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Antonio e Luca Percassi

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Joined: 01-Jun-2005
3751 messaggi

La mia DEA
«Ecco lo stile Atalanta parliamo chiaro ai giocatori Così è stato con De Ketelaere gli abbiamo detto: fidati di noi»


Di Daniele Dallera Fabio Finazzi e Riccardo Nisoli · 24 gen 2025

 

Gasperini È arrivato a Bergamo grazie a Preziosi, le tensioni si superano perché ci vogliamo bene Koopmeiners Ha sbagliato, volevamo restasse. Poi ci ha detto che gli dispiaceva, ma questo non cambia nulla Le 800 partite Vorrei rivivere il 3-0 contro il Liverpool e poter rigiocare l’ultima contro il Napoli


Il primo assegno, Antonio Percassi, 71 anni, non lo ha staccato ma lo ha ricevuto dall’Atalanta. Prima di diventarne due volte presidente e di raggiungere martedì sera in Champions, grazie alla goleada (5-0) con lo Sturm Graz vista Barcellona, l’invidiabile record di 800 partite e 350 vittorie, è stato, non ancora ventenne, a libro paga del club: arcigno difensore, tutta la trafila nelle giovanili, esordio in prima squadra. «Era un assegno di 700 mila lire. A me sembrava una cifra pazzesca. Presi il pullman per tornare da Bergamo a Clusone, in Val Seriana, dove sono nato. Ero terrorizzato dalla paura di perderlo. Arrivato a casa mia mamma mi gelò: “Cós’ét facc? L’ét robàt?” (cosa hai fatto? L’hai rubato?). Mi fece piangere. Era spaventata. Non parliamo dei miei fratelli, tipici muratori bergamaschi, sani e forti. Come, arriva qui il ragazzino, l’ultimo della famiglia, con tutti questi soldi? C’è qualcosa che non va…».
Eh sì, ma il bello doveva ancora venire. Antonio racconta in Sala Albertini, al Corriere della Sera: ha accettato di ripercorrere, in un’intervista collettiva a tutto campo, questa incredibile storia che lo ha portato alla guida della holding Odissea, 12 mila dipendenti in tutto il mondo, e dell’Atalanta, arrivata a vincere e a farsi ammirare in tutta Europa. Al suo fianco il figlio Luca, amministratore delegato del club. Insieme formano un ticket unico, anche nella governance: socio di maggioranza americano, il gruppo di Stephen Pagliuca, e gestione in piena autonomia rimasta nelle mani dei Percassi. Con tanto di scintillante stadio all’inglese appena ristrutturato a km zero: «Ci hanno lavorato solo aziende bergamasche».
Ormai Percassi vuol dire Atalanta, come Armani vuol dire moda: siete una griffe.
Interviene Luca: «Tutto è cominciato quando fu ceduto al Cesena. Ha conosciuto Luciano Benetton e, giovanissimo, ha smesso di giocare. Se penso a dove è arrivato… Ha fatto cose straordinarie, papà: dove ora c’è Oriocenter, per dirne una, c’erano solo campi incolti». Antonio sorride divertito: «Siccome non ero un fuoriclasse e mi rompevo le scatole a fare il difensore, perché allora con certi avversari dovevi picchiare anche duramente, decisi di fare l’imprenditore.
Benetton mi propose di aprire un negozio. Si chiamava Tomato, fu un successone. Anche perché regalai le magliette con la scritta Tomato a tutti i giocatori dell’Atalanta…».
Il suo primo esperimento di marketing. Quanto l’esperienza del calciatore ha aiutato quella dell’imprenditore?
«Tantissimo: nel settore giovanile c’erano persone che prima di tutto mi hanno educato, avviato alla vita. È lo stesso metodo che usiamo oggi con i ragazzi. Le famiglie che vengono da noi lo sanno e si fidano».
Quindi esiste uno stile Atalanta?
«Sì. E oggi Luca ne è il principale artefice».
Bene Luca, allora ci dica cosa fa quando arriva un calciatore che non capisce lo stile Atalanta.
«I principi sono quelli di Zingonia: rispetto e dedizione al lavoro. Vale prima di tutto per i ragazzi, anche se le dinamiche sono sempre più complesse: sono assediati dai procuratori fin da piccoli. Ma vale
anche per la prima squadra». Ci faccia un esempio.
«Ne faccio uno in positivo: Charles De Ketelaere. Ha avuto un impatto perfetto già dal primo giorno. È arrivato all’alba e fino alle 5 del pomeriggio ha avuto intorno una miriade di agenti e consulenti: ne abbiamo contati 13, una cosa mai vista. Lui stava zitto e ascoltava. Finché gli abbiamo detto: “Charles ti fidi di noi?”. “Sì”. “Allora firma se no non arriviamo mai in fondo”. E lui ha firmato. Ecco, noi abbiamo bisogno di ragazzi così».
Con Koopmeiners però non è stato un gran finale…
Antonio e Luca, quasi in coro: «Koop ha sbagliato proprio atteggiamento. Pensare che a inizio stagione avevamo l’ambizione di confermare tutti i top. E lui ha scansato perfino la finale di Supercoppa Uefa con il Real. Non c’era bisogno che arrivasse a tanto. Quando abbiamo incontrato la Juve è venuta a dirci che era dispiaciuto. Sì, però gliel’abbiamo detto chiaro: hai sbagliato! È anche un fatto di gratitudine».
Gasperini è il miglior interprete dello stile Atalanta?
Antonio: «Gli anni parlano per lui, ha battuto tutti i record».
Stabiliamo una verità storica: fu veramente sull’orlo dell’esonero il primo anno?
«Non era una situazione 
facile. Perse le prime 4 partite su 5. Aveva contro tutta la città e i tifosi. A un certo punto decisi di parlare alla squadra: “Non azzardatevi a pensare che mandiamo via lui. Lui è qui e continuerà a starci. Vedete di darci retta, altrimenti mandiamo via voi”. Guarda caso vinciamo la partita con il Crotone... E da lì inizia la risalita».
Perfetto esempio di sliding doors…
«Beh, anche il suo ingaggio fu un po’ particolare. Ci chiama Preziosi e insiste per vederci a cena. Lo portiamo da Vittorio e per tutta la sera non capiamo dove vuole andare a parare. Prima di congedarsi ci dice: ho un allenatore della Madonna da proporvi! Era Gasperini, ancora sotto contratto con il Genoa. Il dubbio ci venne: questo vuole tirarci un pacco. E Pozzo, a cose fatte, ci prendeva in giro: bell’amico Preziosi. Invece lo abbiamo dovuto ringraziare».
Ha avuto proposte serie in questi anni?
Luca: «La Roma ha avuto ambizioni importanti».
E il Napoli?
«Mah, è sembrata più un’operazione mediatica».
Gasperini, calcisticamente parlando, è un genio, non ci piove. Ma non ha un carattere facile… Ci sono momenti faticosi?
Antonio: «Ormai ci conosciamo. Sono situazioni che capitano in una famiglia. Ci vogliamo bene e le superiamo». Luca, sorridendo: «Sì, ma tu hai la fortuna di venire solo il giorno del pre-partita quando è tutto bello, tutto tranquillo…». Antonio, ridendo: «Già e la settimana magari è stata un po’ vivace…».
Resterà ancora a lungo. Ma prima o poi dovrete affrontare il «dopo-gasperini». L’idea vi spaventa?
Antonio: «No».
E Luca chiosa: «In fondo un giorno, è inevitabile, ci sarà anche
un dopo-Percassi».
Lei è vicepresidente della Lega: com’è il clima?
«Io penso che dovremmo puntare a stare più uniti e valorizzare il calcio italiano, secondo solo alla Premier. Tra l’altro possiamo contare sulle eccellenze del Paese più bello del mondo. Sapete che certe squadre, durante il sorteggio Uefa, sperano di venire a Bergamo perché offriamo il catering di Vittorio (tre stelle Michelin, ndr)? Quando è arrivato il Real Florentino Pérez ha detto ad Ancelotti: “Carletto, si mangia da Vittorio”. E lui: “Il miglior ristorante d’italia”. Si è creato una tale empatia con mio papà che Florentino gli ha tenuto la mano stretta tutto il tempo».
Mercato di gennaio: se intervenite, in quale reparto?
«In attacco, come chiede Gasperini. Ma deve valerne la pena».
A fine stagione come farete a trattenere Lookman?
«Faremo di tutto. Ma non deve restare controvoglia. In fondo abbiamo sostituito Zapata, Muriel, Gomez...».
Presidente, la parola scudetto abbinata alla Dea si può pronunciare?
«Io penso che porti pure un po’ sfortuna. Al massimo si può dire: speriamo che…».
Certo che 800 partite sono tante: quale, a parte Dublino, vorrebbe rivivere e quale vorrebbe rigiocare?
«Vorrei rivivere il 3-0 di Liverpool, una partita fantastica in uno stadio incredibile. Uscendo dal campo i tifosi avversari hanno applaudito a lungo i nostri ragazzi, vi rendete conto? Mi sono detto: ecco, questa è la vera essenza del calcio. La partita che vorrei rigiocare invece è molto recente: il 2-3 con il Napoli. Meritavamo almeno il pareggio. Ma certi errori si pagano… Proprio non mi è andata giù».

 

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Joined: 01-Jul-2016
1332 messaggi
Il 24/01/2025 alle 13:11 , andrea ha scritto:

 il calcio italiano, secondo solo alla Premier.

 

 

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