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CRAZEOLOGY

K A L C I O M A R C I O! - Lo Schifo Continua -

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IL CALCIO ALLA SBARRA L’ex arbitro, dopo aver letto la nostra intervista ad un investigatore, ha fatto un esposto-denuncia in Procura

«Voglio la verità su Calciopoli»

Pieri: Anche il vostro giornale ha scoperto delle anomalie sull’inchiesta, ora serve chiarezza

di EDMONDO PINNA (CorSport 30-12-2011)

ROMA - L'ex arbitro internazionale, Tiziano Pieri, condannato a due anni e

quattro mesi con rito abbreviato nel processo di Calciopoli, ha presentato

ieri un esposto-denuncia alla Procura della Repubblica di Roma. Lo ha fatto

sulla scorta dell'intervista che il Corriere dello Sport-Stadio ha pubblicato,

lo scorso 23 dicembre all'investigatore dell'operazione Off side . Intervista

che è stata allegata e riportata nelle dodici pagine dell'esposto. Lo ha fatto,

anche, con le intercettazioni “inedite" che lo riguardano e che sono state

scovate dall'esperto informatico Nicola Penta, lo stesso che ha fatto parte

del pool legale di Luciano Moggi. Insomma, «ci sono delle anomalie

inspiegabili, lo avete messo in evidenza anche voi. E' giunto il momento che

qualcuno accerti la verità. I miei figli hanno il diritto di sapere che suo

padre non è un delinquente» si lascia sfuggire Pieri ieri mattina, proprio

mentre uno dei sui legali, Claudio Palazzoni (l'altro è Luigi Sena), stava

depositando l'esposto-denuncia presso il Tribunale di Lucca.

L'ARTICOLO - Troppe telefonate sparite, troppe situazione con non combaciano

e che sono state taciute, perse nei meandri di un'indagine complessa. Ecco

perché Tiziano Pieri ha presentato la sua denuncia, sulla scorta di quanto già

fatto anche da Dondarini (altro ex arbitro coinvolto in Calciopoli).

Nell'esposto viene sottolineato che, visto che il Pubblico Ministero «avrebbe

l'obbligo di portare elementi a discarico della persona sottoposta ad

indagini» , le omissioni dell'inchiesta «assumono un che di singolare (a tacer

d'altro) a fronte delle clamorose notizie emerse sui maggiori quotidiani

Nazionali il 23-12-2011. Ciò è dato di leggere su un articolo pubblicato dal

Corriere dello Sport, denominato “Clamorosa confessione - Calciopoli choc",

avente ad oggetto le rivelazioni di uno degli investigatori appartenenti al

R.O.N.O.» . E nell'esposto viene riportato per intero il nostro articolo.

«Appare evidente - è scritto nell'esposto-denuncia di Pieri - l'intento

manipolativo dell'attività investigativa che ha taciuto elementi assolutamente

favorevoli al Pieri e, relativamente alla pluralità dei soggetti coinvolti

nell'intero procedimento penale, ha “distorto" la realtà dei fatti, incidendo

conseguentemente ed in negativo sulla realtà processuale» .

LE TELEFONATE - Ma ci sono anche le telefonate scomparse, quelle che lo

stesso Pieri definisce «inedite» , ma solo perché nessuno le aveva mai

inserite nell'inchiesta o trascritte. Le ha scovate l'esperto informatico

Nicola Penta, lo stesso che aveva incrociato i dati e scovato le

intercettazioni portate al processo “ordinario" di Napoli, quello che ha

condannato Moggi in primo grado a 5 anni e 4 mesi. Nell'esposto-denuncia c'è

anche un dischetto con diciassette file contenente le telefonate definite

«fondamentali ed incontrovertibili» e che «attestano e comprovano, al di fuori

di ogni dato obiettivo, il reale svolgimento dei fatti» . In particolare,

annotano i legali di Pieri, «emblematica è la conversazione telefonica che il

Pieri ebbe il giorno 13.12.2004 (il lunedì successivo alla partita) con il

Designatore Pairetto all'esito della gara tra Bologna e Juventus» . Che è una

delle due partite che hanno portato alla condanna a due anni e quattro mesi

per l'ex arbitro internazionale (Pieri dice a Pairetto che guardandosi in tv,

e tornando indietro, non fischierebbe la punizione su Nedved che scatenò le

polemiche). L'altra è Juventus-Chievo, per la quale - ed è paradossale -

Luciano Moggi è stato assolto in primo grado.

___

CALCIOPOLI

Telefonate scomparse

Pieri deposita l’esposto

art.non firmato (Tuttosport 30-12-2011)

ROMA. L’anno va a concludersi ma non si concludono le azioni gudiziarie. Le

scorie del 2006, infatti, continuano a fare effetto. Un esposto-denuncia è

stato depositato da Tiziano Pieri alla Procura della Repubblica di Roma sul

metodo delle indagini nel processo di Calciopoli. Lo annuncia all’Ansa l’ex

arbitro, condannato nel 2009 a due anni e quattro mesi di reclusione dal

tribunale di Napoli. «Sono migliaia le telefonate scomparse e ritrovate -

commenta Pieri -, ritenute frettolosamente irrilevanti dagli inquirenti, ma

sicuramente determinanti per la ovvia potenziale decisività di ricaduta

rispetto all’esito del processo».

MOTIVAZIONI Tutto annunciato qualche giorno fa. E prontamente eseguito. «Per

le multiple anomalie del tutto inspiegabili» l’ex arbitro internazionale (che

fu anche condannato a un anno e sei mesi di inibizione dalla Disciplinare

della Figc ed è stato dismesso dagli organi tecnici dell’Aia nel luglio del

2008) chiede «che l’Autorità Giudiziaria competente accerti quali furono i

metodi utilizzati che condussero al paradossale stato di cose, verificando le

eventuali condotte penalmente rilevanti relative all’attività di indagine

espletata nel procedimento di cui sopra».

CHIUSURA L’esposto ha questo finale: «Ciò non toglie - conclude Pieri nella

sua dichiarazione resa all’Ansa - il mio sentimento di profonda fiducia

nell’operato della Magistratura e per questo motivo mi batterò in tutte le

sedi di Giustizia perché sia riconosciuta nel merito la mia totale estraneità

ai fatti».

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Mi pare che...

Persino Bocca aveva capito

che Calciopoli è una farsa

di LUCIANO MOGGI (Libero 30-12-2011)

Ci mancava il pentito delle intercettazioni a chiarire quanto noi diciamo da

tempo. Se uno che sembra aver fatto parte del pool investigativo ammette

l’insussistenza di prove a carico di chicchessia, se a dimostrazione di questo

ci porta a conoscenza del litigio avvenuto tra il comandante Arcangioli che

voleva archiviare e il maggiore Auricchio che invece voleva andare avanti, non

si può non capire quale e quanta fosse la volontà di quest’ultimo di colpire

in unica direzione. Ricordate quando il maggiore ebbe a dire all’assistente

Coppola che l’Inter non interessava alla (sua) giustizia mentre il Coppola

voleva denunziare la società nerazzurra per le pressioni che erano state fatte

su di lui per alleggerire la squalifica di Cordoba? Non poteva mancare a

questo nobile tavolo il Pm Narducci: ricordate il «piaccia o non piaccia non

ci sono telefonate dell’Inter» oppure quando è andato a Roma in dolce

compagnia di Moratti ed Auricchio a presentare il suo libro che ha la

prefazione di Zanetti? In questo processo c’è stato di tutto e di più a

cominciare dalle intercettazioni taroccate o addirittura occultate.

Non poteva ovviamente mancare chi, come Crosetti di Repubblica, scrive:

«Calciopoli mise in luce un apparato delinquenziale parallelo, capace di

controllare le designazioni arbitrali e falsare l’esito sportivo dei

campionati», infischiandosi di quanto stabilito dalla Costituzione che recita

come una persona debba essere ritenuta innocente fino a prova contraria e fino

a quando la sentenza non sia passata in giudicato nei tre gradi di giudizio:

lui invece emette la sua di sentenza appena dopo il primo grado.

La chiarezza di Abete

Non poteva non intervenire intanto sul Calcioscommesse il presidente federale

Abete, con la solita chiarezza e autorevolezza «È bene cercare di essere

attenti a salvaguardare l’immagine e il prestigio di persone che l’hanno

guadagnato nel corso degli anni, evitando che, chiacchiere in libertà possano

assurgere alla dimensione di una notizia ». Questo è Abete. .

Sentite allora JU29RO in proposito «Ecco, se quest’ultimo, semplicisssimo,

principio fosse stato applicato a Calciopoli, il castello di sabbia si sarebbe

disvelato per quello che era; e se anche allora ci si fosse preoccupati di

salvaguardare un prestigio e un’immagine guadagnati nel corso di oltre un

secolo, distinguendo chiacchiere da notizie, la Grande Ingiustizia non sarebbe

stata perpetrata. E la Figc non si troverebbe adesso a dover rispondere ad una

richiesta di danni, reali e non chiacchiere, per 444 milioni di euro».

Serve buonsenso

Muore Giorgio Bocca, un grande scrittore, grande uomo che ha fatto del

buonsenso una ragione di vita. Sentite cosa ha detto su Calciopoli: «C’era una

squadra, la Juve, che per la sua organizzazione, i suoi campioni, la sua

storia, era accreditata come la più forte e a nessuno sembrava truccata la sua

conquista dello scudetto. Aveva avuto favori arbitrali? Non più e non meno di

altre squadre. La prova che questo primato sportivo esisteva ed era meritato

veniva poi confermata dai campionati Mondiali di calcio, in cui la finale per

il primo e secondo posto era stata in pratica questione di una decina di

giocatori juventini. Ed è appunto con questi giocatori che il nostro calcio è

stato riportato ad una impresa non solo sportiva, ma etica, superando con

volontà e attaccamento alla maglia, la superiorità atletica e tecnica di

Francia, Brasile, Argentina e Germania. Non siamo esperti di istruttorie

sportive, ma quella che si concluse con severità inaudita ci pare tra le più

sbrigative e criticabili che si conoscano: intercettazioni telefoniche scarse,

40 quelle di Moggi su migliaia, grandissima fretta di concludere, un’aria di

pregiudizio, di condanna già scritta in partenza, la voglia dei giudici di far

passare per congiura di pochi malfattori un sistema di prepotenze, dei più

grandi sui più piccoli, che è ormai la regola generale di questo come di altri

sport. In quel tempo poi le trasmissioni televisive erano addirittura

raggelanti: hanno partecipato a questi dibattiti i più noti, i più influenti

giornalisti sportivi che per mesi, per anni, erano andati avanti ad allusioni,

a strizzate d’occhi per far capire al pubblico che loro sapevano. Difendevano

il loro lavoro? Tacevano per il bene del calcio? E allora perché non lo

difendono oggi che è assalito da un branco di iene, che minaccia di far cadere

in pezzi l’intera organizzazione calcistica opponendosi alle vendette

trasversali, alle gelosie, alle manovre dei club e dei loro burocrati? ».

Questo era Bocca.

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CESARE PRANDELLI

Un calcio oltre

GLI SCANDALI

Pazzesco dare spazio agli scommettitori. E ora servono serietà e

normalità per ripartire. Parla l'allenatore della Nazionale

colloquio con CESARE PRANDELLI di MARCO BUCCIANTINI (l'Espresso n. 1 | 4 gennaio 2012)

[lo stesso colloquio, più dettagliato, a questo link]

Il maggior timore è la pubblicità di tutto quello che ormai gli accade. Non

avrebbe mai pensato "di dover parlare tanto, spiegare tutto". Nella Bassa

Bresciana le parole sono un risparmio da tenere custodito in privato. "La

popolarità ancora m'imbarazza e mi piace che sia così. Ma è giusto

interpretare un ruolo, è senso di responsabilità. Prima, nei club, mi

preoccupavo di farmi capire da una città, da una tifoseria. Adesso sento il

dovere di essere compreso da Palermo a Milano. Ci provo e non sempre credo di

riuscirci". Nel suo spoglio ufficio nella sede della Federcalcio è in gessato

blu. Dice che bisogna attraversare la vita cercando di amare. "Di vederlo,

l'amore. Di toccarlo, perché l'amore va abbracciato". Così Prandelli un giorno

di ogni settimana raduna la sua famiglia a Orzinuovi, dove i Prandelli prima

di lui hanno vissuto, lavorato, amato. Il figlio grande - Nicolò - arriva da

Parma, e la figlia minore, Carolina, viene con il fidanzato. Con Nicolò e la

moglie Veronica c'è anche Manuela, nata 5 mesi fa, "e io ho fatto un patto con

i genitori: lasciatemela viziare quanto mi pare, sono un costretto a viverle

lontano". La piccola Manuela, che si chiama come la madre di Nicolò, morta di

cancro 4 anni fa, non è l'unica persona nuova nella famiglia. C'è anche

Novella Benini, la compagna di Cesare. Che però porta ancora la fede. "Questo

anello è mio, è nostro: della storia d'amore fra me e Manuela. Che non

svanisce, non può".

Lei è diventato un uomo condiviso in un Paese di tifoserie e rivalità.

"Penso che la gente apprezzi la mia normalità. La misura, la serietà, anche.

È un complimento che ricevo spesso, credo ci sia sostanza".

La sua normalità in un mondo del calcio che appare sempre più

anormale, se non sputtanato, nell'indagine sulle scommesse.

"Le scommesse mi mettono addosso tristezza. Una partita finisce condizionata

da appetiti criminali che partono dall'altra parte del mondo e arrivano dentro

gli spogliatoi. È pazzesco non avere difese, lasciar passare questo buio".

Parte del marcio è affiorata grazie al comportamento "normale" di un

calciatore che ha detto no ai soldi per vendere una partita.

"Per questo ho chiamato il giocatore del Gubbio, Simone Farina, a Coverciano.

Merita di respirare l'aria della Nazionale. Sono importanti la normalità e la

serietà: è una buona storia per ricominciare".

Il calcio non è un'isola ma specchio della crisi del Paese?

"Il comportamento di una comunità, di uno Stato, lo fanno le persone. La loro

etica e la loro morale. Questi sono i dirigenti che abbiamo. Io parlo di

calcio, perché l'ho vissuto. Serve l'esempio, la capacità di negarsi davanti

ai comportamenti scivolosi. Quando giocavo e poi allenavo all'Atalanta non si

organizzavano scommesse. Il direttore era Giacomo Randazzo. Ti guardava negli

occhi, capivi che era un "No, non si può fare". Avevamo timore a chiedergli un

biglietto per gli amici. Il contegno di una classe dirigente è fondamentale".

L'Italia è in buone mani?

"Lo spero. È un momento decisivo. Ho una stima e un'ammirazione smisurata per

Napolitano. Questo governo trasmette serietà perché incarna la volontà del

capo dello Stato. Mi piace che abbia preso in mano la situazione, mi fido di

quelle mani. E per una volta dobbiamo essere disponibili, prima ancora che

polemici. Ma questo è un Paese che vive di commenti, non di fatti".

Difficile chiedere disponibilità a un pensionato, o a un professore

precario. Lei si è sbilanciato: il mondo del calcio non si tiri

indietro.

"Chi ha di più, deve pagare di più. A Firenze dicono: "Bisogna frugarsi".

Quando affermai che eravamo privilegiati, e che ci toccava una parte maggiore,

nello spogliatoio erano d'accordo. Sono ragazzi più sensibili di quello che

vogliamo facilmente credere. Però non siamo noi lo scandalo. Quando facevo il

calciatore guadagnavo molto, e comparivo sempre ai primi posti della

classifica dei redditi della provincia di Brescia. Ma molti erano più ricchi

di me. Avevano fabbriche, proprietà sconfinate, ovunque, ma in classifica non

li vedevo. Nei momenti di crisi l'evasione fiscale è ancora più inaccettabile,

e in giro ce n'è tanta, a tutti i livelli. Dai grandi guadagni nascosti

all'estero ai piccoli lavori mai fatturati. Scarseggia il senso civico".

Oltre Napolitano, quali politici apprezza?

"Mi piace Renzi, il sindaco della città dove vivo. Ha idee, e la passione e

la determinazione per perseguirle. Sa ascoltare le persone e considerarle

nelle decisioni, questa è una qualità che non tutti i politici hanno. Come

ogni amministratore, sarà possibile misurarlo con i fatti".

Napolitano ha 86 anni, Renzi 36: nel mezzo?

"La situazione dell'Italia è sotto gli occhi di tutti".

Cosa le piace ancora del calcio?

"Il campo. Il prato. Le porte, in fondo: bisogna arrivare là, fare gol. È

tutto qui. Quando smetterò di allenare, mi mancherà il campo. Il resto, no".

Rispetto ai suoi tempi cosa è cambiato?

"Era diverso. Finivamo la partita e i giornalisti bazzicavano lo spogliatoio.

Costruivamo rapporti veri. Calciatori, dirigenti, giornalisti, tifosi: i

"mondi" intorno al calcio s'incontravano, si confondevano. Poi questo spaccato

pieno di soldi si è popolato di molte persone nuove, e ogni ruolo voleva il

suo boccone di torta. Il calcio è diventato un veicolo dove ognuno è salito

per fare i propri interessi".

C'è molta Juventus nel suo bagaglio. La squadra in cui lei vinse tutto

è tornata grande.

"La squadra è forte. Il progetto è vero, condiviso. L'allenatore è stato

scelto e assecondato dalla società per la sua identità precisa di gioco. Molto

agonismo, molto attacco. E poi hanno lo stadio nuovo. Queste sono opere

virtuose per una società di calcio, valgono punti in classifica. Per essere

competitivi lo stadio di proprietà fa la differenza. Me ne sono accorto in

Inghilterra".

In Inghilterra cosa c'è di più rispetto al calcio italiano?

"La loro cultura dello sport, per dirla bene. Non siamo lontani, ma quel poco

da fare è un passo avanti, deciso. Il presidente del Coni Gianni Petrucci ha

messo intorno a un tavolo i proprietari della maggiori società di calcio, e la

Federazione, per trovare una civile riconciliazione per una vicenda,

Calciopoli, che non è ancora cenere...".

Perseguitati dal passato.

"Eppure l'iniziativa è giusta, importante, anche se il risultato massimo

dovesse essere una civile "lontananza". Calciopoli non può trovare un finale

concordato. Però quel tavolo può essere l'inizio per guardare avanti. Agli

stadi, anzitutto: comodi, coperti, senza barriere. Bisogna avere ambizione e

coraggio, il risultato sarà bellissimo: là in Inghilterra la partita era un

pezzo di una giornata di festa. Due ore da passare insieme dentro una giornata

libera. In Italia la partita diventa "troppo". È caricata di tensione. Non è

più uno spettacolo ma una resa dei conti".

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CESARE PRANDELLI

Un calcio oltre

GLI SCANDALI

Pazzesco dare spazio agli scommettitori. E ora servono serietà e

normalità per ripartire. Parla l'allenatore della Nazionale

colloquio con CESARE PRANDELLI di MARCO BUCCIANTINI (l'Espresso n. 1 | 4 gennaio 2012)

[lo stesso colloquio, più dettagliato, a questo link]

Si potrebbe notare, confrontando le due versioni (quella cartacea qui

riportata con quella completa leggibile online), il taglio preciso e finale su

Calciopoli impresso sull'edizione cartacea.

I Think I'm Paranoid

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buon giorno ghost dog,riesci a trovare l'articolo del titolone di oggi di corsport sul calcioscommesse?

e grazie per il tuo lavoro di tutti i giorni..

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buon giorno ghost dog,riesci a trovare l'articolo del titolone di oggi di corsport sul calcioscommesse?

e grazie per il tuo lavoro di tutti i giorni..

Gimli, mi spiace ma il paginone n.13 con le confessioni del non-giovane Gervasoni non è editabile

tramite browser ed in pratica bisognerebbe andare di ocr per poi integrare manualmente se tutto

va bene, altrimenti tutt'a mano.

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Gimli, mi spiace ma il paginone n.13 con le confessioni del non-giovane Gervasoni non è editabile

tramite browser ed in pratica bisognerebbe andare di ocr per poi integrare manualmente se tutto

va bene, altrimenti tutt'a mano.

figurati,grazie lo stesso,tanto srà lo stesso di quanto scritto dagli altri giornali.buone feste :-)

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ANSA) - GINEVRA, 30 DIC - La Federcalcio svizzera (Asf) ha inflitto 36 punti di penalizzazione al Sion, il club escluso dall'Europa League per aver schierato giocatori tesserati nonostante il divieto di operare sul mercato. La decisione, presa all'unanimita', segue l'ordine della Fifa all'Asf d'agire contro la societa' ''ribelle'' dopo la decisione del Tas di dare ragione all'UEFA per aver escluso il Sion dalla competizione europea. La squadra si trova ora ultimo in campionato, con -5 punti in classifica.

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Il commento

Calciopoli, un’inchiesta da riaprire

di ENZO BUCCHIONI (La Nazione 24-12-2011)

art.scoperto grazie a Franco Del Re

Il colonnello Auricchio ha cambiato lavoro, alla divisa di carabiniere ha

preferito la forse più comoda poltrona di capo di gabinetto del sindaco di

Napoli, ma qualcuno prima o poi dovrà comunque chiedergli conto dei troppi

inquietanti interrogativi che ruotano intorno all’inchiesta da lui condotta

tra il 2005 e il 2006 passata alla storia come Calciopoli.

L’ultima domanda l’ha fatta proprio un uomo del team di Auricchio.

L’investigatore che riferisce dell’incontro tra il designatore Bergamo, il

vice presidente della Federcalcio Mazzini e i fratelli Della Valle, si chiede

dove siano finite le trascrizioni di quel colloquio e, soprattutto, perché non

siano mai state messe agli atti.

Già, perché? E perché le intercettazioni che riguardavano l’Inter (ma anche

di altre squadre) sono state cestinate? E ancora: perché altre 130 mila

telefonate non sono state trascritte?

Ormai questa è l’inchiesta dei Grandi Perché e quando Guido Rossi pretende di

tappare la bocca a tutti barricandosi dietro le sentenze sportive e penali,

non può non sapere che le sentenze si fanno sulle carte prodotte

dall’inchiesta e se le carte sono parziali le sentenze diventano ingiuste.

Non siamo qui a cercare di difendere Moggi o sminuirne il ruolo: le

responsabilità dell’ex DG della Juve sono chiare . Ma interrogativo dopo

interrogativo si rafforza la sensazione che questa inchiesta nata male sia

stata condotta ancora peggio.

C’era un teorema da seguire e perseguire a tutti i costi? Questa volta siamo

noi a porre una domanda alla quale non è difficile rispondere: i sospetti non

mancano. E se anche il presidente del CONI Petrucci ha scritto nel documento

poi non approvato dal tavolo della pace che nel 2006 “gli organi federali sono

stati condizionati dal momento”, è arrivato il momento di una revisione di

quell’inchiesta, di quei processi, di quelle sentenze in nome e per conto di

una verità più vera.

___

Calciopoli, un’inchiesta da riaprire e capire

di FRANCO DEL RE (GIÚleMANIdallaJUVE 30-12-2011)

Essendo nato in Toscana ed essendo ivi residente in casa si legge il giornale

locale, ovvero La Nazione testata per la quale spesso scrive il Signor

Bucchioni.

Il giorno di vigilia, accompagnando l’articolo riguardante le rivelazioni del

cosiddetto “pentito” di Calciopoli, Bucchioni scriveva l’editoriale

“Calciopoli, un’inchiesta da riaprire”, al quale mi permetto di criticarne in

toto lo spirito e di confutarne il senso punto per punto.

1) Se un colonnello dei carabinieri dovesse “render conto” di una delazione

anonima riportata a mezzo stampa credo che la ben poca rimanente dignità di

questo paese e della sua sgangherata giustizia andrebbe definitivamente in

malora, visto che il colonnello Auricchio ha reso ampia (e lacunosa)

testimonianza già durante il processo di Napoli; e questo lo dice uno che di

Auricchio non ha la benché minima stima.

2) Le intercettazioni che riguardavano l’Inter non sono state cestinate:

all’inizio il PM Narducci, mister “piaccia o non piaccia”, aveva dichiarato

che non esistevano, per poi dover clamorosamente ritrattare quando queste

intercettazioni furono scovate dal team difensivo di Moggi; queste telefonate

a livello sportivo hanno portato a un documento incriminatorio ex art. 6 del

c.g.s. da parte del procuratore-tartaruga Palazzi nei confronti dell’Inter,

mentre nel processo penale i PM, ricordatisi stranamente della loro esistenza

dopo che gli avvocati di Moggi gliele hanno sbattute sotto il muso, le hanno

considerate ininfluenti al fine di un quadro probatorio di colpevolezza,

ovvero irrilevanti. Peccato che alcune di esse i carabinieri le avessero

marchiate coi celeberrimi “baffi rossi” che testimoniavano contenuti

tutt’altro che “irrilevanti”

3) Guido Rossi parla giustamente trincerandosi dietro le sentenze penali e

sportive; ma non perché queste siano dogma di fede, come sento dire spesso da

chi ritiene che “le sentenze vadano rispettate”, ma perché nessuno è mai

entrato nel merito di quelle sentenze, ovvero nessuno le ha mai analizzate

attraverso il metro di giudizio dell’ascolto delle varie udienze. Infatti, le

sentenze non si rispettano, ma si analizzano, si commentano e se sono sentenze

aberranti come quelle partorite da tutta la vicenda Farsopoli (sì: Farsopoli,

iniziamo intanto a chiamare le cose col proprio nome) si criticano ferocemente

e si disconoscono addirittura. Il problema è averne piena conoscenza per far

ciò: altrimenti ci si riduce ad una serie di sterili “Grandi Perché” ai quali

i Guido Rossi di turno risponderanno sempre a modo loro, ovvero: “fate tacere

le ştronzate”.

4) Che nell’articolo non si difenda Moggi mi pare evidente, lapalissiano; è

scritto per un giornale fiorentino che difende gli interessi della Fiorentina

e dei suoi proprietari; legittimo, e ci mancherebbe altro, ma in questo caso,

e non solo in questo, clamorosamente fuorviante: da un giornalista ci

aspettiamo che non si presti a vellicare gli istinti vendicativi della

tifoseria viola, ma che faccia seriamente il mestiere per il quale viene

profumatamente pagato: informazione e giornalismo. Perché se solo avesse

assistito ad una delle tante udienze del processo di Napoli una frase inutile

e demagogica come quella su Moggi non l’avrebbe mai scritta (“le

responsabilità dell’ex DG della Juve sono chiare” ); difatti è nell’ascolto

delle udienze che avrebbe capito che Calciopoli è Farsopoli, per tutti: Della

Valle come Moggi; Mazzini come De Santis. Avrebbe visto forse l’Italia

moralmente ed eticamente peggiore, ma innocente di fronte alla legge;

avrebbe visto tutti e dico: tutti i testi dell’accusa di fatto contraddire le

tesi dell’accusa stessa; avrebbe scoperto che le SIM sizzere possono

essere intercettate, contrariamente a quanto affermato dagli inquirenti e

allora si sarebbe chiesto perchè tali intercettazioni non siano state eseguite,

ma si sia lasciato il popolino nella convinzione che "chissà cosa tramassero

ai telefoni non intercettabili... "; avrebbe ascoltato le palle, anzi: le

palline di Manfredi Martino su come “non” truccavano i sorteggi; avrebbe

scoperto come le mitiche ammonizioni preventive dell’Udinese in previsione del

match con la Juve fossero state comminate a giocatori che non erano diffidati,

mentre l’unico squalificato fu Jankulovsky, che aveva preso a pugni un

avversario; si sarebbe accorto che la telefonata fra Moggi e Della Valle era

stata di fatto alterata, ovvero tagliata proprio in quel pezzo in cui si

capisce che fra i due non c’è alcun accordo truffaldino; avrebbe scoperto come

la Juve avesse una media punti inferiore quando diretta dagli arbitri

affiliati alla presunta cupola rispetto a quelli ritenuti onesti; e poco

importa se quelli onesti in realtà si incontravano con dirigenti di altre

squadre a mò di carbonari nei ristoranti fuori orario di apertura. Insomma:

avrebbe avuto modo di “togliersi la sete col prosciutto”, come si dice dalle

mie parti e sviscerando gli atti del processo, che ci sono e sono sotto

gli occhi di tutti, anche di quelli che stranamente oggi li richiedono,

capirebbe l'incongruità dell’affermazione su Moggi, in quanto è chiaro come il

sole che la procura e i giudici hanno considerato Moggi e Della Valle sodali

di una cupola e che salvare l’uno continuando ostinatamente a ritenere

colpevole l’altro è esercizio impossibile da risolvere.

5) Alla teoria degli organi federali “condizionati dal momento” non crede

neanche Petrucci. Chi ha condizionato pesantemente questa vicenda sin dal 1998

è sempre stata la giornalaccio rosa dello Sport, che se per propria bocca “nasce

interista”, nell’anima è juventina, o meglio: “agnellina”, visto che la Exor

ha una quota rilevante di RCS, leggasi: Corriere della Sera e giornalaccio rosa. Per

non parlare de La Stampa, giornale della “real casa” da subito arroccatosi su

posizioni colpevoliste.

Per concludere questa disanima lascio lì un consiglio spassionato, quasi da

arci-italiano: ci si chieda perché la categoria dei giornalisti italiani,

quella dei Montanelli, dei Bocca, dei Brera, dei Viola langue placida e grassa

al settantaduesimo posto nella classifica mondiale della libertà di stampa.

Ci si chieda come mai per tanti, per troppi casi giornalistici la "categoria"

ha demandato il lavoro e l’arte di informare a semplici dilettanti:

forumers di siti di appassionati che ricercano la verità e non la compiacenza

del proprio editore; ci si chieda perché l’informazione sulla farsa l’abbia

dovuta fare un sito come Giulemanidallajuve.com, del quale mi vanto e

mi onoro di essere redattore; ci si chieda come mai un gruppo di avvocati,

architetti, operai, dottori, salumieri, casalinghe, ecc., ecc. abbia svolto,

da dilettanti, il lavoro che si richiede ai professionisti e soprattutto ci si

chieda come mai l’abbia fatto molto meglio dei professionisti stessi;

infinitamente meglio; ci si chieda come mai a distanza di cinque anni da quei

fatti possa ancora uscire un editoriale ricco di errori (Auricchio le indagini

le iniziò molto prima del 2005) e di domande ovvie e scontate che neppure si

danno l’apparenza del “pezzo d’inchiesta” come quello di Bucchioni della

Vigilia di Natale.

E mi credano tutti coloro che leggeranno queste righe: far parte di un sito

di tifosi juventini non ci sminuisce affatto nel ruolo di ricercatori

della verità, anzi: abbiamo talmente conosciuto e sviscerato la Farsa che se

avessimo avuto coscienza della colpevolezza degli ex dirigenti bianconeri ce

ne saremmo accorti noi per primi, visto che noi, ed altri siti come il nostro,

e solo noi appassionati bianconeri, per causa di forza maggiore ci siamo

impegnati strenuamente nella ricerca di quella che Bucchioni chiama

“verità vera”

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NON ERA MEGLIO LA COPPA ITALIA?

di FABRIZIO BOCCA (la Repubblica 31-12-2011)

È giusto difendere i diritti dei calciatori quando è necessario, ma è anche

ora di dire chiaramente che le loro vacanze di Natale sono un privilegio senza

senso nel calcio iperprofessionistico e iperpagato di questi anni. Se il

calcio è uno spettacolo - o almeno: anche uno spettacolo - non si vede perché

intere categorie di lavoratori di cinema, musica, teatro e tv debbano

raddoppiare gli sforzi per accontentare le persone comuni che durante le feste

di fine anno vogliono divertirsi e svagarsi, mentre i calciatori, per un falso

diritto acquisito, pretendano addirittura la pausa Maldive. Sono circa 20 anni

che le tre settimane di stop - 17 giorni quest´anno, ma senza il recupero

della prima di serie A rinviata per sciopero sarebbero stati almeno 20 - sono

diventate un totem intoccabile: prima poteva capitare benissimo di giocare a

Natale o Capodanno e nessuno si sentiva "sfruttato" per questo. Il sindacato

deve difendere diritti, non tutelare privilegi fuori luogo.

Giusto non spremere i calciatori, giustissimo che abbiano le loro ferie e i

loro riposi, ma ruolo, super-ingaggi e collocazione al vertice dello sport di

oggi non possono garantire lo stesso diritto di un impiegato o di un operaio

alle feste di fine anno in famiglia. Alle Maldive o a Miami possono andare in

altra data: subito dopo le feste, ad esempio. Non certo durante, quando il

lavoro abbonderebbe. È vero che anche altri campionati si fermano, ma è anche

vero che in Inghilterra invece il calcio di fine anno è un appuntamento

imprescindibile, che richiama ancor di più le famiglie allo stadio. Altri

sport, come il basket (prima di tutti l´Nba) non si fermano affatto a Natale:

perché il calcio italiano deve per forza farlo, a rischio di una rivoluzione?

E´ così lunga questa pausa che i club ne approfittano per riempirla con

ritiri esotici. Ma perché far soldi con gli Emirati Arabi quando si potrebbero

fare qui in maniera naturale, e cioè giocando? Normalmente, al pomeriggio,

senza per forza vendersi al gelo delle notturne. Come in Inghilterra, dove si

va in campo anche oggi.

Negli ultimi due anni quando si tentò, senza riuscirci, di reintrodurre il

calcio a Natale, circolava una proposta interessante: quella di disputare

nelle feste di fine anno l´intera fase finale di Coppa Italia. Quarti nei

giorni di Natale, semifinali in quelli di Capodanno, finale all´Epifania.

Manifestazione in due città collegate (Milano e Torino, oppure Roma e Firenze,

Napoli e Bari) a rotazione ogni anno, con squadre in ritiro sul modello di

Europei e Mondiali. Si rilancerebbe la Coppa Italia, che da noi è figlia di

nessuno, trovandole una collocazione prestigiosa e concentrando il cuore del

torneo; grande attenzione e fascino; si sgombrerebbe il delicato finale di

stagione quando la Coppa Italia diventa un problema; si taglierebbe qualche

partita dal calendario (gare uniche a eliminazione diretta, e non andata e

ritorno non si sa mai quando). La gente correrebbe volentieri allo stadio e le

tv avrebbero il loro goloso zuccherino.

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La ripartenza Parla il n. 1 della Figc: il 2011 è stato l'anno della rinascita azzurra

L'Italia

s'è desta

Abete tra Europeo e Under 21

«Con Prandelli e Ferrara

passione e grandi progetti»

di FABIO MONTI (CorSera 31-12-2011)

ROMA — Giancarlo Abete, 61 anni, romano, studi classici (una cultura

sterminata, con citazioni che spaziano da Cicerone a Musil, passando per

Cardinal Ravasi) e laurea in economia, è nel calcio dall'88. È stato

presidente del Settore Tecnico, della Lega di serie C, capodelegazione al

Mondiale vinto nel 2006 in Germania ed è presidente della Figc dal 2 aprile

2007. Alle elezioni per la presidenza federale del 2000 aveva ottenuto il 67%

dei voti, ma era stato bloccato dalla clausola di largo consenso (il diritto

di veto). Una storia vecchia, ma significativa. Questa è la sua visione del

calcio italiano all'inizio del 2012.

Presidente, dodici mesi fa avrebbe immaginato che il 2011 azzurro

sarebbe stato così positivo, dopo la disastrosa spedizione al Mondiale

in Sudafrica e l'eliminazione dalla fase finale dell'Europeo e

dall'Olimpiade da parte dell'Under 21?

«La qualificazione europea con la nazionale maggiore e il positivo percorso

dell'Under 21 sono due risultati importanti. Molto merito va a Prandelli e

Ferrara. In situazioni diverse, hanno saputo dimostrare una positività nel

loro lavoro in netto contrasto con la diffusa tendenza nel Paese alla

negatività. Ho visto nel loro lavoro entusiasmo e voglia di costruire. Ed è

importantissimo, perché le partite si possono vincere o perdere anche

all'ultimo minuto o ai rigori, ma il lavoro, se è fatto bene come nel loro

caso, resta e lascia un segno».

Prandelli ha fatto più in fretta del previsto a ricostruire o è

soltanto un'impressione?

«Avevamo trovato l'accordo con Prandelli, prima di andare in Sudafrica. Il

fatto che l'intesa fosse per un contratto di quattro anni spiega che tutti noi,

comunque fosse andata in Sudafrica, eravamo convinti della necessità di

impostare un progetto di medio periodo. La qualificazione ha cominciato a

maturare già alla fine del 2010, nonostante esistesse una situazione stressata,

nel senso che il nostro calcio ha sempre sofferto non soltanto quello

argentino e uruguaiano, più di quello brasiliano, ma anche la scuola della ex

Jugoslavia. Avere nello stesso girone anche Slovenia e Serbia poteva essere un

problema, ma la squadra se l'è cavata bene. E poi voglio ricordare che

Prandelli ha dovuto lavorare su una base diversa rispetto a un tempo. Si è

passati da un campionato in cui il 28 per cento del totale dei minuti veniva

giocato da chi non era selezionabile per la nazionale a uno dove il tetto per

i non selezionabili ha superato il 50 per cento».

Adesso c'è la fase finale dell'Europeo. Prandelli ha detto: in

partenza non mi accontento della semifinale. Esagerato?

«No, direi in linea con la storia del nostro calcio. Io sono con lui, nel

senso che mi avvicino all'Europeo senza presunzione, ma senza pormi dei

traguardi. Senza presunzione, perché so che l'Europeo è una manifestazione più

stressata del Mondiale, dove non c'è spazio per l'errore. Ma senza la logica

di chi si accontenta di un quarto posto in partenza, perché questo non farebbe

parte del ruolo di chi guida una federazione che ha vinto nella sua storia

quattro titoli mondiali, un titolo europeo e cinque volte il campionato

continentale con l'Under 21. Se dicessi in partenza che va bene il quarto

posto, la gente non capirebbe».

I risultati e soprattutto il gioco dell'Under 21 hanno sorpreso tutti.

Anche lei?

«C'è una differenza fondamentale rispetto al passato, quando i giocatori

della Under 21 avevano uno spazio importante nei loro club. Il rendimento

della Under 21 è stato particolarmente brillante anche tenendo conto che il

50% degli azzurri viene dalla serie A e il 50% dalla B. In generale, credo sia

importante tutto il lavoro che è stato fatto con le nazionali con il club

Italia, guidato da Albertini e con le giovanili, dove, con la supervisione di

Sacchi, abbiamo ridato vita a una serie di rappresentative, dalla Under 20

alla Under 15, affidate a tecnici con un passato importante da giocatori».

Il 2012 sarà l'anno in cui Calciopoli uscirà dalla cronaca per entrare

nella storia?

«In questo momento la valutazione delle sentenze è più concentrata su quella

di Napoli, che è al primo grado, piuttosto che su quella sportiva. Sono

convinto che tutto quanto è stato deciso in ambito calcistico nel 2011 sia

stato fatto nel più assoluto rispetto delle regole della Figc, che sono

diverse da quelle della giustizia ordinaria e che sono quelle che consentono

all'istituzione di essere credibile. La riunione del 14 dicembre al Coni non

avrà prodotto risultati immediati, ma ha rappresentato comunque una semina

importante. Ora aspettiamo con serenità gli sviluppi delle situazioni in

essere, compreso il ricorso della Juventus al Tar del Lazio».

Il vero problema adesso è quello delle scommesse...

«Ed è un problema enorme, perché è di portata mondiale. In prima fila in

questa lotta ci sono il Cio (e ci riuniremo di nuovo a Losanna il 2 febbraio),

la Fifa, l'Uefa, i governi. Noi cerchiamo di fare tutto il possibile per

contrastare questo fenomeno, però con i mezzi che abbiamo. Sottolineo soltanto

che gli arresti di questi giorni hanno coinvolto personaggi ai quali la

giustizia calcistica aveva già inflitto squalifiche pesanti. Segno che è stata

quantomeno tempestiva».

Il 2012 dal punto di vista della politica federale sarà un anno di

battaglie pesanti?

«Non credo. Il punto centrale è spingere per la legge sugli stadi, a costo

zero per la comunità. Arrivare agli stadi di proprietà è un fatto non più

differibile, perché rischiamo davvero di restare indietro rispetto al resto

d'Europa. Il caso della Juve spiega bene quanto sia importante arrivare agli

impianti di proprietà: ci sono più abbonati per il nuovo stadio di Torino

rispetto a quanti erano i paganti nel vecchio Olimpico. Di questo, insieme con

il presidente del Coni, Petrucci, abbiamo già parlato con il ministro Pietro

Gnudi. E poi lavoreremo per la tutela dei marchi e per una revisione della

legge 91, fermo restando che qui i margini di manovra sono ridotti e che il

problema fiscale è un falso problema. Che il calciatore sia un lavoratore

subordinato o autonomo cambia poco dal punto di vista del costo del lavoro.

Del resto anche in Spagna il vecchio regime fiscale è stato cancellato;

sopravvive solo per i contratti in essere. Il nostro riferimento è il Coni,

trattandosi di problematiche che investono diverse federazioni».

In compenso sarebbe ora di parlare di ridurre il numero delle squadre

professionistiche. Erano 132, quest'anno sono scese a 119, ma sono

comunque tante. Perché non interviene direttamente il presidente

federale?

«La Figc ha operato con due commissioni presiedute da Tavecchio e da Macalli

e ha approfondito l'ipotesi di nuovi format, ma ricordo che lo statuto toglie

qualsiasi potere in questo senso al presidente della Figc. Non posso essere io

a procedere d'ufficio, perché non ne ho il potere. La Lega di serie B e la

Lega Pro si sono mosse...»

Quella di Milano sembra preoccupata solo di litigare e basta. . .

«La legge Melandri, con il ritorno alla vendita centralizzata dei diritti tv

e la separazione dalla B, hanno creato una situazione nuova, che ha tolto

potere alle grandi squadre, quelle che rappresentano il calcio italiano nel

mondo e ne ha dato a quelle che chiamiamo medio-piccole. E da questo dipende

anche il format della serie A. Si è passati da un campionato a 18 squadre con

quattro retrocessioni a uno di 20 con tre. Secondo voi, la maggioranza

vorrebbe tornare indietro?»

È contento del rendimento degli arbitri?

«Il livello generale è buono, anche se non sono mancati alcuni errori

importanti. Mi sembra che rispetto al passato questi errori, quando ci sono,

vengano letti e giudicati con maggiore tolleranza».

Ha già deciso se si ricandiderà alla presidenza della Federcalcio

all'inizio del 2013, alla scadenza del quadriennio olimpico per un

terzo mandato?

«C'è ancora tutto un intero anno di lavoro, poi alla fine del 2012 valuterò

se ripresentare la mia candidatura. Una cosa però deve essere chiara: il mio

tipo di operato prescinde da quello che potrà avvenire nel 2013. Intendo fare

tutto quello che il mio ruolo mi imporrà di fare. La dignità non ha prezzo e

penso di averlo dimostrato in tutti questi anni».

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L'INTERCETTAZIONE

Doni, Percassi e quei

tabulati che scottano

L'Atalanta smentisce:

«Mai pratiche illegali»

Dall'ex capitano sospetti sui contatti tra

l'ex d.g. Giacobazzi e un nostro cronista

di ALEX FROSIO (GaSport 31-12-2011)

Tra le intercettazioni telefoniche nel faldone della Procura di Cremona, ce

n'è una datata 7 settembre 2011 in cui Cristiano Doni parla con Serse Pedretti,

proprietario della Onis Sportswear, rivendita ufficiale di magliette e gadget

dell'Atalanta. L'intercettazione è già stata pubblicata da alcuni siti

internet e dal quotidiano Tuttosport. L'ex capitano mette in dubbio l'operato

della giornalaccio rosa dello Sport e in particolare del collega Roberto Pelucchi

(vorrebbe «vederlo strisciare»), che - in combutta con l'ex d. g. Cesare

Giacobazzi, il cui contratto fu risolto a giugno 2010 con l'arrivo del nuovo

presidente Percassi (come confermato dal bilancio del club 2009-10) - avrebbe

«strumentalizzato» la situazione per aggravare la posizione di Doni. Le ultime

rivelazioni danno ragione al limpido lavoro del collega. Parlando di una

lettera anonima inviata al procuratore federale Palazzi (scritta da Giacobazzi,

secondo Doni), si trova un passaggio inquietante su «tabulati» in possesso di

Percassi riguardanti Pelucchi e Giacobazzi.

L'intercettazione

Doni: (ride) Senti la bomba... senti la bomba... praticamente il Presidente dopo

la lettera anonima... anche perché, come si è comportata la Ģazzetta. . . e

Pelucchi. . . ha fatto delle ricerche. . . dei tabulati. . . no. . ?

Serse: perché...?

D: ti parlo di un mese fa, fino a venti giorni fa, Pelucchi e il signor

Giacobazzi hanno avuto sei ore di conversazione, in un mese, ma ti rendi conto?

S: allora gli ha fatto... fiume praticamente...

D: eh, per questo vedi...? Il Presidente è convintissimo che sia Giacobazzi!

Ma convintissimo...

S: chi vuoi che sia?

D: lui è convintissimo, io non sapevo un ċazzo di 'sta lettera anonima,

sinceramente, me l'han detta dopo... lui è convintissimo, tant'è che ha fatto

fare 'ste robe qua... Pelucchi, perché comunque lui è stato sbattuto. . .

proprio a calci nel ċulo ehh... 'na robaccia ehh... pensa te, si è vendicato

perché. . . poi non so se sia vero o no però. . . è assurdo.

...

S: sei ore scrivi un libro...

D: sei ore, sei ore, quotidianamente... eh sì, capito? Quasi impostare. . .

tutte le cose...

S: eh. . . l'altro è andato via con il dente avvelenato. . .

D: quello là si...

...

D: perché era troppo sporca... era la Ģazzetta dello Sport strumentalizzata

in maniera (incomprensibile-ride)... Cioè una cosa che doveva essere positiva

per me metti, adesso non voglio parlare, però lui, loro riuscivano a farla. . .

S: diventare negativa...

D: sì...

S: la giravano a modo loro...

I tabulati di cui parla Doni si dovrebbero riferire a telefonate dell'agosto

2011 («Fino a venti giorni fa...», dice il 7 settembre), quando Giacobazzi non

era più da tempo dirigente del club. In serata, la versione dell'Atalanta:

«Con riferimento alle intercettazioni pubblicate tra il tesserato Doni e il

signor Serse Pedretti, nelle quali gli intercettati parlano di una presunta

acquisizione di tabulati telefonici da parte del Presidente della Società, il

Presidente Percassi smentisce categoricamente quanto emerge dal contenuto

delle conversazioni riportate. Mai il Presidente Percassi ha posto in essere

pratiche illegali volte all'acquisizione di non meglio precisati tabulati

telefonici. Gli unici tabulati consultati sono quelli relativi al traffico

telefonico delle utenze intestate alla Società, regolarmente depositati presso

l'amministrazione della stessa, e riferiti ad un periodo in cui il Presidente

Percassi non era ancora, con il suo gruppo, entrato nella compagine

societaria».

___

il commento

Episodio grave

C'è molto da spiegare

art.non firmato (GaSport 31-12-2011)

L'episodio è grave: un giornalista della Ģazzetta è stato trasformato prima in

una sorta di bersaglio e poi, se Doni dice il vero, addirittura spiato. A

prescindere dagli sviluppi che la vicenda potrà avere anche in sede

giudiziaria, è bene chiarire subito che la Direzione della Ģazzetta dello

Sport, insieme con la redazione, tutelerà con ogni mezzo e in ogni sede

l'ottimo lavoro svolto da Roberto Pelucchi e da tutti gli altri cronisti che

stanno seguendo le indagini sul calcio-scommesse. Un lavoro di inchiesta che

ogni giorno di più trova riscontro nell'azione della Magistratura.

In serata, di fronte alla pubblicazione dell'intercettazione di Doni,

l'Atalanta è intervenuta con un comunicato, integrato da una seconda versione,

in cui si afferma che mai è stata presa visione di tabulati recenti ma solo

precedenti all'arrivo di Percassi e relativi al periodo in cui Cesare

Giacobazzi era direttore generale della società. Ne prenderemmo atto con

sollievo non fosse che resta un punto oscuro: il comunicato dell'Atalanta è in

contraddizione con quanto affermato da Doni il 7 settembre 2011: e cioè che

Percassi gli aveva riferito di telefonate risalenti a un mese prima, anzi a 20

giorni prima. Più o meno agosto 2011. E qui c'è ancora molto da spiegare.

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GOL A PERDERE

Prandelli, quello

che resta del calcio

di MARCO BUCCIANTINI (l'Unità 31-12-2011)

Un anno di calcio, un anno di tutto. Di gol bellissimi e gol di troppo, comodi

per arrotondare un punteggio in favore di scommessa. Di stadi vuoti e applausi

veri. Di paradossi, come i debiti che si trasformano in vittorie, ma quello

che resta è la voragine etica di uno sport che somiglia ad un malato grave che

non può morire. Il calcio si è accucciato dentro il suo crepuscolo: non riesce

a far passare il tempo, si accontenta di una luce fasulla, fioca e di

rimbalzo. Teme la notte e il buio, e non si fida dell’alba del giorno dopo.

La squadra che ha fatto più punti nell’anno solare 2011 è il Milan: 80. Un

pezzo di questi servirono per vincere il campionato scorso, gli altri per

appaiare la Juventus in quello in corso. Dopo il Milan, l’Inter: 79. Punteggi

simili, ma i nerazzurri - logori dopo anni pieni di vittorie - non ci hanno

cavato niente, distribuendoli male: 53 (comprese due partite vittoriose

recuperate nel 2011 per l'impegno incontinentale - ndt) per l’inutile rimonta

dello scorso anno, 26 per galleggiare al quinto posto odierno. Questo

“inserto” numerico serve solo per spostarsi davanti allo specchio di questi

risultati: Milan e Inter sono le due società di calcio italiane con i maggiori

debiti. Nei risultati d’esercizio pubblicati dal Sole 24ore il derby

s’inverte: prima è l’Inter, con 224 milioni di euro di passivo, secondo è il

Milan con 84 milioni. In breve: nel calcio italiano (ma è un discorso

esportabile) si vince facendo i debiti. Chi ha maggiori possibilità

patrimoniali di accumulare debiti, parte avvantaggiato.

Il calcio, dunque, è il contrario della normalità. Della regola. Della

serietà, della buona gestione. Si è ormai viziato a tal punto che la

perversione è diventata strutturale. Qualsiasi scelta capace di invertire

l’andazzo viene rimandata, come la legge sugli stadi. I luoghi dove si produce

ed esaurisce questo sport sono i più brutti e scomodi del mondo occidentale:

lo sentiamo dire da decenni, ma è una discussione che langue in quel

crepuscolo. Altrove hanno venduto alle televisioni il prodotto di una cultura,

una sua parte spettacolare e popolare: il calcio, appunto. In Germania,

Inghilterra e Spagna le televisioni non hanno affatto eroso le presenze allo

stadio. In Italia è accaduto perché quel prodotto era fine a se stesso, con

l’accesso complicato dalle leggi sulla sicurezza e la prospettiva di

consumarlo su spalti comunque pericolosi, indifesi perfino dalla pioggia e in

mezzo a gente maleducata. La televisione ha offerto così lo stesso prodotto a

prezzi minori e maggiore conforto. Il resto, plusvalenze, scommesse,

fallimenti.. . sono tutti “normali” sintomi di questo organismo malato.

Ma questo è un “pezzo” che attraversa un ponte. Chiude un anno e ne saluta

uno nuovo. Un buon atteggiamento è aspettare con speranza le cose che

arriveranno. Questa camminata ideale da una parte all’altra la facciamo con

Cesare Prandelli. Gli chiedemmo perché fosse diventato un uomo condiviso, in

un paese diviso, su tutto, per scelta e anche per posa. «Forse la gente

cercava un po’ di normalità, un po’ di serietà, anche». Questa fu la risposta.

Il calcio è anche il mestiere, una vita che si può scegliere di vivere, se si

è capaci di trasformare una passione in un lavoro. Quindi è anche un posto da

costruire, e proteggere. Un posto migliore. Dovrebbe essere così per ogni

persona che abita questo spaccato fortunato. E l'istinto più naturale, quello

di conservazione, di sopravvivenza. Mai protagonisti stanno mortificando

questa suprema legge, preferendone altre più facili.

Prandelli ci prova con la sua normalità, dentro un mondo enorme. Ha “ridotto”

il calcio ai suoi valori “primitivi”: tecnici e umani. Ha convocato Cassano in

Nazionale, quello che non c’era mai perché stava antipatico agli allenatori.

Però sapeva giocare. Ma il calcio è una combriccola di belli e simpatici e

corrotti. E Cassano è brutto, antipatico e isolato. Prandelli lo ha fatto

giocare: 6 gol in 10 partite. L’Italia vince e gioca bene. C’è anche Balotelli

- quello maleducato, certo, con la sua storia diversa, il nero nato

disgraziato e che s’impone, in terra padana. Ma anche il miglior talento del

calcio italiano degli ultimi 30 anni. In Italia era trattato come un caso

umano. In Inghilterra è semplicemente un calciatore e gioca (spesso) nella

squadra più forte, il Manchester City. Anche lui era fuori dal giro. Ora è

dentro, ed è importante che ci sia. Questi sono i valori tecnici riscoperti,

la strada più bella da battere, l’unica dove reincontrare i tifosi, gli

appassionati. Poi parlavamo di qualità umane. Prandelli ha convocato in

Nazionale Simone Farina, il calciatore del Gubbio che disse «No» davanti alla

combine, alle scommesse. Quella convocazione si è poi attenuata in un invito a

Coverciano, ai raduni azzurri, così ha scelto la Federcalcio, perché in fondo

«Farina ha fatto solo il suo dovere, una cosa normale, prevista dalle regole

per i tesserati della Figc». Una precisazione zelante: in questo slittamento

di senso, dove il normale è eccezionale, Farina ha fatto una cosa importante,

decisiva per il calcio italiano. E meritava anche per un solo giorno, la

maglia azzurra.

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DI%20MARTINO%20SERIE%20A.png

«Ogni volta che la sfioro

avverto maggiore omertà

da parte dei calciatori

Presto nuovi indagati»

di ANDREA RAMAZZOTTI (CorSport 31-12-2011)

CREMONA - Roberto Di Martino, il pubblico ministero che sta conducendo

l’inchiesta sul calcio scommesse, si accomoda sul divano di casa sua e

risponde alle nostre domande. Dopo settimane di duro lavoro, una mattinata

senza interrogatori da condurre o accertamenti da portare a termine lo ha

ricaricato. Si inizia così, con il pm che si rilassa e ci racconta della sua

passione per il calcio, ma soprattutto dell’inchiesta che ha scosso il mondo

del pallone. Non può entrare nei dettagli («I nomi fatti da Gervasoni? Sono

tanti, non li ricordo neppure...» dribbla con astuzia), ma racconta «l’omertà»

rilevata tra gli imputati nel parlare delle partite di A coinvolte, anticipa

l’iscrizione di nuovi calciatori nel registro degli indagati e fa capire che

entro un anno la fase istruttoria potrebbe essere chiusa. Da sportivo sogna un

calcio diverso, più pulito. Lui, deluso da quello che ha dovuto constatare

negli ultimi mesi, lavora con questo intento. Gli appassionati di calcio

dovrebbero ringraziarlo.

Dottor Di Martino, che idea aveva del calcio prima di questa inchiesta?

«Diversa e, se devo dire la verità, non mi aspettavano che le cose stessero

così. Mi sono un po’ meravigliato. Si può immaginare che qualche gara possa

essere combinata, ma pensavo che si trattasse di casi più rari. Lo confesso,

ci sono rimasto male. Ora veramente quando guardo una partita ho qualche

perplessità e mi chiedo sempre se ci sia qualcosa dietro. Mi sa che aveva

ragione mia moglie...».

Cosa diceva sua moglie?

«Lei non segue il calcio eppure in passato si chiedeva “chissà quanti incontri

sono truccati”. Da sportivo mi ribellavo all’idea e le spiegavo che negli

eventi internazionali più importanti difficilmente si possono fare combine».

I primi sei mesi dell’inchiesta che sta conducendo insieme al capo

della Squadra Mobile Lo Presti dimostrano il contrario.

«L'esito dell’inchiesta è stato positivo: sono state accertate tante cose e

tante altre verranno accertate. Avverto comunque un senso d’impotenza perché

non potrò portarla avanti tutta la vita e rimarranno molti interrogativi che

non avranno una risposta definitiva. Se si mettono insieme atti e

interrogatori finora sono state attenzionate, non so, cento partite, ma sarà

tanto riuscire a dare un giudizio certo su 20 o 30. E poi c’è il discorso

sulla Serie A... Ogni volta che viene sfiorata, avverto sia una maggiore

omertà dei calciatori sia una levata di scudi da parte di tutti. C’è disagio e

la A sembra innominabile. Mi lascia perplesso che della B e della Lega Pro si

possa dire di tutto, mentre della A...».

A giugno quando illustrò la sua «sensazione» che il giro delle

scommesse si sarebbe allargato alla Serie A fu molto criticato.

«In quell’occasione ammetto di aver sbagliato la scelta della frase e quando

parlai di sensazione mi saltarono tutti addosso. In realtà volevo solo

essere... prudente. Adesso ci troviamo di fronte a 7, 8, 10 partite di Serie A

che rimarranno almeno con interrogativi pesantissimi. Alcune le ha indicate

Gervasoni, altre i “collaboratori” in Finlandia e in Germania, altre gli

zingari... E poi basta leggere gli atti: se ci sono nominate anche le gare di

A, e più volte, è difficile che si tratti di una combinazione. E’ impossibile

pensare che tutti parlino a vanvera».

Prevede ulteriori sviluppi sulla Serie A?

«Penso che qualcosa debba ancora venir fuori. Penso e spero.. . Questa non è

un’inchiesta in cui dici “se viene fuori tutto, mettiamo tutti in galera”.

Sarebbe bello chiarire ogni aspetto e ripartire da zero, con un calcio pulito.

Magari con gli stessi giocatori che hanno sbagliato perché sono anche dei

grandi calciatori e sarebbe sciocco perderli. Però è necessario un quadro con

maggiori certezze. Questo lo dico più da sportivo che da magistrato. Forse è

un’illusione perché il fenomeno è mondiale e non è facile ottenere un

risultato del genere. Non possiamo risolvere i problemi delle altre nazioni,

ma c’è una collaborazione internazionale che è importante e fruttuosa».

Peccato che non sia ancora servita ad arrestare Gegic. . .

«Penso che sia difficile che Gegic si sottragga molto a lungo all'arresto.

Dovrebbe non giocare più, non tornare più in Svizzera e, anche se risulta

avere due nazionalità diverse, il rischio di essere arrestato per lui è molto

forte».

Ci saranno nuovi indagati delle prossime settimane?

«Senz'altro. Gli indagati ci sono già, ma non ho avuto il tempo materiale di

procedere alla loro iscrizione. Ci sono persone seriamente coinvolte,

soprattutto quelle indicate per una pluralità di partite, non una sola. Il

problema è che a febbraio dovrò occuparmi della strage di Piazza della Loggia

e per me non sarà facile trovare il tempo per fare tutto».

A febbraio di cosa avrà bisogno per portare avanti questa inchiesta?

«Che l’organico della mia Procura sia completato perché fatico a fare il

procuratore con inchieste del genere. Così non riusciamo ad andare avanti. Non

posso seguire solo il calcio...».

Due giorni fa ha smentito che nell’inchiesta fossero coinvolti Buffon,

Fabio Cannavaro e Gattuso. Conferma?

«Anche in passato quando c’è stato da dire (intende da smentire, ndi) l’ho

fatto. I nomi non erano inventati, ma appaiono nelle carte in contesti che non

autorizzano né a iscrizioni nel registro degli indagati o né ad

approfondimenti».

E’ giusto considerare Gervasoni il grande pentito di questa seconda

fase dell’inchiesta?

«Secondo me Gervasoni ha detto la metà di quello che poteva dire. Ha assunto

un atteggiamento di collaborazione, ma di Doni ha parlato solo quando gli è

stato comunicato che l’atalantino aveva parlato di lui. I pentiti veri e

propri non esistono o io non ne ho mai trovati: ci sono persone che assumono

un comportamento più collaborativo e altri che raccontano solo il minimo

indispensabile».

Su cosa si concentrerà nel 2012?

«Sono stati fatti tanti nomi e bisogna trovare dei riscontri su quello che ha

detto Gervasoni. Ora però è più urgente chiarire i contorni di alcune partite

ancora da definire».

Che tempi prevede per arrivare ad un processo?

«Non escludo che ci siano degli “stralci”, che le cose “mature” siano mandate

avanti (a processo, ndi), ma penso che la fase istruttoria andrà avanti ancora

un annetto».

Il processo rimarrà di competenza del tribunale di Cremona?

«Per ora sta a Cremona e legittimamente. I criteri che ho seguito sono

ripresi dal Codice e poi è difficile stabilire dove viene consumato il reato

associativo. Ricorrono dei criteri, uno di questi è chi ha proceduto per primo

all'iscrizione (la Procura di Cremona appunto, ndi)».

Che calcio vorrebbe vedere in futuro?

«Pulito e spettacolare, con più reti e meno catenaccio. Mi ricordo che negli

anni ‘60 quando l'Inter e il Milan vincevano la Coppa dei Campioni nelle

partite di ritorno c’erano grandi catenacci, 0-0 eroici con difese strenue.

Anche quella era una prova di bravura, ma per gli esteti non era il massimo. A

me piacciono più i pareggi per 3-3 rispetto agli 0-0. Basta però che non sia

tratti... Over. Perché, capitemi, adesso quando vedo un 3-3 in campionato

penso male. E quest'anno ce ne sono state parecchie di gare con tante

reti...».

___

MAGISTRATI DIFFERENTI

STESSE TEORIE

di EDMONDO PINNA (CorSport 31-12-2011)

Era il giugno del 2006. E’ l’ultimo giorno del 2011. Allora,

bloccando il traffico sotto la Federcalcio in via Po, l’allora capo

degli 007 federali, Francesco Saverio Borrelli, ex numero uno del pool

di Mani Pulite, disse: «E’ stato eretto un muro difensivo,

probabilmente anche concordato da più persone». Indagava, Borrelli, su

quella Calciopoli che azzerò metà del nostro calcio. E si trovò

davanti l’omertà negli interrogatori. Oggi, come allora, un altro

magistrato, il pm Di Martino da Cremoma, ammette: «Ogni volta che

sfiori la A avverto maggiore omertà». Un altro muro di gomma.

Magistrati diversi, stesso teorema.

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I botti che fan tremare mezza serie A

di LUCA FAZZO (Il Giornale.it 31-12-2011)

Penalizzazioni in classifica per «responsabilità oggettiva», quando a truccare

le partite siano stati giocatori, tecnici o dirigenti di basso livello.

Retrocessione per «responsabilità diretta» quando siano coinvolti dirigenti

apicali (presidenti, amministratori delegati, direttori generali).

Queste sono le conseguenze cui possono andare incontro davanti alla giustizia

sportiva le società coinvolte nella nuova ondata dell'inchiesta della Procura

di Cremona sui rapporti incestuosi tra il mondo del calcio e i signori delle

scommesse. L'ufficio inchieste della Federcalcio ha già acquisito quasi tutte

le carte. Ecco, allo stato degli atti, una panoramica sulle squadre

principali.

LAZIO La società biancoceleste è sotto tiro per due incontri, Lazio-Genoa e

Lecce-Lazio. In entrambi i casi, il canale per addomesticare l'incontro

sarebbe stato il centrocampista Stefano Mauri: a sostenerlo è Carlo Gervasoni,

smentito però da Alessandro Zamperini (intimo amico di Mauri). La posizione

della società potrebbe venire aggravata se si confermasse che emissari del

clan hanno potuto accedere al centro sportivo di Formello. Entrambi gli

incontri figurano nell'esposto del sito Skysport 365 che denuncia

impressionanti quantità di scommesse anomale.

GENOA Complice della combine di Lazio-Genoa sarebbe stato nelle file rossoblù

Omar Milanetto che avrebbe coinvolti altri compagni non precisati. Non si fa

cenno a responsabilità dirigenziali. Nell'elenco delle partite sospette

compaiono anche Genoa-Roma, Genoa-Lecce e Genoa-Cesena, tutte contraddistinte

da inconsueta abbondanza di gol.

ATALANTA É la società di A in posizione più difficile, perché il suo ex

capitano Cristiano Doni ha confessato in pieno almeno una combine, quella con

il Piacenza, dicendo «l'ho fatto per l'Atalanta». Non dice di avere agito su

ordine della società, ma il passo è breve. Doni ammette l'esistenza di un

accordo per il pareggio di Padova-Atalanta mentre nega un «biscotto»

nell'incontro con l'Ascoli.

CHIEVO Situazione pesante, perché è il club con il maggior numero di incontri

sospetti (sei tra gennaio e giugno scorsi) e perché a venire coinvolto

direttamente è il giocatore maggiormente rappresentativo, il capitano Sergio

Pellissier. Pellissier è indicato in un verbale dello scommettitore Massimo

Erodiani come il garante dell'over (sconfitta con più di tre gol) in occasione

di Inter-Chievo del 2010.

BOLOGNA Nelle partite segnalate alla magistratura dai siti di scommesse ci

sono quattro goleade subìte dal Bologna. Della partita con il Brescia del 2

aprile 2011 si dice «lo svolgimento è una farsa». Nelle carte però non

compaiono nomi di tesserati tranne quello dell'ex direttore sportivo Stefano

Pedrelli, in contatto con l'arrestato Nicola Santoni.

BARI Ben cinque giocatori della società pugliese, secondo la testimonianza di

Gervasoni, avrebbero venduto la partita con il Palermo dell'8 maggio 2011:

Bentivoglio, Parisi, Masiello, Rossi e il portiere Padelli (che effettivamente

ci mise del suo, provocando un rigore a favore del Palermo: ma Miccoli si fece

parare il penalty). Il numero dei giocatori coinvolti rende più verosimile che

al Bari possa essere contestata la responsabilità oggettiva. Il pentito malese

dell'indagine, Wilson Jay Perumal, ha dichiarato: «Tan Seet Eng (il capo

dell'organizzazione, ndr) ha manipolato delle partite della Serie A, il

risultato della partita Brescia-Bari del 6.2.2011 è stato 2-0». Sospetti anche

su Bari-Livorno di Coppa Italia.

LECCE La squadra giallorossa è nel mirino per le sconfitte con Inter, Lazio e

Genoa che sarebbero state commissionate dai clan delle scommesse. Un suo

tesserato, Daniele Corvia, è stato inquisito. Ma i guai peggiori per il club

potrebbero venire da un dettaglio messo a verbale da Gervasoni: «qualcuno mi

riferì che nel campionato 2007-08 il Lecce avrebbe dato dei soldi all'Ascoli

perché giocassero "alla morte" contro l'Albinoleffe».

SAMPDORIA É uno dei buchi neri dell'inchiesta: chi fu a vendere al clan la

partita col Napoli del 30 gennaio 2011, persa dai blucerchiati per 4-0? A

comprare la partita, secondo il pentito Perumal, fu direttamente il capo

dell'organizzazione, Dan Seet Eng. Ma nelle intercettazioni non si dice altro.

INTER Unico potenziale grattacapo, l'accordo con il Chievo, attraverso il suo

capitano Pellissier, in occasione dell'incontro del 9 maggio 2010. Chiede il pm

a Erodiani: «Ma lui (Pirani, ndr) le ha detto questo fatto del goal che voleva

fare il Chievo?» «Sì, sì». «Quindi aveva ricevuto il benestare della squadra

avversaria?» «Sì, sì».

ALBINOLEFFE Delle squadre minori la compagine bergamasca appare nella

posizione peggiore, non solo perché nelle sue file hanno giocato numerosi

giocatori corrotti dal clan (Gervasoni, Carobbio, Lalic, Suljic) ma perché

secondo l'ordine di custodia «Tan Seet Eng avrebbe ottenuto il controllo

finanziario, seppure in modo occulto, dell'intera società calcistica

Albinoleffe che milita nel campionato di serie B».

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il commento

Episodio grave

C'è molto da spiegare

art.non firmato (GaSport 31-12-2011)

L'episodio è grave: un giornalista della Ģazzetta è stato trasformato prima in

una sorta di bersaglio e poi, se Doni dice il vero, addirittura spiato.

E' grave perchè hanno spiato un giornalista?

E' quando venivano spiati gli altri?

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il commento

Episodio grave

C'è molto da spiegare

art.non firmato (GaSport 31-12-2011)

L'episodio è grave: un giornalista della Ģazzetta è stato trasformato prima in

una sorta di bersaglio e poi, se Doni dice il vero, addirittura spiato.

E' grave perchè hanno spiato un giornalista?

E' quando venivano spiati gli altri?

Il karma è un piatto che va gustato freddo...piano piano piano.

Modificato da Ghost Dog

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Scommesse, nessuna pietà per chi

ha calpestato la passione dei tifosi

dal blog di XAVIER JACOBELLI 30-12-2011

Leggi i verbali del calcoscommesse, sezione Gervasoni e sezione Sartor; le

cronache sul conto segreto svizzero Cannonau, grande vino sardo ignobilmente

usato per bollare i traffici bancari degli uomnini di Singapore con la

Confederazione elvetica; i resoconti sulle incursioni degli Zingari nei ritiri

delle squadre per taroccare le partite. Leggi tutto questo e altro e la rabbia

si mescola con il disgusto.

Provi ad illuderti che sia tutto falso, ma temi sia tutto vero perchè il

lavoro degli investigatori è minuzioso, certosino, implacabile anche se

aspetti nuovi riscontri oggettivi perchè non puoi fare altro. E apprezzi che

nessuno, fra gli stessi investigatori, cerchi le luci della ribalta con

dichiarazioni roboanti, interviste a uso e consumo del tritacarne mediatico.

La sobrietà e il rigore abitano negli uffici dei giudici di Cremona che

affondano il bisturi nel bubbone, sempre più esteso e sempre più pericoloso

per il calcio italiano.

Ma, aspettando il diluvio del 2012, che si annuncia tremendo per molti club e

molti tesserati fra squalifiche, penalizzazioni e retrocessioni annunciate,

c'è un sentimento alla fine del 2011 che nasce da questo obbrobrio e non ti

lascia più.

E' l'umiliazione. L'umiliazione della passione dei tifosi, del loro amore per

il gioco pulito, per il gesto tecnico, per il gioco, per la lealtà, per la

correttezza, per il fair play. Per tutto ciò che è il calcio e dentro

Scommessopoli non è più. E' vero che questo non è il primo scandalo e,

presumibilmente, non sarà l'ultimo. E' vero che anche altri Paesi

calcisticamente evoluti devono solo stare zitti perchè il più pulito ha la

rogna. E' vero tutto. Ma non riesci ad accettare che un pugno di falliti abbia

avvelenato i pozzi in A, in B e dovunque fosse possibile farlo, per

imbrogliare e lucrare denaro sporco.

Le cronache di Cremona riferiscono che, ieri, alle sette della sera, il

procuratore Stefano Di Martino abbia ricevuto un sms dal procuratore federale

Stefano Palazzi: "Grazie per le carte".

Quattro parole accompagnate da una serie di smile (io sto ancora ridendo,

infatti, per le possibili gag - ndt). Aggiungono, le cronache, che Palazzi

abbia ricevuto tutti gli incartamenti dell'inchiesta penale, compresi i

verbali degli ultimi interrogatori. Ora, la giustizia della Figc può entrare

in azione. Che lo faccia. Senza guardare in faccia a nessuno, senza ritardi,

senza il campionario di lacune che ha accompagnato i cinque anni e mezzo di

Calciopoli coi risultati che sono stati certificati dal Tavolo del Nulla e dei

quali, un giorno o l'altro, Abete e Rossi Guido dovranno rendere conto.

Stangare senza pietà chi ha taroccato le partite e i tesserati che, anche se

non hanno taroccato le partite, hanno scommesso sulle partite, pratica

rigorosamente proibita dai regolamenti.

Non ci deve essere nessun perdono per chi ha calpestato la passione dei

tifosi. I bambini ci guardano. Anche quelli che, a Bergamo, ricevevano in

regalo le maglie numero 27. Doni da buttare.

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Calciopoli, incredibili rivelazioni di una gola profonda!

dal blog di SIMONA AIUTI 30-12-2011

Sembra che Calciopoli abbia la sua “gola profonda”, una specie di Buscetta del

duemila, e ciò che snocciola in tanti lo sospettavamo da un pezzo. Il

testimone dice di doversi liberare da un peso e sciorina la sua verità.

Si tratta di un uomo che, in quell’inchiesta si sarebbe occupato delle

indagini, un investigatore che ha delineato i profili dei suoi superiori e il

modo di lavorare.

All’inizio dell’inchiesta, che a quanto pare per un pezzo non è decollata per

mancanza di elementi, da due telefoni si è passati a poter ascoltare oltre

centosettantamila intercettazioni, con un impiego di dodici ufficiali e agenti

di polizia giudiziaria.

Per questo tipo di lavoro sono stati usati computer con password personali e

ognuno seguiva una singola utenza. Il testimone conferma appieno le telefonate

che riguardavano l’Inter, dice che non c’erano tagli durante le indagini, che

s’inglobava tutto il registrato, e poi erano il colonnello Auricchio e il

maresciallo Di Laroni che decidevano cosa mettere nell’informativa.

Noi sappiamo bene che moltissime intercettazioni non sono finite

nell’inchiesta e in quell’informativa, nelle indagini però la “gola profonda”

conferma che c’erano perché ci sono le registrazioni.

Alcune telefonate non sono finite nell’inchiesta, perché secondo il

“testimone” evidentemente non ci dovevano andare. A quanto pare il lavoro di

scrematura veniva fatto dopo, e il testimone misterioso conferma che sarebbe

avvenuto nella seconda fase.

Inoltre, intercettando una sim straniera, nel nostro caso svizzera, si deve

chiedere l’autorizzazione. Sembra che i superiori del testimone l’abbiano

chiesta, ma nello stesso tempo avevano già attaccato il telefono, ma quel

telefono era muto, ed era una scheda di Moggi. Poi sempre secondo il presunto

testimone, son accadute cose strane come il caso di Martino Manfredi (ex

segretario della Can A-B, ndr) che portato in ufficio era spaventatissimo,

tremava, dicendo di non sapere nulla piangendo come un vitello, disperato per

il lavoro che gli spariva, e poi all’improvviso da un momento all’altro è

andato a lavorare in Federcalcio!

Quando poi ha cominciato a essere interrogato, di colpo è uscita la storia

delle palline scrostate. Prima non sapeva niente, poi sapeva tutto, di questo,

di quell’altro, di Pairetto, della Fazi ecc.

Ma il mistero s’infittisce. Relativamente all’intercettazione ambientale a

Villa La Massa, vicino Firenze, durante il pranzo che secondo l’accusa era il

fondamento del patto per salvare la Fiorentina, c’erano i Della Valle da una

parte, Mazzini e Bergamo dall’altra. Quel giorno c’era telecamera e un

microfono direzionale. Se la cosa fosse stata fatta in un locale dove c’era

gente, si sarebbe sentito quello che uno avrebbe detto e si filmava con la

telecamera. Però la voce non s’è mai sentita! Alla faccia dell’architrave

dell’inchiesta diciamo noi! Dunque i Della Valle non avrebbero detto niente di

rilevante. Ci sono le immagini, Diego e Andrea che scendono dal furgoncino e

che si sono incontrati con Bergamo, però nessun audio!

Secondo il testimone l’audio c’è ma non si sa niente, tutto fumo.

Dunque la “gola profonda”, che ricordiamo avrebbe preso parte a questa

indagine, ma non in modo decisionale, ovvero aveva dei capi a cui rendere

conto, le indagini sarebbero state un po’ raffazzonate e di veramente

importante, non ci sarebbe niente.

Il testimone anonimo parla di cene tra Auricchio, Arcangioli, Narducci, e

anche altri personaggi che hanno segnato quel periodo di Calciopoli,

chiedendosi che importanza poteva avere andare a mangiare con Narducci e

perché. Sarebbero andati a cena a Napoli di fronte al Vesuvio, a Castel

dell’Ovo da Zi’ Teresa.

Sembra anche che ad un certo punto, non vedendo nulla di penalmente rilevante,

Arcangioli avrebbe detto basta, e da lì sarebbe nato lo scontro con Auricchio,

arrivando ai ferri corti.

Ora Auricchio e Arcangioli stanno uno alla scuola Ufficiali, e uno alla

scuola Allievi.

Queste informazioni le abbiamo avute dall’intervista ottenuta dall’ottimo

Edmondo Pinna del Corriere dello Sport, davanti al quale ci togliamo il

cappello.

Pertanto il soggetto intervistato non sarebbe un testimone qualunque, ma uno

di quelli che hanno partecipato alle indagini e delle scelte fatte nella

caserma di via in Selci, avrebbe dunque una conoscenza diretta delle questioni

in esame.

Arcangioli era il superiore di Auricchio e se l’allora maggiore poté

continuare le indagini contro il parere superiore viene da chiedersi il come e

il perché.

E poi perché Arcangioli non firmò la seconda informativa?

L’intervista riporta in auge per i più distratti anche il ruolo di Manfredi

Martino, per capirci quello del “colpo di tosse”, e i famigerati otto

interrogatori, due condotti dagli investigatori e sei dai pm. Una bronchite

sembra un po’ poco per finire in sanatorio però, infatti, a maggio 2006 gli

investigatori dovevano poter provare l’ipotesi dei sorteggi truccati, ipotesi

che non era stata ancora provata con un fatto o filmato inconfutabile, e

serviva una pezza d’appoggio, un pentito perché potesse essere plausibile in

aula. Un colpo di tosse ricordato dopo otto interrogatori sembra friabile.

L’investigatore ha spiegato, finalmente, anche perché di molte telefonate si

avessero i brogliacci e non si trovassero i files audio: il server spesso non

funzionava e finché non lo riparavano perdevano molte intercettazioni.

Insomma, cenette a Napoli da “Zi’ Teresa”, Auricchio, Arcangioli, Narducci,

anche altri personaggi che hanno segnato quel periodo di Calciopoli. E ci

piacerebbe sapere che altro saprebbe la “gola profonda”, e anche quanti caffè

presero veramente insieme Auricchio e Baldini, per esempio, dopo tutto i

numeri e le risposte che hanno dato in aula non combaciano affatto. A pensar

male si fa peccato, però…. se l’Arma avesse chiesto al colonnello di rendere

conto di tutto, Baldini sarebbe rientrato in Italia? Perché non farsi anche

questa domanda?

Forse questa indagine supplementare bisognerebbe aprirla, per cercare di dare

le risposte a molte domande su fatti e personaggi fumosi, e poi Collina dov’è?

Insomma il processo d’appello si profila polposo e interessante e noi saremo

là, noi sì “nei secoli fedeli”!

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SPY CALCIO di Fulvio Bianchi (Repubblica.it 31-12-2011)

2012: i piani di Abete e c.

E i presidenti? litigheranno...

Il 2012 sarà un anno cruciale per il rilancio del nostro calcio: il presidente

Giancarlo Abete, che nel 2013 potrebbe essere riconfermato, gode della piena

fiducia del Coni e ha avviato un importante programma di riforme che adesso

però deve avere un'accelerata. Soprattutto con un appoggio più costruttivo di

Leghe e componenti: non sempre c'è stata unità di intenti e anche il

coordinamento delle quattro Leghe (A, B, Pro e Dilettanti) ha perso di peso,

dopo l'accordo (peraltro non sempre rispettato), sulla ripartizione dei soldi

dei diritti tv. E poi, il vero nodo da sciogliere è quello della Lega

maggiore: non sarebbe corretto dare tutte le colpe a Maurizio Beretta.

D'altronde il sistema di governo-dove tutto ormai passa dall'assemblea-ha

svuotato di peso il ruolo del presidente. Beretta è dimissionario da marzo: il

suo amicone Claudio Lotito vorrebbe che restasse in carica sino a settembre

2012... Non sarà semplice, coi veti incrociati, trovare qualcuno che possa

sostituire Beretta ma intanto la Lega di A dovrà sostituire, e in fretta,

Lotito come consigliere federale, "congelato" in base alle nuove regole

stabilite di recente dal Coni. La Lega di A produce ricchezza, è vero: i

diritti tv, dal 2012 al 2015, varranno circa 1 miliardo di euro a stagione,

con un significativo aumento del 30 per cento. Molto probabile, a questo punto,

che non ci sia più la Rai, con Novantesimo e Stadio Sprint. Troppi 25 milioni

di euro all'anno per la tv pubblica che, a forza di tagli, dal 2012 non avrà

più nemmeno la Champions. Ma chissà se davvero Mediaset è interessata ai

diritti in chiaro del campionato, o preferisce puntare le sue carte sul

digitale pay. Una cosa molta probabile è che i venti presidenti di A

litigheranno per spartirsi il miliardo anno di diritti tv: la legge Melandri

prevede che una parte prevalente (il 40 per cento) sia in parti uguali, sul

resto (risultati sportivi e bacino d'utenza) chissà che potrà succedere. I

club poi venderanno per conto loro i diritti di archivio, mentre la Lega,

oltre ai soldi del main sponsor Tim (15,5 milioni a stagione) e del pallone

ufficiale della Nike (4, 5 milioni), cerca adesso nuove risorse (esempio:

videogioco del campionato di A per fare concorrenza a quello della Fifa), dopo

aver aperto una importante strada in Cina. Insomma, una Lega, speriamo, dove i

presidenti avranno più voce in capitolo degli avvocati. . .

Molto è stato fatto, dopo il flop del Sudafrica, per rilanciare nazionali e

settori giovanili. Ne va dato atto ad Abete: il Club Italia lavora a tempo

pieno. Demetrio Albertini e Arrigo Sacchi hanno passione e competenza. Le

Nazionali sono in ottime mani, e Cesare Prandelli e Ciro Ferrara hanno giù

raggiunto buoni risultati (nel 2012 viene il difficile. . . ). Il settore

giovanile è stato affidato al "ballerino" Gianni Rivera, che ha sempre avuto

idee chiare sin da giovane talento del calcio. Lui sa cosa si può fare per i

vivai. Stop invece al progetto di Demetrio Albertini e c. delle seconde

squadre (Milan B, Juve B, Inter B, eccetera) da fare giocare in Lega Pro, per

valorizzare i giovani e risolvere il problema del Campionato Primavera che

così com'è non funziona. "Seconde squadre? Né oggi, né mai. Non se ne parla

nemmeno", taglia corto Mario Macalli. Che propone un'altra strada: "Consentire

ai presidenti di A di acquistare anche club della Lega Pro. Esempio: il Milan

proprietario del Monza. Chiaro, che non dovrebbero giocare nella stessa

serie". Non sarà semplice mettere d'accordo Albertini e Macalli.

Viaggia ancora a scartamento ridotto, purtroppo, il settore tecnico:

nell'ultimo consiglio federale del 2011, Roberto Baggio, insieme con Bacconi e

Petrone, hanno presentato il piano di rilancio di Coverciano. Piano assai

costoso e impegnativo: il governo del calcio ha preso tempo prima di decidere.

Ma siccome è da agosto del 2010 che dovrebbe "partire" a pieno regime anche il

settore tecnico, importante scuola dei nostri tecnici, credo che ormai sia

arrivato il momento di uscire da questa empasse. Ricordando che uno come Robi

Baggio può diventare una ricorsa per il nostro calcio. Ma non può e non deve

restare nell'ombra.

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Nuove accuse su Blatter: “Diritti televisivi

gratis come regalo per l’appoggio elettorale”

Contro il numero uno della Fifa, questa volta, il suo ex alleato Jack Warner: ha raccontato di

aver pagato appena un euro l'esclusiva tv per i Mondiali del 1998 in Francia. Erano la

ricompensa per l'elezione dello svizzero a presidente del massimo organismo mondiale del calcio

di LUCA PISAPIA (il Fatto Quotidiano.it 31-12-2011)

Nuovo capitolo nella saga corruzione all’interno della Fifa, l’organo che

governa il calcio internazionale, le regole, le competizioni mondiali e la

conseguente vendita dei diritti televisivi, controllandone l’immensa quantità

di denaro messa in circolazione. Una federazione che dal 1998 è guidata da un

uomo solo al comando: lo svizzero Sepp Blatter, indiscusso padre-padrone del

carrozzone pallonaro mondiale. E proprio dal complesso giro di compravendita

dei voti che regola le elezioni del comitato esecutivo e del presidente, la

scelta della nazione in cui vengono disputati i Mondiali, e la vendita dei

diritti televisivi, parte l’ultima accusa nei confronti di Blatter. La affida

ad un comunicato Jack Warner, discusso ex vicepresidente della Fifa, ex

alleato di Blatter ed ex segretario della Concacaf (federazione del

Nordamerica, Centroamerica e dei Caraibi, una delle sei federazioni suddivise

su base geografica affiliate alla Fifa) da cui si è da poco dimesso. Warner

denuncia di avere ricevuto nel 1998, come ‘regalo’ per aver aiutato Blatter a

vincere le sue prime elezioni presidenziali, i diritti televisivi per trasmettere

in centroamerica i Mondiali di Francia 1998 al prezzo simbolico di 1 dollaro.

E proprio nel 1998, intorno all’elezione che vide l’allora segretario

generale Blatter sconfiggere il presidente dell’Uefa (l’affiliata federazione

europea) Johansson per diventare l’ottavo presidente della Fifa, cominciano

ad addensarsi le nubi intorno al nome di Blatter. Le prime accuse arrivano nel

1999: una soffiata per cui venti membri della delegazione mediorientale

avrebbero ricevuto all’hotel Meridien di Parigi delle buste contenenti 50 mila

dollari l’una (per un totale di 1 milione di dollari) per votare Blatter, che

vince 111 voti a 80. Non si riesce a dimostrare che i soldi siano pervenuti

direttamente dallo svizzero, che resta saldo in sella e si appresta a vincere

le elezioni del 2002. Alla vigilia di quelle elezioni arriva la prima accusa

diretta: il presidente della federazione somala, e vicepresidente di quella

africana, Farah Addo rivela di avere ricevuto 100 mila dollari da Blatter per

votarlo. Una commissione speciale istituita dalla Fifa non riesce a fare luce

sull’accaduto e Blatter trionfa anche nel 2002.

Sempre nel 2002 il segretario generale della Fifa Zen-Ruffinen, ex delfino di

Blatter, rende pubblico un dossier di 30 pagine in cui si accusa Blatter di

cattiva gestione finanziaria della Fifa e del fallimento della controllata

società di marketing ISL. Un tribunale svizzero rigetta tutte le accuse,

assolve Blatter e condanna la Fifa a pagare le spese processuali. Una

commissione interna della stessa Fifa esautora Zen-Ruffinen per aver reso

pubbliche informazioni confidenziali. Nel 2006 spicca l’assenza di Blatter

dalla cerimonia di premiazione che incorona l’Italia campione del mondo a

Berlino. Girano voci che Blatter avrebbe preferito vincesse la Francia del suo

amico Platini, in procinto di diventare l’anno dopo presidente dell’Uefa al

posto dello svedese Johansson, vecchio nemico e più pericoloso avversario

di Blatter. Nel 2010, quando tutti sono convinti che Platini sia pronto a

succedere a Blatter alla guida della Fifa, l’ex juventino all’ultimo momento

si tira indietro. All’ultimo esce allo scoperto un nuovo avversario per

Blatter, il potente Mohammed Bin Hammam, qatariano e presidente della

AFC (la federazione asiatica). Qui entra in gioco Jack Warner.

Altro cittadino del mondo pallonaro al di sotto di ogni sospetto, anche

Warner è coinvolto in numerosi scandali. La creazione di società che si

occupano della costruzione di alberghi, campi di calcio e infrastrutture,

regolarmente utilizzate a suon di milioni dalla nazionale di Trinidad e Tobago

e ospitanti remunerative competizioni internazionali sotto l’egida Fifa. La

gestione di agenzie che si occupano della vendita dei biglietti per i mondiali

di calcio, che gli hanno fatto guadagnare oltre 1 milione di dollari. Fino

alla sospetta gestione dei premi partita per la partecipazione della nazionale

di Trinidad e Tobago ai mondiali del 2006. Nel dicembre del 2010, prima Warner

promette agli inglesi di votare per loro per l’assegnazione del mondiale 2018

(e in cambio ottiene che la nazionale inglese disputi un’inutile ma per lui

vantaggiosa amichevole a Trinidad), poi all’ultimo appoggia la lobby che

sostiene la Russia per il 2018 e il Qatar per il 2022. Nel maggio del 2011, in

vista dell’’lezione presidenziale della Fifa annuncia che sosterrà (insieme ai

35 voti di cui dispone, che ne fanno una superpotenza nonostante la relativa

poca importanza del calcio nord e centroamericano) il qatariano Bin Hammam

contro il suo ex alleato Blatter.

Il 10 maggio, a soli 20 giorni dalle elezioni, dalla federazione delle

Bahamas parte una denuncia per tentata corruzione contro Bin Hammam e

Jack Warner. Blatter istituisce un’apposita commissione che in via preliminare

accerta la colpevolezza di Bin Hammam. Il giorno prima delle elezioni il

qatariano ritira la propria candidatura, lasciando campo libero a Blatter che

vince come unico candidato. A giugno Bin Hammam è radiato mentre Warner

si dimette per fare sì che l’inchiesta interna non possa proseguire, ma giura

vendetta a Blatter.

Ed eccoci alle nuove accuse, per cui Warner avrebbe ricevuto la gestione dei

diritti televisivi in area centroamericana, tramite una società messicana da

lui controllata, del mondiale 1998 e dei seguenti per il prezzo nominale di 1

dollaro. A conferma di questa tesi, a settembre di quest’anno la Fifa ha

rescisso un accordo per la trasmissione delle partite dei mondiali 2014 con la

società International Media Content Ltd’s Sports Max, dopo aver “da poco”

scoperto che la sua proprietà era riconducibile a Warner. A quest’accusa,

Warner aggiunge che ufficiali Fifa gli avrebbero fatto un’offerta se a maggio

avesse deciso di appoggiare Blatter invece che Bin Hammam: oltre alla vendita

a 1 dollaro dei diritti televisivi per i mondiali 2018 e 2022 anche 1 milione

di dollari per non meglio specificati progetti di sviluppo del calcio a

Trinidad. E non è finita qui. Mentre la Fifa annuncia un’indagine, Warner

garantisce per settimana prossima nuove e scottanti rivelazioni. La saga della

corruzione all’interno della Fifa promette di arricchirsi di nuovi capitoli.

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SCOMMESSOPOLI

Sono un centinaio le partite “dubbie”

E’ la convinzione del pm Di Martino: «Ma sarà già tanto se riusciremo a dare

un giudizio certo su 20 o 30. Anche perché intorno alla A c’è molta omertà»

di SIMONE DI STEFANO (Tuttosport 02-01-2012)

ROMA. La Procura di Cremona odora ancora di polvere da sparo, non per i botti

di capodanno, ma per quelli fatti dal pentito Carlo Gervasoni , che lo scorso

27 dicembre ha tirato fuori nuovi nomi e partite su cui indagare. In pratica

molti sono ex compagni che l’ex difensore di AlbinoLeffe, Mantova, Cremonese e

Piacenza ha incrociato dal 2009 a oggi. Si va dai già noti (alla procura)

Rickler , Conteh , Mario Cassano e Bertani , a nuove piste che portano a

Pellicori , Fissore , Ventola , Shala , Fontana , per approdare alla serie A,

ai fratelli Cossato , Pellissier e Luciano del Chievo, e alle tre partite

rivelate nella sua audizione fiume: Palermo-Bari 2-1 (Gervasoni ha citato tra

i coinvolti: Padelli , Bentivoglio , Parisi , Andrea Masiello e Rossi ),

Lazio-Genoa 4-2 ( Mauri , Milanetto e altri), Lecce-Lazio 2-4 (Mauri, Rosati ,

e forse Benussi ). L’indagine si allarga a macchia d’olio, il dopo-Gervasoni

fa salire a 15 le nuove presunte combine, a partire da Pisa-AlbinoLeffe 2-0

del 7 marzo 2009.

SERIE A? NON SACCIO. . . Con le dovute cautele, l’atteso (e temuto)

sfondamento in serie A sembra appianato. A conferma delle «sensazioni» del pm

Di Martino , che però su questo fronte si attendeva di più dagli

interrogatori: «Ogni volta che viene sfiorata la Serie A - ha detto l’altro

ieri - avverto una maggiore omertà dei calciatori e una levata di scudi da

parte di tutti. C’è disagio e la A sembra innominabile. Mi lascia perplesso

che della B e della Lega Pro si possa dire di tutto, mentre della A. . . ». In

tutto, secondo il pm cremonese, tra atti e interrogatori, le partite “dubbie”

sfiorano la centinaia: «Ma sarà tanto - aggiunge - riuscire a dare un giudizio

certo su 20 o 30». Fino al 9 gennaio Cremona riposa, prossimo interrogatorio

l’11, ancora con Cristiano Doni (mentre si attende la data per Santoni e la

scarcerazione di Sartor , l’unico tra i tesserati ancora in cella). A Roma è

già a lavoro il pm federale, Stefano Palazzi , che ha già ricevuto gli atti

che porteranno, entro gennaio, a un primo calendario di audizioni in via Po.

Le stangate potrebbero arrivare soprattutto ai tesserati, con squalifiche dai

3 anni alla radiazione. Rischiano anche i club: 3 punti di responsabilità

oggettiva per ogni illecito (con l’aggravante dell’illecito consumato o

plurimo), o retrocessione diretta nel caso fosse appurato il coinvolgimento di

dirigenti con poteri di firma. Rischiano invece l’articolo 6 Figc (obbligo di

denuncia), e quindi squalifiche non inferiori ai 18 mesi, tutti quei

calciatori che sapevano ma non hanno denunciato le combine.

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La lettera (GaSport 02-01-2012)

Giacobazzi: «Non sono l'anonimo»

Tra le intercettazioni contenute nel faldone della Procura di Cremona sul

calcioscommesse, ce n'è una in cui Cristiano Doni mette in dubbio il

comportamento della giornalaccio rosa dello Sport e in particolare del collega

Roberto Pelucchi, che avrebbe strumentalizzato le notizie per aggravare la

sua posizione, in combutta con l'ex direttore generale atalantino Cesare

Giacobazzi, accusato anche di avere inviato alla Procura federale una

lettera anonima dal contenuto imprecisato. Nella telefonata Doni rivela

anche che Percassi avrebbe acquisito i tabulati telefonici del giornalista

e/o di Giacobazzi. L'Atalanta ha smentito e precisato di aver consultato i

tabulati delle utenze della società quando Percassi non era ancora

presidente. Su questo argomento abbiamo ricevuto una lettera di Giacobazzi.

___

La lettura dell'intercettazione telefonica del sig. Doni pubblicata dalla

giornalaccio rosa il 31-12-2011 mi ha profondamente scosso e infastidito, per non dire

altro. Sono stati acquisiti i tabulati della mia utenza telefonica? E' una

pratica legale? E quale sarebbe il fine? Sono ancora un cittadino libero di

chiamare chi voglio, quando voglio, oppure no? Sono un professionista serio e

profondamente rispettoso delle normative vigenti: se mi accorgo di violazioni,

mi rivolgo alle Autorità competenti. Non ho bisogno di mezzucci come lettere

anonime, non mi appartengono. Chi mi conosce lo sa benissimo. Accusarmi di

aver scritto fantomatiche lettere anonime costituisce una grave attività

diffamatoria nei miei confronti, lesiva dell'immagine e della professionalità

costruita in tanti anni di carriera, getta un'ombra sulla trasparenza dei miei

comportamenti. Si può fare? E' legale diffamare? E' legale accusare

gratuitamente le persone? Penso che solo i giudici possano dare risposte alle

mie domande. Infine un'osservazione: sono uscito dall'Atalanta nel giugno 2010

dopo quattro anni ricchi di soddisfazioni professionali e di una difficile

convivenza in città: non mi è mai stato perdonato di aver proposto ai Ruggeri

la cessione di Doni nel 2007, e di aver rinnovato la proposta al termine di

ogni stagione, proposta sempre rifiutata.

Con i migliori saluti

Cesare Giacobazzi

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C'è un nuovo «pentito»

L'inchiesta si allarga

Una persona, forse uno straniero, rivela altri nomi e particolari

Sartor passa ai domiciliari: il gip non lo ha ritenuto credibile

di DAVIDE ROMANI (GaSport 03-01-2012)

Il carcere di Cremona saluta l'ultimo arrestato della seconda trance

dell'inchiesta Last Bet sul calcioscommesse, Luigi Sartor. Intanto si

profilano all'orizzonte novità sul fronte investigativo, che potrebbero dare

nuova linfa all'inchiesta che dal 2 giugno fa tremare il mondo del calcio, e

non solo. Sartor alle 17.45 di ieri ha lasciato il carcere di Ca' del Ferro in

direzione Parma accompagnato dal proprio legale, l'avvocato Antonino Tuccari,

ma nel frattempo un nuovo «pentito» starebbe portando all'attenzione degli

inquirenti nuovi particolari utili all'inchiesta. Dopo Vittorio Micolucci,

passato dalla posizione di arrestato a quella di reo confesso-pentito, e dopo

i racconti di Wilson Ray Perumal, singaporiano detenuto in Finlandia, gli

inquirenti potrebbero attingere materiale prezioso dalle rivelazioni di una

«gola profonda», presumibilmente straniera (forse uno dei due arrestati

all'estero il 19 dicembre) che sarebbe a conoscenza di particolari utili

rispetto all'organizzazione. Particolari che nell'interrogatorio del 29

dicembre di Sartor davanti al pm Di Martino potrebbero convincere gli

inquirenti a risentire alcuni degli indagati anche della prima fase

dell'inchiesta, oltre all'audizione di nuovi testi. Ragione per la quale il

gip Guido Salvini, con questa ordinanza, ha deciso di «allontanare, per quanto

è possibile, il rischio di contatti di ogni genere» tra Sartor e i prossimi

«interrogati».

Domiciliari A Sartor, dopo 15 giorni di detenzione, sono stati concessi gli

arresti domiciliari «applicati in forma assai rigida»: potrà comunicare solo

con il proprio legale o con i familiari conviventi. Niente libertà, dunque,

come chiesto a gran voce dall'avvocato Tuccari e rispetto alla quale il pm

Roberto Di Martino aveva dato parere favorevole. La «buona fede» sostenuta da

Sartor rispetto alle proprie azioni secondo il gip si colloca «al di fuori di

ogni criterio di credibilità». Il 29 dicembre l'ex difensore avrebbe ammesso

che «a partire dal marzo 2011 avrebbe ricevuto, sul cellulare con scheda

inglese che gli era stato consegnato, una serie di messaggi, anche da

sconosciuti, che facevano riferimento a scommesse e a una somma di 300. 000

euro».

Riesame Per gli inquirenti, ai fini dell'inchiesta, risulta significativa la

«contestualità tra l'invio a Sartor di oltre 300.000 euro (in data 1/3/2011) e

le partite Inter-Lecce, Benevento-Pisa e Brescia-Lecce (le prime due gare del

20 marzo 2011, la terza del 27 febbraio 2011, ndr) che sarebbero state

manipolate dal gruppo di Bologna che garantivano agli «asiatici» che avrebbero

potuto finanziare in sicurezza l'operazione investendo appunto 300. 000 euro».

Ricostruzione in linea con le dichiarazioni di Erodiani, Bruni e Giannone,

indagati nella prima fase dell'inchiesta. Resta da capire se la difesa di

Sartor si avvarrà del Riesame. Ipotesi non da escludere, ma che al momento non

sembra essere presa in considerazione per l'uomo che, secondo gli inquirenti

«ha un ruolo accentuato all'interno del contesto associativo». Ruolo

confermato anche, sempre secondo la Procura, dal tenore della conversazione

tra l'ex giocatore della Roma e Bellavista. Conversazione che non lascia alcun

dubbio «in merito alla consapevolezza da parte di Sartor del carattere

illecito di un'attività che sembrava addirittura comportare il rischio di

"ritorsioni" in caso di mancato soddisfacimento delle promesse».

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L'intervista Il numero uno del sindacato e i problemi del pallone:

dai rapporti con la Lega di A e la Lega Pro alle scommesse

«Non vogliamo le barricate

ma solo un calcio migliore»

Tommasi, leader dei calciatori: «Ci guardano male»

di FABIO MONTI (CorSera 03-01-2012)

MILANO — Il 2011 è stato l'anno di una storica staffetta: il 9 maggio Sergio

Campana ha lasciato la presidenza dell'Associazione calciatori, da lui fondata

il 3 luglio '68, a Damiano Tommasi, classe '74, una lunga e gloriosa carriera,

dieci anni nella Roma e 25 presenze (un gol) in nazionale. Un cambio nel segno

della continuità e dell'etica, con un presidente che ha continuato a puntare

sulla linea della fermezza e del rigore nelle scelte. A cominciare dalla

questione dell'accordo collettivo con la serie A, che ha portato al rinvio

della prima giornata di campionato. Sono 12.000 gli iscritti all'Aic fra serie

A, B, ex serie C e Dilettanti.

Tommasi, è stata dura raccogliere la successione di Campana?

«Ho avvertito subito il peso della responsabilità di un passaggio così

importante e la necessità di non rovinare quello che era stato costruito in 43

anni. Ho messo in campo entusiasmo e voglia di fare, sapendo però di poter

contare sull'aiuto della base e su un gruppo che sa davvero che cosa

significhi fare squadra».

Che 2012 si aspetta?

«Complicato, e non mi riferisco soltanto a quanto può succedere al tribunale

di Cremona, ma soprattutto per i problemi che ci aspettano. Purtroppo quando

mi trovo in Consiglio federale avverto ancora un atteggiamento ostile nei

nostri confronti, come se i calciatori fossero una controparte sindacale e non

una componente tecnica importante. Noi non vogliamo essere ‘‘contro'', ma

lavorare ‘‘con'' tutti per costruire un calcio migliore».

Come sono i rapporti con le Leghe?

«Buoni con la Lega di serie B, con la quale a novembre siamo riusciti a

firmare un accordo collettivo della durata di tre anni. Con la Lega di serie A

non ci sono rapporti ufficiali da quando a settembre abbiamo firmato l'accordo

collettivo, che è stato definito innovativo, ma che dovrebbe durare soltanto

fino a giugno. Una scadenza di dieci mesi che è già un'anomalia. Ci sarebbe da

rimettersi intorno a un tavolo, ma non si riesce mai a trovare l'occasione per

fissare una data. Il calcio va avanti se esiste una pluralità di componenti

che hanno a cuore un unico obiettivo; invece siamo visti come il fumo negli

occhi. Ad esempio, la Lega di serie A è uscita dal Consiglio federale nel

luglio 2010 ed è rimasta fuori per un anno per la questione del secondo

extracomunitario. Sarebbe interessante vedere dov'è finito il secondo

extracomunitario».

L'impressione è che con la Lega Pro i rapporti siano anche

peggiori. . . Impressione sbagliata?

«Ci sono nodi molto difficili da sciogliere. C'è una situazione

economico-finanziaria dei club che rende problematica la sostenibilità della

stessa Lega. Il 78% dei giocatori di Lega Pro guadagna meno di 40. 000 euro

lordi eppure in molti casi gli stipendi arrivano in ritardo o non arrivano.

Per questo è tuttora aperta la questione del Fondo di garanzia, con i

calciatori che vantano un credito di 40 milioni di euro. C'è n'è per tutte le

categorie e le situazioni, comprese quelle di squadre retrocesse dalla B alla

Lega Pro, che sono sparite per problemi economici. La Lega di serie A e la

Lega Pro lo hanno disdettato da tempo; con la Lega di B c'è un'intesa per

creare un fondo e ripartire. Per quanto riguarda le altre componenti, speriamo

di arrivare a definire una strategia con l'aiuto della Federcalcio, attraverso

una serie di operazioni a stralcio. L'aspetto anomalo è che gli stessi

soggetti che falliscono con una società si ripresentano dopo qualche mese da

un'altra parte».

La Lega Pro non vuole nemmeno le squadre B dei club di A, secondo il

modello spagnolo...

«Il disaccordo fra noi e loro deriva dal modo diverso di pensare a una

politica per l'inserimento dei giovani. La Lega Pro insiste con gli incentivi

economici per chi schiera gli Under 21, creando in questo modo una situazione

anomala: i giovani vengono utilizzati per aumentare gli introiti dei club e

non perché si creda davvero in loro. In questo modo si crea un gruppo di

giocatori che a 22 anni si ritrovano senza squadra e con un futuro

problematico oppure con squadre che pensano alla promozione e che non

schierano nemmeno i giovani, salvo poi mancare l'obiettivo finale. Noi invece

siamo convinti che sia necessario valorizzare e formare i giovani, e questo

vale per tutte le squadre dalla A alla Lega Pro, con l'obiettivo di migliorare

il calcio italiano nel complesso. Per questo siamo favorevoli a importare il

modello spagnolo, creando lo spazio per quei club di serie A che vogliono

creare le squadre B. Squadre composte dagli Under 23, con un eventuale numero

(limitato) di fuoriquota. Senza una seria politica dei giovani non si va da

nessuna parte».

Il 2011 è stato anche l'anno del ritorno del calcioscommesse. Che

effetto fa sapere che i protagonisti di questa storia sono proprio i

calciatori?

«In estate ho voluto fare un giro di ritiri, insieme con il segretario

generale, Grazioli, perché ci tenevo a creare un rapporto diretto con i nostri

associati. Mi ha molto colpito il fatto che, dopo tutto quanto era accaduto in

estate, fra la procura di Cremona e i processi sportivi, c'era ancora chi

girava per i ritiri in cerca di giocatori da ‘‘addomesticare''. Ai calciatori

posso dire di non buttare dalla finestra l'orgoglio di chi è riuscito a

diventare un calciatore, anche a costo di non pochi sacrifici».

A Simone Farina, che ha denunciato di essere stato contattato da

Zamperini e che si è rivolto a voi, che cosa ha detto?

«Di comportarsi come deve fare un tesserato, in base alle norme esistenti:

denunciare l'episodio. Una linea di coerenza da sostenere fino in fondo,

evitando la beatificazione».

___

Lo show a tutti i costi è la condanna degli arbitri

di PAOLO CASARIN (CorSera 03-01-2012)

Il calcio nacque nel 1862 con 13 regole ed è cresciuto attraverso il

loro aggiornamento; fin dall'inizio il gioco esigeva fair-play dai

calciatori, ma erano anche previste sanzioni nel caso di scorrettezze.

La regola del fuorigioco era decisiva: ricordando il rugby, imponeva

il passaggio del pallone verso un compagno arretrato. Rimase un gioco

difensivo anche dopo la modifica del 1866, che permetteva il passaggio

del pallone ad un compagno più avanzato a condizione che tre avversari

fossero tra lui e la porta: era l'handicap per gli attaccanti, molto

più bravi dei difensori.

Scozia-Inghilterra, 1872, finì senza gol: la difesa appariva

insuperabile, il terzo difensore schierato a metà campo teneva

l'attaccante lontano dalla porta. Crollo dei gol e calcio in crisi.

Nel 1925 arrivava la modifica decisiva del fuorigioco: l'attaccante

poteva giocare con due avversari tra sé e la porta: con questa

soluzione, i gol aumentarono del 30 per cento!

Quel tipo di fuorigioco, dopo circa 65 anni, aveva centrato

l'equilibrio tecnico tra difesa e attacco. Per altri 65 anni, fino al

1990, le regole non avevano subito modifiche strutturali, ma erano

cresciute a dismisura le sfumature che avevano dato molto potere

all'arbitro-interprete delle regole che si sostituiva al primo

arbitro-notaio. I gol, nel frattempo, erano passati dai 4 delle prime

edizioni del Mondiale ai 2,2 di Italia 90. Il segnale che si vinceva

con le difese.

La televisione ha rivoluzionato tutto, introducendo il termine

spettacolo da associare all'idea di calcio: «Bisogna incrementare i

gol», era stato l'ordine. Come intervenire? Cercando di creare regole

in grado di indebolire la difesa, ovviamente. Ecco nascere il

fuorigioco «liberalizzato», quello che verifica soltanto la posizione

di chi partecipa al gioco d'attacco e tollera anche chi si muove a due

passi dal portiere, purché non tocchi il pallone.

E ancora: dopo il '90, la regola dei falli è diventata più severa e

ha permesso l'espulsione dei difensori e dei portieri che, attraverso

falli volontari, impedivano agli avversari di concludere l'azione

verso la porta. Una pioggia di rossi e gialli ha avuto l'effetto di

destabilizzare l'assetto delle squadre e, quindi, di provocare gol.

L'effetto «gol per tutti» (2,8 per gara) ha illuso tutti fino al 2000.

Poi, e sono i giorni nostri, è iniziata la graduale discesa dei gol

fino ala media di 2,4 reti per gara.

Che cosa è successo negli ultimi dieci anni? Sui campi, si è

verificata una progressiva attenuazione della disciplina: i giocatori,

artefici dello spettacolo, «debbono restare in campo». Il rosso tende

al giallo, il doppio giallo diventa raro; e qualche calcione viene

assorbito attraverso norme surreali sul vantaggio. Meno fischi

favoriscono lo spettacolo: è l'ultima raccomandazione che viene fatta

agli arbitri; e la Fifa aggiunge: l'arbitro deve essere «sensibile».

Da questa situazione escono arbitri-promotori di gol: un compito

improprio che li può confondere. Il calcio, dopo gli ultimi dieci anni

senza strategie chiare, sconta una deregulation strisciante e appare,

oggi, in netto contrasto con una società civile alla ricerca della

Regola perduta.

Modificato da Ghost Dog

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