Avogadro di

Collobiano (ramo Nasi-Camerana), Eduardo Teodorani Fabbri (figlio e Pio e di

Maria Sole Agnelli) e gli indipendenti Giuseppina Capaldo, Mina Gerowin,

Michelangelo Volpi (ex top manager della Cisco) e Jay Y. Lee. Le due donne

soddisfano in anticipo – come era stato per Fiat e Fiat Industrial – le

cosiddette quote rosa; quanto a Lee, è l'erede di un'azienda familiare coreana

che ha scalato i vertici mondiali – la Samsung – e il suo ingresso potrebbe

schiudere (come era stato per la cooptazione di Ratan Tata nel cda Fiat)

interessanti potenzialità di business in Asia per Exor.

Certo, non vuol dire che Exor investirà da domani nel business dei telefonini,

in cui Samsung ha conquistato la leadership mondiale; ma il gruppo coreano

presenta un tale dinamismo (per esempio nelle tecnologie "verdi") che le

occasioni non dovrebbero mancare. Nel frattempo, proseguirà la ridefinizione

del portafoglio con la cessione di altre attività considerate non più

strategiche (dopo quella di Alpitour appena perfezionata).

___

L’operazione

Exor, in consiglio Mr. Samsung

escono Grande Stevens e Gabetti

Ricambio generazionale, lasciano anche Teodorani Fabbri e Camerana

di PAOLO GRISERI (la Repubblica 05-05-2012)

TORINO - Entra Samsung, escono due padri nobili come Franzo Grande Stevens e

Gianluigi Gabetti. La nuova Exor, così come si intuisce dalla lista presentata

ieri dalla Giovanni Agnelli SAS, la finanziaria degli Agnelli, è una società

che volta pagina. Non tanto e non solo per l´ingresso di Jay Y. Lee, erede

della famiglia proprietaria del colosso Samsung, ma anche per il ricambio

generazionale. Esce Gianluigi Gabetti, l´uomo che ha creato Exor dalla fusione

tra IFI e Ifil dando alla nuova società lo stesso nome dell´antica company

lussemburghese utilizzata dagli Agnelli per le loro alleanze all´estero. Esce

anche Grande Stevens, il civilista dell´Avvocato, l´uomo che ha difeso gli

interessi della Famiglia fino ai momenti difficili della crisi del primo

decennio del 2000. Esce il conte Pio Teodorani Fabbri, marito di Maria Sole

Agnelli. Verrà sostituito dal figlio, Eduardo, che da tempo si occupa degli

interessi della Famiglia in Gran Bretagna. Esce infine Oddone Camerana, un

altro dei membri storici della famiglia Agnelli.

Se l´avvicendamento generazionale è nella logica delle cose, del tutto

imprevisto è il cambio del responsabile della finanza: da giugno sarà Sharihar

Tadjbakhsh, 48 anni, che sostituirà in parte Enrico Vellano. Escono invece

l´ex ad Carlo Sant´Albano e Tobias Brown, ex direttore finanziario. Nella nota

di presentazione della lista della Giovanni Agnelli sas, John Elkann ha

ricordato la strategia della società, quella di concentrarsi su poche,

rilevanti, partecipazioni.

Ieri la famiglia si è trasferita a Marrakesh, in Marocco, per festeggiare gli

85 anni di Marella Agnelli, vedova dell´Avvocato, che da tempo risiede, per

una parte dell´anno, nel paese africano. La festa avrebbe potuto essere

l´occasione per un riavvicinamento della madre con la figlia Margherita, dopo

il processo sull´eredità di Giovanni Agnelli che le aveva divise nelle aule

dei tribunali. Recentemente, in occasione della sentenza sfavorevole a

Margherita, John Elkann aveva fatto sapere di sperare che il compleanno di

Marella potesse diventare l´occasione di una rappacificazione. Ma Margherita

ha preferito evitare di dare solennità a una ripresa di rapporti che

evidentemente, a suo parere, non può ancora consentire di mettere una pietra

sopra sul passato. Così nei giorni scorsi la figlia è andata in Marocco a fare

gli auguri all´anziana madre scegliendo di non partecipare alla festa di

famiglia di questo week-end.

___

Exor è più internazionale

Nel cda il manager di Samsung

Elkann chiama Lee. Tadjbakhsh seguirà da Torino gli investimenti

di LUCA FORNOVO (LA STAMPA 05-05-2012)

Exor, la società di investimenti del gruppo Agnelli, che controlla Fiat e

Juventus, acquista un’impronta sempre più internazionale, puntando sul

capitalismo familiare, stringendo i legami con la Samsung, con nuovi ingressi

nel consiglio d’amministrazione e rafforzando la squadra dei manager del

gruppo. Exor ha chiamato ieri nel suo board Jay Y. Lee, responsabile operativo

di Samsung Electronics e figlio di Lee Kun-hee, leader della famiglia e

presidente del colosso coreano. Un occhio all’Asia, ma anche al resto del

mondo come dimostra la scelta di John Elkann, presidente e amministratore

delegato di Exor, di affidare da giugno la gestione dei futuri investimenti a

Shahriar Tadjbakhsh, avvocato d’affari, banchiere e manager con esperienze in

tre continenti: America, Europa e Asia. Esce dalla società Tobias Brown, che

per circa un anno ha ricoperto la carica di chief investment officer. Scelte

che rappresentano un passo avanti verso l’internazionalizzazione. Una

strategia già preannunciata da Elkann nella lettera agli azionisti a inizio

aprile in cui ricordava che nel 2011 la maggior parte dei ricavi di Exor, il

62% per la precisione, «è stato realizzato al di fuori dell’Europa».

La lista presentata dall’azionista Giovanni Agnelli Sapaz per il nuovo

consiglio, che sarà nominato dall’assemblea dei soci del 29 maggio, è anche

all’insegna di un ricambio generazionale: escono infatti nomi storici del

gruppo come Gianluigi Gabetti, Franzo Grande Stevens, Pio Teodorani-Fabbri e

Oddone Camerana. Ed entrano i giovani, come Eduardo Teodorani-Fabbri, figlio

di Pio e Maria Sole Agnelli, e come Vittorio Avogadro di Collobiano, vice

presidente delle vendite internazionali di gas in Eni e Giuseppina Capaldo,

docente di istituzioni di diritto privato a Roma.

Oltre a Lee ci sono altri due nomi di spessore internazionale fra le new

entry del prossimo cda Exor: Mike Volpi, che è stato responsabile delle

attività del colosso informatico Cisco per il mercato dei Service Provider e

ad di Joost, una delle prime società a offrire servizi video a pagamento

distribuiti via Internet. E Mina Gerowin, che ha lavorato in Lazard ed è

direttore generale della Paulson Europe di Londra - il gruppo fondato da John

Paulson, guru dei fondi hedge con competenza su finanza straordinaria, credito,

crisi aziendali, rilancio e arbitrato nelle fusioni. Accanto a Elkann, Sergio

Marchionne e Andrea Agnelli restano, inoltre, Victor Bischoff, Tiberto

Brandolini d’Adda, Alessandro Nasi, Lupo Rattazzi, Giuseppe Recchi e Luca

Ferrero Ventimiglia. Con gli ingressi di due donne, Giuseppina Capaldo e Mina

Gerowin, Exor anticipa, come aveva già fatto Fiat, la normativa sulle quote

rosa. Per il nuovo Cda di Exor sono quindici i nomi proposti in tutto, con sei

nuovi nomi.

Shahriar Tadjbakhsh sarà Chief Operating Officer di Exor a partire da giugno:

gestirà con Elkann dalla sede di Torino gli investimenti del gruppo.

Tadjbakhsh, 48 anni, un’esperienza di 25 anni prima come avvocato d’affari e

poi nell’investment banking internazionale, sarà coadiuvato da Mario

Bonaccorso e da Alessandro Nasi, entrambi managing director con competenza

sugli investimenti della società. «Con la nomina di Shahriar - commenta John

Elkann - Exor acquisisce nuove competenze professionali di grande rilievo: le

capacità e l’esperienza di Shahriar Tadjbakhsh, maturate in 25 anni di

attività in Europa, Usa e Asia, daranno a Exor un contributo significativo per

sostenere la società nell’attuale fase di sviluppo internazionale».

A lui spetterà il compito di portare avanti la strategia di puntare su meno

investimenti ma di rilevanza mondiale: a disposizione ha oltre 800 milioni di

euro, cifra in cassa a fine 2011.

___

Rinnovato il consiglio di amministrazione

Exor, tappeto rosso a Mr Samsung

La cassaforte della famiglia Agnelli sempre più internazionale: il figlio del fondatore del colosso

coreano entra nel cda e il nuovo direttore operativo sarà lo svizzero di origini iraniane Tadjbakhsh

di NINO SUNSERI (Libero 05-05-2012)

John Elkann stringe i legami con Samsung: Jay Lee, responsabile operativo

della divisione elettronica della società, entrerà infatti nel nuovo cda di

Exor che sarà nominato dall’assemblea degli azionisti del 29 maggio. Il

manager coreano è anche figlio del presidente della multinazionale di Seul e

questo fatto lascia immaginare che la nomina non è destinata a restare un

fatto isolato. Exor, infatti, non è solo Fiat. È prima di tutto una

finanziaria d’investimenti. Probabilmente l’alleanza con una famiglia molto

influente in tutta l’area dell’Estremo Oriente potrebbe rappresentare il

passaporto per nuove opportunità. Soprattutto se collocate il più lontano

possibile dall’Europa che, in questo momento, non rappresenta certo l’area più

attraente del mondo. D’altronde qualcosa del genere era accaduta con Ratan

Tata. Il capo della principale dinastia imprenditoriale indiana in Fiat era

stato il preludio per il ritorno della casa torinese a Nuova Delhi. Certo

l’alleanza con Tata Motors, fino a questo momento ha dato risultati largamente

inferiori alle attese soprattutto per la mancanza di modelli adeguato. La

revisione degli accordi dovrebbe aver migliorato la situazione.

La lista dei candidati in Exor è stata presentata oggi dall’azionista

Giovanni Agnelli e C. Sapaz. Nella lista c’è anche Eduardo Teodorani Fabbri,

figlio di Maria Sole Agnelli. Un altro nome internazionale, oltre a quello di

Jay Y. Lee, è Mina Gerowin, che, dopo avere lavorato in Lazard, è direttore

generale della Paulson Europe di Londra, con competenza su finanza

straordinaria, credito, crisi aziendali, rilancio e arbitrato nelle fusioni.

Per il nuovo consiglio di Exor sono quindici i nomi proposti: oltre a John

Elkann, Victor Bischoff (amministratore indipendente), Andrea Agnelli,

Vittorio Avogadro di Collobiano, Tiberto Brandolini d’Adda, Giuseppina Capaldo

(amministratore indipendente), Jay Y. Lee, Luca Ferrero Ventimiglia, Mina

Gerowin (amministratore indipendente), Sergio Marchionne, Alessandro Nasi,

Lupo Rattazzi, Giuseppe Recchi (amministratore indipendente), Eduardo

Teodorani-Fabbri e Michelangelo Volpi (amministratore indipendente). I nomi

nuovi sono sei. Oltre a Lee, Gerowin e Teodorani Fabbri, le new entry sono

Vittorio Avogadro di Collobiano, vice presidente alle vendite internazionali

di gas in Eni, Giuseppina Capaldo, docente di diritto privato a Roma e Mike

Volpi, che è stato responsabile delle attività di Cisco per il mercato dei

service provider e ad di Joost, una delle prime società a offrire servizi

video a pagamento distribuiti via Internet.

Shahriar Tadjbakhsh, 48 anni avvocato d’affari nato in Svizzera ma di origini

iraniane, sarà chief operating officer a partire da giugno: gestirà con John

Elkann da Torino gli investimenti della holding del gruppo Agnelli. Esce

quindi dalla società Tobias Brown che per circa un anno ha ricoperto la carica

di coo. L’attuale chief financial officer, Enrico Vellano, è confermato

responsabile di tutte le funzioni centrali di Exor.

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Un fratello da dimenticare

DAL LIBRO “Casa Agnelli – Storie e personaggi dell’ultima dinastia italiana”, di Marco Ferrante (Mondadori)” abbiamo tratto la storia di Giorgio Agnelli, il fratello minore dell’Avvocato la cui vicenda umana è avvolta nel mistero

Marta Vio lo conobbe nel 1946 a Forte dei Marmi. Era una vicina degli Agnelli, ospite al villaggio Pesenti a casa di amici. Suo padre Rufo era un banchiere, il proprietario del Credito Lombardo, che adesso è del Monte dei Paschi di Siena. «Mia madre» racconta «era una bella donna sempre vissuta della sua bellezza. In seconde nozze sposò un celebre medico romano, Pietro Valdoni.» La madre era Vera Lodi; il suo vero nome era Primavera Gioconda, ma tutti la chiamavano Pripri. Veniva da una famiglia dannunziana: suo padre, Luigi Lodi, giornalista parlamentare, era figlio di Gabriele d'Annunzio e di Olga Lodi, detta Febea, leader del movimento femminista all'inizio del Novecento.

Marta aveva 16 anni quando conobbe Giorgio, un anno più anziano di lei, sulla spiaggia del Forte. «Ci riconoscemmo subito» racconta, «erano tempi strani quelli della fine della guerra. Ci si piaceva e ci si accoppiava. C'era una tempesta, un caos sessuale. Fu il primo amore della mia vita. Giorgio all'epoca era già curioso delle droghe. Successivamente accusarono anche me di esserlo, ma a me non sono mai interessati gli stupefacenti. Giorgio era castano con le lentiggini, gli occhi azzurri, era bellissimo. Ed era un angelo caduto. Non c'era niente di costruito in lui. Era un'anima in difficoltà capitata in un mondo avverso. Di certo a sedici anni era già una persona disturbata. Del resto anche i suoi fratelli erano condizionati. Erano schiacciati dall'industria e figli di una madre ribelle.»

Secondo alcuni amici di quei tempi, a determinare il carattere di Giorgio contribuì il modo di essere dei ragazzi Agnelli. Sette ragazzini, praticamente orfani da sempre, figli di due genitori fitzgeraldiani, distratti da loro stessi, è che peraltro morirono molto giovani. In questa solitudine i ragazzi edificarono le loro gerarchie, i loro rapporti di potere, le loro alleanze, le preferenze, costruite su affinità dell'infanzia e dell'adolescenza senza alcun filtro posto dall'educazione e dalla mediazione degli adulti.

«Era come se quei rapporti fossero cristallizzati su uno schema infantile, fatto di forza, di energia, di vitalità, e mai più modificato» racconta un amico. Rievoca ancora Marta Vio: «Gli Agnelli erano piacevoli fisicamente, simpatici, energici, magari uno li avrebbe strozzati, ma avevano fascino giovanile. Forse Giorgio, che era nella fascia dei più piccoli, i primi anni ebbe il problema di affermarsi. Ma c'era qualcosa di originario e caratteriale in lui. Testimoniato anche dal fatto che era il preferito di sua madre. Virginia lo proteggeva».

Il rapporto più difficile per Giorgio fu quello con Gianni. Qualcuno dice che egli mal sopportasse il maggiorasco, il privilegio del fratello. Altri che semplicemente fossero incompatibili. «Giorgio era un Mercurio, ambiguo, liquido, si era lanciato nel baratro famigliare» dice Marta Vio. «Odiava Gianni.» Secondo Maria Sole Agnelli, semplicemente Giorgio non ne sopportava l'atteggiamento di perenne sfottò.

C'è un'evocazione di Giorgio nella “Fine degli A” di Ludovica Ripa di Meana. Giorgio compare senza nome, come una Voce. Parla con Cassandro (suo nipote Edoardo) e racconta di sé, dei suoi scherzi, le trappole per i cavalli sulla spiaggia del Forte, le biglie lanciate tra i piedi della gente, il serbatoio di una moto riempito d'acqua, il sapone nelle torte per le feste dei bambini e la volta in cui sparò a Gianni. Della storia dello sparo ci sono molte versioni, nessuna definitiva. Secondo un nipote, quello che conta è lo stato d'animo in cui avvennero i fatti: «Giorgio dava segni di schizofrenia, per un senso di inferiorità rispetto a Gianni, ed ebbe delle esplosioni di violenza nei confronti del fratello». «Questa interpretazione mi sembra psicologicamente corretta» osserva Marta Vio.

Giorgio e Carlo Caracciolo (foto a sin.) si conobbero in America alla fine degli anni Quaranta, a Harvard. E diventarono amici. Fu per via di Giorgio che Caracciolo conobbe il futuro cognato.

Nei primi anni Cinquanta, insieme diedero vita a un'operazione editoriale, un periodico che si chiamava «L'anno», una rivista sullo stile di «Time-Life» che riassumeva i principali fatti dell'anno. Maria Sole Agnelli conserva l'edizione del 1950 e quella del 1952. L'edizione del 1952 è più curata: la copertina e alcune tavole all'interno sono di Leo Longanesi, le foto sono belle, le didascalie ironiche. L'edizione del 1950 è più artigianale, con una rilegatura verde e il nome della testata in blu al centro.

Tra i collaboratori Giovanni Spadolini, Aldo Garosci, Enzo Forcella, Panfilo Gentile, Emilio Cecchi, Giulio Carlo Argan, Massimo Mila, Alberto Moravia, Irene Brin e Paolo Monelli. Nel comitato direttivo, oltre a Caracciolo, c'erano Riccardo Musatti ed Ettore Sottsass, il quale si occupò anche del progetto grafico.

Sottsass fu coinvolto nella faccenda dell'«Anno» da Carlo Caracciolo, ma con Giorgio aveva avuto un rapporto che ne prescindeva. La storia era andata così. Verso la fine degli anni Quaranta Sottsass, futura gloria dell'architettura e del design (fondò all'inizio degli anni Ottanta il gruppo Memphis), viveva a Torino, dove si era laureato al Politecnico. Aveva in mente il progetto di una rivista di cultura internazionale che avrebbe dovuto intitolarsi «Mezzosecolo». Pier Paolo Orengo gli suggerì di parlarne a Gianni Agnelli, il quale si mostrò interessato al progetto e, siccome Sottsass gli era piaciuto, nelle more della conversazione gli propose anche di progettargli una palestra per la casa a Torino e di occuparsi di Giorgio. «Mezzosecolo» non si fece e la palestra neppure. Andò in porto, però, l'incarico professionale di seguire un po' Giorgio. La cosa consisteva nell'andare in casa Agnelli e conversare con lui.

Sottsass non aveva capito che la situazione di Giorgio era grave. All'inizio si era fatto l'idea di una persona molto eccentrica, del tipico miliardario stravagante. Al ristorante, Giorgio cominciava dal caffè e finiva con gli spaghetti. E correva in macchina: «Sei mai andato a 200 all'ora?» gli chiese una volta, e lo portò a fare l'esperimento sulla Torino-Milano, che era una strada a due corsie. Poi la situazione di Giorgio peggiorò. Sottsass lo andò a trovare in clinica a Torino, era già ingrassato a causa dei farmaci. Da allora non si videro più.

Nicola Caracciolo si ricorda di Giorgio al tempo in cui trascorse un periodo nella loro casa in via della Lungarina e rammenta che una volta sparò a una finestra con un fucile ad aria compressa.

Per dieci anni Marta e Giorgio stettero insieme. I primi tempi, poiché Pri-pri viveva a Roma, Marta andava a trovare Giorgio che studiava lì, poi si vedevano a Milano. D'estate, negli anni Cinquanta, lui stava a casa di Marta a Cap Gael. «Avevo 25 anni quando capii definitivamente che non c'era una prospettiva con Giorgio e sposai Arturo Carmassi, il pittore.»

Dopo il fatto dello sparo, comunque sia andato, Giorgio e Gianni non si riconciliarono più. E si detestarono (odiarono, secondo alcuni) fino al punto che Giorgio a un certo momento cercò di vendere il suo pacchetto azionario per fare un dispetto al fratello. Ma questo accadeva già nella fase declinante della sua vita. In America, durante la sua permanenza alla fine degli anni Quaranta, aveva avuto esperienze allucinogene, e il rapporto con le droghe era diventato sempre più intenso. Alla fine fu ricoverato in una clinica in Svizzera dalle parti di Losanna.

Sebastiano Fürstenberg se lo ricorda, perché studiava in un collegio della zona e quando suo padre andava a trovarlo lo portava a far visita a Giorgio, che gli era simpatico. Ma a quei tempi Giorgio era già cambiato. Si era come dilatato, era vasto, largo. Dice Sebastiano: «Andavamo a Rolls, dov'era la clinica. Lui era ingrassato molto, fino a superare i 100 chili, aveva gli occhi di un tredicenne, mio padre non gli parlava mai della famiglia».

Morì da solo. Secondo Marta Vio «si lanciò nel vuoto dall'ultimo piano della clinica», ma è l'unica a sostenere questa tesi. «A me lo comunicò Buratti, che era l'amministratore degli Agnelli, e mi rispedì i miei quadri che teneva con sé. Ma non partecipai al suo funerale.» Secondo Maria Sole l'ipotesi del suicidio va esclusa: morì perché il suo fisico si era molto indebolito.

Lupo Rattazzi (foto a destra) si ricorda di quando seppero della morte di Giorgio: «Vidi piangere una delle cameriere».

Quando morì, Gianni era a Como a Villa d'Este per un convegno, la sera pranzò con un amico, Niccolò Pignatelli, e non fece alcun cenno al lutto. «Mio nonno non ne parlava» dice John Elkann. Giorgio fu un tabù per la famiglia, la sua esistenza venne cancellata, le sorelle cercarono di rimuoverlo. Molti dei nipoti lo sentirono nominare solo da adulti. Qualcuno non aveva mai visto una sua foto prima dell'uscita nel 2004 di un libro-intervista di Carlo Caracciolo. Giorgio è ritratto al matrimonio di Gianni e Marella, davanti alle colonne del castello di Osthoffen, l'11 novembre 1953: al centro Caracciolo, alla sua sinistra Carlo di Robilant, alla destra Giorgio, tutti e tre in tight. Lui è molto alto, ha i baffi, le labbra sottili, quasi invisibili, come quelle di sua madre, una sigaretta tra le dita, la giacca del tight abbottonata.

Marta Vio ha 77 anni, un figlio e tre nipoti, vive in campagna in provincia di Arezzo, dove ha fatto la coltivatrice e la poetessa. Ha scritto quattro libri: “Poesia 1”, “Poesie”, “Romanza per patrioti”, “Viaggio nelle isole beate”.

Su Internet restano brandelli della vita di Giorgio: la sua presenza nell'albero genealogico di Mister Bruins, l'esistenza di una scuola infermieri professionali a lui intestata in Pinerolo, un concordato fiscale con lo Stato relativo al periodo 1960-63 (per una quota pari a 1 miliardo e 40 milioni di lire), qualche foto nell'archivio Farabola e, infine, un'inserzione commerciale: «Vendo auto e moto d'epoca a Mombercelli». L'inserzione riguarda una: «Fiat 1900 B Granluce, 1957, primo intestatario Giorgio Agnelli, in fase di avanzato restauro, motore e meccanica totalmente a nuovo, carrozzeria sabbiata, risanata e trattata, completa 100 per cento, targhe originali e documenti completi, radio e accessori d'epoca».

http://www.trovanozz...heque070702.htm

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Lapo Elkann si racconta in un libro

Lapo Elkann ha deciso di narrare la sua vita e la sua persona in un libro biografico. Il progetto è ancora top secret ma promette di mettere in luce sia le sue vittorie che le sue sconfitte. L’anticonformista della famiglia Agnelli ne avrà molte da raccontare. La sua nascita in una delle dinastie più potenti del ventesimo secolo ha posto Lapo su un piano privilegiato ma gli ha dato anche un’eredità difficile da sostenere.

Lapo Elkann farà uscire il libro a Natale. A dire il vero certi episodi della sua vita non sono propriamente natalizi e Lapo è passato per molti amori, dall’angelica Martina Stella alla cugina Bianca Brandolini D’Adda, con cui ancora si ama. Qualcuno lo ha ammirato per come ha saputo liberarsi da certe dipendenze, altri invece lo deridono per qualche evitabile figuraccia. Parcheggiare un enorme Suv maculato sui binari del tram per andare a fare shopping, impedendo così il passaggio a ogni altro mezzo, causa una forte perdita d’immagine.

Soprattutto perché per Lapo Elkann, responsabile Brand promotion della Fiat, l’immagine è tutto. Chissà cosa avrebbe detto l’avvocato Gianni Agnelli, considerato un autentico maestro d’eleganza. La differenza dal fratello maggiore John Elkann, marito fedele e responsabile padre di famiglia, non potrebbe essere maggiore. Ma come si intitolerà il libro? Forse “Confessioni di una mente pericolante”?

http://gossip.virgilio.it/news/lapo-elkann...a-in-libro.html

Rcs, ora è bagarre tra i soci per l'ad

Di Andrea Montanari

Quando tutto sembrava destinato ad andare nella giusta direzione, quella che porta all'individuazione di Pietro Scott Jovane quale nuovo amministratore delegato di Rcs Mediagroup, ecco che a ridosso dell'assemblea dei soci di mercoledì 2 maggio scoppia la bagarre tra gli azionisti di via Rizzoli.

Perché se prima del fine settimana Mediobanca, Fiat e Intesa Sanpaolo-Mittel, nelle persone rispettivamente di Renato Pagliaro, John Elkann e Giovanni Bazoli (sostenuti fuori dal patto di sindacato da Giuseppe Rotelli) avevano raggiunto un accordo di massima sul nome dell'attuale top manager di Microsoft Italia, individuato quale principale candidato dai cacciatori di teste di Spencer Stuart, a poche ore dall'assise che dovrà approvare il bilancio 2011 (322 milioni di perdite) e rinnovare il cda alcuni azionisti del sindacato di blocco avrebbero alzato dei paletti sul nome di Jovane.

E così nell'incertezza che pare regnare ai piani alti di Rcs, dove in qualche modo si fa sempre sentire, seppure con forza sempre più labile, l'attuale presidente e futuro consigliere Piergaetano Marchetti, sono spuntati e tornati d'attualità altri nomi per la carica di ad, in sostituzione di Antonello Perricone.

Adesso le alternative a Jovane si chiamano Claudio Calabi (già ai vertici di Rcs, poi al Ventaglio, a Finarte, al Sole24Ore, a Risanamento e ora a Im.co.-Sinergia), Giorgio Valerio (ex top manager del gruppo di via Rizzoli sia in Italia sia in Spagna), oltre ai dirigenti di Rcs Riccardo Stilli (cfo di gruppo) e Giulio Lattanzi (dg della Quotidiani).

Gli ultimi due nomi, Stilli e Lattanzi, in particolare sarebbero tornati d'attualità in casa Rcs perché in azienda e nel patto di sindacato c'è il sentore che all'assemblea di mercoledì 2 ci possano essere contestazioni dai parte degli azionisti e attacchi diretti dei piccoli risparmiatori sulla gestione che i pattisti hanno fatto e fanno della governance societaria, dopo il taglio del cda da 21 a 12 membri.

http://www.milanofinanza.it/news/dettaglio...%20per%20l%27ad

Della Valle: aumenterò la quota in Rcs

Diego Della Valle, numero uno del gruppo Tod's e azionista del gruppo Rcs Mediagroup con il 5,4%, ha reso noto di voler crescere ulteriormente nel capitale della società che controlla il Corriere della Sera. A margine dell'assemblea degli azionisti di Rcs, l'imprenditore marchigiano ha affermato: «Sono un grande azionista e ho intenzione di crescere ancora, è importante che il gruppo sia ben gestito». A chi gli chiedeva i tempi dell'ulteriore crescita, Della Valle ha risposto che avverrà «nel breve termine».

La notizia ha messo le ali al titolo Rcs Mediagroup a Piazza Affari arrivato a guadagnare fino al 10%.

Altri vogliono uscire ma non parlano

Quanto al patto di sindacato della società, Della Valle, recentemente uscito, riferendosi alle recenti dichiarazioni dell'amministratore delegato del gruppo Generali Giovanni Perissinotto sull'intenzione di Trieste di uscire da Rcs Mediagroup. Della Valle ha voluto sottolineare che «il mercato deve essere di chi lo sa guidare».

Lo stesso Della Valle si è detto «favorevole a tutto quello che metta l'azienda in condizione di essere competitiva, di poter investire, qualunque sia la strada percorribile. Prima di pensare a un aumento di capitale, per quanto mi riguarda e per il cda che l'ha deliberato, si può mettere in sicurezza l'azienda vendendo le cose che non sono strategiche».

«Auguriamoci - ha aggiunto - che nessuno tenti di dare fastidio alla gestione editoriale della Rizzoli, soprattutto per il Corriere della Sera, perchè sarebbe un fatto grave».

Rcs senza ad

Ora che il nuovo amministratore delegato della Rcs Mediagroup sará nominato e si sará insediato, «e speriamo che sia bravo, e con un presidente che è una persona seria ma che non conosce l'azienda, ci si impiegherá un anno a capirci qualcosa», dice Della Valle.

Il cambiamento di amministratore delegato, ha aggiunto «andava fatto in un modo da persone adulte, senza ragionamenti personalistici che non contano nulla. Trovo il metodo utilizzato abbastanza scandaloso».

«Credo che anche chi ha messo in piedi l'operazione - ha continuato senza citare direttamente Mediobanca e Fiat - se potesse tornare indietro, lo farebbe immediatamente. A questo punto - ha continuato - speriamo trovino presto la persona che serve».

A chi gli ha domandato come mai si sia arrivati ad oggi senza un ad indicato, a differenza di quanto annunciato in precedenza, il patron Tod's ha replicato: «Ho l'impressione che quando si parla di manager bravi, con una visione internazionale, che vogliono essere apprezzati per il lavoro fatto e non per il bacio della pantofola, quando sentono parlare di Mediobanca si impressionino un po'. Auguriamoci che qualcuno arrivi e che soprattutto operi nell'interesse di tutti gli azionisti. C'è un consiglio di indipendenti, persone di qualità ma indipendenti pochi, tranne alcuni casi. Auguriamoci che dimostrino di essere indipendenti nel lavoro che faranno».

http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-m...l?uuid=AbdwsaWF

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Il Chelsea pensa al nuovo stadio

(ANSA) - LONDRA - Il Chelsea potrebbe costruire il suo prossimo stadio sulle macerie della centrale elettrica di Battersea che Roman Abramovich sta valutando di acquistare. Per il momento non è ancora cominciata una vera e propria trattativa poiché prima di acquistare lo storico edificio, inutilizzato da 20 anni e valutato circa 570 milioni di euro, il Chelsea dovrà trovare il modo di vendere lo Stamford Bridge. Ma nel frattempo ha incaricato Mike Hussey, a.d. di Almacantar, di studiare la fattibilità del progetto.

http://www.corriere.it/notizie-ultima-ora/...001511487.shtml

Yaki, l'editore di famiglia

Da Rcs a La Stampa, John Elkann si tiene stretto i giornali di Fiat.

A Sergio Marchionne le auto, a John Elkann i giornali. Mentre è sempre più evidente il ruolo centrale dell’amministratore delegato Fiat sul fronte motori, il presidente sembra essere diventato la figura di riferimento della partecipazione del gruppo in Rcs.

Il nipote di Giovanni Agnelli, di cui ha ereditato la passione per i giornali, si è espresso in più di un’occasione sul futuro di Rizzoli Corriere della Sera, con dichiarazioni tutt’altro che disinteressate.

TROVEREMO UNA SOLUZIONE PER RCS. «Sono convinto che riusciremo a trovare una soluzione per il consiglio di Rcs che sarà dimezzato, ringiovanito e con amministratori forti», ha dichiarato il 4 aprile al termine dell’assemblea degli azionisti Fiat.

Poi il giorno dopo, a margine dell’assemblea di Fiat Industrial, rispondendo indirettamente a Diego Della Valle, critico sul nuovo assetto di Rcs, indicando il balzo del titolo in Borsa dopo l’annuncio delle innovazioni sul fronte della governance: «Il segnale che viene dal mercato è positivo e ci incoraggia a proseguire nella strada che abbiamo intrapreso».

UN NUOVO MANAGER ALL’ALTEZZA. Elkann è poi tornato a parlare del nei giorni successivi del cda Rcs, sottolineando la necessità di trovare un nuovo amministratore delegato all’altezza del compito di guidare Rcs».

Nei pensieri del presidente Fiat non ci sono solo le sorti del Corriere e di Rcs, ma anche quelle del gruppo editoriale, che edita La Stampa.

FUSIONE TRA ITEDI E LA STAMPA. Il 19 aprile si è infatti tenuta a Torino l’assemblea dei soci che ha approvato la fusione per incorporazione della Itedi (di cui Elkann è presidente e consigliere) nella controllata Editrice La Stampa (presieduta dallo stesso John che siede anche in cda). L’operazione ha seguito quella varata a dicembre 2011 con il conferimento alla stessa Editrice del 100% della concessionaria pubblicitaria Publikompass in quota alla holding.

SINERGIE TRA LA STAMPA E RCS. Dal bilancio del gruppo sono emerse sinergie fra La Stampa e Rcs, finalizzate a risparmiare sui costi di produzione: è infatti stato firmato un accordo industriale con Rcs ha disposto dal 1 gennaio 2012 la produzione delle copie della Stampa per l’Italia settentrionale presso lo stabilimento Rcs di Pessano, e la produzione della giornalaccio rosa dello Sport per il Nordovest presso lo stabilimento La Stampa a Torino.

D’altra parte uno dei sogni nel cassetto di Elkann sarebbe quello di portare il direttore de La Stampa Mario Calabresi al vertice del Corriere della Sera; al posto di Ferruccio De Bortoli. Un sogno rimasto tale.

http://www.lettera43.it/attualita/yaki-l-e..._4367549588.htm

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Dove sono i gobbi a Torino?

http://www.ju29ro.co...i-a-torino.html

:sisi::(

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