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bidescu

Karl Aage Praest

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Joined: 31-May-2005
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Denmark Football Great Carl Aage Praest Dies – India TV
 
Modificato da Socrates

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Joined: 07-Oct-2007
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incredibile che uno dei pi

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Joined: 19-Mar-2008
50323 messaggi

incredibile che uno dei pi

Modificato da Avvocato86

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Joined: 07-Oct-2007
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.quoto

Mio nonno disse che era un campione assoluto, in grado di mettere in ginocchio gli avversari.

Poi la romanticheria della bandiera a mezz'asta in terra in nordica in onore della Juventus....solo quella basterebbe per dargli la stella.

gi

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Joined: 15-Oct-2010
457 messaggi

Assurdo che non sia presente fra le 50 leggende bianconere.

Gli devono dedicare almeno qualcosa nel nuovo stadio.

Modificato da John Winston Lennon

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Joined: 07-Oct-2007
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Qualcuno che alla presentazione getta a terra la sciarpa bianconera.

Benvenuto,vedo che

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Joined: 22-May-2006
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Il problema delle stelle

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Joined: 04-Apr-2006
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Vintage Juventus: Crushing Fiorentina 8-0 in 1953
 
Karl Aage Praest | Stelle juventine
 
 
Modificato da Socrates

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Joined: 04-Apr-2006
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La Juventus piange Karl Praest

 

Extremo+29+Karl+Aage+Praest.jpg

 

21 novembre 2011

 

Un pezzo di storia della Juventus ci ha lasciati. All’età di 89 anni è morto Karl Aage Praest, uno dei simboli della squadra degli anni ’50.

 

Nato a Copenaghen il 26 febbraio 1922, in bianconero gioca per ben sette stagioni, dal 1949 al 1956, colleziona la bellezza di 233 presenze e segna 51 gol. Nella squadra in cui brilla la stella di Giampiero Boniperti, ma anche i connazionali John e Karl Hansen, contribuisce a far vincere gli Scudetti numero 8 (al primo colpo, nel 1949/50) e 9 (1951/52). Lascia la Juventus nel 1956 prima di chiudere la carriera giocando ancora una stagione nella Lazio.

 

In questo giorno triste, la Juventus si unisce al dolore della famiglia.

 

Modificato da Socrates

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Joined: 22-Jun-2007
1550 messaggi

Poi la romanticheria della bandiera a mezz'asta in terra in nordica in onore della Juventus....solo quella basterebbe per dargli la stella.

sono cose come queste che ci raccontano cos'è la Juventus.

Ricordo che anche Sivori aveva uno stemma della Juve nella sua villa in Argentina, vero?

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Joined: 07-Oct-2007
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Proprio ieri sera,21 Novembre, in off-juve ho aperto il sondaggio dedicato ai migliori giocatori danesi di tutti i tempi,senza sapere che era morto il grande Praest.

Se ne va un uomo-simbolo della Juve anni cinquanta.

Un piccolo particolare: fù proprio Praest a segnare il gol della juve che aprì le marcature nella finale della "Taça Rio" del 1951contro il Palmeiras,quel torneo giocato in Brasile era considerato come un mini-mondiale

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Joined: 07-Oct-2007
900 messaggi

sono cose come queste che ci raccontano cos'è la Juventus.

Ricordo che anche Sivori aveva uno stemma della Juve nella sua villa in Argentina, vero?

Verissimo

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Joined: 24-Feb-2008
4499 messaggi

ho un vecchio annuario del campionato 54/55,ci sono un sacco di vignette che illustrano i gol di quella stagione,anche da li si evince quanto fosse forte Praest

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Joined: 19-Mar-2008
50323 messaggi

sono cose come queste che ci raccontano cos'è la Juventus.

Ricordo che anche Sivori aveva uno stemma della Juve nella sua villa in Argentina, vero?

Sì è vero. L'avevo visto in un filmato qualche anno fa. Se non sbaglio è una tenuta.

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Joined: 04-Apr-2006
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undefined

 

Karl Aage Praest compôs histórico tridente dinamarquês da Juventus -  Calciopédia

 

Juventus-legenden Carl Aage Præst er død | Fodbold | DR

 

Modificato da Socrates

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Joined: 04-Apr-2006
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Inviato (modificato)

1940-1971.png.5510ddeddac5a584933d93c8235c2c0f.png KARL AAGE PRAEST 

 

Karl Aage Præst - Alchetron, The Free Social Encyclopedia

 

 

 

https://it.wikipedia.org/wiki/Karl_Aage_Præst

 

 

Nazione: Danimarca Danimarca
Luogo di nascita: Copenhagen
Data di nascita: 26.02.1922

Luogo di morte: Copenhagen

Data di morte: 19.11.2011
Ruolo: Attaccante
Altezza: 183 cm
Peso: 79 kg

Nazionale Danese
Soprannome: -

 

 

Alla Juventus dal 1949 al 1956

Esordio: 11.09.1949 - Serie A - Juventus-Fiorentina 5-2

Ultima partita: 27.05.1956 - Serie A - Vicenza-Juventus 3-2

 

233 presenze - 51 reti

 

2 scudetti

 

 

Karl Aage Præst, trascritto anche come Carl Aage Præst (Copenaghen, 26 febbraio 1922  Copenaghen, 19 novembre 2011), è stato un calciatore danese, di ruolo attaccante.

 

 

Karl Aage Præst
Karl Aage Praest.jpg
Præst alla Juventus tra gli anni 1940 e 1950
     
Nazionalità Danimarca Danimarca
Altezza 183 cm
Peso 79 kg
Calcio Football pictogram.svg
Ruolo Attaccante
Termine carriera 1957
Carriera
Squadre di club
1940-1949   Østerbro ? (?)
1949-1956   Juventus 233 (51)
1956-1957   Lazio 7 (0)
Nazionale
1945-1949 Danimarca Danimarca 24 (17)
Palmarès
 
Olympic flag.svg Olimpiadi
Bronzo Londra 1948

 

Carriera

Club

220px-Juventus_FC_-_Allenamento_-_Giampi
 
Præst (in alto) con i Bianconeri, durante un allenamento al Campo Combi assieme a Boniperti.

 

Dopo aver militato nell'Østerbro, nel 1949 fu acquistato dalla Juventus, formando così un "trio danese" bianconero assieme a John Hansen e Karl Aage Hansen. A Torino Præst giocò quasi sempre titolare, conquistando due scudetti, finché nel 1956 fu ceduto alla Lazio, con cui giocò per un'altra stagione, prima di ritirarsi dall'attività agonistica.

 

In carriera ha totalizzato complessivamente 239 presenze e 51 reti nella Serie A italiana.

Nazionale

Nella Nazionale di calcio danese ha collezionato 24 presenze segnando 17 reti e vincendo la medaglia di bronzo nel torneo calcistico dei Giochi olimpici di Londra del 1948, manifestazione nella quale segna una doppietta alla selezione del Regno Unito durante la finale del 3º posto.

Riconoscimenti

È entrato a far parte della Hall of fame del calcio danese.

Palmarès

Club

Competizioni nazionali

Nazionale

Individuale

  • Introdotto nella Hall of Fame del calcio danese - 2008

 

Modificato da Socrates

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Joined: 04-Apr-2006
133512 messaggi
Inviato (modificato)

1940-1971.png.5510ddeddac5a584933d93c8235c2c0f.png KARL AAGE PRAEST 

 

praest%2B0.jpg

 

 

 

Præst è una fiaba nordica raccontata su un campo di calcio – scrive Sergio Di Battista nel libro “La storia della Juventus” – ha un nome Carl Aage da figlio di re ma suo padre faceva il macchinista navale e la madre gestiva uno spaccio di latte e formaggi; c’era anche uno zio, asso nella squadra di un paese di pescatori, sulla costa dello Jutland: da lui imparò a tirare i primi calci, ma chissà se aveva davvero bisogno di un maestro.
Per giocare a Copenaghen, dove era nato alla fine del febbraio 1922, si iscrisse a un club pagando una quota mensile di 200 lire. Molti anni dopo, per averlo, la Juventus avrebbe sborsato una cifra inferiore ai 20 milioni.
Quando arrivò a Torino, alto, biondo e sempre ben pettinato, con l’aria da principe, magari un po’ amletico, aveva ventisette anni ed era già un campione affermato. Giocava nel Frem di Copenaghen, era titolare nella Nazionale danese dove occupava quasi sempre il ruolo di centravanti. All’ala sinistra lo troviamo nel «Resto dell’Europa» che, nel 1947, affrontò a Glasgow la Gran Bretagna: era la selezione dei migliori assi del continente, con un solo italiano, futuro compagno di squadra di Præst, Carletto Parola. Un anno dopo, alle Olimpiadi di Londra, guidava l’attacco danese nel 5-3 che eliminò i giovani italiani: giocava tra Karl e John Hansen, quest’ultimo, grazie ai suoi suggerimenti, segnò 4 goal. Avrebbe sudato molto di più, il grande John, per convincere l’amico a raggiungerlo in maglia bianconera.
Præst, infatti, non voleva trasferirsi a Torino: fu, poi, una storia felice, durata 7 anni, con oltre 200 partite, 51 goal, due scudetti. E, alla fine, un giudizio che dice tutto: dopo Orsi, la più grande ala sinistra vista nella Juventus.
Aveva un gioco nitido, sobrio, un dribbling fatto di zig-zag o rettilinei, guizzi, arresti, ritorni, serpentine, perfino «burlette tecniche». C’era chi, vedendolo in un pomeriggio di gran vena, lo definiva «satanico»: se gli altri virtuosi del dribbling sembravano avere la palla incollata al piede, lui l’aveva fissata con viti e bulloni. Suoi pezzi forti erano le finte, sull’uomo oppure a rientrare; si racconta ancora di un terzino della Fiorentina che soffriva di insonnia ogni volta che doveva affrontarlo.
La costanza del goal non era tra le sue doti principali, però quando si scatenava venivano a grappoli: all’esordio non aveva incantato e c’era chi trovava da ridire, pur con una formidabile Juventus, su quell’ala sinistra che in 11 partite aveva segnato una sola volta. Fu così che alla dodicesima giornata del suo primo campionato italiano, sul campo di Busto Arsizio, Præst si fece definitivamente conoscere: firmò tutti e tre i goal della vittoria juventina sfoderando tutta la sua potenza del tiro e la rara abilità nel convergere a rete.
Giocava fisso all’ala – per il ruolo di centravanti c’erano Boniperti e Vivolo – ma una domenica, a Torino contro la Roma, la Juventus si trovava addirittura sotto di due goal; l’allenatore, l’inglese Carver, decise di spostarlo al centro dell’attacco e lui trasformò di colpo il gioco juventino, trascinando la squadra a un’incredibile rimonta, due goal personali, infiniti assist ai compagni e alla fine fu un clamoroso 7-2. Un’altra volta, invece, contro l’Atalanta, sembrò divertirsi a fare tanti traversoni eccezionalmente precisi per i propri compagni: segnarono tutti tranne lui, ma finì 7-1.
Non mancava di esaltare critici illustri e severi, Questa, ad esempio, che ricorda un goal costruito per Muccinelli a Firenze, val la pena di essere riletta: «Una prodezza personale, una di quelle cose che anche ai più evoluti tra i campioni riescono solo una volta tanto, ma una cosa che chi era domenica allo stadio di Firenze non dimenticherà tanto presto. Giungere fino alla linea di fondo, poi convergere al centro, attrarre su di sé la difesa avversaria, battere in spazio ristretto a mezzo di finte e di padronanza della palla uno, due, tre oppositori e terminare servendo un compagno che sopraggiungeva libero da ogni marcatura, non è cosa di tutti i giorni. Præst è un giocatore estroso e un po’ privo di continuità, ma nei suoi sprazzi, quando è in vena fa delle cose grandi. Ne fece parecchie contro di noi a Londra quel giorno delle Olimpiadi del 1948 che non abbiamo dimenticato». La firma è di Vittorio Pozzo.
Il giorno dell’Epifania del 1952 la «Settimana Incom», gli dedicò un lungo filmato. Era la partita contro l’Inter e così il giovane Gianni Brera descrive l’azione: «Un rilancio di John Hansen lungo almeno 60 metri, Præst scatta, doma il pallone con il suo ineffabile tocco di esterno, distende la falcata, prima del tackle evita Blason e Giovannini, ormai in area dribbla con stretti tocchi Neri, infine conclude con un tiro (di destro) irresistibile per Ghezzi».
Passa quasi un anno e, sotto Natale, la Juventus è seconda, tre punti dall’Inter (che si prenderà lo scudetto), alla vigilia della partita con la Roma, quarta in classifica: i dirigenti juventini promettono ai tre danesi le vacanze a Copenaghen in caso di vittoria. Præst non si fa pregare e infila subito con una stangata il portiere Albani. La vacanza sembra ormai guadagnata ma il danese della Roma, Bronée, pareggia a metà del secondo tempo. Præst non ci sta e ripete uno dei suoi capolavori: ruba il pallone al terzino Azimonti, se lo trascina in area, evita con finte e dribbling al millimetro uno dopo l’altro ben 5 avversari e giunto in area, sotto lo sguardo sbalordito dei romanisti, tocca in rete sull’uscita disperata del portiere. Poi va verso il centro, sorretto comicamente da John Hansen. Per i compagni Præst è un caro ragazzone capace di commuoversi fino alle lacrime per un goal come di implorare, se lo trascurano, di passargli il pallone.
Bruno Roghi lo definiva un classico che pensa da tecnico e realizza da artista. Che fosse un giudizio acuto quanto esatto lo dimostrava lo stesso Præst quando, fuori dal campo, parlava di calcio, che considerava un gioco di applicazione e di intelligenza, il frutto di studi e di allenamento. Si ispirava a un grande inglese, Stanley Matthews, futuro baronetto per meriti sportivi, e si lamentava che in Italia il ruolo di ala sinistra fosse un po’ trascurato, non così popolare come avrebbe meritato. Vedeva, da quella parte del campo, infiniti orizzonti di gioco non solo corse lungo la linea laterale. Lui stesso non si considerava un’ala sinistra nata (del resto aveva cominciato come centromediano e aveva fatto a lungo anche il centravanti): l’importante, sosteneva, era «sapere come si deve toccare il pallone». Lui, a quanto pare, lo sapeva e sapeva anche – come giuravano i critici – vedere il gioco 5 o 6 battute più avanti, come un campione di scacchi.
Fu l’ultimo, tra i danesi della leggenda, ad andarsene. Ebbe, tra i compagni, i ragazzini di Sandro Puppo, il brasiliano Colella, il connazionale Bronée. Nel campionato che lo vide congedarsi dalla Juventus non riuscì a segnare un solo goal, l’ultima partita la giocò a Vicenza e fu una sconfitta decisa da un tiro di un vecchio juventino passato sull’altro fronte, Manente. Poi andò alla Lazio, dove giocò appena 7 partite. Aveva 35 anni quando tornò in Danimarca. Davanti alla propria abitazione, fece scrivere “Villa Juve” sulle colonnine di marmo che reggono il cancello. Ma non è tutto: nel bel mezzo del parco della villa, c’era un pennone, sul quale, alla domenica Præst issava una sgargiante bandiera bianconera. Quel vessillo che garriva al forte vento del nord e portava il saluto e l’augurio di un grande campione all’amata squadra lontana.

VLADIMIRO CAMINITI
Avevano quegli anni l’oro in bocca, oppure erano i beati vent’anni a farcelo credere. Ma obiettivamente non si può negare che il calcio andava a vivere le stagioni inobliabili della fantasia, anche nella Spagna dei poeti e dei toreri, nonché nel lontano ma sempre «vicino» Sudamerica. La Nazionale solamente soffriva, soprattutto in Italia, di tanta anarchia colorata, non certamente la Juventus che andava a vincere con formazioni rimaste come epiche nella memoria di chi le ha viste giocare. L’epica Juventus di Carl Aage Præst, appunto. Non era proprio un’ala mancina quando la Juventus l’ingaggiò insieme a quell’altro più spilungone ancora, parimenti lentigginoso, di John Hansen. Mostrò subito la sua natura indolente, una certa lentezza nell’assimilare concetti, non legava con Jesse Carver, e in campo si assentava spesso, salvo decidersi a far tutto lui, con un dribbling di possesso meraviglioso, arando il campo nella discesa propiziatrice del goal. La Juventus fu subito fortissima, con questo pelandrone si completavano idealmente gli schemi naturali creati dal gioco anche senza pallone di John Hansen, vero demiurgo della squadra che ai goal di Boniperti, precisi, incalzanti, freddi e allegri, chiedeva il resto. E Carl Aage Præst?
Per riportarci in linea d’aria con quel calcio, convochiamo sulla pagina il papà di un bravo collega bolognese, il fertile Roberto Beccantini. Si chiama Mario Beccantini, aveva, quel giorno in cui lo intervistavo su Præst, due gioconde rubizze gote. Eccolo dunque, coi suoi occhi spiritati e quasi azzurri pensile sul mio taccuino: «Prese la palla a metà campo, quel ciccione di Præst, lui partiva sempre lentamente, gli venne sotto Pellicari, fece una finta, Pellicani fini in tribuna, gli andò sotto Stefanini, altra finta, Stefanini di qua, Præst dall’altra. Pellicari ebbe tempo per rientrare, di ruzzolare per terra, il campo era infangato e pesante, Præst era giunto al limite del rettangolo grande, uscì il portiere, era Bertocchi, come si fece avanti mollò il tiro col destro; un siluro. Gol!».
Beccantini senior si entusiasma. Il riferimento storico è a un match di campionato con la Spal di Bertocchi, Busnelli, Pellicari, Stefanini, è il novembre del 1953. Ma i riferimenti possono essere tanti, e tutti con la sorpresina dentro come uova di Pasqua.
Prendiamo ad esempio il dicembre dell’anno prima, la vigilia delle festività, i tre danesi, ci sono anche John e Karl Hansen, vogliono trascorrerle in patria. La direzione della Juventus sottopone il visto per il rientro all’esito dell’imminente partita con la Roma. I due Hansen e Præst non promettono. Si limitano a scambiarsi un’occhiata. La Juve è in formazione di emergenza, senza Boniperti, senza Piccinini e senza il portiere titolare Viola. Cavalli, Bertuccelli, Manente, Mari, Parola, Corradi; Muccinelli, Karl Hansen, Vivolo, John Hansen, Præst. La Roma schiera al Comunale quel 21 dicembre 1952, Albani, Azimonti, Trerè, Bortolotto, Grosso, Venturi; Lucchesi, Pandolfini, Galli, Bronée, Merlin. E Præst dà spettacolo. Sul terreno allentatissimo, le sue vittoriose sequenze dettano legge e fissano il risultato: due goal indimenticabili.
Forse discontinuo, certamente geniale, Præst è rimasto celebre anche per i suoi dinieghi alla fatica bruta, e un suo certo «comodismo» tattico che lo vedeva piazzarsi nell’ombra della tribuna, in attesa di servizi che suscitassero i suoi estri vincenti. Un giovanotto dalla timida natura, e dai fondamentali tecnici strepitosi, che diede alla Juventus un contributo magistrale per la conquista degli scudetti 1950 e 1952.

GIAMPIERO BONIPERTI
Un’ala tecnica e velocissima, a dispetto di un fisico imponente: era alto 1,90 ma riusciva a essere bruciante nello scatto e aveva un dribbling micidiale con il quale saltava con regolarità il terzino avversario. In quella Juventus dei tre danesi, lui era manna dal cielo per il connazionale John Hansen, perché scendeva sulla fascia, dribblava l’avversario e poi crossava in mezzo dei palloni che Hansen doveva solo spingere in rete. Che classe. Ed era un bravo ragazzo! Educatissimo, sempre molto ordinato e corretto in campo. Di solito i difensori non andavano troppo per il sottile quando doveva fermarlo e mi ricordo che tante volte veniva da me per farsi difendere. “Boni! Quello lì mi ha picchiato, va a dirgli qualcosa”. E così spesso toccava a me vendicarlo con gli avversari più cattivi. Come Magnini della Fiorentina. Mi ricordo che quello di Firenze era uno dei manti erbosi più belli, tenuto sempre in modo perfetto, beh dopo un Fiorentina-Juventus la fascia dove avevano duellato Præst e Magnini sembrava arata, tante le scivolate del secondo per cercare di fermare il primo.

 

https://ilpalloneracconta.blogspot.com/2008/02/karl-aage-praest.html

 

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