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andrea

intervista ad Andrea Lorentini

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3434 messaggi

 


Di Paolo Tomaselli · 13 nov 2024

” Lavoriamo nelle scuole: un conto è lo sfottò tra tifosi, ma il dileggio per 39 morti è una grave mancanza di rispetto
Andrea Lorentini, presidente dell’associazione delle vittime della strage dell’Heysel, domani l’italia gioca nello stadio, rimodernato, dove il 29 maggio 1985 morirono 39 tifosi prima di Juve-Liverpool, finale di Coppa dei Campioni. I tempi sono maturi per parlare di una tragedia nazionale?
«Sì, non è stata solo una tragedia di parte: oltre ai tifosi juventini, a un fotografo di Reggio Emilia e a 7 stranieri, quanti sanno che sono morti anche tre interisti?».
Oggi ci sarà una commemorazione davanti alla lapide dell’heysel con il presidente Gravina, Spalletti e Buffon. In pochi ricordano anche che la Nazionale ha ritirato la maglia 39 in memoria dei caduti.
«Sì, allora abbiamo ringraziato molto il presidente Tavecchio per la sensibilità, come oggi facciamo con Gravina. La prima cerimonia si svolse nel 2015».
Era la prima volta all’Heysel per lei?
«No, fu nel 2005 per il ventennale: una sensazione straniante. Mio nonno Otello, che ha istituito l’associazione dopo la strage, raccontò a me e a mio fratello la dinamica degli incidenti. Il luogo è stato ricostruito, ma la morfologia dell’impianto non è così diversa. E quella sensazione non si cancella».
La storia di suo padre Roberto resta unica. Forse in tanti non la ricordano più.
«Lui era già salvo, ma ha scelto di gettarsi nella calca per salvare un bambino e mentre gli praticava la respirazione bocca a bocca è stato travolto. Da medico ha sacrificato la sua vita ed è un esempio che portiamo ai giovani nelle scuole: anche in un momento così drammatico c’è la speranza di un gesto positivo ed eroico. Lui ha vissuto fino alla fine per aiutare gli altri e la medaglia d’argento al valore civile è una testimonianza per tutti».
Il ricordo
come si tiene vivo?
«Con diversi progetti di educazione civico-sportiva: la memoria fine a se stessa rischia di finire nel pietismo, noi cerchiamo di riempirla di contenuti sul fair play».
Chissà se i tifosi della Fiorentina si ricordano che Otello era un grande tifoso viola
ed era all’Heysel solo per accompagnare il figlio.
«Qualcuno lo saprà, qualcuno farà finta di non saperlo. Lavoriamo tanto nelle scuole proprio per fare un po’ di cultura sportiva. Un conto è lo sfottò tra tifosi, ma il dileggio per la morte di 39 innocenti è una grave mancanza di rispetto e un vulnus di educazione civica».
Ci sono ancora cori e striscioni persino sulla strage di Superga del 1949. La strada
sembra lunga, non trova?
«Sì, ma nel nostro piccolo se riusciamo a far riflettere uno-due ragazzi a ogni incontro e a educarli a un tifo sano e corretto, è già un successo. Anche se mi rendo conto che sono gocce nel mare».
Il rapporto con la Juve come si è evoluto?
«C’è sempre stata una mancanza di memoria fin da subito e non siamo mai arrivati alla piena condivisione della vicenda, per cui noi facciamo il nostro percorso: la logica adesso è proprio quella di elevare la tragedia da vicenda di parte, con i morti e lo scalpo del nemico, a una tragedia europea e italiana».
Lei è stato molto critico con Boniperti.
«Lui aveva necessità di dare un valore sportivo a quella Coppa, l’unica che mancava nella sua parabola di presidente. Per noi si fa fatica a dare un significato sportivo a un trofeo che si è giocato con 39 cadaveri a bordo campo. Per la Juve, più si parlava della tragedia e più quella Coppa perdeva di significato».
È assodato però che si è giocato per limitare i danni.
«Sì, è un elemento chiave. Mio nonno era a bordo campo accanto al cadavere di mio padre e pensava fossero matti a giocare. Ma poi anche in sede processuale è stato ricostruito che fu fondamentale disputare la partita per tenere tutti dentro lo stadio, mentre i carrarmati dell’esercito venivano chiamati per garantire il deflusso. Ma non era più un evento sportivo».
Per il quarantennale farete qualcosa assieme alla Juve?
«Con Andrea Agnelli ci siamo incontrati per iniziare un rapporto diverso, ma non ci siamo pienamente riusciti. E con la nuova dirigenza non sappiamo se potremo aprire un nuovo capitolo: preferisco non sbilanciarmi».
La maglia 39 della Juve è mai stata ritirata?

"Non mi risulta"
 

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Joined: 26-Jul-2006
3486 messaggi
Il 13/11/2024 alle 19:37 , andrea ha scritto:

 


Di Paolo Tomaselli · 13 nov 2024

” Lavoriamo nelle scuole: un conto è lo sfottò tra tifosi, ma il dileggio per 39 morti è una grave mancanza di rispetto
Andrea Lorentini, presidente dell’associazione delle vittime della strage dell’Heysel, domani l’italia gioca nello stadio, rimodernato, dove il 29 maggio 1985 morirono 39 tifosi prima di Juve-Liverpool, finale di Coppa dei Campioni. I tempi sono maturi per parlare di una tragedia nazionale?
«Sì, non è stata solo una tragedia di parte: oltre ai tifosi juventini, a un fotografo di Reggio Emilia e a 7 stranieri, quanti sanno che sono morti anche tre interisti?».
Oggi ci sarà una commemorazione davanti alla lapide dell’heysel con il presidente Gravina, Spalletti e Buffon. In pochi ricordano anche che la Nazionale ha ritirato la maglia 39 in memoria dei caduti.
«Sì, allora abbiamo ringraziato molto il presidente Tavecchio per la sensibilità, come oggi facciamo con Gravina. La prima cerimonia si svolse nel 2015».
Era la prima volta all’Heysel per lei?
«No, fu nel 2005 per il ventennale: una sensazione straniante. Mio nonno Otello, che ha istituito l’associazione dopo la strage, raccontò a me e a mio fratello la dinamica degli incidenti. Il luogo è stato ricostruito, ma la morfologia dell’impianto non è così diversa. E quella sensazione non si cancella».
La storia di suo padre Roberto resta unica. Forse in tanti non la ricordano più.
«Lui era già salvo, ma ha scelto di gettarsi nella calca per salvare un bambino e mentre gli praticava la respirazione bocca a bocca è stato travolto. Da medico ha sacrificato la sua vita ed è un esempio che portiamo ai giovani nelle scuole: anche in un momento così drammatico c’è la speranza di un gesto positivo ed eroico. Lui ha vissuto fino alla fine per aiutare gli altri e la medaglia d’argento al valore civile è una testimonianza per tutti».
Il ricordo
come si tiene vivo?
«Con diversi progetti di educazione civico-sportiva: la memoria fine a se stessa rischia di finire nel pietismo, noi cerchiamo di riempirla di contenuti sul fair play».
Chissà se i tifosi della Fiorentina si ricordano che Otello era un grande tifoso viola
ed era all’Heysel solo per accompagnare il figlio.
«Qualcuno lo saprà, qualcuno farà finta di non saperlo. Lavoriamo tanto nelle scuole proprio per fare un po’ di cultura sportiva. Un conto è lo sfottò tra tifosi, ma il dileggio per la morte di 39 innocenti è una grave mancanza di rispetto e un vulnus di educazione civica».
Ci sono ancora cori e striscioni persino sulla strage di Superga del 1949. La strada
sembra lunga, non trova?
«Sì, ma nel nostro piccolo se riusciamo a far riflettere uno-due ragazzi a ogni incontro e a educarli a un tifo sano e corretto, è già un successo. Anche se mi rendo conto che sono gocce nel mare».
Il rapporto con la Juve come si è evoluto?
«C’è sempre stata una mancanza di memoria fin da subito e non siamo mai arrivati alla piena condivisione della vicenda, per cui noi facciamo il nostro percorso: la logica adesso è proprio quella di elevare la tragedia da vicenda di parte, con i morti e lo scalpo del nemico, a una tragedia europea e italiana».
Lei è stato molto critico con Boniperti.
«Lui aveva necessità di dare un valore sportivo a quella Coppa, l’unica che mancava nella sua parabola di presidente. Per noi si fa fatica a dare un significato sportivo a un trofeo che si è giocato con 39 cadaveri a bordo campo. Per la Juve, più si parlava della tragedia e più quella Coppa perdeva di significato».
È assodato però che si è giocato per limitare i danni.
«Sì, è un elemento chiave. Mio nonno era a bordo campo accanto al cadavere di mio padre e pensava fossero matti a giocare. Ma poi anche in sede processuale è stato ricostruito che fu fondamentale disputare la partita per tenere tutti dentro lo stadio, mentre i carrarmati dell’esercito venivano chiamati per garantire il deflusso. Ma non era più un evento sportivo».
Per il quarantennale farete qualcosa assieme alla Juve?
«Con Andrea Agnelli ci siamo incontrati per iniziare un rapporto diverso, ma non ci siamo pienamente riusciti. E con la nuova dirigenza non sappiamo se potremo aprire un nuovo capitolo: preferisco non sbilanciarmi».
La maglia 39 della Juve è mai stata ritirata?

"Non mi risulta"
 

Ricordare fa male, molto male, ma insistere a farlo, fa bene, molto bene.Anche se , visto l'andazzo negli stadi , non sembra vi siano molte orecchie

diposte ad ascoltare, nè molti cervelli disposti a rifletterci su. Comunque , Egregio Amico, insisitere, ripeto insistere.E grazie di tutto.

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