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K A L C I O M A R C I O! - Lo Schifo Continua -

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L'irresistibile voglia che anche il calcio sia un gioco migliore e senza eroi

di GIUSEPPE CERETTI (Il Sole 24ORE.com 20-01-2012)

Nel Paese che abbonda di eroi, ma è carente di normali persone responsabili

che fanno il proprio dovere, il calcio non fa ovviamente eccezione. Simone

Farina, chi è costui? Fino a qualche settimana fa solo un difensore del Gubbio,

più uomo di panchina che di campo, alla soglia dei trent'anni e con una

dignitosa carriera alle spalle nelle serie minori. Ora quel giovanotto viene

osannato ed è diventato un eroe per aver rifiutato una bella somma e

denunciato i corruttori delle scommesse.

Ha resistito alla seduzione del denaro, senza nemmeno disporre quale

contropartita del talento che può produrre moneta pulita in abbondanza (anche

se, come si è visto, ciò non costituisce deterrente). Ora il carneade Simone è

diventato una celebrità: Blatter lo ha invitato alla cerimonia della consegna

del pallone d'oro mentre Prandelli lo vuole nel prossimo ritiro della

Nazionale. Pare così che altri giocatori reclamino il loro angolo di notorietà

per aver resistito ai figuri delle scommesse. Spiega ai cronisti Fabio

Pisacane, giocatore della Ternana: anch'io dissi no e li denunciai, sei mesi

prima di Farina. Detto e fatto, tanto che l'associazione calciatori lo ha

invitato e premiato a un galà. Sotto al prossimo. Nulla da dire se in

passerella finisce una volta tanto l'onestà.

Tuttavia resta il timore che le luci della ribalta accese sugli onesti non

aiutino più di tanto il calcio così come il capitano De Falco (quello che ha

preso telefonicamente per le orecchie lo sciagurato comandante Schettino)

serve a ben poco a tutti noi se trattato come una star. È sempre e solo tifo,

buoni contro cattivi, eroi contro vigliacchi. Meglio i riflettori spenti e il

silenzio: forse capiremmo che Simone Farina, a dispetto dell'età, è solo un

galantuomo, capace di rifiutare denaro illecito per tirar calci a un pallone

così come per noi dovrebbe essere normale rifiutare una mazzetta per evadere

una pratica o non cercare di aggirare il fisco. Farina è un buon esempio e non

un guitto della commedia umana da far sfilare in passerella.

Così ci regalerebbe davvero il più bel sogno: un calcio migliore in un'Italia

migliore, beata e senza bisogno di eroi come il Paese immaginato da Brecht

nella vita di Galileo.

Meno qualità alla ripresa del campionato

Onore all'Inter che ha vinto il derby, a dispetto della maggioranza dei

pronostici. Il saggio Ranieri ha fatto di necessità virtù e della prudente

attesa la sua arma vincente, in attesa di ritrovare i suoi uomini più

fantasiosi (buono il ritorno di Sneejder nell'incontro vinto dai nerazzurri in

Coppa Italia contro il Genoa).

Resta tuttavia l'immagine non esaltante offerta da due delle maggiori squadre

italiane, l'una attendista per necessità e l'altra troppo lenta per offrire

spettacolo e troppo dipendente da Ibrahimovic. Dopo una buona fine del 2011,

con la qualificazione di ben tre squadre agli ottavi di Champions, il

campionato è ricominciato in tono minore e con meno qualità. Alle spalle

dell'affaticata coppia di testa, solo i nerazzurri vanno spediti: stentano

Udinese, Lazio, Napoli e la sorpresa Atalanta, che non sembrano in grado di

tenere il passo proposto in apertura di campionato. Solo un fenomeno

stagionale?

La follia s'è fermata a Eboli

Dalla leggenda alla cronaca degli orrori. A Eboli alcuni teppisti hanno fatto

irruzione negli spogliatoti della squadra locale, l'Ebolitana, che milita nel

girone B della Seconda Divisione. Giocatori picchiati e locali devastati dopo

la sconfitta in casa contro il Gavorrano per 6 a 1. Un altro episodio che si

aggiunge a una catena di aggressioni d'identico segno che fanno scuola. A tal

punto che anche un brutto voto assegnato da un giornalista a un giocatore

genera assurda violenza. Il cronista Rocco De Rosa del Quotidiano della

Basilicata è stato colpito e messo ko con un pugno da Antonello Scavone,

attaccante del Cristofaro (serie D, girone H) che ha inteso così "lavare

l'onta" dell'insufficienza ricevuta.

Cancellata una porcheria, resta la vergogna

Con colpevole ritardo, dati i tempi di consegna di questa rubrica, ma con

altrettanto piacere segnaliamo che la Corte Federale ha cancellato la

penalizzazione inflitta alla squadra Freccia Azzurra di Gaggiano, comune del

Milanese. Il 21 novembre scorso Sergio Gaudino, dirigente della società, muore

d'infarto a bordo campo, poco prima dell'inizio dell'incontro, sotto gli occhi

del figlio giocatore e della moglie che siede in tribuna. Immediata la

decisione, d'intesa con la squadra avversaria, di non disputare l'incontro.

Il giudice sportivo punisce la Freccia Azzurra: partita persa, penalizzazione

e multa. Una porcheria, commenta la giornalaccio rosa e il collega Franco Arturi,

artefici di una campagna stampa che ha portato al ribaltamento della sentenza.

Una battaglia di civiltà alla quale il Sole 24Ore online si è subito

associato. Ora la decisione va accolta con soddisfazione, ma senza applausi.

Resta la vergogna di chi ha potuto generare un simile caso. Buon campionato a

tutti

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Finalmente affrancati dallo schiavismo di cuoio

di ITALO CUCCI dal blog "La barba al palo" (Avvenire.it 20-01-2012)

Nel 2004 ho recensito un libro straordinario capitatomi sott'occhio per un

titolo particolare: “Sognando Maldini”. Autrice una famosa scrittrice

senegalese di lingua francese - Fatou Diome - non parlava di calcio se non per

il desiderio d'Europa che nasceva fra i giovani di un piccolo villaggio del

Senegal che come tanti coetanei del mondo correvano dietro a una palla. Ne ho

conservato memoria perché mi ispirò alcuni articoli e interventi tivù al

Mondiale di Germania che ci laureò campioni dopo avere battuto (anche) una

squadra africana, il Ghana. E anche per queste indimenticabili parole di

Fatou: «Essere ibrido, l'Africa e l'Europa si chiedono perplesse quale parte

di me appartenga all'una o all'altra. Sono il bambino presentato alla spada di

Salomone per un'equa spartizione... Sono la cicatrice spuntata là dove gli

uomini, tracciando le frontiere, hanno ferito la terra di Dio... ». Per me è

sempre stato motivo di scandalizzato stupore il fatto che le miriadi di

scrittori di calcio - moltissimi gli abusivi, come notava anche Brera - pronte

a catoneggiare, a cedere al moralismo più vieto per antiche o recenti

cialtronate di protagonisti del gioco più popolare del mondo, non abbiano mai

denunciato quella forma di schiavismo del ventesimo secolo rappresentata dalla

tratta dei calciatori africani in Europa. Già la tecnica d'ingaggio rivelava

una sorta di colonialismo: allenatori avventurieri europei accorrevano alla

guida della Nazionali africane, talvolta a quella di club professionali, per

“scoprire” talenti da comprare a quattro soldi e rivendere in Inghilterra, in

Spagna, in Italia, per non dire della Francia o dell'Olanda colonialiste,

pronte a naturalizzare le loro prede. Alla periferia della civilissima Bologna

fu addirittura scoperto un misero ricovero, un piccolo lager dove si

occultavano ragazzini neri per un immondo mercato. Oggi, se Dio vuole, si

assiste a un cambiamento fondamentale, e ne parlo alla vigilia della Coppa

d'Africa che non è più una fiera/mercato ma una competizione rispettosa degli

atleti, degli uomini, dello sport. Della dignità dell'Africa che vede

partecipare al torneo anche l'orgogliosa, appassionata Libia appena sortita da

una sanguinosa guerra fratricida. Sono sei i calciatori africani d'Italia

partiti per Guinea e Gabon, Paesi ospitanti la Coppa. La Nazionale più

rappresentata è il Ghana, con l'interista Muntari, il genoano Alhassan e i Due

dell'Udinese (Asamoha e Badu); due i marocchini (kharja della Fiorentina e

Benatia dell'Udinese). Grandi assenti dalla Coppa: Egitto, per problemi

interni; Camerun, per dissidi di squadra espressi al massimo da Eto'o

superstar, squalificato per cinque turni; e Nigeria, la Nazionale più forte a

livello mondiale. Oggi gli africani d'Italia sono tutti ragazzi estranei

all'antica tratta dei neri, spesso liberi di scegliersi anche un'altra patria

calcistica, e non solo. Non sono più - salvo rari casi - oggetto di cronache

curiose o di insolenze razziste. E soprattutto sono invocati, come Emmanuel

Badu e Kwadwo Asamoha, senza i quali l'Udinese rischia di perdere il titolo di

Signora Qualità.

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LA TIRANNIA DELLA RETE

Che triste quest’era di spioni in cui

non si può essere cazzari in santa pace

di FRED PERRI dalla rubrica "SPORT ÜBER ALLES" (TEMPI | 25 gennaio 2012)

L’altro giorno parlavo con mia moglie: perché non facciamo una crociera,

che dici? Una tempistica perfetta, direi, ha risposto lei indicandomi Sky

Tg24 che trasmetteva in diretta il disastro del Giglio. Che dramma, ma

non è di questo che voglio parlare, piuttosto di You Tube: pochi istanti

dopo la tragedia, in rete, c’erano già i filmati girati dai passeggeri.

Cioè questi stavano affondando, al freddo e al gelo, e intanto filmavano.

È un po’ come quando mi si è incendiata l’auto sotto i glutei. Mi sono

ritrovato circondato di aspiranti seguaci della Gabanelli. È un po’ come

quello che ha messo in giro la storia di De Sanctis, il portiere del

Napoli che non esulta. È un po’ come quelli che ora vanno in giro a

denunciare i commercianti che non danno gli scontrini, o come quelli che

hanno rovinato quell’incauto di Iachini, l’allenatore della Sampdoria,

che insulta i genoani.

Ma siete così anche voi, lettori di Tempi? Siete dei cialtroni

voyeuristici, degli spioni improvvisati del terzo millennio? Mi auguro,

per voi, di no. Io ripenso, con nostalgia, alla setta a cui appartenevo

all’Università, nei mitici Settanta. Ci chiamavamo “i cazzari maledetti”.

Il perché, è ovvio. Oggi finiremmo sputtanati sulla “rete” in un attimo.

Oggi viviamo, senza aver fatto i provini, in un gigantesco grande

fratello. E qualcuno è pure contento. Io, se fosse davvero mio fratello,

lo prenderei a calci nel cülo.

Modificato da Ghost Dog

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Non sarà la solita passerella

Perché la Coppa d'Africa di quest'anno può essere l'alba di un nuovo calcio

di FRANCESCO CAREMANI (Il Foglio.it 20-01-2012)

La strada che porta allo stadio di Bata spazzata dal vento

dell’Atlantico, mentre lo sguardo si perde nel golfo di Guinea. Sarà così la

prima volta della Guinea Equatoriale alla Coppa d’Africa. L’esordio con la

Libia aprirà la ventottesima edizione della manifestazione continentale, che

non sarà (solo) la solita passerella per i procuratori europei e arabi a caccia

del nuovo Boateng, perché potrebbe essere l’anno zero di un nuovo calcio

africano con Costa d’Avorio, Ghana e Senegal in prima fila, anche se quest’ultimo

non ha mai vinto, i ghanesi l’ultima delle quattro coppe l’hanno conquistata nell’82

e l’unica degli ivoriani risale al ’92.

Venendo, infatti, a mancare in un colpo solo Egitto, Camerun, Nigeria,

Algeria e Sudafrica, vengono a mancare ben 15 vittorie, senza contare che le

ultime tre edizioni gli egiziani se le sono aggiudicate contro Costa d’Avorio,

Camerun e Ghana. Ma mentre in Libia la Nazionale, nella partita col Mozambico,

scendeva in campo con una maglia che richiamava la bandiera degli insorti

(ricevendone la benedizione), l’Egitto s’è sportivamente perso nel caos di una

rivoluzione a metà. Non mancano all’appuntamento, invece, Marocco e Tunisia,

il primo allenato dal belga ex Milan Eric Gerets, il secondo dal tunisino Sami

Trabelsi. Mbark Boussoufa è la stella dei marocchini che dopo aver vinto molto

in Belgio è volato dai russi dell’Anzhi con passaporto olandese. Oussama

Darragi, playmaker offensivo e capitano dell’Esperance Tunisi è invece

l’osservato speciale delle Aquile di Cartagine, reduci dalla rivoluzione dei

Gelsomini che ha liberato il Paese da Ben Ali. Espressione di un continente

che ha nel Nord uno dei principali motori della crescita economica, negli

ultimi cinque anni l’incremento medio del Pil dei Paesi che si affacciano sul

mediterraneo è del 5 per cento, con il settore energetico e quello agricolo a

farla da padroni. Il forte controllo pubblico delle banche e la ridotta

dipendenza da finanziamenti stranieri ha, inoltre, tenuto questa zona al

riparo dalla crisi finanziaria.

Ma la vera rivelazione africana è l’Angola. Uscita ai quarti di finale nelle

ultime due edizioni della Coppa d’Africa, qualificatasi ai Mondiali di due

anni fa, nell’ultimo decennio è il Paese che è cresciuto di più al mondo con

un Pil medio annuo dell’11,1 per cento contro il 10, 5 della Cina. Stabilità

politica (dopo una guerra civile durata quasi trent’anni), riforme economiche,

aumento del prezzo del petrolio, nuovi giacimenti offshore, espansione della

spesa pubblica e nuove infrastrutture gli elementi che hanno reso il Paese una

nuova tigre economica. Anche se il 60 per cento della popolazione vive in

condizione di povertà, estrema un altro 25 per cento, con un’aspettativa di

vita intorno ai 42 anni e Luanda, la capitale, è la città più cara al mondo.

Contraddizioni di un continente capace, come nel football, di grandi exploit e

in entrambi i casi sarà solo la continuità a fare la differenza.

A volte il calcio può esprimere una ricchezza diffusa, altre è solo la

forza della disperazione, come per il Burkina Faso. Dilaniato dalla malaria e

dell’Aids è una della nazioni più povere del mondo con un’alta mortalità

infantile, infrastrutture nulle e una dittatura militare che soffoca

un’economia in cui la struttura industriale è praticamente assente. Il Ct è il

portoghese Paulo Duarte, che dopo quattro anni di lavoro spera di raccoglierne

i frutti con giovani interessanti, un nome? Fadil Sido, classe ’93.

Come la Guinea Equatoriale, che ospita la manifestazione insieme al Gabon,

anche Niger e Botswana sono esordienti, ma il giocatore più atteso resta

Didier Drogba alla ricerca della consacrazione con la propria Nazionale,

motivatissimo e con una condizione fisica in crescita. Un africano plasmato

alla scuola europea, come quasi tutto il calcio continentale; sono pochissimi,

infatti, i giocatori che militano nei campionati locali, a parte l’eccezione

Gabon, anche se qualcosa si sta muovendo sul lato allenatori, ma finché il

calcio sarà una delle poche scappatoie dalla povertà difficilmente nascerà una

scuola africana. Gli unici tre campionati continentali censiti da

transfermarkt.de (egiziano, tunisino, sudafricano) hanno un valore di mercato

complessivo che oscilla dai 75 ai 92 milioni di euro, la media di una campagna

acquisti di un club dei più importanti tornei europei. Libia-Senegal, Costa

d’Avorio-Angola e Marocco-Tunisia i match da non perdere, in attesa dei quarti

e di qualche sorpresa. Per la finale di Libreville c’è tempo.

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LA RETE DEL CALCIOSCOMMESSE

TUTTI DENTRO?

Masiello parla di altre sette partite di A

combinate: secretato l’interrogatorio

di ANTONIO MASSARI & MALCOM PAGANI (il Fatto Quotidiano 21-01-2012)

Le parole. Il volto. La paura. Se la fisiognomica significasse qualcosa,

Andrea Masiello e il calcio italiano starebbero sguazzando in uno stagno più

sporco di quanto non appaia. Eccolo, il supertestimone. Il “pentito” che

storce la bocca quando lo si etichetta come tale, mentre esce alle 17:30

dall’interrogatorio di Cremona. Stravolto. Gli occhi che cercano qualcosa

all’orizzonte. Sensibilmente più stretti di due ore prima quando si impegnava

a sillabare la versione concordata con il suo legale, Salvatore Pino: “Sono

tranquillo come è sereno chi non ha nulla da nascondere” e provava a mostrarsi

in equilibrio. Impresa improba. L’interrogatorio di Masiello viene secretato

dal Pm De Martino (è la prima volta e non è un caso), ma appare chiaro che il

difensore non abbia eretto barricate. Avrebbe allargato il contesto.

Raccontato gli inconfessabili retroscena di più di una gara del Bari. Fatto i

nomi di altri giocatori. Messo alle strette, aveva deciso di presentarsi

“spontaneamente”. Sapeva di non avere scelta. Di dover optare tra l’assoluta

omertà e il coinvolgimento degli antichi compagni. Davanti ai magistrati e ai

loro riscontri, se la sarebbe cavata sostenendo di non aver partecipato

direttamente alla tentata alterazione di Palermo-Bari (terminata 2-1), ma di

aver solo saputo della combine tramata dal gruppo degli zingari e da altri

quattro tesserati. Omessa denuncia, dunque. Reato grave, ma non gravissimo se

valutato con i parametri della giustizia sportiva. Masiello che uscirebbe dal

fango come l’anti Farina, il calciatore del Gubbio che davanti al bivio, aveva

scelto la strada giusta. Non pulito magari, macchiato, ma quasi salvo perché

l’entità del reato contestato rappresenterebbe comunque l’unica via d’uscita

per giocare ancora, forse, domani. Anche se il suo attuale allenatore

Colantuono, al centro di una realtà, l’Atalanta, già duramente toccata dallo

scandalo domenica lo lascerà a riposo per “stress” e come in un effetto domino

senza allegria, anche il resto del castello, perse le fondamenta, rischi di

crollare insieme ai suoi occupanti. In Puglia sono preoccupati. E non hanno

torto. La procura barese (cha da tempo ha avviato un’inchiesta parallela)

ascolterà il giocatore dell’Atalanta mercoledì prossimo. E gli chiederà conto

di altre sette gare (le ultime del torneo 2010-2011) sulle quali si sta

indagando da mesi.

SU QUESTE partite, anche a Cremona, Masiello avrebbe ammesso più di qualcosa.

E da lì, anche a Sud, si ripartirà. Nell’attesa si può solo tornare a ieri. Al

Bari dello scorso anno, precipitato dalla possibile Europa League della

stagione 2009-2010 alla retrocessione anticipata. Agli stipendi non pagati da

marzo del 2011. Ai cattivi pensieri. Alle frequentazioni di Masiello (in buoni

rapporti con uno dei terminali della banda degli zingari, l’ex mediano Antonio

Bellavista). Alle partite strane, perse senza un apparente perché. A una

realtà pesantemente indebitata e oggi nei guai. Penalizzazione in vista dai 3

ai 5 punti (se non peggio) e rilettura popolare (senz’appello) del recente

passato. Una squadra, il Bari, allora guidata dall’attuale timoniere del

Torino, un galantuomo genovese di nome Giampiero Ventura, cresciuto nelle

tempeste. A tarda sera, mentre cena con i suoi ragazzi, lascia sul taccuino

una lama: “Come mi sento? Obiettivamente molto triste”. Una formazione franata

su se stessa, il Bari, su cui in città si rincorrevano le voci. Il luogo in

cui giocava Masiello che chiamato in causa dall’ex difensore del Piacenza

Carlo Gervasoni, si sarebbe finalmente liberato riannodando i fili . Nata

nello scetticismo e proseguita in un clima di impaurito silenzio, l’inchiesta

di Cremona fa passi lunghi. Chi sa, rimane in carcere. Chi deve ancora essere

ascoltato (si parla di 41 nuovi indagati, un mazzo di calciatori di serie A)

lo sarà. Tra coloro che son sospesi rimane l’ex calciatore Alessandro

Zamperini. I suoi legali avevano chiesto la scarcerazione immediata. Niente da

fare. Ed evitato pare, ma solo per ora, il rischio di frammentazione

dell’inchiesta. I giudici del tribunale del Riesame di Brescia, hanno

riconosciuto la competenza della procura di Cremona e l'esistenza del reato di

associazione per delinquere, anche transnazionale.

MA HANNO fornito un'indicazione di cui De Martino e i suoi, dovranno

necessariamente tenere conto valutando i singoli reati. La competenza futura è

infatti una nebulosa. Si tratterà di individuare il luogo in cui il “delitto”

e' stato consumato e non si tratterà necessariamente della sede dell’ipotetica

gara incriminata. C’è lavoro alle porte ma a prima vista, nella rete,

rimarranno soprattutto palloni sgonfi.

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MANOVRE LUNEDÌ L’ASSEMBLEA DOVREBBE ELEGGERE COME NUMERO

2 IL PATRON DEL GENOA E COME CONSIGLIERE IL ROMANISTA FENUCCI

Lega, Preziosi vicepresidente

E Beretta rimane fino all’estate

Si chiudono 7 mesi di vacanza anche per dare

un segnale a Figc e Coni: niente commissario

di MARCO IARIA (GaSport 21-01-2012)

Maurizio Beretta resta in sella fino alla scadenza del quadriennio olimpico,

cioè per tutta la stagione. Però la Lega si sveglia dal letargo e, sette mesi

dopo, decide di riempire le caselle vacanti del suo organigramma. Lunedì

l’assemblea dei club di A dovrebbe eleggere Enrico Preziosi vice presidente di

Lega e Claudio Fenucci consigliere: sostituiranno rispettivamente Rosella

Sensi e Riccardo Garrone. La prima era decaduta dall’incarico dopo aver

venduto la Roma agli americani, il secondo aveva lasciato in seguito alla

retrocessione della Sampdoria in B. La domanda è: come mai ci si è pensato

solo ora? Probabilmente perché è arrivato il momento giusto per lanciare un

segnale di compattezza politica e di inattaccabilità formale verso l’esterno.

Antefatti Claudio Lotito è ai ferri corti con Fig e Coni, che sta

esercitando un fortissimo pressing perché abbandoni la poltrona di consigliere

federale dopo la condanna penale in primo grado. Una battaglia nella quale il

patron della Lazio —il cui consenso tra i colleghi è sempre più vasto—ha

trascinato la stessa Lega, che a novembre chiese a gran voce alla Federazione

di modificare l’articolo 22 delle Noif congelando la sospensione dei dirigenti

coinvolti in Calciopoli. E c’è di più. Dallo sciopero dei calciatori al

«doping legale» non sono mancati gli attriti tra la Serie A e Petrucci, con

più o meno esplicite minacce di commissariamento. Ecco, uno degli appigli che

potrebbe giustificare un’azione così clamorosa è la struttura monca della

Lega: un presidente dimissionario da marzo, un vice e un consigliere vacanti.

Preziosi e Fenucci colmano quei vuoti. Il presidente del Genoa, già

vicepresidente di Lega tra il 2004 e il 2005 (lasciò per la combine col

Venezia) , ha un grande feeling con Lotito e Galliani: nella battaglia sui

diritti tv stava con le medio-piccole ma sa come barcamenarsi. Quanto

all’amministratore delegato della Roma, la sua competenza è apprezzata un po’

da tutti, e poi il club giallorosso andava ricompensato dopo l’addio della

Sensi.

Varie ed eventuali Lunedì all’ordine del giorno c’è pure la governance, con

la scelta di un modello organizzativo più efficiente che strizzi l’occhio a

Premier e Bundesliga. Ma la sensibilità di club come Palermo e Udinese non

pare contagiare gli altri. Sembra, invece, essere arrivata l’ora di tornare a

intavolare una trattativa con l’Aic: oggetto la spinosa convenzione

promopubblicitaria.

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Palazzo di Vetro di RUGGIERO PALOMBO (GaSport 21-01-2012)

CONI & GIUSTIZIA,

DEDICHE PER ABETE

PALAZZI E LOTITO

Giovanni Morzenti non potrà ricandidarsi ai vertici della Federazione italiana

sport invernali attualmente commissariata, e Claudio Lotito presto non potrà

più sedere nel Consiglio federale della Federcalcio. Sono le conseguenze più

dirette della direttiva Coni del 20 dicembre scorso sulla sospensione dalle

cariche federali per quanti siano stati condannati penalmente anche solo con

giudizio di primo grado, che, riveduta e (pochissimo) corretta, giovedì 2

febbraio sarà licenziata dalla Giunta e dal successivo Consiglio Nazionale.

Norma «cautelare» e non «sanzionatoria» a tutela dell’etica sportiva, ha

anticipato il Coni: il modo per bypassare l’eccezione sollevata dalla Corte di

Giustizia federale, che aveva valutato come impraticabile l’esercizio della

«retroattività», facendo infuriare Petrucci. Basterà per placare le voglie

ri-elettive di Morzenti e la tradizionale «vivacità» di Lotito? Probabilmente

no. Il primo temporeggia nel ricorrere al Consiglio di Stato dopo la sentenza

del Tar del Lazio che ha dato ragione all’Alta Corte del Coni

sull’annullamento delle elezioni Fisi con una precisa finalità: per la nuova

assemblea elettiva è stata fissata la data del 31 marzo e se c’è pendente un

ricorso l’assemblea è a rischio di sospensiva e dunque di rinvio. E Morzenti,

che ad aprile ha il processo d’appello per la concussione cui è stato

condannato in primo grado, punta tutto su un’assoluzione che gli consentirebbe

poi di ricandidarsi. Quanto a Lotito, avrà comunque diritto a partecipare al

primo Consiglio federale, quello in cui Abete dovrà fare proprie le decisioni

del Coni. Altre puntate in arrivo, insomma.

Ma Giunta e Consiglio Nazionale riserveranno ben altre sorprese, intervenendo

pesantemente sui Codici di Giustizia Sportiva, con dedica personalizzata per

il Procuratore Palazzi (e pure per Abete). Brevi per definizione ma diventati

talvolta assai lunghi nel pianeta calcio, i tempi della giustizia federale

saranno ulteriormente ridotti. Le indagini dovranno essere aperte e chiuse

entro 90 giorni e dunque non ci sarà più una Juventus costretta ad aspettare

14 mesi per sentirsi rispondere. I gradi della giustizia sportiva passeranno

da tre a due, consentendo agli appellanti di ricorrere in secondo e a quel

punto ultimo grado all’organo di giustizia preposto dalla Federazione o, in

alternativa, al Coni (sia essa l’Alta Corte o il Tnas, a seconda dei temi

trattati). E ancora: sarà sancito che i titoli vengono attribuiti o revocati

dal Consiglio federale, che dunque non sarà più «incompetente». Anche qui, ai

dirigenti della Juventus (e dell’Inter) fischieranno le orecchie.

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TIFO E ORDINE PUBBLICO

Stadi più sicuri (forse)

di MARCO IARIA (Sport Week 21-01-2012)

I bollettini parlano ancora di giocatori presi a pugni (quelli della Sampdoria

dopo il k.o. con la Nocerina, il 29 ottobre), di striscioni indegni sulla

strage dell’Heysel (al Meazza per Inter-Juve, ancora il 29 ottobre), di

teppisti che si azzuffano e costringono l’arbitro a sospendere la partita per

qualche minuto (Genoa-Milan, 2 dicembre), di assalti in stile Far West negli

spogliatoi (quelli dell’Ebolitana, squadra di Seconda divisione, 10 gennaio).

«Io allo stadio non porterei mai un bambino», ha detto di recente il milanista

Antonio Nocerino. Difficile dargli torto, non fosse altro per gli impianti

scomodi, vetusti, così privi di fascino che l’Italia si trascina dietro come

un fardello: l’età media di quelli di Serie A è 68 anni.

Eppure i freddi numeri disegnano una parabola discendente nell’escalation del

tifo violento e sanciscono, almeno in parte, l’efficacia delle misure

repressive adottate dopo la morte dell’ispettore Raciti a Catania, il 2

febbraio 2007. Dalla stagione 2005-06 a quella scorsa, gli incontri di calcio

professionistico con incidenti sono diminuiti del 56%, i feriti tra i tifosi

del 58%, i feriti tra le forze di polizia dell’81%, gli arrestati del 48% e i

denunciati del 10%. Un trend che sta proseguendo quest’anno, come dimostra un

particolare: l’Osservatorio sulle manifestazioni sportive ha adottato finora

misure straordinarie nei confronti di due sole tifoserie, quelle di Nocerina e

Verona (in B), cui è stato dato un avvertimento: se violate il “codice etico”,

per esempio intonando cori razzisti, vi togliamo la Tessera del tifoso.

L’uscita dall’emergenza ha prodotto una sensibile riduzione del personale

delle forze dell’ordine: dai 243 mila uomini impiegati nel 2005-06 ai 158 mila

del 2010-11. Perché ormai sugli spalti ci sono quasi solo steward. Ne vengono

utilizzati 200 mila nell’arco di una stagione e le loro funzioni sono state

potenziate: possono perquisire i tifosi, ma le curve più selvagge restano

off-limit.

La smilitarizzazione è stata avviata, eppure i sindacati di polizia chiedono

che, visti i tempi di crisi e di tagli, i costi della sicurezza siano a carico

delle società di calcio. E comunque uno stadio senza agenti non basta, se

restano le barriere a dividere campo e tribune. L’ex ministro dell’Interno,

Roberto Maroni, ne aveva fatto il punto finale del suo programma.

L’abbattimento delle recinzioni, tra l’altro, è un mantra per l’Uefa, che non

ha visto di buon occhio l’introduzione della Tessera del tifoso. Al suo

secondo anno di vita, la card continua a suscitare polemiche, l’ultima legata

all’abbinamento con le carte di credito prepagate imposto da alcuni club ai

sostenitori e considerato dal Consiglio di Stato una pratica scorretta. Ma,

guardandola dall’oblò dell’ordine pubblico, la tessera ha funzionato, senza

portar via tanti spettatori (-2,4% in a nella stagione del via). Tutto quanto

nell’estenuante attesa che passi la legge sugli stadi di proprietà: a quel

punto le società italiane, assuefatte alle rendite della tv e poco attente

agli spettatori “live”, non avranno più alibi.

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Soccer's Heavy Boredom

It's true. Mostly nothing happens. Why do we keep watching?

By Brian Phillips (Grantland.com January 17, 2012)

art.scoperto grazie alla rivista Studio

Il calcio è un gioco soporifero? Sì, a volte lo è, eppure lo si ama comunque. Il lato “noioso”

del calcio difeso con strenue passione da un giornalista americano meglio di quanto potrebbe

fare qualsiasi europeo. Un estratto: «Nello sport, il caos puro porta alla noia. Il calcio

offre ai suoi giocatori più caos di qualunque altro sport. Quindi c’è un qualcosa dii

unicamente emozionante nei momenti in cui questi cercano di imporvi il proprio ordine.».

Soccer is boring. One of the misconceptions non-soccer fans have about soccer

fans is that we don't know this. The classic Simpsons parody of a soccer match

— "Fast kickin'! Low scorin'! And ties? You bet!" — hangs on the joke that the

game puts Americans to sleep while somehow, bafflingly, driving foreigners

wild with excitement. Calling the game for Springfield TV, Kent Brockman

practically grinds his teeth with frustration: "Halfback passes to the center

… back to the wing … back to the center. Center holds it. Holds it. [Huge

sigh.] Holds it." One booth over, the Spanish commentator is going nuts:

"Halfback passes to the center! Back to the wing! Back to the center! Center

holds it! Holds it!! HOLDS IT!!!"1

It's a great comedy bit, but it's not really accurate as a depiction of

soccer culture. Soccer fans know soccer is boring. Soccer fans have seen more

soccer than anyone. We're aware that it can be a chore. Fire up Twitter during

the average Stoke City-Wigan match and you'll find us making jokes about

gouging out our own eyes with wire hangers, about the players forgetting where

the goals are, about what would happen if we released a pride of lions onto

the pitch. (Answer: The game would still finish 0-0. ) When Ricky Gervais

recorded his "David Brent on Football Management" clip for the BBC during the

first run of The Office, he snuck in a similar dig at the tedium of some of

Liverpool's greatest teams:

Do you think that Alan Hansen or Mark Lawrenson would have had the

careers they had if they'd had the skills but not the discipline? If

they didn't have the concentration?

It's not easy passing the ball back to the goalkeeper every single

time you get it. For ninety minutes.

Translation: Those guys were good. Now please, God, someone release the lions.

So why do soccer fans do this? Assuming we follow sports for something like

entertainment,2 what do we get out of a game for which the potential for

tedium is so high that some of its most famous inspirational quotes are simply

about not being dull?3

I keep thinking about this question lately, maybe because I've been finding

myself drawn to more and more boring games. This past weekend, I sat through

the slow cudgeling death of Liverpool-Stoke. The final score was 0-0, but the

final emotional score was -5. During Swansea's deliriously fun 3-2 upset of

Arsenal on Sunday, I kept switching over to Athletic Bilbao's mundane 3-0 win

over Levante. Why am I doing this? I thought, as Fernando Amorebieta whuffed

in a gloomy header and Levante pinned themselves into their own half. But I

kept checking back.

There are two reasons, basically, why soccer lends itself to spectatorial

boredom. One is that the game is mercilessly hard to play at a high level.

(You know, what with the whole "maneuver a small ball via precisely

coordinated spontaneous group movement with 10 other people on a huge field

while 11 guys try to knock it away from you, and oh, by the way, you can't use

your arms and hands" element.) The other is that the gameplay almost never

stops — it's a near-continuous flow for 45-plus minutes at a stretch, with

only very occasional resets. Combine those two factors and you have a game

that's uniquely adapted for long periods of play where, say, the first team's

winger goes airborne to bring down a goal kick, but he jumps a little too soon,

so the ball kind of kachunks off one side of his face, then the second team's

fullback gets control of it, and he sees his attacking midfielder lurking

unmarked in the center of the pitch, so he kludges the ball 20 yards upfield,

but by the time it gets there the first team's holding midfielder has already

closed him down and gone in for a rough tackle, and while the first team's

attacking midfielder is rolling around on the ground the second team's right

back runs onto the loose ball, only he's being harassed by two defenders, so

he tries to knock it ahead and slip through them, but one of them gets a foot

to it, so the ball sproings up in the air … etc., etc., etc. Both teams have

carefully worked-out tactical plans that influence everything they're trying

to do. But the gameplay is so relentless that it can't help but go through

these periodic bouts of semi-decomposition.

But — and here's the obvious answer to the "Why are we doing this?" question

— those same two qualities, difficulty and fluidity, also mean that soccer is

uniquely adapted to produce moments of awesome visual beauty. Variables

converge. Players discover solutions to problems it would be impossible to

summarize without math. The ball sproings up in the air … and comes down in

just such a way that Dennis Bergkamp can pull off a

that spins the ball around the defender and back into his own path … or

Thierry Henry can

a 40-yard pass in the air before lining it up

and scoring a weak-foot roundhouse … or Zlatan Ibrahimovic can

through an entire defense. In sports, pure chaos is boring. Soccer

gives players more chaos to contend with than any other major sport.4 So

there's something uniquely thrilling about the moments when they manage to

impose their own order on it.

But I think there's more to the relationship of fans and boredom than just

magic moments. I want you to like soccer if you don't already, so I probably

shouldn't admit this. But the game gets in your head. Following soccer is like

being in love with someone who's (a) gorgeous, (b) fascinating, © possibly

quite evil, and (d) only occasionally aware of your existence.5 There's a

continuous low-grade suffering that becomes a sort of addiction in its own

right.6 You spend all your time hoping they'll notice you, and they never do,

and that unfulfilled hope feels like your only connection to them. And then

one day they look your way, and it's just, pow. And probably they just want

help moving, and maybe they call you Josie instead of Julie, but still. It

keeps you going. And as irrational as it sounds, you wouldn't trade this state

of being for a life of quiet contentment with someone else. All you could gain

would be peace of mind, and you'd lose that moment when the object of your

fixation looked at you and you couldn't feel your face.

Soccer is, in other words, both romantic and tragic, and the soft agony of a

bad game is an inescapable part of this. You spend all your time hoping

something will happen, and it never does. You get a surge of adrenaline every

time the ball flies anywhere near the goal,7 and you're always disappointed.

But then, every once in a while, James McFadden will

to give Scotland an impossible 1-0 lead over France, and

a ponderous game will go all kinds of nervous-breakdown crazy. And for fans

it's practically an out-of-body experience — not just because it was a great

play, but because it was so unlikely that this match could have been graced

with a great play to begin with.

So it's not that a boring game is purer than an entertaining game or that

there's something moral about enduring tedium (although I know fans who might

make that argument). I watch soccer to be amazed. One of my favorite books

about fandom is Soccer in Sun and Shadow, by the Uruguayan writer Eduardo

Galeano, whose guiding principle is "a pretty move, for the love of God. " But

the beauty of the game matters more when you know you can't take it for

granted — when it arrives, as Galeano writes, it's a "miracle. "8 There was a

moment last Sunday when I was flipping between the extremely exciting

Swansea-Arsenal match and the generally-not-in-any-way-exciting

Athletic-Levante match. Just as I switched over, Athletic's Oscar De Marcos,

who had previously failed to score on an easy rebound,9 dribbled straight

through two defenders into the area, drawing the goalkeeper out to the right

side10 of the six-yard box. Then he lofted a high cross that dropped a foot

from the goal line, just inside the left post, just as the lurking Fernando

Llorente, who'd sneaked behind the defense, appeared in precisely that spot to

head it into the empty net. In its weird, furtive way, the goal was better

than the undeniable drama going on in Swansea. It was like a wink from the eye

of the abyss. One of those lovely, foolish moments when you think that soccer

might love you too.

1.
This is all from "The Cartridge Family" (1997).

2.
Or, if you object to that word, at least for reasons that are

antithetical to the experience of grueling monotony.

3.
Cf. Danny Blanchflower, 1972: "The great fallacy is that the game

is first and foremost about winning. It's nothing of the kind. The

game is about glory. It's about doing things in style, with a flourish,

about going out and beating the other lot, not waiting for them to

die of boredom."

4.
The classic American sports control the danger of appearing random

in all kinds of ways — baseball constantly resets to the same starting

position, football does the same while adding 29, 384 rules about who

can and can't do what on which plays, basketball breaks itself into

discrete timed segments, etc.

5.
Whereas following the NFL is like being in a stable, settled

relationship. You know what you're getting, good stuff happens all the

time, and even if it's not electrifying day-to-day, you're happy. Oh,

and you're constantly tuning out commercials, i. e. , conversations

about how Wanda didn't let Mark take a personal day at work.

6.
That's right, nerds, I'm calling soccer the Swann in Love of sports.

7.
To non-soccer fans, it's amazing how many soccer highlight clips

end in missed shots. To soccer fans, this is totally normal.

8.
Here's the full quote: "I go about the world, hand outstretched,

and in the stadiums I plead: 'A pretty move, for the love of God. '

And when good soccer happens, I give thanks for the miracle and I

don't give a damn which team or country performs it. "

9.
And apparently missed another easy chance, too, although I didn't

catch it.

10.
De Marcos' right side.

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LA STORIA

"Rispettate il voto del silenzio"

Le suore contro il Marsiglia

Il club allenato da Deschamps vorrebbe acquistare un terreno di dieci

ettari per farne un piccolo stadio e un centro di formazione. Ma le

religiose, della congregazione delle Figlie di Gesù, proprietarie del

terreno dalla fine dell'800, non vogliono che la loro contemplazione

venga disturbata: "Le nostre terre non si vendono"

della Redazione Repubblica.it 20-01-2012

MARSIGLIA - Sembra una storia uscita da un film dal copione abbastanza

scontato. Il ricco 'prepotente' che vuole imporre la legge del suo potere

economico che incontra la resistenza dei piccoli proprietari. E' un po' il

tema che sta incuriosendo il calcio francese. In campo c'è l'Olympique

Marsiglia, e l'avversario, decisamente fuori dal comune, è di quelli tosti:

una congregazione di suore. Le religiose, il cui convento sovrasta il campo di

allenamento della squadra, rifiutano ostinatamente di vendere un terreno di 10

ettari al club di calcio che vorrebbe estendersi e costruire un piccolo stadio

di 3. 000 posti per le riserve e il centro di formazione.

Stadio da 3.000, partite - anche se delle giovanili -, urla, rumore,

macchinoni dei bui che raggiungono il campo di allenamento. Decisamente troppo

per il voto di silenzio e di contemplazione fatto dalle suore, che

appartengono alla congregazione delle Figlie di Gesù e che sono proprietarie

del terreno dalla fine dell'800. Le religiose non escono mai e non hanno mai

contatti con gli estranei. Unica frase, ma emblematica, rilasciata da una

giovane e timida religiosa al quotidiano locale La Provence: "Le nostre terre

non si vendono, è tutto quello che abbiamo da dire".

___

Francia, Olympique Marsiglia vs convento

Il club vuole i terreni, le suore non vendono

La società in cui allena l'ex Juve Didier Deschamps vuole acquistare i

terreni dell'istituto religioso per realizzare lo stadio per la

squadra minore, ma le Figlie di Gesù non aprono neanche la trattativa:

"La nostra terra non è in vendita, è tutto quello che abbiamo da dire"

di DARIO PELIZZARI dal blog su "il Fatto Quotidiano.it 21-01-2012"

“La nostra terra non è in vendita, è tutto quello che abbiamo da dire” ha

risposto una suora della congregazione delle Figlie di Gesù al giornalista del

quotidiano francese La Provence che cercava conferme rispetto al progetto

dell’Olympique Marsiglia di costruire nel quartiere di Trois-Lucs un piccolo

stadio da 3000 posti per far allenare la squadra riserve. Il piano c’è da

tempo e pare che abbia convinto gli amministratori della città francese.

Peccato che le religiose del convento de la Serviane, che si trova a

pochissima distanza dall’attuale campo di allenamento dell’Olympique, non

siano assolutamente d’accordo. Il terreno è loro dalla fine dell’Ottocento. E

non hanno alcuna intenzione di venderlo.

La congregazione è proprietaria di una decina di ettari che circondano il

convento. Si tratta per lo più di campi incolti che La Provence definisce

‘bucolici’ per via della ricca vegetazione che li carratterizza. Un terreno

che farebbe la fortuna di diversi imprenditori con la passione per il mattone.

E certo, pure dei dirigenti della squadra allenata dal tecnico Didier

Deschamps, vecchia conoscenza del calcio italiano, che sarebbero felici di

ampliare lo spazio a disposizione dei giocatori. Insomma, un affare per tutti.

Tranne che per loro, le suore del convento de la Serviane, che rivendicano

i loro titoli e fanno sapere che la questione è chiusa e gli spazi per trattare

sono prossimi allo zero.

Le religiose vivono in una solitudine quasi assoluta, interrotta soltanto

alla bisogna per acquistare le cose che non possono produrre autonomamente. Il

club ha cercato di entrare in contatto con loro, anche via lettera, ma ha

capito che la situazione andrà gestita con tutte le accortezze del caso. “Ci

ho già provato io anni fa – fa sapere il sindaco di Marsiglia, il senatore

dell’Ump, Jean-Claude Gaudin -, ma non c’è stato niente da fare. Dicono di

essere già abbastanza disturbate dal rumore che arriva dalla Commanderie (il

centro allenamento dell’OM, ndr), figuriamoci se accetterebbero di avere a che

fare con le auto che passerebbero a due passi dal convento”. Insomma,

l’Olympique si trova a sfidare un avversario temibilissimo. Altro che Paris

Saint Germain degli sceicchi, ora il vero problema è convincere un gruppo

di suore a vendere il proprio terreno.

Per perorare la causa dell’OM, il sindaco si era perfino rivolto

all’arcivescovo di Marsiglia. Ma non è stato sufficiente. E se i tifosi

spingono perché sia dato il via libera al progetto che migliorerebbe

certamente la gestione della squadra, c’è una voce fuori dal coro che appoggia

la scelta delle religiose. E’ quella della presidente del CIQ (Comités

d’Intéret de Quartier) di Trois-Lucs, Annick Vergez, che fa sapere di essere

dalla loro parte “perché le sorelle hanno il diritto di difendere la loro

calma”. “E poi – aggiunge – non va dimenticato che le condizioni di accesso

alla zona sono molto difficili”. Come dire, lasciatele in pace, il gioco non

vale la candela. Pardon, il convento.

Modificato da Ghost Dog

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MONDIALE 2014

Brasile, bionda in campo

La Fifa vuole la birra negli stadi. Il governo carioca si oppone.

di MARCO TODARELLO (Lettera43.it 21-01-2012)

Si può negoziare su tutto, ma la birra non si tocca. Un aut aut che sembra

venuto fuori dalla cocciutaggine di un alcolista alla sua prima visita medica,

e che invece è stato il leit motiv del segretario generale della Fifa Jérome

Valcke durante la sua ultima visita in Brasile.

Il funzionario francese vuole che il diritto alla vendita di birra negli

stadi rientri nella legge speciale sulla Coppa del Mondo 2014 e che da mesi è

in discussione nel parlamento brasiliano.

Una legge che, grottescamente, si è arenata alla Camera proprio sulla

questione della bevanda alcolica più bevuta al mondo, un punto su cui Valcke

non è disposto a trattare.

L'ESTATUTO DEL GOVERNO LULA NEL 2003. In Brasile la vendita di birra

nei campi sportivi è vietata dal 2003, quando il governo Lula promulgò l’Estatuto

do torcedor, una legge rivolta a tutelare i diritti e la sicurezza degli

spettatori delle partite di calcio.

Il ministro della Salute del governo Rousseff, Alexandre Padilha, appoggiato

da alti rappresentanti del settore della Sanità sta facendo pressioni sul

Congresso affinché si mantenga il divieto anche nella legge sui Mondiali di

calcio.

«Mi dispiace se suona un po' arrogante», ha dichiarato Valcke ai giornalisti

di Rio de Janeiro, «ma l’alcol fa parte della tradizione della Coppa del mondo

ed è qualcosa su cu noi non vogliamo negoziare. Il diritto alla vendita di

birra deve essere inserito nella legge».

Interessi commerciali e partnership strategiche in gioco

Le ragioni dell’irremovibilità non stanno nella passione del segretario della

federazione per le bionde con le bollicine, ma piuttosto negli enormi

interessi della Fifa legati agli accordi commerciali con il marchio

statunitense Budweiser, che dal 1986, anno della Coppa del Mondo in Messico

che consacrò Diego Maradona, ha un contratto come sponsor della manifestazione.

LA SOCIETÀ BRASILIANA DI BIRRA AMBEV. Per sottolineare come il

vincolo riguardi anche lo stesso Brasile, Valcke ha ricordato che il partner della

Fifa è una società brasiliana, produttrice della birra AmBev, che come

Budweiser fa parte della multinazionale Anheuser-Busch InBev, il più grande

produttore di birra al mondo.

La multinazionale belga, nata dal matrimonio, nel 2008, tra la belga InBev e

la statunitense Anheuser-Busch, è proprietaria di circa 300 marchi di birra e

ha chiuso il terzo trimestre 2011 con un utile netto salito a 1,59 miliardi di

dollari (da 1,43 miliardi del 2010) su un fatturato complessivo di 10, 22

miliardi.

IL DISEGNO DI LEGGE TORNA ALLA COMMISSIONE. Sotto le prevedibili

pressioni di un tale colosso, durante un incontro con funzionari del governo

brasiliano Valcke ha detto che il Brasile si sente in diritto di chiedere troppo

alla Fifa «solo perché ha vinto cinque Coppe del Mondo».

Dopo le ripetute discussioni concluse senza accordi, il disegno di legge è

ritornato alla commissione Sport e Turismo per nuove valutazioni. Ora, con la

sospensione delle attività parlamentari, la questione dovrebbe essere di nuovo

ridiscussa nel mese di febbraio.

LE MEDIAZIONI GIÀ ACCETTATE DALLA FIFA. Valcke ha ricordato che la

Fifa ha già accettato diverse richieste da parte del governo brasiliano, come

ad esempio sul prezzo e sul numero dei biglietti da concedere alle categorie

disagiate. In Brasile, ad esempio, studenti e anziani hanno diritto a comprare

i biglietti a metà prezzo, e la Fifa ha risolto offrendo una categoria

speciale di biglietti a 25 dollari.

Un’altra richiesta di Brasilia riguarda la messa a disposizione di 300 mila

biglietti ad altri gruppi sociali indigenti come gli indigeni, le persone a

reddito molto basso e quelle che consegnano un’arma alla polizia. Anche su

questo, la Fifa è disposta a trattare.

I LAVORI PER LO STADIO DI FORTALEZA. La visita di Valcke in Brasile

comprendeva anche una sorta di ispezione sullo stato dell’arte riguardo

all’organizzazione dell’evento, non ultima la costruzione di stadi e altre

infrastrutture. Il segretario della federazione ha ammirato l’avanzamento dei

lavori negli stadi di Fortaleza e di Salvador de Bahia, però ha espresso

preoccupazione per la lentezza delle operazioni negli altri dieci stadi e

soprattutto ha chiesto che si acceleri il lavoro nel settore delle

infrastrutture, come stazioni e aeroporti.

«La gente crede che una partita di Coppa del Mondo sia una gara come le altre

ma si sbaglia», ha dichiarato Valcke, «bisogna pensare a più di 20 mila

persone che si spostano da una città all'altra, a volte in meno di 24 ore, e

il paese deve essere preparato a questo».

La ventesima edizione del campionato mondiale di calcio si terrà in Brasile

dal 12 giugno al 13 luglio 2014.

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Calciatori nel mirino

di GIANFRANCESCO TURANO (l’Espresso | 26 gennaio 2012)

«Non c’è riscontro che i delitti siano finalizzati a un piano

criminale». L’assessore alla Sicurezza Giuseppe Narducci

commenta così i furti e le rapine che hanno colpito i calciatori

del Napoli, le loro compagne, i parenti e gli agenti. La

magistratura sta esaminando tutte le ipotesi. Alcuni

investigatori sottolineano il cambio di atmosfera rispetto

all’età d’oro di Corrado Ferlaino, quando la maglia azzurra

garantiva immunità anche grazie ai rapporti del capitano Diego

Maradona con i Giuliano, i boss di Forcella. «Vado

controcorrente», aggiunge Narducci, «ma il Napoli ha vinto gli

scudetti nel momento di massimo degrado della città». Meglio

rapinati che collusi? La scelta è complicata, soprattutto con

una pistola puntata contro come è capitato a Yanina Screpante,

compagna del “Pocho” Lavezzi. Il consiglio del presidente

Aurelio De Laurentiis è stato: non girate con il Rolex.

Bisognerà dirlo anche ai tifosi del Chelsea in arrivo a Napoli

per gli ottavi di Champions League il 21 febbraio.

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Tifosi in coma, poliziotti sotto accusa

di MAURIZIO MARTUCCI dal blog su "il Fatto Quotidiano.it 21-01-2012"

Intrecci calcistici da stato comatoso. Storie di stadio, cadute libere,

colluttazioni, pubblica sicurezza e versioni contrastanti. Con reparti di

neuro rianimazione sullo sfondo, al posto di tackle e centravanti di

sfondamento. E’ successo giovedì sera prima di Inter-Genoa, Coppa

Italia 2012. Come in un Bologna-Roma, Serie A 2001. Oggi un’ambulanza a

sirene spiegate fuori il Meazza in San Siro. Ieri barellieri del pronto soccorso

sulle gradinate felsinee del Dall’Ara.

Massimilano Moro (38 anni, tifoso genoano) e Alessandro Spoletini

(all’epoca 31 anni, tifoso romanista) li accomuna il destino: a undici anni di

distanza, entrambi in sonno profondo. Tutti e due intubati su un letto d’ospedale.

Trasferta da codice rosso, a sirene spiegate. Famiglie assetate di verità, per

l’accertamento di eventuali responsabilità. Si, ma di chi? Non di ultrà di

opposta fazione. Ma di agenti della Polizia di Stato.

“E’ giusto capire se è successo qualcosa di anomalo”, dice sua sorella,

Veronica Moro, mentre il cognato: “Per noi quello che è successo è

inspiegabile. Siamo arrivati a Milano per assistere alla partita e a una

serata di festa. Non ci saremmo mai aspettati che finisse così”, mentre

l’avvocato di famiglia Riccardo Lamonaca vuole “capire come mai Massimo si

trova in queste condizioni”.

La versione della Digos milanese è però netta. Non concede coni d’ombra.

Racconta che Moro, positivo al test degli oppiacei e con tasso alcolemico

elevato, dopo essersi fatto beccare alticcio da uno steward all’ingresso dello

stadio, è stato accompagnato al posto di Polizia. E qui “ha perso il

controllo: ha tentato di scappare - spiega il dirigente Bruno Megaleed è

caduto assieme a un agente che lo stava bloccando da dietro, picchiando la

testa contro lo stipite della porta e provocandosi un taglio sulla fronte”. Al

Policlinico di Milano il tifoso del grifone è in prognosi riservata, con

importanti complicazioni polmonari causate dal fatto che “ha probabilmente

ingerito del vomito. La Tac ha escluso lesioni o emorragie interne

infracervicali”. Al poliziotto con cui s’è avvinghiato, hanno refertato 4

giorni di prognosi.

Alessandro Spoletini restò invece più di un mese in coma all’Ospedale

Maggiore. Si risvegliò dall’incubo, seguendo una lenta riabilitazione motoria.

La sua vicenda portò la Procura di Bologna a rinviare a giudizio un agente di

Polizia, accusato di lesioni per un goffo sgambetto al tifoso giallorosso,

precipitato rovinosamente sulle gradinate, su cui impattò violentemente la

testa. Ma ieri per Spoletini, come oggi per Moro, montò l’accusa di

ubriachezza, quasi a concorso di colpa. “Stavo con lui – smentì il cugino

Mauro – non è vero che eravamo ubriachi.” “Noi non abbiamo picchiato proprio

nessuno. Certe accuse sono assurde. Il ragazzo stava scendendo le scale

zigzagando – disse Sergio Bracco, allora Capo gabinetto della Questura

bolognese – schivando altra gente, è inciampato da solo ed ha battuto il

cranio contro un gradino”. Contrapposta fu però la tesi di testi oculari, che

per giorni tempestarono radio romane e redazioni di giornale con telefonate e

ricostruzioni circostanziate: “Ho visto uno dei poliziotti che colpiva con una

manganellata questo ragazzo, il quale cercava di scappare. Quattro o cinque

poliziotti l’hanno rincorso e uno di loro gli ha fatto lo sgambetto per farlo

cadere: in quel momento ha battuto la testa”.

A due anni dai fatti, il caso giudiziario del romanista Spoletini finì con

l’assoluzione dell’agente rinviato a giudizio. Massimiliano Moro è ancora alle

prime 48 ore di terapia intensiva, ma clinicamente fuori pericolo di vita. La

Procura meneghina ha aperto un fascicolo, senza iscrivere alcun agente tra gli

indagati. Anzi, il supporter genoano è in stato di fermo, in attesa di

convalida. Piantonato in corsia, dovrà rispondere di resistenza a pubblico

ufficiale.

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Sangue e raggi ultravioletti: il nuovo doping

di LUCA GIALANELLA (Gasport 20-01-2012)

La notizia arriva da Erfurt, in Germania, finora conosciuta perché nella locale università studiò Martin Lutero, ispiratore della Riforma protestante. Ma adesso la città della Turingia potrebbe diventare ancora più famosa per uno scandalo doping che sta facendo tremare il Paese. Un medico, un' inchiesta penale, una pattinatrice, forse altri sportivi. Al centro il trattamento del sangue con i raggi ultravioletti. In Spagna, nel 2006, l' Operacion Puerto e le 200 sacche di sangue, «pulite», congelate e riutilizzate. In Italia, nel 2009, l' ozonoterapia del medico Lazzaro (poi assolto), cioè l' arricchimento del sangue con ozono che faciliterebbe il flusso di ossigeno. Adesso, dalla Germania, un trattamento già noto dagli anni Settanta e comunque vietato dal codice mondiale antidoping Wada, che punisce qualsiasi manipolazione del sangue. Come funziona? Il sangue, estratto dall' atleta, passa in una macchina dove viene esposto per 15' alla luce ultravioletta, e poi reinfuso. Questa azione stimolerebbe le proteine del sangue e avrebbe un effetto sul sistema immunitario: migliore ossigenazione nei muscoli e azione antiinfiammatoria. «Non vedo un legame diretto con il doping ematico classico - spiega il professor Giuseppe D' Onofrio, illustre ematologo -. Invece il trattamento del sangue con i raggi ultravioletti è molto avanzato a livello scientifico nella cura dei malati trapiantati, soprattutto con cellule staminali, per combattere le reazioni di rigetto al trapianto. Ma qui si lavora su una sacca di sangue con globuli bianchi, non rossi: la luce ultravioletta serve per far reagire un farmaco, non per sterilizzare il sangue, che non serve. Direi che questa tecnica tedesca ci porta nello stesso campo dell' ozonoterapia: un modo più o meno artigianale di lavorare sul sangue senza troppe basi scientifiche»

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SPY CALCIO di Fulvio Bianchi (Repubblica.it 21-01-2012)

Londra, Giochi ad alto rischio

fra missili, sottomarini e l'Fbi...

Missili terra-aria, la portaelicotteri Hms Ocean e alcuni sottomarini

dislocati lungo il Tamigi, oltre 21.000 poliziotti e soldati, di cui 9. 000

richiamati dall'Afganhistan, lungo le vie della città: l'Olimpiade di Londra

(27 luglio-12 agosto) sarà la più blindata della storia dei Giochi. Per la

sicurezza la cifra è salita a seicento milioni di sterline. Massimo controllo,

come detto, lungo le vie d'accesso acquatiche ma anche dello spazio aereo. Le

esercitazioni sono in corso, appena qualche giorno fa se ne è svolta

spettacolare lungo il Tamigi. Anche se l'organizzazione ha mostrato una

pericolosa falla: il dossier riservato, con i piani dettagliati di difesa dei

siti olimpici, i numeri di telefoni degli ufficiali coinvolti e i giorni

previsti per le esercitazioni è stato dimenticato da un poliziotto nella

carrozza numero sei del treno diretto a Dartford. La cartellina di colore

scuro stata ritrovata da un pendolare che l'ha subito portata al Sun: il

dossier poi è stato riconsegnato a Scotland Yard, dove non hanno potuto fare a

meno di ammettere che la vicenda è stata "imbarazzante" (figuriamoci se fosse

successo in Italia...).

E forse perché si fidano poco degli inglesi, ecco che gli Stati Uniti hanno

deciso di mandare a Londra circa 1. 000 agenti per la protezione della

delegazione (oltre 600 persone) e dei tantissimi tifosi a stelle e strisce che

arriveranno per i Giochi. Una cifra consistente, che ha turbato non poco il

governo inglese, che ha affidato alla Sas (Special Air Service) il controllo

delle operazioni e ha istituito una sede dei servizi segreti a due passi dal

Villaggio Olimpico. Cinquecento saranno gli agenti del Federal Bureau of

Investigation (Fbi), la maggiore polizia giudiziaria degli Usa che si occupa

anche di terrorismo. Gli altri agenti made in Usa invece saranno del Secret

Service e del Diplomatic Security Service. Il Secret Service si occupa

soprattutto della protezione del presidente e degli ex presidenti degli Usa,

della protezione dei capi di Stato stranieri in visita negli Stati Uniti. Il

Diplomatic Security Service (Dss) ha il compito della protezione di ambasciate

e consolati Usa, oltre che del Segretario di Stato. Ma si occupa anche di

controspionaggio e dell'arresto di latitanti Usa fuggiti all'estero. Altre

Nazioni (come Israele, ad esempio) avranno loro agenti a Londra. L'Italia non

ha ancora deciso: il problema è all'esame del Viminale e della Farnesina.

Circa 20.000 saranno i tifosi italiani che, almeno per ora, hanno trovati i

preziosissimi biglietti (6,6 milioni in tutto, con richieste che superano i 20

milioni), più la maxi-delegazione del Coni composta da circa 300 atleti e

oltre un centinaio fra tecnici, dirigenti, medici, eccetera. Di sicuro ci sarà

un funzionario di collegamento, anche con l'Ambasciata italiana a Londra che

già dispone di suoi agenti di "intelligence". Non si sa ancora quanti

poliziotti saranno inviati dall'Italia.

Preziosi non può essere eletto vicepresidente della Lega A: ecco perché

Lunedì la Lega di serie A deve eleggere il vicepresidente e un consigliere. Se

per il consigliere non ci dovrebbero essere problemi (toccherà a Fenucci, a.d.

della nuova Roma), ecco che chi aveva pensato di votare Enrico Preziosi,

patron del Genoa, come vice di Lega dovrà stare bene attento, e magari

ricredersi. Le norme infatti non lo consentono: l'articolo 29 dello statuto

Figc spiega chiaramente, alla voce "requisiti e incompatibilità" che chi ha

avuto un'inibizione superiore ad un anno non può "essere eletto o nominato".

Preziosi è stato inibito per 5 anni e sei mesi, più a livello penale ha

patteggiato una condanna per bancarotta fraudolenta di 23 mesi, oltre ad

essere stato condannato in appello a 4 mesi per frode sportiva (il caso della

famosa valigetta di Genoa-Venezia). Quindi, non è eleggibile. Qualcuno aveva

pensato anche a Claudio Lotito, che a livello sportivo ha avuto solo sei mesi

e mezzo: ma in base alle norme etiche del Coni, che saranno definite il

prossimo 2 febbraio, non potrà più fare parte del consiglio federale della

Figc. Conviene eleggerlo vicepresidente della Lega? Insomma, un bel caos.

L'unica cosa certa è che Maurizio Beretta resterà al suo posto (pur essendo

dimissionario dal marzo dell'anno scorso) sino a fine mandato: poi i venti

presidenti di A litigheranno, come da tradizione, per trovare il suo erede.

Ma la Rai può rinunciare a Novantesimo Minuto?

Venerdì 27 gennaio, ore 12: la Lega di serie A aprirà le buste con le offerte

di Rai e Mediaset per i diritti tv del campionato (gli highlights). La Rai

deciderà fra mercoledì e giovedì, quando è previsto il cda, che tipo di

offerta fare: sicuramente sarà al ribasso. C'è la speranza di poter

spacchettare, cercando di salvare una trasmissione storica come Novantesimo

Minuto. Per la Domenica Sportiva pare non ci siano problemi. Ma la Rai, come

servizio pubblico, può permettersi di rinunciare di dare i gol, gratis, la

domenica pomeriggio? Il direttore di Rai Sport., Eugenio De Paoli, si sta

battendo con tutte sue forze, ma il destino delle trasmissioni Rai è nelle

mani del direttore generale, Lorenza Lei. Ci sono stati, ultimamente, tagli

consistenti, anche sugli opinionisti. Rai Sport comunque ha preso in gestione

una trasmissione come la Giostra del gol, che in Italia non si vede ma che

all'estero è un appuntamento fisso per tutti gli italiani sparsi nel mondo,

dagli Usa all'Australia. Una trasmissione che ha qualcosa come 50-60 milioni

di potenziali ascoltatori, una cifra impressionante che dovrebbe interessare

anche la Sipra. A proposito di concessionarie pubblicitarie, a Mediaset è

proprio Publitalia che spinge per prendere i diritti in chiaro del calcio, in

modo da avere maggiori spazi di manovra dopo un inizio dell'anno al ribasso.

Non si sa ancora che tipo di offerta potrà fare Mediaset perché, a parte

Publitalia che spinge, ci sono anche dirigenti che preferirebbero puntare sul

digitale pay, che ha dato buoni ascolti ma non eccezionali introiti. Ci siamo,

comunque. Presto si saprà se la Rai perderà un altro pezzo dello sua storia. . .

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leOpinioni

SI’, AL CALCIO SERVONO I PENTITI

SCOMMESSE: «TUTELARE» I PENTITI

SE SI VUOLE ROMPERE L'OMERTA'

di FRANCO ARTURI (GaSport 22-01-2012)

ANDREA_MASIELLO.jpg

Un metaforico e poderoso calcio nel di dietro ma poi anche un grazie e una

pacca sulla spalla. Li indirizziamo ad Andrea Masiello, difensore egregio, per

averci tolto le poche illusioni che potevamo ancora nutrire, mettendo a fuoco

molte partite manipolate quand'era al Bari. Anche la Serie A è infettata dal

virus mortale delle scommesse. Abbiamo bisogno di tutti i pentiti che hanno da

raccontare verità sporche.

Non cerchiamo di trasformare Masiello (nella foto Rastelli) in un eroe

positivo: è giusto sottolineare anche la convenienza personale di una scelta

che potrebbe salvargli il molto che resta della sua carriera. Ma in questioni

che mimano, come successe in Calciopoli, le tortuose lotte alla criminalità

organizzata, la giustizia sportiva può uscirne solo sfruttando il desiderio di

parlare di queste persone. E' uno scambio non cinico, ma realistico: o così o

non muoviamo passi importanti.

La priorità del calcio italiano non è la legge sugli stadi ma la questione

morale. Lo sosteniamo da anni e l'opinione si rafforza uno scandalo dopo

l'altro. La perdita di credibilità etica del sistema è molto più dannosa di un

deludente accordo televisivo: entra nella testa della gente come un gas

tossico. E produce distacco e disaffezione, cioè anche danni economici.

L'unico modo conosciuto per guarire da queste patologie sociali (perché questa

è la malattia del calcio italiano) è una dose massiccia di verità. Il livello

di omertà in questo ambiente è impressionante. Vorremmo sentirlo confermare

dal presidente Abete una buona volta. Vedremo, per esempio, se il nostro

Masiello sarà emarginato per la sua scelta; se suoi compagni vigliacchi e

cialtroni troveranno facilmente squadra e lui avrà difficoltà. Vedremo se la

Federazione lo «proteggerà» come deve fare lo Stato con i pentiti veri.

Vedremo se i richiami della Uefa su questa materia saranno seguiti.

Per ora non ci pare di vedere una straordinaria mobilitazione. Al contrario,

quando si parla di questi argomenti in pubblico la parola d'ordine di quasi

tutti gli addetti ai lavori è l'invito a «non generalizzare», vale a dire di

minimizzare. Nemmeno a noi piacciono i processi sommari e abbiamo sotto gli

occhi un'infinità di storie umane di passione e di lealtà. Ma proprio per

questo è il momento di sapere fino a dove si estende la materia necrotizzata.

Si sente l'esigenza di un De Falco anche qui, cioè di qualcuno che si assuma

la responsabilità di urlare lo sdegno di un Paese e qualche ordine eccezionale.

Una sanatoria di qualche mese per chi vuota il sacco? Un richiamo all'ordine

per quei dirigenti e quegli allenatori che vivono accanto al calcio malato e

non se ne accorgono? Una serie di interventi simbolici per portare al centro

lo sport e il fair play? Le proposte potrebbero essere tante, ma l'essenziale

è che il calcio diventi protagonista di questa battaglia e non spettatore

sballottato da una Procura all'altra. Ad ogni passaggio in tribunale

l'emorragia di interesse si aggrava. E' una questione vitale.

Modificato da Ghost Dog

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IL NODO DELLA VICEPRESIDENZA

Preziosi è un caso

Coni: ineleggibile

Ma per la Lega lo è

Domani assemblea: i rumors scatenano un altro scontro?

di MARCO IARIA (GaSport 22-01-2012)

Vuoi vedere che tra la Lega e l'asse istituzionale (Coni e Figc) scoppia un

altro bel casotto? Domani c'è l'assemblea dei club di A, convocata per

eleggere vice presidente e un consigliere, rimasti vacanti per 7 mesi dopo

l'addio di Sensi e Garrone. Beh, come la giornalaccio rosa ha scritto ieri, la

maggioranza — con la regia del sempre più influente Lotito — ha intenzione di

eleggere a n. 2 di Beretta Enrico Preziosi, oltre che di riassegnare alla Roma

(nella persona dell'a.d. Fenucci) una poltrona nell'esecutivo. L'indiscrezione

ha destato grande stupore nei palazzi del Coni, da cui informalmente si fa

sapere che il patron del Genoa sarebbe ineleggibile per due motivi:

innanzitutto la condanna passata in giudicato per bancarotta fraudolenta

(fallimento del Como nel 2004), col patteggiamento a 23 mesi; e poi i 5 anni

di squalifica, con proposta di radiazione («sanata» grazie alla conciliazione

con la Figc), per la combine col Venezia, più i 6 mesi presi per aver fatto

mercato con Moratti quand'era sospeso.

Interpretazioni Tutto in nome, secondo il Coni, dell'articolo 29 dello

statuto della Federcalcio, che detta requisiti e incompatibilità delle cariche

federali: non può essere eletto chi sia stato colpito negli ultimi 10 anni da

squalifiche sportive superiori a un anno e chi abbia riportato condanne penali

definitive per reati non colposi a pene superiori a 1 anno. Ma la Lega è

convinta che l'articolo 29 non si riferisca ai membri del suo «governo»,

tant'è che il regolamento di Lega rimanda a quella norma solo per le elezioni

dei consiglieri federali e non dice invece nulla sulle cariche interne a essa.

Certo, può darsi che per motivi di opportunità qualche club spinga per

un'alternativa a Preziosi. Magari, però, accadrà il contrario e l'assemblea di

domani si trasformerà nell'ennesima prova di forza.

Modificato da Ghost Dog

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CALCIOSCOMMESSE

Il portiere del Piacenza, Cassano, si difende

«Con Doni nessun accordo». E denuncia

«Hanno minacciato

anche mia figlia»

di ANDREA RAMAZZOTTI (CorSport 22-01-2012)

Mario Cassano racconta il suo calvario. Il portiere lombardo da giugno è

finito nella vicenda del calcio scommesse principalmente per la partita

Atalanta-Piacenza 3-0 e, soprattutto dopo la confessione di Gervasoni, la sua

vita è cambiata. In attesa di essere ascoltato a Cremona, Cassano ha voluto

professare la sua innocenza senza nascondere le minacce ricevute da lui e

dalla figlia, intimidazioni per le quali ha presentato una denuncia tramite il

suo legale, l’avvocato Maresca.

Cassano, che effetto le fa essere coinvolto in questa vicenda?

«Ho sempre vissuto con l'amore per il calcio tramandatomi da mio padre e non

avrei mai immaginato di finire sulle prime pagine dei giornali per questioni

non inerenti al calcio giocato».

I suoi familiari come stanno vivendo il suo coinvolgimento

nell’inchiesta sulle scommesse?

«Non è facile rendersi conto della situazione che stiamo passando la mia

famiglia e io. Sto ricevendo continue minacce che sono arrivate a “toccare”

anche mia figlia di due anni. I miei genitori naturalmente sono molto

preoccupati e rattristati».

Cosa ha pensato dopo aver letto l’interrogatorio di Gervasoni che la

accusa?

«Sinceramente ad oggi non ho una spiegazione plausibile per tutte le cose che

sto leggendo da giugno e che creano innumerevoli difficoltà alla mia vita

professionale».

Doni ha parlato di un accordo tra voi in campo. Lei gli avrebbe detto

di calciare il primo rigore al centro...

«Non ho mai parlato con Doni e non l'ho mai conosciuto, se non da avversario.

Sfido chiunque a incolpare un portiere per aver subito gol su rigore, come sta

succedendo a me, se non ci fosse quest'inchiesta».

Pensa di essere ascoltato presto dagli inquirenti a Cremona?

«Spero il prima possibile».

Che idea si è fatto di questa inchiesta?

«Si tratta di una vicenda probabilmente più grande del previsto e, visti i

continui sviluppi, non si sa dove porterà».

Lei che rapporto ha con le scommesse?

«Non sono mai entrato in una ricevitoria o in un posto dove si scommette.

L'unica scommessa che ricordo, e che tra l'altro ho vinto, è stata quella sul

sesso di mia figlia prima della sua nascita».

Quanto è cambiata la sua vita dopo il coinvolgimento nell’inchiesta di

Cremona?

«Il rapporto con parte della tifoseria del Piacenza era già incrinato. Pur

avendo bellissimi ricordi degli anni fin qui trascorsi nel Piacenza, bastava

un piccolo episodio per far mugugnare una parte dei tifosi. La scorsa estate

poi si è aggiunto un ulteriore pretesto (la prima trance del calcio scommesse

ndr) per poter infierire liberamente su di me. Grazie a un incontro

organizzato grazie ai continui sforzi e alla grandissima stima dimostratami da

Marco e Davide Reboli (i capi della curva del Piacenza, ndr), la situazione

era tornata abbastanza alla normalità, ma le ultime dichiarazioni riportate

sui giornali hanno incrementato la tensione fino ad arrivare alle minacce

verso me e i miei familiari. In questo momento per me è impossibile restare a

Piacenza».

Sta pensando alla risoluzione del contratto?

«Domanda difficile a cui rispondere. . . La mia volontà non è quella di

lasciare i compagni e l'allenatore a campionato in corso e soprattutto con

questa difficile situazione di classifica. Parlerò con il Piacenza nei

prossimi giorni per capire il da farsi».

Chi le è stato più vicino?

«Molte persone che mi conoscono da tanto tempo mi hanno manifestato grande

solidarietà e mi hanno chiamato per tirarmi su di morale. La telefonata che mi

ha fatto più piacere? Oltre a quella di Costantino Nicoletti (procuratore, ndr),

che mi è stato sempre vicino come un fratello, dico quella di Ruggero

Radice».

Adesso cosa sogna per la sua vita e la sua carriera?

«Unicamente a causa di alcune dichiarazioni tutte da dimostrare, mi ritrovo

paralizzato e impotente. In questo momento vorrei soltanto che tutto si

risolvesse nel minor tempo possibile per poter ricominciare la mia carriera e

ritrovare un po' di quella serenità che ormai mi manca da giugno».

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L'intervista Il presidente (dimissionario) delle società interviene sui problemi del calcio, prospettando alcune soluzioni

«La Lega non è schiava della tv

Stadi nuovi e cambiare la serie A»

Beretta: «Litighiamo? Ovvio, visto che qui ci sono i soldi»

di DANIELE DALLERA (CorSera 22-01-2012)

MILANO — La Lega calcio di serie A cerca un nuovo presidente, visto che

Maurizio Beretta, impegnato in un ruolo prestigioso nel mondo bancario,

potrebbe passare nelle prossime settimane dal pensiero all'azione e far

diventare esecutive le dimissioni presentate mesi fa, ma congelate da quel dì.

Congelate per un semplice motivo, rivelato anche da Adriano Galliani: non

riusciamo a trovare un presidente che vada bene per tutti i presidenti. È così,

fatto un nome, partono i veti incrociati. E Maurizio Beretta, abilissimo

nell'arte diplomatica, diventa uomo fondamentale. Domani c'è un'assemblea

delicata di Lega, non c'è dubbio che si parlerà anche di questo, ma non

usciranno novità clamorose. Per ora, siamo noi a far parlare Maurizio Beretta.

Allora, presidente, come la mettiamo con queste sue dimissioni:

questione di giorni e diventeranno esecutive?

«Le società sanno da mesi qual è la mia situazione e conoscono la mia

disponibilità, davvero piena, a favorire il passaggio di consegne».

Quando?

«Quando mi verrà chiesto dall'assemblea di Lega, l'organismo decisionale in

assoluto. E credo che sia interesse di tutti fare in modo che tale passaggio

avvenga senza generare instabilità, tensioni e inutili vuoti di gestione».

Questa è una vecchia formula dialettica molto usata in politica per

restare al potere...

«Il potere, in base allo statuto della Lega, è nelle mani dell'assemblea».

Un'assemblea sempre più litigiosa.

«Non mi stupisco che al suo interno la Lega discuta, anche animatamente. Ma

alla fine le posizioni trovano sempre un'intesa, un percorso comune. E spiego

perché non mi sorprendo di accese discussioni che possono nascere: non si

dimentichi che la Lega, in base alla Legge Melandri, è quell'organismo

istituzionale-economico che produce, gestisce e distribuisce il 70 per cento

delle risorse economiche del calcio di serie A. Ovvio che di fronte a risorse

economiche così ingenti, si impegni del tempo in discussioni, magari accese,

ma sicuramente fruttuose per tutto il movimento».

Una Lega calcio succube della televisione, generosa quanto a milioni

di euro spesi per i diritti, ma poco sensibile agli sportivi che vanno

allo stadio. Un'accusa pesante, presidente.

«Le tv hanno interesse quanto la Lega che si giochi in stadi funzionali e

accoglienti. In ogni caso in questi anni il numero complessivo degli

appassionati che seguono il calcio in serie A è aumentato in maniera

considerevole. Nelle prime 18 giornate, rispetto alla stessa fase della scorsa

stagione, le presenze negli stadi sono aumentate del 4, 5 per cento. Nello

stesso periodo è notevolmente cresciuta la platea televisiva: le prime 18

giornate sono state viste da oltre 163 milioni di persone, pari ad una media

oltre i 9 milioni telespettatori a giornata».

Vede, presidente che le stesse cifre indicano un rispettoso inchino

alla tv: la Lega di serie A lavora soprattutto per la televisione. . .

«Certo, la tv è fondamentale per la fruizione del calcio e le cifre stesse

spiegano ben altro: la crescita netta del numero complessivo dei fruitori di

calcio in diretta, senza che questo porti a un travaso di gente dallo stadio

al salotto tv».

Anche la Coppa Italia spiega qualcosa: a San Siro un migliaio di

spettatori, alle 21, al freddo. Altrove stessa musica. . .

«In un'attività così intensa, quelle di queste settimane sono finestre

obbligate da dedicare alle Coppe nazionali di tutta Europa. Hanno giocato

anche altrove, per esempio in Spagna, a Madrid, dove anche là, non si godeva

di temperature più miti. Giocare al pomeriggio? Forse avremmo avuto qualche

grado in più, ma quanto a presenze allo stadio saremmo rimasti a numeri

piccoli. In compenso non avremmo avuto ascolti tv così alti. Queste partite

sono state seguite da un numero che varia da 2, 7 a 4 milioni circa di

telespettatori. Questi ascolti sono un successo per tutto il calcio italiano.

E, mi creda, il calendario non ha ampi margini di flessibilità».

A proposito di stadi, siamo messi davvero male. Vecchi, poco

accoglienti, cari e... meglio fermarsi qui.

«Concordo, gli impianti attuali sono obsoleti e poco funzionali. Basta vedere

quale effetto ha avuto sui tifosi il nuovo stadio della Juventus. Questo ci fa

capire che è urgente l'approvazione di una legge che consenta di realizzare

nuovi stadi a costo zero per la collettività, di essere proprietari e di farli

vivere 7 giorni su 7. Dobbiamo creare una nuova generazione di stadi che

agevoli la vita sportiva degli appassionati».

Negli altri Paesi sono stati più svegli e sensibili su questo fronte.

«La Lega si batte per stadi di proprietà da quando è nata. In altri Paesi,

una nuova generazione di impianti è stata realizzata. In Inghilterra

soprattutto hanno creato questa nuova generazione di stadi. Hanno trovato

risorse pubbliche, per esempio una fetta finanziaria molto importante

proveniente dal monte scommesse, travasate in mani private. E gli stadi sono

davvero belli, al servizio del tifoso e dello spettacolo».

Quando metterete mano alla riforma della serie A: troppe 20 squadre.

«È noto che non possiamo essere noi a dettare i tempi delle riforme. Quello

calcistico è un sistema di vasi comunicanti, che contempla promozioni e

retrocessioni tra le diverse categorie».

Siamo allo scarico delle responsabilità.

«Ma no, dalla verità non si può scappare. Che è questa: una riforma dei

campionati non può che essere una riforma di sistema che con le regole in

vigore richiede il consenso di un numero ampio di protagonisti interessati:

tutte le Leghe, dalla serie A alla Lega Pro, passando per quella di serie B, i

club, la Federazione naturalmente, l'Associazione calciatori, le televisioni e

non dimentichiamoci i tifosi. Servono livelli di consenso molto alti. Detto

questo, non c'è dubbio che l'attuale assetto dell'area professionistica (119

squadre tra serie A, B e Pro) debba essere ripensato».

Il rapporto con il sindacato calciatori: è sempre teso?

«No, lo sciopero di inizio campionato resta una scelta incomprensibile, ma

superato con l'accordo collettivo. Difatti, i rapporti sono costruttivi».

Innegabile che con il Coni di Petrucci il rapporto sia tormentato.

«A livello personale tra me e Petrucci c'è un rapporto di profondo rispetto.

Non c'è dubbio, però, che quando la Lega ha il bisogno di far sentire la

propria voce, anche a livello istituzionale, per nuove proposte, per cambiare

certe regole secondo noi superate, può e deve farlo».

Si riferisce all'articolo 22 bis delle Noif (le norme interne alla

Federcalcio) che prevede la sospensione dalla carica di quel

consigliere che ha ricevuto una condanna in primo grado?

«Pensiamo che sia una battaglia lecita, perché troviamo ingiusto che un

dirigente debba sospendere l'attività, fondamentale per la sua società, quando

altri giudizi possono intervenire cambiando completamente la sentenza di primo

grado. In ogni attività si aspetta il grado di giudizio definitivo prima di

sospendere ruoli e cariche professionali, con il pericolo di danneggiare

l'attività stessa delle società. Oggi partecipare all'attività di Lega è

fondamentale per ogni club». E su questo aspetto etico Petrucci e Beretta

continueranno a discutere.

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Joined: 10-Sep-2006
5203 messaggi

leOpinioni

SI’, AL CALCIO SERVONO I PENTITI

SCOMMESSE: «TUTELARE» I PENTITI

SE SI VUOLE ROMPERE L'OMERTA'

di FRANCO ARTURI (GaSport 22-01-2012)

Un metaforico e poderoso calcio nel di dietro ma poi anche un grazie e una

pacca sulla spalla. Li indirizziamo ad Andrea Masiello, difensore egregio, per

averci tolto le poche illusioni che potevamo ancora nutrire, mettendo a fuoco

molte partite manipolate quand'era al Bari. Anche la Serie A è infettata dal

virus mortale delle scommesse. Abbiamo bisogno di tutti i pentiti che hanno da

raccontare verità sporche.

Non cerchiamo di trasformare Masiello (nella foto Rastelli) in un eroe

positivo: è giusto sottolineare anche la convenienza personale di una scelta

che potrebbe salvargli il molto che resta della sua carriera. Ma in questioni

che mimano, come successe in Calciopoli, le tortuose lotte alla criminalità

organizzata, la giustizia sportiva può uscirne solo sfruttando il desiderio di

parlare di queste persone. E' uno scambio non cinico, ma realistico: o così o

non muoviamo passi importanti.

La priorità del calcio italiano non è la legge sugli stadi ma la questione

morale. Lo sosteniamo da anni e l'opinione si rafforza uno scandalo dopo

l'altro. La perdita di credibilità etica del sistema è molto più dannosa di un

deludente accordo televisivo: entra nella testa della gente come un gas

tossico. E produce distacco e disaffezione, cioè anche danni economici.

L'unico modo conosciuto per guarire da queste patologie sociali (perché questa

è la malattia del calcio italiano) è una dose massiccia di verità. Il livello

di omertà in questo ambiente è impressionante. Vorremmo sentirlo confermare

dal presidente Abete una buona volta. Vedremo, per esempio, se il nostro

Masiello sarà emarginato per la sua scelta; se suoi compagni vigliacchi e

cialtroni troveranno facilmente squadra e lui avrà difficoltà. Vedremo se la

Federazione lo «proteggerà» come deve fare lo Stato con i pentiti veri.

Vedremo se i richiami della Uefa su questa materia saranno seguiti.

Per ora non ci pare di vedere una straordinaria mobilitazione. Al contrario,

quando si parla di questi argomenti in pubblico la parola d'ordine di quasi

tutti gli addetti ai lavori è l'invito a «non generalizzare», vale a dire di

minimizzare. Nemmeno a noi piacciono i processi sommari e abbiamo sotto gli

occhi un'infinità di storie umane di passione e di lealtà. :| Ma proprio per

questo è il momento di sapere fino a dove si estende la materia necrotizzata.

Si sente l'esigenza di un De Falco anche qui, cioè di qualcuno che si assuma

la responsabilità di urlare lo sdegno di un Paese e qualche ordine eccezionale.

Una sanatoria di qualche mese per chi vuota il sacco? Un richiamo all'ordine

per quei dirigenti e quegli allenatori che vivono accanto al calcio malato e

non se ne accorgono? Una serie di interventi simbolici per portare al centro

lo sport e il fair play? Le proposte potrebbero essere tante, ma l'essenziale

è che il calcio diventi protagonista di questa battaglia e non spettatore

sballottato da una Procura all'altra. Ad ogni passaggio in tribunale

l'emorragia di interesse si aggrava. E' una questione vitale.

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I pentiti servono, già, però bisogna vedere come vengono gestiti.

Totojuve ha evidenziato una delle più grandi contraddizioni cui la cazzetta cade, sempre pro domo sua però. Ipocriti.

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Joined: 14-Jun-2008
11014 messaggi

FANGO / SUL PALLONE

“VOGLIO PENSARE CHE

FOSSE TUTTO REGOLARE”

Allenava il Bari nella scorsa stagione, quella delle gare

finite nell’inchiesta del calcioscommesse. E ora

Giampiero Ventura è triste per il vero sconfitto: lo sport

di MALCOM PAGANI (il Fatto Quotidiano 22-01-2012)

Sono triste, deluso e disgustato. Sono cresciuto con le rovesciate di Gigi

Riva negli occhi e 40 anni dopo, mi ritrovo davanti a un panorama degradato in

cui scommesse, partite combinate e giocatori corrotti dominano lo scenario. Mi

dispiace. Conosco centinaia di calciatori seri che si sbattono. Persone serie,

pulite. Non fanno notizia. Per poche mele marce, si giudica tutto l’albero”.

Giampiero Ventura, 64 anni, professore. Insegna calcio a Torino, in serie B. È

cresciuto vicino alle acciaierie e sa che quando il fumo è nero, ci si scotta.

L’anno scorso era a Bari. La squadra di Andrea Masiello, il gruppo sotto la

lente della locale procura per le ultime nove gare di un campionato concluso

dietro la curva della retrocessione. Risultati strani, zingari felici con le

tasche piene, strani movimenti bancari. Ventura non c’era più, ma conosceva

bene ambiente e figurine. Dimissioni a febbraio: “Rinunciando allo stipendio”

e amaro finale di partita in mano a Bortolo Mutti, oggi a Palermo. Nel Pullman

che da Padova lo riporta in Piemonte (1-1 a Cittadella), la versione del

signor Ventura somiglia a quella di Barney. Diretta. Sincera. Senza filtri.

Ventura a Bari si accorse di qualcosa?

Non ho percepito nulla. Se avessi avvertito stranezze, mi sarei ribellato.

Intavolare considerazioni, riflessioni e commenti è inutile. Ci vogliono

regole e punizioni severe.

Quanto?

Se scremate le millanterie e verificate le ritrattazioni, alcune gare

risultassero alterate, per chi si è reso protagonista delle combine, ci

vorrebbe l’immediata radiazione.

Duro.

Amo il calcio e lo voglio salvaguardare. Non tre mesi, sei mesi o un anno di

squalifica. L’oblìo definitivo ci vuole. Basta mezze soluzioni, perdonismi

grotteschi e amnistie. Gli stadi si svuotano e non è un caso.

Stupito?

Lo stupore è un lusso. Di che cosa mi dovrei sorprendere? Nel marzo dell’ 80,

vidi gli eroi nazionali del pallone caricati sulle camionette della Polizia a

bordo campo. La storia si ripete, in peggio.

Differenze?

Allora la truffa era pionieristica, oggi basta un clic sul computer per far

girare decine di milioni. Ma i fatti contestati erano gravi, oggi come allora.

Hanno legalizzato le scommesse e non credo si sia rivelata una buona idea.

Se venisse confermato l’impianto accusatorio, si sentirebbe tradito?

Non io, ma lo sport. Il condizionale è d’obbligo, ma la questione, mi creda,

non è personale. Bisogna parlare ai ragazzi, andare nelle scuole. Creare

dall’interno anticorpi utili a rigenerare il sistema.

A volte non è sufficiente. Il sindacato dei calciatori alternativo

all’Aic sindacati aveva come socio fondatore Cristiano Doni.

Mi pare abbia detto tutto lei.

In che stato è il calcio italiano?

Soffre. Anche se le responsabilità, nel caso specifico, mi pare divergano.

Combinare una partita non ha la stesso peso di omettere una denuncia senza

dimenticare che Farina del Gubbio si è comportato bene.

Uno dei giocatori sulle prime pagine per lo scandalo è Padelli. Oggi a

Udine, ieri riserva del portiere Gillet a Bari. Il suo attuale tecnico

Guidolin ha detto di averlo guardato negli occhi e di essersi fidato.

Nel suo Bari c’era Parisi, adesso a Torino. Ha chiesto spiegazioni?

Certo. E ho ricevuto le stesse garanzie. Se dubitassi di Parisi, non

giocherebbe più.

Il clima a Bari non era dei migliori.

Venivamo da una stagione fantastica e partimmo bene anche l’anno dopo. Poi

iniziarono a piovere gli infortuni. Almiron, Barreto, gente fondamentale.

Iniziammo a giocare con ragazzi che oggi sono sparsi tra la C 2 e i

dilettanti.

Arrivarono le sconfitte.

I rapporti interni si guastarono e preferii metterci la faccia. Su quel che è

successo dopo so poco e preferisco credere che sia stato tutto regolare.

Dopo il suo addio Ghezzal, Raggi e qualche altro giocatore parlarono

pubblicamente male di lei.

I nomi a me non interessano. Ma certi argomenti sono così squallidi che mi

intimano di stare a chilometri di distanza da gente simile. Le storie d’amore

finiscono, ma è nel commiato che si vede la dignità. Sono di un’altra pasta,

io. Le cose mi piace dirle in faccia.

Ha rimpianti?

Forse ho sbagliato. Davo correttezza, avrei dovuto pretendere la stessa

moneta.

Se venisse dimostrato che alcuni giocatori del Bari non davano tutto

sul campo?

Gliel’ho detto. Tristezza e delusione.

Gli stringerebbe la mano?

È una questione secondaria. Il loro dramma sarà potersi guardare allo

specchio. Mi sembra un problema più serio.

Ultima cosa Ventura. Lei metterebbe la mano sul fuoco sul

comportamento corretto dell’intera rosa del Bari dello scorso anno?

Il fuoco brucia davvero?

Ustiona.

Oggi come oggi è impossibile. Credo nella buonafede, ma solo fino a prova

contraria. Posso farle io una domanda?

Dica Ventura.

È sicuro di aver chiamato l’interlocutore giusto? Forse dovrebbe domandare ad

altri.

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I pentiti servono, già, però bisogna vedere come vengono gestiti.

Totojuve ha evidenziato una delle più grandi contraddizioni cui la cazzetta cade, sempre pro domo sua però. Ipocriti.

Si può notare ancora una volta da questo faccia a faccia virtuale di Vialli con P.Condò.

Da Twitter 22-01-2012

Vialli_1.jpg

Vialli_2.jpg

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SPY CALCIO di Fulvio Bianchi (Repubblica.it 22-01-2012)

Londra, boicottato il Team Gb

No di Scozia, Galles e N. Irlanda

Boicottaggio ai Giochi di Londra: le Federazioni calcistiche di Scozia,

Irlanda del Nord e Galles non vogliono dare i loro calciatori al "Team GB",

che comprende anche l'Inghilterra. Il ct, Stuart Pearce, inglese ed ex ct

dell'Uunder 21, ha espresso già tutta la sua "tristezza", perché vorrebbe

poter contare sui calciatori migliori. Come noto, a livello di Mondiali ed

Europei di calcio ogni Nazione (Inghilterra, Galles, Nord Irlanda e Scozia) ha

la sua squadra. Non è così invece per i Giochi Olimpici dove partecipa il Team

Gb (Great Britain). Il portavoce della Federazione di Scozia, Steward Regan,

ha spiegato che se i calciatori scozzesi partecipassero ai Giochi, ci sarebbe

una violenta reazione da parte di tifosi. "Ogni Nazione fa parte a sé,

calcisticamente, e basta guardare l'Ifab, l'International Board: lì ognuno di

noi ha il suo voto, non siamo mica uniti. Ed così da 125 anni". Ma il ct

Pearce insiste: "La situazione è triste, la Fifa ha già garantito che non ci

sono problemi di indipendenza se gli atleti di Scozia, Inghilterra e c.

scendono in campo per la stessa Nazionale". La Fa (Football Association) ha

contattato 191 giocatori, chiedendo loro la disponibilità "olimpica". David

Beckham, hanno garantito il suo entusiasmo a far parte della Nazionale "unita"

dei Paesi britannici. "Sarebbe un onore per me fare il capitano", ha detto

l'ex milanista, ora tornato ai LA Galaxy. Come lui anche Ryan Giggs e Garet

Bale non vedono l'ora di scendere in campo a Londra.

Preziosi, Lotito e il rischio di andare al Tar...

Assemblea di Lega di A, domani a Milano: da sciogliere il nodo del

vicepresidente. Secondo Coni e Figc, Enrico Preziosi, n. 1 del Genoa, non è

eleggibile. Secondo la Lega sì. Vedremo che faranno. Preziosi è stato abile (e

fortunato) perché è sfuggito alla mannaia della radiazione, pur avendo

accumulato 5 anni e sei mesi di squalifica. Moggi, Giraudo e Mazzini, invece,

sono stati radiati e aspettano di sapere cosa deciderà l'Alta corte di

giustizia presso il Coni che ha chiesto ancora tempo, perché prima vuole avere

le motivazioni della sentenza di Napoli (riguarda Moggi e Mazzini).

Motivazioni che arriveranno solo a febbraio. Intanto, "balla" ancora la

vicenda-Lotito: il 2 febbraio il Coni varerà, sentiti i Saggi, un

provvedimento di sospensione cautelare per tutti quelli condannati in primo

grado (quindi anche Morzenti, ex n.1 della Federsci) per vari reati penali. Il

provvedimento, licenziato da Giunta e Consiglio Nazionale del Coni, dovrà

essere poi ratificato dalle varie Federazioni sportive. La Figc lo farà nel

suo primo consiglio federale dell'anno (e ultimo per Lotito?), intorno al 10

di febbraio. Il patron della Lazio comunque è pronto a dare battaglia, in

tutte le sedi, perché contesta (soprattutto) la retroattività e il fatto che

non si attenda il giudizio definitivo. Ma non è una norma, bensì una

sospensione cautelare. La parola ai giuristi. I Saggi del Coni, per la verità,

hanno le idee molto chiare. Ma non si esclude che questa vicenda possa finire

prima poi in tribunale (al Tar?).

Lega di B e Pro aspettano ancora i soldi. Che fa Beretta?

Riunione segreta la scorsa settimana: si è parlato della suddivisione dei

diritti tv. Presente Giancarlo Abete, n. 1 della Federcalcio, e tutti i

presidenti delle Leghe (Beretta era collegato in videoconferenza). L'accordo

c'è ma il problema è che la Lega di A tarda a pagare quello che è stato

stabilito alla Lega di B (circa 60 milioni per il 2012), alla Lega Pro, a

quella Dilettanti e pure (una particina) al Coni. Coni e Dilettanti aspettano,

Lega di B e Pro non possono perché di quei soldi hanno assoluto bisogno,

altrimenti qualche club rischia di essere penalizzato per ritardato pagamento

degli stipendi. Il placet della Figc c'è, ci sono ancora problemi burocratici

che vanno risolti per sbloccare la situazione. Se ne parlerà domani

l'assemblea della Lega di A? Il rischio è che qualche club, con l'acqua alla

gola, possa ricorrere in tribunale con un'azione di responsabilità. Aveva

ragione Giovanni Petrucci quando parlava del "doping legale" nel calcio:

quanto lavoro per gli avvocati...

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DE MAGISTRIS

ti voglio bene

Secondo un sondaggio è il sindaco più amato d’Italia. Napoli

è più pulita. In strada si vedono i vigili. La campagna sulla

legalità ha dato dei risultati. Ma di gaffe ne ha fatte tante

di EMILIANO FITTIPALDI & GIANFRANCESCO TURANO (l’Espresso | 26 gennaio 2012)

[...]

Ma per adesso il sindaco più amato del Paese sembra voler restare solo al

comando. Mal visto dal Pd, dai seguaci di Antonio Di Pietro, oltre che da una

parte dei movimenti che lo hanno sostenuto, i consigli li accetta solo dal

fratello Claudio, plenipotenziario all’organizzazione degli eventi culturali,

dalla portavoce Marzia Bonacci, trentenne romana considerata la pasionaria di

Palazzo San Giacomo, e dal capogabinetto Attilio Auricchio, l’ex carabiniere

che si occupò di Calciopoli.

[...]

Non intendo riportare tutto il pezzo.

Dico solo - e non smentisco - che sembra confezionato così come il piccolo

centro di Storybrooke in "Once Upon A Time".

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