Socrates 8717 Joined: 04-Apr-2006 135477 messaggi Inviato June 6, 2011 (modificato) Modificato March 8, 2023 da Socrates Condividi questo messaggio Link di questo messaggio Condividi su altri siti
Socrates 8717 Joined: 04-Apr-2006 135477 messaggi Inviato July 2, 2013 (modificato) Modificato March 8, 2023 da Socrates Condividi questo messaggio Link di questo messaggio Condividi su altri siti
Socrates 8717 Joined: 04-Apr-2006 135477 messaggi Inviato February 1, 2022 (modificato) CARLO BIGATTO https://it.wikipedia.org/wiki/Carlo_Bigatto Nazione: Italia Luogo di nascita: Balzola (Alessandria) Data di nascita: 29.08.1895 Luogo di morte: Torino Data di morte: 16.09.1942 Ruolo: Centrocampista Altezza: 172 cm Peso: 70 kg Nazionale Italiano Soprannome: Il Dilettante Alla Juventus dal 1913 al 1931 Esordio: 12.10.1913 - Prima Categoria - Juventus-Libertas Milano 3-1 Ultima partita: 21.12.1930 - Serie A - Lazio-Juventus 2-1 249 presenze - 2 reti 2 scudetti Allenatore della Juventus 1934-1935 1 scudetto Carlo Bigatto (Balzola, 29 agosto 1895 – Torino, 16 settembre 1942) è stato un calciatore e allenatore di calcio italiano, di ruolo mediano. Viene indicato anche come Bigatto I per distinguerlo da Giorgio Bigatto, anch'egli calciatore juventino (nella stagione 1923-1924). Oltre al suo legame sportivo con la società bianconera, presiedette la sezione di bocce del club nei primi anni 1940. È scomparso nel 1942, all'età di 47 anni, dopo una lunga malattia. Carlo Bigatto Bigatto alla Juventus col suo caratteristico berretto Nazionalità Italia Altezza 172 cm Peso 70 kg Calcio Ruolo Allenatore (ex mediano) Termine carriera 1931 - giocatore 1935 - allenatore Carriera Squadre di club 19??-1910 Junior ? (?) 1910-1913 Piemonte ? (?) 1913-1931 Juventus 249 (2) Nazionale 1925-1927 Italia 5 (0) Carriera da allenatore 1934-1935 Juventus Caratteristiche tecniche Giocatore Abile dribblatore e ottimo marcatore, era rinomato per la capacità di rubare palla con estrema facilità. Carriera Giocatore Club Iniziò a giocare nella Junior, squadra dilettantistica, per poi trasferirsi nel Piemonte di Torino. Nel 1913 passò ai concittadini della Juventus, con cui esordì diciottenne il 12 ottobre di quell'anno in una sfida contro il Racing Libertas di Milano, segnando nell'occasione quella che rimarrà la sua unica rete in maglia bianconera. Divenne presto noto alle cronache, da una parte per il caratteristico stile con cui scendeva in campo, indossando un cappello bianconero — «un copricapo con due alette che scendono fin sotto le orecchie» — che, unito «a due baffoni minacciosi», gli conferivano un singolare aspetto piratesco; e dall'altra per l'abitudine decisamente lontana dai canoni della vita di atleta, di arrivare a fumare anche 140 sigarette al giorno. Bigatto (in piedi, quarto da destra) nella Juventus 1920-1921 Per Bigatto, la cui attività primaria era quella di gestire un deposito di legname, il calcio era più che altro un modo per pubblicizzare la sua azienda, tanto che per mantenere «una condizione privilegiata che gli permetteva di fare quello che voleva», tra cui l'avere il vizio del fumo, per tutta la carriera mantenne lo status di dilettante rifiutando sempre di venire stipendiato dalla società juventina. Con il club torinese giocò inizialmente come centravanti. La sua carriera subì un brusco stop nel 1915, quando fu costretto ad arruolarsi con la brigata fanteria Pinerolo per andare a combattere nella Grande Guerra. Una volta tornato dal fronte, da qui in avanti venne schierato prettamente come centromediano. Primo uomo-simbolo del club bianconero, vi militò per oltre due decenni fino all'inizio degli anni 1930, divenendo con la fascia da capitano al braccio l'ideale trait d'union tra la Juventus dei fondatori e quella del Quinquennio d'oro: scese in campo per l'ultima volta il 21 dicembre 1930 contro la Lazio, all'età di 35 anni, prima di ritirarsi a causa di tendini ormai malandati. Nazionale Esordì con la maglia dell'Italia il 22 marzo 1925, sostituendo al 25' Ottavio Barbieri nella gara casalinga contro la Francia vinta dagli azzurri per 7-0. In seguito rappresentò la nazionale in altre quattro occasioni. Con Bigatto in campo la nazionale italiana non ha mai perso (4 vittorie e 1 pareggio). Allenatore Allenò la Juventus nell'annata 1934-1935, subentrando in dicembre all'esonerato Carlo Carcano, staccando a fine stagione l'Ambrosiana-Inter di 2 punti in classifica e portando i bianconeri a vincere il quinto scudetto consecutivo del cosiddetto Quinquennio d'oro; fu poi sostituito da Virginio Rosetta nell'annata successiva. In seguito fu anche dirigente dei torinesi. Palmarès Giocatore Campionato italiano: 2 - Juventus: 1925-1926, 1930-1931 Allenatore Campionato italiano: 1 - Juventus: 1934-1935 Modificato March 8, 2023 da Socrates Condividi questo messaggio Link di questo messaggio Condividi su altri siti
Socrates 8717 Joined: 04-Apr-2006 135477 messaggi Inviato February 1, 2022 (modificato) CARLO BIGATTO Niente meglio delle cifre riassume la grandezza di Carlo Bigatto: – si legge su “La storia della “Juventus” di Perucca, Romeo e Colombero – vestì la maglia bianconera dal 1913 ai 1931; giunse nella Juventus dei Dalmazzo e dei Montano, dei Boglietti e degli Omodei, diventò capitano della squadra nel primo dopoguerra e la condusse per mano fino alla soglia degli anni ‘30; fino al mito.Torinese classe 1895, goliardo nel collegio cittadino di San Giuseppe, mosse i primi passi calcistici nel Piemonte: nei diciotto anni di milizia bianconera collezionò 211 presenze, una quota rara in anni in cui i campionati potevano anche concludersi dopo 5 o 6 partite. Bigatto è un giocatore che segna tre epoche: vede i primi calci sui campetti della periferia e appare nelle foto ricordo di inaugurazione del nuovo stadio di Torino. Comincia a giocare quando i portieri attaccano il cappotto sulla traversa e termina la carriera a fianco dì Rosetta, del ragionier Viri Rosetta che di professione fa il calciatore.Altri, forse, meno dotati di lui di carattere, non si sarebbero trovati più in una disciplina tanto cambiata da apparire irriconoscibile; lui continuò a improntare di sé i campionati bianconeri fino a quando gli ressero tendini e muscoli. Senza volerlo essere, era diventato un personaggio, Può darsi che i guadagni dei suoi colleghi degli ultimi anni gli dessero ombra; rispose accentuando più ancora i connotati morali della sua figura, giungendo lui solo alla totale identificazione con la squadra che fa di un calciatore l’uomo simbolo.Nella prima Juventus, Bigatto aveva esordito come centravanti. Dopo la guerra, si trovò in mediana, dove le sue qualità ebbero modo di emergere definitivamente. I giornali sportivi parlano di lui come di una bandiera fin dai suoi primi campionati postbellici. Evidentemente lo spessore del personaggio aveva prodotto una maturazione precoce: a 25 anni scarsi era già un trascinatore; poco dopo si parla di Bigatto come del capitano ad eternum della squadra bianconera.Tuttavia, il carisma offusca in qualche modo le nostre possibilità di farci un’idea del Bigatto calciatore, delle sue caratteristiche tecniche, del suo stile. Il ritratto dei giornali d’epoca è un singolare miscuglio di diverse e apparentemente incompatibili qualità: «Giocatore finissimo, dribblatore imperterrito e tenace, conosce tutte le malizie del mestiere. Guai all’ingenua ala avversaria che gli capiti fra i piedi. È destinata a fare una pessima figura, a restare con un palmo di naso e senza pallone; a misurare la cotica erbosa per qualche “trapetta” ben dissimulata. Bigatto è infatti giocatore dallo sgambetto amichevole. Altri sa fare miracoli con l’agilità invisibile delle mani; egli è invece una specie di manipolatore... coi piedi».Allora, era un picchiatore, Bigatto, o un tecnico raffinato? Quell’aria segaligna, lo sguardo profondo e a volte corrucciato, l’assenza di sorriso, l’indecifrabile berretto alato che fa della sua testa un perfetto ovale lasciano spazio a qualunque opinione. Qualche deduzione si può tentare a partire dalle fotografie che lo ritraggono sempre nel vivo dell’azione, in opera continua di tamponamento e rilancio. Mostrano anche, quelle immagini, che Bigatto batteva la sfera con proprietà stilistiche indiscutibili, eppure mantenendo una greve impronta paesana.Sicuramente non ebbe mai la levità di un Rosetta. In lui il gesto atletico mantenne sempre quella contrazione che denuncia la sofferenza, non fu del tutto spontaneo. Ma proprio per questo Bigatto interpretava superbamente il calcio nella sua dimensione cosciente, tattica; e infatti riusciva bene in più ruoli. Da mediano, lo soccorreva la carica agonistica che possedette in misura eccezionale; da centrosostegno, ruolo nel quale pure eccelse, un senso della posizione che all’occorrenza poteva fare di lui il più riflessivo dei calciatori.Un giocatore completo, insomma; almeno, così ci piace immaginarlo, gettando lo sguardo oltre i tratti un po’ rigidi della sua iconografia ufficiale. Ma forse quei tratti si devono alla sua eccellenza e completezza: del ben noto giocatore Bigatto non metteva conto parlare; dell’uomo sì, perché rappresentava l’ultima enclave dilettantistica del calcio italiano.Mentre Bigatto è nel pieno della carriera, esplodono le prime polemiche attorno al professionismo. Ora i calciatori sono pagati, e bene. Lui, di soldi non ne voleva sapere; fino all’ultimo rifiutò ostinatamente qualunque premio. Ma la condizione di dilettante Bigatto non la mantenne per puro attaccamento al mondo che aveva conosciuto negli anni prebellici: in lui era anche una scelta di personale autonomia, una insofferenza dei vincoli, era ciò che gli consentiva di fumare 140 sigarette al giorno senza che alcuno potesse avere a che ridire.Conobbe anche la Nazionale, 5 presenze, esordio sul campo torinese di corso Marsiglia che proprio lui aveva inaugurato il 22 marzo 1925, Italia-Francia 7-0.Fu uno scopritore di talenti giovani, come i due fratelli Marchi; e capì a fondo le caratteristiche di chi vedeva giocare: una volta consigliò a Gianpiero Combi, imberbe ala sinistra del Savona, di mettersi a fare il portiere.Queste doti gli tornarono utili quando la Juventus lo chiamò dopo l’allontanamento di Carcano, nella stagione 1934-35: il quinto scudetto consecutivo dimostrò che l’uomo che aveva guidato la squadra al titolo del 1926 di calcio se ne intendeva. Anche in questo caso, prestò disinteressatamente la sua opera: perché Carlo Bigatto era un dilettante. L’unico dilettante che aveva saputo crescere, affermarsi e vincere nel professionismo. http://ilpalloneracconta.blogspot.com/2012/08/carlo-bigatto.html Modificato April 23, 2022 da Socrates Condividi questo messaggio Link di questo messaggio Condividi su altri siti