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Nuovo Stadio Roma: Investimento da un Mijardo de euri. Più nartro mezzo e quarche piotta, poi se vede

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Sembra quasi che le famose torri siano state messe a progetto appositamente per poi andare a trattare sulla riduzione delle opere pubbliche di fronte alla richiesta di cancellarle... 

 

Ma sono troppo malizioso io: mi impongo anche di non pensare che quelle opere pubbliche poi serviranno comunque, e che toccherà ai contribuenti pagarle. :sisi:

 

 

 

 

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Morassut: «Ora bisogna evitare altri pasticci »

 

 

(Fabio Rossi) - Roberto Morassut, deputato del Pd ed ex assessore capitolino all'urbanistica, cosa pensa della vicenda del nuovo stadio della Roma?
«Io ho criticato il progetto di Tor di Valle fin dall'inizio. Anche in disaccordo con l'orientamento prevalente del Pd».

 

Perché?
«Ritengo che sia una scelta urbanisticamente sbagliata e che deriva da una legge, quella sugli stadi, altrettanto sbagliata e foriera di confusione, rischi e pasticci di ogni tipo. Ho votato quella legge per disciplina di gruppo ma ho contribuito a limitarne i danni e comunque continuo a ritenerla talmente deleteria da considerare necessario persino un suo ritiro».

 

Venerdì scorso si è raggiunto l'accordo tra i costruttori e la giunta M5S. Come lo valuta?
«Non mi pronuncio perché non ne conosco il merito con esattezza, ma rilevo che l'urbanistica fatta un tanto al chilo e sotto la pressione della piazza non porta mai a buoni risultati».

 

C'erano alternative praticabili?
«Secondo me sarebbe stato possibile perseguire la via del recupero del patrimonio pubblico del Flaminio e dell'Olimpico e farli diventare le case della Roma e della Lazio attraverso un operazione urbanistica e patrimoniale pubblico-privata di grande respiro. Si è scelta un'altra strada che si è rivelata pasticciata».

 

E ora?
«Spero che questo ultimo annuncio della Raggi non sia un'altra bufala e che si proceda con linearità e senza pasticci perché significherebbe gettare altra benzina sul fuoco».

 

(Il Messaggero, 27.02.2017)

 

 

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La faccia come il c**o proprio...

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24 minuti fa, Gil Rui Soares Barros ha scritto:

Sembra quasi che le famose torri siano state messe a progetto appositamente per poi andare a trattare sulla riduzione delle opere pubbliche di fronte alla richiesta di cancellarle... 

 

Ma sono troppo malizioso io: mi impongo anche di non pensare che quelle opere pubbliche poi serviranno comunque, e che toccherà ai contribuenti pagarle. :sisi:

 

 

 

 

 

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Montanari: “M5S come la Dc, sì ai palazzinari per non perdere il consenso”

 

(Tommaso Montanari) – «Et homo factus est». Così, parodiando il Credo, scrisse Pasquino nel 1656, quando papa Alessandro VII rinunciò a una riforma radicale del sistema nepotistico, e si rassegnò a chiamare a Roma tutta la sua famiglia senese. «Homines facti sunt», si può dire oggi dei 5 stelle, che dopo aver promesso di rovesciare il sistema dalle fondamenta, escono dalla vicenda dello Stadio come la più mediocre giunta post-democristiana. La situazione ha del paradossale. Perché oggi rimane deluso chi dal Movimento si aspettava una svolta radicale. Mentre possono tirare un respiro di sollievo tutti coloro che li hanno temuti e attaccati ferocemente perché ‘antisistema’, o addirittura ‘eversivi’. Altro che alieni: tutto il ‘sistema’ si frega le mani, avendo scoperto che anche con questi ‘alieni’ si tratta, eccome. Non perché siano corrotti, sia chiaro: ma perché sono impreparati, e culturalmente fragili. Sono bastati i tweet di Totti e le minacce di Pallotta a far squagliare ogni velleità di resistenza: alla prima vera prova, il populismo antisistema si è inchinato al populismo del sistema. La cosa più triste è che, in tutto questo, sembra che di Roma — della città, intendo — non importi molto a nessuno.

 
Perché i casi sono due: o il progetto era una speculazione inutile, e allora si doveva avere il coraggio di fermarlo. O, invece, era di interesse pubblico (come aveva ufficialmente affermato la giunta Marino): e allora bisognava realizzarlo in modo coerente. Ma dimezzarlo, con una logica da salumiere, lascia esterrefatti. È un risultato che svela una simmetrica ipocrisia: quella, eterna, degli speculatori (ai quali importa solo far soldi, con qualunque progetto, alla faccia delle archistar coinvolte), e quella di una giunta che prova a salvare una facciata ambientalista. Quel che muore è ogni idea di progetto. L’idea che si rompesse una volta per tutte con l’urbanistica contrattata. L’idea che i cittadini, una volta entrati nel palazzo, avessero la forza di riprendersi il futuro della città, togliendo il boccino dalle mani dei palazzinari. La mancata sostituzione di Paolo Berdini è un dettaglio eloquente: una scelta di questo peso è stata fatta senza un tecnico alla guida. Dopo aver detto tutto e il contrario di tutto (fino all’imbarazzante girandola romana di Beppe Grillo), hanno prevalso purissime ragioni politiche: la stella polare è stata la paura di perdere troppi consensi, mettendosi contro i tifosi.

 

Mentre si doveva avere il coraggio di dire a chiare lettere che il calcio è ormai solo un paravento di grandi operazioni finanziare e immobiliari che stravolgono le città, trattando i cittadini come plebe (assai spesso, peraltro, una plebe consenziente). Sono stato tra coloro che hanno invitato a votare Virginia Raggi. L’ho fatto per rompere la politica del TINA («There is no alternative»), il motto della Thatcher e di Blair che in Italia ha unito in un cartello il Pdl e il Pd. Ma oggi anche i 5 stelle si uniscono al coro di chi proclama che a questo sistema di potere non c’è alternativa: davvero un brutto giorno per la democrazia italiana.

 

(Repubblica, 26.02.2017)

 

 

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Modificato da Marmas

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"Stadium" e scudetto, una modesta proposta

 

IL FATTO QUOTIDIANO (O. BEHA) - Habemus stadium: pare dunque che dal conclave tra Roma e la Roma sia uscito un filo di fumo giallorosso e che quindi questo nuovo impianto si faccia. La questione ha assunto però un significato meta-calcistico troppo importante, diventando tutto iperpolitico e delicato sul piano urbanistico e ambientale. Elencare i detti e i contraddetti di tutti, nella vicenda ormai annosa che in questo febbraio ultimativo è stata sempre in prima pagina, farebbe rabbrividire Karl Kraus (noto trequartista austriaco), ci indurrebbe a disistima e sarcasmo ma soprattutto servirebbe a poco.

 

Vediamone allora i punti salienti. Il primo riguarda la necessità sventolata da tempo di uno stadio nuovo, in un Paese ipercalcistizzato che ha ancora sul groppone gli stadi sbagliati di Italia '90 e ha visto mezza Europa costruire stadi più adatti, meno capienti (in un momento in cui essi si svuotano, non si riempiono), innocenti da ogni stravolgimento cementifero. Si dibatte per anni sulla legge, a partire da Lotito che ora dice "E io?", perché in realtà i neostadi vengono visti soprattutto se non esclusivamente come pretesto di speculazione edilizia.  La legge passa in modo malcerto nel 2014 e la Roma che Pallotta e company hanno comprato con finanziamenti UniCredit velocizza il suo progetto arrivando, d'accordo con l'amministrazione del "marziano" Marino, a una selezione dei luoghi fino alla scelta di Tor di Valle, che prevede all'ingrosso un milione di metri cubi, di cui lo stadio rappresenta circa il 15%.

 

Il secondo punto riguarda la storia del sito e dell'omonimo ippodromo in pieno degrado, come tutta la zona. Casualmente i terreni assai prima delle firme sono finiti nella disponibilità di un costruttore di prima grandezza, Parnasi, dopo una storia opaca di chi è fallito e glieli ha ceduti. Sempre casualmente il costruttore, che con Pallotta detiene il progetto per uno stadio che il presidente della Roma noleggerà almeno inizialmente alla Roma stessa, è fortemente indebitato con Unicredit. Quindi casualmente nei quattro cantoni Unicredit-Pallotta-Parnasi-Unicredit lo stadio, o meglio il macroscopico progetto con tre torri di Lebeskind fatto di molte costruzioni, del verde indispensabile e dell'arredo urbano a carico dei progettatori, sistemerebbe un giro di "dare/avere" dalle cifre vertiginose.

 

Il terzo punto è che tutto questo piomba sulle spalle esili del Sindaco Raggi e del suo leader ultracarismatico (cioè un ultrà del carisma...), Beppe Grillo. Che fare, negare tutto, ascoltando i cittadini e i pareri contrari sulla sicurezza del sito? Cedere e farsi amici coloro che si erano già inimicati sfuggendo (fortunatamente) i Giochi romani del 2024? Grande impasse per giorni, perché c'è anche un quarto punto: la tonitruante eco civica/tifosa di quei romani che vorrebbero comunque un segno di novità, visto che è una città al ristagno (ma farla funzionare decentemente com'è strappandola alla palude non vi basterebbe?); e di quei romanisti che vedono nel nuovo stadio una palingenesi calcistica, dopo tanta Juventus.

 

Come sia andata a finire, con un compromesso che prevede mezza cubatura ma nello stesso luogo, lo sapete. Vedremo che ci metteranno dentro. Ma se chiedi un milione di metri cubi e poi scendi alla metà, non dimostri "senso civico" ma fai pensare che comunque, in quei terreni, ci guadagni e molto lo stesso. Chi aveva accettato il primo progetto forse ha qualche responsabilità grossa, che dite? E poi: i tifosi romanisti pur di vincere uno scudetto nel vecchio come nel nuovo stadio sono davvero disposti a tutto, non importa il come? Anche "oscuro"? Omnia immunda immundis, alla luce non così infrequente di una domenica in cui abbiamo assistito a nefandezze arbitrali in dosi industriali, e sempre a favore dei più forti? Perché vedete, in un ambiente simile e in questo Paese si può immaginare quasi tutto, nel calcio come nel resto. Ormai che significa "essere onesti", e sopratutto ne vale la pena?

 

 

(27.02.2017)

 

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16 minuti fa, Marmas ha scritto:

 

 

Marino: "Dalla Raggi un favore ai costruttori"

 

 

La faccia come il c**o 2  .asd

 

Marino Bartoletti? Oppure l'ex Dolphins Dan Marino...ma forse trattasi di Salvatore Marino? No, non credo....vediamo ah forse è Pasquale Marino...mh

NOOOOOOOOOOOO!

Ignazio Marino? Quello finanziato da Parnasi? Quello che andava in ginocchio a Boston a vendersi a Pallotta? Oppure quello che aveva regalato tonnellate e tonnelate di cemento a quelli che gli avevano finanziato la campagna elettorale?

Lui?

Parla di regalie ai palazzinari?

Un capriolone con carpiato che nenche Cagnotto padre e figlia assieme...

Ma che grande paese il nostro, grandissimo.

 

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Stadio, monta la fronda «Se si tagliano le opere decade l'utilità pubblica»
 

 

(di M. Evangelisti e F. Rossi)

 

IL CASO
Sono tante le incognite che ancora pesano sul progetto del nuovo stadio di Tor di Valle. Ieri si è svolta la solita riunione del lunedì della maggioranza in cui si è cercato un punto d'intesa. Ma la fronda anti-Ecomostro si rafforza giorno dopo giorno. Sono sei i consiglieri comunali che, prima dell'accordo con la Roma, si sono detti non favorevoli al compromesso. Ad alimentare il dissenso della base - «almeno il 50 per cento dei nostri continua a essere contrario», spiega un importante esponente del Movimento 5 Stelle - c'è il tema del taglio delle opere pubbliche nella nuova versione light. L'assessore regionale Michele Civita è stato chiaro: «Non si conoscono ad oggi le opere e le infrastrutture che l'accordo reputa indispensabili per garantire la mobilità, il miglioramento dell'ambiente e della qualità urbana».

 

LE CIFRE
«La nuova Roma-Lido potrà arrivare ad un convoglio da 600 passeggeri ogni sette minuti, ovvero 4.800 passeggeri l'ora - osserva Mario Staderini, ex segretario di Radicali italiani e promotore dei referendum RomaSiMuove - La via del Mare e la via Ostiense, invece, potrebbero far transitare massimo 500 macchine l'ora attraverso lo svincolo per lo stadio. Dunque, il sistema della mobilità dell'accordo Raggi-Parnasi è in grado di portare allo stadio in due ore solo 10 mila persone su ferro e 2 mila automobili. Numeri non solo inadeguati di per sé, ma che presuppongono che nei giorni in cui si gioca la partita i pendolari lascino il loro posto ai tifosi». Se anche si facesse «il costosissimo e ora rinviato Ponte sul Tevere, si potrebbero aggiungere altre 2 mila macchine provenienti dalla Roma-Fiumicino e duemila persone a piedi tramite l'adiacente trenino - aggiunge Staderini - In totale, comunque, non più di 20 mila persone in due ore, sempre facendo scomparire i pendolari. Peccato che lo stadio sia fatto per 55 mila spettatori». Secondo l'ex segretario di Radicali italiani, «la pubblica utilità a Tor di Valle, ahinoi, non esiste; andare avanti è solo una dannosa perdita di tempo, per la città e per la stessa As Roma, che peraltro di questo stadio sarebbe una mera affittuaria».

 

I TEMPI
A pochi giorni dalla chiusura della conferenza dei servizi, fissata per il 3 marzo, nessuna richiesta di proroga è intanto arrivata in Regione. Cosa sta succedendo? Non bastano, ovviamente, post su Facebook e dichiarazioni ai giornali per ufficializzare che il progetto sarà cambiato con il taglio delle cubature, servono atti formali. L'ipotesi più probabile è che la comunicazione in cui si chiede un prolungamento dei lavori di almeno un paio di mesi arrivi in queste ore, da parte dei proponenti, vale a dire Parnasi e As Roma. I tempi certi delle conferenza dei servizi (l'organo che raccoglie i pareri tutte le istituzioni interessate) vengono fissati dalla legge nell'interesse del privato per tutelarlo da eventuali lungaggini della burocrazia. Se come in questo caso sarà proprio il proponente a comunicare che intende modificare il progetto, questo problema può essere aggirato.

 

L'ITER
Se come denunciato da più parti oltre alle cubature saranno tagliate anche le opere pubbliche, però, la conferenza dei servizi dovrà essere azzerata. In attesa che la richiesta arrivi, in Regione però devono capire, quando ci saranno gli atti formali, se si può poi esaminare un nuovo progetto all'interno della stessa cds. Non è una questione secondaria, perché è evidente che riconvocarla allungherebbe i tempi. Proprio su questo tema dovrebbero incontrarsi a breve l'avvocatura capitolina, i proponenti e l'avvocatura regionale per andare avanti nella conferenza servizi. Ma c'è un altro problema da risolvere. La delibera che ha riconosciuto la pubblica utilità, la 132, votata ai tempi di Marino può essere semplicemente modificata o, al contrario, come chiede una parte del Movimento 5 Stelle, sarebbe più trasparente annullarla e votarne una nuova, alla luce del nuovo progetto senza grattacieli su cui sta lavorano il proponente? Anche in questo caso, se prevale la linea più ortodossa i tempi si allungano. In ogni caso, dopo il passaggio in giunta dovrà esserci quello in consiglio comunale, e Virginia Raggi sta lavorando per evitare che le spaccature già emerse nel gruppo M5S si replichino anche in Aula.
 

(Il Messaggero 28.02.2017)

 

 

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Gli irriducibili antistadio base 5S: “Annullare tutto” (La Repubblica - ed. romana)

 

(L.. D'Albergo) - Gli ortodossi del Movimento sono duri a morire. Non hanno ancora digerito la stretta di mano tra il Campidoglio a trazione grillina e i proponenti del progetto del nuovo stadio della Roma. Così la frangia degli scontenti si allarga di ora in ora. Il pressing degli attivisti sui portavoce, i 29 consiglieri pentastellati che dovrebbero rappresentare gli umori della base in aula Giulio Cesare, è continuo. E ora sui social torna a circolare la Carta di Firenze dei comuni a Cinque Stelle. Datato 8 marzo 2009, il manifesto in 12 punti del buon governo cittadino, prevede «concessioni di licenze edilizie solo per demolizioni e ricostruzioni di edifici civili o per cambi di destinazioni d’uso di aree industriali dismesse».

 

Il documento — questo rivendicano gli iscritti al Movimento che non vogliono la nuova arena giallorossa e il business park a Tor di Valle — se rispettato avrebbe dovuto consigliare agli eletti M5S di annullare la delibera di pubblica utilità approvata dall’amministrazione Marino. Senza alcuna trattativa con As Roma e i costruttori. Di più: considerato il parere del presidente onorario aggiunto della Corte di Cassazione Ferdinando Imposimato, senza alcun rischio di incappare in una causa multimilionaria.


La voce della base grillina, però, non è l’unica contraria allo stadio. Anche il centrosinistra è in agitazione. Così, se per l’ex sindaco Pd Ignazio Marino il nuovo accordo targato Raggi è «una romanella per i costruttori», Stefano Fassina boccia per intero l’idea di costruire a Tor di Valle: «Penso che Marino non abbia particolari meriti a criticare le scelte fatte dall’amministrazione 5S sullo stadio della Roma perché quel progetto è sbagliato. Sbagliato fin dall’inizio». Controcorrente Francesco Rutelli, altro ex primo cittadino, che ieri a Otto e mezzo ha giudicato «buono» il compromesso trovato dai grillini per poi entrare nel dettaglio: «Chiunque conosca Roma sa che per costruire i servizi necessari a collegare il nuovo stadio alla città e renderlo raggiungibile a migliaia di tifosi, serviranno diversi anni e saranno lavori molto complicati. Ma una buona amministrazione ce la potrà fare, e io tifo per loro, per il bene della città e dei romani».

 

 

(repubbblica 28.02.2017)

 

 

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Pure Rutelli oh.... :haha::haha::haha:

Modificato da Marmas

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La Carta di Firenze contro lo stadio della Roma

È il regolamento dei Comuni M5S. La base: la state rinnegando. Il nodo opere pubbliche

(Andrea Arzilli) -  C’è un documento interno al Movimento che, secondo gli «ortodossi» della base, va in conflitto con l’accordo di Raggi sullo stadio della Roma. È la Carta di Firenze, il regolamento dei comuni M5S, che nella definizione spiega come le amministrazioni debbano scegliere se «fare parchi per bambini o porti per gli speculatori» e che al punto quattro dice come comportarsi in caso di suolo pubblico: «Concessioni di licenze edilizie solo per demolizioni e ricostruzioni di edifici civili o per cambi di destinazioni d’uso di aree industriali dismesse». E qui la base si scatena.

Prendendo d’assalto le bacheche Facebook dei consiglieri per chiedere spiegazioni sul patto appena stipulato con la Roma e il costruttore Luca Parnasi, anche se le cubature originali sono dimezzate e la lettura dei vertici nazionali M5S corrisponde ad una schiacciante vittoria politica della sindaca Cinque Stelle. «State rinnegando la carta», un grillino incalza il consigliere Pietro Calabrese. Che replica: «Noi non rinneghiamo nulla. È stata raggiunta la migliore certezza sull’interesse pubblico — il post del consigliere —. La non certezza comportava il grave rischio di veder realizzato il milione di metri cubi, oltre alle spese da controversia legale. Inoltre, la questione non è ancora chiusa».

In effetti sulla questione stadio le incognite sono ancora molte. A cominciare dalla procedura: mentre i proponenti si attrezzano per strappare una proroga e rinviare di un paio di mesi la chiusura prevista per venerdì della Conferenza dei servizi, le Avvocature di Campidoglio e Regione si attivano per studiare tempi e modalità di realizzazione della nuova delibera che andrà a superare quella sull’interesse pubblico targata Marino. Con la (quasi) certezza che, se le opere pubbliche saranno affrontate in due fasi, l’iter dovrà ricominciare daccapo. Sui tempi, inoltre, potrebbe incidere anche il parere della Soprintendenza del Mibact, sia sull’ippodromo sia su tutta l’area di Tor di Valle. E poi c’è la super incognita delle opere pubbliche. Salta il prolungamento della metro B, i due ponti previsti potrebbero scomparire per lasciare il solo ponte dei Congressi che, però, è stato appena bloccato dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici. Così, senza certezze, la base insorge e le opinioni si accavallano. Quella di Stefano Fassina, per esempio. «Dopo l’assemblea con i comitati in difesa di Tor Di Valle, è venuta fuori una valutazione negativa sui contenuti finora noti. C’è un taglio di opere pubbliche e le criticità rimangono tutte. È poi falsa l’insistenza di Raggi sul rispetto delle regole: non sono rispettate».

 (Corriere della Sera, 28.02.2017)    

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Scandurra: «No alla riduzione di ponti e strade Sui trasporti si rischia un pasticcio»

 

IL MESSAGGERO (L. DE CICCO) - «La sforbiciata alle cubature di Tor di Valle è sacrosanta, prima c'era chiaramente una sproporzione. Ma questo taglio non può essere fatto a discapito delle opere pubbliche. Mi preoccupa soprattutto il piano trasporti, rischia di essere un pasticcio che peserà negativamente sull'intero quadrante». A parlare è Enzo Scandurra, docente universitario ed ex direttore del dipartimento di Urbanistica della Sapienza.

 

Professore, cosa non la convince dell'accordo tra Campidoglio e privati?
«Il taglio delle volumetrie, se fatto sulla parte commerciale, può essere giudicato positivamente, considerata la colata di cemento da un milione di metri cubi che era stata programmata all'inizio. Ma ora è importante controllare che anche l'impianto delle opere pubbliche non venga stravolto, altrimenti la pubblica utilità dell'opera potrebbe decadere».

 

Di sicuro salterà il prolungamento della metro B. E anche uno dei due ponti carrabili previsti nell'area, dato che il nuovo ponte a carico dei privati ora viene considerato «alternativo» al ponte dei Congressi.

«Sarebbe un errore, considerato che in quell'area dovranno arrivare 55mila tifosi durante le partite più i lavoratori degli uffici che nasceranno. Anche il potenziamento della via del Mare-Ostiense andrebbe rimodulato, dato che è previsto solo fino al Raccordo anulare, mentre le criticità maggiori, su quella strada, si registrano nella parte successiva, verso il litorale».

 

Che effetti produrrebbe questo intervento sulla circolazione stradale?
«Il rischio è che con questo sistema dei trasporti, e una ferrovia Roma-Lido con solo due treni nuovi rispetto ai quindici che erano stati preventivati, i vantaggi per la collettività da questa operazione siano piuttosto limitati. Anzi, al termine dell'intervento, la situazione della viabilità potrebbe addirittura peggiorare. Per questo sono convinto che le infrastrutture non possano essere ridotte oltre una certa soglia. E mi stupisce la mancanza di trasparenza da parte della giunta».

 

In che senso?
«Su questo accordo mi sembra che non ci sia ancora sufficiente chiarezza. Mancano i dettagli, si conoscono solo alcune dichiarazioni piuttosto vaghe e, in alcuni casi, inquietanti. Come il fatto che le opere pubbliche potrebbero essere realizzate in due tempi. Alcune insieme alla costruzione dello stadio, altre dopo. Questo scenario sarebbe pericoloso».

 

Perché?
«Mi chiedo: chi controllerà che i lavori proseguano dopo l'inaugurazione dello stadio e soprattutto dei negozi e degli uffici che interessano ai privati? Se queste opere pubbliche non venissero realizzate, cosa succederebbe? A quel punto non avrebbe più senso revocare l'autorizzazione a costruire. Sono temi a cui dovrebbe interessarsi un assessore all'Urbanistica, che a Roma al momento non c'é».

 

 

(28.02.2017)

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As Roma, il primo sì allo stadio fa registrare un +7,8% in Borsa

 

LEGGO (F. BALZANI) - Un bel volo anche se a Piazza Affari si aspettavano qualcosa in più. L’annuncio dell’accordo trovato venerdì notte per la costruzione del nuovo stadio (in attesa della conferenza dei servizi in Regione) ieri ha fatto alzare il titolo della As Roma, che in Borsa ha guadagnato il 7,8% a 47 centesimi. Il titolo aveva invece subìto un tonfo del 4,75% (passando da 45 a 43 centesimi) nella settimana scorsa, quella dal 20 al 24 febbraio, successiva allo stop subito dal progetto.

 

(28.02.2017)

 

 

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Stadio, corsa a ostacoli per non ricominciare tutto

 

IL FATTO QUOTIDIANO (L. DE CAROLIS) - Un paio di mesi per approvare la nuova delibera, “innovativa” di quella Marino, per poi presentarsi alla conferenza dei servizi. Dove contano di chiudere la partita dello stadio, senza dover ripartire dal via, “perché i nostri legali e quelli della Roma pensano che il progetto possa passare subito”. Ancora euforici per l’accordo di venerdì sera in Campidoglio, i 5 Stelle ostentano ottimismo sul percorso verso il nuovo impianto a Tor di Valle. E stilano il loro crono-programma, con la Roma e il proprietario del terreno, Luca Parnasi. Ma la strada non è tutta in discesa: anzi. Perché bisogna ottenere il sì della Regione Lazio, per ora gelida. Già, perché dentro la giunta guidata dal dem Nicola Zingaretti nutrono forti riserve sull’entità delle opere pubbliche rimaste nel nuovo accordo, come raccontate dalle indiscrezioni (non c’è ancora nulla di scritto). E ritengono che la nuova delibera sul progetto, notevolmente mutato, debba passare da una nuova conferenza dei servizi. E sarebbero tanti altri mesi di lavoro. Non a caso, il M5S pensa a canali diplomatici. Come un incontro tra gli avvocati del Comune, dei proponenti del progetto e della Regione, per fare un punto tecnico. E per aggirare il rischio di una nuova conferenza lavora a una nuova delibera che modifichi profondamente quella precedente, approvata nel 2014 sotto la giunta di Ignazio Marino. Un provvedimento “innovativo”, che però dia continuità al testo approvato tre anni fa. La certezza è che la Roma chiederà una proroga della conferenza fissata per il 3 marzo. Dovrebbe depositarla il giorno prima, il 2, chiedendo quasi due mesi in più. Nel frattempo, il M5S e i “proponenti” lavorano alla strategia.

 

La linea è ribadire che gran parte delle opere pubbliche previste rimarrà, e verrà realizzata prima dell’entrata in funzione dello stadio: e si parla dell’allargamento della via del Mare, della fermata per la linea ferroviaria Roma Lido, della messa in sicurezza del Fosso di Vallerano e di un’idrovora, necessaria in una zona a rischio esondazioni. Ma un ponte di collegamento verrà posticipato alla realizzazione dell’impianto, (mentre non c’è chiarezza sullo svincolo per la Roma-Fiumicino). E questo potrebbe agevolare il veto della Regione. Assieme alla riduzione di altre opere, come il numero di vagoni della Roma-Lido, secondo le voci ridotti da 15 a 2 (dato che però ambienti comunali contestano come falso). Però il tema rimane quello, se serva o meno una nuova conferenza. E i legali dei 5S e della Roma proveranno a dire di no. Sostenendo che l’impianto rimarrà dove previsto, e che le opere pubbliche sono diminuite poco a fronte del dimezzamento delle cubature. Poi c’è la ragione politica. “La Regione potrà mai assumersi il peso di dire no all’impianto della Roma?” si chiedono nel M5S. Perché lo stadio è anche un gioco: del cerino.

 

(28.02.2017)

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Cantiere stadio al colosso Usa. Il mega affare va ad Aecom

 

LA REPUBBLICA (S. BENNEWITZ/G. VITALE) - Sarà uno stadio in prevalenza a stelle e strisce quello che il patron giallorosso James Pallotta e l’imprenditore Luca Parnasi si apprestano a costruire sul pratone di Tor di Valle. I lavori per la nuova “Magica arena” dovrebbero essere assegnati a trattativa diretta, senza obbligo di passare per le forche caudine della gara pubblica, al colosso americano Aecom, quasi 100mila addetti, al 156° posto nella lista delle 500 multinazionali più ricche degli States secondo Fortune.

 

Un affidamento che però non sarà esclusiva: un altro gigante dell’edilizia, stavolta tricolore, è infatti in pole position per entrare nell’affare. Si tratta della Salini Impregilo, riconosciuto global player nel settore delle grandi infrastrutture, che tuttavia proverà a prendersi la fetta più grossa della torta.Il resto del complesso resterà invece appannaggio della famiglia Parnasi, la quale avrebbe già raggiunto un accordo con il gruppo Pizzarotti di Parma per realizzare insieme le 18 palazzine del business park deprivato però delle torri di Libeskind. Fermo restando l’interesse, già manifestato dalla società emiliana, ad entrare (anche) nella cordata italo-americana che costruirà lo stadio.

 

Intanto, mentre fervono i contatti tra il Campidoglio e i proponenti per mettere a punto gli ultimi dettagli del progetto, l’As Roma corre in Borsa: nel primo giorno di quotazioni post- accordo, il titolo ha chiuso a 46 centesimi, in crescita del 7%. Un balzo che conferma l’apprezzamento di Piazza Affari per l’intesa raggiunta venerdì notte con la giunta Raggi. Ora però attesa alla ratifica degli uffici. Già al lavoro per tradurre nero su bianco il taglio del 50% delle cubature e lo storno di alcune opere pubbliche.

 

L’ipotesi allo studio sarebbe allora quella di confezionare un atto che modifichi la precedente delibera sulla pubblica utilità, varata dall’amministrazione Marino. Chiaro l’obbiettivo: mantenere in vita l’attuale conferenza dei servizi, per accorciare i tempi. Perciò i proponenti chiederanno, entro la scadenza del 3 marzo, un mese di proroga, così da consentire il passaggio della nuova delibera in assemblea capitolina. Al netto però delle perplessità subito espresse dalla Regione Lazio: se una sola delle infrastrutture programmate dovesse saltare, l’iter potrebbe ricominciare tutto daccapo. Pure per questo, per verificare le procedure ed evitare sorprese, sono previsti incontri fra l’avvocatura capitolina e quella regionale. Anche se l’architetto Alberto Sasso, uno dei delegati da Grillo al tavolo delle trattative, rassicura: «Progetti di questa complessità non si chiudono con una stretta di mano. Dopo la delibera ci sarà una convenzione in cui saranno definiti tutti i dettagli. Nessuno vuole eliminare niente di strutturale. Se sono state eliminate delle opere è perché ci sono delle alternative perfettamente collaudate, mi riferisco ad esempio al ponte sul Tevere».

 

Ma le opposizioni in Campidoglio rumoreggiano. Il Pd, che ha sempre difeso il progetto a spada tratta, minaccia ritorsioni se verrà modificato il piano infrastrutturale. E FdI annuncia la richiesta di un consiglio straordinario sullo stadio perché «finora le riunioni del M5S si sono tenute tutte nelle segrete stanze ed è tempo che la discussione divenga pubblica». Ma il M5S va dritto per la sua strada: «Il nostro è un progetto eco-sostenibile e all’avanguardia», tuona il capogruppo Paolo Ferrara. «Marino preferiva tre grattacieli e centinaia di migliaia di metri cubi di cemento al posto del parco. Noi siamo diversi: scegliamo il verde e la modernità».

 

 

(28.02.2017)

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Stadio, l’Osservatorio del Comune: «L’accordo peggiora il progetto»

 

Stroncatura dell’organismo istituito nel 2015 con i municipi IX e XI e i comitati di quartiere: «Le opere di interesse pubblico tagliate, se fossero state realizzate, avrebbero dato un contributo a risolvere situazioni critiche segnalate da anni»

 

 

Non solo l'ex sindaco Ignazio Marino. Anche l’Osservatorio istituito dal Campidoglio nel 2015, d’intesa con i municipi IX e XI, boccia la revisione nata dalla trattativa tra la giunta pentastellata e la As Roma. «L’accordo raggiunto - si legge in una nota - nel suo complesso snatura e peggiora il progetto sotto più aspetti». Secondo l’Osservatorio, al quale aderiscono anche i comitati di quartiere Torrino-Decima, Torrino-Mezzocammino, Torrino Nord, Vitinia e Magliana-Arvalia, «verrà tagliata buona parte delle opere di interesse pubblico che, se realizzate, avrebbero dato un contributo a risolvere situazioni critiche segnalate da anni».

 

Le opere tagliate

Agli interventi confermati , spiega il comunicato, «si aggiungevano la bretella di collegamento Ostiense/autostrada di Fiumicino con il ponte carrabile sul Tevere, il ponte ciclo-pedonale verso la fermata Fs di Magliana e infine due pontili di attracco sul Tevere. Questo secondo gruppo di opere, cui aggiungiamo l’intervento su via Dasti a Magliana, sembrerebbe sia stato tagliato. Stando alle prime frammentarie informazioni, bretella e ponte carrabile verrebbero realizzati in una seconda fase, ma del tutto indefinita e, quel che è peggio, con denaro pubblico».

 

corriere.it

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Lo stadio e la commedia delle carte
La Soprintendenza: tutelate le rane

Per il parere (negativo) e il vincolo ambientale su Tor di Valle ci sono voluti due anni

 

di Sergio Rizzo

 

Non bastavano le tribune dell’architetto Julio Lafuente. A cospirare contro lo stadio di James Pallotta e Luca Parnasi adesso ci si sono messe pure le rane. Eh già, perché per Margherita Eichberg, la soprintendente che ha in mano i destini di Tor di Valle, c’è anche una controindicazione «vegetazionale». Il busillis riguarda «le fasce boscate e i filari alberati con arbusteti e cespuglieti piantati secondo schemi geometrici privi di uno studio ecosistemico dinamico in un’area che si caratterizza invece per la prateria ripariale». Il fatto è che «le nuove piantagioni» previste dal progetto «possono avere un’incidenza negativa in un’area sede di nidificazione e riproduzione di specie di uccelli, rettili e anfibi…». Non poteva mancare neppure questo nelle venti pagine del parere con il quale, il 15 febbraio, la Soprintendenza ha posto una pesantissima ipoteca su quello stadio in quel posto. Basta leggere la conclusione: «Si esprime motivato dissenso alla realizzazione dell’intervento non ravvisando condizioni per la sua ammissibilità nel sito proposto». Se è vero che Pallotta e Parnasi lo stadio non vogliono farlo da nessun’altra parte che non sia Tor di Valle, significa che lo stadio non si farà.

 

Lo studio di fattibilità

Tutto comincia alla fine del 2013. Al Comune di Roma c’è Ignazio Marino, a Palazzo Chigi Enrico Letta. E nella legge di stabilità compare una norma per agevolare la realizzazione degli stadi privati. Sembra fatta apposta per l’operazione Tor di Valle, che non a caso è appena partita. Qualche mese prima il costruttore Parnasi ha comprato per 42 milioni l’ippodromo da una società che sta portando i libri in tribunale. L’ippica non tira più e l’area già disastrata, compresa la «prateria ripariale» tanto cara agli anfibi, sta degradando sempre più. Così, quando all’inizio del 2014 arriva alla Soprintendenza lo studio di fattibilità dello stadio, nessuno immagina che alla fine vinceranno le rane. I problemi non mancano di certo. Tutti sanno che la Roma e Parnasi hanno un bel po’ di debiti con Unicredit, che non a caso sostiene un’operazione con cui si potrebbero sistemare molte cose. Sanno pure che la cosa ha molti nemici fra ambientalisti e concorrenti di Parnasi. Ma pensano che la copertura politica sia sufficiente, i grillini sono ancora lontani e i vincoli paesaggistici sembrano davvero l’ultimo dei problemi.

 

I primi problemi

Eppure qualche segnale arriva. Tanto per cominciare la Soprintendenza chiede una procedura di «archeologia preventiva». Bisogna fare delle indagini, perché «l’intervento interessa un territorio di alto interesse archeologico». Però non si fa nulla. La Soprintendenza lamenta che il progetto definitivo comparso in Conferenza dei servizi a settembre del 2016, «non contiene alcuno studio archeologico». Così due mesi dopo chiede «formalmente» (piuttosto irritata, dati i toni del parere) che si proceda senza indugi. Lo chiede a tutti. Alla Regione, al Comune e al costruttore. Ma, sorpresa, cadono tutti dalle nuvole. Regione e Comune dicono che non c’entrano nulla, e solo il 18 gennaio salta fuori che tocca al costruttore. Il quale però, sostiene il parere, non «detiene attualmente la proprietà di tutte le particelle interessate dall’intervento». Una faccenda solo apparentemente banale, ma che la dice lunga sulla superficialità con cui il più grande progetto immobiliare del Paese che prevede anche il coinvolgimento di investitori americani, sia stato gestito. Fermo restando un mistero: nessuno ha ancora capito perché siano stati necessari a un’amministrazione pubblica due anni per decidere che lì lo stadio non si doveva fare.

 

Valutazioni preliminari

È il 2 novembre 2016 quando la Direzione generale architettura contemporanea e periferie urbane del ministero formula «le proprie valutazioni preliminari (preliminari!) riguardanti la prevista demolizione delle Tribune di Tor di Valle, esempio di eccellenza architettonica e ingegneristica», sottolineando che «la valutazione del proponente sull’ippodromo ne enfatizza lo stato di abbandono e degrado». Come a dire: hanno presentato apposta una situazione peggiore del reale. Anche se, chiosa il parere, «lo stato di abbandono non costituisce motivo per distruggere una testimonianza materiale, piuttosto una sollecitazione al suo recupero». Senza però spiegare cosa sia stato fatto, in tutto questo tempo, per evitare che la situazione di una così preziosa testimonianza architettonica precipitasse. Andate a vedere.

 

 

(28.02.2017)

 

 

corriere.it

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Mariagrazia Gerina, giornalista
 

“Lo stadio Olimpico di Roma è molto bello, ma dalle curve per vedere la porta dal lato opposto ci vuole un buon binocolo”. Da tifoso qual era Giulio Andreotti, che così scriveva sull’Europeo nel 1987, fu uno dei più strenui sostenitori del “nuovo stadio” della Roma. Un sogno antico quello di dare alla squadra giallorossa uno stadio tutto per sé. Il primo che tentò di realizzarlo fu Dino Viola, il senatore andreottiano, presidente della Roma ai tempi dello scudetto e di Nils Liedholm. Anche lui inizialmente voleva costruirlo in un’ansa del Tevere, verso sud, nella zona di Magliana vecchia, poi ritentò con un’altra area, alla Romanina, allora di proprietà di Italcable. “È un mio regalo alla città”, disse. Ma il Partito comunista italiano (Pci), che contava tra i suoi parlamentari indipendenti l’ambientalista Antonio Cederna, gli fece la guerra. E il sindaco democristiano Nicola Signorello non se la sentì di dare l’ok.

La storia, trent’anni dopo, si ripete. Con protagonisti e risvolti inediti. Da una parte, l’italoamericano James Pallotta, che sei anni fa ha comprato la squadra giallorossa risollevandola dai debiti e ora vuole realizzare il suo business costruendo quello stadio tutto per la Roma che non è riuscito ai suoi predecessori. Dall’altra, il Movimento 5 stelle e Virginia Raggi, la sindaca che ha detto no alle Olimpiadi, stretta tra i tifosi della Roma e i militanti in piazza contro le colate di cemento, al suo primo braccio di ferro con i costruttori. A sorpresa, almeno per adesso, è finita con un sì. Anche il pronostico pronunciato da Beppe Grillo, che invitava a distinguere tra “palazzinari” e “costruttori”, si è rivelato inesatto. “Sì allo stadio ma da un’altra parte perché lì c’è un rischio idrogeologico”, aveva detto il garante dei cinquestelle sceso apposta a Roma per sostenere la sindaca.

“Lì” vuol dire lungo un’ansa del Tevere, a Tor di Valle, dove, al posto del vecchio ippodromo, costruito per le Olimpiadi del 1960 e chiuso dal 2013, il presidente giallorosso James Pallotta ha deciso di costruire il nuovo stadio della Roma. Su un’area che il piano regolatore destina a “verde privato attrezzato” e che, quanto al rischio idrogeologico, è classificata in gran parte come R3, cioè a rischio – ripete chi difende il progetto – non più dell’attuale stadio Olimpico, e nella parte più vicina al fiume R4, cioè a rischio più elevato.

Virginia Raggi ha deciso. Lo stadio si farà e anche il resto. Senza consultare i romani, come aveva fatto capire in campagna elettorale

Quell’area, però, non è di Pallotta: in larga parte appartiene a un costruttore romano, Luca Parnasi (fortemente indebitato con Unicredit, un po’ come lo era la Roma di Franco Sensi), che a sua volta l’ha comprata dai vecchi proprietari dell’ippodromo. Per questo il progetto presentato in Campidoglio nel 2014 è a doppia firma. Da una parte, lo stadio della Roma con ristoranti e spazi per il commercio, dall’altra tre grattacieli, le torri, destinate a diventare un centro direzionale che Parnasi ha fatto progettare da Daniel Libeskind, architetto di fama internazionale. In totale quasi un milione di metri cubi. Ovvero una superficie di 354mila metri quadrati contro i 112mila previsti nel piano regolatore. Solo 49mila per lo stadio, che rappresenta appena il 14 per cento del progetto; il resto, 305mila metri quadrati, tutti per il cosiddetto business park, destinato a imprese e privati che vorranno trasferirsi a Tor di Valle.

Una vera e propria nuova “centralità”, che dovrebbe sorgere attorno allo stadio. Così la definisce la delibera del 22 dicembre 2014 con cui l’amministrazione guidata da Ignazio Marino, sulla scia della legge per i nuovi stadi approvata dal governo di Enrico Letta, diede il primo via libera ai progetti di Pallotta e Parnasi. La delibera arrivò dopo una trattativa durata mesi, tutta incentrata sull’equilibrio tra quanto avrebbe potuto costruire il privato e quante e quali opere pubbliche avrebbe dovuto realizzare in cambio. Quel progetto a Ignazio Marino piaceva molto. Alla futura sindaca Virginia Raggi no. E infatti quando era consigliera comunale, dai banchi dell’opposizione, votò contro.

- Internazionale
 
(Internazionale)

La delibera passò anche senza il voto dei cinquestelle. E il nuovo stadio della Roma insieme alle torri di Libeskind fu dichiarato “di pubblico interesse”. Da allora, sono trascorsi due anni. Marino non ha fatto in tempo a dare il via libera definitivo e nel frattempo i romani hanno affidato la città al movimento cinquestelle. Dalle parti della As Roma temevano il peggio. Ma l’iter per l’approvazione del nuovo stadio, tra una dichiarazione sibillina e l’altra, anche dopo l’elezione di Virginia Raggi, non si è interrotto. Anzi, l’assessore Paolo Berdini, pubblicamente schierato contro, nei mesi in cui ha lavorato accanto alla sindaca, ha fatto in modo che la giunta rispettasse i tempi e il 30 agosto 2016 ha trasmesso alla Regione Lazio il progetto definitivo. Rispetto al quale però gli stessi uffici di Roma capitale il primo febbraio hanno dato parere non favorevole.

Un grande favore ai costruttori
Arriviamo così a venerdì 24 febbraio, quando, a pochi giorni dalla chiusura della conferenza dei servizi, prevista per il 3 marzo, e dopo mesi di segnali alternati – si fa, non si fa – Virginia Raggi ha deciso. Lo stadio si farà e anche il resto. Senza consultare i romani, al contrario di quanto aveva fatto capire in campagna elettorale. Sull’area già prevista e non altrove, al contrario di quanto aveva detto Grillo. Ma con la metà delle cubature e una bella sforbiciata tutta a carico del business park, che sarà ridotto del 60 per cento. Insomma, niente torri, via i grattacieli disegnati da Libeskind, meno cemento. “Abbiamo evitato il progetto monstre ereditato dalla precedente amministrazione”, festeggia la sindaca su Facebook. Ma insieme alle cubature (resta da capire quelle restanti come saranno riprogettate) saranno ridotte nettamente anche le opere pubbliche che il privato avrebbe dovuto completare, a spese sue, prima dell’inaugurazione dello stadio. Per le cifre esatte bisognerà aspettare che l’accordo stretto a voce con James Pallotta e Luca Parnasi si traduca in atti ufficiali. Ma si parlerebbe di una riduzione di circa 10 milioni degli oneri di costruzione e di un taglio di circa 140 milioni alle opere a carico del privato.

“Un grande favore ai costruttori”, secondo l’ex sindaco Ignazio Marino. L’opera più consistente a carico del privato prevista nel progetto concordato con la passata amministrazione era il ponte sul Tevere con lo svincolo per collegare lo stadio all’autostrada Roma-Fiumicino. Costo stimato nella vecchia delibera: 93,7 milioni. Secondo gli accordi presi il 24 febbraio, ponte e svincolo potranno essere realizzati anche in un secondo momento, a spese pubbliche. Con i fondi già stanziati dal Cipe per il ponte dei Congressi, a cui però a quel punto si dovrebbe rinunciare. Proprio il contrario di quello che suggerisce di fare l’Istituto nazionale di urbanistica: rinunciare al ponte per lo stadio e concentrare tutte le risorse su quello dei Congressi, che sarebbe più utile alla città e comunque potrebbe essere sfruttato anche dai tifosi. Intanto, allo stadio, in macchina, ci si arriverà dalla via del Mare e dalla via Ostiense, due strade molto strette e trafficate, che con 38,6 milioni di euro (cifra preventivata nella delibera Marino) saranno messe in sicurezza e unificate a spese del privato, come previsto nel progetto originario. Così come a spese del privato sarà la messa in sicurezza del fosso di Vallerano, per ridurre il rischio idrogeologico.

L’entrata dell’ippodromo di Tor di Valle, Roma, il 21 febbraio 2017. - Fabio Frustaci, Camera Press/Contrasto
 
L’entrata dell’ippodromo di Tor di Valle, Roma, il 21 febbraio 2017. (Fabio Frustaci, Camera Press/Contrasto)

E il trasporto su ferro? Salta definitivamente il prolungamento della linea B della metropolitana, dalla stazione Magliana fino a Tor di Valle, che (sempre secondo la delibera Marino) sarebbe costato 50 milioni, a carico del privato. Allo stadio ci si arriverà con la vecchia Roma-Lido. I fondi per adeguare la linea sono quelli già stanziati da stato e regione. Mentre il privato contribuirà in parte al rifacimento della stazione e in parte all’acquisto di nuovi treni. La delibera approvata dall’amministrazione Marino, lasciando aperte le due strade (metro B o potenziamento della Roma-Lido), puntava a garantire in un modo o nell’altro che almeno la metà dei tifosi potesse arrivare allo stadio attraverso una linea ferroviaria. Sedici treni all’ora. Oggi sulla Roma-Lido c’è un treno ogni quarto d’ora, in teoria, ogni dieci minuti nell’ora di punta. L’adeguamento previsto sarà sufficiente? E avverrà in tempo per l’inaugurazione dello stadio?

In ogni caso, il taglio di queste opere cancella di fatto la delibera con cui l’amministrazione Marino riconosceva il nuovo stadio come progetto “di pubblico interesse”. La giunta Raggi dovrà predisporre e portare in consiglio comunale una nuova delibera, con costi e benefici dell’opera, da chiarire e sottoporre al voto dell’aula. L’As Roma chiederà di prorogare di 30 giorni la conferenza di servizi, ma basterà? E ammesso che l’amministrazione Raggi faccia in tempo, non è detto che non debba essere comunque convocata una nuova conferenza di servizi. L’iter così ricomincerebbe da capo.

Storicamente l’ansa di Tor di Valle costituisce un’area di esondazione del fiume Tevere

Ci sono poi gli ostacoli posti dalla soprintendenza per l’archeologia, le belle arti e il paesaggio del comune di Roma, che a gennaio ha avviato la procedura per dichiarare il vecchio ippodromo di Tor di Valle, ormai in rovina, un manufatto “di interesse particolarmente importante a causa del suo riferimento con la storia dell’arte (architettura), della scienza, della tecnica e dell’industria di questo paese” e per porre un vincolo storico sulla tribuna progettata da Julio Garcia Lafuente, “esempio rilevante di architettura contemporanea”, “un unicum da un punto di vista dimensionale, avendo una copertura costituita da 11 ombrelli a forma di parabolone iperbolico, ciascuno delle dimensioni di 814 metri quadri, sostenuto da un unico pilastro, con uno sbalzo di ben 19,5 metri: il più grande al mondo per questa tipologia strutturale”.

Così recita la comunicazione firmata dalla soprintendente Margherita Eichberg a gennaio scorso a tutela del manufatto che nel progetto di Pallotta e Parnasi andrebbe invece demolito. E la stessa soprintendente ha poi inviato un parere molto critico a governo e ministero dei beni culturali, che ripercorre le valutazioni fatte nei mesi scorsi dallo stesso segretariato generale del ministero e dalla direzione generale arte e architettura contemporanea e osserva come “il proponente non ha esplicitato in alcun modo le ragioni per cui non ha vagliato la gamma delle alternative che scaturivano dall’insieme delle prescrizioni del ministero per i beni culturali e ambientali (Mibact) motivate da regimi di tutela a cui le aree sono assoggettate”.

Analizzato l’impatto sul paesaggio e sul territorio, Eichberg conclude poi che il progetto, in deroga al piano regolatore e alla Carta per la qualità del piano che censisce l’ippodromo tra i beni di interesse urbano, “non risulta conforme alle norme paesaggistiche vigenti”, è concepito “senza la cognizione effettiva dei valori e delle problematiche legate alla conoscenza del territorio”, “non contiene alcuno studio archeologico” e “risulta non avviata la procedura di archeologia preventiva necessaria per legge”, richiesta più volte dalla stessa soprintendenza. Non solo. Ma chi vuole costruire, secondo la soprintendenza, non ha ancora la proprietà di tutte le particelle di terreno necessarie al completamento dell’opera, ci sono delle carenze nella documentazione e manca anche la variante al piano regolatore, che dovrebbe essere approvata da Roma capitale prima della conclusione della conferenza dei servizi e non dopo. E anche alla voce rischio idrogeologico, evocato dallo stesso Beppe Grillo, nel parere si legge che “storicamente l’ansa di Tor di Valle costituisce area di esondazione del fiume Tevere”. Mentre gli interventi previsti sul fosso di Vallerano per ridurre il rischio esondazioni modificherebbero in quel tratto la “morfologia naturale dell’alveo” del Tevere.

Un motivato dissenso
Un capitolo a parte è dedicato ai grattacieli disegnati da Daniel Libeskind, che la giunta Raggi ha deciso di eliminare dal progetto. “Tre torri di circa 220 metri”, “visibili da Belvedere e punti panoramici” altererebbero, secondo la soprintendenza, “panorami consolidati nell’iconografia e nell’immagine collettiva”. Tagliate le torri, restano però le altre preoccupazioni, espresse anche dai “comitati tecnicoscientifici per le belle arti, il paesaggio, l’archeologia, l’arte e l’architettura contemporanea”, che si sono riuniti il 23 gennaio.

Parere negativo anche da parte loro, perché tra l’altro “non risulta ancora attivata la procedura di verifica preventiva dell’interesse archeologico, richiesta più volte dalla competente soprintendenza, mentre in allegato al progetto non è stato presentato uno studio delle interferenze tra le nuove opere e le evidenze archeologiche”. Quanto all’ippodromo, secondo i comitati, è “inaccettabile” anche la proposta di demolirlo lasciando in piedi “qualche campata delle tribune, soluzione che pure è stata ipotizzata come alternativa alla demolizione dell’intero complesso”.

Tutto questo si traduce in tre righe: “Questa soprintendenza esprime motivato dissenso alla realizzazione dell’intervento non ravvisando condizioni per la sua ammissibilità nel sito proposto”. Un parere che dovrà essere rivisto alla luce dei nuovi accordi stretti dalla sindaca per la realizzazione del nuovo stadio. “Uno stadio fatto bene”, assicura Virginia Raggi. Ma certo la via del sì da lei scelta è ancora molto lunga.

Intanto la Lazio, preso atto “con piacere che sono state superate le remore legate ai vincoli delle sovrintendenze e idrogeologici”, si prenota per costruire un altro impianto, riservato ai tifosi biancocelesti. Un vecchio pallino del presidente Claudio Lotito, che già nel 2005 chiese al comune di Roma di poter costruire uno stadio della Lazio a nord della città, sempre lungo il corso del Tevere, in un’area a rischio esondazioni. Quel progetto fu respinto. Ma adesso Claudio Lotito chiede la par condicio. E si dice sicuro che l’amministrazione capitolina “non creerà discriminazioni tra i cittadini romani in base alla fede calcistica”.

 

http://www.internazionale.it/reportage/mariagrazia-gerina/2017/02/28/stadio-roma

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1 ora fa, Papetti ha scritto:

Ad onor del vero c'è da dire però che oggi le tribune sono ridotte cosi

 

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Ma ho capito male o la Regione Lazio ora sta mettendosi a cavillare sull'accordo Comune PPU?

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3 minuti fa, Tiger Jack ha scritto:

Ad onor del vero c'è da dire però che oggi le tribune sono ridotte cosi

 

 

 

 

minkia :261:

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