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CRAZEOLOGY

Topic "C O M P L O T T O D I F A M I G L I A"

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GRANDI FAMIGLIE

Eredit

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COPERTINA

LUPI PER AGNELLI IN PIAZZA DEGLI AFFARI

di MASSIMO GIANNINI (Repubblica.it ECONOMIA & Finanza 10-10-2011)

art.scoperto grazie al blog "Guerin Sportivo"

Da qualche anno a questa parte, la famiglia Agnelli ha un rapporto difficile

con il mercato finanziario. Il famigerato caso dell

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Le Champagne Parisien

http://www.ju29ro.com/terzo-anello/3490-le-champagne-parisien.html

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Piccoli azionisti: come sempre parco buoi

http://www.ju29ro.com/tutto-juve/3431-piccoli-azionisti-come-sempre-parco-buoi.html

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Aumento di capitale Juventus: facciamo chiarezza

http://www.ju29ro.com/tutto-juve/3476-aumento-di-capitale-juventus-facciamo-chiarezza.html

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CASA AGNELLI | LA METAMORFOSI DI YAKI

Attenti a pensare a un John

fantoccio, ormai

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Immagine%202.jpg

Pi

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Ehi Raga... .pampam c'

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Alta Corte, uno schiaffo in faccia alla figc ! sefz

ROMA - Dall'Alta Corte uno schiaffo sonoro in faccia alla Federcalcio: l'ordinanza sulla questione radiazioni

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COPERTINA

MARCHIONNE

LA CONSOB E

L'ARTEFICE MAGICO

di MASSIMO GIANNINI (la Repubblica - ECONOMIA & Finanza 31-10-2011)

Vivo

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.penso

Forse Andrea ha bisogno di altri due figli, maschi.

E forse dovrebbe anche pensare a fare soldi e a rinforzare il suo pacchetto di azioni Exor.

.penso

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.penso

Forse Andrea ha bisogno di altri due figli, maschi.

E forse dovrebbe anche pensare a fare soldi e a rinforzare il suo pacchetto di azioni Exor.

.penso

Se John e Andrea con relative compagne hanno scelto quei nomi,

Lapo come potrebbe arrivare a chiamare uno dei suoi figli?

:huh:

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Se aveva un cane di nome "comodino", credo che siamo di fronte ad un professionista assoluto del cazzeggio. John e Andrea difficilmente potrebbero tenergli testa nel caso...

E poi il nome davvero strano tra quelli noti finora

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Edoardo_misteri_suicidio.jpg

Panorama n. 47 16 Novembre 2011 (pagina 30)

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IL GRUPPO PREVEDE RISULTATI IN CRESCITA.

NEI NOVE MESI L

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di Luca Telese | 27 novembre 2011

Fuori Thema, l’italiana fatta in Canada

Insomma, il proposito sarebbe lodevole. Peccato che la nuova ammiraglia di Marchionne sia stata appena demolita dalla stroncatura della più importante rivista del settore, Quattroruote. Un mensile non sospettabile di ostilità preconcetta: le sue leggendarie “prove su strada”, consultate come oracoli dagli automobilisti doc, sono un modello di equilibrio.

Certo, i ministri avrebbero potuto essere disorientati da alcuni articoli apparsi sui quotidiani. Persino un giornale non sospettabile di conflitti di interessi con la Fiat come Repubblica, che il 19 ottobre scriveva ispirato: “Arrivano le nuove Android car”. Che saranno mai? “Nella sala – scriveva Repubblica risplendono le due vetture dallo stile che mescola avveniristico e retrò, Dillinger e Blade Runner. Gioielli tecnologici con computer di bordo così sofisticati che tra qualche anno saranno in grado di guidarsi da sole”. Sorbole.

I cronisti ispirati, purtroppo, omettono di dire che la Nuova Thema è nata nel 2006. Perché altro non è che la copia “ripecettata” (con la sostituzione di calandra e marchi) della vecchia 300 C, una berlinona americana della Chrysler.

La recensione di Quattroruote, malgrado gli interessi in campo, è invece un esempio digiornalismo a schiena dritta: “Osservando con attenzione, si notano alcuni dettagli sottotono”. Quali? “La plancia è lussuosa, ma stona un po’ l’ampio spazio che la separa dai cassetti della porta”. Finito qui? Macché: “Le saldature a punti dei parafanghi posteriori, visibili a bagagliaio aperto, sono irregolari, al pari di quelle posteriori”. Possibile? Se il montaggio non è accurato, sì. Ma anche poco comprensibile in una macchina da 50 mila euro che dovrebbe rivaleggiare con Mercedes e Audi.

E i consumi? “Di media fa 9 km con un litro di gasolio”. Poco? In assoluto forse no, si risponde il recensore, Marco Ghezzi, “eppure l’Audi A6 3. 0 in condizioni analoghe, ma con il fardello della trazione integrale, consuma il 30 % in meno”. Caspita. E lo schienale? “Le sospensioni posteriori penetrano abbondantemente nel vano, e un marcato rigonfiamento della parte sottostante la cappelliera riduce l’altezza sfruttabile”.

E la tenuta di strada? “Siamo ancora lontani dal piacere di guida offerto dalle concorrenti tedesche di pari categoria”. E lo sterzo? “È un po ’ troppo pesante a bassa velocità e in manovra”. E l’abitabilità? “In genere lo spazio è abbondante, ma chi siede al centro viene infastidito dal mobiletto appoggiato sul tunnel di trasmissione”. E il design? “Inutile cercare richiami stilistici che riconducano la nuova Thema alle Lancia del passato, e, per la verità, nemmeno a quelle attuali”. Insomma, sia detto sobriamente, un bidone.

Un’ultima cosa. A Termini Imerese, spiegava un tempo Marchionne – come a Mirafiori, come alla Bertone – c’erano i migliori operai d’Europa. Ma la Thema che dovrebbe sobriamente scarrozzare i ministri ha un altro problema. Malgrado non lo scriva quasi nessuno, è fatta in Canada. Gli operai della Chrysler, al contrario dei nostri, hanno due governi che li proteggono. I nostri ne hanno uno che compra auto “italiane” fatte in un altro continente.

Il Fatto Quotidiano, 26 novembre 2011

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From Newsweek

Playboy Industrialist Lapo Elkann

Wants to Remake Italy's Image

Playboy industrialist Lapo Elkann vows to

rehabilitate Italy's image—just as he did his own.

di Barbie Latza Nadeau (Newsweek Nov 28, 2011 12:00 AM EST)

art.scoperto grazie a Christian Rocca

Sitting in his Milan studio at a sleek glass table made from the front half of

a Fiat 500 car, Lapo Elkann is a bundle of harnessed energy. The raffish

grandson of former Fiat chairman and style icon Gianni Agnelli, Elkann is the

quintessential Italian playboy who has slalomed a fine line between his

aristocratic lineage and his wild side (his untamable locks and boyish good

looks landed him on GQ’s list of the world’s 25 Sexiest Men last year).

Innately charming and surprisingly humble, he has what the Italians call

sprezzatura, the art of making elegance and intelligence so natural they seem

accidental.

At 34, the New York–born and Paris-bred Elkann has already reinvented himself

several times over. Six years ago, the aspiring industrialist ended up on the

front page of every Italian newspaper after nearly dying of a drug overdose.

The incident involved a slew of unseemly characters—including a 54-year-old

transvestite prostitute who ultimately saved Elkann’s life by calling an

ambulance. Elkann left Italy and cleaned himself up. He returned a year later

with the primary goal of revamping his reputation. Now he wants to do the same

for his country’s reputation.

“Italy is at a turning point where we have to prove ourselves

internationally. I think Italy has all the potential to do it if people can

just put aside all the bullshit and stick to what’s important for the nation, ”

says Elkann, one of a new generation of Italians who want to change the image

of their homeland from a European basket case, wedded to an outmoded “made in

Italy” business model, to an innovative competitor in the global marketplace.

“We need to hit ‘reset.’ There needs to be a generational change. I’m not

speaking about age, but about vision. If we understand and accept who we are,

we can do that.”

Widely viewed as one of Italy’s top creative-marketing talents, Elkann was

the driving force behind the success-ful relaunch of the Fiat 500 in 2007 for

the car’s 50th anniversary. Now he is hoping to give the same boost to Ferrari,

which is owned by Fiat SpA. Early in December, Elkann will join Ferrari

president Luca Cordero di Montezemolo in inaugurating the Ferrari Tailor Made

project, which will allow drivers to fully customize their

quarter-million-dollar sports cars. “Status is boring,” he says. “We want to

sell uniqueness. We want to allow our customer to build the product with us.

Real luxury is customization.” Buyers will be able to choose whatever paint

color, leather, and dashboard trim fits their fancy—so long as it adheres to

the overall Ferrari style. “We protect the values of the DNA of the brand

while letting our customers feel part of it, ” he says.

1322361853771.jpg

Lapo Elkann in Milan., Giorgio Barrera for Newsweek

Elkann definitely has his grandfather’s DNA. In 2002 he entered the family

business as assistant to Fiat’s institutional-relations director. He later

honed his skills working in the marketing divisions of Ferrari and Maserati at

the factories in Maranello and Modena, before going back to Turin and

eventually taking charge of worldwide brand promotion for the Fiat Group fleet,

which includes Fiat, Alfa Romeo, and Lancia. After the relaunch of the Fiat

500, Elkann left the family business, but he retains a majority stake in

Fiat’s parent company, Exor, together with his brother, John, and sister,

Ginevra.

In 2007 Elkann created his first company, a lifestyle brand called Italia

Independent. In addition to producing its own line of ready-to-wear fashion

and eyewear—including a pair of spectacular specs designed for Lady Gaga—the

firm teams up with other high-end brands to create limited-edition specialty

products, like the Alfa Romeo Brera Italia Independent, an

opaque-titanium-gray sports car with only 900 units produced for sale. Elkann

likes to boast about his team’s versatility, saying his handpicked designers

can work with anything from a 60-cent Bic lighter to a $40 million luxury

private jet. They are also adept at channeling his eclectic personality into

the products, mixing Italy’s noble traditions with quirky innovation. They

push the limits of design, Elkann says, pairing materials like harsh nylon and

carbon fiber with cashmere and linen. The company’s signature sunglasses, for

example, wrap sumptuous flocked velvet over a minimalist frame. “We don’t

break the rules like rebels,” he says. “We break the rules understanding the

best way to do so.”

Since starting their venture, Elkann and his partners have added a number of

new entities to the business, including a communications and advertising

agency called Independent Ideas, which helps other Italian companies recast

their images. In 2008, Elkann and Andrea Tessitore launched an umbrella group

called LA Holding, which serves as a business incubator and consulting group

for new ventures to be conceived, created, and styled in Italy. Just don’t

call them “made in Italy,” a term Elkann hates. “‘Made in Italy’ is from the

tycoons of the ’80s, not me,” he says. “It is people who represent an Italy

which I don’t belong to and I don’t feel a part of.”

Under LA Holding, Elkann’s business interests run the gamut from I Spirit

Vodka (“the first original Italian vodka”) to Sound Identity, a communications

firm that helps companies use music to define and enhance their brand image.

LA Holding’s portfolio will turn over €12 million in 2011—not bad for an

enterprise that Tessitore and Elkann hatched on a scrap of paper over dinner

in New York in 2006. “When you start a company during an economic crisis, you

need to be strategic in everything you do,” Tessitore says. “We have turned

the crisis into an opportunity.”

Elkann admits that he partly owes his current success to his past failures.

“I’ve had my slips,” he says. “I’ve had my ups and downs, and I don’t deny

them. I don’t leave people indifferent. I have a personality—good or bad, you

can like it or not, at least I’m straightforward. My destructive past both

forced me and allowed me to reach who I want to be. My inner self is now at

ease. I have many weaknesses, but I have one strength. When I do something, I

do it 300 percent. I’m not a middle man.”

1322361890069.jpg

Giorgio Barrera for Newsweek

Elkann admires this all-or-nothing attitude in others as well. His first job

was in the tough world of international diplomacy, as a personal assistant to

former U.S. secretary of state Henry Kissinger, whom Elkann describes as “a

driven man who has an intelligence few could dream of having.” Elkann says the

greatest lesson he learned from the elder statesman was how to read people. “I

learned the most important thing in the world from him, which is understanding

immediately who is sitting in front of you,” he says. “That is key in whatever

you do.”

It’s this tenet from Kissinger that inspires Elkann’s almost obsessive drive

to let customers get involved in designing his luxury products, as he is doing

with Ferrari Tailor Made. (It’s worth noting that each of his personal cars

and motor-scooters is customized, from his Scottish-blue Ferrari California to

his matte military-green Fiat 500.)

As part of the Agnelli clan, Elkann rubs shoulders comfortably with some of

the world’s biggest names. He’s become something of a star in his own

right—his sartorial flair has earned him a number of accolades, including

Vanity Fair’s 2009 Best Dressed Hall of Fame. He likes to pair his

grandfather’s classic tailored suits, which fit him perfectly, with T-shirts

and sneakers from Italia Independent. He sees nothing wrong with extravagance,

whether in bright hats or bold prints. His taste has been an inspiration to

other designers, including Tom Ford. “Lapo is the most stylish man on the

planet,” Ford said recently. “I mean ... wow. He’s got wacky-as-hell style,

but never looks foolish.”

Still, Elkann adamantly denies being a man of fashion. “I do not follow the

rules of fashion, and I don’t like to be considered a man of the world of

fashion,” he says. “I like to call it the style industry because we try to

work on taste.” He may be painstakingly stylish, but Elkann is also painfully

human, which is part of his appeal. He wears his mistakes as badges of honor,

and as reminders of the importance of perseverance. He thinks Italy can do the

same with its current crisis. “A new vision for this country will help it

overcome difficulty,” he says. “I hold hope that Italy can get back on track. ”

Take it from someone who knows.

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Dinastie Cambio di governance: il fondatore alla presidenza. Roncaglio nuovo amministratore delegato della holding

Andrea Agnelli, non solo Juventus

Utili e soci per il fondo di famiglia

Da Liberty ad assicurazioni ed energia, gli affari di Lamse

di MASSIMO SIDERI (CorSera 04-12-2011)

TORINO — A pochi passi da piazza San Carlo, a Torino, ci sono degli uffici di

Andrea Agnelli dove non entrano la Juventus, il calcio, la Fiat e nemmeno

l'accomandita, la Giovanni Agnelli & C. Sapaz. Sulla targa si legge Lamse,

fusione di La Mandria e Sestriere, due località che ritornano nella storia

della famiglia. Sono i suoi affari personali, suoi e della sorella Anna,

l'altra figlia di Allegra e Umberto Agnelli.

Lamse è una holding (il 51% è di Andrea, il restante 49 di Anna) con un'anima

da private equity sempre alla ricerca di start up. Se ne parla poco perché

rispetto al giro di affari a cui il cognome ci ha abituati questi potrebbero

essere definiti spiccioli. Solo indirettamente la holding ha fatto notizia,

soprattutto per gli investimenti fatti attraverso BlueGem, il fondo di private

equity gestito autonomamente dall'ex banchiere di Merrill Lynch, Marco

Capello. BlueGem è la società che sta tentando di diventare una sorta di

piccola Lvmh inglese, è che si è già aggiudicata dei gioielli come il negozio

londinese Liberty e i cappelli amati anche dalla famiglia reale, i Christys' Hats.

Ma, BlueGem a parte, Lamse ha operato anche direttamente investendo 4,5

milioni. La tentazione di definirlo il giocattolo dei due fratelli sarebbe

forte se non fosse che lo spirito con cui ci lavora Agnelli è diverso: si

capisce che è un progetto piccolo su cui punta molto. Nell'ultimo consiglio di

amministrazione che si è tenuto il 15 novembre, dopo quasi 5 anni di vita

silenziosa ma produttiva, si è deciso di tirare le prime somme. Partita con 20

milioni di euro messi da fratello e sorella la Lamse ne ha investiti in tutto

12. Con quel cognome avrebbero potuto raccogliere capitali ben più consistenti

senza problemi e partire subito con un grosso fondo di private equity. Ma

Agnelli ha preferito costruirsi prima un pedigree fatto di track record e

buoni investimenti. In maniera che il messaggio, quando e se si deciderà di

aprire ai soci esterni, sarà chiaro per tutti: nessun salottino tanto per dire

di lavorare con lui.

Contano i numeri. È nata nel 2007 e con il quinto anno quasi alla conclusione

Agnelli considera finita la fase uno. A confermarlo c'è il rinnovo della

governance con Andrea che è appena diventato presidente lasciando la poltrona

di amministratore delegato a Francesco Roncaglio, nel progetto fin dalle prime

battute.

Fino a oggi sono stati quattro gli investimenti decisi in questi uffici,

rispettando la regola aurea del vedine 100 e scegline una.

La prima è stata Katarsis Capital Advisors, una società di advisory

finanziaria nel settore delle Insurance Linked Securities, presa nel 2008,

praticamente in «culla», e ceduta ai soci fondatori in seguito all'ingresso,

nel corso dell'anno, di Azimut Holding. Il 2009 è stata la volta di Lucos

Alternative Energies che opera nel segmento del risparmio energetico, già

parzialmente ceduta a Terni Energia. «Tra i motivi della scelta di una holding

come forma societaria — spiega Roncaglio — oltre alla chiusura iniziale ai

soci terzi c'era anche la necessità di non avere i vincoli temporali tipici

del private equity. Entriamo nelle società per restarci tutto il tempo

necessario senza l'ansia del realizzo. Ma il settore è difficile da prevedere.

E così con i primi due investimenti, visto che se ne erano presentate le

condizioni e stavano mutando le condizioni iniziali, abbiamo scelto di

uscire». Oltre alla quota in Lucos resta l'investimento in Add Editore e

quello più grande in Nobis, compagnia di assicurazioni specializzata nel ramo

danni e nata dall'idea di Alberto Di Tanno, di Intergea, di unire

concessionarie e officine nella vendita delle polizze. Nuovi dossier sono sul

tavolo.

Ma con il primo bilancio in utile di un milione pre tasse Lamse dovrà ora

capire cosa vorrà fare da grande. Aprirsi ad altri azionisti? Tutte le opzioni

sono aperte. Ci stiamo ragionando fa capire Andrea Agnelli. Probabilmente con

Capello, che sta ingegnerizzando un nuovo fondo sul quale c'è grande attesa

nella City, ci potrà essere qualche ulteriore collaborazione. Ma senza

sovrapposizioni: Lamse continuerà a cercare in Italia dossier sotto i 10

milioni. BlueGem I e BlueGem II continueranno a scandagliare Londra e dintorni

dai 10 milioni in su.

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A pranzo con Elkann

di M. D. B. (l'Espresso n. 50 | 15 Dicembre 2011)

Martedì 29 novembre, trattoria al Moro, vicino a Fontana di Trevi. Il locale,

nel primo pomeriggio, non è affollato. L'ideale per un pranzo tranquillo. In

un angolo, John Elkann, presidente della Fiat, e Luigi Contu, direttore

dell'Ansa. Si corre con il pensiero alla girandola di direttori che, con

l'uscita di Augusto Minzolini dal Tg1, potrebbe mettersi in moto. Per la

successione è dato come favorito Mario Calabresi della "Stampa". Che Elkann,

nell'eventualità, abbia voluto sondare il numero uno della più grande agenzia

italiana?

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Se aveva un cane di nome "comodino", credo che siamo di fronte ad un professionista assoluto del cazzeggio. John e Andrea difficilmente potrebbero tenergli testa nel caso...

E poi il nome davvero strano tra quelli noti finora è Oceano. Leone e Baja, seppur non usuali, ci possono anche stare...

Q.E.D.

Il secondo nome del secondogenito di Andrea sarà mica un inno alla famiglia Agnelli?

Vediamo un po'...

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Appunto di FILIPPO FACCI (Libero 17-12-2011)

Giacomo, eddai

Non è gente normale. Il secondogenito di Andrea Agnelli è

stato chiamato «Giacomo Dai». Sì, Giacomo Dai. La

primogenita l'avevano chiamata Baya; in famiglia già

spiccavano Lupo, Lapo, Delfina, Oceano, e qualcuno temeva

Tonno, invece hanno scelto Giacomo Dai. Che fortuna. La

moglie di Totti, tempo fa, ironizzava sui nomi degli

Agnelli: lei è madre di Chanel, non avrebbe mai scelto

Giacomo Dai. Al limite Daje. Ma di un Agnelli, tanto, badi

solo al cognome, e comunque gli eccentrici si frequentano

tra loro. Il problema è la gente normale, quella che

deveripetere il nome al telefono o in coda alle Poste,

gente i cui genitori andrebbero arrestati: perché non puoi

chiamare tuo figlio Felice, se di cognome fai Mastronzo;

devi immaginare una vita passata a dire «piacere, Urino

Birra» oppure «Ciao, sono Tranquilla Dalle Palle». Tutti

nomi veri: Pino Silvestre, Luce Scala, Gustavo Lapasta,

Massimo Orgasmo. Esistono. Sono tra noi. A Napoli -

raccontava un avvocato - chi si chiama Żoccola sceglie

sempre di cambiare. Ma i genitori di Vera Vacca, Perla

Madonna e Benedetta Topa andrebbero internati: perché

l’hanno scelto, non sono come quei poveretti che hanno

cognomi doppi e immutabili: tipo Evacuo Bisognin, Cazzin

Mozzato e Sasso Pirla. E gli Agnelli? E Giacomo Dai? Eddai,

facciano come vogliono: noi siamo garantisti, non bisogna

prendersela coi genitori. Non prima di un regolare processo.

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La famiglia Agnelli e la Juve, una storia infinita

«L’eredità di Gianni e papà Umberto?

Grandi attese, grandi soddisfazioni»

di ALESSANDRO VOCALELLI & ANTONIO BARILLÀ (CorSport 24-12-2011)

TORINO - Andrea Agnelli presidente. Come papà Umberto e zio Gianni. Figure

carismatiche e paragoni insistenti, sottrarsi è pressoché impossibile: « Nella

mia famiglia c'erano nomi ricorrenti come Giovanni ed Edoardo: da ragazzino

ero contento perché Andrea ero solo io. Mio padre e mio zio hanno dato tanto

alla Juventus, hanno fatto sognare in ambito sportivo ed è bello ricordarli,

però cerco sempre di essere me stesso». Non c'è ombra di narcisimo o

supponenza, solo voglia di imprimere un'impronta personale e consegnare, al

limite, i confronti al futuro. Intanto, con un filo di malinconia, riconosce

che un confronto gli manca: « Quello sano e genuino con un padre. . . ».

DIFENSORE - Essere presidente della Juve e chiamarsi Agnelli può essere un

vantaggio oppure un peso, ma Andrea non ci bada più di tanto perché convive da

sempre con le due facce di un cognome prestigioso: « Hai privilegi ma anche

responsabilità, facilitazioni e complicazioni al tempo stesso. Le aspettative

sono sempre maggiori e per questo, però, le soddisfazioni più belle».

Finanziere e capitano d'industria predestinato, ha sognato come tutti di fare

il calciatore: « Credo che qualsiasi bambino voglia sollevare la Coppa del

Mondo. Non sono diventato un campione, però amo il calcio e ci gioco ancora:

difensore».

FANTASIA - Tra pochi anni, con la fantasia dei piccini, trasformerà il

giardino in stadio anche Giacomo, il figlioletto appena nato: « Se mi

piacerebbe diventasse un campione? E' giusto che i bambini seguano i propri

sogni: i papà e le mamme possono solo agevolarli. Non sarò io a indirizzarlo

al calcio oppure allo studio di medicina o filosofia. Certo, è importante fare

sport perché lo sport trasmette valori educativi, però la disciplina è

indifferente: volley o pallacanestro andrebbero bene lo stesso». Anche Giacomo

è un nome unico in famiglia: « Ne cercavamo uno italiano che ci piacesse, ma

con una pronuncia semplice nella traduzione inglese. E Dai, il secondo nome,

vuol dire Davide in gaelico».

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Scalata al «Corriere»

I grandi soci sono senza soldi

Duello Rotelli-Della Valle per Rcs

di NINO SUNSERI (Libero 24-12-2011)

Tornano rumori di guerra attorno al Corriere della Sera. A farli risuonare il

sito Lettera 43 diretto da Paolo Madron che su via Solferino (e non solo) è

sempre piuttosto ben informato. Le voci parlano di un aumento di capitale che

potrebbe mandare in crisi il parlamentino dei grandi soci che governa la casa

editrice. Un patto composto da 17 azionisti molto potenti e molto rissosi. A

far saltare gli accordi, come già “Libero” aveva anticipato, le perdite delle

controllate spagnole. Lo sbarco a Madrid è stato un errore fin dall’inizio. È

stato effettuato proprio nel momento in cui il Paese, dopo anni di crescita

impetuosa, aveva cominciato a perdere quota. Da allora non si è più ripreso

così come i conti di Rcs. Ora il punto di svolta. Già nel commento ai conti

dei primi nove mesi, il consiglio d’amministrazione aveva segnalato le

criticità. Non a caso le perdite complessive erano arrivate a 25 milioni

contro il sostanziale pareggio dell’anno precedente.

Ora le voci. Si parla di una svalutazione di seicento milioni della

partecipazione in Spagna. Un colpo mortale per una società, come Rcs, già

gravata da un miliardo di debito (acceso in gran parte per finanziare la

spedizione a Madrid). L’eventuale aumento di capitale sconvolgerebbe gli

equilibri. Sia quelli di mercato (scarsamente immaginabile una partecipazione

massiccia della Borsa all’operazione) sia all’interno del parlamentino.

Delicato per Banca Intesa o Mediobanca giustificare l’investimento in un

giornale mentre lesinano le risorse per l’economia. Complicato immaginare

Sergio Marchionne, sempre più americano, che impegna risorse Fiat per una casa

editrice italiana. Fuori gioco, per definizione, Ligresti.

Alla fine gli unici che sembrano avere la voglia e la disponibilità per

mettere le mani al portafoglio sono Giuseppe Rotelli, re della sanità in

Lombardia, e Diego Della Valle. Entrambi, finora, sono stati tenuti sulla

corda dagli altri componenti del patto. Rotelli, pur essendo il principale

azionista, è stato tenuto fuori dal parlamentino. Il patron della Tod’s, dal

canto suo, ha più volte dichiarato l’intenzione di accrescere la sua

partecipazione del 5%. Con risultati modesti. Bazoli lo ha fermato con una

formula magica: fino al 2014, scadenza del parlamentino non si tocca nulla. La

necessità dell’aumento di capitale potrebbe anticipare i tempi.

Contemporaneamente dovrebbe partire una gigantesca riorganizzazione. L’area

periodici (altra zona critica dopo la Spagna) verrebbe ridimensionata

tagliando testate e personale. Un cambio anche al vertice: fuori il presidente

Piergaetano Marchetti. Al suo posto l’attuale amministratore delegato,

Antonello Perricone.

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Agnelli Elkann: per l'operatore una nuova fase di sviluppo

Alpitour passa di mano per 225 milioni

Burgio verso la guida

Exor resta al 10% con Wise e J. Hirsch

di FEDERICO DE ROSA (CorSera 24-12-2011)

MILANO — Passa di mano Alpitour. Proprio alla vigilia delle vacanze natalizie

la Exor della famiglia Agnelli ha raggiunto l'accordo per cedere il controllo

del più grande tour operator italiano a due fondi private equity. Si tratta di

Wise Sgr e J. Hirsch & Co., entrambi italiani a dispetto del nome, che per

un controvalore di 225 milioni di euro hanno rilevato il 100% di Alpitour. La

vendita consente a Exor di iscrivere una plusvalenza di 140 milioni in

bilancio, parte della quale sarà reinvestita nella società a cui i due fondi

conferiranno il tour operator.

La holding della famiglia Agnelli fa dunque un passo avanti nella strategia

di semplificazione del portafoglio partecipazioni, senza però lasciare del

tutto il settore turismo. Si unirà infatti alla cordata guidata da Wise Sgr e

J. Hirsch & Co, affiancando gli altri fondi che hanno partecipato

all'operazione, tra cui Network Capital Partners. La holding torinese avrà il

10% della nuova società-veicolo a fronte di un corrispettivo di 10 milioni di

euro e «potrà pertanto beneficiare pro quota di eventuali incrementi di valore

della società» ha spiegato una nota diffusa da Exor. «L'accordo crea le

premesse per aprire un nuovo capitolo nella storia dell'Alpitour — ha

commentato il presidente, John Elkann —. Abbiamo accompagnato per quasi

vent'anni la crescita del gruppo turistico con un progetto che ha portato alla

conquista della leadership nazionale. Ora si può aprire una fase di ulteriore

sviluppo e di evoluzione, attraverso una nuova iniziativa imprenditoriale

italiana, a cui siamo felici di dare il nostro sostegno».

I nuovi azionisti proseguiranno con il rilancio della società, che ha chiuso

il 2010 con 1,3 miliardi di euro di fatturato e un margine operativo di 50

milioni di euro. Non sarà però Daniel John Winteler a portare avanti il

progetto. Il manager, arrivato nel 2006 dall'Ifil per raddrizzare i bilanci

del tour operator, rimarrà presidente pro tempore poi, secondo indiscrezioni,

dovrebbe lasciare il timone a Gabriele Burgio, ex numero uno del colosso

alberghiero spagnolo Nh Hoteles, a cui Wise e J. Hirsch hanno chiesto di

guidare Alpitour.

In base all'accordo siglato ieri Exor riceverà subito 210 milioni e altri 15

milioni successivamente, comprensivi di interessi. È inoltre previsto che al

momento della cessione del pacchetto, subordinata ad alcune condizioni

sospensive tra cui il via delle banche finanziatrici, la cordata di fondi

riconosca a Exor un'integrazione del prezzo legata al risultato economico

raggiunto da Alpitour. Il closing è previsto per il primo trimestre del 2012.

___

La holding che controlla Fiat trova l´accordo con Wise Sgr e J. Hirsch per 225 milioni

Exor vende Alpitour ai fondi

agli Agnelli plusvalenza da 140 milioni

di STEFANO PAROLA (la Repubblica 24-12-2011)

TORINO- Le parti si erano date tempo fino alla fine dell´anno per chiudere e

così è stato: ieri l´Exor ha ufficializzato la cessione di Alpitour a due

fondi di private equity che fanno capo a Wise Sgr e a J. Hirsch & Co. e che

godono dell´aiuto di alcuni soci finanziari, tra cui Network Capital Partners.

Il prezzo? È quello ipotizzato nelle scorse settimane: 225 milioni di euro,

per una plusvalenza di 140 milioni nei conti della finanziaria della famiglia

Agnelli-Elkann.

La somma arriverà quasi tutta in un colpo solo, perché la società veicolo con

cui i fondi compreranno il più grande tour operator italiano verserà 210

milioni subito e 15 in un secondo momento. In più, spiega Exor in una nota, è

prevista «un´integrazione del prezzo legata al risultato economico che sarà

ottenuto dagli investitori al momento della cessione del pacchetto di

maggioranza». Nel capitale di questa società creata per l´acquisizione

figurerà anche la holding degli Agnelli, che acquisterà una quota del 10% per

10 milioni. L´operazione, che ha come advisor Paul Hastings, si concluderà nel

primo semestre 2012, subito dopo il via libera delle autorità competenti e la

chiusura dei finanziamenti bancari (circa 100 milioni) chiesti da Wise,

J.Hirsch e soci. A quel punto Alpitour cambierà per la terza volta padrone. La

famiglia Isoardi l´aveva fondata a Cuneo nel 1947 come piccola agenzia di

viaggi. Gli Agnelli ne avevano acquistato un primo 30% nel 1992 ed erano

gradualmente saliti fino al 100% nel 2001.

«L´accordo crea le premesse per aprire un nuovo capitolo nella storia di

Alpitour» commenta il presidente e ad di Exor John Elkann. Che spiega:

«Abbiamo accompagnato per quasi vent´anni la crescita del gruppo turistico con

un progetto che ha portato alla conquista della leadership nazionale. Ora si

può aprire una fase di ulteriore sviluppo e di evoluzione, attraverso una

nuova iniziativa imprenditoriale italiana, a cui siamo felici di dare il

nostro sostegno». I fondi di private equity prendono in mano un´azienda che ha

in corso un processo di razionalizzazione. Tra le novità potrebbe esserci

l´uscita dell´ad Daniel Winteler, sostituito da Gabriele Burgio ex presidente

di Nh Hoteles. Continua la protesta di circa 200 dipendenti cuneesi per il

trasferimento della sede a Torino.

___

LA HOLDING GUIDATA DA JOHN ELKANN VENDE IL GRUPPO TURISTICO

Alpitour a due fondi private

Exor incasserà 225 milioni

di MARCO SODANO (LA STAMPA 24-12-2011)

La scorsa primavera, all’assemblea Exor che gli ha conferito le deleghe

operative, John Elkann nella nuova veste di amministratore delegato (sommata a

quella di presidente) era stato chiaro: nel futuro della holding, spiegò, c’è

«una semplificazione del portafoglio».

Ieri è arrivato un passo importante nel processo di snellimento: Exor ha

raggiunto l’accordo sulla vendita di Alpitour al termine di una lunga sessione

di negoziato nella notte tra giovedì e venerdì. Elkann, insomma, porta agli

azionisti un risultato importante in termini operativi. E lo fa con

un’operazione nella quale gran parte del capitale è italiano, un modo per

sottolineare che con il business del turismo spesso evocato come ricetta per

tirare fuori il paese dal pantano dell’economia in affanno - si possono fare

buoni affari.

La società sarà ceduta per un controvalore totale di 225 milioni. Gli

acquirenti sono due fondi di private equity facenti capo a Wise sgr e J.

Hirsch & co. All’operazione partecipano altri soci finanziari tra i quali c’è

Network capital partners. Gli acquirenti effettueranno l’operazione attraverso

un veicolo societario costituito e opportunamente capitalizzato - proprio per

l’acquisizione.

Exor incasserà un corrispettivo pari a 210 milioni, a cui si aggiungerà un

prezzo differito di 15 milioni. L’intesa prevede anche un’integrazione del

prezzo legata al risultato economico che verrà ottenuto dagli investitori al

momento della cessione del pacchetto di maggioranza. La transazione

determinerà per Exor una plusvalenza nel bilancio separato di circa 140

milioni. La cifra è considerevole, d’altra parte l’investimento è stato fatto

nel lungo periodo, secondo lo stile della casa: lo stesso Elkann ha

sottolineato che l’investiment’operazione Alpitour è partita quasi vent’anni

fa.

Non si tratta, tra l’altro, di un addio. La stessa Exor, infatti, acquisterà

una quota pari al 10% del veicolo societario per un ammontare di 10 milioni, e

potrà pertanto beneficiare pro quota di eventuali incrementi di valore della

società. La chiusura dell’operazione - che è subordinata ad alcune condizioni

sospensive, (il via libera da parte delle autorità competenti e la chiusura

dei finanziamenti bancari da parte dell’acquirente) - è prevista nel corso del

primo trimestre del 2012. Nell’operazione Exor è stata seguita per gli aspetti

legali da Paul Hastings.

Soddisfatto il presidente e amministratore delegato di Exor John Elkann.

«L’accordo cessione di Alpitour - ha commentato - crea le premesse per aprire

un nuovo capitolo nella storia della società. Per quasi vent’anni abbiamo

accompagnato la crescita del gruppo turistico con un progetto che ha portato

alla conquista della leadership nazionale. Ora si può aprire una fase di

ulteriore sviluppo e di evoluzione, attraverso una nuova iniziativa

imprenditoriale italiana, a cui siamo felici di dare il nostro sostegno». La

quota del 10% non comporterà comunque una partecipazione di Exor alla gestione

della società. Va letta, piuttosto, come una volontà della holding di seguire

i primi passi del nuovo gruppo, il segnale del sostegno di cui ha parlato

Elkann.

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Joined: 14-Jun-2008
11014 messaggi

Nel mistero la scelta di Lapo come presidente

Il Mauto cambia nome

ora si chiama Agnelli

di MARINA PAGLIERI (la Repubblica - Torino 30-12-2011)

Il Mauto si chiama da ieri «Museo nazionale dell´Automobile Avvocato Giovanni

Agnelli». L´assemblea dei soci che si è riunita nella sede dell´assessorato

alla Cultura del Comune - con Braccialarghe nel ruolo di vicepresidente - ha

approvato infatti il rinnovato statuto, che prevede, in apposito articolo, il

nuovo nome. Al precedente dedicatario, Carlo Biscaretti di Ruffia, restano le

targhe sul Centro congressi e l´area didattica e un busto nell´atrio. I soci,

tra i presenti Virginia Tiraboschi per la Regione, Filippo Pralormo per la

Fiat, Piergiorgio Re per l´Aci, hanno approvato il bilancio preventivo per il

2012 e si sono dati appuntamento per fine gennaio, quando verrà nominato il

consiglio di amministrazione. Si saprà allora anche chi sarà il presidente, o

meglio se sarà confermata la candidatura già avanzata di Lapo Elkann.

Il quale era già stato visto in quel ruolo quando, a marzo, aveva accolto da

«padrone di casa» il presidente Napolitano, all´avvio delle celebrazioni dei

150 anni e dell´inaugurazione del Mauto. Ora sulla nomina c´è il massimo

riserbo. Dagli uffici di corso Unità d´Italia fanno sapere che i contatti con

il secondogenito di Margherita Agnelli si sono allentati, in quanto questi

vive per lo più all´estero, tra Londra e New York. Il fatto però che il museo

sia ora ufficialmente dedicato al nonno fa pensare alla presidenza del nipote

come assai probabile. A fine gennaio sarà anche nominato il direttore:

l´ipotesi più concreta parrebbe la riconferma di Rodolfo Gaffino Rossi.

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