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Walter Sabatini

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4036 messaggi


di Andrea Pugliese ROMA · 31 mar 2025

 

Un insod­di­sfatto perenne. Per­ché la sua natura è que­sta, quella di chi non si sa accon­ten­tare ma guarda sem­pre al pros­simo tra­guardo. Ecco, tra un mese — il 2 mag­gio - Wal­ter Saba­tini com­pirà 70 anni e sarà un altro pas­sag­gio dal via, un altro momento da vivere inten­sa­mente con la sua pro­fon­dità d’animo.
► Sabatini, che regalo si aspetta per i 70 anni?
«Nes­suno. Regali e auguri mi imba­raz­zano. Ma una cosa c’è: l’auto­per­dono, per il senso di colpa che mi tor­menta da sem­pre. Spero di sve­gliarmi pre­sto con un senso di distacco. Lo devo alla mia fami­glia, per la mia vita negli ultimi anni. La mia perenne insod­di­sfa­zione nasce dal fatto che so che avrei potuto fare di più e non ho timore di smen­tita».
► Il suo bilancio però non è ancora definitivo...
«Sono ancora moti­va­tis­simo a fare que­sto mestiere. Ma farò come George Cloo­ney, a 70 anni mi dimet­terò da un certo mer­cato, il voler pia­cere alla gente o alle donne, nella vita ci vuole dignità e decoro. Ma non mi dimetto dal cal­cio, lì non c’è cura».
► Tra una bella donna e una squadra cosa sceglie?
«La squa­dra. Ma da costruire, non fatta, che possa creare una spe­ranza. Per­ché il cal­cio non è di alle­na­tori, ds o cal­cia­tori, ma pro­prietà esclu­siva della gente. Il nostro mestiere è rega­lare feli­cità alle per­sone. Il gol di Orso­lini a Vene­zia, per esem­pio, è gioia, anche per chi non sa nulla di cal­cio».
► Ma il Bologna ce la fa a tornare in Champions?
«Sì, è forte e lo merita. Ita­liano è bravo, ha can­cel­lato i vizi anti­chi, non ha più pro­blemi di equi­li­brio. Poi ci sono i gio­ca­tori e la strut­tura. Hanno una difesa solida e un cen­tro­campo che ti ammazza. Il vero colpo è stato recu­pe­rare Freu­ler, con lui gio­cano tutti meglio. Lo sviz­zero è da Juven­tus o Inter, non so per­ché l’Ata­lanta lo abbia lasciato andare».
► La gioia che l’ha fatto sentire più vivo?
«Il record delle dieci vit­to­rie con­se­cu­tive con la Roma mi ha esal­tato. Mi sono sen­tito a mio agio, un regalo alla gente. C’era da poco Rudi, mi “pren­de­vano per il c**o” tutti. Ricordo i mes­saggi: “Abbiamo preso il ser­gente Gar­cia”. Ma ero sicuro che avrebbe fatto bene e ho avuto ragione».
► Quella era una Roma fortissima.
«Totti stava bene e faceva la dif­fe­renza, poi un cen­tro­campo irri­pe­ti­bile: Stroot­man, De Rossi, Naing­go­lan, Pja­nic e Keita. Che gio­ca­tore Sey­dou: un capo tribù, ti guar­dava con lo sguardo del capo e nes­suno osava con­trad­dirlo. E in campo era cat­tivo, non sba­gliava mai una scelta».
► Quando Nainggolan arrivava al campo sopra le righe?
«Lo man­davo a pren­dere fuori dal recinto, poi doc­cia e caffè. Avevo un addetto solo per que­sto, dedi­cato a lui e Mai­con. Quante bugie mi ha detto Radja, a me e a se stesso. Ma è un bra­vis­simo ragazzo, anche se smi­dol­lato. Gio­ca­tore impa­reg­gia­bile, i suoi tac­kle sci­vo­lati hanno fatto la scuola del cal­cio».
► C’erano Alisson e Salah: storia del Liverpool.
«Alis­son è ancora incaz­zato con me, non ha mai capito. All’ini­zio l’ho pro­tetto, doveva miglio­rare nei posi­zio­na­menti e nella let­tura delle par­tite. E poi i por­tieri bra­si­liani qui li abbiamo sem­pre bru­ciati tutti. Gli pre­fe­rivo Szc­ze­sny per que­sto e lui non lo accet­tava. Su Salah vi voglio dire invece una cosa. A volte non ho preso un gio­ca­tore per­ché dopo averci cenato capivo che era un cre­tino. Con Salah è stato tutto l’oppo­sto. Andai a Lon­dra 3-4 volte, lo incon­travo dopo le 19 per il Rama­dan, quando poteva bere. E mi sono tro­vato davanti un uomo vero, pieno di valori, pronto al sacri­fi­cio».
► E quando andò a Sarajevo a prendere Dzeko?
«È stata dura soprat­tutto per Mar­tina, che è un suo amico di fami­glia. Ci siamo visti a Trie­ste, in 7-8 ore di mac­china l’ho intos­si­cato con le siga­rette. Fuma anche Sil­vano, ma un conto è una siga­retta e un altro morire in una nube tos­sica. Dzeko è il falso nove per eccel­lenza: un po’ dieci e un po’ nove».
► Nico Lopez invece lo teneva nascosto in albergo.
«Era un ratto al Nacio­nal. Grande gio­ca­tore, esordì con un gol su pal­lo­netto al Cata­nia. Ma la per­so­na­lità in campo si scon­trava con l’uomo. Nico aveva un pro­blema, non si spo­gliava con gli altri. Mai saputo per­ché, nono­stante gli agguati che gli facevo per capire. Psi­che inde­ci­fra­bile, come Rado­n­jic. Un feno­meno vero, ma scon­clu­sio­nato. A 16 anni già deva­stato nella testa: beveva, faceva tardi, aveva la camera a Tri­go­ria ma a volte lo hanno tro­vato a dor­mire fuori, sulla
pan­china».
► Perché il suo più grande errore è stato lasciare l’Inter?
«Avevo discusso con Zhang, cose che suc­ce­dono. E invece con le dimis­sioni man­cai di rispetto a un’intera tifo­se­ria. E non si perde una squa­dra come l’Inter così, non me lo per­do­nerò mai».
► E il ricordo della sua Lazio?
«In Cham­pions con un gruppo di ragazzi presi a con­di­zioni loti­tiane, tra pre­stiti e sca­denze. Anche lì cen­tro­campo mera­vi­glioso: Lede­sma cen­trale, Muta­relli e Mudin­gayi mez­zali, Mauri tre­quar­ti­sta. Cam­pio­nato incre­di­bile, con due punte top: Pan­dev e Roc­chi».
► Il giocatore che avrebbe voluto avere con sé?
«L’unico vero grande ram­ma­rico è Rabiot, tutta colpa di sua madre, Vero­ni­que. L’anno prima il Psg mi aveva dato più di 30 milioni per Mar­qui­n­hos, non potevo por­tarlo via a zero. Quando lei lo ha saputo è impaz­zita. Odiava il Psg, ma forse voleva pure i soldi dell’inden­nizzo, oltre ai 3 milioni di com­mis­sione. Ricordo Mas­sara che tra­du­ceva, ma si ver­go­gnava di river­sarle tutti gli insulti che le dicevo».
► Motta ha fallito alla Juve. Se lo spiega?
«A Bolo­gna aveva gio­ca­tori asser­viti al pro­getto, in un con­te­sto fami­liare. Appena ha avuto una voce fuori dal coro, è sal­tato tutto. Un alle­na­tore non deve essere sim­pa­tico ai gio­ca­tori ma deve saperci comu­ni­care. E non solo con gli ordini».


 

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Joined: 14-Jun-2008
15785 messaggi

eh beh centrocampo irripetibile e giocatore impareggiabile :ahbeh:

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Joined: 04-Apr-2006
135156 messaggi

Completamente d'accordo

 

Motta ha fallito alla Juve. Se lo spiega?
«A Bolo­gna aveva gio­ca­tori asser­viti al pro­getto, in un con­te­sto fami­liare. Appena ha avuto una voce fuori dal coro, è sal­tato tutto. Un alle­na­tore non deve essere sim­pa­tico ai gio­ca­tori ma deve saperci comu­ni­care. E non solo con gli ordini».

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Joined: 28-Mar-2025
22 messaggi

Personaggio particolare, "ruspante". 

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