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andrea

È morto Giussy Farina

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Rossi alle buste sfilato alla Juve

Gloria a Vicenza

Declino col Milan



di Germano Bovolenta · 23 apr 2025

 

Una vita nel calcio Giussy Farina è morto ieri a 91 anni. Il suo nome è legato soprattutto al Lanerossi Vicenza e al riscatto miliardario di Paolo Rossi, ma anche al Milan pre-Berlusconi 


Si è spento Giuseppe Farina, detto Giussy. Aveva 91 anni. Viveva in una “struttura”, una comunità religiosa del Veronese. È stato un controverso e chiacchierato uomo di calcio. E non solo. Era nato a Sorio di Gambellara (Vicenza) il 25 luglio 1933. Quattro matrimoni, sette figli, presidente del Milan e di altre undici società. La sua vita è stata un burrascoso romanzo. Lo chiamano Giussano Farina, è figlio di piccoli proprietari terrieri. Il nome Giuseppe Antonio è troppo lungo e allora diventa Giussano. Troppo lungo anche quello, in famiglia inventano il vezzeggiativo Giussy. Sarà Giussy per tutti, a scuola, con le ragazze, all’Università e nel “balon”. Si laurea in Giurisprudenza. Gli piace la terra. La sua, tanta e bella. Le paludi, la caccia, le anatre e gli svaghi. Cresce bene, diventa un uomo affascinante. Si fa crescere i baffi, qualcuna dice: è bello come Amedeo Nazzari. È un “Gaucho”. Lo chiamano in tanti modi, poi diventerà il presidente. “No, paron no. Non gavevo i schei”, dirà sornione. Proprietario di Padova, Vicenza, Audace, Valdagno, Legnago, Schio, Rovigo, Belluno, Rovereto, Modena, Palù. E, ovviamente, del Milan. Dodici società, dodici squadre. Un tourbillon infinito di acquisti, cessioni, buste, movimenti, fughe in avanti e pure indietro. Vorrebbe comprare anche il Verona e il Venezia, non ce la fa. Dirà: «Dopo 35 anni di calcio, i riflessi un po’ si appannano».


Matrimoni
Si sposa molto giovane, a 23 anni, nel 1956 con la contessa Carla Rizzardi, veronese, ricca agraria. «Io ero un bovaro e lei una nobile. Il contadino e la contessa», dirà scherzando. Avranno sei figli: Francesco, Manuela, Michele, Ida, Giulia e Paola. Venticinque anni di matrimonio, poi il divorzio. Si risposa con Gabriella Casini, vedova, nasce Marisol. Diciassette anni insieme. In Spagna conosce Dujna Adcock, australiana, trent’anni meno di lui. L’unione supera la crisi del settimo anno, ma non ce la fa ad arrivare all’ottavo. Rottura. Poi a 75 anni, l’ultimo matrimonio, con Luciana Gaspari (scomparsa nel 2012), conosciuta a Verona alla Tomba di Giulietta. «Sono sempre stato un uomo romantico. In amore e nel calcio».


Le buste

Gioca un po’ al calcio, non benissimo. In difesa, terzino nella squadra di San Giorgio in Braida. Tifoso tiepido, segue il Verona Hellas. Nel 1960 è vicepresidente del Vicenza. Poi presidente, poi “el paron” del Real Vicenza e il “papà” di Paolo Rossi. Per Pablito va “alle buste” con la Juventus e diventa il riscatto più clamoroso (ed esoso) della storia di quegli anni (1978-79). Rossi è il capocannoniere. Gianni Agnelli chiama Farina a Torino. Si squadrano, l’Avvocato dice: «Vogliamo Rossi, subito». Farina: «Me lo lasci un altro anno, poi ve lo ridò». «No, adesso». «Allora andiamo alle buste», s’inalbera Farina. Giussy scrive 2 miliardi 600 milioni e 510 mila lire. Farina è conosciuto come un contadino furbo. Vediamo cosa scrive la Juve... Boniperti mette “solo” 850 milioni. Rossi resta al Vicenza. «È stato bello, è stato un sogno, ma siamo andati in B, pieni di debiti», si consolerà il “povero” Giussy. Pablito dopo una tappa (da dimenticare, a Perugia) torna alla Juve, diventa Campione del Mondo in Spagna con Bearzot ecc. ecc.


L’acquisto

E Farina? Si compra il Milan. Da un suo racconto: «Nel 1982 ero a tavola con mio figlio Francesco e alcuni amici al Principe di Savoia, a Milano. Entrò Felice Colombo, uno dei proprietari del Milan. E disse: “Basta, sono stufo della squadra. Se trovo qualcuno che mi dà tre miliardi, gliela tiro dietro. Avevo accanto a me Carlo Bonfante, ragioniere in pensione di Isola della Scala, mio contabile di fiducia. Gli dissi: ragioniere, scriva che accetto l’acquisto del Milan per tre miliardi di lire. E feci spedire una raccomandata”». In realtà pare che Farina abbia poi sborsato soltanto due miliardi di lire. Pare.


Quelle battute

Il matrimonio rossonero, celebrato nel gennaio 1982, dura fino al 1986. Anni difficili, con polemiche, problemi, alti e bassi, giocatori balordi, retrocessione. E il sarcasmo di Peppino Prisco: «Il Milan è andato due volte in B. Una a pagamento e l’altra a gratis». Quella con l’esordiente Farina. Non bene. Ma Giussy, simpatico e ironico, furbo e spaccone, si rialza, veleggia, fa movimenti e ridà un po’ di sangue. La società non è un modello, ma si arrangiano. Giussy piace alla stampa e diverte con le sue battute. «Non sono come quelle di Boniperti, ma mi difendo». Che aveva detto Boniperti di Farina? «La cosa che mi piace più di tutte di lui? Quando fa le battute. La cosa che mi piace meno?
Quando fa le battute».

 

“Prendilo tu”

Le battute vere però sono sul campo.
D’arresto. E in società, con i debiti che aumentano. Si arriva alla crisi e alla cessione. Entra in scena Silvio Berlusconi, interessato ad acquistare quote e ad appianare i debiti. Giussy va a trovare Silvio e gli dice:
«Prendilo tu». Il
Cav risponde: «Ah, come ti invidio quella bella testa di capelli neri». Comunque, dopo battaglie e sparatorie (a livello di titoli sui giornali), Berlusconi si accolla i debiti.
Pare, dicono, ma non si è del tutto sicuri, per 13 miliardi di lire. Oggi 15 milioni e mezzo di euro. Farina dirà:
«Potevo salvarmi vendendo Franco Baresi alla Sampdoria per 15 miliardi di lire. Non l’ho fatto. Gli ho lasciato il Milan, Milanello e tutti giocatori. Baresi, Costacurta, Tassotti e Maldini. Un bel valore, no?».


Qui giace un mona

Giussy Farina è arrestato per un reato non proprio eclatante: mancato versamento di quattro mesi di Irpef. Lui commenterà sarcastico: «Il Cagliari non l’aveva mai pagata e la Lazio l’aveva evasa per anni». Alcuni anni fa scherzava: «Sapete cosa vorrei che ci fosse scritto sulla mia epigrafe?“Qui giace un mona”». E rideva: «No, non sono stupido. Come imprenditore, penso di non esserlo stato. Nel calcio però mi sono fatto rifilare certi pacchi... Se avessi ancora qualche scheo, non c’è giocatore per cui oggi andrei alle buste, come con Paolo Rossi. Piuttosto mi piacerebbe comprare una bella chiesa per i miei funerali».


 

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