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Nanu Galderisi

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Joined: 01-Jun-2005
3989 messaggi

«Ero Nanu, ma alla Juve sono diventato grande
Le mie imprese più belle? A Verona e a Padova»


di Furio Zara · 26 mar 2025


Quando giocava Nanu Galderisi rubava il singhiozzo all’allegria. Aveva la rapidità di esecuzione di un ghepardo. Nel vanity-kit di cortesia che aveva avuto in dotazione da Madre Natura custodiva la vocazione al guizzo improvviso. Suppliva alla bassa statura con una tenace arroganza tecnica, piedistallo di tutti i suoi gol. 121 gol ufficiali in carriera, 38 in Serie A.
► Galderisi, c’è un giorno speciale in cui la sua storia ha inizio.
«14 febbraio 1981, il giorno degli innamorati. (Ride) Vorrà dire qualcosa, no? Juventus-Milan 3-2, tripletta mia. Avevo diciassette anni, tre mesi prima avevo debuttato in A e qualche gol l’avevo già fatto. Quella domenica mi marcava Andrea Icardi, in raddoppio Franco Baresi e Collovati. Alla vigilia ero con la Primavera al torneo di Viareggio, mi richiamò il Trap».
► Che Juve, quella Juve.
«Mi giravo a destra e c’era Bettega, a sinistra Zoff, più in là Tardelli e Cabrini, e Scirea, Gentile, Furino. Sono cresciuto in una Juve dove non ti insegnavano soltanto a giocare a pallone, ma a stare al mondo. Il Trap mi diceva: “Nanu, stai schiscio”, mi stimava e voleva che rimanessi con i piedi per terra».
► Dove nasce Nanu?
«Era il soprannome di un mio conterraneo, Francesco Della Monica, che mi ha preceduto alla Juve, ma quando arrivai lui andò in prestito allo Junior Casale. Così i compagni cominciarono a chiamare me Nanu. Per l’altezza e perché gli somigliavo, anche nel trattare il pallone. Al mio soprannome ci sono affezionato. Se mi chiamano Nanu mi giro, se invece dicono Giuseppe mi chiedo: vogliono me?».
► La chiamava Nanu anche l’Avvocato Agnelli?
«Certo, quando arrivava a Villar Perosa con l’elicottero mi voleva sempre vicino a sé. Con l’Avvocato mi sentivo tutelato e protetto».
► Il suo nome è legato allo scudetto del Verona: quarant’anni fa, era il 1985.
«Il calcio per me è un album di facce. E allora vedo le facce di Bagnoli e Mascetti, i due veri artefici di quell’impresa. Persone vere, umili, leali. E poi vedo i compagni di quella squadra favolosa. Nella chat ho scritto: “Unici e per sempre. Siamo come fratelli”. Giocavamo un 3-5-2 elastico, Tricella libero, Fanna all’ala, Marangon terzino offensivo, Di Gennaro regista, Briegel un carroarmato. Tutti fortissimi. Ed Elkjaer, un matto vero. È stato il mio compagno d’attacco ideale».
► Lei è stato uno dei primi acquisti di Berlusconi.
«Era l’estate del 1986, mi disse: “Se lei viene al Milan vinceremo tutto”. Aveva una visione, ha cambiato il calcio. Una sera, nel giardino di un albergo a Barcellona dove eravamo in tournée, prese sottobraccio me e Donadoni e per mezz’ora, camminando, parlò solo lui, ci spiegò perché e per come il Milan sarebbe diventata la squadra più forte del mondo. Noi ascoltavamo incantati. Devo dirlo: tutto quello che ci prefigurò poi si è avverato».
► Ma lei rimase al Milan una sola stagione: le è dispiaciuto non fare parte di quella grande squadra che stava nascendo?
«Lo dico in tutta sincerità: oggi, quando mi guardo indietro, penso che tutto quello che è successo, di bello e di brutto, ha avuto un senso e ha fatto di me l’uomo che sono. Certo, sarebbe potuta essere una bella storia, ma non la mia».
► Poche settimane prima aveva giocato da titolare il Mondiale in Messico.
«Bearzot puntò su di me e alla fine mi disse che avevo giocato un gran torneo. Uscimmo agli ottavi, con più fortuna si poteva andare avanti».
► In un anno il Mondiale, il Milan, la Lazio in B: che parabola è stata?
«La vita è strana. Quella al Milan fu una stagione storta, così Galliani mi diede in prestito alla Lazio. Quell’anno segnai un solo gol, ma sa la cosa incredibile? I tifosi mi hanno sempre sostenuto. Ancora oggi l’affetto è tanto, significa che hanno apprezzato l’uomo».
► A proposito di uomini: quali sono stati quelli decisivi nella sua carriera?
«Ne cito due. Vincenzo Campione, cui voglio molto bene: mi scoprì ragazzino e a 13 anni mi portò alla Juventus. E Giampiero Boniperti, che mi tirava le orecchie e mi caricava. Mi parlava come si parla a un figlio: un animo nobile, d’altri tempi».
► A 26 anni, dopo aver vissuto sull’onda la prima vita, lei scelse il Padova e la Serie B. E visse una seconda giovinezza.
«Basti dire che a Padova i tifosi mi hanno votato come giocatore del secolo. Dovevamo salire in A, ce l’abbiamo fatta».
► E in A nel 1994 l’uomo copertina era un americano.
«Andai a prendere Alexi Lalas all’aeroporto. Arrivò con i jeans rotti, i capelli lunghi e rossi, la chitarra a tracolla, la bandana. Ragazzo speciale, intelligente come pochi. E divertentissimo. Le racconto questa: un giorno a Bresseo facciamo la solita partitella, lui la perde, si incazza, così esce dal campo, infila il cancello e se ne va per strada dei Colli di Padova, vestito com’era, con le scarpe da calcio e i calzoncini corti, con le macchine che gli sfilavano accanto. Andammo a riprenderlo io e Nino Nunziata, l’attuale ct dell’Under 21. Niente, Lalas non ne voleva sapere di salire: andò a casa a piedi».
► Lei allena da ormai venticinque anni: che bilancio fa di questo percorso?
«Sono soddisfatto di quello che ho seminato, meno di quello che ho raccolto. Qualche stagione è andata male, sono subentrato spesso a campionato in corso, ma tutto è servito. Ora sono fermo ma sotto contratto con la Gelbison. Ho un ottimo rapporto con il presidente Maurizio Puglisi, che pure mi ha esonerato: ma così va il calcio, lo sappiamo. E faccio il tifo perché la Gelbison salga in Serie C». 


 

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Joined: 18-Oct-2008
2410 messaggi

Che uomini che c'erano una volta. 

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Joined: 24-Jun-2006
22556 messaggi

Esordio da titolare e tripletta al Milan

Modificato da Arminius

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Joined: 18-Jun-2007
9625 messaggi

A Padova lo ricordiamo sempre con grande stima e affetto. 

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Joined: 04-Apr-2006
135034 messaggi

 

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