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A. Agnelli: "nessuno Fermerà La Juve"

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Joined: 13-Oct-2005
220841 messaggi

Dalla prima pagina del corsport:

Le rivelazioni del Corriere dello sport dimostrano che su calciopoli non c'

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Joined: 16-Jun-2005
2482 messaggi

Dalla prima pagina del corsport:

Le rivelazioni del Corriere dello sport dimostrano che su calciopoli non c'

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Joined: 27-Jun-2005
3522 messaggi

E' uno di noi, c'è poco da dire.

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Joined: 02-Aug-2006
16950 messaggi

Postate l'articolo completo @@

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1309 messaggi

Non ho condiviso - causa intempestività - la sua ormai celeberrima uscita sul futuro di DP... per il resto, onore ad Andrea.

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Joined: 23-Jun-2008
2910 messaggi

Non ho condiviso - causa intempestività - la sua ormai celeberrima uscita sul futuro di DP... per il resto, onore ad Andrea.

Ma forse per lui era un modo di rendergli onore di fronte a una platea che lui riteneva importante.

Penso le cose fossero chiare.

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Joined: 26-Aug-2006
7004 messaggi

Ma forse per lui era un modo di rendergli onore di fronte a una platea che lui riteneva importante.

Penso le cose fossero chiare.

Quoto,

neanche io ci ho visto male.

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Joined: 23-Sep-2007
58456 messaggi

Presidente, piango se penso a come sarebbe andata se in quella maledetta estate del 2006 ci fossi stato tu al posto di quegli omuncoli... .uff

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Joined: 14-Jun-2008
11014 messaggi

AGNELLI

Il presidente della Juventus si svela

Chiede parità di trattamento e sogna

nuovi successi. Dentro e fuori dal campo

La Juve per me è...

«Juve, giustizia e vittorie!»

«Nell’intervista all’investigatore che avete pubblicato, la conferma che in Calciopoli

ci sono troppe domande senza risposta. Ma questa squadra ci farà tornare grandi»

di ALESSANDRO VOCALELLI & ANTONIO BARILLÀ (CorSport 24-12-2011)

Trentasei anni da tifoso, diciotto mesi da presidente: una fusione di

management e passione, i sogni accarezzati che diventano strategie.

Andrea Agnelli non spaccia illusioni, conosce la fragilità dei

traguardi d'inverno, però in questa Juve ha fiducia, ritrova la

qualità e il carattere d'un tempo. Ha azzerato, spianato, ricostruito.

E ha sopportato una stagione d'assestamento e di amarezze. Adesso,

però, la base è solida: un paio di innesti all'anno per perfezionarsi

e trasformare i successi in abitudine. Agnelli vuole vincere perché lo

esige il dna bianconero e per chiudere il cerchio dopo Calciopoli:

chiede giustizia e parità di trattamento, però sa guardare oltre e

pensare in grande.

Vuole una Juve migliore e un calcio migliore, vittorie rotonde e

riforme decisive, regole nuove che rispondano alle esigenze

inascoltate di un calcio che è amore ma anche business. Combattivo,

tenace e bianconero: forse per questo è felicissimo di Conte. Il

lavoro del vecchio capitano non lo stupisce e la classifica non vale

però è ricca di promesse: non spaccia illusioni, Agnelli, però si

scopre a sognare. Come tutti i tifosi: lui, in più, è presidente.

Presidente Andrea Agnelli, che effetto fanno le rivelazioni su

Calciopoli confidate al nostro giornale da un investigatore?

«Faccio un piccolo passo indietro e torno al tavolo voluto da Petrucci. E'

stata una giornata importante perché ha riunito persone direttamente coinvolte

nel 2006, il capo dello sport e il presidente della Figc: ognuno è rimasto

sulle proprie posizioni, ma il documento finale che era stato preparato

riconosce - anche se non è stato sottoscritto da tutti - che ci fu giustizia

sommaria. La vostra intervista conferma quanto emerso negli ultimi anni e

rafforza la necessità di avere un quadro completo, capire cosa accadde ed

entrare nel merito. L'inquirente racconta di telefonate che non c'erano, di

altre tolte e di un diverbio: elementi che devono essere valutati da un

giudice, non è plausibile che in un piccolo sistema di venti squadre ci sia

tanta disparità di trattamento»

Quando scoppiò Calciopoli, lei non era ancora presidente della Juve:

ebbe comunque, da tifoso, la sensazione che ci fosse qualcosa di

scivoloso e di imperfetto?

«Il quadro di allora era diverso da oggi. Quando vennero fuori le prime

intercettazioni, pensai a una strana coincidenza: ogni volta che stavamo per

vincere un titolo, balzava fuori qualcosa, l'anno prima c'era stato il video

della flebo di Cannavaro. Poi, improvviso, è arrivato lo tsunami, e parlare di

sensazioni, in quei momenti, è difficile. La Juve ha pagato in maniera dura:

se la società non avesse varato l'aumento di capitale e lavorato per tornare

ai vertici, avrebbe potuto precipitare davvero in categorie minori. Adesso

esigiamo parità di trattamento».

Al tavolo s'è parlato della relazione di Palazzi? E' anomalo che non

se ne tenga conto...

«L'istituto prescrizione non l'ho istituito io. La Juve è stata condannata

per una serie di violazioni dell'articolo 1, la cui somma ha configurato

violazione dell'articolo 6. Per l'Inter, invece, l'articolo 6 è stato tirato

in ballo direttamente da Palazzi. Ricordo anche che l'annata sportiva

2005-2006 è immacolata, non c'erano più nemmeno Bergamo e Pairetto come

designatori. Questo deve far riflettere, ci sono società e persone fisiche che

hanno subito condanne: non si può far finta di nulla e dire "è stata giustizia

sommaria, andiamo avanti". Ci sono richieste danni per centinaia di milioni».

L'investigatore racconta perfino di un audio che potrebbe scagionare

Della Valle e di cui non c'è traccia: che ne pensa?

«Che ci sono troppe domande in attesa di risposta: dall'intervista emerge che

è stato commesso un reato, che sono state intercettate utenze internazionali

senza permesso, vien fuori che ci fu una lite per chiudere il caso o andare

avanti e sarebbe importante sapere perché si proseguì. Il 12 maggio 2006, il

presidente Abete dettò una dichiarazione che torna d'attualità: "Considerati

l'importanza e il rilievo che il calcio riveste nel nostro Paese anche sotto

il profilo sociale, riteniamo positivo che si faccia di tutto per

l'accertamento di quanto avvenuto, avendo come obiettivo prioritario quello di

garantire il massimo livello di chiarezza e trasparenza”».

C'è imbarazzo, da parte vostra, nel confronto quotidiano con la

Federazione?

«A livello politico, faccio fatica a confrontarmi in generale: ci sono le

stesse persone, più o meno, e hanno il dovere di mettere a disposizione degli

associati strumenti che garantiscano parità di trattamento».

Cosa pensa della denuncia di Della Valle a Guido Rossi?

«Non entro in personalismi: per me Rossi rappresentava la Federazione, ha

agito in suo nome e per suo conto».

Cosa sarebbe successo se Moratti avesse fatto un gesto distensivo,

rinunciando allo scudetto?

«La relazione è lì, ma non m'addentro: ognuno ha una sua coscienza e le sue

profonde convinzioni».

Che rapporti ha con il presidente nerazzurro?

«Di educazione e civiltà: devono rimanere tali e sarebbe bello se si

estendessero ai tifosi. Non siamo in guerra, il calcio è un grande spettacolo

di sport, e l'Inter è lì per caso: se fosse arrivata terza un'altra squadra,

avremmo chiesto comunque se era giusto assegnarle lo scudetto».

Ritiene sia stato frettoloso, al tempo, scaricare Moggi e Giraudo?

«All'epoca il quadro sembrava completo, con un impianto accusatorio

violentissimo e un'attenzione altrettanto violenta da parte dei media che

imponeva di decidere in fretta. Noi accettammo tutto, l'esposto è nato per

l'assegnazione dello scudetto: abbiamo chiesto se permanevano i requisiti

senza entrare nel merito della decisione del 2006. La nostra domanda è molto

semplice: "Fu giusto assegnarlo?" Ognuno, naturalmente, ha un'opinione».

Come finirebbe, secondo lei, un'ipotetica sfida tra l'Inter del

triplete e la Juventus di Capello?

«Nessun dubbio: vinciamo noi 3-0»

Quella fu l'ultima grande Juve, ma ora state tornando ai vertici. . .

«Sin dal mio primo giorno di presidenza lavoriamo per tornare a vincere sul

campo. Abbiamo trasformato la società, con dirigenti tutti nuovi, e cambiato

profondamente la squadra. Sapevamo che il primo anno sarebbe stato difficile e

il secondo di completamento: adesso c'è un buon impianto, possiamo ragionare

su uno o due inserimenti a stagione per crescere».

C'è stato un momento, in estate, in cui la Juve poteva diventare di

Mazzarri?

«E' stata sempre la Juve di Conte».

Chi ha scelto il vecchio capitano?

«Tutte le decisioni, con riferimento alla parte sportiva, vengono prese di

comune accordo con Marotta, Paratici e Nedved. Quando si è creata la

possibilità di ingaggiare Antonio, è stato chiaro a tutti che fosse una scelta

idonea. I risultati che ha ottenuto non mi stupiscono: lo conosco da vent'anni,

ne ho ben presenti qualità, doti umane e competenza».

Un suo difetto?

«Gli manca un filo d'esperienza, come manca a me. Ma entusiasmo giovanile ed

esperienza non possono coesistere».

Come è nata l'idea Pirlo?

«Il compito dell'area sportiva è monitorare le occasioni di mercato che si

creano. Se devo essere sincero, mi ha stupito l'iniziale scetticismo: oggi

piovono complimenti, ma in estate si sussurrava "è rotto" oppure "è vecchio"».

Il Milan portò via il regista all'Inter e costruì un ciclo vincente:

la storia si ripete in bianconero?

«La qualità di Pirlo è assoluta, ma io ho una convinzione: in campo si va in

undici e un solo campione, per quanto straordinario, non fa la differenza».

In diciotto mesi di presidenza, c'è un calciatore che ha cercato con

forza e non è riuscito a prendere?

«No, perché abbiamo lavorato in emergenza, avviato la rifondazione senza

avere ancora una strategia. Rimpianti potranno esserci soltanto dall'anno

prossimo, quando potremo muoverci con serenità sul mercato e completare, con

pochi innesti, l'organico».

Da presidente tifoso, le capita di "innamorarsi" d'un fuoriclasse e

suggerirlo ai suoi dirigenti?

«Mi innamoro solo della squadra. E se si assumono professionisti è per

attribuirgli responsabilità e lasciarli lavorare».

Con il senno di poi, l'annuncio dell'addio di Del Piero non meritava

una maggiore solennità?

«A me spiace che un gesto d'affetto sia stato interpretato come un atto

ostile. Fu Del Piero, al momento delle firme, a dire che era il suo ultimo

contratto con la Juve: perché tanto stupore se cinque mesi dopo viene chiesto

un tributo? Lui è la storia, come Boniperti e Platini».

Pensate già alla partita d'addio?

«No, pensiamo a Lecce-Juventus dell’8 gennaio».

Qual è il ruolo di Nedved in società? Non sembra ben definito. . .

«Ho fiducia nei suoi giudizi e ho voluto coinvolgerlo nel progetto, ma aveva

smesso di giocare da appena un anno e non ha voluto una carica definita.

Essere consigliere di amministrazione significa abbracciare la società nella

sua interezza: Pavel, per quel che rappresenta, è prezioso anche nel

commerciale, però la sua inclinazione è sportiva».

Lo scudetto è un duello Juve-Milan? O una lotta a quattro con Lazio e

Udinese? Oppure a sette con Roma, Inter e Napoli?

«A sette: mancano ventidue partite e tutto è aperto»

La Champions League è una priorità?

«E' un traguardo perché dà accesso a voci di ricavi importanti, ma non è

giusto dire che l'obiettivo della Juve è arrivare terza. Crediamo in noi

stessi, pur senza illudere nessuno: veniamo da stagioni tribolate e tumultuose,

non possiamo dire di essere i più forti. Abbiamo gli stessi punti del Milan,

ma i campioni d'Italia sono favoriti per definizione. Udinese, Napoli e Lazio

hanno un'ottima organizzazione di gioco. L'Inter sta rientrando. La Roma è in

una situazione simile alla nostra: ha cambiato molto e sta trovando

l'amalgama».

Contro il Novara, avevate dieci italiani in campo: orgoglio, scelta o

casualità?

«Un po' tutto: non è che non vogliamo giocatori stranieri, ma non possiamo

permetterci di sbagliare né concedere a più calciatori tempo per adattarsi».

A gennaio arriverà Borriello?

«Valuteremo le opportunità del mercato. Quello invernale è particolare, se

una squadra vuol liberarsi di un giocatore significa che ci sono problemi e

quindi bisogna stare attenti: con Barzagli, però, abbiamo fatto un ottimo

affare».

Krasic partirà?

«Può capitare, per mille motivi, di perdere fiducia in se stessi: magari

diventerà il nostro miglior acquisto di gennaio»

Che idea s'è fatto della brutta storia delle scommesse?

«Bisogna aprire un capitolo ampio, chiedersi perché avviene tutto questo. In

Italia ci sono più squadre professionistiche che in qualsiasi Paese, le

classifiche delle categorie minori sono punteggiate da penalizzazioni, il

calcio e lo sport non funzionano, le riforme latitano. Sia chiaro, non

giustifico chi sbaglia, però osservo che chi batte i campi minori e non prende

lo stipendio da mesi può trovarsi in situazioni difficili e cadere in

tentazione. E' il momento di intervenire, di ragionare su chi governa e sullo

statuto, di rivisitare le norme sugli impianti sportivi, sulla tutela dei

marchi, sui diritti tv. Anche in Europa ci sono situazioni su cui riflettere:

continuiamo a perdere posizione nel ranking Uefa, ma è giusto che Europa

League e Champions diano lo stesso coeficiente? Ha senso avere due

competizioni? Non è meglio una sola che assegni maggiori posizioni ai Paesi

che più contribuiscono ai ricavi Uefa? Oggi c'è troppa aleatorietà e non

partecipare alla Champions League è più dannoso che retrocedere in B».

La situazione è di stallo...

«Siamo parecchio indietro: si parla, ma non si fa. Il sistema e chi ha un

ruolo nel sistema deve muoversi: se vogliamo bene al calcio e allo sport,

dobbiamo ascoltare le esigenze di riforma e lavorare per ridare competitività

al movimento».

Con la costruzione dello stadio, la Juve ha dato un esempio. . .

«In nove giornate, è sempre stato esaurito: se l'impianto è accattivante, la

gente si avvicina. E il valore dell'abbonamento diventa sicurezza di assistere

allo spettacolo» .

C'è un fuoriclasse che sogna di vedere nel nuovo stadio con la maglia

bianconera?

«In questo momento conta l'equilibrio di squadra: il sogno è tornare presto a

vincere sul campo, perché quel giorno si chiuderà un cerchio».

Cosa vuol dire ai tifosi della Juve?

«Che è bellissimo vedere lo stadio pieno, è bellissimo sentirli cantare ed è

bellissimo stare tutti insieme a casa nostra».

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Joined: 14-Jun-2008
11014 messaggi

L’intervista Il numero uno della Juventus celebra la sua squadra in testa alla classifica, affronta tutte le questioni legate a Calciopoli.

Rivoluzione

Agnelli

«Manca un sistema di regole e di governo che permetta al calcio di

svilupparsi. Ci sono anche troppe squadre pro, 40 basterebbero»

di DANIELE DALLERA & ROBERTO PERRONE (CorSera 24-12-2011)

TORINO—Il bambino di nome Andrea con i calzoni corti è in piedi vicino alla

panchina dove siede suo padre Umberto e guarda avanti. Distanti un paio di

metri, ma la direzione degli occhi è la stessa. Sulla panchina, accanto al

padre Umberto c’è un signore. «Mi hanno detto chi è, ma non ricordo il nome, è

qualcuno di Villar Perosa». Juventus dinastica e popolare. La foto l’ha

trovata rivoluzionando (anche) l’arredamento della sede sociale. Andrea

Agnelli, il rinnovatore.

È stato allora che ha pensato: farò il presidente della Juventus?

«Non l’ho mai pensato, gli eventi si evolvono e possono portare ad assumere

certe responsabilità. Il fatto che ci sia stato l’impegno diretto di uno della

famiglia dimostra quanto la Juve stia a cuore a tutti noi».

Come affronta questo peso?

«Uno un po’ ci cresce, ti motivano. Una medaglia ha sempre due facce,

privilegi e responsabilità ».

Dopo un anno e mezzo da presidente, com’è la bilancia?

«L’elemento che mi ha colpito di più è la totale assenza di un sistema di

governo e di regole che possa permettere al calcio di svilupparsi. Mi sono

confrontato con un sistema in stallo che paghiamo col ranking Uefa e la

difficoltà a proporci in Europa come organizzatori di grandi eventi. Al pari

del Paese, anche il sistema dello sport ha necessità di riformarsi». E invece

per quello che riguarda la Juventus? «Qui siamo padroni del nostro destino.

Quello che non si vede è stato il profondo rinnovamento della società. Uno

semina, lavora e dopo arrivano i frutti».

I frutti già si vedono, la Juve è prima.

«Ha ragione Conte: se l’avessero detto a luglio che a dicembre saremmo stati

primi in classifica e imbattuti nessuno l’avrebbe creduto. La direzione è

giusta. Da qui possiamo cominciare a costruire inserendo, in un impianto

esistente, uno o due giocatori all’anno».

Perché ha scelto Conte?

«La sua determinazione, la sua competenza, la sua grinta, la sua voglia di

far bene sposavano appieno il cambiamento che io ho portato in Juventus. Il

rapporto con lui è vecchio di vent’anni, l’ho rivisto e ho capito cosa poteva

trasmettere».

Discute le sue scelte tattico-tecniche?

«Non esiste che un presidente dica: facciamo giocare questa formazione.

Esistono responsabilità e competenze. E mi comporterei allo stesso modo se

parlassimo di una fabbrica di bulloni. Dopo si commenta».

Ha paura di gennaio, il mese nero della Juve?

«Non sono scaramantico. A Tokyo, prima della finale della Coppa

Intercontinentale del 1996 comprai una giacca. Mi sono chiesto: la metto o non

la metto? L’ho messa. Se bastasse mettere o non mettere una giacca per vincere

o non vincere saremmo campioni tutti gli anni ».

Chi era lo juventino della sua adolescenza-giovinezza?

«Sono cresciuto prima con Gentile e poi con Montero. Nessuna finezza in campo.

Sono un difensore, ho giocato fino ai giovanissimi, poi sono andato in

Inghilterra e ho continuato lì. E continuo ancora».

Ah, la famosa partitella del giovedì con Nedved.

«Con venti persone tra cui anche Pavel».

Milan-Juve, foto d’altri tempi.

«Non c’è solo ilMilan. Si gioca partita dopo partita e i conti si fanno a

maggio».

La sorpresa del campionato?

«È un campionato altamente incerto, con squadre medio-piccole che stanno

facendo bene anche grazie alla redistribuzione dei diritti tv: il Chievo con

il solo differenziale dei diritti tv paga tutto il monte ingaggi».

Questo per voi «grandi» non è giusto.

«Non è questione di giusto o sbagliato, tolta la Spagna, tutte le altre

nazioni viaggiano su un principio di diritti collettivi. Il fatto è che l’anno

scorso con accordi presi e documenti già firmati, una delibera ha modificato

il sistema di quantificazione del bacino d’utenza: 200 milioni. Noi avevamo

una pianificazione di un certo tipo e ci è cambiata in corsa ».

Lei sarebbe per una riduzione delle società professionistiche?

«Drastica. Io sarei per allinearci alla Spagna, 40, 42. Serie A, serie B, una

riga qua. Quando uno fa dalla A alla B già ha degli sconquassi, dalla B alla C

non ne parliamo. Prendete la classifica della Lega Pro: accanto a metà delle

squadre c’è l’asterisco: 2, 3, 4 punti di penalizzazione. Non giustifico

nessuno ma quando si scommette sugli avvenimenti sportivi e io non ti pago lo

stipendio, poi è più facile rubare».

Inevitabile capitolo sullo scudetto 2006 e dintorni. A che punto siamo?

«Sono uscite delle notizie importanti, anche se da verificare. Nell’esposto

nel maggio del 2010 chiedemmo se sussistevano le condizioni per le quali il

commissario straordinario assegnò lo scudetto all’Inter. La relazione di

Palazzi dice di sì, l’intervista pubblicata dal Corriere dello Sport ieri

svela che l’inchiesta fu sommaria. Non ci si rende conto di quello che ha

determinato il 2006 per noi. Abbiamo richieste, le più diverse, di

risarcimento danni per circa 600 milioni di euro. Con la nostra siamo a quasi

unmiliardo che pende. Chiudere con "fu giustizia sommaria ci spiace", come si

voleva fare con il documento non firmato al tavolo del Coni, non è

semplicissimo».

Lei difende i 29 scudetti della Juve, parla di squadra che vinceva

sul campo, ma non menziona mai i dirigenti.

«Innanzitutto scomponiamo. Noi abbiamo un anno sotto inchiesta, il 2004-2005.

Il 2005-2006 è pulito: subiamo la penalizzazione su un anno in cui non c’è

niente e i designatori arbitrali sono cambiati. Se il capo dello sport e

quello del calcio mi parlano di giustizia sommaria, quali che fossero i

dirigenti, fu giustizia sommaria. E poi siamo entrati in un procedimento

penale: i giudizi li possiamo dare solo alla fine».

Ma lei non crede che, comunque, quel sistema in cui controllati e

controllori erano tutti amici e commensali fosse da estirpare?

«Sì. Ma di arbitri si parla ancora adesso e poi, conoscendo il carattere

delle persone, c’è chi è più riservato e c’è chi è più colorito, anche quando

parla al telefono».

Altra obiezione. Le telefonate di Moggi sono molto diverse, nei toni,

da quelle di Facchetti.

«Perché allora si accusa la Juventus di articolo 1 e l’Inter di articolo 6?

Se io sto a quello che è l’impianto accusatorio del procuratore federale, nei

confronti dell’Inter è molto più severo. Questo è Palazzi, risponde lui».

Proposta di pace: la Juve rinuncia ai due scudetti e l’Inter a quello

a tavolino. Amen.

«No. Credo che ci sia la necessità di fare chiarezza, quando avremo il quadro

completo si potrà passare a una negoziazione politica».

Lei e Moratti che rapporti personali avete?

«A monte di tutto c’è l’educazione e la civiltà. Abbiamo posizioni diverse,

ma senza astio o mancanza di rispetto».

Nessun astio neanche con Del Piero, da lei prepensionato?

«A me affascina, lo confesso, il sistema di prendere delle affermazioni e

rivoltarle. Fu Alex, cinque mesi prima, a dire che avrebbe firmato il suo

ultimo contratto con la Juve».

Per il popolo Del Piero è ancora il supereroe.

«Il bello di Del Piero è che lo sarà sempre un supereroe della Juve».

E il suo, in questa squadra?

«Il supereroe è sempre la squadra, il gruppo».

Ma chi si avvicina a Gentile e Montero?

«Un duro come Chiellini».

Quanto tempo dedica alla Juve?

«La mia giornata lavorativa va dalle 8 alle 20 e la Juve in questo momento

prende nove, dieci ore».

Da suo padre dirigente che cosa ha ereditato?

«Le due epoche sono troppo diverse. Per quello che riguarda il resto anche il

fatto che mi dicano che gli assomiglio è già moltissimo ».

Ha appena avuto il secondo figlio, che cosa spera per i suoi bambini?

«Uno per i figli spera sempre il meglio, non pensa al contesto. A proposito:

Giacomo Dai è Davide in gaelico. Mia moglie ha questa origine. Non è una

stranezza».

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Joined: 05-Oct-2008
14688 messaggi

@@

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Joined: 13-Aug-2006
1153 messaggi

Ritiene sia stato frettoloso, al tempo, scaricare Moggi e Giraudo?

All'epoca il quadro sembrava completo, con un impianto accusatorio violentissimo e un'attenzione altrettanto violenta da parte dei media che imponeva di decidere in fretta. Noi accettammo tutto, l'esposto è nato per l'assegnazione dello scudetto [...] La nostra domanda è molto semplice: "Fu giusto assegnarlo?". (Andrea Agnelli, Corsport, 24-12-2011)

A me questa risposta non piace moltissimo...

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Joined: 04-Feb-2008
81765 messaggi

sarebbe un sogno vedere anche Questo Agnelli alzare uno scudetto quest'anno... e poi in futuro una bella champions league... lascetemi sognare :interxxx:

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Joined: 29-Aug-2008
7586 messaggi

Agnelli al Corsport: "La mia società ha pagato un conto altissimo. Ora non si può far finta di nulla, LaJuve di Capello avrebbe battuto 3-0 l'Inter del Triplete"

Il presidente Andrea Agnelli ha parlato al Corriere dello Sport per fare un'analisi in un momento bianconero sereno.

Andre Agnelli parla di tutto, sopratutto dell'obiettivo: "Sin dal primo giorno della mia presidenza lavoriamo per tornare a vincere sul campo,quando succederà si chiuderà il cerchio. La Champions League è un traguardo ma il nostro obiettivo non è il terzo posto: per lo scudetto in lotta 7 squadre".

Su Conte e Del Piero: "Non mi stupisco dei risultati di Conte perchè lo conosco bene. Su Del Piero un gesto d'affetto è stato visto come un atto ostile, fu lo stesso Del Piero al momento della firma a parlare di ultimo contratto".

Ovvio un riferimento all'intervista di ieri: "Nell’intervista all’investigatore che avete pubblicato, la conferma che in Calciopoli ci sono troppe domande senza risposta. La mia società ha pagato un conto altissimo. Ora non si può far finta di nulla".

Ovvio un riferimento anche a Moratti: "I rapporti con Moratti sono di educazion. Questa squadra ci farà tornare grandi. E la Juventus di Capello batterebbe 3-0 l’Inter del Triplete..".

Infine il mercato: "Stiamo valutando le opportunità di mercato,inutile far nomi. Krasic via, potrebbe capitare che un giocatore perda le motivazioni, magari sarà il nostro miglior acquisto di gennaio" (tuttojuve.com)

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Joined: 01-Mar-2011
44080 messaggi

Questo per voi «grandi» non è giusto.

«Non è questione di giusto o sbagliato, tolta la Spagna, tutte le altre

nazioni viaggiano su un principio di diritti collettivi. Il fatto è che l’anno

scorso con accordi presi e documenti già firmati, una delibera ha modificato

il sistema di quantificazione del bacino d’utenza: 200 milioni. Noi avevamo

una pianificazione di un certo tipo e ci è cambiata in corsa ».

mi raccomando eh!!!! critichiamo il mercato!!!!!!!

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Joined: 29-Aug-2008
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Parte da una foto la lunga intervista rilasciata dal presidente della Juventus Andrea Agnelli al Corriere della Sera. Il bambino Andrea con i calzoni corti è in piedi vicino alla panchina dove siede suo padre Umberto e guarda avanti. Sulla panchina, accanto al padre Umberto c’è un signore. "Mi hanno detto chi è, ma non ricordo il nome, è qualcuno di Villar Perosa", spiega il numero uno della società bianconera ai colleghi Daniele Dallera e Roberto Perrone, che lo hanno intervistato. Gli chiedono se abbia pensato di fare il presidente della Juventus dopo aver trovato questa foto: "Non l’ho mai pensato, gli eventi si evolvono e possono portare ad assumere certe responsabilità. Il fatto che ci sia stato l’impegno diretto di uno della famiglia dimostra quanto la Juve stia a cuore a tutti noi - replica Agnelli -. Come affronto questo peso? Uno un po’ ci cresce, ti motivano. Una medaglia ha sempre due facce, privilegi e responsabilità".

Il presidente traccia un bilancio di questo suo primo anno e mezzo al timone bianconero: "L’elemento che mi ha colpito di più è la totale assenza di un sistema di governo e di regole che possa permettere al calcio di svilupparsi. Mi sono confrontato con un sistema in stallo che paghiamo col ranking Uefa e la difficoltà a proporci in Europa come organizzatori di grandi eventi. Al pari del Paese, anche il sistema dello sport ha necessità di riformarsi. Per quanto riguarda la Juve? Qui siamo padroni del nostro destino. Quello che non si vede è stato il profondo rinnovamento della società. Uno semina, lavora e dopo arrivano i frutti". E i frutti stanno arrivando: "Ha ragione Conte: se l’avessero detto a luglio che a dicembre saremmo stati primi in classifica e imbattuti nessuno l’avrebbe creduto. La direzione è giusta. Da qui possiamo cominciare a costruire inserendo, in un impianto esistente, uno o due giocatori all’anno".

Agnelli spiega le ragioni che hanno spinto la società a puntare sull'allenatore salentino. "Perché ho scelto Conte? La sua determinazione, la sua competenza, la sua grinta, la sua voglia di far bene sposavano appieno il cambiamento che io ho portato in Juventus. Il rapporto con lui è vecchio di vent’anni, l’ho rivisto e ho capito cosa poteva trasmettere. Se discuto le sue scelte tattico-tecniche? Non esiste che un presidente dica: facciamo giocare questa formazione. Esistono responsabilità e competenze. E mi comporterei allo stesso modo se parlassimo di una fabbrica di bulloni. Dopo si commenta". Gennaio è il mese nero della Juve. Ma Agnelli non se ne cura: "Non sono scaramantico. A Tokyo, prima della finale della Coppa Intercontinentale del 1996 comprai una giacca. Mi sono chiesto: la metto o non la metto? L’ho messa. Se bastasse mettere o non mettere una giacca per vincere o non vincere saremmo campioni tutti gli anni".

Gli domandano quale fosse lo juventino della sua adolescenza-giovinezza: "Sono cresciuto prima con Gentile e poi con Montero. Nessuna finezza in campo - ha risposto Agnelli -. Sono un difensore, ho giocato fino ai giovanissimi, poi sono andato in Inghilterra e ho continuato lì. E continuo ancora. La famosa partitella del giovedì con Nedved? Con venti persone tra cui anche Pavel".

Il discorso si sposta inevitabilmente sulla corsa scudetto e sul livellamento del campionato: "Non c’è solo il Milan. Si gioca partita dopo partita e i conti si fanno a maggio. La sorpresa del campionato? È un campionato altamente incerto, con squadre medio-piccole che stanno facendo bene anche grazie alla redistribuzione dei diritti tv: il Chievo con il solo differenziale dei diritti tv paga tutto il monte ingaggi. Se questo per noi non è giusto? Non è questione di giusto o sbagliato, tolta la Spagna, tutte le altre nazioni viaggiano su un principio di diritti collettivi. Il fatto è che l’anno scorso con accordi presi e documenti già firmati, una delibera ha modificato il sistema di quantificazione del bacino d’utenza: 200 milioni. Noi avevamo una pianificazione di un certo tipo e ci è cambiata in corsa. Se sono per una riduzione delle società professionistiche? Drastica. Io sarei per allinearci alla Spagna, 40, 42. Serie A, serie B, una riga qua. Quando uno fa dalla A alla B già ha degli sconquassi, dalla B alla C non ne parliamo. Prendete la classifica della Lega Pro: accanto a metà delle squadre c’è l’asterisco: 2, 3, 4 punti di penalizzazione. Non giustifico nessuno ma quando si scommette sugli avvenimenti sportivi e io non ti pago lo stipendio, poi è più facile rubare".

Altro tema caldo, Calciopoli e lo scudetto 2006: "A che punto siamo? Sono uscite delle notizie importanti, anche se da verificare. Nell’esposto nel maggio del 2010 chiedemmo se sussistevano le condizioni per le quali il commissario straordinario assegnò lo scudetto all’Inter. La relazione di Palazzi dice di sì, l’intervista pubblicata dal Corriere dello Sport ieri svela che l’inchiesta fu sommaria. Non ci si rende conto di quello che ha determinato il 2006 per noi. Abbiamo richieste, le più diverse, di risarcimento danni per circa 600 milioni di euro. Con la nostra siamo a quasi un miliardo che pende. Chiudere con 'fu giustizia sommaria ci spiace', come si voleva fare con il documento non firmato al tavolo del Coni, non è semplicissimo".

Ad Agnelli fanno notare di aver sempre difeso i 29 scudetti della Juve, ma di non aver mai menzionato i dirigenti: "Innanzitutto scomponiamo - risponde Agnelli -. Noi abbiamo un anno sotto inchiesta, il 2004-2005. Il 2005-2006 è pulito: subiamo la penalizzazione su un anno in cui non c’è niente e i designatori arbitrali sono cambiati. Se il capo dello sport e quello del calcio mi parlano di giustizia sommaria, quali che fossero i dirigenti, fu giustizia sommaria. E poi siamo entrati in un procedimento penale: i giudizi li possiamo dare solo alla fine. Quel sistema in cui controllati e controllori erano tutti amici e commensali era da estirpare? Sì. Ma di arbitri si parla ancora adesso e poi, conoscendo il carattere delle persone, c’è chi è più riservato e c’è chi è più colorito, anche quando parla al telefono".

Il presidente bianconero risponde anche ad un'altra "storica" obiezione, secondo la quale le telefonate di Moggi fossero molto diverse, nei toni, da quelle di Facchetti: "Perché allora si accusa la Juventus di articolo 1 e l’Inter di articolo 6? Se io sto a quello che è l’impianto accusatorio del procuratore federale, nei confronti dell’Inter è molto più severo. Questo è Palazzi, risponde lui", ribatte Agnelli.

Perrone e Dallera fanno una "Proposta di pace" ad Agnelli: la Juve rinuncia ai due scudetti e l’Inter a quello a tavolino. Ma il numero uno della società bianconera non ci sta: "No. Credo che ci sia la necessità di fare chiarezza, quando avremo il quadro completo si potrà passare a una negoziazione politica".

Il presidente parla quindi dei rapporti con Moratti: "A monte di tutto c’è l’educazione e la civiltà. Abbiamo posizioni diverse, ma senza astio o mancanza di rispetto".

Poi si torna al calcio giocato e all'addio di Del Piero, annunciato dallo stesso Agnelli: "Io ho prepensionato Del Piero? A me affascina, lo confesso, il sistema di prendere delle affermazioni e rivoltarle. Fu Alex, cinque mesi prima, a dire che avrebbe firmato il suo ultimo contratto con la Juve. Per il popolo Del Piero è ancora il supereroe? Il bello di Del Piero è che lo sarà sempre un supereroe della Juve".

Agnelli indica il suo supereroe: "Il supereroe è sempre la squadra, il gruppo. Chi si avvicina a Gentile e Montero? Un duro come Chiellini".

Il presidente dedica gran parte della sua giornata alla Juventus: "La mia giornata lavorativa va dalle 8 alle 20 e la Juve in questo momento prende nove, dieci ore. Cosa ho eredita da mio padre? Le due epoche sono troppo diverse. Per quello che riguarda il resto anche il fatto che mi dicano che gli assomiglio è già moltissimo".

Infine Agnelli parla dei suoi due figli, l'ultimo dei quali arrivato pochi giorni fa: "Uno per i figli spera sempre il meglio, non pensa al contesto. A proposito: Giacomo Dai è Davide in gaelico. Mia moglie ha questa origine. Non è una stranezza". (tuttojuve.com)

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Joined: 27-Aug-2007
31 messaggi
Lo ammetto, queste parti non mi piacciono: Ritiene sia stato frettoloso, al tempo, scaricare Moggi e Giraudo? «All'epoca il quadro sembrava completo, con un impianto accusatorio violentissimo e un'attenzione altrettanto violenta da parte dei media che imponeva di decidere in fretta. Noi accettammo tutto, l'esposto è nato per l'assegnazione dello scudetto: abbiamo chiesto se permanevano i requisiti senza entrare nel merito della decisione del 2006. La nostra domanda è molto semplice: "Fu giusto assegnarlo?" Ognuno, naturalmente, ha un'opinione».

E' una risposta da presidente della società che a quel tempo assunse certe decisioni. AA le legittima con un distinguo non potendo dare una risposta da tifoso su questo punto. Quella data è una buona risposta da dirigente.

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Joined: 05-Sep-2006
4514 messaggi

Una bellissima intervista

Modificato da StileJuve-

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Joined: 05-Sep-2006
4514 messaggi

a me pare una marcia indietro rispetto alle sue passate dichiarazioni, prima diceva che lui avrebbe difeso i dirigenti fino all'ultimo grado di giudizio, poi che moggi era uno dei migliori dirigenti, poi che giraudo era un secondo padre. Ora invece c'era l'impianto accusatorio chiaro. non so se avete capito.

Chiaro per le manipolazioni mediatiche e giudiziarie. Non certo chiaro nel senso di comprovato.

Guardate le cose in buona fede

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Joined: 29-Aug-2008
7586 messaggi

Agnelli: «Per la mia Juve voglio giustizia e vittorie»

Il presidente bianconero si svela. Chiede parità di trattamento e sogna nuovi successi. Dentro e fuori dal campo. «La mia società ha pagato per Calciopoli un conto altissimo Ora non si può far finta di nulla. Sin dal mio primo giorno di presidenza lavoriamo per tornare a vincere sul campo Quando succederà, si chiuderà un cerchio»

ROMA - Presidente Andrea Agnelli, che effetto fanno le rivelazioni su Calciopoli confidate al nostro giornale da un investigatore? «Faccio un piccolo passo indietro e torno al tavolo voluto da Petrucci. E' stata una giornata importante perché ha riunito persone direttamente coinvolte nel 2006, il capo dello sport e il presidente della Figc: ognuno è rimasto sulle proprie posizioni, ma il documento finale che era stato preparato riconosce - anche se non è stato sottoscritto da tutti - che ci fu giustizia sommaria. La vostra intervista conferma quanto emerso negli ultimi anni e rafforza la necessità di avere un quadro completo, capire cosa accadde ed entrare nel merito. L'inquirente racconta di telefonate che non c'erano, di altre tolte e di un diverbio: elementi che devono essere valutati da un giudice, non è plausibile che in un piccolo sistema di venti squadre ci sia tanta disparità di trattamento»

Quando scoppiò Calciopoli, lei non era ancora presidente della Juve: ebbe comunque, da tifoso, la sensazione che ci fosse qualcosa di scivoloso e di imperfetto?

«Il quadro di allora era diverso da oggi. Quando vennero fuori le prime intercettazioni, pensai a una strana coincidenza: ogni volta che stavamo per vincere un titolo, balzava fuori qualcosa, l'anno prima c'era stato il video della flebo di Cannavaro. Poi, improvviso, è arrivato lo tsunami, e parlare di sensazioni, in quei momenti, è difficile. La Juve ha pagato in maniera dura: se la società non avesse varato l'aumento di capitale e lavorato per tornare ai vertici, avrebbe potuto precipitare davvero in categorie minori. Adesso esigiamo parità di trattamento».

Al tavolo s'è parlato della relazione di Palazzi? E' anomalo che non se ne tenga conto...

«L'istituto prescrizione non l'ho istituito io. La Juve è stata condannata per una serie di violazioni dell'articolo 1, la cui somma ha configurato violazione dell'articolo 6. Per l'Inter, invece, l'articolo 6 è stato tirato in ballo direttamente da Palazzi. Ricordo anche che l'annata sportiva 2005-2006 è immacolata, non c'erano più nemmeno Bergamo e Pairetto come designatori. Questo deve far riflettere, ci sono società e persone fisiche che hanno subito condanne: non si può far finta di nulla e dire "è stata giustizia sommaria, andiamo avanti". Ci sono richieste danni per centinaia di milioni».

L'investigatore racconta perfino di un audio che potrebbe scagionare Della Valle e di cui non c'è traccia: che ne pensa?

«Che ci sono troppe domande in attesa di risposta: dall'intervista emerge che è stato commesso un reato, che sono state intercettate utenze internazionali senza permesso, vien fuori che ci fu una lite per chiudere il caso o andare avanti e sarebbe importante sapere perché si proseguì. Il 12 maggio 2006, il presidente Abete dettò una dichiarazione che torna d'attualità: "Considerati l'importanza e il rilievo che il calcio riveste nel nostro Paese anche sotto il profilo sociale, riteniamo positivo che si faccia di tutto per l'accertamento di quanto avvenuto, avendo come obiettivo prioritario quello di garantire il massimo livello di chiarezza e trasparenza”».

C'è imbarazzo, da parte vostra, nel confronto quotidiano con la Federazione?

«A livello politico, faccio fatica a confrontarmi in generale: ci sono le stesse persone, più o meno, e hanno il dovere di mettere a disposizione degli associati strumenti che garantiscano parità di trattamento».

Cosa pensa della denuncia di Della Valle a Guido Rossi?

«Non entro in personalismi: per me Rossi rappresentava la Federazione, ha agito in suo nome e per suo conto».

Cosa sarebbe successo se Moratti avesse fatto un gesto distensivo, rinunciando allo scudetto?

«La relazione è lì, ma non m'addentro: ognuno ha una sua coscienza e le sue profonde convinzioni».

Che rapporti ha con il presidente nerazzurro?

«Di educazione e civiltà: devono rimanere tali e sarebbe bello se si estendessero ai tifosi. Non siamo in guerra, il calcio è un grande spettacolo di sport, e l'Inter è lì per caso: se fosse arrivata terza un'altra squadra, avremmo chiesto comunque se era giusto assegnarle lo scudetto».

Ritiene sia stato frettoloso, al tempo, scaricare Moggi e Giraudo?

«All'epoca il quadro sembrava completo, con un impianto accusatorio violentissimo e un'attenzione altrettanto violenta da parte dei media che imponeva di decidere in fretta. Noi accettammo tutto, l'esposto è nato per l'assegnazione dello scudetto: abbiamo chiesto se permanevano i requisiti senza entrare nel merito della decisione del 2006. La nostra domanda è molto semplice: "Fu giusto assegnarlo?" Ognuno, naturalmente, ha un'opinione».

Come finirebbe, secondo lei, un'ipotetica sfida tra l'Inter del triplete e la Juventus di Capello?

«Nessun dubbio: vinciamo noi 3-0»

Quella fu l'ultima grande Juve, ma ora state tornando ai vertici...

«Sin dal mio primo giorno di presidenza lavoriamo per tornare a vincere sul campo. Abbiamo trasformato la società, con dirigenti tutti nuovi, e cambiato profondamente la squadra. Sapevamo che il primo anno sarebbe stato difficile e il secondo di completamento: adesso c'è un buon impianto, possiamo ragionare su uno o due inserimenti a stagione per crescere».

C'è stato un momento, in estate, in cui la Juve poteva diventare di Mazzarri?

«E' stata sempre la Juve di Conte»

.

Chi ha scelto il vecchio capitano?

«Tutte le decisioni, con riferimento alla parte sportiva, vengono prese di comune accordo con Marotta, Paratici e Nedved. Quando si è creata la possibilità di ingaggiare Antonio, è stato chiaro a tutti che fosse una scelta idonea. I risultati che ha ottenuto non mi stupiscono: lo conosco da vent'anni, ne ho ben presenti qualità, doti umane e competenza».

Un suo difetto?

«Gli manca un filo d'esperienza, come manca a me. Ma entusiasmo giovanile ed esperienza non possono coesistere».

Come è nata l'dea Pirlo?

«Il compito dell'area sportiva è monitorare le occasioni di mercato che si creano. Se devo essere sincero, mi ha stupito l'iniziale scetticismo: oggi piovono complimenti, ma in estate si sussurrava "è rotto" oppure "è vecchio"».

Il Milan portò via il regista all'Inter e costruì un ciclo vincente: la storia si ripete in bianconero?

«La qualità di Pirlo è assoluta, ma io ho una convinzione: in campo si va in undici e un solo campione, per quanto straordinario, non fa la differenza».

In diciotto mesi di presidenza, c'è un calciatore che ha cercato con forza e non è riuscito a prendere?

«No, perché abbiamo lavorato in emergenza, avviato la rifondazione senza avere ancora una strategia. Rimpianti potranno esserci soltanto dall'anno prossimo, quando potremo muoverci con serenità sul mercato e completare, con pochi innesti, l'organico».

Da presidente tifoso, le capita di "innamorarsi" d'un fuoriclasse e suggerirlo ai suoi dirigenti?

«Mi innamoro solo della squadra. E se si assumono professionisti è per attribuirgli responsabilità e lasciarli lavorare».

Con il senno di poi, l'annuncio dell'addio di Del Piero non meritava una maggiore solennità?

«A me spiace che un gesto d'affetto sia stato interpretato come un atto ostile. Fu Del Piero, al momento delle firme, a dire che era il suo ultimo contratto con la Juve: perché tanto stupore se cinque mesi dopo viene chiesto un tributo? Lui è la storia, come Boniperti e Platini».

CdS online.

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