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Socrates

Mario Mandžukić

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14 ore fa, Sammy7 ha scritto:

quello che ho detto io, mi spiace se ne si andato senza salutare ecc...

beh, lì chi lo sa…

spesso i calciatori, specie quando fa loro comodo, si dimenticano di essere dei professionisti e diventano dei gran sentimentali

 

non credo si siano lasciati in buoni termini, ma a me non interessa, resta un grande

 

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Mandzukic a luglio 2020 :haha:

Modificato da IlSigarodiLippi

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Mandzukic a luglio 2020 :haha:
Facciamo agosto
Se luglio non ti piace

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19 maggio 2019 - Ultima partita e ultima rete di Mario Mandzukic in bianconero.

 

Verslagen Mandzukic schrijft geschiedenis | Goal.com Nederlands

Modificato da Socrates

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Quanto mi manca il suo sguardo cattivo

  • Confused 1

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8 agosto 2015, esordio e prima rete in bianconero per Mario Mandzukic!

 

Juventus voorlopig zonder Mandzukic | RTL Nieuws

 

 

 

  • Sad 1

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Joined: 04-Apr-2006
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1947398563_Juve2017.jpg.deced29b2cf9e3431d7268c59c8dcc63.jpgMARIO MANDZUKIC  1675541255_Juventus2004-2017.jpg.83e3431016e175d8bac0dc7167a12c81.jpg     

 

Mario Mandzukic: Juventus Turins Stürmer könnte nach Katar wechseln -  Eurosport

 

 

https://it.wikipedia.org/wiki/Mario_Mandžukić

 

 

Nazione: Croazia Croazia
Luogo di nascita: Slavonski Brod
Data di nascita: 21.05.1986
Ruolo: Attaccante
Altezza: 190 cm
Peso: 85 kg
Nazionale Croato
Soprannome: Dilkos - Super Mario - Mister No Good - Manzo

 

 

Alla Juventus dal 2015 al 2019

Esordio: 08.08.2015 - Supercoppa italiana - Juventus-Lazio 2-0

Ultima partita: 19.05.2019 - Serie A - Juventus-Atalanta 1-1

 

162 presenze - 44 reti

 

4 scudetti

3 coppe Italia

2 supercoppe italiane

 

 

Mario Mandžukić (Slavonski Brod, 21 maggio 1986) è un ex calciatore croato, di ruolo attaccante, assistente della nazionale croata.

 

In carriera si è aggiudicato, a livello nazionale, tre campionati croati (dal 2007-08 al 2009-10), due Coppe di Croazia (2007-08 e 2008-09) e quattro Supercoppe di Croazia (dal 2007 al 2010) con la Dinamo Zagabria, due campionati tedeschi (2012-13 e 2013-14), due Coppe di Germania (2012-13 e 2013-14) e una Supercoppa di Germania (2012) con il Bayern Monaco, una Supercoppa di Spagna (2014) con l'Atlético Madrid, quattro campionati italiani (dal 2015-16 al 2018-19), tre Coppe Italia (dal 2015-16 al 2017-18) e due Supercoppe italiane (2015 e 2018) con la Juventus, mentre a livello internazionale vanta la vittoria di una UEFA Champions League (2012-13), una Supercoppa UEFA (2013) e una Coppa del mondo per club FIFA (2013) con il Bayern Monaco.

Dopo avere partecipato con la nazionale croata ai campionati europei di Polonoa-Ucraina 2012 e Francia 2016 e al campionato del mondo di Brasile 2014, si è laureato vicecampione del mondo a Russia 2018.

Considerato uno dei migliori attaccanti della sua generazione, a livello individuale è stato eletto miglior giocatore del campionato croato nel 2009, nonché calciatore croato dell'anno dalla rivista Večernji list nel 2012 e nel 2013. Si è inoltre laureato capocannoniere del campionato croato 2008-09 e del campionato d'Europa 2012 (in quest'ultimo caso a pari merito con cinque giocatori).

 

Mario Mandžukić
Mario Mandžukić in 2018.jpg
Mandžukić con la nazionale croata durante la finale del campionato del mondo 2018
     
Nazionalità Croazia Croazia
Altezza 190 cm
Peso 85 kg
Calcio Football pictogram.svg
Ruolo Attaccante
Squadra Croazia Croazia (Assistente)
Termine carriera 3 settembre 2021
Carriera
Giovanili
1992-1996   Ditzingen
1996-2003   Marsonia
2003-2004   Željezničar Slavonski Brod
Squadre di club
2004-2005   Marsonia 23 (14)
2005-2007   NK Zagabria 51 (14)
2007-2010   Dinamo Zagabria 81 (42)
2010-2012   Wolfsburg 56 (20)
2012-2014   Bayern Monaco 54 (33)
2014-2015   Atlético Madrid 28 (12)
2015-2019   Juventus 162 (44)
2020   Al-Duhail 5 (0)
2021   Milan 10 (0)
Nazionale
2004-2005 Croazia Croazia U-19 10 (3)
2007 Croazia Croazia U-20 1 (1)
2005-2007 Croazia Croazia U-21 9 (1)
2007-2018 Croazia Croazia 89 (33)
Carriera da allenatore
2021- Croazia Croazia Assistente
Palmarès
 
Coppa mondiale.svg Mondiali di calcio
Argento Russia 2018

 

Biografia

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Da sinistra: murale dedicato a Mandžukić e Ivica Olic nella natia Slavonski Brod (2020)

 

Si trasferisce assieme ai genitori in Germania nel 1992, andando ad abitare nella città di Ditzingen, presso Stoccarda, per fuggire dalla guerra d'indipendenza croata. Torna in patria nel 1996, a guerra terminata. Anche il padre, di nome Mato, era un calciatore.

Caratteristiche tecniche

Centravanti combattivo, adatto al gioco in contropiede, era un giocatore d'area, forte fisicamente ma anche agile, veloce e resistente. Dotato di ottima tecnica, era efficace nel gioco aereo e nella finalizzazione. Generoso, tenace nel pressing sui difensori avversari, era abile nello scartare il diretto marcatore e nel servire assist ai compagni di squadra.

Paragonato agli esordi al connazionale Alen Boksic, è un giocatore di classe e fantasia, intelligente tatticamente oltreché in grado di risultare decisivo in qualsiasi momento — sovente nelle sfide di cartello — grazie alla sua imprevedibilità.

Calciatore abbastanza polivalente nel reparto avanzato, in passato nella Dinamo Zagabria si è disimpegnato come trequartista, mentre nel prosieguo di carriera sia nel Wolfsburg sia nella Juventus ha ricoperto all'occorrenza il ruolo di esterno alto, con notevole apporto alla fase difensiva.

Carriera

Giocatore

Club

I primi anni a Zagabria

Dopo avere militato nelle giovanili del Marsonia, in cui preferiva giocare a centrocampo, disputa la stagione 2004-05 in prima squadra, realizzando 14 reti nella seconda divisione del campionato croato. Notato da Miroslav Blazevic si trasferisce al suo club, l'NK Zagabria, in cui disputa complessivamente 58 partite, realizzando 17 gol.

 

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Mandžukić alla Dinamo Zagabria nel 2008

 

Nella stagione 2007-08 passa alla Dinamo Zagabria per 1,5 milioni di euro, acquistato nel tentativo di sostituire nel reparto avanzato Eduardo. Fa il suo esordio con la nuova casacca il 21 luglio 2007 nella vittoria casalinga di campionato contro il Sebenico, in cui segna anche il suo primo gol con la Dinamo nel 5-0 finale. Il 7 agosto 2007 debutta in Champions League, nella gara preliminare vinta 3-1 in casa del Domzale. Il 4 ottobre scende in campo per la prima volta anche in Coppa UEFA, nella vittoria per 2-3 in casa dell'Ajax, in cui realizza i suoi primi due gol nelle competizioni europee. Con la maglia della Dinamo Zagabria disputa tre stagioni (più una partita del secondo turno preliminare di Champions League nell'agosto 2010), mettendo a segno 63 reti in 128 gare complessive.

Wolfsburg

Nella stagione 2010-2011 Mandžukić si trasferisce in Germania, nelle file del Wolfsburg, acquistato in cambio di una cifra tra i 7 e gli 8 milioni di euro. Arrivato agli ordini del tecnico Steve Mc Laren, debutta con la nuova maglia il 15 agosto 2010 in Coppa di Germania, nella vittoria esterna per 1-2 in casa del Preussen Münster. Cinque giorni più tardi fa invece il suo esordio in Bundesliga, nella sconfitta all'Allianz Arena per 2-1 contro il Bayern Monaco; segna il suo primo gol nel campionato tedesco il 12 marzo 2011, nella sconfitta interna per 1-2 contro il Norimberga.

Inizialmente soffre la concorrenza di Edin Dzeko, venendo per questo dirottato spesso in campo da McClaren a esterno d'attacco o di centrocampo. Durante il successivo interim in panchina di Pierre Littbarski il croato non è convocato per tre gare su cinque, giocando un incontro intero solo nella sfida con il Norimberga, realizzando l'unico gol dei Lupi (1-2). Littbarski è a sua volta sostituito poche settimane più tardi, in pianta stabile, da Felix Magath. Il nuovo tecnico si rivelerà una figura molto importante per la crescita di Mandžukić, ancor più sul piano umano, smussandone una certa insofferenza alla disciplina che al contrario aveva fin qui contraddistinto il croato dentro e fuori dal campo. Sul piano prettamente sportivo, Magath ripristina definitivamente l'attaccante al suo ruolo naturale, in un attacco a due, e i risultati iniziano ad arrivare: il Wolfsburg ottiene 11 punti in 6 partite, con Mandžukić autore di 7 dei suoi 8 gol stagionali in queste ultime gare, tra cui due doppiette contro Colonia (4-1) e Hoffenheim (1-3), che contribuiscono alla salvezza del club biancoverde.

Con la partenza di Džeko, per l'annata 2011-12 Magath affianca al croato il giovane Patrick Helmes e inserisce entrambi in un attacco a due: durante le prime quattro giornate di Bundesliga, Mandžukić non va a segno. Al quinto turno viene schierato da seconda punta, alle spalle di Srdan Lakic, e la scelta si rivela giusta: il croato sigla infatti due reti allo Schalke 04 (2-1). A fine stagione conta 12 gol e 10 assist in 32 presenze di campionato, portando il Wolfsburg all'ottavo posto, alla soglia della zona UEFA: l'avventura tra le file della compagine tedesca termina tuttavia dopo appena due stagioni, dove globalmente colleziona 60 presenze e realizza 20 gol.

Bayern Monaco
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Mandžukić al Bayern Monaco nel 2012

 

Il 27 giugno 2012, dopo una buona partecipazione con la maglia della Croazia al campionato d'Europa 2012, passa al Bayern di Monaco in cambio di 13 milioni di euro. Acquistato, nei piani iniziali, per fare da riserva al titolare designato Mario Gomez il croato emerge anche beneficiando di un infortunio occorso al tedesco, per poi sopravanzare definitivamente quest'ultimo nelle gerarchie del tecnico Jupp Heynckes. In questo periodo Mandžukić fa parlare di sé anche per questioni extracalcistiche, quando il 17 novembre, dopo avere segnato il gol del definitivo 1-1 nella sfida di campionato contro il Norimberga, esulta insieme al compagno di squadra Xherdan Shaqiri compiendo con lui, polemicamente, un saluto militare: secondo la stampa serba, un gesto dedicato ad Ante Gotovina e Mladen Markač, generali processati per la loro condotta nella guerra d'indipendenza croata e assolti dalle Nazioni Unite pochi giorni prima della succitata esultanza.

Il 6 aprile 2013 vince per la prima volta la Bundesliga, il ventitreesimo titolo per i bavaresi, con sei giornate di anticipo rispetto alla fine del torneo. Il successivo 25 maggio fa invece sua per la prima volta la Champions League, grazie alla vittoria per 2-1 nella finale contro il Borussia Dortmund, segnando il gol del momentaneo 1-0. Pochi giorni dopo, il 1º giugno, completa il treble stagionale con i Roten sollevando anche la sua prima Coppa di Germania, grazie al 3-2 allo Stoccarda.

Questo positivo momento per Mandžukić s'interrompe nell'estate 2013, quando a Monaco di Baviera approda Josep Guardiola, fautore di un sistema di gioco — il cosiddetto tikitaka — che rifugge da una classica prima punta, qual è invece il croato che di conseguenza non si trova a proprio agio con i nuovi schemi portati dal tecnico spagnolo. La stagione 2013-14 si apre il 30 agosto con la vittoria della Supercoppa UEFA, ottenuta sconfiggendo ai tiri di rigore la compagine londinese del Chelsea, dopo che i tempi regolamentari e supplementari si erano conclusi sul 2-2. Nel corso dell'annata troviamo un Mandžukić sempre più insofferente verso la filosofia calcistica di Guardiola, pur rimanendo prolifico sottoporta; con la squadra tedesca conquista altri tre titoli: la Coppa del mondo per club, con un 2-0 al Raja Casablanca nella finale del 21 dicembre, la Bundesliga, vinta matematicamente il 25 marzo 2014 con ben sette giornate d'anticipo, e la Coppa di Germania, grazie al 2-0 del 17 maggio sul Borussia Dortmund.

Il rapporto con i bavaresi si chiude l'estate seguente, dopo 88 partite e 48 reti, da una parte per l'arrivo da Dortmund di Robert Lewandovski che preclude ulteriori spazi al croato nel reparto avanzato, e dall'altra per gli ormai insanabili dissidi con Guardiola, degenerati nel finale di stagione anche sul piano personale: in particolare Mandžukić accusa l'allenatore catalano di averlo scientemente relegato in panchina nelle ultime e ininfluenti partite di campionato, col solo scopo d'impedirgli di competere per il titolo di capocannoniere — poi andato, per due reti, proprio al succitato Lewandowski.

Atlético Madrid
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Mandžukić all'Atlético Madrid nel 2014

 

Il 10 luglio 2014 Mandžukić si trasferisce all'Atlético Madrid per 22 milioni di euro, chiamato a sostituire il partente Diego Costa. Segna il suo primo gol con i Colchoneros il successivo 22 agosto, risultando il match winner nel derbi madrileño contro il Real Madrid, rete che consente all'Atlético di vincere la Supercoppa di Spagna. Mette a segno il suo primo gol nella Liga otto giorni dopo, andando in rete nella vittoria casalinga 2-1 contro l'Elbar.

Nonostante le positive premesse della vigilia, che individuavano nella piazza madrilena e soprattutto nel credo tattico dell'allenatore Diego Simeone — il cosiddetto cholismo, intriso di agonismo e abnegazione — l'ambiente ideale per le caratteristiche dell'ariete croato, al contrario con il passare dei mesi Mandžukić va incontro a crescenti difficoltà in biancorosso, palesatesi nella seconda parte di stagione: patisce soprattutto per un infortunio alla caviglia occorsogli nella sfida di Champions League contro il Bayer Leverkusen nonché per la repentina ascesa del giovane Antoine Griezmann. Chiude la sua unica e a conti fatti non esaltante stagione all'Atlético con un bottino di 20 reti in 43 partite totali.

Juventus
2015-2017

Il 22 giugno 2015 viene acquistato dalla Juventus per 19 milioni di euro. Il successivo 8 agosto, al debutto con la nuova maglia, apre le marcature nel 2-0 alla Lazio che vale la vittoria della Supercoppa italiana, mentre il 23 dello stesso mese debutta in Serie A, nella sconfitta 0-1 con l'Udinese; proprio in questa sfida, uno scontro con un cartellone pubblicitario a bordocampo gli procura una ferita al gomito, presto infettatasi, costringendolo a una pesante cura antibiotica che, protraendosi per un paio di mesi, ne inficia l'impatto con la realtà bianconera.

Ancora debilitato, ciò nonostante il 15 settembre in Champions League si sblocca con i piemontesi, segnando il momentaneo pareggio nell'1-2 esterno contro il Manchester City, e trovando poi il 25 ottobre anche la prima rete nel campionato italiano, nella vittoria per 2-0 sull'Atalanta. Una volta tornato a pieno regime, e assimilitato il credo tattico di Massimiliano Allegri — il quale, nelle seguenti stagioni torinesi, ne farà uno dei suoi fedelissimi —, Mandžukić emerge ben presto tra i trascinatori di una Juventus che il 25 aprile 2016, a coronamento di una rimonta-record, si aggiudica matematicamente il quinto scudetto consecutivo. Il 21 maggio a Roma arriva anche la Coppa Italia contro un Milan superato 1-0 al termine dei supplementari, contribuendo così a fare bissare al club il double dell'anno precedente.

L'avvio della sua seconda stagione in bianconero è tuttavia interlocutorio per il croato, causa la concorrenza del neoacquisto Gonzalo Higuaín, questi inizialmente preferito nel ruolo di prima punta; un periodo negativo sul piano personale, che culmina nel dicembre 2016 con la sfida di Supercoppa persa ai tiri di rigore contro il Milan: dopo l'1-1 al termine dei supplementari, l'attaccante croato fallisce il proprio tentativo di marcatura dal dischetto. Nonostante l'avere trovato il successivo 11 gennaio il suo primo gol in Coppa Italia nel 3-2 interno all'Atalanta, fin qui pare senza soluzione la sua problematica convivenza con Higuaín; per risolvere l'impasse, Allegri sposta in pianta stabile Mandžukić sulla linea della trequarti, come esterno sinistro: calandosi con grande spirito di sacrificio in un ruolo già fugacemente ricoperto a Wolfsburg, il croato sfodera prestazioni sempre più convincenti, diventando definitivamente uno dei beniamini della tifoseria juventina di questi anni.

 

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Mandžukić alla Juventus al termine della vittoriosa finale di Coppa Italia 2016-2017

 

Riguadagnato il posto da titolare, contribuisce alla vittoria della Coppa Italia, primo trofeo stagionale e al contempo terzo consecutivo per la squadra bianconera, dopo la vittoriosa finale di Roma del 17 maggio 2017 in cui viene battuta la Lazio 2-0, nonché del sesto titolo italiano di fila e secondo personale: quattro giorni più tardi il successo 3-0 allo Stadium sul Crotone, in cui è autore della rete d'apertura, permette infatti alla squadra d'inanellare il terzo double nazionale di fila, e soprattutto di battere dopo 82 anni il record della Juve del Quinquennio. La positiva annata è contraddistinta anche dal raggiungimento della finale di Champions League, tuttavia persa per 4-1 contro il Real Madrid: nella suddetta sfida di Cardiff del 3 giugno, come magra consolazione personale, il croato si rende protagonista con una rete in rovesciata, quella del momentaneo 1-1, poi premiata dalla UEFA come la migliore dell'edizione; nella circostanza diviene inoltre, insieme a Cristiano Ronaldo e Velibor Vasovic, uno dei tre calciatori capaci di segnare con due squadre diverse in una finale della massima competizione europea per club.

2017-2019

Al termine della stagione 2017-2018, la terza a Torino, per Mandžukić si ripete il double domestico, terzo consecutivo per il croato e al contempo quarto di fila per la Juventus: i bianconeri si impongono, infatti, il 9 maggio 2018 nella finale di Coppa Italia con un netto 4-0 sul Milan — quarta affermazione in successione e nuovo primato nel calcio italiano —, e si aggiudicano quattro giorni più tardi anche il settimo scudetto consecutivo, grazie al pareggio esterno a reti bianche contro la Roma. In Champions League la Juventus è, invece, eliminata ai quarti di finale ancora dal Real Madrid, nonostante la doppietta segnata dal croato nella sfida di ritorno dell'11 aprile, vinta per 1-3 al Bernabéu.

Nell'estate seguente, quando a Torino approda proprio da Madrid Cristiano Ronaldo, inizialmente per Mandžukić paiono chiudersi gli spazi nell'attacco bianconero; al contrario, a giovare più di tutti dell'arrivo del fuoriclasse portoghese è il croato, il quale, anche a fronte della cessione di Higuaín, può tornare con maggior continuità a ricoprire il ruolo di ariete d'area di rigore. Il 24 novembre 2018, in occasione della vittoriosa sfida di campionato allo Stadium contro la SPAL, scende in campo per la prima volta da capitano dei bianconeri, siglando peraltro la rete che fissa il risultato sul 2-0. Nella prima parte di stagione il croato si dimostra spesso decisivo per le sorti della squadra, grazie a un notevole e continuativo contributo sottorete, come raramente successo nelle precedenti annate juventine: tra gli altri, il 7 dicembre è suo il gol dell'1-0 che decide il derby d'Italia contro l'Inter.

All'inizio del nuovo anno, il 16 gennaio a Gedda, nonostante Mandžukić non abbia disputato l'incontro per infortunio, si aggiudica per la seconda volta la Supercoppa italiana, in virtù del successo per 1-0 contro il Milan. Al rientro in campo, l'attaccante inanella una lunga serie di prestazioni sottotono: l'unica sua marcatura nel girone di ritorno è quella contro l'Atalanta, nella partita casalinga del 19 maggio terminata 1-1. Ciononostante al termine dell'annata conquista lo scudetto, arrivato matematicamente già il 20 aprile, a corollario di un campionato giocato a ritmi da record, grazie al successo per 2-1 nel match di Torino contro la Fiorentina: è il quarto tricolore della carriera per Mandžukić, nonché l'ottavo consecutivo per la Juventus. È, questo, un primato assoluto nella storia della serie A e dei maggiori campionati nazionali d'Europa.

Tale semestre si rivela a posteriori il preludio alla stagione 2019-2020 in cui, con l'avvicendamento tecnico tra Allegri e Maurizio Sarri, oltreché il ritorno a Torino di un Higuaín più in sintonia con la filosofia calcistica nel nuovo allenatore, Mandžukić perde repentinamente centralità nelle dinamiche della squadra titolare, scivolando ai margini della rosa finanche, in accordo con la società, ad autoescludersene. Non essendo mai sceso in campo sotto la gestione Sarri, sveste la maglia juventina nel dicembre 2019, dopo quattro anni e mezzo, con 162 presenze, 44 gol e 9 trofei vinti.

Al-Duhail e Milan

Il 24 dicembre 2019 si accorda con i qatarioti dell'Al-Duhail, entrando a far parte della rosa del club dal 1º gennaio 2020. Esordisce con la squadra di Doha il successivo 5 gennaio, nella partita di Qatar Stars League contro il Qatar SC (0-0); cinque giorni dopo segna il primo gol in maglia grigiorossa, nel match di Qatar Stars Cup vinto per 2-0 contro l'Al-Sailiya. All'esordio in AFC Champions League , l'11 febbraio, apre le marcature nella partita vinta per 2-0 in casa contro il Persepolis. Rimane in Qatar per un semestre, per poi risolvere il proprio contratto con l'Al-Duhail il 5 luglio seguente.

Dopo altri sei mesi d'inattività, il 19 gennaio 2021 torna in Italia, accasandosi al Milan. Cinque giorni dopo debutta in maglia rossonera, subentrando a Samu Castillejo al 70' della partita interna persa per 0-3 contro l'Atalanta in campionato. Arrivato a Milano per dare il proprio contributo a una formazione rossonera in quel momento in testa al campionato, l'attaccante vive tuttavia un semestre ben al di sotto delle attese, incapace d'imporsi anche perché frenato da ripetuti guai fisici; nel corso sua effimera esperienza rossonera, in cui non riesce mai ad andare in rete, il croato si segnala solo per il gesto di rinunciare al proprio stipendio di marzo, causa lo scarso impiego, per devolverlo alla Fondazione Milan. Il successivo 24 maggio, una volta raggiunta l'aritmetica qualificazione alla Champions League, l'attaccante si congeda dal club lombardo.

Pochi mesi dopo, il 3 settembre 2021, ufficializza il proprio ritiro dall'attività agonistica.

Nazionale

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Mandžukić (in piedi, terzo da sinistra) nell'undici croato sceso in campo nella finale del campionato del mondo 2018

 

Debutta con la nazionale croata il 17 novembre 2007, nel match di qualificazione al campionato d'Europa 2008 perso 2-0 contro la Macedonia; alla presenza successiva, il 10 settembre 2008, realizza il suo primo gol in maglia scaccata, siglando l'unica marcatura croata nell'1-4 contro l'Inghilterra.

In occasione del campionato d'Europa 2012, sigla una doppietta nel 3-1 all'Irlanda, quindi una rete nell'1-1 contro l'Italia. Per quella competizione, la prima ufficiale disputata da Mandžukić, sarà capocannoniere con tre reti, alla pari di Mario Balotelli, Fernando Torres, Alan Dzagoev, Cristiano Ronaldo e Mario Gómez; l'attaccante è inoltre autore di 3 delle 4 reti della sua nazionale nella competizione.

Viene convocato per il campionato del mondo 2014 in Brasile, e il 19 giugno, in occasione del match contro il Camerun, Mandžukić segna le sue prime reti in una competizione ufficiale mondiale, grazie a una doppietta, contribuendo al 4-0 finale. Tuttavia la Croazia viene eliminata dal girone dopo le due sconfitte, entrambe per 1-3, contro i padroni di casa del Brasile e il Messico.

Nel 2016 realizza due triplette, nello schiacciante 10-0 al San Marino e nello 0-6 esterno contro il Kosovo. Ha fatto parte dei 23 che hanno preso parte al campionato d'Europa 2016 in Francia, dove non ha segnato alcuna rete; la nazionale slava, dopo avere terminato in testa il proprio girone, davanti alla Spagna campione d'Europa in carica, agli ottavi viene eliminata ai supplementari (0-1) dal Portogallo, futuro vincitore dell'edizione.

Viene confermato in squadra per il campionato del mondo 2018 in Russia, dov'è tra i protagonisti della Croazia che raggiunge una storica finale, la prima della sua storia, tuttavia persa contro la Francia. Nell'arco del torneo Mandžukić sigla 3 reti: contro la Danimarca negli ottavi (1-1 dts, 4-3 dcr), nei supplementari della semifinale contro l'Inghilterra (2-1), decisiva nel permettere alla nazionale balcanica di accedere alla finale, e l'ultima proprio nella sfida di Mosca contro i Bleus dov'è croce e delizia per i croati, prima sbloccando suo malgrado il punteggio con un autogol, e poi realizzando la rete del definitivo 2-4. Come consolazione personale, grazie a quest'ultimo gol diventa il quinto giocatore, dopo Ferenc Puskás, Zoltán Czibor, Gerd Müller e Zinédine Zidane, ad andare a segno sia in una finale di Coppa dei Campioni/Champions League, sia in una di Coppa del mondo.

La finale moscovita rimane l'ultima sua gara con la Croazia: il 14 agosto seguente il giocatore annuncia, infatti, il ritiro dalla nazionale.

Dopo il ritiro

Pochi mesi dopo il ritiro dall'attività agonistica, il 22 novembre 2021 Mandžukić entra nello staff della nazionale croata in qualità di assistente del selezionatore Zlatko Dalić.

Record

Palmarès

Club

Competizioni nazionali

Competizioni internazionali

Individuale

  • Sportivo croato dell'anno: 1 - 2013

Onorificenze

Cavaliere dell'Ordine del Duca Branimir - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere dell'Ordine del Duca Branimir
  — Zagabria, 13 novembre 2018. Di iniziativa della Presidente della Repubblica di Croazia.

 

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«È impossibile riassumere quattro anni e mezzo in un semplice arrivederci, ma spero abbiate visto la mia passione per questo club e per questa squadra in ogni singola partita che ho giocato per la Juventus. Un grande ringraziamento a Mr Allegri e a Mr Marotta per avermi voluto a Torino. È stato un privilegio giocare per la Juventus e gli ultimi mesi non cambieranno il rispetto e l’amore che provo per il club. Ringrazio tutti i compagni che ho avuto in queste stagioni, ho davvero apprezzato ogni singola battaglia con voi e abbiamo vinto la maggior parte di queste battaglie! Non dimenticherò tutte le vittorie e i trofei, frutto della nostra qualità, del duro lavoro e dello spirito di squadra. Un grande grazie anche allo staff che lavora dietro le quinte, allenatori, staff medico, fisioterapisti e ogni altra persona che si preoccupa che i giocatori della Juventus siano nelle migliori condizioni per avere successo. Infine, il ringraziamento più grande per i meravigliosi tifosi che sono la vera ragione per cui il club e così grande e vincente. Ho apprezzato davvero molto il sostegno che mi avete dimostrato fin dal primo giorno. Concludendo, ho sempre cercato di dare il massimo per i Bianconeri. Vi auguro il meglio! E per me, è tempo di un nuovo capitolo... Per sempre vostro, Mario».
 
FRANCESCO QUADARELLA, CATENACCIOECONTROPIEDE.IT DEL 6 LUGLIO 2020
Se avesse visto il suo aspetto, la sua personalità e il suo modo di giocare, Ettore Scola avrebbe probabilmente arruolato istantaneamente Mario Mandzukic per il suo capolavoro del 1976 “Brutti, sporchi e cattivi”, in cui l’attaccante avrebbe potuto interpretare senza problemi uno dei ruoli della famiglia Mazzatella. Purtroppo per lui – oltre che per noi –, il croato nascerà solamente 10 anni dopo l’uscita del film.
Precisamente nasce a Slavonski Brod, in Croazia, il 21 maggio 1986, ma calcisticamente non muove lì i suoi primi passi, perché, come in moltissime delle storie slave degli anni Novanta, si deve iniziare con una fuga dalla propria terra, uno sradicamento fisico dalle proprie radici, per sfuggire alle sanguinose guerre che ospitavano i Balcani in quegli anni e alle disastrose conseguenze che si ripercuotevano sui civili.
I Mandzukic, quindi, decisero di scappare in Germania, nel Baden-Württemberg, a Ditzingen, a circa 20 km dalla capitale Stoccarda, e il giovanissimo Mario inizia a giocare nelle giovanili della squadra della città.
Dopo quattro anni, a guerra conclusa e indipendenza croata ottenuta, i Mandzukic tornano a casa, e Mario può finalmente giocare nelle giovanili del Marsonia, la squadra della sua città natale, nonché la squadra che lo fa debuttare tra i professionisti, nella seconda divisione croata.
Il ragazzo, appena maggiorenne, non è ancora calcisticamente formato, e gioca molto indietro rispetto alle posizioni che occuperà principalmente nella sua carriera, più a centrocampo che in attacco. Gli piace lottare in mezzo al campo e recuperare palloni, e sviluppa un’elasticità tattica che nel corso della sua carriera gli tornerà molto utile. Nonostante la posizione occupata, inizia a far intravedere delle importanti doti realizzative: alla sua prima stagione, infatti, segna 14 gol.
In patria si inizia a parlare di lui, viene anche chiamato nell’Under-19 della Nazionale croata e anche lì mostra il suo talento, le sue prestazioni fanno rumore, Mario spicca sugli altri giocatori, e nel 2005 si trasferisce all’NK Zagabria, la meno nota ma più vecchia squadra della capitale. A Zagabria debutta nella prima divisione croata e inizia a giocare stabilmente da prima punta, nelle due stagioni con la maglia dei Pjesnici realizza 17 gol in 58 presenze.
Nella stagione 2007/2008 la carriera di Mandzukic fa un ulteriore passo in avanti, viene infatti acquistato dalla prima squadra della capitale, nonché prima squadra del Paese, la Dinamo Zagabria. Nella stessa annata, dopo aver giocato ed esser andato in gol anche con l’Under-20 e l’Under-21, viene convocato dalla Nazionale maggiore, e anche lì ci mette poco a lasciare il suo timbro.
Nei tre anni alla Dinamo diventa ancor più implacabile sotto porta, mette a segno 63 reti in 128 gare e colleziona nel palmarès i suoi primi trofei, tutti nazionali: 3 campionati, 2 coppe e 4 supercoppe.
Mandzukic ha gli occhi di mezza Europa addosso, e nel 2010, come aveva fatto da bambino, decide di lasciare la Croazia per la Germania, questa volta fortunatamente non per questioni belliche. Ad attenderlo c’è un clima più rigido, Mario si trasferisce nel nord della Nazione, in Bassa Sassonia, precisamente nella città di Wolfsburg.
Ad accoglierlo c’è il tecnico Steve McClaren – ex CT dell’Inghilterra –, che, nonostante la consacrazione in Croazia sia avvenuta da prima punta, lo schiera spesso sulla fascia, come esterno d’attacco e di centrocampo, perché, secondo il tecnico inglese, soffre la concorrenza di Edin Dzeko, altro attaccante roccioso classe ‘86 proveniente dall’est-Europa, che però porta già con sé una maggiore esperienza. Nonostante le scelte di campo, tra i due nascerà una buona amicizia, e viaggiando un po’ con la fantasia, sarebbe stato molto bello, calcisticamente parlando, vederli giocare insieme, per la stessa nazionale, al massimo dello splendore delle loro carriere, ma dobbiamo accontentarci di 6 sbiaditi mesi in quel di Wolfsburg.
La confusione sulla panchina dei Wölfe è considerevole, e a poche gare dal termine c’è il serio rischio di retrocedere. Per evitare questo disastro il club richiama Felix Magath, l’eroe che 2 anni prima aveva miracolosamente portato i Lupi a vincere il campionato.
Il tecnico tedesco sarà fondamentale per la crescita temperamentale di Mandzukic, sarà infatti in quegli anni che svilupperà la sua dedizione assoluta alla professionalità e temprerà il suo carattere, rude e scontroso ma sempre e solo al servizio del gioco e della squadra, saranno infatti rarissime in carriera le espulsioni per non esser riuscito a contenere la sua bruschezza, nonostante non si sia mai tirato indietro quando c’era da lottare.
Oltre a smussarlo caratterialmente, Magath torna a far giocare Mandzukic come punta, e questa scelta ottiene sin da subito dei riscontri positivi: Mario, che fino a quel momento aveva segnato solo 1 gol, segna 7 reti in 6 gare e trascina il Wolfsburg alla salvezza. La mano di Magath si era fatta decisamente sentire.
Nella stagione successiva Mandzukic segna 12 gol e serve 10 assist ai compagni, dimostrandosi una punta completa e terribilmente efficace, tra le migliori al mondo nel colpo di testa. Il Wolfsburg chiude l’anno all’ottavo posto, ma la sua avventura con i biancoverdi finisce lì, perché in Baviera si sono accorti di lui, e il Bayern Monaco decide di acquistarlo.
Ancora una volta, come in Croazia, Mario sale un altro gradino, arrivando al top, e questa volta entra a far parte di una squadra che rappresenta l’élite europea, dalla quale Mandzukic si distaccherà solo sul finale di carriera.
Nell’estate del trasferimento al Bayern, disputa la sua prima competizione internazionale con la Croazia, l’Europeo del 2012. La sua Nazionale, però, è parecchio sfortunata nel sorteggio, è costretta infatti ad affrontare un girone in cui ci sono Italia e Spagna, ovvero quelle che si riveleranno le finaliste del torneo. La vittoria con l’Irlanda e il pareggio con l’Italia non bastano, la Croazia esce ai gironi, ma lo fa a testa altissima, con 4 punti, 4 gol fatti e 3 subiti. Di quei 4 gol, Mandzukic ne segnerà 3, risultando capocannoniere a fine torneo nonostante le poche partite giocate, a pari merito però con altri cinque giocatori.
Il pensiero iniziale del Bayern Monaco era quello di aver preso una riserva per Mario Gomez, ma nel corso della stagione, anche a causa dei problemi fisici del tedesco, riuscirà a superarlo nelle gerarchie di mister Heynckes e a divenire la punta titolare. La sua prima annata in Baviera è praticamente perfetta: mette a segno 22 gol e vince tutto quello che c’è da vincere. Conquista il treble, il primo nella storia del calcio teutonico, vincendo la sua prima Bundesliga, la sua prima Coppa di Germania, e soprattutto la Champions League, dopo aver battuto in finale il Borussia Dortmund di Jürgen Klopp, gara nella quale segna il primo gol dei bavaresi, prima del secondo e decisivo gol di Arjen Robben.
In quel periodo, per la sua tenacia in campo, la sua continua interpretazione della gara come una lotta e l’asfissiante pressing sui difensori avversari, venne soprannominato dal suo ex compagno di squadra al Wolfsburg Brazzo Salihamidzic, Strassekämpfer, ovvero Street Fighter, come il famoso picchiaduro degli anni Novanta.
Il capolavoro della prima stagione viene però soppiantato da quello che succede nella nuova: il Bayern rivoluziona, arriva Pep Guardiola. Come spesso accade, l’arrivo del tecnico spagnolo in un nuovo club prevede lo spodestare completamente il posto di giocatori che sembravano intoccabili, è successo al Barcellona con Ronaldinho, succederà al Manchester City con Yaya Touré, e al Bayern fu Mandzukic a esserne vittima. Per la dirigenza, però, il croato è un giocatore troppo importante, e decidono di tenerlo in rosa.
Mandzukic prova in tutti i modi ad adattarsi alla filosofia del catalano, e sul campo i numeri parlano a suo favore, segna anche più dell’anno precedente, ma il feeling con l’allenatore non scatterà mai, e le cose precipiteranno nel finale di stagione. L’attaccante croato, in un’intervista rilasciata dopo l’addio al Bayern, accusò Guardiola di mancanza di rispetto nei suoi confronti, che al contrario aveva sempre rispettato lui e tutto il mondo Bayern. I motivi furono principalmente due: il non averlo convocato per la finale di Coppa di Germania, e l’averlo lasciato in panchina nelle ultime giornate di campionato – con il Meisterschale già in bacheca – solo per impedirgli di vincere il titolo di capocannoniere. Il caso vuole che il miglior marcatore stagionale, con due reti in più, sarà Robert Lewandowski, il giocatore che lo sostituirà.
Mandzukic fa quindi le valigie e si trasferisce all’Atlético Madrid, alla corte del Cholo Simeone. Debutta e segna subito con i Colchoneros, decidendo il derby contro il Real Madrid nella Supercoppa di Spagna. Le premesse per fare bene ci sono tutte, il cholismo, al contrario del tiki-taka guardiolano, è una filosofia di gioco nella quale il croato può dare il suo massimo, ma l’annata non va come ci si poteva aspettare, l’Atlético è protagonista di una stagione mediocre. Mandzukic realizza comunque 20 gol e si conquista l’apprezzamento dei tifosi soprattutto per le battaglie senza esclusione di colpi con Sergio Ramos durante i derby madrileni.
Mario, però, non rientra tra gli incedibili per la dirigenza, e dopo un’offerta reputata giusta per lui viene ceduto. Ad acquistarlo è una squadra italiana, la Juventus.
Così come con l’Atlético, debutta segnando e vincendo la Supercoppa nazionale, insieme al suo compagno di reparto e anch’esso nuovo arrivato Paulo Dybala, con il quale costruirà sul campo un feeling particolare, oltre che con l’allora ventiduenne Paul Pogba, che gli fornirà diversi assist nel corso della stagione.
Le premesse, ancora una volta, risultano beffarde. In campionato le cose non si mettono per niente bene, dopo 10 giornate la squadra di Allegri ha collezionato 3 vittorie, 3 pareggi e 4 sconfitte. Alla decima giornata, dopo la sconfitta contro il Sassuolo, sono davvero in pochi quelli che credono che la Juventus possa vincere quello scudetto. Mario, complice anche un infortunio, segna appena 1 gol, il suo primo in Serie A, nella vittoria contro l’Atalanta, e, come tutta la rosa, sta deludendo le aspettative.
Ma qualcosa cambia, i veterani prendono in mano la squadra e nella partita successiva, quella del derby della Mole contro il Torino, la Juventus vince con un gol di Juan Cuadrado al 94’. Da quel momento fino alla trasferta di Firenze che regalerà lo scudetto ai bianconeri, la Juventus non perderà nessuna gara, e anzi, ne pareggerà solo una contro il Bologna, e vincerà tutte le altre, compiendo una rimonta insperata e miracolosa. Mario Mandzukic, nonostante qualche altro problema fisico che avrà nel corso della stagione, sarà uno dei protagonisti di questo miracolo, mettendo a segno 13 gol e diventando un giocatore tatticamente imprescindibile per Massimiliano Allegri.
In Champions Mandzukic segna sia nella gara d’andata che in quella di ritorno contro il Manchester City, salta l’ultima gara del girone per influenza e la Juve crolla a Siviglia, passando clamorosamente il girone da seconda e incontrando subito una big agli ottavi, il Bayern Monaco. Mario sente molto questa gara, affronta i suoi ex compagni e soprattutto il suo ex allenatore Pep Guardiola, vuole aiutare i bianconeri a vincere.
Nella gara d’andata, giocata allo Juventus Stadium, dopo 55 minuti, la Juventus è sotto di 2 reti: Müller e Robben, con un gol dei suoi. Ma la squadra torinese, presa sulle spalle dal suo numero 17, non si arrende, e trova prima l’1-2 di Dybala, su una grande imbeccata di Mandzukic, e poi il 2-2 con un gol a sorpresa di Stefano Sturaro, e in questo caso il croato confeziona l’hockey pass dell’azione. Mario, che rientrava da un problema muscolare che gli aveva fatto saltare cinque gare di campionato, è il trascinatore assoluto della Juventus, lotta come un leone per 90 minuti e non si risparmia mai quando c’è da battagliare, per conferme citofonare Robert Lewandowski.
Ventuno giorni dopo, all’Allianz Arena di Monaco, si gioca il ritorno. La Juventus arriva alla gara orfana di Chiellini – che verrà convocato, ma resterà in panchina –, Marchisio e Dybala, e con un Mandzukic a mezzo servizio, visto che, nei giorni precedenti alla gara, ha riscontrato dei problemi muscolari. Per questo motivo, Allegri decide di tenerlo in panchina, e inserirlo al massimo a gara in corso se sarà necessario.
I bianconeri, disegnati tatticamente da Allegri con un 5-4-1 e trascinati da un Morata in forma smagliante, giocano 60 minuti perfetti. Trovano due gol, il primo con Pogba e il secondo con Cuadrado, e hanno tantissime occasioni per chiudere definitivamente la gara, che però non vengono sfruttate.
A 30 minuti dalla fine il Bayern inizia a spingere insistentemente, si fa sentire sempre di più e prova a riaprirla. Sul 2-0 per la Juve, Allegri, preoccupato dalla squadra che si stava arroccando troppo in difesa, inserisce Mandzukic per tenere su la palla, ma il risultato non è quello sperato. Mario, quasi per indole, oltre che per una condizione che non è delle migliori, si schiaccia sulla linea dei centrocampisti e di conseguenza gli avversari alzano il loro baricentro, diventando sempre più pericolosi, fino a quando non trovano il gol dell’1-2 con Lewandowski al 73′.
La Juventus prova a resistere nell’ultimo quarto d’ora, ma al 91′ arriva il gol di Thomas Müller, che così come all’andata rimonta da 0-2 a 2-2, con la differenza che adesso ci sono a disposizione i supplementari. La Juventus, stanca fisicamente e psicologicamente, crolla sotto i colpi di Thiago Alcantara e Coman, e viene eliminata dalla competizione.
L’estrema delusione di Mandzukic, come testimonierà Allegri anni dopo, si manifesta prepotentemente nelle settimane a seguire. Mario si sente l’assoluto responsabile per la sconfitta, diventa improvvisamente più silenzioso del solito e si isola dal gruppo all’interno dello spogliatoio, come per volersi punire. In pochi mesi si era creato un grande affetto tra lui, i compagni e i tifosi, e il pensiero di averli delusi lo straziava. Risponderà sul campo, nelle ultime gare del campionato, ma questa, per lui, rimarrà a lungo una ferita complicata da rimarginare.
Nella stagione successiva, alla Juventus arriva Gonzalo Higuain, fresco di record di gol segnati in una singola stagione di Serie A nonché giocatore che rappresenta in quel momento il trasferimento più costoso nella storia della Juventus e della Serie A, e questo porta Mandzukic ad avere, almeno inizialmente, un ruolo più marginale all’interno dell’attacco bianconero. Allegri non può tenere fuori una macchina da gol come l’argentino, ma allo stesso tempo il croato è troppo importante per stare in panchina, Mandzukic è uno che si sacrifica ma che non si può sacrificare. Per farli condividere si inventa un 4-2-3-1 in cui Higuain fa la punta, e Mandzukic torna a ricoprire, dopo diversi anni, il ruolo di esterno sinistro d’attacco. Questa geniale mossa tattica rappresenta la chiave di volta per la Juventus, che con i due, Dybala e Cuadrado – o Dani Alves –, forma un attacco tatticamente perfetto.
In questa posizione il croato riduce il numero di gol rispetto alla stagione precedente – andrà comunque in doppia cifra –, ma le sue lotte in mezzo al campo, i suoi recuperi in difesa, la sua corsa instancabile sulla fascia, il suo peso specifico in area di rigore, il suo pressing asfissiante sui difensori, la sua tenacia e la sua immensa leadership, lo rendono il giocatore più importante dello scacchiere bianconero per i meccanismi di gioco allegriani.
La squadra rivince il campionato, rivince la Coppa Italia, e arriva in finale di Champions League, dopo aver sfoderato prestazioni epiche, su tutte la vittoria per 3-0 contro il Barcellona di Leo Messi.
In quel di Cardiff, però, la Juve casca ancora una volta in quella che è la propria storica maledizione. Il primo tempo illude i bianconeri: gli ispanici passano in vantaggio con il solito Cristiano Ronaldo, ma Mandzukic pareggia i conti, segnando in rovesciata un gol imbarazzantemente bello – diventando uno dei tre calciatori, insieme al già citato Ronaldo e a Velibor Vasovic, ad aver segnato con due squadre diverse in una finale della massima competizione europea –; la squadra bianconera sembra essere in partita. Nel secondo tempo, però, complici dei possibili dissidi interni venuti fuori negli spogliatoi e un Cristiano Ronaldo in versione beast, la Juve viene travolta con un clamoroso 4-1.
La terza stagione bianconera di Mandzukic, vissuta ancora principalmente da ala e solo parzialmente da punta, è una stagione di costanti. Vince ancora il campionato e vince ancora la Coppa Italia, ma alla costante delle vittorie nazionali si accompagna la costante delle delusioni europee, con il croato sempre protagonista e trascinatore di una squadra che quando esce dai propri confini sembra non riuscire a dare il proprio massimo.
In Champions League, infatti, è ancora vittima del Real Madrid di Cristiano Ronaldo, questa volta ai quarti di finale. Dopo un sentenzioso 0-3 all’andata – partita nella quale CR7 segna probabilmente il gol più bello della sua carriera –, la Juve rischia di fare il miracolo al Bernabéu, ma perde la qualificazione all’ultimo minuto con un rigore del numero 7 dei blancos, per l’1-3 finale. In quella gara, studiata in maniera perfetta da Allegri, Mandzukic fu il leader offensivo della squadra, umiliando sulla sua fascia Dani Carvajal – uno dei perni assoluti del Real di Zidane –, sono infatti suoi i primi due gol della squadra torinese, che però risultano ancora una volta illusori.
In estate arriva per lui e per i suoi compagni di Nazionale l’occasione che non si può sprecare, la talentuosa generazione croata dei Modric, dei Rakitic e dei Mandzukic è arrivata probabilmente all’ultima grande chiamata, quella dei Mondiali di Russia 2018. Era importante rendere orgogliosi i 4 milioni di croati presenti nel Paese e fare una buona figura, ma nessuno si sarebbe mai aspettato una spedizione così memorabile.
La Croazia inizia il suo Mondiale in un girone per niente semplice, dove però ottiene 3 vittorie, contro la Nigeria, l’Islanda e soprattutto l’Argentina di Lionel Messi, che viene spazzata via con un netto 3-0. Nel prosieguo del percorso battono prima la Danimarca e poi i padroni di casa della Russia ai calci di rigore, e il destino sembra simile anche per la semifinale contro l’Inghilterra, che però viene risolta da un gol ai tempi supplementari di Mario Mandzukic, che porta la Croazia a giocare la prima finale della sua storia.
Capire cosa significhi questo per un popolo appartenente a un paese piccolo e che ha visto la propria Nazionale, dopo l’exploit inaspettato del ‘98, eliminata ai gironi dei Mondiali 2002, 2006 e 2014, con in mezzo la non qualificazione del 2010, è praticamente impossibile. Quello che era riuscita a fare quella squadra, prima ancora della finale, era inspiegabile, molto più di un semplice traguardo sportivo. I croati erano uniti come mai lo erano stati prima.
La finale vedrà la Francia vincere il suo secondo Mondiale, ma, al di là della banale retorica, l’orgoglio provato dai croati per la propria squadra rimase intatto anche dopo il triplice fischio finale, e la felicità di aver raggiunto quell’obiettivo e averne sfiorato uno forse troppo grande era incommensurabile. In quella partita finita 4-2 per i Blues, Mandzukic segna, quando ormai è troppo tardi, il suo trentatreesimo e ultimo gol con la maglia a scacchi, diventando il secondo goleador di sempre dopo Davor Suker.
Nel frattempo, a Torino, la Juve ha portato in bianconero quello che per anni è stato il loro peggior incubo: Cristiano Ronaldo. Con la partenza di Higuain verso Milano, il croato si rivela un partner essenziale per il portoghese, e un elemento importante in area di rigore, decidendo spesso le partite contro le big del campionato italiano. Al termine dell’annata arriverà “solo” lo scudetto, il suo quarto consecutivo, e per sancire ancor di più l’amore tra lui e la Juventus, indosserà in 7 occasioni la fascia di capitano, tutto porta a prevedere che la carriera del croato si concluderà adornata dai colori bianconeri, come era anche nella volontà dello stesso Mandzukic.
Quello che non era stato previsto, però, è un’altra rivoluzione che avrà lui come principale vittima, dopo quella del Bayern. La Juventus passa da Allegri a Sarri, e Mario passa dall’essere un giocatore inamovibile a essere un peso fuori rosa.
La situazione che si era creata lo vede costretto ad andare via nel mercato di riparazione, lasciando la squadra nella quale ha dato e ricevuto di più in quanto ad affetto e non solo.
Sceglie come meta il Qatar, attirato dal ricco stipendio che l’Al-Duhail era disposto a offrigli, ma dopo appena 572 minuti in campo e 1 gol, rescinde il proprio contratto con la squadra araba, e ora è pronto a navigare verso altri lidi per una nuova avventura che possa stimolarlo calcisticamente.
Se si va a guardare la carriera di Mandzukic, lo spirito con il quale l’ha sempre condotta è praticamente opposto a quello che muove Giacinto Mazzatella, il protagonista della pellicola di Scola inizialmente citata. Il personaggio interpretato magistralmente da Nino Manfredi, infatti, mette i suoi soldi e la propria persona davanti a tutto, risultando egoista nei confronti della sua famiglia. L’attaccante croato, al contrario, ha sempre dato tutto quello che aveva per la propria squadra, per i propri allenatori e per i propri tifosi. Mario Mandzukic è sempre stato brutto, sporco e cattivo, ma solo per chi lo ha avuto contro.
 
RICCARDO MITA, JUVENTIBUS.COM DEL 30 NOVEMBRE 2019
“L’ultima valigia e poi tutto cambierà e già qualcuno aspetta per portarti via di qua...” Cantava così Massimo Di Cataldo, icona della musica nostrana anni ‘90, che si presentò con questo testo dal titolo “Se adesso te ne vai” al festival di Sanremo del 1996, sì, proprio quel 1996, anno che ci vide per l’ultima volta sul tetto d’Europa. La canzone parlava di un amore finito, di un’agonia portata avanti per cercare di non buttare via tutto, nella speranza di un ripensamento, ma nella consapevolezza che ormai fosse tardi. Questa consapevolezza, noi juventini, la stiamo vivendo da qualche mese ormai; nel nostro caso la storia al capolinea è quella tra la Juventus e Mario Mandzukic, bomber capace di vincere ovunque sia andato, maestro del gioco aereo e uno degli “attaccanti d’area di rigore” più forti della sua generazione.
Il croato, da punto inamovibile di mister Allegri è diventato – sì lo so è brutto chiamarlo così, ma al momento lo è – un esubero. L’ex Dinamo Zagabria, alla Juventus dalla stagione 2014/15, ha totalizzato 118 presenze e segnato 31 goal in bianconero. Numeri di tutto rispetto per uno dei giocatori più iconici della presidenza Andrea Agnelli. L’ex punta del Wolfsburg, (tra le diverse squadre in cui ha militato), ha rappresentato per noi tifosi un punto di riferimento, un giocatore pronto sempre a sacrificarsi e l’ultimo a uscire dal ring. Un calciatore che a 30 anni e passa si è messo a fare l’esterno d’attacco pur avendo quasi sempre indossato in carriera l’abito da punta centrale. Nonostante questo, prestazioni sempre di alto livello e goal importanti, soprattutto a grandi squadre, come a voler dimostrare la sua supremazia non solo fisica, ma decisamente mentale. Il suo goal più bello, manco a dirlo, la rovesciata in finale contro il Real Madrid... lancio di Bonucci da 40 metri verso Alex Sandro che rigira e trova Higuain, l’argentino fa sponda verso Marione che tenta la magia da posizione defilata e buca Keylor Navas. Un goal che sfida tutte le leggi della fisica, alcune le viola, ma Mario non lo sa e nel dubbio la butta dentro. Un’azione alla Holly e Benji, ma quel goal alla Hutton è frutto di un croato alto 1,90 m che tenta l’acrobazia da 12 m di distanza in una finale di Champions, e gli riesce. Come sia andata a finire quella partita lo sappiamo tutti e forse questo è l’unico ricordo da trattenere, non a caso firmato Mandzukic.
Il destino del vice campione del mondo a Russia 2018, sembra ormai segnato, e la cosa più tragicomica – passatemi il termine – nella carriera di questo campione – così va chiamato perché lo merita – è l’epilogo di ogni esperienza. Mario, infatti, sembra sia sempre stato fatto partire con troppa facilità. Al Bayern, dopo aver vinto tutto da protagonista, complice anche l’arrivo di Lewandowski, fu costretto a fare le valigie e lasciare l’Allianz Arena per passare di fretta e furia all’Atletico Madrid. Qui nonostante la stima del cholo Simeone e una Supercoppa di Spagna vinta grazie a un suo goal al ritorno contro la solita vittima Real Madrid, dopo una sola stagione, viene lasciato tranquillo di proseguire da un’altra parte. Inizia quindi l’avventura in bianconero condita da 4 scudetti, 3 coppe Italia e 2 supercoppa di Lega, trionfi che l’hanno visto come uno dei principali fautori. In questi anni l’amore dei tifosi, la stima di tutti, e la passione di mister Allegri che lo avrebbe messo anche in porta.
Quindi? Quindi stavolta finirà la carriera qui... Giusto? Macché sembra che tutto stia per finire anche stavolta. In questo caso non si deve dar colpa a scelte di mercato o mancanza di gratitudine, parola che nel calcio purtroppo ha poco peso, ma a uno stile di gioco di cui difficilmente potrebbe far parte. Sappiamo tutti infatti che nelle idee tattiche di Mister Sarri, il tecnico ex blues, prediliga giocatori più brevilinei sulle fasce e capaci di dare “strappi” durante diverse fasi della partita; senza pensare minimamente di togliere Ronaldo, libero di spostarsi partendo largo da sinistra. Per quanto riguarda il suo ruolo naturale da prima punta, qui il discorso è ancora più complesso. Al di là delle gerarchie, in cui Higuain veleggia, soprattutto in questo stato di grazia, subito dopo in quel ruolo troveremmo un Ronaldo accentrato “alla Allegri”, o un Dybala falso nueve, stile Sarri-Mertens per intenderci. Mandzukic quindi si ritrova dopo anni a non avere più una collocazione in campo, e questo lo porterà con ogni probabilità, alla soglia dei 34 anni, a cambiare di nuovo club. Si parla molto di Cina, si è parlato dello United che ora sembra essersi focalizzato sul talento Haland e si vocifera di un interessamento del Milan.
Quale sia la sua destinazione poco importa, il dispiacere di vederlo andar via sarà naturale. Lui ha dato tanto a questa squadra e ha rappresentato la rinascita soprattutto in campo europeo. La qualità che più ci mancherà sarà la cattiveria agonistica, ingrediente che manca a molti dei nostri giocatori. Quello che mi sento di dire è grazie Mario per quello che ci hai fatto vedere. Spero che la tua carriera ti possa regalare ancora tante soddisfazioni, ciò che lascerai, se davvero dovessi andar via è una lezione: puoi essere il calciatore più forte, il più tecnico, il più elegante, il più veloce, ma se non hai un fuoco dentro che ti brucia, le partite che contano non sono per te... e tu Mario, nelle partite che contano, vai a fuoco.
Chiudo come ho iniziato, con Massimo Di Cataldo, con una canzone vera, ma triste. Un po’ come questa bella storia che sta per tramontare. “E maledico il giorno che ci ha unito e questo che ti vede andare via, non mi rimane che un saluto abbasserò la testa e così sia...”
 
ALEX CAMPANELLI, JUVENTIBUS.COM DEL 22 AGOSTO 2019
Mario Mandzukic non può essere definito un calciatore divisivo. Non si hanno notizie di suoi atteggiamenti, dentro e fuori dal campo, che possano destabilizzare l’ambiente, sul terreno di gioco è pronto ad adattarsi ai ruoli e compiti più svariati senza battere ciglio, con compagni e allenatore è tanto corretto e disponibile quanto aggressivo e battagliero nei confronti degli avversari. Eppure, gli ultimi mesi di Mandzukic in bianconero, le quali radici affondano in realtà all’inizio della stagione 2017/18, hanno letteralmente frammentato l’opinione del tifo bianconero, rendendo veramente difficile dare una dimensione reale delle sue 4 stagioni con la maglia della Juve.
L’arrivo di Mandzukic in bianconero è una felice intuizione di Marotta e Paratici: partito Tevez, era impossibile sostituirlo con un giocatore dotato delle stesse caratteristiche, ecco allora sbarcare a Torino un attaccante che ne possedeva la classe e la tecnica di tiro, Dybala, e un altro che fosse in grado di ringhiare su ogni avversario ed eguagliarne l’impatto fisico, Mandzukic per l’appunto. Nell’inizio stagione più travagliato degli ultimi anni Allegri ci mette un po’ a trovare la quadratura, ma poi capisce che le qualità dei due si sposano alla perfezione e li mette davanti a Morata, probabilmente superiore a Mario come valore assoluto ma in quel momento meno funzionale a quella Juventus. Ne esce una stagione da 23 gol per Dybala, mentre Mario si accontenta di 13 segnature; resterà la sua annata più prolifica in bianconero.
Nella stagione seguente l’arrivo a sorpresa di Higuain sembra poter relegare il croato a seconda scelta, invece MM gioca diverse partite da spalla del Pipita, prima del colpo di genio di Allegri che frutterà la seconda finale di Champions in 3 anni, per una delle Juventus complessivamente più convincenti degli ultimi anni: un 4-2-3-1 che vede Mandzukic, Dybala, Higuain e Cuadrado in campo tutti insieme, con Mario a far l’ala sinistra. L’epica che circonda Mario Mandzukic qui arriva ai livelli massimi, toccando l’apice col gol segnato al Real Madrid in finale, un capolavoro che, se la Juventus fosse uscita vincitrice, avrebbe proiettato il croato dritto nell’albo degli eroi bianconeri di ogni tempo. Le sue corse a mordere sulle caviglie degli avversari, i recuperi fino alla linea di fondo, le spallate e le sgomitate spalle alla porta, lo sguardo assassino contro i “nemici” della Juventus: tutte caratteristiche che fanno impazzire il popolo bianconero, il quale innalza il numero 17 a nuovo eroe.
Poi qualcosa si rompe. Alla Juventus arrivano due esterni veri come Bernardeschi e Douglas Costa, l’opinione che “Mandzukic non possa ripetere una stagione così sfiancante” inizia a farsi strada, di colpo Mario l’eroe diventa un sopportato, si genera una corrente di pensiero che reputa stucchevoli tutti gli elementi che avevano fatto innamorare i tifosi, giudicate superflue nel momento in cui le prestazioni dell’ex Bayern non si rivelano più all’altezza della situazione. Il crollo del gradimento nei confronti di Mandzukic è proseguito nella stagione appena conclusasi: Mario che toglie spazio a Dybala da attaccante, Mario che impedisce alla Juventus di giocare bene a calcio, Mario che non segna mai ma deve giocare perché Allegri non ha il coraggio di toglierlo, Mario che non ne ha più ma non vuole ammetterlo e toglie spazio a compagni più meritevoli.
Serve tanto, tanto equilibrio per parlare dell’esperienza in bianconero di Mandzukic. Nei 4 anni con la maglia della Juve, l’attaccante non si è mai rivelato un killer d’area di rigore, sempre oscillando tra i 10 e i 13 gol stagionali, ma è stato un giocatore estremamente poliedrico e funzionale. La sua abilità nell’aprire gli spazi ha dato vita al Dybala più prolifico di sempre, la sua intelligenza tattica e il suo spirito di abnegazione hanno permesso l’esistenza di una delle Juventus più sbilanciate di sempre, con Khedira-Pjanic in mezzo al campo, Dybala mezzapunta e Alves-Cuadrado sulla destra.
Suo malgrado, non appena il deterioramento fisico (ostacolo quasi insormontabile per un giocatore delle sue caratteristiche) ne ha intaccato il rendimento, Mandzukic è rimasto prigioniero del suo stesso personaggio, della retorica che si era venuta a creare intorno a lui. La divisione su Mario Mandzukic ne ha generate di più ampie: chi lo reputa fondamentale viene considerato un discepolo di Allegri e nemico del bel calcio, quello predicato da coloro che ne invocavano la cessione a ogni prestazione opaca, per non parlare della dicotomia Dybala/Mandzukic, ritenuti “un giocatore senza palle, non da Juve” e “un carro armato senza piedi buono solo per le sponde” dai rispettivi detrattori. Mario Mandzukic, suo malgrado, ha tirato fuori il peggio del tifo bianconero, alimentandone la ghettizzazione.
Vanno dunque ricordati i gol decisivi in Champions League (City, Monaco, Sporting, due volte Real) e in campionato, fasti del suo periodo fisicamente più brillante, la generosità anche nei momenti più complicati, lo spirito di sacrificio e la genuinità con cui Mandzukic è diventato un calciatore juventino, non un calciatore della Juventus. Per il momento però dobbiamo fermarci qui; solo il tempo ci donerà un’esatta percezione del Mandzukic bianconero, provare a giudicarlo ora scatenerebbe soltanto altre guerre di religione.
 

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