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GhigoTrieste

Donne Dilettanti per Legge in Italia

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DONNE DILETTANTI PER LEGGE IN ITALIA

Da Redazione Calcio Femminile Italiano 19 ottobre 2016

 

 

La legge n. 91 del 23 marzo 1981 vieta alle donne sportive italiane di diventare professioniste. Una vergogna che i governi (di ogni colore) si tramandono e la modifica di legge proposta dall’On. Valeria Fedeli dopo oltre 1 anno dalla presentazione non è stata ancora esaminata.
Con il debito pubblico che sale inesorabile sotto la disattenzione attiva dei nostri governanti, che si battono con la legge elettorale che a poco serve per ridare dignità ai governati, brilla vergognosamente l’impegno passivo del 30% di donne presenti al Senato e alla Camera verso i pari diritti del genere umano e soprattutto delle donne. Una vergogna per tutta la maggioranza di sinistra divisa tra il SI e il NO che continua ad ignorare una realtà da terzo mondo, a differenza di altri Stati membri UE, dove le donne dello sport possono conquistare, se capaci, il professionismo.

Consapevole che i problemi che toccano le donne sono ben altri e ai quali si sta facendo ben poco, mi chiedo come sia possibile che la maggioranza di governo con l’apporto di tutte le donne (si diceva che della politica maschilista e adesso che ci sono el donne?) facenti parte dell’opposizione non siano in grado di far passare una modifica di legge, giusta e doverosa, che non vuole il professionismo obbligatorio ma vuol implementare i principi di parità tra uomini e donne introdotti nella Costituzione.

Mi sorgono alcune riflessioni che ci tengo a sottoporvi e alla quali non riesco a darmi una risposta:
La Giustizia non dovrebbe essere uguali per tutti?
Quali interessi bloccano questa giusta modifica di legge?

Ecco perchè ritengo che la politica abbia terminato il suo corso, anzi abbia proprio fallito la sua missione…, proprio perchè troppo spesso non vengono apportate modifiche di legge giuste per tutti ma di interesse politico dettate dal sistema.
Questa mia protesta non è indirizzata al CONI o alle FEDERAZIONI ma allo Stato Italiano perchè è in primis una discriminazione di genere.
Le donne parlamentari ivi comprese le sindacaliste sportive e di categoria invece di fare la nazionale di calcio dovrebbero prendersi a cuore queste vicende in maniera ferma e decisa e opporsi al sistema ma non lo fanno o almeno io non ho mai visto in tv una parlamentare ch si prende a cuore queste problematiche.

Alcuni anni fa una squadra di basket femminile aprì una petizione per sollecitare i governanti verso questo problema ma si è fermata a circa 30.000 firme e nulla ha portato alla causa.
Un cittadino che è nato in una famiglia dove le donne sono sempre state innalzate per i loro meriti, come può accettare questa discriminazione di genere? e tutti gli sportivi uomini professionisti e le loro associazioni di categoria perchè non si fanno sentire bloccando i loro campionati e gare? Forse perchè “#chissenefrega”?

Facciamo un approfondimento.

Il disegno di legge presentato dall’Onorevole Valeria Fedeli al Senato in data 1 luglio 2015 con lo scopo di modificare la legge 23 marzo 1981, n. 91, per la promozione dell’equilibrio di genere nei rapporti tra società e sportivi professionisti, annunciata nella seduta ant. n. 477 del 2 luglio 2015, per poi lanciarla a conoscenza dei media con la conferenza stampa del 30 settembre 2015 presso la Camera dei Deputati e assegnata alla 7ª Commissione permanente che non ha ancora iniziato l’esame.

Ma cosa ha chiesto nel dettaglio l’ON. Fedeli?
L’iniziativa dei senatori FEDELI, IDEM, RANUCCI, DE PETRIS, BIGNAMI, AMATI, ANGIONI, BATTISTA, BERGER, BO*****O, CANTINI, D’ADDA, GUERRIERI PALEOTTI, Elena FERRARA, LO GIUDICE, MATTESINI, ORRÙ, PAGLIARI, FABBRI, PEGORER, PEZZOPANE, DI GIORGI, RICCHIUTI, LAI e VALDINOSI ha chiesto che…

1. Alla legge 23 marzo 1981, n. 91, vengano apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 2, primo comma, le parole: «sono sportivi professionisti gli atleti, gli allenatori, i direttori tecnico-sportivi ed i preparatori atletici» sono sostituite dalle seguenti: «sono sportivi professionisti gli atleti e le atlete, gli allenatori e le allenatrici, i direttori e le direttrici tecnico-sportivi ed i preparatori e le preparatrici atletici»;
b) all’articolo 2, dopo il primo comma, è aggiunto il seguente: «Qualunque sia la disciplina sportiva regolamentata dal CONI, è vietata qualsiasi discriminazione da parte delle federazioni sportive nazionali per quanto riguarda la qualificazione del professionismo sportivo in ambito femminile e maschile.»;
c) all’articolo 10 è aggiunto, in fine, il seguente comma: «Quando elementi di fatto, desunti anche da dati di carattere statistico relativi alle qualificazioni degli sportivi professionisti, alla costituzione e alla affiliazione delle società sportive, siano idonei a fondare, in termini precisi e concordanti, la presunzione dell’esistenza di atti, patti o comportamenti discriminatori in ragione del sesso, spetta alle federazioni sportive nazionali riconosciute dal CONI l’onere della prova sull’insussistenza della discriminazione.».

Una modifica che chiede al nostro Stato di concedere pari diritti e opportunità alle donne che praticano lo sport e venga concessa loro la possibilità di diventare professioniste.
Una legge non fa il professionismo ma porta la speranza alle donne che il loro sacrificio non serva solo ad arricchire il medagliere ma le permetta di fare sport come professione con tutti i diritti che ne conseguono.
Negli sport individuali le atlete più capaci possono diventare dipendenti delle forze di Stato (ottima iniziativa) mentre negli sport di squadra le nostre donne sono costrette a fare le dilettanti, studiando, lavorando e allenandosi con cadenza regolare, svolgendo in realtà una vita sportiva da professioniste ma senza diritti come per esempio l’assistenza sanitaria, contributi previdenziali e la maternità.

Di sicuro seguirò il consiglio del grande Einstein: “Il mondo è quel disastro che vedete, non tanto per i guai combinati dai malfattori, ma per l’inerzia dei giusti che se ne accorgono e stanno lì a guardare.”

 

https://www.calciofemminileitaliano.it/diritto-sportivo/donne-dilettanti-legge-italia/

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Professionismo Femminile, Tommasi: "Una Battaglia Sindacale, Non Federale"

 

 

Flavio Grisoli11 Luglio 2017
 

Giovedì scorso, 6 luglio, il presidente dell'AIC Damiano Tommasi, accompagnato dalla sua responsabile per il calcio femminile Katia Serra, quello per i rapporti istituzionali Fabio Appetiti e quella dell'Ufficio Legale Dilettanti Ilaria Pasqui, è stato audito presso la VII Commissione (Cultura) della Camera dei Deputati su una pluralità di testi di legge: parità di genere nello sport e professionismo femminile (prima firmataria l'On. Laura Coccia) e proprietà dei club professionistici (primo firmatario l'On. Attaguile). "Il calcio femminile in Italia - dice Tommasi nel corso della sua audizione informale presso la Camera - è sicuramente il settore che ha i margini di crescita maggiori e a livello mondiale il Campionato del Mondo in Germania del 2011 e le Olimpiadi del 2012 hanno dimostrato come il calcio femminile sia in espansione e quindi crediamo che nell'ambito della FIGC sia possible uno sviluppo importante. Per troppi anni, e qui facciamo un mea culpa anche come Associazione, il calcio femminile è stato ritenuto non meritevole, diciamo così, di attenzione riguardo un'eventuale espansione". Chiaramente per favorire l'espansione del calcio femminile, utilizziamo le parole di Tommasi, è necessario aumentare il numero delle tesserate. Tasto, questo, dolente: "Rispetto agli altri Paesi Europei sono numeri che fanno pensare. Ci sono ragazze che dedicano la loro intera giornata all'attività sportiva ma non sono inquadrate come professioniste per ragioni che conoscete meglio di me (rivolgendosi alla Commissione), riguardo alla Legge 91 sulla quale si sta cercando di mettere mano". Certamente, uno dei punti nodali è quello delle tutele: "Tante ragazze, di squadre di livello nazionale e anche della Nazionale, a 21, 23, o 27 anni di punto in bianco decidono di andare a lavorare al bar perché hanno più tutele rispetto alla società di calcio, meno precarietà. Stiamo cercando di costruire dei percorsi di conoscenza per le ragazze per far sapere loro quali sono le tutele a loro disposizione e un paio di anni fa abbiamo introdotto la possibilità di sottoscrivere accordi pluriennali, un escamotage per cercare di convincere le ragazze a rimanere nel mondo del calcio". Sicuramente, uno dei temi principali da affrontare è l'inquadramento di tutto il movimento femminile: attualmente, il Dipartimento Calcio Femminile fa parte della Lega Nazionale Dilettanti. "Questo secondo noi blocca molto lo sviluppo del calcio femminile", dice Tommasi, che poi sottolinea come l'elezione di Sara Gama prima a componente del Consiglio federale (l'organo decisionale della FIGC) e quindi a presidente della Commissione Sviluppo Calcio Femminile sia un segno di come ci sia l'intenzione di voler dare forte impulso alla crescita e alla visibilità del movimento. Un componente della Commissione, l'On. Valente (5 Stelle) fa notare come in realtà gli strumenti legislativi consentano alle singole Federazioni di "considerare" società o categorie di società professionistiche o meno. Tommasi sul punto risponde: "Sì, è così. Però non so se a livello di tutele passare al professionismo sia effettivamente un vantaggio. Questo lo dico specialmente riguardo al discorso pensionistico. E' vero che le Federazioni possono incidere sull'ambito femminile, perché è la Federazione che decide chi è professionista. Però quando una società diventa professionistica ha costi molto maggiori, e probabilmente da parte di molte società questo non è visto di buon occhio. L'ultima elezione - la riconferma di Tavecchio: Tommasi si era subito schierato con il suo avversario, Andrea Abodi - poi ha visto le società professionistiche e dilettantistiche far pendere l'ago della bilancia da quella parte. Quindi la battaglia è diventata quasi sindacale, non più federale. Sono abbastanza sicuro nel dire che attualmente la nostra Federazione non è pronta per sostenere il costo di un'operazione del genere, ma posso dire con altrettanta sicurezza che nel prossimo futuro lo sarà". 

Sono diversi gli spunti di riflessione che lascia l'intervento di Tommasi alla Camera (qui sotto forniamo il link al video completo dell'audizione grazie alla webtv del Parlamento): il primo sicuramente quando fa riferimento a Sara Gama. Indubbiamente la mossa di Tavecchio, soprattutto dal punto di vista mediatico è stata molto attenta da questo punto di vista. Ma al di là del contributo che possa dare o meno il terzino del Brescia e dell'Italia, il fatto che ai lavori di questa Commissione le società calcistiche e il Dipartimento Calcio Femminile possono partecipare solo come "ospiti" e non come soggetti attivi un po' lascia straniti, interdetti. Questo è un nodo che già in passato abbiamo avuto modo di sottolineare: se la FIGC si fa carico della Nazionale e delle strategie di sviluppo del movimento, sarebbe bene che si occupasse anche della struttura sportiva. Tutto ciò non ha assolutamente senso.

La stessa nomina di Gama, secondo Tommasi, è un segnale di come si voglia aumentare (o perlomeno provare a fare) la visibilità del movimento. Implicitamente, una sorta di "endorsement" a Tavecchio. Poi però, verso la conclusione del suo intervento, a proposito del professionismo e delle società, dice che queste ultime votando la riconferma di Tavecchio hanno fatto sì che la "battaglia" per il professionismo delle donne diventassse "sindacale" e non "federale". Come a dire che non era - e non è, evidentemente - uno dei temi da affrontare dalla attuale presidenza. Quale delle due versioni è vera? Quindi, per Tommasi la nomina di Gama è un segnale di cosa? Di un posto "di potere" assegnato all'AIC o un reale tentativo di includere in un processo di sviluppo organico del calcio femminile l'Associazione di Bassano del Grappa, comunque spesso incline a starsene sull'eremo visto che per per lungo tempo ha disertato le riunioni del Consiglio Federale?

E infine, cosa dobbiamo aspettarci dalla FIGC? Il calcio femminile non può essere sviluppato solo dal vertice (la Nazionale). Tommasi dice che la Federcalcio non ha le risorse per rendere professionistico il calcio femminile. Almeno una categoria. Dodici squadre, poche centinaia di persone. Tra il dire e il fare, come si dice, ci passa tantissimo: è cosa nota all'interno dell'ambiente (e lo sa anche Tommasi, appunto lo dice) di come le opinioni all'interno della Federcalcio siano molto divise - se non proprio divergenti - su come (e soprattutto "se") sviluppare il calcio femminile. E come (o "se") indirizzare delle risorse. E' arrivato il momento per Tavecchio di fugarli tutti questi "se", soprattutto adesso che nel femminile stanno scendendo in campo i calibri grossi. 

Guarda qui l'intervento di Tommasi alla Camera

 

http://www.professionesport.it/newsfemminile/3505-professionismo-femminile-tommasi-una-battaglia-sindacale-non-federale.html

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Giovedì 6 Luglio 2017 ore 13:30

 

COMMISSIONE CULTURA - Società sportive professionistiche, audizione Assocalciatori

 

Alle ore 13,30 la Commissione Cultura ha svolto l'audizione di rappresentanti di Assocalciatori, nell’ambito dell’esame delle proposte di legge C. 2202 Attaguile, C. 2707 Coccia e C. 4029 Brignone, recanti modifica all’articolo 10 della legge 23 marzo 1981, n. 91, in materia di proprietà e organizzazione delle società sportive professionistiche.

 

http://webtv.camera.it/evento/11513

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Terzo mondo.

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5 minuti fa, juv897 ha scritto:

Terzo mondo.

 

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Semplicemente non c'è nessuna società (a parte la nostra) che ha le disponibilità per sostenere i costi del professionismo femminile.

Le pallavoliste non sono professioniste nemmeno loro, però il giro d'affari che ha la pallavolo femminile fa passare tutto in secondo piano. I prblemi sono per quegli sport che se praticati da donne non hanno l'interesse del pubblico, non solo il calcio.

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Scommetti che se metti una regola che elimina o attenua in modo sensibile la tassazione nel calcio maschile, in un anno tutti avranno una squadra femminile? Il problema sono e lo è sempre stato, la tassazione in generale...

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Inviato (modificato)
3 ore fa, sempresoloforzajuventus ha scritto:

.bah...ma perché non si vuole investire e credere in questo movimento?

Perché la FIGC non si impegna seriamente nello sviluppo del calcio femminile?

La FIGC?????

Campa cavallo.

 

Sarebbe a dire, dovrebbero lanciare il calcio femminile gli stessi 4 politicanti di M***A che hanno dilapidato il vantaggio enorme che fino a inizio secolo aveva il movimento calcistico italiano.

Mentre questi bastardi pasteggiavano sulle spalle delle società, gli inglesi costruivano l'Impero calcistico attuale.

E a Roma-Milano-Napoli smantellavano con gioia e truffe nel 2006 l'unica società che teneva botta e aveva progettualità.

 

Per fare un parallelo traslato... come se le Williams oggi dominassero la F1 in lungo e in largo da un decennio.

 

Ragazzi, terzo mondo ripeto. Certi auspici, comprensibili in un sistema normale, da noi sono fantascienza.

Modificato da juv897

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Il 5/8/2017 alle 13:45 , juv897 ha scritto:

Terzo mondo.

 

.oddio .oddio

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Il 5/8/2017 alle 21:12 , sempresoloforzajuventus ha scritto:

Non capisco perché non si decidano a farlo...

 

siamo in itaglia, quante cose non si fanno e non si faranno mai.

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Tante voci, tante parole, ma nei fatti:

 

PER LEGGE IL MONTE INGAGGI PER LE DONNE NON PUO' SUPERARE I 

 

28000 €  LORDI all'anno mh.oddio

 

E' inutile fare paragoni perché sarebbero imbarazzanti e tra l'altro questa cifra è solo per poche elette... gli stipendi sono più bassi della cifra indicata e quindi molte di loro lavorano per giocare a calcio. Spero e non credo che questo sia il caso della Juventus, ma sarei curioso di sapere...

 

Kean, 17 anni credo abbia stipulato un contratto da 500mila l'anno per i prossimi tre anni.

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Il 5/8/2017 alle 14:54 , sempresoloforzajuventus ha scritto:

.bah...ma perché non si vuole investire e credere in questo movimento?

Perché la FIGC non si impegna seriamente nello sviluppo del calcio femminile?

Ricordi cosa disse il buon tavecchio sul calcio femminile?  Le considera 4 lesbiche che rompono le palle.... 

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35204 messaggi
20 ore fa, Barney Stinson ha scritto:

Ricordi cosa disse il buon tavecchio sul calcio femminile?  Le considera 4 lesbiche che rompono le palle.... 

Non lo disse Tavecchio, ma Belloli.

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PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
BRIGNONE, CIVATI, ANDREA MAESTRI, MATARRELLI, PASTORINO
Modifiche alla legge 23 marzo 1981, n. 91, in materia di promozione della parità tra i sessi nello sport professionistico
Presentata l'8 settembre 2016
Onorevoli Colleghi! — La parità di genere tra uomini e donne rappresenta un diritto fondamentale che deve innanzitutto essere messo in atto dalle istituzioni, includendo l'obbligo di eliminare ogni forma di discriminazione anche per quanto attiene allo sport. 
      In particolare, con la presente proposta di legge s'intende sopprimere le barriere tra sport maschile e sport femminile, favorendo un'equiparazione di trattamento nelle discipline sportive classificate professionistiche. 
      Il ruolo sociale dello sport nelle politiche europee e nell'ordinamento sportivo italiano deve garantire il diritto alla parità di genere, partendo dagli sport oggi considerati professionistici solo se praticati da uomini. 
      In Italia sono riconosciuti solo sei sport professionistici su sessanta discipline (calcio, golf, pallacanestro, pugilato, motociclismo e ciclismo). 
      La legge 23 marzo 1981, n. 91, recante «Norme in materia di rapporti tra società e sportivi professionisti», rappresenta in materia di sport professionistico la tutela e la valorizzazione dei lavoratori in ambito sportivo, ma segna le evidenti differenze di genere se si considera che, tutt'oggi, in Italia nessuna disciplina sportiva femminile è qualificata come professionistica. 
      Inoltre, la mancata qualificazione delle discipline sportive femminili come «professionismo» determina pesanti ricadute in termini di assenza di tutele sanitarie, assicurative, previdenziali, e di trattamenti salariali adeguati all'effettiva attività svolta. 
      Secondo l'articolo 2 della citata legge n. 91 del 1981 «sono sportivi professionisti gli atleti, gli allenatori, i direttori tecnico-sportivi e i preparatori atletici, che esercitano un'attività sportiva a titolo oneroso con carattere di continuità nell'ambito delle discipline regolamentate dal CONI e che conseguono la qualificazione dalle Federazioni sportive nazionali, secondo le norme emanate dalle Federazioni stesse, con l'osservanza delle direttive stabilite dal CONI per la distinzione dell'attività dilettantistica da quella professionistica». 
      Da ciò si evince la volontà di favorire e riconoscere esclusivamente gli sport praticati dal genere maschile, atteso che gli stessi sport riconosciuti professionistici per il sesso maschile sono praticati dal sesso femminile per il quale non si è avuta una specifica qualificazione da parte delle Federazioni sportive. 
      Il metodo di riconoscimento del lavoratore sportivo professionista è stato innovato con il decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 242, che ha ridimensionato il potere delle Federazioni, devolvendo al Comitato olimpico nazionale italiano (CONI) il compito di fissare, in armonia con l'ordinamento internazionale sportivo, i criteri della distinzione tra sportivo professionista e sportivo dilettante, assegnando a tale ente un potere al fine sia di creare un'omogeneità dei criteri distintivi sia di ridurre il contenzioso circa la qualificazione di talune tipologie di contratti di lavoro. 
      Esempio palese di distinzione tra atleti professionisti maschi e atlete dilettanti femmine che praticano la stessa disciplina sportiva è rappresentato dal gioco del calcio. Tuttavia, bisogna considerare che esistono discipline sportive qualificate come dilettantistiche dalle quali in realtà gli atleti, con la modalità della continuità e dei costi, traggono il loro sostentamento, senza che per questo possano essere formalmente considerati professionisti e quindi rientrare nella tutela accordata dalla citata legge n. 91 del 1981. 
      Poiché nessuna Federazione consente alle donne di accedere all'attività professionistica, oggi le donne atlete italiane che praticano sport e che dello sport fanno un lavoro sono costrette a esercitarlo da dilettanti nonostante lo stesso sport praticato dagli uomini sia considerato professionistico. Tale differenza rappresenta pertanto una palese discriminazione delle atlete. 
      La legge sul professionismo sportivo, infatti, divide la pratica sportiva in due categorie: attività sportiva professionistica svolta nell'ambito di società di capitali e attività sportiva dilettantistica praticata da atleti e da associazioni sportive dilettantistiche, cooperative e di capitali senza finalità di lucro. 
      Da ciò consegue che le atlete donne ricavano compensi molto inferiori rispetto ai colleghi atleti uomini. Inoltre, cosa non marginale, non hanno diritto a godere delle garanzie previdenziali, contributive e sanitarie previste dagli inquadramenti contrattuali. 
      La necessità di presentare una proposta di legge concernente iniziative per promuovere la parità di genere nel settore dello sport professionistico è dettata anche dalla mancanza di una piena adozione da parte del nostro Paese della Carta europea dei diritti delle donne nello sport. 
      La Carta rappresenta il primo tentativo per il riconoscimento e la rivendicazione delle pari opportunità di uomini e donne nello sport in ambito europeo e nello stesso tempo evidenzia una grave disparità tra uomini e donne impiegati nel settore dello sport, e quindi rileva la necessità di rimuovere le smisurate barriere culturali che impediscono il reale coinvolgimento delle donne nelle attività sportive in generale e in particolare nello sport professionistico. 
      La Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne (CEDAW), adottata a New York il 18 dicembre 1979 dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite e ratificata dall'Italia ai sensi della legge 14 marzo 1985, n. 132, prevede, in particolare agli articoli 10 e 13, che il diritto allo sport sia per tutti, senza distinzioni di genere. 
      Al fine di garantire la parità di diritti nello sport professionistico, occorre modificare la normativa vigente per eliminare la distinzione tra pratiche maschili e femminili nelle procedure di riconoscimento delle discipline di alto livello, chiedendo alle Federazioni nazionali di assicurare alle donne e agli uomini parità di trattamento, in quanto il dilettantismo «obbligato» alle atlete impedisce loro di usufruire della legge n. 91 del 1981 che regola i rapporti con le società, la previdenza sociale, l'assistenza sanitaria e il trattamento pensionistico.
 
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.

      1. Alla legge 23 marzo 1981, n. 91, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) l'articolo 2 è sostituito dal seguente:

          «Art. 2. – (Professionismo sportivo).  1. Ai fini dell'applicazione della presente legge, sono sportivi professionisti, senza distinzione di sesso, gli atleti, gli allenatori, i direttori tecnico-sportivi e i preparatori atletici, che esercitano l'attività sportiva a titolo oneroso con carattere di continuità nell'ambito delle discipline regolamentate dal Comitato olimpico nazionale italiano (CONI) e che conseguono la qualificazione dalle Federazioni sportive nazionali, secondo le norme emanate dalle Federazioni stesse, con l'osservanza delle direttive stabilite dal CONI per la distinzione dell'attività dilettantistica da quella professionistica.

          2. Per ogni disciplina sportiva regolamentata dal CONI è proibita qualsiasi forma di discriminazione di genere per quanto concerne la qualifica di atleta professionista da parte delle Federazioni sportive affiliate al CONI»;

          b) all'articolo 4, primo comma, dopo le parole: «conformemente all'accordo stipulato,» sono inserite le seguenti: «nel rispetto delle pari opportunità tra donne e uomini,»;

          c) all'articolo 10, primo comma, le parole: «con atleti professionisti» sono sostituite dalle seguenti: «con atleti e atlete professionisti».

 
https://parlamento17.openpolis.it/atto/documento/id/282816

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PROFESSIONISMO O DILETTANTISMO, NON BASTA UNA LEGGE!

Il CONI riconosce 6 sport professionistici su 60 discipline: calcio, ciclismo, golf, pallacanestro, pugilato e motociclismo. Una legge del nostro Stato blocca le donne al dilettantismo mentre il professionismo è ambizione per poche discipline maschili. Tra le associazioni di categorie che si battono per il riconoscimento sportivo delle donne brilla la maglia nera dell'AIC.

La legge n.91 del 23 marzo 1981 disciplina il professionismo solo per gli uomini: atleti, tecnico-sportivi e preparatori atletici.
Con il ddl AS 1996 per l’equilibrio di genere nello sport, l'Onorevole Valeria Fedeli sta cercando, invano, di assegnare alle donne il dovuto riconoscimento di atlete professioniste.
Ma che fine ha fatto - si chiede il sito calciodonne.it - il ddl AS 1996 ? dopo un anno dalla sua presentazione la cosidetta e famosa legge sul professionismo femminile non è stata ancora analizzata e tantomeno approvata. Una storia all'Italiana che ha suscitato la curiosità della nostra redazione che si propone un approfondimento sulla tematica che tanto interessa lo sport in rosa.


Cerchiamo intanto di scoprire perchè alcuni sport sono considerati professionistici e altri dilettantistici!
L'articolo 10 della legge 91 riporta che possono stipulare contratti con atleti professionisti solo società sportive costituite nella
forma di società per azioni o di società a responsabilità limitata, non è concesso alla ASD dilettantistiche. In deroga all'articolo 2488 del codice civile è in ogni caso obbligatoria, per le società sportive professionistiche, la nomina del collegio sindacale.

 

Questo significa che il CONI approva il professionismo solo alle Federazioni che dispongono di società forti economicamente tanto da garantire oneri fiscali e contributi e perciò, complice la crisi finanziaria che ci attanaglia da tempo, il dilettantismo è diventato un affare migliore del professionismo, per il semplice fatto che costa meno e non solo per questo. Così, mentre legittimamente le atlete donne chiedono parità di diritti rispetto ai colleghi uomini, è l’intero sport professionistico italiano ad essere a rischio estinzione.

 

Lo stesso presidente Giovanni Malagò, intervistato da Tiscali sul tema, ha detto la sua: “È assurdo che campionesse come la Vezzali e la Pellegrini siano discriminate, ma il problema non è solo loro. Ci sono anche atleti uomini, che giocano a pallavolo ai massimi livelli e si allenano tutti i giorni, che non sono professionisti“.

 

Preso atto che il professionismo è disciplinato dalla solidità economica delle società affiliate ad una federazione, non vedo i motivi per cui il ddl AS 1996 per l’equilibrio di genere nello sport presentato dall'On. Fedeli sia rimasto chiuso in un cassetto. Misteri all'Italiana?

Naturalmente, come avviene spesso in Italia, la materia Professionismo - Dilettantismo è alquanto complessa per non dire in conflitto che le normative della Comunità Europea ma su questo argomento farò un approfondimento con il prossimo articolo.

Allo stato attuale, con in vigore la vecchia legge 91 del 23 marzo, le Federazioni non possono, anche volendo, organizzare campionati professionistici femminili ma con l'approvovazione della modifica alla suddetta legge verrà "solo" raggiunto il punto di partenza per organizzare un'attività professionistica al femminile.


Per il momento diverse Federazioni in accordo con le Associazioni di categoria si sono organizzate per sopperire ai diritti non concessi alle donne con l'unica eccezione del calcio femminile che al momento ha conquistato veramente poco o niente in confronto ai suoi colleghi sindacati di altre discipline.

Ritornando alla disputa professionismo vs dilettantismo, risalta la situazione della pallavolo maschile stabile tra i dilettanti che fa capire quanto sia difficile raggiungere il professionismo o quanto non sia conveniente, e mi sorge spontaneo il dubbio, conoscendo molte situazioni, che molte donne big dello sport italiano non siano disposte a lasciare il dilettantismo per il professionismo, ma anche questo argomento lo affronteremo prossimamente... e con tante sorprese!

 

http://www.libertatia.it/notizie/sport/212-professionismo-o-dilettantismo-non-basta-una-legge.html

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CHE FINE HA FATTO IL DDL AS 1996 PER L’EQUILIBRIO DI GENERE NELLO SPORT (LEGGE SUL PROFESSIONISMO)

Svanisce nel nulla la promessa di approvare la proposta di legge DDL AS 1996 in data 8 marzo 2016 per la Festa della Donna. Tanti buoni propositi ma di concreto, per adesso, non si è arrivati a nulla! Saranno le solite propagande politiche ?

Ripercorrendo i passi della (dovuta) iniziativa dell'On. Fedeli vediamo che la proposta fu presentata in data 1 luglio 2015 e annunciata nella seduta ant. n. 477 del 2 luglio 2015 per poi lanciarla a conoscenza dei media con la conferenza stampa del 30 settembre 2015 presso la Camera dei Deputati. ( http://www.valeriafedeli.it/conferenza-stampa-di-presentazione-ddl-as-1996-per-lequilibrio-di-genere-nello-sport/ )
Allo stato attuale, risulta dal sito del Senato, che il disegno di legge è stato assegnato alla 7ª Commissione permanente che non ha ancora iniziato l'esame. ( http://www.senato.it/leg/17/BGT/Schede/Ddliter/45823.htm

Prima ancora, in data 7 novembre 2014 presso la Sala stampa della Camera, ci fu la presentazione della proposta di legge dell'On. Laura Coccia (

http://www.gazzettaregionale.it/notizie/presentata-la-proposta-di-legge-per-il-professionismo-nello-sport-femminile

per estendere i diritti dello sport professionistico anche alle donne ( solita proposta dell'On. Fedeli). "C'è una differenziazione insopportabile in questo Paese, dove lo sport femminile ha sempre portano grandi risultati, dalle medaglie olimpiche nelle discipline singole ai campionati di squadra" - ha dichiarato la giovane deputata democratica ed ex-atleta disabile - "Vi è la necessità assoluta di garanzie, da quella per la maternità a quella sanitaria, senza dimenticare l'aspetto economico. Dobbiamo adeguarci agli standard maschili e guardare con un occhio diverso l'ambiente femminile, troppo spesso relegato ad ambiti estetici più che ai risultati sul campo".
 

In questa conferenza erano solo presenti le rappresentati sindacali del calcio e basket.

Vediamo nello specifico quale sono le modifiche proposte avanzate dalla Fedeli che fanno così paura ai suoi colleghi Onorevoli di Governo tanto da rimandare di mese in mese l'approvazione.

1. Alla legge 23 marzo 1981, n. 91, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 2, primo comma, le parole: «sono sportivi professionisti gli atleti, gli allenatori, i direttori tecnico-sportivi ed i preparatori atletici» sono sostituite dalle seguenti: «sono sportivi professionisti gli atleti e le atlete, gli allenatori e le allenatrici, i direttori e le direttrici tecnico-sportivi ed i preparatori e le preparatrici atletici»;
b) all'articolo 2, dopo il primo comma, è aggiunto il seguente: «Qualunque sia la disciplina sportiva regolamentata dal CONI, è vietata qualsiasi discriminazione da parte delle federazioni sportive nazionali per quanto riguarda la qualificazione del professionismo sportivo in ambito femminile e maschile.»;
c) all'articolo 10 è aggiunto, in fine, il seguente comma: «Quando elementi di fatto, desunti anche da dati di carattere statistico relativi alle qualificazioni degli sportivi professionisti, alla costituzione e alla affiliazione delle società sportive, siano idonei a fondare, in termini precisi e concordanti, la presunzione dell'esistenza di atti, patti o comportamenti discriminatori in ragione del sesso, spetta alle federazioni sportive nazionali riconosciute dal CONI l'onere della prova sull'insussistenza della discriminazione.».

Come possiamo notare, le modifiche consistono "solo" nell'aggiunge il genere femminile nelle varie qualifiche, ignorate, chissà perchè, fino adesso. La stessa modifica di legge, risulta sempre dal sito del Senato, sia stata firmata da pochi parlamentari.

A parte che secondo me questo aggiornamento andava fatto d'ufficio insieme alle "quote rosa", mi chiedo: cosa c'è da valutare, analizzare e discutere per porre rimedio a cotanta discriminazione? ... quando in altre situazioni, in poche ore notturne, sono stati capaci di ridurre in povertà migliaia di Italiani con la legge salva banche ?

Premesso che, secondo il mio punto di vista, non si fa il professionismo con le leggi ma con i soldi e i progetti, a tal riguardo, vi riporto una dichiarazione di Michel Platini: "Il professionismo esiste solo perchè ci sono i soldi – non esiste solo per la volontà di voler essere atlete professioniste. La difficoltà in merito non è mica per l'UEFA, è una questione legata alle federazioni nazionali, alle leghe, ai club. È più un argomento nazionale che internazionale."

E soprattutto, perchè nessun sindacato sportivo e politico reclama? per rispondermi a questa bella domanda sono andato a spulciare nei meandri della politica/sportiva e sapete che cosa ho trovato? l'onnipresente sindacalista Katia Serra, opinionista RAI, è anche allenatrice della Nazionale Parlamentari! leggi quà

Come può la Serra a reclamare contro le sue onorevoli-calciatrici? Potrebbe mettere a rischio il suo posto in panchina e/o compromettere altre posizioni di prestigio? e allora ... meglio stare zitti e aspettare, tanto la proposta di legge è stata presentata, le conferenze stampa sono state fatte..., le tesserate AIC sono contente e intanto ... fanno le partite... e i diritti delle donne dello sport?

Poi parlano di femminismo, pari opportunità e discriminazioni. Ma non è finita quì!

Ho avuto modo di entrare in contatto con la gentilissima On. Coccia alla quale ho parlato della petizione sui diritti tv. Mi invitò subito ad un incontro a Roma ma dal momento che gli ho mandato il testo della petizione si è letteralmente volatizzata.

Com'è bella la politica, così ricca di diplomazia e di interessi... raramente a sostegno del rispetto dei cittadini...

Forse la nostra petizione non è condivisa perchè inopportuna? ... e perchè l'AIC snobba le nostre iniziative?

lo scorso anno ci bloccarono le manifestazioni contro la violenza sulle donne organizzate in 12 città italiane: 8 manifestazioni su 12 furono annullate per la mancata partecipazione delle loro tesserate, mentre in 4 città se ne fregarono dell'AIC. A Napoli, Milano, Pescara e Udine scesero in piazza e in tutti i casi si riscontrò un grande successo di consensi e promozione. 
A Napoli con il sindaco De Magistris in prima fila insieme al presidente Lello Carlino (Titolare Carpisa) e Italo Palmieri del Napoli; l'Assessora allo sport di Milano ci aprì Piazza del Duomo dove il presidente Bulleri della Bocconi piazzò il suo gazebo e le sue ragazze intrattennero i passanti; Pescara con la società femminile di casa e l'associazione contro la violenza sulle donne manifestarono per l'eguaglianza e l'assessorato di Udine segui per le strade della città l'iniziativa dell'omonima società femminile. 
Motivazione del blocco? non era il momento di manifestare contro la violenza sulle donne, avevano il progetto "Settore calcio femminile" in discussione, poi bocciato come da previsione da Tavecchio.

Quest'anno si sono ripetuti con la petizione sui "diritti tv al calcio femminile". Prima di rendere pubblica la mia idea, mi sono permesso di contattare il presidente Tommasi per avere la loro condivisione ma la risposta non è ancora pervenuta. Questa volta sembra che la loro assenza sia dovuta al fatto che la stessa richiesta l'avevano già avanzata loro con risposta negativa al presidente Tavecchio e poi dicono che noi di calciodonne non abbia i titoli per avanzare proposte. Come se la democrazia partecipata non esistesse. E cmq, secondo il sindato del calcio, questa è una lotta che spetta alle società e non alle calciatrici... e su questo punto lascio a voi tutti ogni considerazione!

In tutto questo, non dimentichiamoci di quelli/e che si astengono perchè hanno rapporti con la FIGC e/o che sperano di avere una poltroncina... come se la nostra richiesta fosse illegittima e anticostituzionale...

Sulla scia delle parole del grande Oscar Wilde: "solo gli sciocchi non cambiano mai idea" ... noi andiamo avanti con le nostre, per adesso abbiamo superato i 12.000 firmatari e con la speranze di unire, in questa giusta battaglia, tutti gli scettici... anche quelli che per partito preso, hanno, al momento, posizione contraria. Firmate a questo link: https://www.change.org/p/diritti-tv-al-calcio-femminile

Considerato che nel Dipartimento i presidenti di calcio femminile non hanno possibilità di decisione ma solo di parola (come da regolamento), e in previsione di una possibile costituzione di una "Lega Calcio Femminile" credo che sia arrivato il momento di lanciare la famosa "Associazione dei Presidenti di calcio Femminile".

Buon calcio femminile a tutti!

Walter Pettinati

 

https://www.calciodonne.it/rubriche/approfondimento/parliamone/19292-che-fine-ha-fatto-il-ddl-as-1996-per-l-equilibrio-di-genere-nello-sport-legge-sul-professionismo

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8 settembre 2016... Quasi un anno.

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intanto nel mondo...

In Norvegia uomini e donne della Nazionale di calcio prenderanno lo stesso compenso

Lo storico accordo arriva anche grazie a un contributo della squadra maschile. Le ragazze guadagneranno almeno il doppio

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Meglio tardi che mai. Diceva l’ultima protesta, pochi giorni fa, sul sito Twitter dell’Unione mondiale delle calciatrici: «Sconvolgente: dormire sull’autobus, stipendi miseri, condizioni inaccettabili. Per favore sosteneteci». Ed ecco, l’appello è stato ascoltato, almeno per la parte economica e almeno nel Nord d’Europa: i calciatori della nazionale maschile norvegese hanno accettato di ridurre i loro compensi, dal 2018, per renderli uguali a quelli delle loro colleghe della nazionale femminile, da sempre assai inferiori, come nel resto del mondo. È una «prima» storica. In soldoni: i calciatori di Oslo, che fino a oggi hanno incassato come collettivo di squadra l’equivalente di circa 697 mila euro all’anno, anche quando hanno portato a casa punteggi e risultati peggiori rispetto alle colleghe, scenderanno a circa 639 mila euro, rinunciando fra l’altro a una parte degli introiti derivanti dalle sponsorizzazioni commerciali; e le calciatrici raggiungeranno la stessa cifra, partendo però dagli attuali 330 mila euro, cioè da una paga che finora non ha mai raggiunto la metà.

 

Il raddoppio o quasi dei loro stipendi segna la fine di un’obiettiva discriminazione di genere, e una campionessa come Caroline Graham Hansen, membro della nazionale dal 2011, ha già voluto ringraziare su Instagram — anche se con un pizzico di ironia — i compagni dell’altra metà del cielo, cioè i colleghi maschi, ritratti in una foto della squadra: «Questo può essere forse un piccolo sacrificio per voi, nei nostri confronti. Può darsi che non compaia neppure nelle vostre buste-paga mensili. E forse era per voi una mossa ovvia da fare! Tuttavia, per noi significa tutto! Per la nostra squadra! Per il nostro sport! E non ultimo, per tutte le atlete che fanno lo stesso lavoro, lo stesso sport degli uomini, ma vengono pagate di meno! Il fatto che diciate che una paga uguale sia la cosa giusta, mi fa desiderare di gridare e di abbracciarvi tutti. Grazie per aver fatto questo passo per noi. Per aver dimostrato equità ed averci aiutato tutte a inseguire i nostri sogni. A farli avverare!». Joachim Walltin, il presidente della Federcalcio maschile di Oslo, ha commentato l’accordo dal suo punto di vista: «La Norvegia è un Paese dove la parità è molto importante, quindi credo sia un bene per il nostro Paese e per lo sport. In Danimarca stanno ancora negoziando e negli Usa le cose sono migliorate, ma potremmo essere l’unico Paese dove ci sia un trattamento uguale». E ancora: «Farà certamente una differenza per le ragazze. Alcune lavorano e studiano, oltre che giocare a calcio, e così è difficile migliorare la situazione. Per loro, il sentimento di essere veramente rispettate è molto importante».

 

In Danimarca, invece, si sta negoziando come dice Walltin, ma intanto si sono avute non poche grane per questo problema: una partita amichevole femminile contro l’Olanda è stata annullata dopo un’accesa discussione sulle paghe disuguali rispetto a quelle dei maschi. E le calciatrici «combattono» anche negli Stati Uniti. Una celebre campionessa della nazionale americana, Hope Solo, ha così commentato su Twitter gli articoli sulla svolta norvegese: «L’uguaglianza è possibile, etica, legittima, ed è la cosa giusta da fare». Proprio Hope Solo, con altre 4 campionesse, nel 2016 si era rivolta alla Commissione federale per le pari opportunità. Dalla protesta è poi nato un accordo tra le federazioni americane, che accorda alle calciatrici qualche aumento nelle paghe di base e nei «bonus» per le vittorie, e più sostegno finanziario nei casi di gravidanza. Ma la distanza rispetto alle paghe dei colleghi maschi è nel complesso rimasta. Ora la svolta norvegese potrebbe cambiare qualcosa anche a Washington. Meglio tardi che mai.

 

http://www.corriere.it/cronache/17_ottobre_08/gli-uomini-donne-nazionale-calcio-norvegese-prenderanno-stesso-compenso-5afe49f6-ac35-11e7-b229-0974b7f57cc3.shtml

 

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Ribadisco, qui si nega una FACOLTÀ,  una POSSIBILITÀ.

 

Invece "le alte sfere" rigirano la frittata spostando il discorso dichiarando "non possiamo obbligare le società sportive".

 

E non sarebbe un'esagerazione coinvolgere la Corte Costituzionale.....

 

Una legge che vieta il professionismo nella pratica sportiva per il genere femminile è semplicemente anti-costituzionale.

 

Sopprimendola, non si obbliga nessuno ad imporre il professionismo, si concede solo la facoltà di poterlo introdurre

Modificato da kalusmor
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Il 11/10/2017 alle 18:05 , kalusmor ha scritto:

Ribadisco, qui si nega una FACOLTÀ,  una POSSIBILITÀ.

 

Invece "le alte sfere" rigirano la frittata spostando il discorso dichiarando "non possiamo obbligare le società sportive".

 

E non sarebbe un'esagerazione coinvolgere la Corte Costituzionale.....

 

Una legge che vieta il professionismo nella pratica sportiva per il genere femminile è semplicemente anti-costituzionale.

 

Sopprimendola, non si obbliga nessuno ad imporre il professionismo, si concede solo la facoltà di potero introdurre

 

Come non quotarti...

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Scusate la.domanda ingenua. Ma non essendo professioniste non possono nemmeno accedere a fondi provenienti da sponsor? Penso di si giusto?

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2 ore fa, deide ha scritto:

Scusate la.domanda ingenua. Ma non essendo professioniste non possono nemmeno accedere a fondi provenienti da sponsor? Penso di si giusto?

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Bella domanda... credo di sì. Ma gli introiti da sponsor non credo che, ad esempio, facciano cumulo per la pensione...

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Joined: 04-Sep-2017
134 messaggi
2 ore fa, deide ha scritto:

Scusate la.domanda ingenua. Ma non essendo professioniste non possono nemmeno accedere a fondi provenienti da sponsor? Penso di si giusto?

Inviato dal mio SM-G920F utilizzando Tapatalk
 

 

Possono ,  possono ... fortunatamente  possono ... solo  che  non  tutte  sono  abbastanza " famose "  per  farlo  ( purtroppo ..)
 

 

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