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Morpheus ©

[ Uefa Champions League ] Real Madrid - Juventus 1-1

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Joined: 08-Jul-2007
7656 messaggi

Un godimento che non conosce pace ne tregua...

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Joined: 14-Mar-2007
23028 messaggi

"Papà... cosa significa coito interrotto?"

 

:261:

 

la risata malefica è la ciliegina

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Joined: 26-Jan-2012
3131 messaggi

non abbiamo ancora vinto niente ma è una sensazione fantastica

 

mi sembra di tornare indietro di 20 anni, quando dominavamo ovunque...in campo, sugli spalti e fuori.

 

 

TROPPO BELLO ESSERE GOBBI.

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Joined: 14-Jun-2008
11014 messaggi

LA REPUBBLICA 15-05-2015

IL RETROSCENA/LE PAROLE DI BUFFON, PIRLO E TEVEZ AI PIÙ GIOVANI: “NE VERREMO FUORI, FIDATEVI”

La scossa all’intervallo: “Abbiamo più fame noi”

C’erano juventini che stavano aspettando l’intervallo come se fosse una liberazione, il sollievo da un tormento. Il Real, aveva torturato la Juve con tredici tiri in porta, qualche bianconero avrebbe volentieri implorato pietà. Poi, l’intervallo. «E io e qualche altro degli anziani abbiamo parlato ai ragazzi: non mi potere dire che loro hanno più fame di noi, che non possiamo fare un gol a questa squadra» racconta Patrice Evra, una Champions già vinta. Nello spogliatoio c’erano facce pallide o, a seconda, paonazze. «Dovevamo raffreddare la mente» è la testimonianza di Marchisio. Allegri ha mantenuto la calma e ha dato qualche indicazione, ma sono stati i vecchi a prendere in mano la situazione: Buffon, Pirlo, Tevez in spagnolo, Evra che ha una personalità debordante, perché non si diventa capitani della Francia e dello United senza averne. «Tranquilli, sereni: ragazzi, ce la facciamo» hanno predicato quelli della vecchia guardia, guardando negli occhi i più giovani. Nel primo tempo Buffon era incavolatissimo perché percepiva che la squadra si stava difendendo quasi con rassegnazione, e nello spogliatoio l’ha fatto notare. Poi Evra ha trovato un’altra chiave: «Recupereremo senza problemi, ragazzi. Fisicamente non possono essere più forti di noi, non ve ne siete accorti? Alla fine verremo fuori noi, fidatevi». Si sono fidati. Allegri si è messo a parlare di pazienza e semplicità. Gli animi si sono calmati, i nervi si sono distesi, i vecchi hanno potuto mollare le redini sguinzagliando i ragazzi, a partire da Morata. «Sapevo che avremmo finito in crescendo », racconta Evra, «perché qui si lavora così tanto che al confronto gli anni di Manchester sono stati una vacanza. Qui ti fanno correre anche quando dormi».

La Juve è arrivata a Berlino perché ha saputo guardarsi negli occhi. Ma d’altronde questi segni d’intesa, questa specie di ribellione della zoccolo duro è il segreto della stagione intera, cominciata in quel martedì di luglio in cui Conte, convinto che nei ristoranti di lusso avrebbe fatto la figura del pezzente, prese e se ne andò: lo spogliatoio quel giorno strinse un patto, forse fu anche la rabbia (insieme con un filo di risentimento) a rinsaldarlo. È sempre Evra che racconta: «Avevo paura finisse come a Manchester, quando Ferguson se ne andò e arrivò Moyes, ma ho capito che non sarebbe successo quando abbiamo vinto le prime sei partite senza prendere gol: non me lo aspettavo». Forse non s’aspettava nemmeno quello che aveva deciso lo spogliatoio: «Buffon e Tevez mi hanno detto che volevano far vedere che non era solo Conte la ragione di tutto, che adesso avevano la responsabilità di dimostrarlo. In quel momento ho visto emergere delle personalità enormi». Le stesse che nel ventre del Bernabeu hanno ribaltato una partita, e forse la storia.

 

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LA STAMPA 15-05-2015

“Dalla serie B a Berlino”

Il volo di ritorno nella storia

E sull’aereo della Juve si balla. Per la musica però

I compagni stupiti da Pogba: “È come Michael Jordan”

Non è un volo di ritorno a casa, Santiago Bernabeu-Torino, ma un viaggio nel tempo: «Passare dalla serie B a Berlino, e dopo tanti momenti in cui potevi pensare che non ce l’avresti fatta, ecco, per chi ha vissuto tutto questo, c’è ancora qualcosa in più». Più di una finale di Champions, contro il Barcellona, un sogno dopo troppi incubi: essere tornati se stessi. Racconta Giorgio Chiellini, ma sull’aereo che riporta la Juve alla base, potrebbero dirlo in tanti: Buffon, Trezeguet, che s’abbraccia con Tevez affidandogli la vendetta, o Pavel Nedved, juventino più che mai anche in tribuna d’onore. Al gol di Ronaldo, e all’esplosione del Bernabeu, quasi litigherà: «Cavolo esulti, neanche era rigore». L’aspettano tutti quella Coppa, sfuggita: per un’ammonizione, per due partite storte, perché da campione del Mondo ti hanno messo al confino in serie B.

Discoteca tra le file

Allacciate le cinture e alzate il volume, perché ognuno ha la sua esultanza: Pereyra, Coman e Pogba, scelgono la discoteca ambulante. Casse wifi bianche, telefonino e via alle danze, già sul pullman che porta all’aereo. Ci sarebbe anche Vidal, non fosse rimasto a terra per fare l’anti-doping. «Non sono stanco», ripete Pogba, mentre saltella sulle scarpe gialle, in tinta con la cresta, con sulla punta la faccia di un orsetto. «Quello ha il fisico di Michael Jordan: fermo 50 giorni, ne gioca 90 contro il Real Madrid: un mostro». Parola di uno di quelli che lo soffiò al Manchester United. Colonna sonora anche in cabina: del resto, in fase di decollo bisogna spegnere di tutto, ma le discoteche non vengono nominate. Ne esce un divertente quadretto da Harlem Shake: chi è in cravatta, chi come Llorente e Pepe con la maglia da gioco. Bonucci si guarda l’orologio e gli dà dei colpetti, poco prima del decollo, una e mezza del mattino: «Niente, non ne vuol sapere di cambiare data. Segna sempre il 13maggio». La sera s’è fatta storia. Possono mancare i cori? «Ce ne andiamo a Berlino». Pepe, al solito, è one man show, il Messi dei casinisti: sostituisce l’hostess agli annunci e tratta con gli sponsor i premi per la finale. L’unico a camminare di più è l’ad Beppe Marotta, come se trattasse prestiti e comproprietà a ogni seggiolino: ti dò un finestrino per due posti corridoio. Con diritto di riscatto: qualcuno a tempi della Samp lo prendeva in giro, e intanto lui è in volo per la finale di Champions. Non s’avvista invece mai il ds Fabio Paratici: sarà rimasto a casa del prossimo giocatore da comprare.

Tremila tifosi all’alba

A bordo c’è solo una cosa proibita: non credere nella prossima impresa. «Non penso che il Barcellona sia imbattibile. E se uno lo pensasse - sorride Evra, uno arrivato alla quinta finale - dovrebbe dirlo ad Allegri e restare a casa, non venire a Berlino». Fuor di metafora: «Abbiamo meritato di essere qui, non è stato un colpo di c**o», riassume Chiellini. Basta che non vinca il Barcellona, o almeno così si sono raccomandati negli spogliatoi Sergio Ramos e Casillas. L’unico (ex) merengue felice è Morata: «Pensavano fossi pazzo ad andare via da Madrid, invece sono di nuovo in finale». Come i tremila tifosi che aspettano all’aeroporto, alle tre e mezzo, tra bandiere e bengala. Qualcuno ha montato casse formato gigante su un camion, e spara a tutto volume la musichetta della Champions. La risentiranno a Berlino.

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Che gruppo!

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