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K A L C I O M A R C I O! - Lo Schifo Continua -

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PUGNI e Caresse

Inutilità da Bordocampista

di ANDREA SCANZI (Il Fatto Quotidiano 06-12-2011)

SECONDO un recente studio dell’Università di Cambridge, dedicato alle figure

più inutili nell’ecosistema, il Bordocampista è risultato piazzarsi in terza

posizione, dietro il Pd e il componente biondo degli 883, ma davanti alle

zanzare e ai Pink Floyd senza Waters. Il Bordocampista è un facente funzioni

di giornalista. Il suo ruolo è quello di bighellonare, con fare trafelato, a

ridosso delle panchine. Benché marginale, il Bordocampista ha un’aria

perennemente solenne, come se stesse per comunicare – in anteprima – i testi

dell’ultima hit di Renzo Zenobi. Sprovvisto di coraggio e amor proprio, il

Bordocampista è un droide munito di sole dieci frasi-tipo. Eccole:

1) “Presidente , spera di vincere?” (prima di qualsiasi partita).

2) “Sì, sta per avere luogo una sostituzione” (dopo che 38 mila telecamere

hanno inquadrato il quarto uomo con accanto un panchinaro).

3) “Non l’ho visto sorridere” (a proposito di un allenatore che ha appena

subìto gol).

4) “Posso ufficializzare che il giocatore si è infor tunato” (alludendo a un

calciatore agonizzante su una barella).

5) “In settimana pare che ci siano stati screzi tra società e tecnico” (“pare”,

“sembra”, “si dice”: guai ad esporsi).

6) “Sì, uscendo dal campo sembrava felice (commentando Messi che riceve la

standing ovation al Camp Nou).

7) “Sì, uscendo dal campo non mi è parso contento” (commentando Pazzini che

subisce la mitraglia dei fischi di San Siro).

8) “Robinho è così, tanto movimento però troppi errori sotto porta” (un

evergreen da usare in ogni occasione. Anche se Robinho non sta giocando).

9) “Di Natale, hai segnato ancora. Provi gioia?” (sfortunatamente, a tutt’oggi,

non è mai accaduto che Di Natale abbia risposto: “No, sono deluso. Oggi

speravo di sbagliare tutto e rompermi i legamenti. Peccato”).

10) “Sono in grado di confermarlo: la partita è finita” (dopo il triplice

fischio).

A pensarci bene, forse Cambridge ha torto: il componente biondo degli 883 era

molto più decisivo.

===

BISOGNA SAPER VINCERE

POCHI INTIMI IN

MEZZO ALLA NEBBIA

di Malcom Pagani (Il Fatto Quotidiano 06-12-2011)

L’ idea migliore, la più contemporanea, l’aveva elaborata un anno fa Stefano

Fantinel, imprenditore vinicolo ed ex presidente della Triestina. Manifesti

con un finto pubblico festante, lunghi decine di metri, da stendere sugli

spalti deserti dello stadio di casa per coprire un’assenza e immaginare il

futuro. Il situazionismo di Fantinel cancellava per sempre l’immagine del

concittadino Saba in Goal: “La folla-unita ebbrezza- par trabocchi dal campo”

e dava luce definitiva alla profezia del padre del calcio indigeno, Nereo

Rocco, sussurrata in punto di morte al figlio Tito: “Dame el tempo”. Ecco. Ci

siamo. Il metaforico agitarsi nel nulla di Parma e Palermo. I riflettori di

Padova spenti sul Torino. Il San Paolo allagato. I tubi Innocenti del

Sant’Elia di Cagliari dove nel ’70, quando l’arena di una regione si chiamava

Amsicora, si arrivava sui gradoni tre ore prima, con l’Ichnusa in faccia al

mare per godere, ancora Saba, i “pochi momenti come questo belli” che “è dato,

sotto il cielo, di vedere”. Tutto finito, ora che gli stadi sono archeologia

industriale, arrivarci è come espatriare e tra riunioni in Lega, morti,

rincari e tornelli, la sola ipotesi plausibile di una domenica normale è

l’enfasi da poltrona. È un’onda che ti spinge, persino negli spot, con gli

amici che stappano la birra, infiammano le scaramanzie e (per carità) intorno

hanno sempre mura chiuse. Spazi delimitati. A distanza di sicurezza da una

curva, un canto, un’avventura. Mentre con la destra davano la mano ai padroni

delle tv, con la sinistra, i presidenti che piangono miseria e sognano altre

più moderne e private cattedrali, incassavano.

COSÌ OGGI, ricordandosi degli assegni a nove zeri pagati dalle tv per

riprendere calciatori in mutande impegnati sull’iPod: “L’atmosfera negli

spogliatoi, amici” è difficile stupirsi se il campionato è balcanizzato tra

venerdì e lunedì o cavillare sulla regolarità generale dello stesso. È inutile,

persino chiedersi se programmare la gara di mezzogiorno ai 20 gradi di

Catania e quella di Parma alle 9 di sera sia solo demenza o non il corrente

approdo di un preciso ragionamento. Più che da avanspettacolo, le

giustificazioni sono spettacolari. Fuochi d’artificio, bugie, pretesti per

tavole rotonde. Si va dalla diatriba Enel-Padova Calcio, con il Torino lesto a

chiedere il 3-0 a tavolino, al “non potevamo sapere ad agosto che ci sarebbe

stata nebbia a Parma” per chiudere con il solito teatrino fitto di accuse

reciproche, messe cantate e promesse vane in attesa della prossima replica.

Chi comanda non è incline alla distinzione poetica e anche se Paolo Conte, già

nel ’74, aveva intuito che dalle sei di sera in poi la pianura padana “è un

bicchiere di acqua e anice” vedremo altre foschie, lastre di ghiaccio e nuvole

in un laissez-faire , per così dire, messicano. Quando tornerà il sole e solo

per allora, lo stadio sarà finalmente solo un silenzioso giardino di cemento.

La gente a casa. Lo schermo acceso. Umberto Saba. “Ai confini del campo una

bandiera sventola solitaria su muretto”.

Modificato da Ghost Dog

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PRIMO PIANO L'INTERVISTA AL PRESIDENTE FIFA

Cambio il calcio e chiudo

Basta sviste

Sì alla tecnologia sui gol fantasma

Una palla dentro di 70 cm non può sfuggire

Risolviamo tutto coi campionati a 16 squadre

di FABIO LICARI (GaSport 06-12-2011)

Le altre volte suggeriva che l'addio non sarebbe stato definitivo, che

un'elezione da vincere e «una missione da compiere» non mancano mai. Oggi no.

Oggi Sepp Blatter, numero uno del calcio mondiale, alla Fifa da oltre 35 anni,

presidente dal '98, sopravvissuto a tempeste politiche, sportive e giudiziarie

che avrebbero abbattuto chiunque, confessa: «Un giorno nella vita devi dire

basta. Rimetto in piedi la Fifa, poi nel 2015 la lascio nelle mani di un

altro». E non è detto che l'altro sia Platini.

Il 2012 può essere un anno storico: si deciderà su arbitri di porta e

tecnologia in campo. Lei ci crede?

«Definitivamente. Stiamo sperimentando la tecnologia sul gol fantasma:

l'International Board decide a marzo. Ci siamo. Importante che il sistema sia

immediato, affidabile e non complicato».

Ottimista?

«Ce la faremo. La Fifa non può accettare che si ripeta quanto successo in

Sudafrica: un pallone dentro 70 cm visto fuori».

Platini spinge per i cinque arbitri e dice: «Blatter non è a favore

perché non è un'idea sua».

«Davvero ha detto così?».

Un po' scherzando un po' no.

«Ma ne avevamo parlato: lui propendeva per gli arbitri di porta, io no. Idea

brillante ma costosa. Sono arbitri, non guardalinee: quante federazioni

possono permettersi le cinquine? La tecnologia è meno cara. Comunque o si

applica l'una o l'altra, tutt'e due assieme è difficile».

Decide il Board, organo che molti vorrebbero modernizzare.

«Intanto la Fifa ha il potere di veto. E poi, cambiare: sicuro sia meglio? Il

calcio è popolare perché è così da sempre, è istintivo, anche i bambini

conoscono le regole. S'immagina se facessimo come hockey e pallavolo che

cambiano ogni anno?».

I club ce l'hanno con la Fifa: chiedono assicurazioni per i convocati e

un calendario migliore. Rummenigge è stato durissimo con lei. Si

rischia un nuovo G14?

«Rummenigge mi ha sorpreso, poi ci siamo parlati e, per me, discorso chiuso.

G14 no, però le loro rivendicazioni sono più dirette di un tempo. Ma tutti

dimenticano una cosa».

Cosa?

«I club hanno i loro interessi, le federazioni idem, nessuno pensa ai

giocatori. I grandi club sono in una situazione finanziaria terribile e

cercano soluzioni, ma ci sono anche i “piccoli”. Ci incontreremo presto, già

fra pochi giorni e anche a gennaio: credo in un patto tra tutti».

Un assist inatteso le è arrivato dal presidente del Barcellona Rosell:

«I campionati a 20 non vanno più bene».

«Finalmente. Lo dico da 15 anni, avevo presentato un progetto che avrebbe

equilibrato campionati e coppe, club e nazionali. Sarebbe la soluzione. Questo

calendario è insostenibile».

Non vogliono neanche il Mondiale d'estate in Qatar.

«Altro tema… Platini. È stabilito che il Mondiale sia a giugno, e per me è

così. Dev'essere il Qatar a chiedere di spostarlo».

L'hanno accusata di razzismo: è sorpreso?

«Malafede. Ho portato il Mondiale in Sudafrica, milioni di bianchi e neri

accanto nelle strade, negli stadi… Ho solo detto che ci sono due comportamenti

scorretti in campo, con il fisico e con le parole, ma al 90' è tutto finito.

Che c'entra il razzismo? Ho ricevuto solidarietà da giocatori e dirigenti

africani. Ma sono triste».

No al 6+5, stop al 9+9. E il progetto di identità nazionale?

«Basta fatiche di Sisifo: dopo tre anni ho capito che per il 6+5 non c'era

spazio. Vedremo, in questo mondo globalizzato è difficile mettere barriere».

Il caso Sion minaccia Uefa e Fifa. Platini ha detto: «Senza protezione

politica dell'Ue, è finita».

«L'Ue non dà al calcio l'importanza che merita. Hanno non so quanti

commissari, ma non ce n'è uno per lo sport! Come se non si rendessero conto

dell'importanza sociale».

Questo è gioco politico…

«È giusto che lo sport rispetti le leggi nazionali e gli Statuti federali,

che diritto penale e del lavoro entrino nello sport. Quello che non va bene

sono le organizzazioni sovranazionali che intervengono poco o troppo. Lo sport

non può essere indipendente, ma deve avere autonomia».

E il Sion?

«Il giudice di secondo grado ha smentito quello di Vaud e ha detto: il

diritto del lavoro non c'entra. Nel calcio, il giudice del lavoro è

l'allenatore che sceglie tra i 25/30 a disposizione».

In compenso per l'Ue lo sport è soprattutto business.

«Potremmo aprire una discussione filosofica di ore. Lo sport è attività

agonistica e gioco. Nel tempo, l'aspetto economico è cresciuto ma non può

prendere il sopravvento. C'è confusione, trasferimenti continui,

nazionalizzazioni facili, processi».

Torniamo al calcio. Messi-Cristiano Ronaldo per il Pallone d'oro: sono

i migliori?

«Lo ha deciso la maggioranza. Certo, tutto in Spagna. Dove c'è anche Xavi,

simbolo di un movimento straordinario che dalle giovanili è arrivato a

conquistare Europa e mondo».

Quindi Spagna ancora favorita per l'Euro?

«Le mie favorite sono le due finaliste… Però la Spagna ha un gioco tecnico,

rapido, attrattivo. Ed è bello che il calcio sia espressione della cultura del

paese. Ogni nazionale dovrebbe giocare come vive la sua gente».

Come vive, e gioca, l'Italia?

«Più realista e concreta. Ancora un po' influenzata dal catenaccio, ma

con grandi esempi storici di calcio offensivo: su tutti, i campioni del

1982. Grandissima squadra d'attacco».

Del catenaccio forse, di sicuro l'Italia è ancora prigioniera di

calciopoli. Petrucci e Abete hanno proposto il tavolo della pace.

«Idea eccellente. Complimenti. Per eliminare incomprensioni e imperfezioni e

chiudere con un'epoca».

S'avvicina il «clasico» Real-Barça.

«La mia “liason” con il Real è nota: per il bianco, quello del Visp quando

giocavo, e perché è tra i fondatori della Fifa».

È anche Mourinho contro Guardiola.

«Due filosofie opposte. Un ex grande giocatore che ha un approccio

particolare con i suoi, un tecnico di personalità straordinaria. I migliori».

Chi sono stati i più grandi fuoriclasse della storia?

«Pelé, Beckenbauer, Cruijff, Platini, Zidane, e colui che ha reso grande il

Mondiale juniores nel 1979: Maradona».

Negli ultimi 10 Mondiali l'Europa ha avuto 30 semifinaliste su 40: non

sono pochi 13 posti?

«No, è il numero giusto. Anche gli altri continenti devono svilupparsi e

avere accesso al grande calcio. E poi, quando si fa il tabellone, sa com'è

difficile evitare che s'incontrino subito? A meno che il sorteggio sia

integrale: ma nessuno lo vuole».

Si sente un po' responsabile della crisi morale Fifa?

«Da presidente, sì. Il problema è che la Fifa, anche prima che fossi numero

uno, ha preso a svilupparsi troppo in fretta: l'aspetto economico è cresciuto

e la risposta non è stata immediata. Ora ho un mandato forte di 186 voti: con

le nuove commissioni riorganizzerò la Fifa. Siamo ai lavori in corso: i primi

risultati arriveranno a maggio, nel 2013 conto di aver finito. Ma una cosa non

mi piace».

Che cosa?

«Che si parli soltanto di scandali e di corruzione. E non si ricordi la

missione sociale della Fifa. Il suo aiuto a chi ha bisogno, dal Pakistan a

Fukushima, dalla Somalia ad Haiti. Il fatto che a calcio si giochi anche in

guerra, dall'Iraq all'Afghanistan, e che nel nostro mondo un po' disturbato

sia motivo di benessere. Ecco, vorrei solo un'analisi più oggettiva. Chiedo

troppo? ».

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Joined: 10-Sep-2006
5193 messaggi

da Giulemani:

Attualità di L. BASSO del 05/12/2011 17.01.45 'Non poteva scomparire': Dejà – Vu

Vi è mai capitato di visitare un posto nuovo, o di entrare per la prima volta in un locale, e di provare quella strana sensazione di “esserci già stati”?

C'è chi dice che sono reminescenze di vite passate, piccole briciole di chi “siamo stati prima” che non sono state cancellate quando il nostro spirito ha assunto questa forma mortale. Altri invece lo spiegano con piccoli “bug” del nostro cervello che collega fatti non rilevanti tra loro, o che si basa su informazioni sbagliate...

Io, personalmente, sto vivendo questo fenomeno da domenica sera.

Alla televisione scorrono in tutte le angolazioni le immagini del “rigore - non rigore” fischiato nel finale di Juventus – Cesena: Giaccherini è un lampo nel puntare verso la porta avversaria, il portiere gli esce incontro e – a quanto pare, tocca il pallone. Poi però, inevitabilmente, i due si toccano e lo Juventino vola per le terre.

Il commento, sul quale tendenzialmente concordo, è sempre lo stesso: “...il portiere a quel punto era lì, NON POTEVA SCOMPARIRE!”.

Ecco. Queste parole, ripetute all'infinito da uno, due, dieci commentatori, hanno provocato in me uno strano “Dejà-Vu”.

Mi sono ritrovato a guardare le immagini di una partita da televisore a bassa definizione. Un ragazzone robusto ma velocissimo entra in area con la palla tra i piedi, un difensore di quelli tradizionalmente definiti “generosi ma limitati” si frappone tra lui e la porta.

L'impatto è inevitabile.

L'arbitro lascia correre, e quel momento nel tempo entra immediatamente a pieno titolo nella storia del calcio. O meglio: di un certo tipo di calcio. Quello delle polemiche, delle rivendicazioni a senso unico, quello delle dietrologie...

Qualcuno prova a dire le cose come stanno: Ronaldo (perchè è di lui che parliamo) arrivava come un treno, Mark Iuliano era già lì, non poteva scomparire! E poi al massimo sarebbe stata punizione a due, se proprio vogliamo considerare un possibile fallo di ostruzione. Per tacere del fatto che, in quell'occasione:

1- Se avessero dato il rigore, prima di tutto andava segnato (per informazioni citofonare Pazzini);

2- Segnandolo la partita si sarebbe portata sul pari, visto che la Juve era in vantaggio;

3- La Juventus sarebbe comunque rimasta in testa alla classifica, visto che era già davanti.

Ma tutto questo ora non importa.

Importa solo che, ad anni di distanza, e a ruoli inversi, riviviamo la stessa situazione. E -come spesso solo i giornalisti sportivi sanno fare- ci si fottono diecimila anni di leggi della fisica come più ci aggrada pur di argomentare una teoria. Anche dicendo il contrario di quello che sostenevamo ieri.

Qualcuno allora disse queste stesse parole: “non poteva scomparire!” E fu sbertucciato, sbeffeggiato, tacciato di partigianeria.

Ieri decine di “giornalisti sportivi” hanno ripetuto come un mantra ossessivo quelle poche sillabe, meno di una decina, una litania che ti entra nel cervello. Non poteva scomparire.

Ieri, Mark Iuliano era colpevole di essere lì, di sottostare come tutti noi alla legge fisica dell'incompenetrabilità dei corpi solidi, di non essere sparito smaterializzandosi in una nuvola di fumo come Harry Potter.

Oggi, tutto questo non vale più. Ma non illudetevi: ciò non significa che dopo anni ed anni sia fatta giustizia per il nostro difensore col nasone.

Tutto in questo mondo del pallone è temporaneo, volatile. Specie quando c'è di mezzo la Juve.

Quando tra una, due o dieci giornate, Gigi Buffon si scontrerà allo stesso modo contro Totti o contro Gilardino, contro Milito o contro Lavezzi, ritorneremo a tanti anni fa. Con tutti questi signori a puntare il dito, e guai a chi dirà che “non poteva scomparire!”

“Ever had a conversation - That you realise you’ve had before - Isn’t it strange

Have you ever talked to someone - And you feel you know what’s coming next - It feels pre-arranged

’cause you know that you’ve heard it before - And you feel that this moment in time is for surreal - 'cause you know when you feel deja-vu”

(Iron Maiden - “Dejà-Vu”)

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La denuncia dell’avvocato Taormina

Video e testimoni, al via l’inchiesta sui 13 abbagli arbitrali

di FABIO SANTINI (Libero 07-12-2011)

Il dottor Eugenio Albamonte, magistrato della Procura di Roma, apre

ufficialmente l’inchiesta a seguito della denuncia presentata dall’avvocato

Taormina al Tribunale di Roma. Come anticipato da Libero la scorsa settimana,

Taormina chiede che venga fatta piena luce su presunte responsabilità

arbitrali nella conduzione di importanti partite della Serie A. «Parlando con

il dottor Albamonte», dichiara il penalista al nostro quotidiano, «ho colto

che l’inchiesta stia muovendo i suoi primi passi. Sono stati disposti

determinati reperti arbitrali. Poi verranno svolti accertamenti partita per

partita,noncredoche a questo punto vi siano nomi iscritti nel registro degli

indagati. E con molta probabilità sia il sottoscritto sia Aldo Biscardi,

all’interno del cui “Processo” televisivo ho annunciato la mia iniziativa,

verremo ascoltati come testimoni».

Giova ricordare che la denuncia dell’avvocato Taormina prende in esame 13

episodi di 11 partite relative alla prima parte del campionato in corso. Gli

arbitri coinvolti sono: Mazzoleni, Rizzoli, Brighi, D’Amato, Orsato, Rocchi,

Valeri, Giannoccaro, Tagliavento con i rispettivi assistenti di linea.

Possibile che in un secondo tempo il giudice si riservi di sentirli.

L’azione di Taormina si completa con la segnalazione alla Magistratura

dell’omissione di rapporto all’Autorità Giudiziaria dai parte dei vertici

dell’organizzazione del calcio, in violazione di una precisa disposizione di

legge. «Voglio ribadire», aggiunge Taormina, «che non mi spinge a questa

azione alcun livore verso una squadra o un’altra. È soltanto la voglia di

analizzare a vasto raggio i casi di presunta illiceità che ogni domenica si

ripetono sui campi di calcio. Infine, ho suggerito al dottor Albamonte, se lo

riterrà necessario, se dovesse verificare che la frequenza degli episodi sia

espressione di una rete di rapporti e ingerenze, riconducibile a un’ipotesi

d’associazione per delinquere, di operare con intercettazioni telefoniche,

anche alla luce dei casi giudicati di recente dal Tribunale di Napoli».

Taormina cerca di aprire uno squarcio nella coltre impenetrabile all’interno

della quale il calcio celebra i suoi errori più marchiani e talvolta assurdi.

E se persino il Presidente della Fifa Josep Blatter, noto per la sua

arretratezza nel gestire il governo mondiale del calcio, annuncia che la

moviola in campo verrà applicata ai casi di gol-non gol ai Mondiali del 2014,

forse è ora che ci si decida ad introdurre l’utilizzo dell’occhio elettronico,

usato in tutte le altre discipline sportive. I primi ad esserne contenti

sarebbero proprio loro gli arbitri, condannati il giorno dopo all’impietosa

gogna della moviola. In studio.

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La denuncia dell’avvocato Taormina

Video e testimoni, al via l’inchiesta sui 13 abbagli arbitrali

di FABIO SANTINI (Libero 07-12-2011)

secondo me dovrebbe stare in un topic in JF insieme all'altro post dove sono elencate anche le partite sotto esame

questo perché più utenti possibili siano informati su quanto faccia ridere l'italia e la sua giustizia da peracottaro, con massimo rispetto per questo dignitosissimo mestiere, dignità che il sig. Taormina non sa nemmeno dove stia di casa

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secondo me dovrebbe stare in un topic in JF insieme all'altro post dove sono elencate anche le partite sotto esame

questo perché più utenti possibili siano informati su quanto faccia ridere l'italia e la sua giustizia da peracottaro, con massimo rispetto per questo dignitosissimo mestiere, dignità che il sig. Taormina non sa nemmeno dove stia di casa

Anche nell'articolo di ieri su Libero Moggi infilava una stoccatina contro Baldini in ordine a queste puttan...

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.oddio.the Bella Taormina in Sicilia.

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La denuncia dell’avvocato Taormina

Video e testimoni, al via l’inchiesta sui 13 abbagli arbitrali

di FABIO SANTINI (Libero 07-12-2011)

Il dottor Eugenio Albamonte, magistrato della Procura di Roma, apre

ufficialmente l’inchiesta a seguito della denuncia presentata dall’avvocato

Taormina al Tribunale di Roma. Come anticipato da Libero la scorsa settimana,

Taormina chiede che venga fatta piena luce su presunte responsabilità

arbitrali nella conduzione di importanti partite della Serie A. «Parlando con

il dottor Albamonte», dichiara il penalista al nostro quotidiano, «ho colto

che l’inchiesta stia muovendo i suoi primi passi. Sono stati disposti

determinati reperti arbitrali. Poi verranno svolti accertamenti partita per

partita,noncredoche a questo punto vi siano nomi iscritti nel registro degli

indagati. E con molta probabilità sia il sottoscritto sia Aldo Biscardi,

all’interno del cui “Processo” televisivo ho annunciato la mia iniziativa,

verremo ascoltati come testimoni».

Giova ricordare che la denuncia dell’avvocato Taormina prende in esame 13

episodi di 11 partite relative alla prima parte del campionato in corso. Gli

arbitri coinvolti sono: Mazzoleni, Rizzoli, Brighi, D’Amato, Orsato, Rocchi,

Valeri, Giannoccaro, Tagliavento con i rispettivi assistenti di linea.

Possibile che in un secondo tempo il giudice si riservi di sentirli.

L’azione di Taormina si completa con la segnalazione alla Magistratura

dell’omissione di rapporto all’Autorità Giudiziaria dai parte dei vertici

dell’organizzazione del calcio, in violazione di una precisa disposizione di

legge. «Voglio ribadire», aggiunge Taormina, «che non mi spinge a questa

azione alcun livore verso una squadra o un’altra. È soltanto la voglia di

analizzare a vasto raggio i casi di presunta illiceità che ogni domenica si

ripetono sui campi di calcio. Infine, ho suggerito al dottor Albamonte, se lo

riterrà necessario, se dovesse verificare che la frequenza degli episodi sia

espressione di una rete di rapporti e ingerenze, riconducibile a un’ipotesi

d’associazione per delinquere, di operare con intercettazioni telefoniche,

anche alla luce dei casi giudicati di recente dal Tribunale di Napoli».

Taormina cerca di aprire uno squarcio nella coltre impenetrabile all’interno

della quale il calcio celebra i suoi errori più marchiani e talvolta assurdi.

E se persino il Presidente della Fifa Josep Blatter, noto per la sua

arretratezza nel gestire il governo mondiale del calcio, annuncia che la

moviola in campo verrà applicata ai casi di gol-non gol ai Mondiali del 2014,

forse è ora che ci si decida ad introdurre l’utilizzo dell’occhio elettronico,

usato in tutte le altre discipline sportive. I primi ad esserne contenti

sarebbero proprio loro gli arbitri, condannati il giorno dopo all’impietosa

gogna della moviola. In studio.

oh me ne sono accorto ora,pensavo gli avrebbero riso in faccia,invece hannop avviato l'inchiesta??? ma allora boh,bisognarebbe darle più risalto,anche se non vorrei parlare di sto tizio

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CALCIOPOLI MERCOLEDI’ IL TAVOLO DEL CONI

Metti la pace a colazione

Petrucci fissa alle 9 l’appuntamento per rasserenare il calcio

In questi giorni il numero uno dello sport italiano tesse la tela

sensibilizzando i presidenti invitati. A Roma prende piede un certo ottimismo

di MARCO BO (Tuttosport 08-12-2011)

TORINO. Per il tavolo della pace il presidente del Coni, Gianni Petrucci ,

vuole gli invitati belli carichi e riposati. E’ anche per questo,

probabilmente, che ha deciso di schedulare la riunione con i massimi esponenti

del calcio italiano per le nove del mattino di mercoledì prossimo. Cappuccino

con brioche e poi tutti seduti per ascoltare quello che, verosimilmente, sarà

un robusto auspicio introduttivo da parte del numero uno dello sport italiano.

La prima parola spetterà ovviamente al padrone di casa che illustrerà

innanzitutto il disagio per tutto ciò che non sta apprezzando del mondo

pallonaro. Dopo l’ affresco che ospiterà anche toni cupi, toccherà agli

invitati esporre e presentare le priorità degli interventi che dovrebbero

garantire al calcio di garantirsi un futuro migliore.

VIETATO SBANDARE Per evitare che la discussione rischi di non decollare nella

direzione giusta, Petrucci, da navigato politico qual è, sta continuando a

sentire telefonicamente, e quindi in maniera rigorosamente separata, coloro

che dovranno confrontarsi. Proseguono dunque i contatti con il presidente

della Juventus, Andrea Agnelli , dell’Inter, Massimo Moratti , del Napoli,

Aurelio De Laurentiis , l’a.d. del Milan, Adriano Galliani e il patron della

Fiorentina, Diego Della Valle . Come si evince da questo elenco peraltro

ufficioso di chi dovrà presentarsi mercoledì al tavolo, scontatissima la

presenza di Giancarlo Abete , si tratterà di una riunione in cui i club più

prestigiosi avranno l’opportunità di gettare le basi per far sì che il mondo

del pallone possa svoltare verso parametri più corretti e seri: dal contratto

di lavoro dei calciatori, alla legge sugli stadi, ai diritti tv, alla riforma

della giustizia sportiva e quant’altro.

LA RIFORMA Inevitabile che alla voce “altro” la Juventus, nella persona del

suo presidente, intenda confrontarsi con la questione dello scudetto del 2006

assegnato e non revocato all’Inter nonostante la relazione, seppur tardiva,

del procuratore Stefano Palazzi , abbia evidenziato comportamenti, da parte

della dirigenza nerazzurra, omologhi o omogenei a quelli dei manager

bianconeri. La sensazione è che a Roma, mercoledì, si affronterà soprattutto

la questione del futuro in modo che episodi simili a quelli accaduti in

passato non possano più avere titolo di ripresentarsi. Si lavorerà, quindi,

per architettare una sorta di riforma del calcio in grado di garantire in

maniera più piena e sicura chi nel calcio non mette solo la passione ma anche

una montagna di soldi, a volte condivisi con gli azionisti come accade a

Juventus, Lazio e Roma, i tre club quotati in borsa. E’ inutile poi far finta

di niente sul fatto che la Juventus non si è mossa soltanto per lo scudetto

del 2006 ma anche per i danni scaturiti dalle decisioni di Calciopoli, ovvero

una richiesta totale alla Figc di 440 milioni e rotti. Ergo, non bisogna

essere Einstein, per capire che una riappacificazione globale servirebbe a

stabilizzare tutto il sistema calcio. Tra sei giorni, al tavolo della pace, il

presidente del Coni richiamerà tutti a un maggior rigore. Chi sbaglierà

dagli... undici metri?

===

Per garantirsi il futuro

quanto costa il passato?

di ALVARO MORETTI (Tuttosport 08-12-2011)

UNA LACRIMA, almeno quella, la ministro Fornero annunciando gli

indicibili "sacrifici" ai milioni di non più pensionabili d'Italia

l'ha stilata. Ora che il tavolo della pace si avvicina con

scampanellio natalizio e un risuonare delle note di "Scurdammoce 'o

passato (chi ha avuto, ha avuto)", auspicheremmo un'emozione da poco

simile a quella ministeriale se si dovessero mettere in agenda gli

eventuali (ripetiamo, molto eventuali) sacrifici - rinuncia ai ricorsi

- in salsa juventina. Perché la ministro piangeva? Perché sapeva che

doveva far ingoiare a troppi una grande ingiustizia, che Monti

chiamava "sacrificio": sapersi unica società punita sportivamente (con

la Fiorentina del primo ideatore del tavolo, Della Valle, e la Reggina,

a dire il vero) per i delitti di Calciopoli, società non prescritta

al pari di Inter e tante altre pasciute sulla carcassa bianconerea e

doversi accontentare delle prescrizioni e non competenze meriterebbe

una lacrima, almeno una lacrima. No? Perché si piange quando - per

prescrizione - muore l'etica? A quell'inappagato bisogno di par

condicio non dovrebbe neanche rispondere un Tar? Neanche stavolta? Ma

questo è 'o passato. E allora eccoci al domani, al sol dell'avvenire.

L'agenda del futuro è in buona parte scritta con l'inchiostro

bianconero: senza la Juve cosa voglia dire in Italia uno stadio

moderno e di proprietà non lo sapremmo ancora. Hanno interesse il

Milan di Berlusconi, l'Inter di Moratti, il Napoli di De Laurentiis

(Della Valle sì, Lotito sì, la Roma americana sì) a fare qualcosina

per la Nazione? Legge 91: senza il contratto di Chiellini, apripista

con l'avvocato Briamonte, che contratto collettivo avremmo (in attesa

di firmarlo, certo, e di un presidente di Lega senza se e senza ma)?

Visto che la legge sugli stadi giace da 5 anni in Parlamento, che la

proposta sul merchandising la conosciamo da 4, che un tavolo sulla 91

è aperto dal 31 agosto e che di defiscalizzazione forse è meglio non

parlare ora, non vorremmo che l'unica novità - oltre ad un nuovo

ministro, Gnudi - diventi una rinuncia ai ricorsi tout court.

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Attenzione, la Mummia!!!

___

L'INTERVISTA

Carraro

«Juve, ora basta

con i 29 scudetti

Credo al tavolo»

«Agnelli si fermi in attesa della Cassazione

Moratti difenda il titolo, ma conceda qualcosa»

di RUGGIERO PALOMBO (GaSport 08-12-2011)

Dottor Carraro, l'8 luglio al Corriere della Sera lei disse ad

Agnelli e Moratti di smetterla di litigare e che fu un errore

assegnare lo scudetto 2006. Cinque mesi dopo e a una settimana dal

tavolo della pace istituito da Petrucci, conferma?

«Confermo. Sono molto contento dell'iniziativa di Petrucci e mi auguro vada a

buon fine perché penso che nel calcio ci sia un gran bisogno di pacificazione.

Detto questo, pensare adesso di togliere lo scudetto all'Inter per motivi

disciplinari è cosa che non sta nè in cielo nè in terra».

Moratti sarà contento...

«A Massimo dico che avrebbe fatto bene a seguire il consiglio che Candido

Cannavò gli diede allora sulle pagine della giornalaccio rosa dello Sport, di non

reclamare lo scudetto 2006, la cui assegnazione fu un errore di politica

sportiva, ma non di giustizia sportiva. Oggi però Moratti quello scudetto ha

tutto il diritto di difenderlo».

Anche dopo la relazione Palazzi, le telefonate dell'Inter, la

prescrizione?

«Ho letto la relazione Palazzi, francamente non l'ho capita e non la

condivido. Se si trattava di una vicenda prescritta, bastava dire "è

prescritta". Aggiungo che Palazzi, ben indirizzato da Guido Rossi e da

Borrelli, fu meritevolmente molto rapido nel 2006, ed eccezionalmente lento

invece nella vicenda delle nuove intercettazioni telefoniche».

Poi tutti incompetenti...

«Ho stima di Abete, ma mi sarebbe piaciuto che il Consiglio federale, pur

dichiarandosi incompetente, non si limitasse a questo. Era necessario parlare

ad Agnelli con chiarezza. Da subito. Quanto agli organi di giustizia, mai

visto il Tas di Losanna dichiararsi incompetente. Può prendere decisioni che

non mi piacciono, come quella più recente sulla riammissione ai Giochi dei

dopati che hanno scontato la pena, ma decide. Penso poi che Petrucci debba

porsi il problema di una giustizia sportiva macchinosa e lenta. Sono

commissario della Federsci a causa di elezioni invalidate un anno e tre mesi

dopo che si erano svolte. Troppo tempo».

La relazione Palazzi ormai esiste. E alla Juventus non piace.

«Nel 2006, dopo le condanne in primo e secondo grado, la Juventus ha

conciliato con la Federcalcio la propria pena presso la Cca del Coni, al pari

di Milan, Fiorentina e Lazio. Ha fatto in termini sportivi quello che nel

processo penale si chiama patteggiamento. Perciò la Juventus non può, e lo

dico chiaro, dire che ha vinto 29 scudetti, e mettere quel numero nel proprio

stadio. La Juventus è il più grande pilastro dell'organizzazione calcistica

italiana, la società che ha vinto il maggior numero di scudetti. I suoi

giocatori erano i più numerosi nelle squadre che hanno dato al nostro Paese

quattro campionati del mondo e un oro olimpico. La famiglia Agnelli si

identifica da sempre con la Juventus. Andrea ha un grande ruolo ed una grande

responsabilità, suo padre è stato presidente della Figc».

Ad Agnelli cosa suggerisce?

«Salvo casi particolari, osservo che le sentenze della giustizia sportiva non

sono state smentite da quelle in primo grado dei processi penali, rito

abbreviato prima e ordinario poi. Capisco le motivazioni psicologiche che lo

portano ad agire ma è su di lui che incombe la responsabilità di dire, "ci sto

male, ma la chiudo lì". Prenda atto della situazione e aspetti che il processo

penale si esaurisca coi suoi tre gradi di giudizio. Se la Cassazione

certificasse che ci sono state storture, se emerge una realtà diversa, allora

sì che potrà impugnare tutto. Ma ora vorrei vedere Agnelli fermarsi e dire

niente altro che "aspetto"».

Non le sembra un po' poco, o piuttosto un po' troppo?

«Il bello della vita e dello sport è guardare avanti e non indietro. Dal

tavolo della pace sarebbe bello che uscisse un'iniziativa positiva nel nome di

Facchetti e Scirea, due grandi uomini e campioni».

E Moratti, nemmeno una piccola concessione alla mediazione politica,

una cosa del tipo «Forse qualcosa ho sbagliato anche io. . . »?

«Sì, forse questo lo potrebbe anche ammettere, ma nel chiuso del tavolo della

pace».

Articolo 22 Noif, ribattezzato caso Lotito. Chi ha ragione?

«Quando c'è una regola, anche se brutta, va rispettata. Tra il '97 e il 2006

anche io non mi sono accorto che quella regola del '93 non sta in piedi per

come è scritta. Sarebbe utile che il Coni adottasse sull'onorabilità dei

criteri da applicare in modo omogeneo in tutte le federazioni, criteri che

siano in sintonia con le norme internazionali. Detto questo, anche qui un pò

di calma».

Blatter ha aperto alla moviola per il «gol non gol». Un evento.

«Un passo avanti che non piacerà a Platini, ma non basta. Oltre al "gol non

gol" la tecnologia deve essere usata anche sul fuorigioco. Non capisco perché

nel calcio l'arbitro debba avere meno elementi di giudizio di chi guarda la

tv. E' come se nel tennis l'occhio di falco venisse messo al servizio dei

telespettatori, ma non fosse utilizzato. Ci sono fuorigioco che sono difficili

da individuare ma le telecamere te lo dicono in tempo praticamente reale. E'

ora di adeguarsi, lasciando all'arbitro tutta la giusta discrezionalità sui

falli e i contatti, lì sì che è l'occhio e non la telecamera che deve

continuare a decidere».

Dal calcio ai Giochi Olimpici. Quanto traballa Roma 2020?

«Per portare avanti la candidatura occorrono due condizioni: che la manovra

economica del Governo diventi presto legge dello Stato, e che l'Europa, che

nei prossimi venti giorni deve decidere se andare avanti con l'euro, resti in

piedi insieme alla moneta unica».

Lo studio di fattibilità del professor Fortis e di cui lei è stato

coordinatore è in grado di risultare vincente?

«Sono grato a Fortis e a tutti i componenti la commissione che hanno lavorato

bene e gratis. Lo studio è costato solo 80 mila euro, per il prezioso lavoro

di ricerca di Prometeia. Spiega molto bene quali potranno essere i costi e i

ritorni economici di Roma 2020 e credo potrà convincere opinione pubblica,

Governo e Parlamento della credibilità di questa candidatura».

Cosa va fatto e cosa non va fatto tra Coni, Comune e Comitato

Promotore nei prossimi due mesi?

«Attendere che Governo e Parlamento si pronuncino entro i primi di febbraio.

E poi lavorare ventre a terra, con la maggiore riservatezza possibile,

ricordando che fino al 7 settembre 2013, quando i Giochi saranno assegnati,

bisogna conquistare consenso e voti dei membri Cio. E non dirci tra noi che

siamo i più bravi».

Oggi Roma è ancora favorita rispetto a Madrid, Istanbul, Tokyo, Doha

e Baku?

«Non ho mai considerato Roma favorita. Sono testone e poco fantasioso. E' una

missione molto, molto, molto difficile ma non impossibile. Tre volte molto, lo

dico da tempo e lo ribadisco oggi».

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L'impeccabile Guido Rossi

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Mi pare che...

Carraro parla ancora di Calciopoli

e non capisce che è meglio tacere

di LUCIANO MOGGI (Libero 09-12-2011)

Il Napoli è negli ottavi di Champions, secondo nel girone di ferro scaturito

dal sorteggio. Ci aveva creduto solo De Laurentiis, bisogna dargliene atto.

Non parliamo però di fatto storico. Nella storia i partenopei c’erano già

stati con i due scudetti e la Coppa Uefa ’89, che valeva assai di più

dell’equivalente di oggi; ed erano già arrivati anche agli ottavi diCoppa

Campioni (che non stiamo a dire valeva di più anche della Champions di oggi),

formata dai veri campioni nazionali.

Ciò nulla toglie all’impresa del Napoli di oggi che va gratificato per i sette

anni trascorsi dalla rinascita in serie C. De Laurentiis ha evitato nel dopo

gara discorsi altezzosi, al contrario è rimasto con i piedi per terra,

rimandando al mittente la domanda di rito, se rinforzerà la squadra: «Abbiamo

una compagine con un allenatore che ha le sue idee, giocatori eccellenti,

giovani che stanno emergendo, non c’è bisogno di nessuno, perché chiunque

arrivasse potrebbe intaccare l’equilibrio del gruppo». Un De Laurentiis quindi

con molto self control, rispetto a un Mazzarri oppresso in campo

dall’importanza della posta in palio che lo ha portato a continue lamentele

fino all’espulsio - ne plateale. Non è certamente questo modo di porsi che

giova all’immagine del Napoli, soprattutto in campo internazionale: vogliamo

sperare quindi che l’allenatore ne faccia tesoro facendo in fretta un esame di

coscienza. Comunque la qualificazione porta il suo nome e nasce anche dai suoi

meriti, mentre i ricchi del City (al pari dell’altra parte di Manchester)

piangono, riferimento inevitabile trattandosi di sceicchi.

Il fu Triplete

Mancini mastica amaro sui dieci punti che non gli sono bastati ed elogia il

Napoli. Il Villarreal ci ha provato, ha resistito un po’ di più perché la

squadra di Mazzarri va in difficoltà quando deve far gioco: dei tre tenori

l’unico che ha giocato all’altezza è stato Lavezzi, il vero trascinatore della

squadra, rispetto a Cavani incappato in una giornata no, e ad Hamsik che si è

autocelebrato con il gol (facile) della sicurezza. Più importante e più bello

quello di Inler.

Anche Milano sorride per il passaggio del turno; certo che il Milan di martedì

(senza Ibra) non ha proprio esaltato, mentre l’Inter è sempre un pianto. Dal

campionato alla Champions la musica non cambia e meno male che la

qualificazione era già in tasca. A San Siro è passato anche il Cska di Mosca

che ringrazia per l’omaggio qualificazione. Una fine ingloriosa per la squadra

che vinse il Triplete appena un paio di anni fa, molti di quei giocatori ci

sono ancora, ed è questo il punto in negativo: un club serio e competente non

aspetta che una squadra vada alla consunzione.

Come parla Carraro

Carraro si è intrattenuto oggi sul cosiddetto tavolo della pace perdendo così

un’occasione irripetibile per tacere. Non doveva perché in Calciopoli c’era,

anche se ne è uscito nonostante alcune intercettazioni che facevano capire ben

altro.

Comincia col dire che «l’assegnazione dello scudetto 2006 fu un errore di

politica sportiva ma non di giustizia sportiva» (forse perché c’erano

intercettazioni che erano state fatte sparire?), e poi conclude che «Moratti

quello scudetto ha tutto il diritto di difenderlo». Ma ce n’è ancora, sulla

relazione di Palazzi: «Francamente non l’ho capita e non la condivido». Se non

la condivide, nulla quaestio. Se non l’ha capita, gliela spieghiamo noi.

Palazzi ha detto che l’Inter attraverso i suoi dirigenti (Moratti e Facchetti)

si è resa responsabile di illecito sportivo, ex articolo 6. Le conclusioni,

impedite dalla prescrizione, sono chiare. Sul punto Abete aveva invece capito

tutto, suggerendo a Moratti di rinunciare alla prescrizione.

Carraro potrebbe leggersi quanto scritto da Sconcerti, su “Lo sconcerto

quotidiano”: «Petrucci avrebbe fatto meglio a chiedere al calcio come abbia

potuto definirsi incompetente sulla rilettura di una sentenza emessa dal

calcio stesso. Era il pubblico ministero del governo del calcio che aveva

avanzato proposte e conclusioni. E su richiesta della Federcalcio. Come si può

farlo lavorare fino ai limiti della prescrizione e poi dichiararsi

incompetenti? È questo che causa la guerra attuale. Prometterà allora il Coni

un nuovo giudizio che entri nel merito?».

Aggiunta finale, Carraro riprende gli ultimi rumors, al tavolo non si parlerà

affatto dello scudetto 2006. Ehilà, ma allora abbiamo tutti scherzato.

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Al tavolo vogliono abrogare il passato

Le strane premesse e l’uscita di Guido Rossi:

«Basta con il 2006. Chi dice stupidaggini venga fatto tacere»

di ALVARO MORETTI (Tuttosport 09-12-2011)

ROMA. E’ dura, davvero dura abrogare per decreto il passato, come vorrebbero

le istituzioni sportive e i loro grandi vecchi e assolti, come Carraro. Sì,

proprio il presidente Figc della telefonata a Bergamo prima di Inter-Juve del

novembre 2004 e quello che non voleva la relazione Palazzi: quel che è

prescritto meglio non saperlo. Dura perché dal passato emergono e riemergono -

proprio in questi giorni del Tavoliere della Pace - voci che riaprono e salano

le ferite, che rimettono sotto la luce dei riflettori ogni contraddizione che

rende Calciopoli qualcosa di indigeribile per chi è stato punito, pensando a

chi ha ricevuto premi in quel 2006.

NULLA SEPPI Guido Rossi, per esempio, dovrà ben presto fare pace con la

Procura di Napoli e con Auricchio che hanno sostenuto di aver “cassato” le

telefonate interiste perché ritenute non rilevanti. Mercoledì era tra i

premiati della città di Milano con l’Ambrogino d’oro per quanto fatto per la

città ambrosiana, un bravo cronista di TeleReporter coglie al volo l’occasione

per parlare con l’uomo che ha messo tutti nell’impasse di oggi con

l’assegnazione dello scudetto 2006, quando da commissario prima chiese il

parere ai tre saggi, poi vergò il comunicato del 26 luglio ancora oggi materia

di richieste di risarcimento da 443 milioni e vero tema - che l’amico (di

Rossi) Moratti non vuol aprire - del tavolo di mercoledì prossimo.

«FATELI TACERE» Eccolo il dialogo tra cronista e un Guido Rossi assai

infastidito e nel solco della autoreferenzialità sulla vicenda mostrata sempre

dall’ambiente nerazzurro.

Lei che cosa ne pensa di questo tavolo della pace? «Ah, no, non ne so niente,

non ne so niente». Secondo Lei va riscritto quello che è successo dal 2006 o

no? «Quella è storia!»

Davvero non c’erano le carte allora? «Non c’era niente, ma dai, tutto è stato

messo, tutto, benissimo in chiaro, da tutta la documentazione, quindi...». Non

è stato lasciato indietro niente, ad esempio le telefonate che sono emerse in

questi mesi sull’Inter? «No, non ne sapevo niente». Ma, secondo Lei, avrebbero

cambiato in qualche modo, avrebbero cambiato qualcosa o no? «Ma non lo so, non

le conosco. Senta, io sono stufo di questa cosa e quelli che dicono le

s********e vanno fatti tacere». Quindi non sarebbe cambiato nulla? «No, no,

assolutamente no, da quello che ne so io».

GIOCO DI SPECCHI Proprio una lettera di Guido Rossi, inserita nel fascicolo

del consiglio federale del 18 luglio ultimo scorso, ha dato il via libera alla

dichiarazione di non competenza sullo scudetto: non c’erano atti relativi

all’Inter tali da poter evitare l’assegnazione del titolo. Lo ripete come un

mantra anche all’Ambrogino, Guido Rossi. Le “s********e” che scriviamo da mesi

(e chi ci dovrebbe far tacere, poi?), però, dimostano il contrario. Il

procuratore Lepore si è vantato di una valutazione delle telefonate interiste

ritenute in conferenti. Il tutto nonostante il suo ex pm Narducci dichiarasse

nel 2009 il suo “piaccia o non piaccia” e l’altro ex pm Beatrice nel 2010

ammettesse di non saperne niente. Un gioco di specchi, l’ennesimo. Perché c’è

chi dice che tutto fosse stato messo a disposizione nel 2006. Di certo

Borrelli, che ammise la circostanza in Senato nel settembre 2006, poteva

leggersi l’informativa in cui gli stessi carabinieri segnalavano le telefonate

in cui Bergamo parlava di contatti con l’Inter (Moratti) sulle designazioni,

poteva leggere il verbale di Bergamo che ribadiva al suo Ufficio Indagini del

rapporto con Facchetti.

CONTRO IL PALAZZI Poi la considerazione sul fatto che quelle telefonate non

avrebbero cambiato niente: peccato che proprio Rossi poggiasse il comunicato

di assegnazione dello scudetto sull’assenza di profili anche etici (ma

sarebbero stati anche disciplinari, stando a Palazzi) a carico dell’Inter. Il

presidente Abete si protegge con la letterina di chi dice queste cose: sarà il

caso di ricordarlo al tavolo della pace, dovessero mai permettere ad Agnelli

di pronunciare la parola “2006”.

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E' morto Giorgio Mariani

torna l'incubo Fiorentina

Un altro decesso tra i giocatori che hanno vestito la maglia viola negli anni Settanta.

Aveva 65 anni e aveva giocato anche nel Verona, nel Napoli, nell'Inter e nel Cesena.

di GIUSEPPE CALABRESE

E' morto Giorgio Mariani torna l'incubo Fiorentina Stefano Borgonovo con Baggio allo stadio Franchi di Firenze

Un'altra morte sospetta scuote la Fiorentina degli anni Settanta. A 65 anni è deceduto a Sassuolo Giorgio Mariani, che aveva giocato nella squadra che vinse il secondo scudetto. Mariani era malato da tempo (un tumore) e aveva giocato anche con Napoli, Verona, Inter, Cesena. La sua morte è l'ennesimo capitolo di una lunga scia di sospetti e inchieste. Un dramma umano prima (molto prima) che sportivo. E non ci sono risposte. Solo domande.

Perché? si è chiesta molti anni fa la moglie di Bruno Beatrice, morto nel 1987, a 39 anni, per leucemia mieloide. La sua denuncia fece partire l'inchiesta del procuratore Guariniello sulle morti sospette. Indagini, ipotesi, accuse ma non si arriva a niente. Il calcio di quel periodo - siamo agli inizi degli anni Settanta - ha meno conoscenze mediche e meno regole, e quel lungo elenco di morte si porta dietro sempre la stessa domanda: perché? E perché tutti alla Fiorentina. Cosa è successo?

La lista è drammaticamente lunga. Nel 2003, a 56 anni, muore Nello Saltutti per un attacco di cuore. L'anno dopo, nel 2004, a 59 anni muore Ugo Ferrante, libero della Fiorentina del secondo scudetto, compagno di squadra di Mariani, per un tumore alle tonsille. Nello stesso anno muore per un linfoma anche Mario Sforzi, due stagioni nel settore giovanile della società viola. E ancora. Nel 2006 tocca a Giuseppe Longoni, che muore a 56 anni per vasculopatia cronica e lesioni cerebrali. E nel 2009 muore Massimo Mattolini.

Era una bella squadra quella Fiorentina. C'era anche Adriano Lombardi dell'Avellino, morto nel 2007 per una sclerosi laterale amiotrofica. E c'erano anche Mimmo Caso (Inter e Lazio), sopravvissuto ad un tumore al fegato. Tutti nomi finiti nell'inchiesta di Guariniello, che nei suoi faldoni di indagine ha annotato anche i calciatori malati di Sla. Da Segato (il primo a cui fu diagnosticata questa malattia nel 1968 e morto nel 1973) fino a Borgonovo (Fiorentina e Milan), che qualche anno fa ha deciso di mostrare il suo corpo consumato per scuotere le coscienze delle persone e stimolare la ricerca.

Anche Amarildo e Galdiolo, che hanno giocato nella Fiorentina di quegli anni, si sono ammalati. Amarildo ha un tumore alla gola, Galdiolo una forma di Sla che gli ha bloccato la parola.

(08 dicembre 2011)

Modificato da CRAZEOLOGY

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2011.12.09%20VOX%20POPULI.jpg

il venerdì di Repubblica

1238 9 Dicembre 2011

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2011.12.09%20VOX%20POPULI.jpg

il venerdì di Repubblica

1238 9 Dicembre 2011

Mi pare fondamentale distinguere il parere dei maschi da quello delle femmine :haha:

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Palazzo di vetro DI RUGGIERO PALOMBO (GaSport 10-12-2011)

Tavolo di Petrucci

si chiude a nove

C'è anche il d.g. della Figc Valentini.

Si punta a un documento condiviso

Mercoledì prossimo, 14 dicembre, d-day. Il tavolo della pace è apparecchiato

per nove e non ci saranno inviti dell'ultimo minuto, con buona pace delle

Leghe, i cui presidenti non l'avrebbero presa benissimo. L'ultimo ad

aggiungersi in ordine di tempo a Gianni Petrucci, Lello Pagnozzi, Andrea

Agnelli, Diego Della Valle, Aurelio De Laurentiis, Adriano Galliani, Massimo

Moratti e Giancarlo Abete, è Antonello Valentini, che della Federcalcio è il

direttore generale e che il presidente del Coni ha voluto espressamente

convocare in una sorta di par condicio tra Foro Italico e Figc. C'è il tavolo

e c'è anche un'ipotesi di menù, che però non è stata ancora sottoposta nei

suoi dettagli a quelli tra gli invitati che hanno i gusti più ricercati e lo

stomaco più delicato. Petrucci sa bene che occorre evitare i mal di pancia,

condizione necessaria per vivere un mercoledì all'insegna di una riconciliante

buona digestione.

Ecco perché il lunedì, giorno in cui ha in programma anche una puntata

mattutina a Milano in occasione della presentazione dell'iniziativa Ģazzetta

dello Sport «I piedi buoni del calcio», diventa fondamentale per Petrucci:

previsti incontri, o in subordine contatti telefonici, con Della Valle,

Moratti e Agnelli, che sarà nella capitale per via del posticipo

Roma-Juventus. Il presidente del Coni continua a dichiararsi «ottimista» e

questo lascia ritenere, al di là degli strepiti dei soliti noti, che abbia già

incassato qualcosa. Che tutti ignorano, a cominciare dalla Federcalcio dove

questa lunga vigilia viene invece vissuta con una certa trepidazione (e con

ben celato minore ottimismo). Se comunque lunedì subentrassero improvvise

complicazioni, c'è un martedì tenuto di scorta, per eventuali mediazioni e/o

rammendi dell'ultimo momento.

Ma quale potrebbe essere nei piani Coni il punto di caduta di un tavolo

politico che, come viene ricordato nei Palazzi romani, è stato espressamente

richiesto da Agnelli? Un documento scritto. Che metta nero su bianco i

principi condivisi per dare una svolta propositiva al calcio italiano e aprire

la stagione delle riforme. Non prima di aver chiuso col passato. Al quale

qualche riga, che non tocchi sentenze e incompetenze varie (sembra diventata

ufficiale anche quella del prefetto di Roma sul ricorso Juve), ma sia capace

di soddisfare almeno in parte le istanze di Agnelli (e Della Valle) senza far

scappare a gambe levate Moratti, dovrà pur essere riservata. Ieri Petrucci non

si è perso nemmeno un minuto della conferenza stampa in diretta televisiva del

presidente del Consiglio Mario Monti da Bruxelles, all'indomani della lunga

notte dell'euro e dell'Unione Europea. Gli piacerebbe imitarlo mercoledì.

Magari con la speranza di avere a che fare con interlocutori un pochino più

flessibili del primo ministro inglese David Cameron.

Modificato da Ghost Dog

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I tre piani per «svecchiare» il torneo

e renderlo appetibile per le grandi

Champions, la svolta

I 3 progetti in esame

Dal 2015 la riforma: dalle 64 squadre alla Superlega, i piani

di big e leghe per ridisegnare la prima competizione d'Europa

di FABIO LICARI (GaSport 10-12-2011)

Tre idee per la Champions League del futuro. Il torneo così com'è resisterà

fino al 2015, poi si cambia. Lo vogliono i grandi club e le grandi Leghe che

sognano più entrate e più posti in Europa. E anche l'Uefa s'è resa conto che

qualcosa non va: oltretutto — in cambio del fair play e della centralizzazione

dei diritti delle nazionali — qualcosa dovrà concedere. I club ne parlano da

un po', sono partite le trattative informali con l'Uefa e anche qui a Venezia

se n'è discusso a margine dell'Esecutivo. Una cosa è sicura: l'Europa League

deve cambiare dimensione e, probabilmente, trasformarsi in qualcosa di diverso,

tipo un torneo di qualificazione..

Troppa Champions La Champions uccide gli altri trofei. Se tutte le migliori

finiscono lì, resta poco per la Coppa Coppe (eliminata) e per l'Uefa

(diventata Euroleague dall'appeal basso): pochi ricavi, pochi premi, torneo

minore (anche se ora ci sono «retrocesse» eccellenti da Manchester). Il sogno

dei club è un torneo unico con più squadre per nazione: le 4/5 potenze

sportivo-economiche (Inghilterra, Italia, Germania, Spagna) hanno più club da

Champions che posti disponibili.

Riforma Platini La Champions di Platini, più democratica e aperta ai campioni,

va in senso opposto. Ma in Italia, oltre a Milan, Inter e Napoli, almeno Juve,

Roma, Lazio e Fiorentina sono in corsa. Per non dire dell'Inghilterra dove

sei club (Manchester United, Manchester City, Chelsea, Arsenal, Liverpool,

Tottenham) vogliono solo quello. Solo che la strada si restringe: massimo tre

posti sicuri, più uno dai playoff. Però i club spendono e s'indebitano: e, se

poi falliscono l'obiettivo, i guai si moltiplicano.

Tempi medi Che fare? Fino alla finale 2015 i contratti sono firmati e

cambiare, pur non tecnicamente impossibile, non sarebbe giusto né corretto.

Però dalla Champions 2015-16 si può. Solo che le trattative devono cominciare

subito: il 2012 servirà a confrontarsi e porre i paletti; nel 2013 andrà

definita la formula; ed entro il 2015 venduti i contratti.

Entrate ok La Champions non smette mai di crescere: da quando la seconda fase

a gruppi è diventata a eliminazione diretta (da 17 a 13 gare) i ricavi sono

sempre aumentati. Ogni stagione vale circa 1,1 miliardi di euro. Il triennio

si avvicina ai 3,5 miliardi. L'impressione è che si possa avere di più. I club

temono la centralizzazione dei diritti delle nazionali che drenerà risorse

oggi non illimitate. Qualche concessione andrà fatta. Diversi messaggi sono

già arrivati all'Uefa. Sul tavolo, tre progetti: due «dentro», uno fuori

dall'Uefa.

1) Champions a 64 Il più semplice: Champions a 64 squadre, 16 gruppi da 4,

niente Euroleague. Da 80 club oggi nelle coppe dopo i preliminari (32+48) si

scende a 64. Le 32 qualificate (2 per gruppo) passano ai sedicesimi da

febbraio. In pratica: 2 partite in più (da 13 a 15), le date ci sono. La

richiesta è che le grandi nazioni abbiano 4 sicure più 2 nei playoff.

2) Champions A/B Più complicato. Doppia Champions: una di serie A, che

assegna la coppa; una di B, in un necessario sistema di

promozioni/retrocessioni (con sistema di playout). Alla A si iscriverebbero i

club delle prime 10 del ranking: 4 per le grandi, 3 per le medie (Francia), 2

oppure 1 per le piccole (Russia). Diciamo 25/26 sicure più 6/7 dai playoff. Il

problema: chi, per ranking, è dopo il decimo posto dovrebbe aspettare due anni

per essere promosso e poi vincere. L'Uefa farà resistenza.

3) Superlega Infine, il metodo più traumatico: fuori dal sistema. Come

l'Eurolega di basket ha fatto con la Fiba. I grandi creano un mega torneo di

48 squadre (qualcuno in Spagna pensa a 24) dove accedono per diritto: 1) club

di grandi paesi; 2) campioni di Champions; 3) chi ha i migliori risultati; 4)

più alcuni club dai campionati. Con un periodo minimo di permanenza (come nel

basket), ma con uscita in caso di risultati negativi. Non facile anche perché,

rispetto agli anni 90, non c'è un Media Partners che mette sul piatto i

miliardi necessari. Ma il conto alla rovescia per la nuova Champions League è

partito: c'è da capire solo «come».

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Agnelli tra tavolo e tifosi intransigenti

di MARCO BO (Tuttosport 10-12-2011)

TORINO. Più si avvicina il giorno del tavolo della pace e più si fa

asfissiante la marcatura di buona parte della tifoseria juventina nei

confronti di Andrea Agnelli. C’è una larga fetta del popolo bianconero che si

aspetta dal proprio numero uno un atteggiamento duro e intransigente per

mercoledì mattina, quando, poco dopo il caffé, alle 9, il gotha del calcio

italiano, accettando l’invito di Gianni Petrucci, presidente del Coni, si

confronterà a Roma sui temi caldi che tengono banco. L’ordine del giorno è di

pertinenza di chi ha allestito l’incontro ma come in ogni riunione convocata

esiste sempre la famosa voce “varie ed eventuali”. Quindi ci sarà la

possibilità per Andrea Agnelli di chiedere perché la Juventus ha dovuto subire

una disparità di giudizio. Ma il massimo dirigente juventino oltre a ricordare

la questione dello scudetto 2006 assegnato all’Inter, concentrerà le proprie

attenzioni su come i colleghi intendono affrontare il futuro. Occorre al più

presto una riforma della legge 91 sul professionismo, obsoleta in più parti

anche da un punto di vista normativo-finanziario, così come una revisione

della legge sulla distribuzione collettiva dei diritti tv. Si tratta di vere e

proprie architravi su cui si basa il nostro calcio. Il club torinese, che ha

dimostrato in Italia di essere avanti anni luce rispetto alla concorrenza come

testimonia lo Juventus Stadium con i suoi ripetuti esauriti, al tavolo si

siederà soprattutto per capire che aria tira sul domani. Per il passato c’è

sempre il ricorso al Tar con la richiesta danni alla Figc di 440 milioni di

lire. Ritirarla o no non potrà certo dipendere solo dalle sorti di un

tricolore.

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L'OMBRA DEL DOPING

GIORGIO MARIANI, UN ALTRO

CADUTO DELLA SQUADRA MALEDETTA

di MALCOM PAGANI (Il Fatto Quotidiano 10-12-2011)

Forse bisognerebbe ibernare le ipocrisie. Abbattere le pigre etichette che

accompagnano il silenzioso annientamento di uomini che furono forti e oggi,

semplicemente, non sono più. “Le morti sospette”. “L’ombra del doping”. “I

misteri del calcio”. E dire, che andarsene divorati dalle leucemie e dalle

sclerosi, dalle lesioni cerebrali e dai linfomi, dal tetro alfabeto dei tumori

a 20 come a 70 anni, senza più voce neanche per imprecare, normale non è.

L’ultimo addio va a Giorgio Mariani. Era nato in Emilia, a Sassuolo, nel ’ 46

e ammalato da tempo. Anche lui, come Ferrante, Mattolini, Saltutti, Lombardi e

un’altra corona di vittime cadute senza un apparente motivo, aveva giocato

nella Fiorentina tra i ‘ 60 e i ‘ 70. Litigando con Pesaola. Contribuendo allo

scudetto del ’ 69.

ANCHE LUI, come i suoi ex compagni di sventura Beatrice e Rognoni (scomparsi

a 39 e 40 anni), Gil De Ponti e Petrini (aggrediti da atroci malattie) aveva

trottato a Cesena tra il ’ 75 e il ’ 77. In Romagna, a Firenze e negli

spogliatoi di mezza Italia, come raccontato più volte da decine di superstiti

dell’epoca, si sperimentava. “Bomboloni neri” dall’incerta composizione in

endovena, pilloline rosse nell’intervallo, cardiotonici e anfetamine, raggi

Roengten per recuperare in fretta. Era un calcio di frontiera e la mandria da

sacrificare aveva scarpini ai piedi e potere contrattuale pari allo zero. I

medici somministravano, gli atleti ingoiavano e per i pochi che domandavano o

peggio rifiutavano, la ricompensa era l’esilio. Così oggi ricordare Mariani, i

suoi dribbling protervi e San Siro in delirio. L’unica Coppa Uefa del Cesena e

la sfida al Magdeburgo nel settembre del ’ 76, i pugni a Sparwasser del dottor

Lamberto Boranga e la DDR in bianco e nero dell’epoca, serve solo a

rimpiangere senza illuminare il quadro. Il magistrato Raffaele Guariniello

indagò a lungo. Trovando nessi e ragioni, omertà diffuse e menzogne. Ricostruì

la mappa di uno scandalo alla luce del sole. Costrinse “persone informate sui

fatti” a scavare nella memoria e nel fondato, inconfessabile timore che un

giorno toccasse loro, farsi scivolare una forchetta dalle mani, perdere il

contatto con il proprio corpo, degenerare o scadere, come accade a un genere

di consumo. L’impressionante studio di Guariniello, le coincidenze, le

vergogne istituzionalizzate e le ipotesi sono ancora lì. Come l’inchiesta

fiorentina che si spinse a ipotizzare nei confronti dei sanitari e tecnici

della Fiorentina reati come lesioni colpose o omicidio. Si dimostrò la

massiccia assunzione di sostanze abili a distruggere reni, fegati e pancreas

senza riuscire a legarle all’insorgere della malattie. Con il corollario di

studi universitari capaci di allargare il campo delle ipotesi dal

microtraumatismo, ai motoneuroni “eccitati”, fino all’uso dei fertilizzanti e

dei pesticidi. Nel pallone dei Monatti senza identità, il morbo, da almeno tre

decenni, ha iniziato a correre a ritmi fordisti. Il sistema, naturalmente,

nega ogni responsabilità pregressa o presente e mentre il doping si affina (e

chi è preposto a controllare come il Dg della Wada, David Howman ammette: “Non

abbiamo strumenti per farlo”) le famiglie costrette a cure costosissime e a

un’esclusione sociale solo parzialmente lenita dall’esempio di Stefano

Borgonovo, si chiedono perché. Giorgio Mariani non può più domandarselo. Aveva

i capelli lunghi, fumava 100 sigarette al giorno e correva sulla fascia.

ALA, ALL’EPOCA in cui illudersi di volare aveva ancora un senso. Mariani

stringeva verso il centro e negli allenamenti, trovava a contrastarlo

Giancarlo Galdiolo, Cristo padovano che portò croce da stopper in Toscana per

229 volte. Erano duelli veri. Niente a che vedere con questo requiem vigliacco,

con il Galdiolo affetto da “demenza frontale temporale” senza più corde

vocali e muscoli che secondo i tre figli: “Batte i pugni sul tavolo e non

capiamo cosa vuole”. Un uomo “Imprigionato dal suo corpo e dalla sua mente”.

Un signore di 63 anni che fino a 24 mesi fa ancora giocava con gli amici.

L’olio di canfora nell’angolo, gli abbracci dei compagni. Nella foto di gruppo

sorridono. Ancora. Come ieri. Meno di domani.

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Finalmente Juve e Inter insieme (nel panettone)

di SEBASTIANO VERNAZZA dalla rubrica "NON CI POSSO CREDERE!" (SportWeek 10-12-2011)

La Balocco è una premiata ditta dolciaria, con sede a Fossano in

provincia di cuneo. Biscotti e panettoni, wafer e pandori. Oltre 300

dipendenti e 130 milioni di fatturato, esportazioni in mezzo mondo e

produzione in crescita. Da oltre un anno Balocco sponsorizza la Juve.

Il suo marchio compare sulla seconda maglia, che nella corrente

stagione è rosa con stellona nera. Un lettore ci ha suggerito di dare

un’occhiata al sito dell’azienda, ramo panettoni. Per l’imminente

Natale la Balocco ha creato la linea Mondo Calcio. C’è il panettone

dedicato alla Juve e ci mancherebbe che così non fosse, visto il

legame con il club bianconero. Ce n’è uno per il Milan e vabbè, lo

sappiamo che tra Galliani e la società bianconera i rapporti sono

ottimi. Un altro celebra il Napoli e possiamo capire, il Sud

rappresenta un mercato importante. Ci lasciano di stucco gli altri due,

quello per il Torino (ma dai, Balocco è sponsor della Juve!) e quello

per l’Inter, e qui restiamo sgomenti. Ormai Juve e Inter sono come i

cani e i gatti, il giorno e la notte, i Montecchi e i Capuleti.

Avreste mai immaginato che, sotto Natale, a Vinovo e ad Appiano si

sarebbe mangiato lo stesso panettone? Il signor Balocco ha riunito

nemici che neppure i caschi blu dell’Onu riuscirebbero a far

dialogare. Del resto lo slogan pubblicitario della casa è perfetto per

le due grandi litiganti del nostro calcio: “Fate i buoni”.

Modificato da Ghost Dog

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SPY CALCIO di Fulvio Bianchi (Repubblica.it 10-12-2011)

Il tavolo della pace,

ecco cosa succederà...

Tavolo della pace, ci siamo ormai. Definiti i partecipanti per mercoledì 14

dicembre al Coni (mattino presto): sono in nove. Numero chiuso. Le

"convocazioni" le ha fatte Gianni Petrucci, numero 1 dello sport. Oltre, a lui

ovviamente, ecco Pagnozzi, Abete, Andrea Agnelli, Moratti, Diego Della Valle,

Galliani, De Laurentiis, Valentini. Non si accettano (più) autocandidature: è

rimasto fuori quindi Maurizio Beretta, presidente della Lega di A perché, come

spiegano dal Foro Italico, non si tratta di una riunione di Lega ma

dell'occasione per chiudere col velenoso passato di Calciopoli e guardare

avanti. Possibilmente, spera Petrucci, con un forte documento condiviso da

presentare poi al governo. Si era autoinvitato anche Andrea Della Valle,

presidente onorario della Fiorentina, ora sospeso (vedi il contestatissimo

articolo 22 delle Noif): poi ha preferito, forse perché saggiamente

consigliato, rinunciare. Ma intanto sia lui che Mencucci, altro sospeso,

continuano a fare dichiarazioni. Si può? E perché Lotito, Foti e Massimo De

Santis stanno zitti? Le regole valgono per tutti? Che fa il superprocuratore

Stefano Palazzi, dorme? Aveva protestato pure il consigliere federale, e

presidente del Cagliari, Massimo Cellino, tentando anche di fare firmare una

lettera aperta ai presidenti da inviare poi ai giornali: ma a parte Enrico

Preziosi, che è scampato (non si ancora come) alla radiazione, nessun altro lo

ha seguito. Un fallimento, insomma. Si è lamentato oggi Maurizio Zamparini

("questi tavoli non servono a nulla"), ma non è una novità: lui va sempre

controcorrente (e poi se lo avesse invitato, magari avrebbe cambiato idea).

Gli ultrà della Juventus sono contro questa iniziativa: ma Petrucci è stato

chiaro, decide lui chi invitare e ha fatto, lo ricordo, un autentico

capolavoro. Solo lui d'altronde poteva riuscirci, solo lui poteva aveva il

carisma di mettere di fronte i nemici (Agnelli, Moratti, Della Valle) intorno

ad un tavolo e convincerli a guardare avanti più che indietro. Giancarlo Abete

ci aveva provato: ma adesso il suo amico e sponsor Petrucci, ecco che gli

offre una "sponda" importante, e in Figc dovrebbero capire (tutti) che questa

è un'iniziativa che può davvero svelenire gli animi (almeno per un po') e che

è inutile discutere, adesso, su chi c'è e chi non c'è. La lista è chiusa. E

poi da lì nasceranno idee di riforma (legge 91, stadi, riduzione della serie A

a 18 squadre, difesa dei marchi, riforma della giustizia sportiva che non

funziona, eccetera...) che andranno discusse nelle sedi competenti, sempre che

le sedi competenti (leggi: Lega di A) abbiano la voglia e la forza di farlo.

E' inutile girarci intorno: la Confindustria del pallone non fa mai proposte,

è "ingessata" da un sistema di governo che non può più funzionare: Abete lo ha

detto per primo e ultimamente lo ha ripetuto, più volte, anche Petrucci. Ma

torniamo al tavolo: si scanneranno? No, non succederà. Petrucci è stato bravo

e ha convinto (sta convincendo) i "duellanti". Agnelli quindi non calcherà la

mano su quello scudetto 2006, rischiando così di fare alzare Moratti subito

dal tavolo. E lo stesso Della Valle userà (si spera) toni soft dopo essere

entrato in rotta di collisione col patron nerazzurro. De Laurentiis poi ha

(molte) proposte da fare per rilanciare il nostro calcio.

Ha parlato in questi giorni anche Franco Carraro, ex presidente di Lega

(oltre che Figc, Coni, eccetera eccetera). Ma lui può: ha chiesto, giustamente,

un passo indietro alla Juventus. Che servono d'altronde tutti quei ricorsi?

Forse Agnelli è "ostaggio" dei suoi avvocati? Il Tnas ha già detto di no alla

Juve, l'Uefa non ne parliamo, il prefetto di Roma è incompetente, così come la

Figc a luglio si è tirata fuori. Ora tocca al Tar del Lazio (dove la Juve ha

chiesto 443 milioni di anni alla Figc!) e alla Corte dei Conti. E poi cosa

resta? La Juve patteggiò nel 2006, lo ricordiamo. Ora insiste, e pare che

nello spogliatoio del nuovo, splendido stadio torinese, facciano bella mostra

ben 29 targhe, che "ricordano" gli scudetti della Juve. Il problema è che in

realtà gli scudetti sono 27, e quello del 2006 è stato assegnato (e non

revocato) all'Inter. Che poi sia stato un errore, è un altro discorso. Ma le

sentenze si rispettano, anche se non condivise. Stupiscono inoltre la parole

di Guido Rossi: "Le intercettazioni Inter? Non le avevamo ma non sarebbe

cambiato nulla. Sono stufo di queste cose e quelli che dicono s********e vanno

fatti tacere". Non esageriamo, professore: ognuno è libero (legga la

Costituzione) di esprimere la propria opinione e non si capisce bene come

possa essere fatto tacere (in democrazia). E poi, se ha un attimo di tempo,

egregio Professore, perché non si va a leggere l'esaustiva e durissima

relazione di Palazzi su Inter e dintorni? Ma per fortuna, l'ex commissario

Figc non è stato invitato al tavolo della pace...

Stadi, tv, marchi, eccetera: maxiconvegno martedì a Roma

"Finalmente domenica... Quali riforme per un calcio migliore": SportEquality

organizza per martedì prossimo a Roma (ore 10, Palazzo Valentini, sede della

Provincia) un interessante, e quanto mai attuale, convegno su un calcio che

fatica a trovare un accordo per andare avanti. Si parletà di dirtti tv, stadi,

leggi su tutela dei marchi, format dei campionati, rilancio dei vivai,

eccetera. Introduce Giovanni Lolli, deputato Pd che da anni ormai si batte per

una legge sugli stadi, così come l'onorevole Claudio Barbaro, relatore alla

VII commissione della Camera, potrà spiegare perché il mondo politico ha

sempre voluto stoppare questa legge. Ci saranno anche Abete, Abodi, Macalli,

Fenucci, Calcagno, Uva, Fassone, Leonardi, Perinetti, Sagramola, l'ex

sottosegretario Rocco Crimi e tanti altri. L'occasione per capire cosa si può

fare, e come si deve fare.

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Andrea non farti infinocchiare:

la curva bianconera ha ragione…

Ascolta…Non tradirci!!!

dal blog di CESARE POMPILIO 10-12-2011

Il 14 di dicembre è vicino. Franco Carraro, Presidente della Federcalcio nel

2006, in una intervista alla giornalaccio rosa dello Sport ha fatto il

“cerchiobottista”: sono convinto che se fosse lui Presidente del massimo

organo del calcio avrebbe risolto con grande abilità politica l’annoso

problema di calciopoli. L’attuale Presidente Giancarlo Abete è l’uomo

dell’ordinaria amministrazione, ecco perchè sono curioso di vedere quale

soluzione tirerà fuori il Presidente Petrucci. Certo è che se un uomo del

calibro (ad altissimo livello) come Guido Rossi, commissario della Federcalcio

nei giorni caldi di Calciopoli, reagisce, ad una domanda del collega Capuano

di Odeon Tv, nella maniera nella quale abbiamo visto, vuol dire che i rumors

da Roma, che arrivano a Milano, sono quelli secondo i quali Petrucci si avvia

a dare veramente una soluzione alla ferita aperta di calciopoli. Il prof.

Guido Rossi, uomo ad altissimo profilo, economista di razza, persona ad alto

livello, ha reagito in una maniera che rasenta linguaggi stalinisti ormai

morti e sepolti. Dio bono, ci voleva tanto a rispondere: “ no coment”. Dunque

la ferita di calciopoli non è ancora diventata una cicatrice. La curva della

Juve ha mandato segnali chiari e semplici ad Andrea, tutto il mondo juventino

la pensa come il vostro umile servitore: Andrea non si deve fare infinocchiare,

deve presentarsi e inventarsi di avere le”emorroidi”, quindi non deve sedersi

e, se dovesse capire che lo vogliono mettere in un …sacco, gira i tacchi e se

ne va, tanto non si era seduto. La curva ha ragione, la curva ragiona, w la

curva. Ecco il mio pensiero: al mare i turiferari, w la Juve, viva gli uomini

juve che si fanno rispettare.Io amo il rispetto, quando sbaglio chiedo scusa

sempre; Andrea non crede che è arrivato il momento di combinare una stretta di

mano tra John Elkann e Luciano Moggi? Che dico ? Siamo a Natale o no…

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Torino Nell'assalto con mazze e bombe carte anche ultrà della Juventus. Tre persone fermate

Sedicenne denuncia finto stupro

La folla incendia un campo rom

Bruciate baracche e una cascina. La ragazza: mi ero inventata tutto

di GIUSI FASANO ft.MARCO BARDESONO (CorSera 11-12-2011)

MILANO — Tono imperativo e bastoni in mano. «Donne e bambini fuori di qui,

subito» hanno ordinato. Erano una quarantina, forse cinquanta, qualcuno giura

che fossero molti di più. Tutta gente del quartiere e fra loro tanti ultrà

della Juventus.

Le Vallette di Torino, ieri sera alle sette e mezzo. Fra i palazzi-dormitorio

lontani dal centro va in scena prima la solidarietà poi la spedizione

punitiva. È caccia al rom, quale che sia. Perché si dice che sia stato un rom

a violentare, due giorni fa, una ragazzina di 16 anni della zona. Così 500-600

persone si ritrovano a metà pomeriggio per le vie delle Vallette a sfilare e a

far sentire alla vittima tutta la loro vicinanza. Ma quando il corteo si

chiude restano per strada solo quei ragazzi inferociti a caccia, appunto, di

un rom qualunque per vendicare la ragazzina stuprata. Che però in quegli

stessi minuti sta ritrattando tutto davanti ai carabinieri che la incalzano

sui dettagli non credibili della sua prima versione: «Mi sono inventata ogni

cosa» cede lei alla fine. «Era la mia prima volta, è arrivato mio fratello, mi

sono vergognata e ho inventato la storia».

Troppo tardi. Il commando dei «vendicatori» è già all'opera alla cascina

Continassa dove vivono un centinaio di nomadi romeni. È una ex casa di caccia

del Savoia (oggi appartiene alla Juve che ne ha chiesto lo sgombero) occupata

cinque anni fa da famiglie di zingari romeni.

Ci sono donne davanti al cancello d'ingresso quando i «vendicatori» arrivano

urlando il primo ordine: «Donne e bambini fuori di qui». Ubbidire è

obbligatorio. Anche perché un attimo dopo scoppia una prima bomba carta che

apre la strada al gruppo. La loro furia sembra incontenibile. Fanno di corsa

la viuzza sterrata che porta dove c'è la struttura centrale della cascina,

vicino ad alcune baracche. Dall'esterno si sente un nuovo scoppio, poi altri

ancora e all'improvviso si vedono le fiamme, sempre più alte, sempre più

estese. Tempo un'ora e quasi tutta la Continassa brucia, osservata a distanza

da decine di residenti venuti a urlare slogan contro le volanti della polizia

o a fermare i mezzi dei vigili del fuoco che al primo tentativo di entrare

hanno dovuto retrocedere all'urlo ripetuto di «lasciateli bruciare».

Verso le nove di sera sul palco di questo spettacolo senza senso è salito

anche il fratello della ragazzina dello stupro. È arrivato insieme ai

carabinieri perché si è pensato che forse lui, le sue parole, sarebbero

riuscite a placare gli animi dei più facinorosi. Risultato: ha provato a dire

qualcosa che nessuno ha ascoltato. La rivolta ormai era cosa fatta. E il solo

dettaglio che avrebbe fermato i «giustizieri» della spedizione punitiva era

sapere che non c'era più un solo rom nei paraggi. I ragazzi che vivevano nella

cascina sono riusciti a scappare dalle uscite laterali mentre il gruppo con i

bastoni e le bombe carta avanzava all'interno del cascinale.

La rabbia è sbollita quando tutto era ormai avvolto dalle fiamme: era la

certezza che almeno per un po' nella Continassa non si sarebbero visti rom.

«Andiamo, l'obbiettivo è raggiunto» ha detto uno dei capi-blitz.

Tempo mezz'ora e nel quartiere si è diffusa la nuova voce: la ragazza ha

raccontato bugie. I rivoltosi delle Vallette hanno provato a disperdersi come

hanno potuto ma durante l'assalto c'erano fotografi (minacciati e allontanati)

che li hanno immortalati. Alcuni di loro sono facce note ai carabinieri e agli

uomini della Digos per la loro militanza tra gli ultrà juventini. Così

identificarli è stato un attimo: tre i fermi nella serata e una quindicina di

altri nomi sui quali indagare.

La ragazzina che ha innescato tutto ciò sarà denunciata per simulazione di

reato. Dice di aver avuto un rapporto consenziente in un garage con il

fidanzato, un italiano di 23 anni rintracciato e sentito nella notte. Ma

secondo gli inquirenti il fratello della sedicenne non racconta bugie quando

dice che l'ha trovata per strada con i blu jeans in mano e sanguinante. Perché

in quelle condizioni? E poi c'è il dettaglio del ragazzo che lo stesso

fratello dice di aver visto fuggire e che non è il fidanzato di lei. Chi

allora? Il finale di questa storia sembra ancora da scrivere.

___

E il fratello implora la folla

“Fermatevi, Sandra ha mentito

temeva di essere sgridata”

Quindici minuti di follia. E i nomadi fuggono

di DIEGO LONGHIN (la Repubblica 11-12-2011)

TORINO — «Ragazzi, calmatevi, calmatevi. Scusate, ma mia sorella si è

inventata tutto. Non è colpa di questi». Alessandro è scosso, arriva scortato

dai carabinieri. È il fratello della sedicenne che ha accusato una violenza da

parte di due rom (e che ora sarà denunciata per simulazione di reato). Parla.

Dietro ha le baracche che bruciano, il fumo più nero della notte. «Non è colpa

di questi», ripete. Un’invenzione che ha però scatenato la violenza del Ku

Klux Klan in formato stadio. Una furia scattata all’improvviso. «Donne e

bambini a casa. Si va alla Continassa a cacciare gli zingari. Bruciamo tutto».

I capibastone del tifo organizzato della Juve in prima fila, come delle furie.

Dagli zaini spuntano fuori i bastoni, altri ne raccolgono da terra, tutto ciò

che è utile per menare le mani. A difendere il campo abusivo non c’è nessuno.

Doveva essere un corteo pacifico, contro lo stupro di una ragazzina di 16 anni

da parte di due nomadi. Nel giro di un’ora si è trasformato in un raid carico

di violenza. A dare il là un centinaio di ultrà che si sono staccati dal

corteo di 500 persone che ha sfilato per il quartiere Vallette, estrema

periferia di Torino, case nate come funghi negli anni ‘60 per dare un tetto

agli operai che arrivavano dal Sud. Un quartiere difficile. Ieri la follia.

Cento persone, la maggior parte pare legata a gruppi organizzati della

tifoseria bianconera “Bravi Ragazzi” e “Drughi”, hanno voluto farsi giustizia

da soli. Cappuccio sulla testa, sciarpe per nascondere il viso. In mano

spranghe, bastoni, bottiglie e sassi. «Li dobbiamo ammazzare — si incitavano

l’un l’altro — perché sono dei bastardi ». A passo svelto, la parte violenta

ha raggiunto le baracche. Sulla strada hanno incontrato un nomade: «Bastardo,

devi morire. Vieni qua che ti diamo fuoco». Sassi, calci. Qualcuno tira fuori

un bastone. Solo lo scatto del ragazzo rom gli evita di avere la peggio.

«Blocchiamo la strada, nessuno ci deve fermare. Non questa volta».

Il corteo dei violenti taglia per via Druento, lo stradone di periferia che

porta alla cascina. Da una parte capannoni, dall’altra la cascina diroccata

occupata dai nomadi, che diventerà la sede della società bianconera, e più in

là il nuovo stadio della Juve illuminato a giorno. «Eccoli, sono là che

stanno. Quando passo in macchina vedo sempre le loro baracche». Un centinaio

circa, tutti giovanissimi dai 15 ai 25 anni — qualche ragazza è rimasta.

«Perché non hanno preso me quegli schifosi, io avrei saputo come fargliela

pagare », sentenzia una ragazza, poco più che diciottenne. Gli ultrà isolano

le poche macchine della polizia che sorvegliano la situazione. Sanno come

fare. Non hanno paura dello scontro. Il gruppo arriva all’ingresso della

Continassa. Il cancello è chiuso. Nessun problema, tirano fuori una bomba

carta e sfondano. Grida. «Dove siete?! Venite fuori schifosi!». «Ma se ci sono

dei bambini?», domanda uno. «E che problema c’è bruciamo anche loro!», urla a

denti stretti un ragazzo. Non c’è pietà nel raid che sfila per i prati: è una

caccia all’uomo. Polizia e carabinieri tentano di fermarli. La furia prevale.

In pochi secondi devastano tutto, danno fuoco alle baracche. Fermano anche i

vigili del fuoco. Fuori dalla cascina si intonano cori da stadio: «Sì,

bruciateli». Solo Alessandro, il fratello della ragazza, riesce a placare gli

animi. Arrivano in massa le camionette delle forze dell’ordine. Gli ultrà Ku

Klux Klan si danno alla fuga, i carabinieri riescono ad acciuffare due

capibastoni, ma i compagni non mollano facilmente: «Lasciateli andare». Si

arriva allo scontro, mentre il campo brucia e Alessandro ripete: «Non è colpa

di questi».

===

La segretaria provinciale del Pd era in corteo, preoccupata per quello che poteva accadere

Bragantini: "Temevo il peggio

mai vista una cosa del genere"

di DIEGO LONGHIN (la Repubblica - Torino 11-12-2011)

«Non ho mai visto una cosa del genere, impressionante». Paola Bragantini,

presidente della Circoscrizione e segretaria del Pd di Torino, non ha un

carattere fragile. Nata e vissuta tra Vallette e Madonna di Campagna, ama

sempre sottolineare che, oltre all´università classica, ha frequentato anche

quella della strada. Una bella palestra. Anche lei era in corteo, preoccupata

da quello che poteva accadere. «I pieghevoli nelle buche incitavano alla

violenza, al ripuliamo la Continassa. I segnali c´erano tutti». E nel

quartiere da tempo c´è chi vorrebbe veder chiuso quel campo abusivo chiuso

nelle mura di una vecchia cascina diroccata che si trasformerà nella sede

della Juventus.

Quando ha capito che le cose si sarebbero messe male?

«Quando siamo arrivati all´altezza dell´Arena Rock. Ho chiamato per chiedere

rinforzi e soprattutto per chiedere che si mettessero degli uomini a difesa

del campo».

Quanti uomini delle forze dell´ordine c´erano a vigilare sul corteo?

«Ho visto due o tre carabinieri, qualche poliziotto. Comunque insufficiente».

Quando ha chiesto rinforzi cosa le hanno risposto?

«Che il campo era già stato evaquato da un quarto d´ora».

Chi c´era in corteo?

«Gruppi organizzati da stadio. Non so di quale genere. Si diceva Bravi

Ragazzi e Drughi. Gente che magari vive nel quartiere e che fa della violenza

una ragione di vita».

Cosa è successo poi?

«Quando siamo arrivati davanti alla cascina hanno urlato a donne e bambini di

farsi da parte. Si sono scaraventati contro gli ingressi, hanno sfondato e

hanno dato fuoco a tutto».

Ha visto gente scappare?

«Si, dai buchi dei muri della cascina».

E le persone rimaste fuori, nessuno ha cercato di fermarli?

«No, mentre bruciava tutto intonavano cori da stadio».

Il fratello della presunta ragazza violentata ha tentato di fermarli?

«Non lo so chi fosse, è uscito un ragazzo, è ha detto che quelli del campo

non avevano colpe, che erano stati altri a farlo».

Perché è successo?

«Perché chi conosce solo la violenza e ogni scusa per menare le mani oggi ha

avuto la copertura dell´esasperazione della gente che da anni vuole chiuso il

campo nomadi. Ma le Vallette non sono questa cosa qui».

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Joined: 08-Jul-2006
21389 messaggi

mah occchetttaddddi

speramolo

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