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K A L C I O M A R C I O! - Lo Schifo Continua -

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La manovra

Ora i calciatori pagano volentieri la super Irpef

"Siamo privilegiati, mai cercato sconti"

di ENRICO CURRÒ (la Repubblica 18-01-2012)

MILANO - Nell´agosto scorso, quando con la loro protesta rinviarono la prima

giornata di campionato, furono additati al pubblico ludibrio come una tra le

più odiose caste dell´Italia prigioniera degli egoismi: i ricchi calciatori

viziati, che scioperavano per non pagare il contributo di solidarietà, misura

estiva studiata dal governo Berlusconi per i redditi superiori ai trecentomila

euro. Poi la manovra del governo Monti l´ha trasformata in legge e adesso gli

stipendi di dicembre degli eroi del pallone hanno smascherato la bugia: i

calciatori la tassa la pagano sul serio, né hanno mai avuto intenzione di

evadere la nuova gabella. «Ho sempre pensato che sia giusto così: chi è un

privilegiato deve pagare di più, a maggior ragione in un momento di crisi come

questo». Morgan De Sanctis, 33 anni, portiere del Napoli, è nella rosa della

Nazionale, ma parla anche da sindacalista: è consigliere dell´Aic,

l´Associazione italiana calciatori, che bloccò il campionato in agosto. «Non

abbiamo mai rifiutato di pagare le tasse e ora sarà chiaro che quelle accuse

alla nostra categoria erano demagogiche».

I calciatori di serie A, serie B e Lega Pro - o almeno quelli che giocano nei

club puntuali con gli stipendi (non molti, in verità) - hanno trovato la

trattenuta nella busta paga del mese di dicembre, ricevuta a gennaio. Si

tratta, secondo legge, del 3% lordo, l´1,71 netto. Da un esempio concreto si

può evincere che il prelievo non cambia certo la vita di un atleta

professionista dall´ingaggio elevato. Per fare un esempio, un calciatore di

livello medio-alto di serie A, che guadagni un milione lordo all´anno, ha

pagato una tassa di solidarietà di 12 mila euro netti. «L´anno scorso solo il

45% dei calciatori di serie A superava la soglia dei trecentomila euro lordi.

In serie B poco più del 10%. E in Lega Pro i fortunati si contano sulla punta

delle dita», ricorda il presidente dell´Aic, Damiano Tommasi. Esiste, a

margine, la questione di alcuni big, pagati dai loro club con un contratto al

netto, anziché al lordo: in teoria sarebbero stati i loro presidenti, che

avevano stipulato questo tipo di accordo nella speranza di un abbassamento

delle aliquote fiscali, a doversi accollare la tassa di solidarietà.

Nell´agosto scorso, quando la tassa era ancora un´ipotesi allo studio, la Lega

di serie A rifiutò infatti di firmare con l´Aic il rinnovo del contratto

collettivo. Ora le prime buste paga del 2012 mettono fine all´equivoco.

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Il caso Sul prato ghiacciato di San Siro previste anche due gare di Coppa Italia nello spazio di 24 ore (oggi e domani) con inizio alle 21: ordine della tv

La Lega di A non sa che a gennaio

fa freddo: 21 notturne in 19 giorni

di FABIO MONTI (CorSera 18-01-2012)

MILANO — Impegnati nella difesa a oltranza di Lotito, condannato dal tribunale

di Napoli e in corsa per la vicepresidenza, occupati nella lotta contro Coni e

Figc nel salvaguardare i doppi incarichi e in telefonate tutt'altro che

istituzionali, i vertici della Lega hanno dimenticato che a gennaio di solito

fa freddo. E che, dopo un inverno insolitamente mite, si è verificato negli

ultimi giorni un naturale abbassamento delle temperature.

Soltanto così si può spiegare il fatto che Milan e Inter siano costrette a

giocare stasera e domani, a distanza di 24 ore, sullo stesso campo (ghiacciato)

, gli ottavi di Coppa Italia alle 21, con il rischio di supplementari e rigori

prossimi alla mezzanotte. E ancora: dal 7 al 22 gennaio, sono state previste

cinque partite a San Siro: Inter-Parma, Milan-Inter, le due gare degli ottavi

di Coppa Italia e Inter-Lazio. Che si punti sul derby in notturna ci può stare;

il resto è un palese attacco al buon senso, così come il calendario, che

prevede da oggi al 5 febbraio ventuno partite in notturna, e di queste 19 al

Nord, tra Bergamo, Milano, Torino (quattro in dieci giorni per la Juve) o

Novara.

L'aspetto più sconcertante è che questa sfida al buonsenso si trascina da

anni. Il 20 dicembre 2009, Inter-Lazio era stata giocata di notte con 9°

sottozero. Ma più la Lega viene criticata e più chi la guida insiste nel

piegarsi ai diktat delle tv che detengono un potere assoluto, visto che la

vendita dei diritti consente ai club di sopravvivere. L'Assocalciatori aveva

tentato di opporsi, poi ha accettato la situazione, non si sa se per la forza

della controparte o se perché tutti tengono famiglia. E la 21ª giornata sarà

in notturna (31 gennaio-2 febbraio).

Il derby di Milano garantisce l'esaurito di giorno e di notte e per questo

non fa testo. Ma è evidente che una simile programmazione notturna garantisce

stadi mezzi vuoti (lo si nota anche in tv), al di là delle trionfali

statistiche del Centro studi della Lega e del caso specifico dello Juventus

stadium, che è sempre esaurito. Siccome il traguardo finale è quello di

svuotare gli stadi per riempire i salotti, così le tv pagheranno ancora di più,

ci sono ottime possibilità di riuscire nell'impresa. E in alternativa chi va

allo stadio di notte a gennaio può sempre sperare di ammalarsi. Quello che è

sorprendente è che i club non pensano ai rischi legati agli infortuni dei

giocatori, che dovrebbe essere l'obiettivo primario, non solo per

salvaguardare la salute dei propri tesserati, ma anche per un semplice calcolo

economico. I paragoni con quanto avviene in Inghilterra appaiono del tutto

impropri: gli stadi della Premier League sono il meglio che si possa

immaginare e si gioca una sola partita nel weekend (la gara del «Monday

night»). La programmazione di campionato e Coppa Italia, invece, corrisponde

esattamente al criterio con il quale viene guidata la Lega. In attesa del

commissario.

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Il tariffario senza vergogna del calcio italiano

di GIOVANNI CAPUANO dal blog "Calcinfaccia" 18-01-2012

Il derby di Milano ci permette di aggiornare il tariffario della vergogna del

calcio italiano, quel bollettino di multe e sanzioni che accompagna il martedì

dei tifosi cercando di dare un peso all'inciviltà che regna nei nostri

impianti. Il povero Tosel, obbligato a equilibrismi impensabili per

districarsi tra cori razzisti, striscioni idioti e petardi che sembrano bombe,

tutte le settimane si misura con comportamenti che - nella maggior parte -

appartengono solo ai nostri salotti.

Il rischio, però, è che alla fine perda di vista alcuni principi

fondamentali. Lui e chi sui campi di calcio è deputato a osservare cosa

succede fuori dal terreno di gioco e non solo dentro. E' il caso del derby di

San Siro in cui gli ultras dell'Inter hanno fatto sfoggio di inciviltà

allietando i presenti lungo tutto il corso della partita con striscioni

dedicati a Gattuso e Cassano e alle rispettive malattie.

Una mancanza di educazione, stile e umanità che sarebbe incommentabile se ci

trovassimo di fronte alla vita normale, quella di tutti i giorni, in cui in

ufficio o in fabbrica si spera che qualcuno intervenga se il vicino di posto

prende di mira un collega in difficoltà. Sappiamo che qualche volta non

avviene, ma quando accade il fatto è giustamente additato come incivile. Allo

stadio, invece, si può senza che a nessuno venga in mente di dire nulla. Non

si hanno notizie di scuse ufficiali o anche solo private da parte

dell'Inter ai due giocatori (e nemmeno a Ibrahimovic apostrofato come

'zingaro' per tutta la partita).

Del resto come biasimare i dirigenti e giocatori interisti se il fatto -

ampiamente ripreso e fotografato dalle centinaia di operatori

dell'informazione presenti allo stadio - è passato inosservato anche a quarto

uomo, commissari della Lega e, infine, al povero Tosel. Ecco, dunque,

aggiornato il tariffario della vergogna del calcio italiano.

Prendere per il c**o un uomo per la sua condizione di quasi cecità

o perché ha seriamente temuto di dover trascorrere il resto della vita

da malato cardiaco per il giudice sportivo italiano non costa nulla. Zero

virgola zero. Nemmeno un centesimo. Così Tosel si è risparmiato di dover usare

la solita formuletta sulla "fattiva collaborazione del club a fini preventivi e di

vigilanza" che di solito accompagna la sanzione attenuandone la colpa per i

dirigenti, come se gli ultras vivessero nella loro splendida impunità senza

godere di appoggi e complicità ai massimi livelli. Meglio così. Meglio

dimenticare tutto convinti che davanti allo sconcio non si potesse davvero

fare nulla.

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Tommasi e l’omofobia nel calcio

di GABRIELLA GREISON dal blog su "il Fatto Quotidiano.it" 18-01-2012

E’ successo stanotte. Tipo all’una. Damiano Tommasi (l’ex calciatore,

l’attuale presidente dell’Assocalciatori) mi ha cercata su Facebook, e mi ha

scritto un messaggio. In risposta al mio post uscito sia su Cadoinpiedi.it,

sia sul mio blog personale, Greison Anatomy. Era un post, il mio, in cui

commentavo le sue parole,

, durante un’intervista radiofonica (diceva: “L’omosessualità

nel calcio è ancora un tabù e anche il coming out è sconsigliabile. C’è

una convivenza tra colleghi, diversa da ogni altra professione. Esprimere la

propria preferenza sessuale è difficile in tutti gli ambiti, ancor di più per

un calciatore che vive nello spogliatoio, e condivide anche la sua intimità,

con altri. Nel nostro mondo si potrebbe creare imbarazzo; uno sport dove

ci si spoglia, potrebbe diventare una difficoltà in più, nella vita di tutti i

giorni”). Vi allego, per dovere di replica, la sua risposta di stanotte. E poi

ci riflettiamo sopra.

Mi permetto questa intrusione solo perché si è chiacchierato molto sui lanci

d’agenzia di qualche settimana fa. Solo oggi ho letto lo ‘stupore’

nell’articolo su cadoinpiedi. Questo link riporta (a pag. 7) un piccolo cenno

di chiarimento. Forse basterebbe ascoltare la chiacchierata con Klaus Davi ma

non tutti (credo pochi) hanno tempo e modo di ascoltarsi le interviste su

youtube. Detto questo, effettivamente credo che abbiate sopravvalutato Tommasi,

basta in fondo che un calciatore (ex) risponda leggermente fuori dalle

canoniche interviste per pensarlo ‘intellettuale‘. Ma questo fa parte dello

show businness e ormai ci ho fatto il callo cercando di conviverci ma

sforzandomi di non crederci troppo! Buona lettura e…. . ascolto. Con stima

(davvero). Damiano"

Ecco, beh, la sua risposta mi ha fatto venire alcune considerazioni. Intanto,

è bella. Ok. E scritta bene. E mi è piaciuto il gesto. E ci vuole coraggio. Ok,

ok, ok. Insomma, l’ho molto apprezzata. Poi, ho pensato che Tommasi ha una

giusta considerazione di sé (se non prendiamo sul serio quella terza persona

usata, a un certo punto, durante l’intercalare… (terza persona, come faceva

Maradona, e che concedo solo a Maradona)), e questo non è da sottovalutare.

Nel senso: non si sente intellettuale, e dice che basta che un calciatore

risponda fuori dalle righe consuete per farlo credere, ed è molto vero. Siamo

così abituati alle risposte fotocopia date dai calciatori, piene di luoghi

comuni e banalità, che un riferimento ad un libro letto, oppure una citazione

cinematografica, ci fa subito strabuzzare gli occhi dall’entusiasmo, e seguire

con spasmodica ammirazione il campione di turno.

Però, poi, Tommasi mi chiede di andare a risentire l’audio di quella

trasmissione, in cui diceva le cose che ci avevano tanto scioccato, e allora

ripenso alle stesse cose che già avevo pensato (perché la trasmissione, sì,

l’avevo sentita….e nel mio vecchio post, era pure riportato il link). Lui

continua ad essere stupito del nostro stupore. e io continuo a pensare che le

sue parole confermano e rafforzano il tabù esistente sui calciatori

omosessuali; incentivano e ufficializzano la discriminazione. Ma, detto questo,

mi linka pure una pagina tratta dalla rivista “il Calciatore”, distribuita

alle squadre di calcio dall’Assocalciatori, e non ci trovo nessun elemento

nuovo, o di illuminata sapienza (ma forse mi ha allegato una parte sbagliata…

e seppur sia andata sul sito originario, per cercare quella pagina 7,

consigliata con un “buona lettura”, non ho trovato niente, sob!, mannaggia,

peccato).

Però, se rileggo i commenti scesi a cascata, quelli dei lettori, dopo

l’uscita del mio primo post, beh, sì, qualcosa in più inizio a chiedermi

anch’io. E cioè: in Italia, siamo veramente così anni luce indietro su questo

argomento? Perché in altri settori, tipo la musica, il cinema, la

discriminazione non è così alta? Perché il calcio porta – ancora – con sé

tutto questo machismo? Perché se un calciatore è omosessuale, non lo sappiamo?

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Caso Sion: un singolo club è in grado di far tremare il

mondo del calcio e l’intero sistema della giustizia sportiva

di EDOARDO REVELLO dal blog "SPORT & LEGGE" 12-01-2012

Che il presidente del club elvetico Christian Constantin fosse un personaggio

alquanto vulcanico e determinato già lo si sapeva. Che questi si sarebbe

opposto in ogni modo ed in ogni sede contro l’esclusione dall’attuale edizione

dell’Europa League lo si poteva facilmente intuire. Che un giudice ordinario

svizzero potesse decidere di dargli ragione in primo grado non era, invece,

così scontato prevederlo.

Mentre il calcio nostrano era impegnato in estenuanti battaglie per accordi

collettivi, ripartizione dei proventi dei diritti tv, revoche di scudetti e

tavoli della pace, il mondo del pallone a livello internazionale teneva il

fiato sospeso seguendo l’intricata vicenda del caso Sion.

Tutto ha inizio nella primavera del 2009, quando la Dispute Resolution

Chamber della FIFA (organo di giustizia sportiva competente per le

controversie contrattuali di stampo internazionale) condanna il club svizzero

per aver forzato un giocatore (il portiere egiziano El-Hadary) a risolvere

unilateralmente il proprio contratto con il club di appartenenza (Al-Ahly). In

base, infatti, all’art. 17. 4 delle FIFA “Regulations on the Status and

Transfer of Players” (RSTP) viene imposto al club elvetico il divieto di

tesserare nuovi giocatori per due finestre di mercato sia a livello nazionale

che internazionale.

Successivamente, nell’estate 2011, il Sion acquista sei giocatori ed inizia a

schierarli regolarmente sia nel proprio campionato nazionale che per lo

spareggio di Europa League contro il Celtic di Glasgow. Il club scozzese,

sconfitto sul campo, fa ricorso alla UEFA eccependo il fatto che il Sion

avesse schierato giocatori che non avrebbe potuto tesserare in base alla

squalifica FIFA.

Da qui nasce l’intera vicenda con sviluppi non soltanto sul piano sportivo ma

anche, e soprattutto, sul piano della giustizia ordinaria. In primo luogo in

sede UEFA, la Commissione Disciplinare prima e la Commissione di Appello poi

danno ragione al Celtic decretando la sconfitta a tavolino del Sion ed il

conseguente passaggio del turno per il club scozzese.

Il club svizzero, però, ritenendo fortemente ingiusta tale pronuncia, decide

di violare la clausola compromissoria (architrave dell’intero sistema sportivo,

in base alla quale tutte le controversie relative a questioni disciplinari

dovrebbero trovare negli organi di giustizia sportiva la loro sede naturale di

risoluzione) e di rivolgersi direttamente ai giudici ordinari svizzeri.

Scelta che, in origine, non si rivela poi così azzardata in quanto il

Tribunale Cantonale di Vaud il 5 ottobre 2011 emette una prima importante

pronuncia in suo favore: in attesa, infatti, di giungere ad una decisione

finale viene ordinato alla UEFA, quale misura provvisoria, di reintegrare

immediatamente il club nella competizione (pena mille franchi di multa per

ogni giorno di ritardo nell’esecuzione del provvedimento).

Il mondo del pallone viene travolto da questa decisione, considerata in

violazione delle normative sportive internazionali e del principio di

autonomia tra l’ordinamento statale e quello sportivo. La 53 Federazioni

affiliate alla UEFA scendono subito in campo a sostegno di una pronta

conclusione dell’intera vicenda all’interno dei confini della giustizia

sportiva, ovvero attraverso una pronuncia del TAS di Losanna.

Lo stesso Tribunale di Vaud, riconoscendo la competenza del TAS a dirimere la

questione, concede alle parti 60 giorni di tempo per avviare le procedure in

tal senso. La UEFA, dal suo canto, ribadisce di aver agito correttamente nel

pieno rispetto delle proprie normative, così come conosciute ed approvate da

tutti i club partecipanti alle sue competizioni. L’essersi rivolti ad un

giudice ordinario costituirebbe una grave violazione dell’intero sistema

sportivo che riconosce il TAS come l’unico e decisivo organo deputato a

dirimere le questioni disciplinari relative alle manifestazioni UEFA (Europa

League e Champions League).

Nel frattempo, nelle more del giudizio, così come richiesto dal Tribunale di

Vaud, la UEFA presenta tutta una serie di documenti per illustrare le varie

opzioni di reintegro del Sion in Europa League. Essendo ovviamente in corso la

competizione, tutti gli scenari proposti non possono che avere un forte

impatto sugli altri club in gara.

L’intero assetto della giustizia sportiva rischia, in pratica, di venire

stravolto dall’intervento di un giudice ordinario: il mondo del pallone resta

con il fiato sospeso per alcune settimane, sin quando, dalla seconda metà di

novembre, l’ago della bilancia torna a pendere a favore della UEFA.

Un primo duro colpo alle tesi sostenute dal Sion viene, infatti, sferrato il

18 novembre, quando la Corte del Canton Vallese ribalta le sentenze di primo

(3 agosto) e secondo grado (27 settembre) del tribunale civile di Martigny e

St. Maurice che avevano permesso al club elvetico di schierare, con effetto

immediato, i sei giocatori tesserati in estate nelle partite del campionato

svizzero. Pur trattandosi di una decisione avente valore soltanto sul piano

nazionale (erano, infatti, stati aditi giudici locali anche con riferimento al

campionato elvetico), non può sfuggire come sia stata riconosciuta, per la

prima volta anche da un giudice ordinario, la validità del divieto di agire

sul mercato inflitto dalla FIFA nel 2009.

Successivamente, il 15 dicembre il TAS conferma la decisione della UEFA di

escludere il Sion dall’Europa League, essendo stata correttamente applicata la

normativa in materia. Contestualmente, le misure provvisorie adottate dal

Tribunale di Vaud il 5 ottobre, che tanto scalpore avevano suscitato, devono

essere annullate (CAS 2011/O/2574 UEFA vs. Olympique des Alpes SA/FC Sion).

Nonostante l’importante punto fermo stabilito con tale lodo arbitrale, la

vicenda non può dirsi ancora conclusa. Due giorni dopo, infatti, la FIFA

ordina alla Federcalcio svizzera (ASF) di intervenire in maniera decisa contro

il Sion, alla luce della sopracitata decisione del TAS. In particolare, veniva

chiesto alla Federazione di rendere effettivo, entro il 13 gennaio 2012, il

divieto imposto al Sion di intervenire sul mercato, ovvero annullando le gare

o decretando le sconfitte a tavolino in tutte le partite in cui la società

elvetica aveva schierato i sei giocatori in questione.

Se la ASF non avesse risolto la situazione entro tale scadenza, sarebbe

automaticamente scattata la sospensione dei club e della nazionale nelle

competizioni di stampo internazionale (con il Basilea che rischiava, così,

l’esclusione dagli ottavi di Champions League e la nazionale a rischio per le

qualificazioni ai Mondiali del 2014).

Di fronte alle pesanti conseguenze paventate (e nonostante la richiesta del

Sion di agire nei confronti della FIFA presso il TAS contro quello che veniva

considerato come un illegittimo ultimatum), la ASF ha deciso di infliggere ben

36 punti di penalizzazione al club, relegando così la squadra all’ultimo posto

della Super League svizzera.

Tirando le somme dell’intera vicenda, pare dunque che il Sion esca sconfitto

da questa lunga querelle autunnale sia sul piano domestico che su quello

continentale. In realtà, sono ancora pendenti alcuni procedimenti penali e

questa stessa ultima penalizzazione potrà essere impugnata in sede sportiva.

Tenuto conto della risaputa combattività del Presidente Constantin, non sono

da escludersi ulteriori futuri colpi di scena, visto peraltro che è tutt’ora

pendente presso la Commissione Europea un ricorso dei 6 giocatori coinvolti

(per la presunta violazione di alcune norme di diritto comunitario) assistiti

dall’Avvocato Dupont…il legale di un certo Marc Bosman!!

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CALCIO E POLITICA | IL CASO PARIS SAINT-GERMAIN

Una squadra fatta per vincere.

Le presidenziali

Decine di milioni dal Qatar per comprare il club di

Parigi. Altre decine per renderlo vincente. Ma il Psg è

solo un tassello di una strategia più complessa che spazia

dalla politica internazionale alla televisione. E che

potrebbe dare la spinta decisiva nella corsa all'Eliseo.

di GIUSEPPE DE BELLIS (PANORAMA | 25 gennaio 2012)

A Parigi non c'era calcio e ora c'è più del calcio. Carlo Ancelotti in

panchina. Leonardo (al secolo Leonardo Nascimento de Araújo) a fare il mercato,

10 giocatori comprati in un anno, un centinaio di milioni spesi davvero e

altrettanti solo sui titoli dei giornali: i nomi di David Beckham, Kaká,

Alexandre Pato, Carlos Tevez, trattative, sondaggi, offerte, proposte. Non è

solo pallone: dietro al Paris Saint-Germain e ai suoi movimenti di

quest'ultimo anno ruota un bel pezzo di potere francese. Questa è una storia

che fa dello sport qualcos'altro. C'è una strategia precisa, intorno al Psg:

sport, affari, politica, diplomazia, relazioni internazionali. Tutto

intrecciato e tutto interconnesso.

Perché mai uno sceicco che ha tanta liquidità, Tamim bin Hamad al-Thani

avrebbe dovuto investire in un calcio minore come quello francese? Parigi era

l'unica capitale d'Europa a non avere una squadra di livello internazionale.

Il Paris Saint-Germain è l'unica di una metropoli europea a non essere da

Champions league. Qui lo sport c'entra fino a un certo punto. C'entra a parole,

c'entra come diversivo. È un cavallo di T***A.

Il disegno è chiaro, adesso: il Psg deve diventare un top team per portare

Parigi a sedersi al tavolo del potere sportivo europeo. Serve alla città,

serve alla Francia, serve all'Eliseo, serve alla rete di rapporti che il

presidente Nicolas Sarkozy vuole stringere sempre più. Serve a concretizzare

uno scenario che ha come obiettivo quello di portare una coppa al Parco dei

principi. Il calcio è un palcoscenico, i soldi permettono di comprare gli

attori. Ecco, allora: il Psg era in vendita e a comprarlo, alla fine della

scorsa primavera, fu la Qatar sport investment (Qsi), braccio sportivo del

fondo sovrano del Qatar fondato nel 2005 dallo sceicco al-Thani, principe

ereditario di questo piccolo emirato affacciato sul Golfo con 1, 7 milioni di

abitanti. Ricchissimo il suo fondo, ricchissimo il suo paese, ricchissimo lui,

che in Francia è di casa: Tamim fu il (primo) leader straniero a essere

invitato a Parigi subito dopo l'elezione all'Eliseo di Sarkozy. Leader,

neanche capo di stato: a guidare il paese è suo padre, lui sarà il successore

perché suo fratello più grande ha rinunciato al trono. Ecco, un erede

all'Eliseo prima di Hosni Mubarak, prima di re Abdallah di Giordania, colonne

portanti della politica araba di Jacques Chirac.

Non fu una scelta casuale né il frutto di un caso. C'è che Sarkozy voleva

dimostrare al mondo quali fossero i suoi rapporti privilegiati. Per ribadirlo

un anno fa al-Thani fu nominato dall'Eliseo grande ufficiale della Legion

d'onore. Non è strano, quindi, che qualche mese dopo sia diventato il

proprietario del Psg: 50 milioni di euro in contanti per comprare il 70 per

cento del club, altri 85 per la prima campagna acquisti (la metà dei quali

spesi per prendere dal Palermo Javier Pastore, acquisto più costoso della

storia del calcio francese). L'idea è semplice: inondare di denaro un

campionato che finora non aveva grandi risorse e così prendere i migliori per

vincere, arrivare in Champions e contare.

E Sarkò? Il presidente ha benedetto tutto: tifoso del Paris Saint-Germain e

soprattutto interessato a stringere ancora di più la sua alleanza con il Qatar,

tanto da sfiorare la crisi di governo quando la ministra dello Sport, Chantal

Jouanno, criticò l'ingresso dell'emirato nel club parigino. Le cronache di

quei giorni raccontano di un Sarkò infuriato con Jouanno al punto da arrivare

a sventolarle in faccia lo spettro delle dimissioni. Libération ha scritto:

«Il presidente è il l2° uomo del Psg». II suo ruolo nell'acquisizione è sempre

stato negato dall'Eliseo, ma i suoi consiglieri hanno comunque fatto capire

che Sarkò non è stato indifferente all'operazione: «Certo che il presidente ha

seguito da vicino la trattativa. Anzitutto perché si tratta di uno stato

straniero che investe in Francia, e poi perché lui è un tifoso» disse Frank

Louvrier, uno dei suoi consiglieri. «Il presidente ha incontrato più volte

al-Thani prima che l'accordo fosse concluso. Se ci sono fondi stranieri che

possono aiutare lo sport, lui è favorevole». Padrino, insomma.

D'altronde, secondo molti Sarkozy sarebbe stato molto attivo anche nei giorni

in cui il Qatar cercava di ottenere dalla Fifa l'organizzazione dei Mondiali

del 2022. Secondo il mensile Sofoot, il presidente francese si sarebbe speso

parecchio per caldeggiare la candidatura del Qatar: a novembre 2010 avrebbe

convocato con lo sceicco Tamim anche il presidente dell'Uefa, Michel Platini,

per chiedergli di superare le sue diffidenze. Smentite le pressioni,

ovviamente. Mai smentito l'incontro, però. Si videro tutti e tre, a Parigi.

Mister Qatar da un lato, mister calcio europeo dall'altro, Sarkozy in mezzo. E

a distanza di pochi giorni da quell'appuntamento il Qatar ottenne

l'assegnazione del mondiale. Coincidenze...

Come il resto, per esempio il fatto che molti gruppi imprenditoriali francesi

(da Alcatel a Le Meridien, ad Accor, quello di Sofitel e Novotel) saranno

coinvolti nel grande business legato all'organizzazione del primo mondiale

arabo. O come i rapporti sempre più stretti fra Doha e Parigi. In Libia, nella

guerra di Sarkò, per esempio, il Qatar è stato l'unico paese arabo coinvolto.

I suoi aerei partivano per i raid con quelli della Nato. E che aerei erano?

Mirage, ovviamente, francesi.

Affari e diplomazia, quindi. Come sempre, come per il più importante settore

dell'economia qatariota: il gas. Le infrastrutture per lo sfruttamento degli

immensi giacimenti naturali sono in mano a due società, una è giapponese,

l'altra è la francese Technip. Nodi su nodi. Con il calcio a fare da ponte. Il

Paris Saint-Germain è quindi un dettaglio di una partita molto più ampia. Un

dettaglio importante: è la squadra che conta più tifosi celebri in Francia.

I salotti parigini sono entusiasti della nuova proprietà araba: è ricca, è

illuminata, è detestata dal Front national di Marine Le Pen, quindi per la

proprietà transitiva dev'essere amata per forza persino dalla Parigi radical

chic. Quella che non ama per niente Sarkò ma che vive con terrore l'avanzare

nel sud del paese della destra più dura incarnata da Le Pen.

Soprattutto, comunque, i nuovi padroni del Psg piacciono perché investono: il

contratto con cui hanno portato a Parigi Ancelotti poche settimane fa ne è la

prova. L'assalto fallito al milanista Pato ne è un'altra. A volte non importa

riuscire, basta essere protagonisti. E quest'anno il Paris Saint-Germain lo è:

si trascina un pezzo di Francia, tutto il Qatar e l'intreccio che ne consegue.

Dietro la squadra c'è un mondo, riguarda anche la tv. L'asta per i diritti

del campionato di Ligue 1, la serie A francese, se li è aggiudicati quest'anno

Al-Jazeera, emittente del Qatar, un network sempre più forte a livello

planetario. Altri 90 milioni di euro sganciati per prendersi un altro pezzo di

Francia. Novanta milioni per un campionato che vale meno adesso, ma che in

prospettiva dovrebbe essere molto più prezioso. Un investimento sicuro.

Garantito, dice qualcuno. Da chi?

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Coni.it

CONI: Il 2 febbraio riunioni di Giunta e Consiglio Nazionale.

Il lavoro dei Saggi e la tutela dell’etica sportiva in primo piano

Il Presidente del Comitato Olimpico Nazionale Italiano, Giovanni Petrucci, ha

incontrato questo pomeriggio al Foro Italico i due vicepresidenti, Riccardo

Agabio e Luca Pancalli, unitamente al Segretario Generale, Raffaele Pagnozzi.

Nel corso della riunione, dopo aver preso atto dello stato di avanzamento del

lavoro realizzato dalla Commissione dei Saggi – giunto alla fase conclusiva –,

è stato deciso di dare compimento a breve ai percorsi già intrapresi in

materia di etica sportiva.

A tal proposito, tenuto anche conto delle indicazione del Comitato

Internazionale Olimpico e facendo seguito alla Delibera n. 450 della Giunta

Nazionale del 20 dicembre scorso, il CONI ha pertanto deciso di convocare per

giovedì 2 febbraio, alle 9.00, la Giunta Nazionale e lo stesso giorno alle

11.30 il Consiglio Nazionale, al fine di integrare i Principi Fondamentali

degli Statuti con il “pacchetto” di proposte elaborate dai Saggi.

Nelle due riunioni si procederà altresì alla definizione di tutti gli ambiti

applicativi della direttiva già emanata che, come è noto, rappresenta una

norma cautelare e non sanzionatoria.

Le norme saranno inserite nei Codici di Giustizia Sportiva delle singole

Federazioni Sportive Nazionali e dovranno essere adottate nella prima riunione

utile del rispettivo Consiglio Federale.

Il CONI ribadisce con fermezza che non tutto ciò che è lecito è morale e

prosegue nell’individuazione di tutti quegli strumenti a tutela dell’etica

sportiva sottolineando ancora una volta che le cariche all’interno delle

Federazioni e degli Organi da esse dipendenti devono essere affidate a persone

di specchiata moralità, a tutela dell’immagine dell’intero sport italiano.

Roma, 18 gennaio 2012

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Parigi e dintorni.

PSG-TEVEZ, E ORA COME LA METTIAMO CON IL FAIR-PLAY VOLUTO DA PLATINI?

di Alessandro Decalò (GaSport 18-01-2011, pag. 39)

I cartesiani che allungano il naso sul Lungosenna forse arricciano la fronte davanti al nome diT evez. Non finirà come Beckham e Pato? LoSpice Boy doveva mettere Parigi, almeno per un giorno, al centro del calcio. Niente. E il Papero sappiamo dov’è rimasto. Che succede, dunque?Ogni medaglia ha due facce, e nella capitale francese si dà luce anche all’enigmatico profilo di Leonardo, grand maitre del Psg italiano. Les italiens, si sa, sono spesso sinonimo di faciloneria, presunzione, vaga affidabilità. Leo tira dritto. Il suo patron, lo sceicco AlThani, è buonamico del presidente Sarkozy.Quando non può essere presente allo stadio, si guarda la partita a casa: la trasmette la sua tivù, che si chiama Al Jazeera. Carlo Ancelotti è stato chiamato, da poco, a dare corpo e sostanza al grandioso progetto sgorgato dai petrodollari. La sua calata nella capitale francese suona come il fischio di un turbo. Deve accelerare il decollo iniziato dal povero Antoine Kombouaré, tecnico sconosciuto fuori dalla Francia, ma vecchia bandiera del club targato per molti anni Canal Plus. C’è sempre una tivù, di mezzo. L’obiettivo dei signori del petrolio è di investire molto denaro in club di calcio per ottenere ricavi, partite di giro,prestigio e molte altre cose che generano un utile.

I tempi sono stretti. Questa è l’ora di spendere. In estate, Leo è stato bravissimo a prendersi Menez per 8 milioni stracciati e Sirigu per 3,5. Poi, però, ha dovuto premere l’acceleratore e ha messo sul piatto 42 milioni per Pastore, bruciando nello sprint il Chelsea.

Chi la fa l’aspetti. Abramovich, negli ultimi anni, è stato uno dei protagonisti dell’aumento dei prezzi sul mercato. Ogni nuovo ricco che entra nel circolo dei grandi club europei, alza l’asticella: dopo i 37milioni per Tevez, sono pronti altri 30 per Kakà. Il problema è che tutto questo succede nella Francia di Michel Platini, l’uomo del fair play finanziario che dovrebbe mettere la museruola ai big. Come ha detto ieri Blatter, Platini è destinato a diventare presidente della Fifa. Magari lo sarà anche nel 2022, quando i Mondiali di calcio si giocheranno in Qatar. E’ quella la buca a cui guardano i signori del petrolio.

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SPY CALCIO

Fulvio Bianchi

Diritti tv, la Lega apre le buste

Rai, giornalisti in agitazione

19-10-2012

Un incontro informale a Milano, in Lega di serie A: procede il piano per la vendita dei diritti tv dal 2012 al 2015, con una cifra globale che toccherà 1 miliardo a stagione. Le emittenti (e radio) interessate hanno tempo sino alle 12 del 27 gennaio per presentare le loro offerte. Poi le buste saranno aperte e un'assemblea di Lega deciderà se accettarle o meno. Qui si gioca il destino soprattutto della Rai e di una trasmissione storica come Novantesimo Minuto (oltre a Stadio Sprint). Il direttore generale, Lorenza Lei, non ha ancora deciso che tipo di offerta fare, tenendo conto che anche Mediaset sta facendo un'azione di disturbo e sembra intenzionata a concorrere. E' chiaro comunque che nessuno è pronto a spendere i 25 milioni a stagione, come chiedeva la Lega, per diritti, quelli in chiaro, che valgono sempre meno. Sia Rai che Mediaset "giocheranno" al ribasso. Sicuro invece che la Rai salverà i diritti radiofonici. Ma intanto a Rai Sport i giornalisti hanno tenuto di recente un'assemblea e sono in "agitazione", pronti (eventualmente) a scioperare. Che farà l'azienda? Il direttore di Rai Sport, Eugenio De Paoli, si è sempre battuto per salvare gli sport più importanti (anzi, lui vorrebbe riprendere anche tennis e rugby) ma la scure si asta abbattendo a Saxa Rubra...

Ecco perché Milan e Psg non vogliono Paolo Maldini

Paolo Maldini, ex grande campione del passato, si è sfogato per l'ennesima volta: "Il Milan mi dice di no e anche al Psg mi hanno chiuso la porta. Leonardo e Allegri mi volevano ma le due società hanno detto di no". E poi una frase offensiva per chi lavora al Milan: "Non ho altri fini che il bene della società, magari per qualcuno questo è un problema...". Perché, secondo lui, Galliani, Braida, Gandini e tutti quelli che lavorano per il Milan che fini hanno? "Remano" contro? Non scherziamo. Maldini è stato un grande calciatore, di quelli che hanno fatto la storia del Milan: ma non ha nessun diritto (divino) di tornare in società. Cosa vuole fare? Cosa sa fare? Ha studiato da allenatore, da manager? Niente: è stato solo ad aspettare una chiamata. Come se fosse un atto dovuto. La Figc aveva pensato a lui come uomo-immagine, poi, saggiamente, ha rinunciato. Al Milan, Maldini avrebbe fatto da "punto di incontro fra squadra e società". Che ruolo è? Il Milan, lo ricordiamo, è fra le società più organizzate in Europa. Probabilmente la numero 1 in Italia. E per Maldini non c'è posto: a questo punto dovrebbe farsene una ragione, no?

Riforma campionati: Lega B e Pro aspettano di partire

Non è una strage come lo scorso anno ma anche in questa stagione i campionati di Lega Pro, fra sentenze del calcio scommesse e ritardati (o mancati) pagamenti, sono falcidiati dalle penalizzazioni. Ultimamente sono state deferite Como, Taranto, Giulianova, Treviso, Pergocrema, Siracusa e Spal. E non è finita qui. Basta pensare che nel girone A di Prima divisione sono già nove le società penalizzate, nel B cinque. Fa bene, anzi più che bene, il presidente della Lega Pro, Mario Macalli, a puntare su un format con un massimo di 60 club, divisi in tre gironi. Ma sessanta club "puliti", sani, in grado di pagare regolarmente stipendi e Irpef, e che non falliscano strada facendo. Il progetto di riforma va avanti, presto (si spera) dovrebbero parlarne in consiglio federale. Anche perché pure la B aspetta risposte rapide. Andrea Abodi ha già fatto approvare dalla sua assemblea un piano che prevede di scendere da 22 a 20 club nel giro di un paio di stagioni. Ma adesso aspetta il via libera. E la serie A? Silenzio totale: una volta c'erano 18 club con quattro retrocessioni, ora sono venti con sole tre retrocessioni. Credo che sia molto difficile, forse impossibile, convincere i presidenti a tornare indietro. Certo, i grossi club (Inter, Milan, Juve, eccetera) sono per un campionato più snello, più interessante e che lasci maggiori spazi di manovra per programmare le partite, anche serali (ma è curioso che qualcuno si sia accorto adesso che d'inverno fa freddo...). Le tv pagherebbero la stessa cifra di adesso anche se il campionato fosse a 18 squadre: anzi, sarebbe ancora più attraente e con un divario minore fra prima e ultima. Ma nessuno si muove.

Le norme etiche del Coni non riguardano solo Lotito...

Fuori i dirigenti condannati: Giovanni Petrucci quando dice una cosa, la fa. Ha promesso, il n.1 dello sport italiano, norme etiche più in linea coi tempi (e coi reati), ed ecco che la prossima Giunta del Coni, il 2 febbraio, approverà il lavoro dei saggi. "Non tutto ciò che è lecito è morale", sostengono dal Coni. Le norme saranno poi ratificate dalle Federazioni. Non interessano solo Lotito, patron della Lazio, che in futuro non potrà più sedere in consiglio federale della Figc, ma anche Morzenti che vorrebbe ricandidarsi alla Federsci (l'attuale commissario, Franco Carraro, non si pensa nemmeno). E riguarda tutti quei dirigenti che hanno avuto condanne penali, anche se di primo grado.

(19 gennaio 2012)

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Il caso Un documento dal Foro Italico chiarisce: «Nelle federazioni solo persone di specchiata moralità»

Il Coni non si ferma: fuori i dirigenti condannati

art.non firmato (CorSera 19-01-2012)

ROMA—Giovanni Morzenti, ex presidente della Fisi, ha parlato di ricandidatura,

attraverso il ricorso al Consiglio di Stato; Claudio Lotito, azionista di

maggioranza della Lazio e consigliere della Figc, lunedì potrebbe diventare

vice presidente della Lega di serie A. Di fronte al caso (non specifico, ma

generale) di dirigenti federali condannati in primo grado dalla giustizia

ordinaria, che non vogliono farsi da parte, il Coni insiste nella linea dura:

nelle federazioni c’è spazio soltanto per persone di indiscussa moralità. È

questa la sintesi del comunicato reso pubblico in serata dai vertici dello

sport italiano, nel quale si annuncia che il 2 febbraio, giorno nel quale sono

stati convocati Giunta e Consiglio nazionale, saranno varate nuove norme

relative all’etica da inserire nei codici di giustizia sportiva delle

federazioni. Regole che dovranno essere adottate nella prima riunione utile

dei consigli federali.

Questo il paragrafo più significativo del comunicato: «Il Coni ribadisce con

fermezza che non tutto ciò che è lecito è morale e prosegue

nell’individuazione di tutti quegli strumenti a tutela dell’etica sportiva,

sottolineando ancora una volta che le cariche all’interno delle federazioni e

degli organi dipendenti devono essere affidate a persone di specchiata

moralità, a tutela dell’immagine dell’intero sport italiano». Il documento di

sintesi è stato scritto dopo l’incontro che Petrucci ha avuto con i due

vicepresidenti del Coni, Agabio e Pancalli, e con il segretario, Pagnozzi, che

hanno analizzato il lavoro fatto dalla commissione dei saggi.

La questione morale, che da anni è uno dei punti qualificanti della

presidenza di Petrucci, era stata rimessa al centro del dibattito il 20

dicembre, quando, di fronte alle resistenze della Lega di serie A nella difesa

di Lotito, condannato dal tribunale di Napoli per frode sportiva (primo grado)

, era stato approvato in sede di giunta un codice che prevede la sospensione

dei dirigenti condannati anche solo in primo grado e per tutta una serie di

reati, tra i quali la frode sportiva, le scommesse, il doping, l’associazione

a delinquere, la pedofilia, mafia e aggiotaggio. Il Coni aveva respinto anche

il parere consultivo della Corte di giustizia della Federcalcio (presidente

Coraggio) che, attraverso un parere ultra petita, non soltanto si era detta

favorevole alla permanenza di Lotito nel Consiglio Figc, ma aveva anche negato

la validità della delibera di giunta Coni.

___

CALCIOSCOMMESSE Sarebbe il n.1 degli «zingari»

Svolta nell’inchiesta

Gegic si costituisce

di ANDREA RAMAZZOTTI (CorSport 19-01-2012)

MILANO - L'inchiesta sul calcio scommesse a Cremona è a una svolta: Almir

Gegic, colui che è ritenuto dagli inquirenti il capo del gruppo degli

«zingari», ha deciso di costituirsi alla polizia italiana. A comunicare la

notizia è stato il suo legale, Roberto Vitali che, in un'intervista video

pubblicata sul sito del Corriere dello Sport, ha dato l'annuncio atteso da

qualche settimana dal pm Di Martino: «Gegic è pronto a rientrare in Italia -

ha dichiarato - e a rischiare di fare del carcere pur di difendersi. C'è solo

da scegliere tempi e modi. Vuotare il sacco? Questo è un altro discorso.. . Se

uno si presenta è evidente che viene per difendersi. E questo non vuol dire

vuotare il sacco. Dov'è adesso? Si può dire a casa sua, almeno credo. . . O a

casa della moglie o dei genitori... Dove? Diciamo nell'Europa centrale. In

Slovacchia? Può essere oppure nei Balcani... Lui latitante? Mai nella vita si

consiglia a qualcuno di fare il latitante. Questa può essere solo una scelta

della persona». E questa «condizione» è destinata a finire presto anche perché

Gegic è stato dipinto in un modo non veritiero, secondo Vitali: «Sembrerebbe

quasi un diavolo e invece scorrendo i nomi e le date di nascita degli altri

imputati, Gegic risulta essere il più giovane di tutti. E’ quasi impossibile

che possa avere un ruolo così importante essendo il ragazzino di turno. Nella

prima tranche si era capito che lui potesse accompagnare altri o portare i

soldi, mentre con questa nuova ondata di atti le cose cambiano un po'.

Valuteremo la situazione con attenzione». Di certo però Gegic è pronto a

respingere molte delle accuse emerse anche dall’interrogarorio di Gervasoni:

«Ho parlato con il procuratore pubblico di Lugano che segue questa vicenda in

Svizzera. Lui ha fatto controlli sulle disponibilità economiche di Gegic e a

quanto so non hanno trovato niente di rilevante per lui». Finale significativo

e tutto da registrare: «A 31 anni non trova più lavoro in Europa come

calciatore, non è tranquillo, ma non è uno che parla a vanvera: se qualcuno ha

qualcosa da temere, non deve essere preoccupato da quello che dirà Gegic. Chi

non ha nulla da temere, invece, stia tranquillo perché da Gegic non avrà

sorprese».

CAROBBIO E PALAZZI - Oggi è il giorno di Carobbio che verrà ascoltato dal pm

Di Martino, mentre domani a Cremona potrebbe arrivare il procuratore federale

Palazzi, desideroso di ricevere nuove carte in vista di imminenti nuovi

deferimenti.

___

NORMA ETICA CONI

Fuori dai Consigli chi ha avuto condanne penali

di MAURIZIO GALDI (GaSport 19-01-2012)

ROMA Il Coni va avanti per la sua strada e gli «appunti»

della Corte di giustizia federale scivolano via come le

dimissioni del suo presidente, Giancarlo Coraggio,

all’indomani della dura replica di Petrucci: nelle

federazioni c'è spazio solo per persone di specchiata

moralità e il 2 febbraio saranno varate dalla Giunta e dal

Consiglio Nazionale le nuove norme relative all'etica da

inserire nei codici di giustizia sportiva delle singole

Federazioni e dovranno essere adottate nella prima

riunione utile dei rispettivi Consigli federali. Ieri al

Coni Petrucci, Pagnozzi e i vicepresidenti Agabio e

Pancalli, hanno deciso «di dare compimento a breve ai

percorsi già intrapresi in materia di etica sportiva».

Questo significa che la norma dovrà essere immediatamente

adottata e che i dirigenti (Lotito per la Figc) saranno

immediatamente ritenuti decaduti.

___

CALCIOSCOMMESSE

Cuper shock

Dalla camorra 200.000 euro

in cambio di 4 gare sicure

L’accusa della Dda: portati in Spagna nelle mutande

Il tecnico: «Soldi di mia suocera, per ristrutturare casa»

di FRANCESCO CENITI & MAURIZIO GALDI (GaSport 19-01-2012)

Sembra un film, ma è realtà. La scena è questa: un paio di affiliati della

camorra si mettono nei calzini e nelle mutande 200 mila euro, poi vanno in

Spagna e incontrano Hector Cuper, l’ex allenatore di Inter e Parma. Per la

Procura in una stanzetta avviene lo scambio: il tecnico incassa i soldi, gli

uomini un foglietto. Sopra ci sarebbero i risultati finali di 4 partite: due

del campionato spagnolo, due di quello argentino. Gare, ovviamente, da

giocare. La preziosa informazione arriva in Campania dove il clan D’Alessandro

la utilizza per scommesse che dovrebbero fruttare milioni di euro sul circuito

straniero. Dovrebbero, perché qualcosa va storto: un match finisce in modo

diverso. La nostra storia inizia da qui.

La genesi I guai per il tecnico nascono da un’intercettazione di due presunti

camorristi. Litigano, accusandosi reciprocamente di aver «barato» sulle dritte

avute da Cuper. E allora uno di loro va fino a Santander e affronta

l’allenatore. Lo insulta e lominaccia. E registra ogni parola. In Italia lo

attendono le forze dell’ordine. Tutto sequestrato. L’ascolto del file è

micidiale. Questa volta sono i magistrati a partire per la Spagna. Il

successivo interrogatorio è definito dagli inquirenti «penoso». Quello

conosciuto come l’hombre vertical sbiascica giustificazioni, nega,

mainchiodato dalle intercettazioni prova una improbabile retromarcia e

ammette. «Sì, dei napoletani mi hanno portato dei soldi. Erano di mia suocera

(vive in Argentina, ndi) e servivano a restaurare una casa...». Scusa che ha

la stessa consistenza della farina. E infatti i magistrati lo incalzano, Cuper

sfinito sospira: «Non so che dirvi. . . ». Basta e avanza per formalizzare

l’accusa probabile, compresa quella di riciclaggio.

L’inchiesta Le mani del clan D’Alessandro di Castellammare di Stabia sul

calcio straniero è uno dei filoni più interessanti dell’inchiesta napoletana

che fa capo alla Direzione distrettuale antimafia (Dda) coordinata da Rosario

Cantelmo con i sostituti Pierpaolo Filippelli e Claudio Siragusa. I magistrati

da tempo hanno nel mirino i continui affari che la camorra effettua con le

scommesse, riciclando vagonate di denaro incassate dal traffico di

stupefacenti. Seguendo un’indagine di questo tenore si è arrivati a Cuper. E

qui ritorniamo alla «martingala sicura » (scommessa su 4 partite) fornita dal

tecnico in cambio dei 200 mila euro e al viaggio in Spagna fatto dal presunto

affiliato con un registratore che ha impresso le concitate fasi del faccia a

faccia. Un lungo incontro condito da accuse: «Ti sei preso il denaro e ci hai

dato una "sola" (fregatura, ndi). Che c.. . . hai fatto? Mi hai messo nei

casini». Ed è vero. L’uomo, titolare di un’avviata agenzia di scommesse, per

trovare i soldi e poi ripagare le giocate andate a male è stato anche

costretto a vendere tutto, agenzia compresa. Cuper ascolta e non reagisce. E’

in chiara difficoltà, prova a interrompere l’uomo,maè subito minacciato. Per

gli inquirenti è il caso d’interrogarlo e parte la rogatoria.

In Spagna Arriviamo al momento clou. Siamo a fine novembre, gli increduli

dirigenti del Santander vedono arrivare gli uomini della Dda: «Dobbiamo

sentire Cuper, ecco i documenti». Il tecnico parte male: prova a negare

l’evidenza. «Non so di cosa parlate ». L’inquirente gli fa sentire una prima

intercettazione e le domande diventano incalzanti. Si arriva alla consegna dei

200 mila euro. La prima risposta è un «non ricordo». La memoria torna dopo

pochiminuti: imagistrati lo inchiodano con una telefonata: «Portatemeli, al

resto ci penso io». Cuper prova l’ennesima difesa: «Sì, è vero i soldi mi sono

arrivati. Li avevano dei napoletani nelle mutande e nei calzini. Ma era denaro

dimia suocera, mandati per dei lavori di ristrutturazione di una sua proprietà».

Ma perché non ha usato un bonifico, gli chiedono? Silenzio, omeglio:

«Hapreferitomandarli attraverso degli amici...». Nelle mutande e nei calzini?

Alle contestazioni il volto di Cuper è sempre più terreo. Altro giro, altra

scusa. Domanda: come giustifica la sfuriata fatta dal presunto camorrista?

Risposta: «Questo tizio mi accusava, ma non sapevo perché. Io pensavo alla

gara che dovevamo giocare e lui continuava a parlare. Perché non l’ho

cacciato? Non so che cosa dirvi...».

Collaborazione in vista? Gli inquirenti non credono a una sola parola detta

da Cuper. Sono convinti di avere in mano riscontri evidenti per provare il

riciclaggio. E forse l’avvocato italiano di Cuper ha fatto capire la stessa

cosa al suo assistito. C’è stata, infatti, nei giorni scorsi una richiesta

arrivata alla Dda: il legale ha proposto un nuovo incontro, questa volta a

Napoli e senza rogatorie. L’allenatore è disposto a collaborare? Staremo a

vedere. Resta da capire la gestione del business internazionale ad opera dei

D’Alessandro che si stanno espandendo specie in Romania e in Sudamerica, dove

alcuni esponenti avrebbero già preso di mira i club che potrebbero

interessare. Magari l’idea era utilizzare Cuper come «consulente». Certo, la

carriera del tecnico è a rischio: in Spagna è andato via dal Santander poche

ore dopo l’interrogatorio (ufficialmente si parla di dimissioni per scarsi

risultati), da fine dicembre ha trovato squadra in Turchia (Orduspor). Vedremo

comereagiranno i dirigenti quando sapranno questa storia. E soprattutto: che

cosa penseranno i tifosi interisti ripensando al 5 maggio e sapendo che sulla

panchina nerazzurra era seduto un uomo che per i magistrati napoletani ha

preso 200 mila euro dalla camorra?

___

L’INCHIESTA L’EX GIOCATORE ASCOLTATO DOPO CHE LA SCORSA SETTIMANA ERA TOCCATO AL PRESIDENTE CAMPEDELLI

Bettarini e i rapporti con il Chievo

A Napoli sentito anche Sartor

Nel mirino della Dda i fratelli Cossato e il 3-0 subìto al San Paolo nel maggio 2009

di FRANCESCO CENITI & MAURIZIO GALDI (GaSport 19-01-2012)

Dopo Campedelli, Gigi Sartor. La Dda di Napoli continua il suo lavoro sul

filone scommesse puntando su Verona. Tanti calciatori, molti indagati, tutti

ruotano intorno alla città veneta dalla quale nel 2003 partì l’inchiesta di

calcioscommesse che fece da traino a Calciopoli. Gli allorapmdella Dda di

Napoli Beatrice e Narducci, sollevarono un velo sul alcune strane vicenda di

scommesse seguendo un camorrista a domicilio coatto proprio nella provincia di

Verona. Per quella inchiesta dei calciatori furono squalificati.

L’indagine Tutto ruota intorno alla figura dei fratelli Cossato e un sospetto

Napoli-Chievo 3-0 del maggio 2009. Il loro nome appare nelle indagini di

diverse Procure e sicuramente in quella di Napoli sia sul versante della Dda

che su quello del pool «reati da stadio» coordinato da Giovani Melillo con i

sostituti Ardituro, Capuano,DeSimone e Ranieri. I rapporti tra i Cossato e

Silvio Giusti sono molto stretti: hanno giocato nel Chievo e avrebbero

contatti con un noto bookmaker austriaco (pare che Giusti per un certo tempo

abbia anche lavorato per loro). Attualmente Giusti farebbe anche da

«osservatore» per il Chievo («Solo con un rimborso spese e non è tesserato»,

avrebbe dichiarato lo stesso Campedelli). Infatti Giusti, coinvolto nella

bancarotta della Lucchese, avrebbe patteggiato una pena che ne escluderebbe il

tesseramento.

Rapporti col Chievo Anche a Sartor, arrestato lo scorso 19 dicembre dai

magistrati di Cremona, la Dda ha chiesto notizie sul tesseramento di Bettarini,

sul ruolo di Giusti (esce dalle intercettazioni tra la segretaria del giudice

sportivo Stefania Ginesio e Bettarini). La stessa domanda era stata fatta a

Campedelli che aveva fornito una scusa considerata poco credibile («Una

parente del d.s. Sartori voleva vedere dal vivo una puntata dell’Isola dei

famosi. . . »). Intanto, la Ginesio sembra sia stata per ora sospesa

dall’incarico: la Lega di A sta aspettando che un suo legale provveda a

trasmettere una memoria sulla sua posizione.

Modificato da Ghost Dog

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Bienvenus nel calcio globale/1

Inchiesta in più parti sui futuri orizzonti del calcio a partire dal caso Paris Saint Germain

Il racconto della trasformazione del Paris Saint Germain da trascurata

Cenerentola sportiva di una metropoli poco interessata al calcio a progetto di

marketing sportivo globale con sede in una delle città più fancy del pianeta.

Una delle migliori case history per fare un punto su quella che sembra essere

la naturale evoluzione dello sport più seguito al mondo oltre che per dirimere

l’annosa diatriba tra localisti nostalgici che rimpiangono il “calcio solo

alla domenica” e globalisti entusiasti che sognano un football modello NBA.

di CESARE ALEMANNI (Studio 19-01-2012)

Con un cambio di intendimenti piuttosto inatteso, a un certo punto della

scorsa estate Leonardo Nascimento de Araùjo o più semplicemente Leonardo ha

salutato Milano – la città in cui viveva da quasi 15 anni – e la panchina

dell’Inter che occupava da soli pochi mesi ed è salito su un aereo diretto a

Parigi dove lo aspettava l’incarico, sontuosamente retribuito, di nuovo

Direttore Sportivo del Paris Saint Germain.

Era l’episodio grazie al quale saliva alla ribalta delle cronache italiane la

notizia che il PSG (squadra ricordata più per la violenza delle sue curve che

per i trofei incamerati) si era messo in testa di fare sul serio dopo anni di

vacche magre e di coltivare l’idea di portare il Calcio con la C maiuscola in

una delle città più iconiche d’Europa; una metropoli che però – escluse le

frange del tifo estremo – fino ad allora in Europa rivaleggiava con la sola

Berlino per l’indifferenza ostentata di fronte a un pallone. Sono passati sei

mesi da quei giorni d’estate, nel frattempo sulla panchina dell’Inter non solo

non siede più Leonardo ma nemmeno il suo primo rimpiazzo e per diverse ragioni

il PSG è diventato un nome familiare tra chi segue le trattative di

calciomercato. Per primo è arrivato il colpo legato a Javier Pastore, giovane

talento argentino del Palermo strappato alla concorrenza di Real Madrid, Milan,

Barcelona e chissà chi altro per la cifra fuori mercato di 28 milioni di euro,

quindi l’acquisto di Menez dalla Roma, poi – due giorni prima di Capodanno –

l’annuncio di Carlo Ancelotti come allenatore e, infine, l’inserimento in

alcune delle trattative più calde d’ inverno, dal giallo di Pato all’affaire

Tevez (notizia dell’altro ieri).

Qualche anno fa, quando il PSG tracheggiava nelle parti meno nobili della

Ligue 1 (la serie A francese), a Parigi circolava una freddura secondo la

quale il vero significato dell’acronimo PSG non era Paris Saint Germain ma Pas

Sur de Gagner (trad. Non Certi di Vincere); una battuta che descriveva bene la

cifra tecnica di una squadra notevolmente impoverita da anni di gestione al

risparmio da parte di un consorzio formato da vari investitori tra cui Colony

Capital e Morgan Stanley. Oggi che il PSG si è assicurato il titolo di

Champion d’Automne, guida la lega con 3 punti sul Montpellier, ha ottime

possibilità di vincere il campionato e punta a essere uno dei contendenti alla

prossima Champions League, a Parigi quella freddura la ricordano in pochi ma

non per questo tutti Les Parisiens sono completamente soddisfatti della piega

presa dal club negli ultimi anni e in particolare a partire dal 31 maggio

quando Qatar Investment Authority (QIA) – un fondo sovrano leader mondiale

nella produzione e trasporto di Gas Liquido Naturale, con un portafoglio di 50

miliardi di Euro – ha preso possesso del 70% delle azioni societarie

proiettando il Paris Saint Germain nel gotha del calcio di nuova generazione,

quello in cui investono sceicchi sauditi, imprenditori americani e oligarchi

russi. La categoria alla quale già da qualche anno appartengono (con maggiore

o minore soddisfazione dei loro tifosi a seconda dei casi) i vari Manchester

City, Manchester United, Chelsea etc. Il calcio che è saltato nell’iperspazio

del business e dello spettacolo globale, venduto ormai meglio in Cina che in

Europa a scapito, secondo alcuni, della dimensione locale del tifo –

compimento della rivoluzione imprenditoriale introdotta nella seconda metà

degli anni ’80 da Silvio Berlusconi, nei giorni in cui scendeva in elicottero

a Milanello dopo aver staccato un assegno da 1, 7 miliardi dell’epoca per il

cartellino di Marco Van Basten.

___

Bienvenus nel calcio globale/2

Continua il racconto della trasformazione del Paris Saint Germain da trascurata

Cenerentola sportiva di una metropoli poco interessata al calcio a progetto di

marketing sportivo globale con sede in una delle città più fancy del pianeta.

di CESARE ALEMANNI (Studio 23-01-2012)

Secondo alcuni osservatori il termine più adeguato per descrivere i mutamenti

in atto intorno al Paris St. Germain non si trova nel linguaggio sportivo

bensì in quello urbanistico e quel termine è gentrificazione. Tutto comincia

ben prima dell’arrivo dei milionari del Qatar e precisamente intorno alla metà

degli anni 2000, circa nel periodo dei disordini sociali che vedono

protagoniste le banlieues della città. Disordini che riverberarono anche sulle

curve (les virages) del Parc des Princes, lo stadio del PSG situato nel XVI

arrondisement, a sud del Bois des Boulognes, dove già da oltre un decennio

andava in scena una guerra intestina tra le due curve: la Kop (o Kob) de

Boulogne e la Virage Auteuil. Due realtà con un background che più diverso non

si può immaginare. La Kop “nasce” infatti a fine anni ’70 prendendo a modello

la cultura casual degli hooligan inglesi (Kop come la famosa curva del

Liverpool) e senza nascondere l’affiliazione a ideologie di estrema destra da

parte di alcuni dei suoi gruppi più influenti (Boulogne Boys, Rangers e

Gavroches), mentre la Auteuil viene fondata all’inizio dei ’90 ispirandosi al

“Tifo” ultrà italiano e distinguendosi per un approccio più “colorito” e

apolitico ma anche – soprattutto dopo il sollevamento delle banlieues – per il

sempre maggior numero di “cani sciolti” provenienti dalle cités multietniche. .

Al culmine di un clima di scontri sempre più tesi e frequenti, il 28 febbraio

2010, prima di PSG – Olympique Marsiglia, alcuni affiliati alla Kop cercano lo

scontro con alcuni elementi della Virage Auteuil: uno de Les Kopistes resta a

terra venendo accerchiato da un manipolo di rivali. Viene linciato sul posto e

muore due settimane dopo. Diversi media francesi non mancano di sottolineare

con la matita blu che la dinamica del pestaggio ha visto coinvolti numerosi

individui di colore contro un unico maschio bianco; ignorando quasi

completamente anni di provocazioni razziali da parte dei membri della Kop. C’è

chi scrive che per quanto provocatori, i Boys (bianchi) della Kop si

mantengono comunque fedeli a un “codice d’onore” mentre gli infiltrati

(perlopiù neri) nella Auteuil non hanno altro scopo che le pratiche violente.

A torto o a ragione si sostiene che il Parc des Princes si sia trasformato in

una polveriera dove si sfogano più generali malesseri sociali della capitale

francese e che quindi urgono provvedimenti drastici; ne va della stessa

sopravvivenza del club dichiara Yama Rade, Segretaria di Stato per gli Affari

Sportivi. Si decide l’immediata sospensione della vendita di biglietti per

tutte le trasferte fino alla fine della stagione 2009/2010 mentre le tre

partite successive alla morte di Yann Lorence – questo il nome del Kopiste

deceduto – vengono giocate a porte chiuse e cinque delle maggiori tifoserie

delle due curve vengono sciolte “de facto” dalle autorità. Nel frattempo la

direzione del PSG lavora a un piano che possa ridare credibilità al club e

riportare un clima di serenità allo stadio. La soluzione che viene trovata è

di una drasticità inaudita: l’annullamento di tutti gli abbonamenti per

entrambe le curve.

Un migliaio di membri dell’Auteuil si raduna pacificamente davanti al Parc

des Princes, il 15 maggio 2010, per protestare la propria estraneità alla

violenza e il proprio dissenso rispetto a una misura così netta. Si accusa la

polizia di non essere stata in grado di fare distinzioni tra troublemaker e

semplici tifosi. Qualcuno sostiene che la morte di Lorence sia stata usata

come pretesto per fare piazza pulita delle fasce più umili del tifo, per fare

spazio anche nelle curve a un nuovo target più facoltoso: un pubblico

medio-alto borghese con maggiori possibilità di spesa. La verità, secondo

Moacir De Sa Pereira un giornalista che ha scritto il pezzo definitivo

sull’evoluzione recente delle due virages parigine, è che l’unica colpa

commessa dal 90% dei Viragistes è stata quella di «aver acquistato i biglietti

più economici di tutto lo stadio». Si estende un paragone con un’uscita molto

discussa di Sarkozy, il quale, nel 2005 dopo un grave fatto di violenza

avvenuto in una banlieue, si espresse in questi termini: «le terme “nettoyer

au Kärcher” est le terme qui s’impose, parce qu’il faut nettoyer cela»

(«s’impone l’uso del termine Kärcherizzare, perché qui bisogna fare pulizia»).

Dove per Kärcher si intende una macchina per le pulizie ad altissima pressione

e intensità di lavaggio.

Insomma, con la morte di Yann Lorence, si apre così il capitolo chiamato

TousPSG, dal nome del “piano” anti-violenza ideato a metà 2010 dai vertici del

club parigino, che si rivelerà un tappa fondamentale per i futuri destini del

PSG sospesi tra investitori mediorientali, place marketing, gentrificazione

sportiva e dinamiche politico-economiche internazionali dalle quali proprio lo

stesso Sarkozy (tifoso PSG) non si rivelerà del tutto estraneo.

___

Bienvenus nel calcio globale/3

Continua il racconto della trasformazione del Paris Saint Germain da trascurata

Cenerentola sportiva di una metropoli poco interessata al calcio a progetto di

marketing sportivo globale con sede in una delle città più fancy del pianeta.

di CESARE ALEMANNI (Studio 26-01-2012)

Inizio 2011. Una volta ultimata, non senza qualche intoppo, la bonifica delle

turbolente curve del Parc Des Princes con l’iniziativa Tous PSG che

introduceva, in particolare, una carta chiamata Carte Tous PSG, simile alla

“nostra” discussa Tessera del tifoso; a fine 2010 il club parigino tornava a

essere un boccone appetibile per nuovi investitori, specie dal momento che

Colony Capital, il fondo americano che ne possedeva la maggior parte (95%)

delle quote, ormai da tempo manifestava la volontà di diminuire il proprio

impegno nella capitalizzazione della società.

È a quel punto che entrano in scena Nicholas Sarkozy – nella doppia veste di

inquilino dell’Eliseo e di tifoso PSG – e i suoi buoni rapporti con Tamim bin

Khalifa Al-Thani, figlio dell’emiro Hamad bin Khalifa Al-Thani e dunque

principe ereditario del Qatar, nonché plenipotenziario di alcune delle

maggiori holding di Doha. Rapporti avviati a metà anni 2000 e divenuti

talmente buoni che nel 2010 Sarkozy ha insignito l’appena 31enne Tamin della

carica di Gran Ufficiale della Legione D’Onore e pare che sia stato proprio

durante una cena a tre – presenti Tamim, Sarkozy e Platini – che il presidente

francese ha convinto quello dell’UEFA a fare pressioni sulla FIFA per

assegnare, il 2 dicembre dello stesso anno, l’organizzazione dei mondiali del

2022 al Qatar (nell’organizzazione dei quali, guarda caso, saranno coinvolti

numerosi grandi gruppi imprendioriali francesi). Ma ovviamente non è solo il

calcio ad alimentare le relazioni tra i due paesi. C’è ben altro, a cominciare

dalla guerra in Libia: sostenuta fortemente dalla Francia e appoggiata – unico

tra i paesi arabi – dal Qatar tramite il quale i transalpini hanno aperto un

canale privilegiato per la vendita di armi ai ribelli. O l’esenzione fiscale

sulle rendite immobiliari accordata agli investitori della piccola penisola

mediorientale sul suolo francese; un favore prontamente ricambiato con

identica facilitazione per le aziende francesi che investono nella offerta di

servizi in Qatar (di cui si giova, per esempio, Technip che fornisce le

infrastutture per lo sfruttamento del gas naturale di cui il Qatar è il primo

produttore mondiale).

Quasi un decennio di rapporti privilegiati approdati infine sulle prime

pagine dei quotidiani sportivi il 31 maggio 2011, quando viene annunciato

l’ingresso del fondo sovrano d’investimenti Qatar Investment Authority

nell’assetto societario di un PSG parzialmente epurato dalle violenze sugli

spalti ma ancora deficitario sotto il profilo dei risultati. Fuori dalla zona

Champions, i parigini sono un fronzolo sportivo a cui – soprattutto dopo che

sono stati messi quasi fuori gioco gli estremisti (veri o presunti) del tifo –

nella Ville Lumière sembrano affezionati in pochi. Uno dei rari citoyens della

capitale con “la grippe” per il calcio e per la squadra locale è proprio il

premier, il quale non si fa sfuggire l’occasione di stringere ancora di più i

rapporti con Tamim coadiuvandone l’acquisto del pacchetto di maggioranza (il

70%) del PSG, consapevole del fatto che, da tempo, il principe ereditario e la

sua famiglia guardano con interesse alla possibilità di investire nel calcio

europeo, come testimoniato dalle voci circolate a metà 2010 di una offerta da

1,5 miliardi di sterline per l’acquisto del Manchester United o, ancora di più,

dalla sponsorizzazione a partire da questa stagione del Barcelona da parte di

Qatar Foundation – organizzazione no-profit fondata nel 1995 direttamente

dallo sceicco Hamad; una delle principali agenzie di soft power a disposizione

dell’Emirato. Una sponsorizzazione dal valore complessivo di 170 milioni di

euro per comparire sulle maglie blaugrana da qui al 2017.

Quello sostenuto dalla QIA per aggiudicarsi il 70% del pacchetto societario

del PSG è un investimento stimato intorno ai 50 milioni di euro a cui vanno

aggiunti ulteriori 19 milioni di euro per appianare debiti pregressi. Fatte le

debite proporzioni si tratta tutto sommato di una piccola ciliegina su una

torta molto più grande che – per rimanere solo al calcio – comprende, tra

l’altro, l’acquisto, maturato a luglio 2011, dei diritti di trasmissione sul

territorio francese di tutte le partite della Ligue 1 a partire dal 2012 fino

al 2016 (90 milioni di euro a stagione) da parte di Al-Jazeera. Che, per i

meno attenti, ha sede in Qatar.

___

Bienvenus nel calcio globale/4

Si conclude qui il racconto della trasformazione del Paris Saint Germain da

trascurata Cenerentola sportiva di una metropoli poco interessata al calcio a

progetto di marketing sportivo globale con sede in una delle città più fancy

del pianeta.

di CESARE ALEMANNI (Studio 30-01-2012)

Dopo essersi aggiudicata la scorsa estate i diritti esclusivi di trasmissione,

fuori dal territorio francese, delle partite di Ligue 1 per una somma di 60

milioni di euro a stagione (validità: 2012 – 2016), pochi giorni fa è arrivata

la notizia che Al Jazeera Sport avrebbe finalizzato un ulteriore e più esteso

accordo con la Lega Calcio Francese (LFP). Un contratto di cui non si

conoscono ancora né i termini economici né la durata ma grazie al quale, a

partire dalla prossima stagione, la rete Qatariota diventerà ufficialmente il

player numero uno nella trasmissione “Pay-Per-View” del campionato francese

anche all’interno dei confini transalpini, avendo acquistato un pacchetto di

diritti che “pesa” per un totale di 8 partite su 10 di ogni singola giornata

di campionato. Un netto salto di qualità per le strategie di penetrazione

nello sport europeo da parte del network diretto da Nasser Al Khelaifi: un

passato da tennista di belle speranze e un presente da businessman sportivo

costruito anche grazie alle ottime relazioni con l’Emirato che amministra le

finanze del Qatar – la famiglia Al-Thani – a partire dallo sceicco Hamad fino

al principe Tamim, l’ “uomo” di Sarkozy, colui che più di ogni altro sta

sovrintendendo all’ “invasione” dei patrimoni Qatarioti in terra francese,

nonché l’uomo che ha messo Nasser Al Khelaifi prima al comando di Al Jazeera

Sport e poi sul seggio Presidenziale del PSG.

Come si anticipava già nella terza parte di questo pezzo, il calcio e la

televisione rappresentano però appena la punta dell’iceberg dell’avventura

geopolitica Qatariota in Francia e delle relazione tra i due paesi. Oltre a

questo tipo di investimenti molto “visibili”, il piccolo emirato saudita sta

infatti penetrando in modi più discreti nel tessuto economico francese,

cercando di raccogliere consensi e sentimenti di simpatia. Va letta in tal

senso la creazione di un fondo di 50 milioni di euro a disposizione di giovani

imprenditori provenienti dalle banlieue parigine. Secondo molti analisti, il

Qatar starebbe cercando di creare legami con alleati di un certo peso nel

mondo occidentale per far sì che se ce ne fosse bisogno, in caso di rovesci

nel turbolento panorama mediorientale, essi sappiano ricompensare queste

partnership con importanti favori politici se non addirittura militari. Come

dichiarato dall’economista Muhammad Ammar: «Gli investimenti sportivi fanno

parte di una chiara strategia dell’Emirato per aumentare il benessere, la

stabilità e la sicurezza della nazione». In Francia, però, non tutti guardano

con uguale simpatia alle recenti mosse della famiglia Al-Thani. È il caso per

esempio di Marine Le Pen – candidata presidenziale per il Front National, il

partito di estrema destra fondato nel 1972 dal padre Jean Marie – che ha

accusato l’Emirato di voler islamizzare le periferie francesi e di fare il

doppio gioco presentandosi come una paese illuminato e moderato quando invece

offre supporto a gruppi di estremisti in Medio Oriente e Nord Africa.

Per quanto ciò possa dispiacere a Le Pen, a onor del vero va detto che la

firma del contratto con Al-Jazeera permette al calcio francese di tornare a

respirare dopo i numerosi tentativi fallimentari di rinnovare un accordo

esclusivo con Canal+ sulle stesse basi – economicamente molto, troppo generose;

sicuramente incompatibili con la Crisi – di quello stipulato nel 2007. Una

situazione d’incertezza che stava gettando numerosi club nel caos e

nell’incubo di una bancarotta evitata in extremis come confermato dalle

dichiarazioni rilasciate pochi giorni prima della chiusura degli accordi dal

presidente del Toulouse: «Le trattative non sono ancora finite. Ma per fortuna

che sono ancora in piedi altrimenti sarebbe stato un cataclisma per il calcio

francese». D’altro canto è ugualmente evidente che, dato l’impegno finanziario

promesso da Al-Jazeera, il network arabo e con esso il paese che rappresenta

si aspettano una serie di ritorni importanti, non solo dal punto di vista

politico, ma anche da quello economico e dell’immagine. Ed è a questo punto

che si chiarisce quanto sia stata strategica l’acquisizione del PSG. È infatti

chiaro che una squadra che ha sede in una delle città più conosciute, visitate,

amate e mondane del pianeta apre a un ventaglio di potenzialità affascinanti.

Un Paris Saint Germain vincente e addobbato di grandi nomi in campo ha infatti

tutte le carte in regola per diventare uno dei più grandi crack del marketing

sportivo globale negli anni a venire e per calamitare maggiore interesse sul

calcio francese, valorizzando così l’investimento del network di Doha. Si

spiega in questo modo la lunga corte fatta da Leonardo a David Beckham per

riportarlo in Europa dagli L.A. Galaxy. Una trattativa sfumata, dice Beckham,

per ragioni familiari ma che nessuno, tantomeno i diretti interessati, ha mai

nemmeno tentato di mimetizzare come un’operazione di tipo agonistico. Il

matrimonio Beckham/PSG era con ogni evidenza un matrimonio basato

esclusivamente su mutue complicità di marketing. Anche se è ormai a fine

carriera, lo Spice Boy è ancora un brand che si vende bene sui mercati che più

interessano alla nuova proprietà del PSG: Cina, Russia e Primo Mondo Arabo. Le

operazioni sportive sono state altre: dall’acquisto di Pastore a quello di

Sissoko, Menez etc fino alla firma di Ancelotti come allenatore da 6 milioni

di euro annui. Eppure, nonostante l’enorme potere d’acquisto e il fascino

della città, il PSG (come il Manchester City prima di lui) vive sulla propria

pelle il dilemma di essere una società con un portafoglio profondissimo da un

lato e una tradizione calcisticamente risibile dall’altro; si vedano in tal

senso i rifiuti di Pato e Tevez a trasferirsi a Parigi, la recente

insofferenza di Javier Pastore che a giorni alterni dichiara di volere andare

a giocare in una grande squadra o il fatto di trovarsi in testa alla Ligue-1

con soli 3 punti di vantaggio sulla seconda dopo aver speso 80 milioni di euro

in campagna acquisti contro i 119 messi insieme in totale dalle altre 19

squadre iscritte al torneo.

Al momento però queste contrarietà non sembrano preoccupare troppo la nuova

presidenza del PSG, convinta che se hai alle spalle abbastanza milioni, nel

calcio moderno tutto si possa comprare. Anche il blasone.

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Cuper choc: "Prese soldi dalla camorra per truccare gare in Spagna e Argentina"

Per l'ex tecnico di Inter e Parma probabile accusa anche per riciclaggio.

19/01/12

Hector Cuper, "l'hombre vertical" che allenò anche Inter e Parma, è coinvolto in una oscura vicenda di calcioscommesse in cui, vista la presenza della camorra napoletana, si prefigura anche l'accusa di riciclaggio. Secondo la Direzione distrettuale antimafia, esponenti del clan D'Alessandro gli avrebbero consegnato 200.000 euro in cambio di quattro risultati sicuri, due in Spagna e due in Argentina. Debolissima la difesa di Cuper: "Erano soldi di mia suocera, per restrutturare casa".

LA VICENDA - Il tutto inizia dopo l'estate, con un paio di affiliati della camorra che incontrano Cuper in Spagna portando 200.000 euro nei calzini e nelle mutande. Secondo la Procura di Napoli il tecnico intasca i soldi, i due affiliati al clan D'Alessandro un foglietto bianco coi risultati di quattro partite, due in Spagna e due in Argentina, ancora da giocare, risultati definiti "sicuri". Ma qualcosa va storto, uno dei quattro risultati non si concretizza, e da un'intercettazione a due presunti camorristi gli inquirenti sentono volare parole grosse proprio su Cuper, che avrebbe "tradito". Quindi uno di loro si precipita a Santander e affronta Cuper, registrando la dura conversazione. Al rientro in Italia ci sono però le forze dell'ordine ad attenderlo, e sequestrano i files che inchiodano l'allenatore.

INTERROGATO - Sono quindi gli inquirenti a prendere la via della Spagna per interrogare Cuper, ed il primo interrogatorio viene definito "penoso", col tecnico che biascica giustificazioni poco plausibili ammettendo solo che "dei napoletani mi hanno effettivamente portato dei soldi, ma arrivavano da mia suocera che sta in Argentina e servivano a restaurare una casa". Sufficiente per formalizzare l'accusa probabile, compresa quella di riciclaggio.

L'INCHIESTA - Il momento clou è a novembre, quando al Santander si vedono arrivare gli uomini della Direzione distrettuale antimafia (l'inchiesta napoletana ha nel mirino gli affari della camorra col calcioscommesse e fa capo alla Dda) che chiedono di sentire nuovamente Cuper. Il tecnico nega nuovamente, ma gli vengono fatte sentire le registrazioni che lo inchiodano, e dopo alcuni "non ricordo e "non so cosa dirvi" arrivano le ammissioni, stante la versione per cui, pur col tramite di mutande e calzini di affiliati alla camorra, quei soldi arrivano dalla suocera.

COLLABORAZIONE - Gli inquirenti non credono ad una sola parola di quelle dette da Cuper, e probabilmente lo ha capito anche l'avvocato italiano del tecnico, che avrebbe fatto pervenire alla Dda la richiesta di un nuovo incontro fra gli inquirenti stessi ed il suo assistito, questa volta a Napoli e senza rogatorie. Nel frattempo Cuper è stato cacciato dal Santander, ufficialmente per scarsi risultati, ma è possibile che la vicenda abbia influito, così come potrebbe influire sulle scelte del suo attuale club turco, l'Orduspor.

http://sport.virgili...attro-gare.html

:siffle:

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CALCIOPOLI: CONTINUA LA BATTAGLIA DELLA JUVENTUS

La Juve porta il Tnas in Tribunale

Il lodo impugnato alla Corte d’Appello. Corte dei Conti: aperto fascicolo sul consiglio federale

di GUIDO VACIAGO (Tuttosport 20-01-2012)

TORINO. La battaglia continua. D’altra parte la calma apparente dell’ultimo

mese era sostanzialmente dovuta ai tempi tecnici che richiedono gli scontri

legali. E la Juventus è pronta a iniziare il 2012 con un’altra causa nei

confronti della giustizia sportiva. Verrà impugnato il lodo del Tnas, quello

con cui il collegio del Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport si

dichiarò incompetente a giudicare la vicenda dello scudetto 2006. Ieri la

società bianconera ha fatto richiesta allo stesso Tnas di cinque copie di quel

documento, con l’intenzione di portare il caso davanti alla Corte d’Appello di

Roma. Una scelta che fa presumere la richiesta di una nullità radicale della

decisione del Tnas. Il tutto in linea con quello che ha sempre sostenuto il

legale della Juventus Michele Briamonte, architetto della controffensiva

legale bianconera, ovvero che il Tnas ha commesso gravi errori nella vicenda,

a partire dal non essere entrato nel merito della questione.

CAMPO DI BATTAGLIA Insomma, parallelo al “ricorsone” da 440 milioni di euro

al Tar, correrà quest’altro appello che amplia il campo di battaglia: non solo

giustizia amministrativa, ma anche ordinaria. L’obiettivo è sempre lo stesso:

scardinare uno degli atti più incongruenti del caso Calciopoli: l’assegnazione

dello scudetto 2006 all’Inter, che in seguito la stessa Figc, nella figura del

procuratore federale Stefano Palazzi, ha giudicato colpevole della violazione

dell’ex articolo 6, quello che parla di illecito sportivo e per il quale si

può anche essere retrocessi.

STESSA POSIZIONE Dal maggio del 2010, oltre un anno e mezzo fa, la posizione

della Juventus non è mai cambiata, così come la sua richiesta: avere una

spiegazione comprensibile e chiara sul perché, di fronte a fattispecie

analoghe, la Figc ha giudicato in modo diametralmente opposto e perché il

Consiglio Federale del 18 luglio 2011, al quale la Juventus chiedeva la revoca

del titolo incriminato alla luce della succitata “relazione Palazzi”, ha

scansato ogni responsabilità, dichiarandosi incompetente.

TUTTE LE STRADE La giustizia sportiva, finora, non ha dato risposte. E la

Juventus procede presso tutte le altre giustizie e tutti i tribunali

possibili. Anche la Corte dei Conti che avrebbe aperto, in data 9 gennaio, un

fascicolo proprio sul Consiglio Federale e la sua non-decisione del 18 luglio.

L’esposto della Juventus, insomma, avrebbe trovato un riscontro e i magistrati

della Corte dei Conti vogliono, quanto meno, vederci più chiaro nella vicenda.

Il tutto mentre si attendono le motivazioni del processo di Napoli che

saranno interessanti sotto molti aspetti. I legali di Luciano Moggi e degli

altri condannati dalla giudice Casoria, vogliono capire quali percorsi hanno

condotto il collegio giudicante a una sentenza così dura e, soprattutto,

leggere le spiegazioni di alcune apparenti clamorose incongruenze che emergono

dalla lettura del dispositivo. La Juventus è, invece, interessata ad avere

conferma fra le righe della motivazione del fatto che la Casoria non ha

giudicato oggettivamente responsabile il club per l’operato di Luciano Moggi,

come si potrebbe evincere dal dispositivo che assolve i bianconeri. Con questa

conferma in mano (e, magari, con qualche considerazione sui modi delle stesse

indagini) il ricorso milionario al Tar sarebbe certamente più solido. Ecco

perché l’avvocato Briamonte sta aspettando la prima settimana di febbraio per

rafforzare la battaglia su quel fronte, il più clamoroso di tutti per l’entità

dei danni richiesti dalla Juventus alla Figc.

TAVOLO DELLA PACE Insomma, se qualcuno credeva che con la pronuncia (anzi la

non pronuncia) del Tnas, la questione scudetto 2006 fosse finita con il 2011,

il nuovo anno si apre con un nuovo e interessante capitolo. Ne dovrà tenere

conto Gianni Petrucci che, dopo aver raccolto un sostanziale successo con

l’allestimento del primo “tavolo della pace”, stava pensando di mettere in

piedi una seconda puntata.

___

CONI.it

TNAS: Consegnate le copie autentiche del Lodo Juventus /FIGC e Inter

Il Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport, in merito alla controversia

Juventus F.C. SpA / Federazione Italiana Giuoco Calcio e F. C. Internazionale

Milano SpA, ha consegnato oggi le cinque copie autentiche del Lodo, depositato

dal Collegio arbitrale (Dott. Angelo Grieco, Presidente; Avv. Dario Buzzelli e

Avv. Enrico De Giovanni) il 15 novembre 2011, richieste ieri dalla società

istante ai fini impugnatori.

Roma, 20 gennaio 2012

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Masiello, primo pentito di A

oggi dirà tutto su Palermo-Bari

A Cremona dai pm, poi andrà anche da Palazzi

di GIULIANO FOSCHINI & MARCO MENSURATI (la Repubblica 20-01-2012)

Il primo "pentito" della serie A italiana. Il primo a voler collaborare con la

magistratura, penale e sportiva. Andrea Masiello, terzino dell´Atalanta, lo

scorso anno al Bari («il Thuram bianco» lo chiamava Fabio Capello ai tempi

della primavera della Juventus), sarà ascoltato oggi dal procuratore capo di

Cremona, Roberto Di Martino. E´ stato il calciatore a volere l´interrogatorio:

ha fatto sapere agli inquirenti di voler raccontare tutta la verità su

Palermo-Bari del 7 maggio scorso. La gara terminò 2-1 per la squadra di casa.

Doveva finire 3-1, poi Miccoli (all´oscuro degli accordi) sbagliò un rigore e

saltò la combine. L´accordo era stato preso dagli Zingari con cinque giocatori

del Bari, ha raccontato Carlo Gervasoni: Masiello appunto, Parisi (ora al

Torino), Rossi (Cesena), il portiere Padelli (Udinese) e Bentivoglio (Samp).

Le dichiarazioni di Gervasoni sono state già riscontrate dalla Polizia di

Cremona attraverso le celle telefoniche e altri riscontri tecnici. La prova

regina è però arrivata da Bari dove il procuratore Antonio Laudati con i

carabinieri del reparto operativo hanno in piedi un´inchiesta sul

calcioscommesse e sul riciclaggio del denaro mafioso. Cremona e Bari si sono

scambiati gli atti. Ed è arrivata la svolta. Bari ha iscritto nel registro

degli indagati per frode sportiva un infermiere, tale Angelo Iacovelli. L´uomo

(ascoltato in qualità di testimone) ha raccontato di aver fatto da postino tra

gli "Zingari" e i calciatori, portando loro 80mila euro a testa (non ha fatto

però il nome di Padelli). La scommessa però non si è conclusa per "colpa" di

Miccoli: il calciatore del Palermo sbaglia un rigore sul finale e così non si

realizza il risultato per cui gli "Zingari" avevano pagato. Per questo

Masiello, tramite Iacovelli, avrebbe restituito agli slavi il denaro.

Iacovelli non ha confermato il racconto quando si è però presentato come

indagato davanti al pm Ciro Angelillis: il suo legale, Piero Nacci Manara (che

ora ha rinunciato alla sua difesa, avendo preso quella di Parisi, uno dei

calciatori coinvolti nella vicenda) gli ha consigliato di avvalersi della

facoltà di non rispondere. Ma gli investigatori avrebbero in mano già tutte le

prove per riscontrare la sua prima versione. Forse per questo Masiello -

assistito dall´avvocato Salvatore Pino, che segue Doni e ha fatto assolvere

dalla giustizia sportiva in estate Manfredini - ha deciso di offrire la sua

collaborazione a tutti. Ai pm di Cremona. A quelli di Bari dove sarà ascoltato

la prossima settimana. E anche al procuratore della Federcalcio, Stefano

Palazzi, sperando in uno sconto di pena. La vicenda Masiello però rischia di

provocare un terremoto: per i calciatori, visto che sul tavolo di Palazzi ci

sono i 41 nomi di giocatori tirati in ballo da Gervasoni e indagati a Cremona

(alcuni di serie A). E soprattutto per le società (Atalanta, Bari, Lecce e

Lazio) che rischiano pesanti penalizzazioni.

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Il pm: processate Lavezzi per lesioni

La lite in via Nevio, udienza preliminare a febbraio

di DARIO DEL PORTO (la Repubblica - Napoli 20-01-2012)

È pronto a tornare in campo dopo un lungo stop per infortunio. Ma fra pochi

giorni l´attaccante del Napoli Ezequiel Lavezzi, idolo dei tifosi del San

Paolo, dovrà presentarsi davanti al giudice come imputato del reato di lesioni

che gli viene contestato a seguito della lite scoppiata per ragioni di

viabilità in via Nevio la notte tra il 14 e il 15 dicembre 2010. Il pm

Giuseppe Cimmarotta ha chiesto il rinvio a giudizio del Pocho e dell´amico che

si trovava insieme a lui, l´imprenditore del settore della ristorazione Marco

Iorio, che in questo procedimento è accusato anche di violenza privata

calunnia e si trova in carcere dallo scorso giugno nell´ambito di una diversa

indagine, quella sul riciclaggio di denaro in alcuni locali del lungomare.

L´udienza preliminare nei confronti di Iorio e Lavezzi è stata fissata per

l´8 febbraio. Secondo la ricostruzione del pm Cimmarotta, Iorio e Lavezzi

avrebbero picchiato due ragazzi a seguito, scrive la Procura, «delle

discussioni intavolate in via Nevio e riconducibili alla presunta collisione

tra la Mercedes di Lavezzi e la Meriva» di uno dei ragazzi. Uno dei giovani,

Ernesto, di 22 anni, sarebbe stato schiaffeggiato da Iorio mentre Lavezzi, che

non era stato convocato per la partita di Europa League Napoli-Steaua a causa

di una distorsione alla caviglia, lo avrebbe colpito con calci e pugni. Il

Pocho avrebbe poi inferto un cazzotto alla nuca di un altro ragazzo, Luigi, di

21 anni. Ernesto ha riportato lesioni alla faccia e alla spalla giudicate

guaribili in una settimana dai sanitari del pronto soccorso dell´ospedale

Fatebenefratelli e ha sporto querela subito dopo il fatto con l´assistenza

dell´avvocato Giorgio Balsamo. «Non ho aggredito nessuno», ha sempre replicato

Lavezzi (difeso dagli avvocati Maurilio Prioreschi e Paolo Rodella)

assicurando di essere sceso dalla vettura solo per dirimere la lite e non per

menare le mani. Sono ancora aperti i termini per una eventuale remissione di

querela che potrebbe chiudere il caso con un accordo tra le parti senza

arrivare quindi al possibile processo.

Iorio è accusato di calunnia per la denuncia presentata al commissariato di

Posillipo dove accusava, falsamente secondo la Procura, i ragazzi che si

trovavano sull´altra vettura di minacce e percosse. Per questa ragione il pm

Cimmarotta ha chiesto l´archiviazione del fascicolo aperto nei confronti dei

quattro giovani. Contro questa decisione hanno presentato opposizione gli

avvocati di Iorio, Marco Pietroluongo e Ernesto Palmieri, pertanto il gip ha

fissato per questa mattina l´udienza camerale per decidere se accogliere la

richiesta di archiviazione, disporre nuove indagini o imporre al pm la

formulazione dei capi d´imputazione.

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Picchiarono un tifoso, chiesto il processo per 9 agenti

di ILARIA SACCHETTONI (CorSera 20-01-2012)

ROMA — L'occhio elettronico della telecamera registrò il pestaggio. E ora

Leonardo Mascia, Guido Faggiani, Andrea Serrao, Roberto Marinelli, Andrea

Cramerotti, Fabrizio Cola, Leonardo Vinelli, Rossano Bagialemani e Michele

Costanzo i poliziotti che picchiarono Stefano Gugliotta il 5 maggio 2010 al

termine della partita Roma-Inter («Credevamo fosse un ultrà») rischiano il

processo.

Il pm Francesco Polino ha chiesto per loro il rinvio a giudizio con l'accusa

di lesioni gravi e violazione dei doveri inerenti a una pubblica funzione.

«L'azione rientrava pienamente nell'esercizio delle loro funzioni» è il

commento di Eugenio Pini, il difensore di 8 dei 9 agenti della Mobile

indagati. Mentre Cesare Piraino l'avvocato del ragazzo si dice «soddisfatto»

per le indagini. «Il Mascia Leonardo, inizialmente con azione isolata intimava

l'alt al ciclomotore condotto da Gugliotta» si legge nel provvedimento del pm.

E ancora: «gli altri otto appartenenti alla pubblica sicurezza lo colpivano

tutti con calci, pugni e manganellate, una delle quali particolarmente

violenta alla testa che gli faceva perdere i sensi». Gugliotta (arrestato per

rissa a giugno) all'epoca perse un incisivo, finì in cella e fu scarcerato

dopo 6 giorni con le scuse della questura.

___

Conclusa l’inchiesta sugli agenti della Mobile coinvolti nei fatti del 2010

Il ragazzo fermato nei dintorni dello stadio. L’accusa: lesioni aggravate

Per il pestaggio di Gugliotta

«processate nove poliziotti»

Nove poliziotti della questura di Roma rischiano il

processo per il pestaggio di Stefano Gugliotta, il ragazzo

di 26 anni fermato nel maggio 2010 da un gruppo di agenti

vicino allo stadio. L’accusa per tutti lesioni aggravate.

di SALVATORE MARIA RIGHI (l'Unità 20-01-2012)

Proprio in questi giorni in cui al cinema, con “Acab”, vanno in scena le loro

storie, le loro vite quotidiane tra la legge e chi la offende, tra chi scappa

e chi gli corre dietro. Tra la luce e il buio. Nove poliziotti della Mobile di

Roma rischiano il rinvio a giudizio con l’accusa di aver pestato e

terrorizzato, una sera di maggio di due anni fa, un ragazzo di 26 anni che

girava in motorino a due passi dallo stadio. Era il 5 maggio, era appena

cominciato il secondo di Roma-Inter, finale di Coppa Italia, quando Stefano

Gugliotta, in compagnia di un amico, percorreva Via Pinturicchio, a due passi

dall’Olimpico.

Lo hanno fermato un gruppo di agenti, celerini come quelli del film, come

loro accenti romani e modi bruschi: Acab, “All cops are bastards”, senza

bisogno di traduzione, per l’acronimo vergato sui muri o tatuato su qualche

bicipite, e riecheggiato una volta di più quando Gugliotta è uscito dal

carcere e ha raccontato il proprio incubo. Per qualcuno, anzi per molti è

stato un miracolato, uno che poteva fare la fine di un altro col suo nome,

Stefano Cucchi. Per gli inquirenti, almeno inizialmente, Gugliotta solo un

tipo con precedenti per rapina, lesioni e con una patente ritirata per uso di

cocaina. Stefano racconta che erano tre-quattro, all’inizio, poi di più, più

del doppio.

Un approccio ruvido, dopo l’altolà al motorino, qualcosa tipo «che stai a

fà?», e poi il primo pugno, contro la bocca spalancata per lo stupore e la

paura. A sferrarlo, secondo le indagini condotte dal pm Francesco Polino,

l’agente Leonardo Mascia che quella sera era in servizio insieme ai colleghi

Guido Faggiani, Andrea Serrao, Roberto Marinelli, Andrea Cramerotti, Fabrizio

Cola, Leonardo Vinelli, Rossano Bagialemani e Michele Costanzo. Tutti sotto

accusa, nell’udienza del 7 marzo davanti al gup Valerio Savio, per lesioni

aggravate che si sono materializzate in quelle «gravi» alla mandibola e

«gravissime per lo sfregio permanente al viso».

Piuttosto eloquente, e abbastanza inquietante, l’impianto accusatorio che

emerge nella ricostruzione di quella sera fatta dal magistrato inquirente. Il

pubblico ministero Polino scrive che gli agenti in servizio di ordine pubblico

per la partita dell' Olimpico, «in una zona non interessata agli scontri

(viale Pinturicchio) e senza che ricorressero esigenze di tutela dell'ordine

pubblico o di contrasto di particolare resistenza», intimavano l'alt al

ciclomotore guidato dal giovane romano. Leonardo Mascia, quindi, ha aggredito

Gugliotta al volto «schiaffi, manate e manganellate ». Successivamente sono

intervenuti gli altri 8 colleghi che «colpivano» il giovane «con calci, pugni

e manganellate una delle quali particolarmente violenta alla testa che gli

faceva perdere i sensi ». Nella ricostruzione dei fatti tracciata dopo le

indagini dal pm, si ipotizza che l'azione violenta sia proseguita davanti ad

un blindato con un’altra sequenza di pugni e colpi che tra l’altro hanno fatto

perdere un dente a Gugliotta, che si è poi presentato davanti alle telecamere,

una settimana dopo, con un buco nell’arcata dentaria. La scena si sarebbe poi

spostata dentro il veicolo della polizia, dove «Gugliotta veniva fatto

sdraiare a terra immobilizzato con un ginocchio e una mano pressata sul collo».

Sulla vicenda c’è stato un unanime coro di indignazione e da più parti,

l’allora ministro Maroni come il presidente della Provincia Zingaretti e il

governatore del Lazio, Renata Polverini, hanno chiesto di far piena luce. Si è

impegnato a farlo il capo della polizia, Antonio Manganelli, mentre la procura,

su richiesta dell’avvocato di Gugliotta, Cesare Piraiono, ha aperto

un’inchiesta affidata - con una scelta significativa - alla questura

capitolina, impegnata così a indagare sui propri uomini.

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Rissa con un poliziotto

Tifoso del Genoa grave

Scontro prima della partita tra un agente e un trentottenne che

batte la testa e finisce al Policlinico: prognosi riservata

di LUCA TAIDELLI (GaSport 20-01-2012)

Una notizia tragica scuote San Siro e la serata di Coppa, un episodio che

conserva ancora troppi contorni da chiarire: un tifoso genoano è stato

ricoverato in gravi condizioni al Policlinico di Milano dopo uno scontro con

un agente di Polizia. In nottata però è circolato un nuovo comunicato in cui

si esclude il pericolo di vita, anche se Massimo Moro, questo il nome del

38enne fedelissimo rossoblù, deve essere tenuto 24 ore sotto osservazione. Il

tifoso (che non fa parte di gruppi organizzati e che non è un ultrà) è

ricoverato in terapia intensiva, intubato, al padiglione Monteggia, situato al

secondo piano del nosocomio milanese. Trasportato in ambulanza, Massimo Moro

ha percorso il tragitto dallo stadio all'ospedale da solo, senza essere

accompagnato da altri tifosi della sua squadra. Ora è sorvegliato da un agente

fuori dalla stanza. I medici hanno preferito non pronunciarsi sulle sue

condizioni nelle prime ore dopo l'accaduto.

I fatti Stando alla versione fornita dalla Polizia, alle 20.25 Moro si è

presentato al varco 9 dello stadio visibilmente ubriaco e rifiutandosi di

sottoporsi a un controllo di identificazione. Costretto nel posto di polizia

all'interno dello stadio, ha cercato nel tragitto di divincolarsi per scappare,

ma un agente ha provato a bloccarlo. I due sono caduti e il tifoso ha battuto

la testa, perdendo conoscenza. È stato dunque trasportato dal 118 in codice

rosso al Policlinico, in zona centrale, dove — sempre stando alla Polizia — le

condizioni sono apparse meno gravi, anche se c'è sempre la prognosi riservata.

L'amarezza di Ranieri Claudio Ranieri non nasconde l'amarezza. «Un

fatto assurdo che fotografa il brutto del nostro calcio e purtroppo di tutta la

società. Un episodio che non va proprio bene. Bisognerebbe andare allo stadio

come si va a teatro o al cinema». Resta il fatto che questo dramma riporta

alla memoria un altro episodio che ha segnato la nostra storia, con

protagonista un altro tifoso genoano. Nel 1995 infatti Vincenzo Spagnolo fu

accoltellato a morte fuori da Marassi da alcuni tifosi milanisti. Quando la

notizia si diffuse a Marassi, le due squadre, Genoa e Milan, con un gesto

senza precedenti, decisero in segno di lutto di non scendere in campo per il

secondo tempo. Da quel momento si innescò una spirale di violenza che tenne la

città in stato d'assedio fino a tarda sera. Soltanto verso mezzanotte 700

tifosi milanisti, che erano stati trattenuti nello stadio per evitare

incidenti con i genoani, vennero portati a Milano con pullman della polizia.

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LA CURIOSITA' IL GUARDALINEE CHE HA ANNULLATO IL GOL VALIDO DI THIAGO MOTTA

Il signor no del derby

operato agli occhi

Tempo fa Copelli si è sottoposto a una

«correzione di astigmatismo miopico composto»

di SEBASTIANO VERNAZZA (GaSport 20-01-2012)

Appiotti.it.jpg

Cristiano Copelli, guardalinee. Domenica in Milan-Inter ha fatto annullare un

gol regolare a Thiago Motta. Caso limite, di scuola. Non era facile tenere la

bandierina giù. Chi scrive ha avuto bisogno di tre replay per stabilire che il

fuorigioco non c'era.

Calciopoli Errore comprensibile, umano, tanto più che non troppi anni fa,

con le vecchie direttive, la rete sarebbe stata giustamente invalidata. Non

ci sia chi pensi male, anche se a molti interisti i cattivi pensieri sono scattati

in automatico. Tutta colpa di Calciopoli. Copelli venne lambito dal grande

scandalo del 2006: scontò tre mesi di «sospensione cautelare», perché

intercettato a parlare al telefono con Leonardo Meani, l'ex tesserato del

Milan addetto alle terne arbitrali, «specializzato» in guardalinee. In un

interrogatorio reso a Francesco Borrelli nell'estate del 2006, Copelli mise a

verbale quanto segue: «Se un assistente avesse voluto arbitrare un incontro

del Milan, non si doveva rivolgere ai designatori, ma a Meani. Io e Puglisi

eravamo graditi al Milan, era evidente che contro il Chievo le designazioni

erano volute dalla società rossonera». Nell'ultimo derby Copelli non ha

sbagliato apposta. Ripetiamo: l'errore è spiegabile e «ci sta». Casomai ci

sarebbe da interrogarsi sull'opportunità di designare ancora Copelli per

partite del Milan. Non crediamo che il 44enne assistente di Mantova sia in

malafede, ma forse sarebbe meglio non insistere. Per buon senso.

Anche Kakà e Borriello Qui vogliamo parlarvi di un'altra cosa, che gira

sul web. Una curiosità. Collegatevi ad appiotti.it. E' il sito del dottor Angelo

Appiotti, medico chirurgo specialista in microchirurgia oculare. «Presso il

poliambulatorio chirurgico modenese - si legge - il dottor Appiotti ed il team

Perfect Vision eseguono interventi specialistici per la correzione definitiva

di miopia, ipermetropia ed astigmatismo. Dal 2001 si utilizza una nuova

tecnica - unica al mondo - di chirurgia refrattiva, la Two Laser Combined

Technique, con la quale sono stati trattati con successo migliaia di pazienti

affetti da ogni tipo di astigmatismo, molti dei quali sportivi

professionisti». Il dottor Appiotti ha operato Kakà, Borriello, il rugbista

Dallan e lui, Cristiano Copelli. Tempo fa l'assistente del derby si è

sottoposto a un intervento «lasik per correzione astigmatismo miopico

composto». Operazione riuscita, oggi Copelli ha una vista da aquila. «Arbitro,

occhiali!», urlavano una volta i tifosi inviperiti. «Copelli, Appiotti!», avrà

forse suggerito qualcuno all'assistente. Non è bastato. La complessità del

fuorigioco 2.0 è a prova di laser.

Appiotti_Copelli.jpg

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CAMBIO IL VERTICE RINNOVATO COMANDA GIA' DAL PRIMO GENNAIO

Credito sportivo: nuovi commissari

Da Cardinaletti a Clarich e D'Alessio

L'ex numero 1: «Così ha deciso la Banca d'Italia»

di MAURIZIO GALDI (GaSport 20-01-2012)

Dal primo gennaio l'Istituto per il credito sportivo ICS ha due nuovi

commissari: Marcello Clarich e Paolo D'Alessio. Il ministero dell'Economia —

su proposta della Banca d'Italia — ha sostituito Andrea Cardinaletti che,

prima da presidente e dal 17 giugno da commissario, ne ha avuto la guida.

Cardinaletti con il passaggio di consegne ha anche espresso la sua «premura

nei riguardi di un grande progetto, di un'esperienza dall'immenso valore».

Un sereno bilancio «L'ICS è una banca pubblica — spiega Cardinaletti —,

l'unica banca pubblica del Paese. All'inizio del mio mandato, molte erano le

criticità che ne limitavano la buona operatività, e l'obiettivo che auspicavo

raggiungere era rimuovere gli ostacoli che ne impedivano l'opportuna

realizzazione degli scopi e delle attività, mettendo a frutto le ampie

potenzialità che la struttura possedeva. Ritenevo, infatti, e fermamente

ritengo che adoperarsi per garantire il sano funzionamento del sistema

pubblico, nelle sue più varie articolazioni, debba rappresentare un'urgenza

avvertita diffusamente; e contribuire a tale fine è per me un successo di

inestimabile valore, professionale tanto quanto personale».

Il commissariamento Ma perché non ha traghettato Cardinaletti l'Ics al nuovo

assetto che prevede una riduzione del numero dei consiglieri nel Cda? «Alla

terza proroga del mio commissariamento da parte del Governo, la Banca d'Italia

ha pensato di proporre suoi commissari e così è stato. Ma noi avevamo già

predisposto tutto per la nomina dei nuovi amministratori e servirà farlo in

fretta visto che gli impegni che attendono l'Istituto candidatura olimpica,

ristrutturazione degli oratori, costruzioni di nuovi impianti sportivi, ndr

necessitano di una gestione ordinaria e non straordinaria». Negli ultimi mesi

del suo mandato sono state fatte operazioni di finanziamento in conto

sponsorizzazioni per Milan, Inter e Parma. «Ho solo assicurato la continuità

di certe operazioni come era anche nella volontà del Governo di una decina di

società. Ma tutto è stato vagliato dalla Banca d'Italia e che il decreto del

28 dicembre che nomina i nuovi commissari non fa nessun riferimento ad

attività amministrative».

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CHE COSA RESTA DI UN

HOMBRE POCO VERTICAL

Hector Cuper coinvolto in una brutta storia di calcioscommesse in Spagna

Avrebbe ricevuto 200mila euro dalla camorra per addomesticare 4 partite

di ANDREA ASTOLFI (l'Unità 20-01-2012)

Il prossimo 5 maggio saranno dieci anni dal Maracanazo interista, dalla madre

di tutte le sconfitte nerazzurre e allora, forse, Hector Cuper, l’artefice

vertical e un po’ gonzo di quel folle pomeriggio romano, sarà impegnato in ben

altre faccende per ricordare quelle scene e quel dramma, Ronaldo in lacrime,

il gol inutile di Vieri, Gigi Di Biagio che mostra la maglia e si batte il

petto, le esultanze a metà di Poborsky, Materazzi che chiede un po’ smarrito

clemenza ai laziali sibilando «vi ho fatto vincere uno scudetto».

A maggio, ma anche molto prima, Hector Cuper dovrà rispondere alla

magistratura italiana di frode, corruzione e riciclaggio di denaro. In una

conversazione tra camorristi interessati al florido mercato transnazionale

delle partite truccate, il nome di Cuper viene fatto più volte, in riferimento

a quattro partite combinate dei campionati spagnolo e argentino della stagione

2006-2007. Il tecnico, stando ad alcune intercettazioni della Dda di Napoli,

avrebbe ricevuto 200mila euro per dare delle dritte al clan D'Alessandro di

Castellammare di Stabia e questi soldi li avrebbe ricevuti direttamente in

Spagna in un modo piuttosto goffo, trasportati lì dentro i calzini e le

mutande dai suoi interlocutori malavitosi.

TRA BETIS E CAMORRISTI

Corrotto e maneggione, sì, ma anche reticente e bugiardo. Interrogato, Cuper

avrebbe negato tutto, ma un file registrato da uno dei camorristi con la voce

e le dritte dell'allenatore argentino lo incastrerebbe senza appello. Per di

più, uno dei quattro risultati suggeriti dall'hombre vertical non si era

nemmeno verificato, mandando su tutte le furie i camorristi, che sulle quattro

partite avevano investito somme milionarie. All’epoca Cuper allenava il Betis

Siviglia.

Fin qui l’attualità. A ottobre scorso, quando il nome di Cuper era già

spuntato, l’hombre vertical aveva negato tutto. Ora le cose si complicano

notevolmente e i ricordi, anche quelli belli, svaniscono. Svaniscono, ad

esempio, le due finali consecutive di Champions League centrate col Valencia

degli sconosciuti, entrambe perse contro squadre molto più ricche e forti,

Real e Bayern, ma giocate stupendamente. Moratti si innamorò di

quell’intensità e di quell’allenatore che prima di scendere in campo batteva

il petto dei suoi giocatori urlando «yo estoy contigo». Lo volle a Milano dopo

la disgraziata stagione divisa tra Lippi e Tardelli, quella del derby perso

per 6-1. Cuper accettò la sfida italiana, recuperò Ronaldo e andò vicinissimo

allo scudetto.

SOGNI SPEZZATI

Poi venne l’Olimpico, il 4-2 subito dall’ormai demotivata Lazio e il titolo

consegnato alla Juventus in volata. L’Inter finì addirittura terza e dovette

anche giocare, all'inizio della stagione successiva, i preliminari di

Champions League. Durante l’estate Cuper vinse il braccio di ferro con Ronaldo,

che dopo il Mondiale vinto ne aveva chiesto a Moratti la testa per restare a

Milano. Moratti si tenne il tecnico. Ma durò poco l’hombre, pochi mesi e un

modesto pareggio a Brescia.

Dopo quell’esonero la vita del tecnico argentino che parlava chiaro e deciso

imbocca un tunnel. Tantissime squadre, per lo più spagnole, pochissime

soddisfazioni, al massimo qualche salvezza, con una serie infinita di esoneri

a segnare senza appello la sua carriera di perdente di strasuccesso.

Persino una comparsata a Parma, nel finale del campionato 2008, in tempo per

farsi cacciare - misteriosamente - alla vigilia dell' ultima partita, decisiva

per la salvezza dei ducali, contro la sua ex Inter al Tardini. Partita poi

vinta da Ibrahimovic con una doppietta, vittoria decisiva per lo scudetto

nerazzurro e la retrocessione gialloblù.

Ridotto al rango di mestierante della panchina, per Cuper altre modeste

apparizioni da ct della Georgia e da tecnico di Aris Salonicco, Racing

Santander e, attualmente, persino Orduspor, nel campionato turco, in una

squadra «illuminata » dalla classe del rumeno Stancu, della stella locale

Tekke e dall'ivoriano Gosso.

Dieci anni fa Cuper gestiva Ronaldo e una delle Inter più forti di tutti i

tempi. Un finale di partita decisamente crepuscolare, e il peggio per l’ex

hombre vertical, s’intuisce dall'intercettazione napoletana, deve ancora

venire.

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Il pestone a Messi

Mou & Pepe

Così ti alleno un bullo

di MARCO ANSALDO (LA STAMPA 20-01-2012)

A Madrid sono tempi duri per i portoghesi. Il gesto da bulletto isterico di

Pepe, il difensore del Real, che ha calpestato volontariamente la mano di un

avversario ha riscosso un giudizio unanime, «vergognoso», anche perché la mano

è di Lionel Messi, la classe pura che non dovrebbe essere toccata neppure con

un piumino. Nè se la passa meglio Mourinho, battuto ancora dal Barcellona in

Coppa del Re con l’atteggiamento più infamante che un tifoso madridista

immagini: «Ha regalato il pallone e il campo agli avversari», ha scritto As,

giornale intriso della tradizione «merengue». Mou ha perso da catenacciaro.

Per molto meno il pubblico del Bernabeu dedicò a Capello una «pañolada», lo

sventolio dei fazzoletti in segno di riprovazione.

Le critiche si intrecciano. Pepe è stato bollato come un «vero idiota» da

Rooney e in Spagna chiedono una lunga squalifica, sul tipo delle 10 giornate

che rimediò l’anno scorso per un fallaccio ignobile su Casquero del Getafe,

scalciato mentre era a terra. Di lui dicono che è scorretto e sleale, picchia

davvero e simula per finta. Una fama che il brasiliano naturalizzato

portoghese si è costruito da quando è arrivato Mourinho. Al Porto, dove emerse,

e in Nazionale la media di espulsioni era in linea con le sue caratteristiche

di difensore duro e sopravvalutato. Nel Real invece Pepe si trasforma in

«Animale», un Pasquale Bruno più vigliacchetto.

Il dubbio è che sia Mou a caricarlo a pallettoni quando deve affrontare il

Barcellona, contro il quale è già stato espulso 2 volte. Lo Special One lo

trasforma in Highlander, con un malinteso spirito guerriero. Mercoledì lo ha

piazzato davanti alla difesa per spezzare il palleggio ricamato dei catalani

con le buone e soprattutto con le cattive: il giochino aveva funzionato

nell’unica occasione (su 9) in cui Mourinho ha battuto il Barcellona e ci ha

riprovato. Pepe, che non deve essere un genio dai nervi saldi, è andato oltre

le consegne ma le consegne c’erano. La Spagna, e forse il mondo, comincia a

chiedersi se sia davvero un fenomeno l’allenatore cui la frustrazione di non

saper battere il Barcellona suggerisce di ridurre ogni «Clasico» in una caccia

all’uomo.

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Premio partita: 1 milione

La Coppa d’Africa ai tempi del dittatore

Domani il via in Guinea Equatoriale, il Paese più piccolo

E per Amnesty International tra i più corrotti del mondo

di GIULIA ZONCA (LA STAMPA 20-01-2012)

Un presidente despota, un delfino viveur e una squadra al debutto carica di

troppe aspettative. La Coppa d’Africa inizia domani in Guinea Equatoriale con

l’esordio di uno dei Paesi ospitanti (l’altro è il Gabon) contro la Libia. La

sorpresa dovrebbero essere i giocatori-guerriglieri che sono riusciti a

ribellarsi a Gheddafi e a qualificarsi per il torneo contemporaneamente eppure

i più ansiosi sono gli altri.

La Guinea Equatoriale non sa come gestire l’improvvisa attenzione. Il Paese è

piccolo, 700 mila abitanti, la squadra minuscola e inesperta ma, giusto per

rendere l’idea delle pressioni che si ritrova addosso, in caso di vittoria

nella gara inaugurale si porta a casa un montepremi di un milione di dollari

più un bonus di altri 20 mila per ogni gol. Gentile omaggio del figlio del

presidente, anche ministro a tempo perso e protagonista di vari scandali

grazie a una vita mondana senza freni e a spese folli mai motivate. È l’erede

del grande capo, suo padre Teodoro Obiang Nguema Mbasogo è in carica dal 1979

e nelle ultime elezioni, nel 2009, è stato rieletto con il 97 per cento delle

preferenze. Quanto basta per definirlo un dittatore. In caso servissero altri

dettagli si può scorrere il dossier di Amnesty International che piazza la

Guinea Equatoriale tra i posti più corrotti ed elenca un’impressionante serie

di soprusi. I diritti umani non sono esattamente il centro del programma

dell’onnipotente Teodoro Obiang NguemaMbasogo. Lui gestisce una discreta

ricchezza: negli ultimi 20 anni il Paese è cresciuto grazie al petrolio e

questa Coppa d’Africa fa parte di un mastodontico progetto di sviluppo. Hanno

costruito un nuovo stadio e rinnovato quello che già esisteva e stanno tirando

su una cittadella dentro Bata, la capitale politica, con un avveniristico

centro congressi e hotel di lusso aperti la scorsa estate per il summit

dell’Unione africana. È già in cantiere un fronte mare faroinico e una nuova

area residenziale, Oyale. L’immagine traino di tutta questa espansione

dovrebbe essere la nazionale, chiamata Nzalang, tuono in lingua Fang.

Il capo di stato, addestrato all’accademia militare della Spagna franchista,

già li chiama «eroi», dice che porteranno in giro per il mondo la «nuova

Guinea Equatoriale». Quel che resta dell’opposizione li considera invece «un

depistaggio, l’ennesima truffa. Giusto il modo di distrarre la gente dai

brogli e dai problemi». E loro in mezzo.

L’allenatore che li aveva preparati, il navigato Henri Michel, se ne è andato

sbattendo la porta meno di un mese fa: «Troppe interferenze del governo,

impossibile lavorare». La palla è passata al brasiliano Gilson Paulo che ha

cercato di tenere unita la truppa. Non ci sono campioni, il meglio è Rodolfo

Bodipo, una punta di 34 anni che gioca nel Deportivo La Coruna, nella serie B

spagnola. Seguono Juvenal, stella della serie C spagnola e Javier Balboa,

passato da promessa, con tanto di contratto al Real Madrid nel 2005, e

presente da sopravvalutato al Beira Mar, in Portogallo. Tutto qui, la

nazionale langue al posto numero 151 della classifica Fifa, il più basso di

tutta la Coppa d’Africa.

Una squadra in cerca di identità costretta a farsi bella davanti ai potenti

di casa e a inventarsi forte contro avversari complicati. Tra due giorni la

Libia, neo nazione esaltata dal calcio libero, poi il Senegal e lo Zambia. Il

presidente assicura: «Passeremo il turno» e per fortuna dei calciatori non

esiste libertà di parola: non c’è bisogno di mentire.

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Paolillo:

“Il calcio europeo è sull’orlo del crac.

Anche gli sceicchi rispettino le regole”

di GIOVANNI CAPUANO (Panorama.it 20-01-2012)

Il calcio europeo cammina su una sottile lastra di ghiaccio portando sulle

spalle un fardello pesante. Una situazione che, invece di migliorare,

peggiora. Un anno fa Michel Platini definiva “immorale” la situazione

patrimoniale dei grandi club: denunciavano perdite stagionali per 1, 2 miliardi

di euro. Oggi il fardello è diventato ancora più insostenibile: 2 miliardi di

euro di deficit nei soli bilanci chiusi al 31 dicembre 2011. “E’ l’indicazione

chiara che dobbiamo fare qualcosa” dice Ernesto Paolillo, amministratore

delegato dell’Inter, un passato nel mondo della finanza, braccio destro del

presidente Uefa Platini sul tema del Fair Play Finanziario.

Un concetto che verrà ribadito con forza anche martedì prossimo a Ginevra

quando i dati della situazione finanziaria verranno presentati nella loro

drammaticitò. Paolillo usa un’immagine di grande impatto: “Ricordate il timore

nel 2007 che l’esplosione dei derivati provocasse il disastro dei mercati

finanziari? Non essere intervenuti ha provocato la crisi a partire dal caso

Lehman Brothers. Il calcio europeo oggi è esattamente in quella posizione”

Nessuno pensava che una grande banca potesse fallire e, invece,

accadde. Succederà anche nel calcio?

“Qualche segnale l’abbiamo già avuto in Belgio, Austria e Spagna. Società

costrette a finire nelle serie minori o a sparire. Qualche passaggio

traumatico ci sarà”

Rischiano anche i grandi club?

“Forse sono più protetti perché queste regole arrivano in tempo. Però bisogna

agire”

Visti anche gli ultimi movimenti di mercato la sensazione è che non

tutti abbiano colto la gravità della situazione.

“Alcuni l’hanno capito, altri aspetteranno l’ultimo momento e altri ancora

sono in difficoltà. Ma il momento è arrivato”

Non è pensabile un passo indietro?

“I bilanci delle squadre di calcio ricordano quelli degli stati con deficit

troppo pesanti. Dobbiamo tagliare e garantire liquidità per consentire la

sopravvivenza dei club medio-piccoli che vivono di mercato e senza sarebbero

condannati a morire di asfissia”

Eppure le resistenze non mancano

“Iniziare è sempre traumatico perché si parte da un sistema senza regole”

L’arrivo degli sceicchi con le loro ricchezze smisurate è un bene o un

male?

“Sono nuovi investitori ed è positivo perché portano soldi in un mercato che

ha debiti. Però è un male se non rispettano le regole. Dovranno farlo”

A dir la verità sembra che vadano nella direzione opposta…

“C’è l’euforia di essere arrivati in un mondo nuovo e la volontà di vincere

subito. Ma anche loro dovranno rispettare le regole se vorranno partecipare

alle coppe europee”

Avrete la forza di estromettere qualche grande squadra in nome del

rispetto delle regole?

“Cambieranno molti valori perché chi è più lontano dal punto di equilibrio

dovrà tagliare in fretta e indebolirsi. Però…”

Però?

“Si apriranno nuove possibilità legate alla valorizzazione dei settori

giovanili e credo che alla fine saranno comunque i grandi club a potersi

permettere investimenti ingenti su scuole e giovani di talento”

Quindi benvenuti gli sceicchi ma nessun ripensamento?

“E’ così anche se dobbiamo stare attenti a non creare un sistema troppo rigido

che non attragga gli investimenti”

Il Fair Play Finanziario l’avete scritto quando gli sceicchi non erano

ancora arrivati. Nasce già vecchio?

“No. E’ vero però che l’abbiamo scritto preoccupati per la situazione dei

bilanci ma adesso siamo alle prese con un mercato che si sta impoverendo anche

a causa di queste regole. Dobbiamo solo aggiungere qualcosa che assicuri

investimenti e iniezioni di liquidità”

Troppe rigidità?

“E così. Non dobbiamo far morire i piccoli”

[Continua...]

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L’inchiesta Il calciatore, che ha militato anche nel Chievo, sentito in Procura nel corso dell’interrogatorio su ipotesi di frodi sportive

Scommesse, Cossato ammette: parlai con Gianello

Il giocatore prima nega poi conferma le telefonate ma esclude «gare truccate»

di LEANDRO DEL GAUDIO (Il Mattino 20-01-2012)

Si è limitato a raccontare la sua passione - passione sofferta - per il

calcioscommesse, per le puntate estreme, per un piatto sempre pronto ad

inghiottire nuove fiches. Ha raccontato se stesso, la sua foga per il calcio

immaginato, ma ha tenuto a rimarcare un concetto: niente combine, niente

trucchi, niente tentativi di maneggiare i risultati (o l’andamento delle

partite), niente trame occulte. La firma alla fine del racconto la mette

Michele Cossato (ex del Chievo), ascoltato ieri mattina in Procura a Napoli,

nel corso dell’interrogatorio reso nell’inchiesta su ipotesi di frodi

sportive. Difeso dal penalista napoletano Francesco Picca, Michele Cossato non

è passato inosservato. È arrivato a Napoli assieme al fratello Federico (che

si è avvalso della facoltà di non rispondere), ha deciso di raccontare la sua

versione dei fatti su una storia destinata - almeno per il momento - a

rimanere sullo sfondo del cammino del Napoli dello scorso campionato.

Interrogatorio secretato, non è impossibile immaginare dove sia andata a

battere l’azione investigativa: il rapporto con l’ex portiere del Napoli

Matteo Gianello, qualche conversazione di troppo, evidentemente non sfuggita

al lavoro degli inquirenti. Sulle prime Michele Cossato sembra aver ammesso lo

stretto indispensabile: si, è vero, ho scommesso. Sono uno scommettitore, ma

non ho mai contattato colleghi nel corso del campionato per costruire il

risultato perfetto. Poi, messo alle strette, sembra che si sia lasciato andare,

al punto tale da concedere qualcosa in più agli inquirenti, soprattutto in

merito alle telefonate con Gianello. I tabulati, in fondo, parlano chiaro,

difficile negare l’evidenza.

Telefonate che risalgono allo scorso anno - stando a quanto trapela dallo

stretto riserbo investigativo - e che non avrebbero comunque avuto il potere

di influenzare il cammino del Napoli o di altre squadre. Volevo sapere solo

che aria tirava - sembra questa la posizione difensiva dell’ex calciatore -

non l’ho fatto per truccare le carte, ma solo per capire come stavano le cose.

Versione al vaglio degli inquirenti. Inchiesta condotta dal pool del

procuratore aggiunto Gianni Melillo, un fascicolo che si arricchisce di nuovi

tasselli.

Pochi mesi fa, il caso Cossato era emerso anche alla luce di un altro

intervento di polizia giudiziaria. È la scorsa estate, quando la Procura

acquisisce computer, supporti informatici dei Cossato, ma anche di tecnici ed

esperti di calcio giocato. Cosa cercano gli investigatori? O meglio: qual è il

punto dell’indagine? Chiara la strategia: si indaga su un possibile traffico

di informazioni gestito dentro e fuori gli spogliatoi, notizie dettagliate

sulla condizione di salute dei calciatori, sulle scelte tecniche, sul clima

del prepartita, sulla decisione di convocare in rosa un giocatore in

particolare. Traffico di informazioni, appunto. E non è un caso che nel corso

dell’interrogatorio reso da Cossato, il discorso sarebbe caduto su Cremona, o

meglio, sulle indagini condotte dalla Procura di Cremona, culminate in arresti

e sequestri. Vicende per molti versi speculari, indagini che puntano ad

accertare suggestioni, a sgomberare il campo da sospetti. Sotto i riflettori

il cammino del Napoli nelle ultime due stagioni, tante partite passate al

setaccio, immagini e audizioni messe a confronto. Un chiarimento però è

doveroso: non c’è traccia di combine, né è possibile parlare di ombre sul

cammino del club partenopeo. Si procede per step, tanto da spingere qualche

mese fa a convocare per un interrogatorio lo stesso Matteo Gianello. Difeso

dal penalista Vincenzo Maria Siniscalchi, anche l’ex portiere del Napoli si è

limitato ad una alzata di spalle: ho scommesso, ma non ho mai truccato le

partite, mi chiedete di incontri (tipo Lecce-Napoli) per i quali non risultavo

neppure tra i convocati. Passioni, alzate di spalle, incrocio di dati a voce

alta.

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Joined: 14-Jun-2008
11014 messaggi

Perché non si può fare outing nel calcio?

di GABRIELLA GREISON dal blog su "il Fatto Quotidiano.it" 20-01-2012

Ecco: la discussione continua (leggi il post precedente), con Damiano Tommasi

che interviene, di nuovo, con una sua risposta. Entra nei dettagli più

significativi e pone nuove domande (che rilancio a tutti quelli hanno voglia

di rispondere). Una lettera più articolata, della precedente, con un leggero

passo indietro, un’apertura maggiore, e molto altro. Ve la posto.

Come vedi l’ora è sempre post nanna dei bimbi…..

Il link al quale mi riferivo non aggiungeva nessuna illuminata sapienza o

novità, erano solo due considerazioni del tipo che non ho nessun pregiudizio

ma non confondiamo la libertà di essere gay (nel senso che ognuno è, o cerca

di essere, se stesso e per questo non deve essere additato, emarginato o

discriminato) con l’obbligo di dirsi gay.

Della trasmissione radio, poi, volevo che si notasse come non ho mai

minimamente pensato di sconsigliare l’outing. (Se non ricordo male non ho

detto questo e ora non vorrei attardarmi ad andare a riascoltare). Come potrei

dare consigli se non conosco per bene la realtà che vive chi si

dovrebbe/vorrebbe esporre?

Alla domanda perché i gay nel calcio (perche ci sono di sicuro, lo si deduce

dalle statistiche) non lo dicono, ho solo posto alcune riflessioni del tutto

personali che non mi hanno mai impedito di convivere serenamente con

eterosessuali e omosessuali.

Mi ha chiesto l’intervistatore, se avessi mai conosciuto gay nel calcio e (è

la verità non astuzia) non ne ho mai conosciuti, o meglio, non mi ha mai detto

nessun calciatore di essere gay per cui magari conosco calciatori che sono gay

ma non lo so che lo sono……( non mi sembra omofobia)

Detto questo mi sono sempre chiesto perché nella mia vita non mi sono mai

dichiarato eterosessuale? E perché se un calciatore è omosessuale lo dobbiamo

sapere? Credo che da giornalista affermata non possa tu non ammettere come

sarebbe (ahimé) travolgente la notizia di un calciatore famoso gay per i media,

tv, riviste di gossip e tutto ciò che ne segue. O forse sarebbe trattato alla

stregua di un conduttore televisivo o uno stilista? Cioè con assoluta

normalita’?

Comunque, non è che anche considerare ‘doveroso’ l’outing sia una forma di

discriminazione? Perché l’eterosessuale no e l’omosessuale sì?

Infine per esperienza personale posso immaginare cosa significhi tenersi

tutto dentro quando le proprie tendenze sessuali sono considerate un problema,

non potrei mai pensare che, come si può evincere da certi commenti alla mia

intervista, che sono retrogrado e non accetto l’omosessualità nel

calcio…….solo non accetto la banalizzazione di un tema che genera ‘prurito’ e

‘curiosità’ spesso a discapito solo ed esclusivamente dei diretti interessati

e non certo al mondo del calcio.

Ora basta perché immaginando che verrà postata anche questa mia piccola/lunga

digressione non vorrei che si pensasse ……. ”ma non ha nient’altro da fare

quello?”

P.s. : La terza persona era riferita al personaggio dal quale in questo mondo

si fatica sempre più a distaccarsi per essere sempre più spesso persona……hai

fatto bene a non prenderla sul serio anche se la considerazione di me è

soprattutto la consapevolezza di avere la completa responsabilità di me stesso

ma qui si aprirebbe un altro capitolo che lascio volentieri perdere………

Hasta la proxima

Damiano

Dunque, sì, Tommasi ci ha visto giusto: tutto verrà postato, per il semplice

motivo che leggendo la raffica di commenti apparsi sia sul mio blog, sia su

quello sul sito del Fatto Quotidiano, sia su quello di Cadoinpiedi, in cui

tutta la discussione è stata ripresa fin dall’inizio, dicevo: visto il gran

numero degli interventi, l’argomento è di grande interesse, ma ci sarebbe

ancora e ancora e ancora tantissimo da dire, e chissà che non si arrivi a

qualcosa di più significativo.

Andando con ordine, ma partendo da fine lettera, e salendo, prima rispondo a

Tommasi su una cosa: nessuno dirà mai “non ha nient’altro da fare quello”, con

il tono che pensi tu, perché parlare di queste cose fa bene, e sicuramente

l’aver risposto (e di persona), ti rende umano, e intellettualmente

interessante. Poi, rifletto sulle domande. Intanto, è un passo avanti il fatto

che il presidente dell’Assocalciatori, abbia voglia di tenere alta

l’attenzione su questo tema, senza nasconderne l’esistenza o fingendo che

non ci sia (statistiche alla mano: secondo gli ultimi dati diramati dall’Oms, 10

persone su 100 sono omosessuali: una rosa di calcio è composta da 30 giocatori,

il conto si fa in fretta…).

Sta nel suo ruolo, comunque, di impegnarsi a limitare o risolvere il problema

della discriminazione: senza rafforzare il tabù esistente, chiedendo di non

fare coming out ai calciatori omosessuali, come (erroneamente? bah, io l’ho

riascoltata, e diceva proprio così) abbiamo tutti capito lui avesse detto

durante quella famosa intervista. Ma le domande che pone, non sono del tutto

condivisibili: perché io devo sapere che Cassano è stato con 600 donne, o che

Vieri sta con l’ennesima velina? Perché il mondo del calcio inneggia, esalta,

mitizza, i calciatori che hanno tante donne. E perché succede questo? Perché

c’è uno spogliatoio da condividere? Mi sembra assurdo. Nel calcio femminile,

per esempio, non avviene questo. Oppure, nei tuffi? Ricordate quando Matthew

Mitcham ha fatto coming out, e tutte le istituzioni australiane si sono

strette intorno a lui, sorreggendolo nella sua scelta di parlare di questo

davanti alle telecamere? L’ho conosciuto di persona, Mitcham, durante gli

ultimi mondiali di nuoto qui a Roma, è mi ha raccontato della normalità della

cosa. E lui era stupito del nostro stupore. Eppure, seguendo la logica delle

domande di Tommasi, non condivide pure lui lo spogliatoi con altri tuffatori?

Oppure, Anton Hysen, in Svezia, è calciatore, e ha detto di essere gay, di

recente. Cosa è successo? Niente. Gioca e vive, da calciatore. Da noi non può

succedere? Veramente Tommasi pensa che la stampa possa uscire con titoli a

quattro colonne, e tutti giù a ridere? Siamo circondati, nella moda, nella

musica, nello spettacolo, da gente che si dichiara omosessuale, e lo fa per

stare bene con se stesso, per non fingere di essere quello che non è. Ma

nel calcio, l’omosessuale, non può ammettere di esserlo, e addirittura deve

fingere di girare con questa o quella modella, per mascherare l’apparenza.

Quanto male sta uno che fa così? Io penso, forse ingenuamente, che se mai

facesse coming out un calciatore del nostro campionato, con grande coraggio e

stima per se stesso, beh, sì, a ruota lo farebbero pure tutti gli altri. E noi

(stampa, società di calcio, istituzioni) dobbiamo essere pronti a reagire di

conseguenza, accogliendo la normalità della cosa. Quello che si chiede

Tommasi, invece, è perché c’è questa curiosità sull’argomento. Beh, no, non

c’è nessuna curiosità morbosa, ma semplicemente, credo che il machismo nel

mondo del calcio sia una cosa così ridicola, antica, povera, arrogante, stupida,

bassa (e berlusconiana?), che andrebbe debellata.

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