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K A L C I O M A R C I O! - Lo Schifo Continua -

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E il superprocuratore Coni

tolse l'inchiesta a Palazzi...

di FULVIO BIANCHI (LA REPUBBLICA.it 09-02-2015)

Clamoroso. Il dottor Enrico Cataldi, generale dei carabinieri in pensione, nuovo procuratore generale dello sport, ha tolto un'inchiesta al superprocuratore Figc, il magistrato (militare) Stefano Palazzi. Un fatto del tutto inedito. L'inchiesta è stata portata avanti dalla Procura del Coni e ha portato ad una sospensione cautelare di un calciatore. In un primo tempo Palazzi aveva deciso l'archiviazione, respinta al mittente da Cataldi. Seconda archiviazione di Palazzi (chissà perché visto che i fatti, come vedremo, sono gravi): in questo caso il superprocuratore Coni ha deciso addirittura di avocare l'inchiesta e di agire in maniera del tutto autonoma con il suo ufficio (che si compone anche di 9 procuratori nazionali). Ecco il risultato: "Il tribunale federale con istanza formulata in data 13-01-15 e pervenuta il 15-01-15 e a firma del procuratore generale dello sport presso il Coni (Cataldi, ndr) e del viceprocuratore generale dello sport presso il Coni (avvocato Pierluigi Matera, ndr) chiede a questo tribunale federale l'applicazione della misura della sospensione cautelare a carico del signor Mammola Roberto calciatore già tesserato per la società Nizza Millefonti (di Torino, ndr) ora per la società Pozzomaina sottoposto a procedimento disciplinare rubricato al numero 913-13-14 Procura federale Figc avocato in data 4-11-14 dalla procura generale dello sport presso il Coni per avere nel corso di una rissa fra giocatori e dirigenti sviluppatosi al termine della gara Nizza Millefonti-Vianney del 13-4-14 del campionato di I categoria colpito ripetutamente con più calci il calciatore avversario signor Scolaro Simone che riportava gravi lesioni (trauma testicolare sinistro con frattura testicolare sinistra e ematocele) con esiti superiori ai 60 giorni di prognosi...". Il tribunale federale, nel suo dispositivo, parlava di "inaudita violenza" e sospendeva quindi il calciatore Mammolo che, incredibilmente, era stato del tutto scagionato, e per ben due volte, dalla Procura di Palazzi. Senza l'intervento di Cataldi questo calciatore si sarebbe quindi salvato. Bravo generale.

Fra Cataldi e Palazzi d'altronde i rapporti sono pessimi. Il n.1 della Procura Figc non ha mai accettato, a differenza degli altri procuratori federali, il ruolo del generale che dirige una superprocura cui spetta di "controllare" tutti gli atti. Così ha deciso la riforma della giustizia sportiva, voluta da Giovanni Malagò e votata dal consiglio nazionale del Coni (con i rilievi solo di Abete e Barelli). Palazzi ha faticato molto a mandare le sue carte, anche del passato, a Palazzo H e questo ha creato grossi attriti con Cataldi. Tra l'altro, fra i due c'è un problema, e non da poco, che riguarda il metodo di lavoro: nel caso delle carte della Procura della Repubblica di Cremona, che indaga sul calcioscommesse, Cataldi infatti vorrebbe che la Figc intervenisse subito. Palazzi la pensa diversamente: secondo lui, bisogna attendere prima la conclusione dell'inchiesta penale. E questo allunga, e non di poco, i tempi (col rischio che qualche calciatore possa farla franca...). Fra i due c'è stato già un incontro al Coni per cercare di trovare un'intesa, quantomeno una tregua. Niente da fare. Gli attriti, come si è visto, restano. La prossima settimana, quindi, un altro tentativo: le due parti si incontreranno, con la mediazione di Malagò e Tavecchio. Anche perché così è difficile poter continuare ad andare avanti.

 

Strano, dopo questa chicca di F.Bianchi, la notizia non è stata recepita e diffusa su altri mezzi di comunicazione. Non toccate il nano della giustizia Palazzolo.

 

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Calcioscommesse, chiuse le indagini a Cremona. Il ct Conte dovrà rispondere di frode sportiva
A processo in 130. Per Mauri, Doni e Signori l’accusa è associazione a delinquere
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ANSA

Il ct della Nazionale Antonio Conte

 
 
 
 
 
 
09/02/2015
 

È di frode sportiva l’accusa mossa al ct della Nazionale Antonio Conte nell’avviso di chiusura delle indagini della Procura di Cremona per fatti del periodo in cui Conte era allenatore del Siena. Cade quindi l’associazione a delinquere, ipotesi di reato con cui era stato inizialmente iscritto nel Registro degli indagati. 

 

Il procuratore di Cremona, Roberto di Martino, chiudendo le indagini sul calcioscommesse (130 persone a processo) ha contestato l’associazione a delinquere, tra gli altri, al giocatore della Lazio Stefano Mauri, all’ex capitano dell’Atalanta Cristiano Doni e all’ex attaccante della Nazionale Beppe Signori.  

 

Nello specifico Antonio Conte è accusato, stando all’avviso di chiusura delle indagini, di aver accettato «l’offerta o la promessa, e comunque» di aver compiuto «atti, anche fraudolenti, diretti ad ottenere un risultato diverso da quello conseguente al corretto e leale svolgimento dell’incontro di calcio Novara-Siena dell’1.5.2011, terminato 2-2, e comunque un risultato conforme alle scommesse effettuate». 

 

«In particolare l’allenatore del Siena Conte - è scritto nell’avviso - comunicava ai giocatori del Siena che era stato raggiunto dalle squadre l’accordo sul pareggio, così condizionando, anche in considerazione del ruolo di superiorità nei confronti dei calciatori della sua squadra... il risultato». 

 

Al tecnico della nazionale è contestata anche la partita Albinoleffe-Siena del 29.5.2011. «Stellini (Cristian ndr.), allenatore in seconda del Siena, di comune accordo con dirigenti ed allenatori della squadra, già subito dopo la partita di andata Siena-Abinoleffe dell’8.1.2011, vinta dal Siena per 1-0, chiedeva a Carobbio e a Terzi, giocatori del Siena, quest’ultimo in buoni rapporti con Bombardini dell’Albinoleffe, di prendere un accordo, di comune utilità, diretto a «pilotare» il risultato della partita di ritorno». 

 

«Alcuni giorni prima della partita di ritorno, quando all’ultima giornata di campionato di serie B il Siena - scrive il procuratore di Cremona Roberto di Martino - aveva già conquistato la promozione in serie A, laddove all’Albinoleffe occorrevano punti per accedere ai «play off», aveva luogo una riunione tecnica alla quale erano presenti l’allenatore Conte Antonio, il vice allenatore Alessio Angelo, il collaboratore tecnico Stellini, il preparatore dei portieri Savorani e l’intera squadra del Siena, in occasione della quale, anche a seguito del `benestare´ di Conte, veniva presa la decisione definitiva di lasciare la vittoria all’Albinoleffe, nell’ambito di un contesto in cui si teneva conto anche del risultato della partita d’andata, vinta dal Siena».

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Calcioscommesse, chiuse le indagini a Cremona. Il ct Conte dovrà rispondere di frode sportiva
A processo in 130. Per Mauri, Doni e Signori l’accusa è associazione a delinquere
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ANSA

Il ct della Nazionale Antonio Conte

 

Qui sopra riportano asetticamente.

 

Su Repubblica.it invece assurgono a questa vetta

 

Nell'atto di chiusura delle indagini, depositato dal procuratore capo Roberto Di Martino, l'accusa più pesante è quella di frode sportiva rivolta all'attuale ct della nazionale azzurra Antonio Conte.

Confermata anche l'associazione a delinquere a carico di Beppe Signori, Stefano Mauri e Cristiano Doni. Archiviazione, invece, per Bonucci e Criscito.

 

ll giornalismo è gravemente malato

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ll giornalismo è gravemente malato

 

Nei confronti del giornalismo italiano io userei la radioterapia; nel senso di bombe ai neutroni!

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Senza parole

Sto pseudo giornalista del Mattino perche' non parla dei tanti favori arbitrali provati avuti dal Napoli tipo contro il Torino l'Udinese in coppa italia ed ultimo il Genoa? Perche' considera solo le insinuazioni di Roma, Napoli e Milan come fatti certi?

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Questo Sabatini, ex prescritto, non lo sopporto, ma stavolta sono d'accordo con lui.

 

 

 

Sabatini: Conte pensa solo per sé

 

07 febbraio alle 15:15

Se Conte fosse solo un titolo nobiliare, avremmo una nazionale un po’ snob ma serenamente superiore alle squadre di club. Invece Conte è un cognome che attraversa l’Italia con liti, chiarimenti, bisticci, ripicche, invidie, precisazioni, tensioni… Tutto ad alta voce. E poi, sottovoce, le tensioni fanno rima con dimissioni.

Conte titolo nobiliare e Conte titolone dei giornali. Ad alta voce o sottovoce. Mi piace giocare con le parole, lo confesso. Ma non sopporto che si giochi con numeri, date, giorni e soldi. Insomma, con le cose serie. Il ct azzurro minaccia (per la precisione: fa scrivere che minaccia) di andarsene perché il campionato 2015/16 finirà a metà maggio ma la finale di Coppa Italia ancora non si sa?Leggo. Rileggo bene. Guardo il calendario. Non capisco.

La nazionale italiana avrà un mese abbondante per preparare Euro 2016. Gli azzurri impegnati nella finale di Coppa Italia sarebbero disponibili una settimana più tardi. Quanti giocatori, in realtà? Con le rose attuali: una decina con finale Juve-Milan, praticamente nessuno se fosse Inter-Napoli. Stiamo parlando di quel che accadrà fra un anno e mezzo eppure il ct fa già trapelare, sottovoce ma a reti unificate, la minaccia: o Federcalcio e Lega anticipano la finale di Coppa Italia (maggio 2016) o me ne vado subito (maggio 2015). C’è qualcosa che non torna…

Tornando indietro nel tempo, la carriera di Conte racconta: le dimissioni le ha sempre cercate e attuate, quando c’era qualcosa che non gli garbava. Fu così al Bari ed è stato così alla Juve, sconfinando nella stagione iniziata. Schema a tre (frasi): vado via, anzi resto, mi dimetto. Ormai è un libro aperto, con un aggettivo che spunta ad ogni pagina: "furioso", perché non basta semplicemente "arrabbiato". Perfino di una finale di Coppa Italia della quale non è stata ancora fissata la data, perché dipenderà anche dal cammino delle squadre italiane in Champions ed Europa League. Perché tanta furia preventiva?

A pensar male si fa peccato: sì, ma veniale. Fra qualche mese si prospettano le attrazioni fatali di Paris Saint-Germain, Barcellona, forse Bayern Monaco e chissà quali top team in Inghilterra. Panchine libere e belle. Soprattutto ricche. Quindi ideali per un uomo che non deve chiedere mai, tanto lo cercano tutti. E panchine perfette per un allenatore che chiede sempre di più, e anche questo lo sanno tutti.

Ma tutti sanno pure che il ct della nazionale deve essere d’esempio perchè sottoscrive con gli italiani un impegno morale, prima che professionale. La collaborazione di colleghi e club non si ottiene minacciando dimissioni ogni quarto d’ora, per uno stage di due giorni o per una finale di Coppa Italia ancora da decidere. Più che prove di forza, al nostro calcio servono prove di maturità. Più che ricatti, c'è bisogno di buonsenso.

L’allenatore dell’Italia è un ct: significa "commissario tecnico", non "comando tutto". E poi basta con queste storie da perseguitato, che magari la gente ci crede pure. L’Italia non è "contro". Anzi. Anche se non si vuol fidare - o fa finta – l’Italia del calcio è nobilmente "Con Te", caro ct.

 

Sandro Sabatini (giornalista Sky Sport)

 

sabatini è uno dei pochi che sopporto

e di conte.................

arrivederci e grazie

se andasse in un topppppe timmme

sarà goduria batterlo in cl

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Joined: 14-Jun-2008
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Nei confronti del giornalismo italiano io userei la radioterapia; nel senso di bombe ai neutroni!

Sto pseudo giornalista del Mattino perche' non parla dei tanti favori arbitrali provati avuti dal Napoli tipo contro il Torino l'Udinese in coppa italia ed ultimo il Genoa? Perche' considera solo le insinuazioni di Roma, Napoli e Milan come fatti certi?

 

Se cominciano a togliere i contributi statali è già tanto.

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Il "grande fratello" Infront

di ALIGI PONTANI (LA REPUBBLICA.it 10-02-2015)

No, non è sul filo di un fuorigioco che si sta giocando lo scontro più duro all'interno del calcio italiano. Non è sulle linee prospettiche di una post produzione di Sky, una vicenda talmente surreale da apparire subito malata, strana, oscura, con quell'uscita furibonda del geometra Adriano Galliani consumata a freddo, e dunque figlia di un progetto, non certo dell'ira del momento.

In tre giorni, il quadro di quella battaglia di tweet e comunicati tra Milan e Juve sta via via assumendo i giusti contorni di una cosa molto più seria di una lite da bar: qualcosa che ha molto a che fare con il controllo definitivo della sala dei bottoni e della cassaforte del pallone, che in Italia, naturalmente, coincidono.

L'acquisizione di Infront - un gigante multinazionale, che in Italia ha soltanto una delle sua emanazioni - da parte di un magnate cinese, fa certamente rumore e sensazione, per l'aggressività dell'acquirente e l'ingresso a piedi uniti di un gigante come la Cina nel mondo dello sport (anche) italiano. Ma cambia poco rispetto a quanto sta accadendo da mesi nel nostro calcio, riassumibile in poche parole: il tentativo di Infront Italia - il cui grande capo e stratega, Marco Bogarelli, è uno storico amico e alleato di Galliani - di assicurarsi un controllo completo del giocattolo, attraverso l'esercizio di un potere economico e politico che non trova ostacoli, se non l'opposizione, per ora insufficiente, della Juventus di Andrea Agnelli. Quando il piano sarà completato e molti passaggi sono già avvenuti, Infront potrebbe trovarsi infatti nelle seguenti condizioni:

a) controllare i diritti tv delle Leghe professionistiche di A e B e della Nazionale, di cui è advisor.

b) esercitare la propria influenza su decine di club professionistici, 13 nella sola serie A, grazie ai contratti di sponsorizzazione che procaccia sempre nel ruolo di advisor.

c) controllare la produzione e la regia delle immagini tv, se dovesse andare in porto la richiesta avanzata da Galliani - col pretesto del gol di Tevez - di affidare a soggetti "indipendenti" riprese e scelta delle immagini delle partite. In realtà, come sanno anche i muri e come già accade per 17 delle 20 squadre di A, Infront è l'unico soggetto "indipendente" in grado di offrire il servizio ed è già prontissimo ad acquisirlo in toto, chiudendo il cerchio.

d) controllare o perlomeno condizionare, attraverso le pressioni esercitate sui club vincolati da contratti che spesso garantiscono la sopravvivenza, le elezioni nelle Leghe (A, B, Lega Pro, dilettanti) e dunque indirettamente quella del presidente della Federcalcio.

e) decidere, come già accade, se concedere ad un club con cui collabora in crisi di liquidità, anticipi cash sui proventi a venire. Questo garantisce, naturalmente, quell'influenza da esercitare poi nelle occasioni di cui al punto d.

Sono solo sospetti, dirà qualcuno, non c'è nulla di provato. Certamente, solo sospetti. Alimentati e resi però molto più che credibili da una considerazione non confutabile: Infront, in Italia come in altri paesi, opera in un regime di pressoché completo monopolio, con buona pace della politica e dell'antitrust, molto distratti sulla materia. L'ultimo contratto chiuso, quello di advisor per la Nazionale, è stato siglato con la Figc subentrando a Rcs, in una gara-non-gara il cui esito era stato dato per scontato da tutti gli addetti ai lavori il giorno stesso dell'elezione di Tavecchio in Federcalcio, sostenuta da Galliani e Lotito, buoni amici di Infront da sempre. La stessa Rcs ha poi chiuso felicemente un accordo per il canale tv del giornalaccio rosa con Infront.

Ecco, allora, e per chiudere: quell'uscita di Galliani sul gol di Tevez, che pareva così improvvida e penosa, altro non era che un assist, con uno scopo ben preciso: sollevare il problema (problema?) di una produzione e gestione unica delle immagini del calcio, da vendere poi a Sky e Mediaset, le grandi mucche che nutrono tutti. Infront è già pronta. Svizzera o cinese che sia la proprietà mondiale, poco conta. In Italia Bogarelli è sicuro di restare. E questo basta e avanza.

Modificato da Ghost Dog

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«Calpesta o muori»

Un tifoso dello Zamalek scampato al massacro di domenica racconta cosa è successo: «La gente soffocava, e gli agenti non si fermavano». Ancora incerto il bilancio: 19 vittime per il governo, più di 40 secondo fonti mediche. Ora l’Egitto aspetta di capire come si muoveranno gli ultrà. Che dicono: «Risparmiate la carta, i processi hanno fallito. Ci faremo giustizia da soli». «Non è vero come dice la polizia che eravamo senza biglietto, ce l’avevamo ben in vista in mano. I poliziotti sono violenti, non si controllano»

di ANDREA LUCHETTA & SOPHIE ANMUTH (EXTRATIME 10-02-2015)

«Le persone di fronte a me, chiuse in quella gabbia, avevano due possibilità: calpestare chi restava a terra o morire. Due possibilità», ripete V., un tifoso dello Zamalek che ha assistito al massacro di domenica, e al telefono trattiene a stento l’emozione. «Sono arrivato allo stadio tre ore prima del calcio d’inizio. Felice, come gli altri in coda: era la prima partita di campionato dello Zamalek aperta ai tifosi dopo tre anni (si giocava contro l’Ennpi), sentivamo di tornare finalmente al posto a cui apparteniamo. Eravamo migliaia in quella strada: non lo so, ottomila, forse dieci». Tutti costretti a passare per una gabbia di metallo, «alta cinque metri e larga sei. È la prima volta che ho visto qualcosa del genere. Alla fine un passaggio strettissimo, in cui poteva entrare solo una persona». Un tornello grezzo e appuntito, che si è trasformato in trappola per decine di tifosi. «Chiaramente si spingeva, e la polizia teneva la linea di fronte a noi. Ma eravamo calmi, non cercavamo guai: non abbiamo cantato nemmeno dei cori contro le forze dell’ordine, volevamo solo goderci il ritorno allo stadio. Poi, all’improvviso, gli agenti hanno preso a spingerci indietro, a manganellare. Sono partiti dei lacrimogeni - non saprei quanti, forse cinque - e ci hanno sparato addosso anche dei pallini di metallo. La gente ha cominciato a soffocare, si è fatta prendere dal panico. Ma quelli non si sono fermati: ci hanno inseguito con le camionette, continuando a sparare, e quello stadio sta in mezzo al deserto: per trovare riparo abbiamo dovuto correre più di un chilometro».

Fronte ultrà

È ancora incerto il bilancio della strage: domenica notte Al Ahram, giornale controllato dal governo, lo aveva fissato in 30 vittime. Al Jazeera, citando fonti mediche, parla di oltre 40 morti, mentre il computo ufficiale è sceso a 19: non plausibile, almeno a giudicare dai video girati subito dopo il massacro, con decine di corpi stesi a terra. Subito è partito lo scaricabarile, col governo a sostenere che la colpa è tutta dei tifosi, decisi a forzare il blocco per entrare senza biglietto. «È una spiegazione ridicola: buona parte delle persone in fila aveva il biglietto in mano», prosegue V. Ieri la curva dello Zamalek ha diffuso un comunicato in cui dice di credere che il massacro sia stato voluto dalle autorità, per punire i tifosi schierati col fronte rivoluzionario. Ricostruzione a cui V. non sembra credere: «Situazioni simili accadono spessissimo: i poliziotti sono violenti, non sanno controllarsi, e questa volta è finita male. Credevamo che il massacro di Port Said (1o febbraio 2012, quando 72 Ahlawy furono uccisi dai tifosi di casa nell’inerzia della polizia, ndr) fosse destinato a non ripetersi mai più. Ecco: l’Egitto è quel Paese in cui una cosa del genere succede ogni tre anni». Il caos di domenica è emblematico della gestione dell’ordine pubblico sotto il maresciallo Al Sisi: meno di un mese fa, un’attivista di 35 anni è stata uccisa a fucilate mentre reggeva uno striscione a Talat Harb, in pieno centro del Cairo. «Ormai è chiaro - prosegue V. -. Non ci scontreremo più fra curve, esistono solo due fronti: noi e loro, i tifosi e la polizia». Ai White Knights - gli ultrà dello Zamalek - è arrivata la solidarietà degli Ahlawy, gli ultrarivali cittadini. Sono stati i primi a farsi sentire, come i tifosi dello Zamalek combatterono al loro fianco nel 2012, quando gli ultrà dell’Al Ahly diedero l’assalto al Ministero dell’Interno dopo Port Said.

Vendetta

L’interrogativo che tiene l’Egitto col fiato sospeso è il modo in cui i tifosi dello Zamalek intendono reagire. «Stiamo ancora contando i morti, è troppo presto. Ma può succedere di tutto», conclude V. Certo la reazione del presidente dello Zamalek («La polizia non ha sparato, è tutta colpa dei tifosi») non ha contribuito a rasserenare gli animi. Per rendere l’idea dei rapporti fra presidente e tifoseria, basta ricordare un episodio dello scorso ottobre: tre White Knights arrestati per aver lanciato del liquido addosso a Mansour: «Hanno cercato di sfigurarmi con l’acido» ha denunciato lui; «Non è vero, erano urine», la risposta. A scanso di equivoci Mansour - personaggio rispetto al quale le nostre viperette sono bisce di fiume - ieri ha licenziato Omar Gaber, l’unico calciatore dello Zamalek che si è rifiutato di giocare. Gli ultrà allo stadio hanno manifestato il proprio sdegno dando le spalle al campo e cantando «Vendetta o morte». Ieri il nuovo comunicato: «Risparmiate pure sulla carta, i vostri processi hanno fallito: è tempo che ci facciamo giustizia da soli».

 

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La Giustizia sportiva spieghi

le radiazioni «ad personam»

di LUCIANO MOGGI (LIBERO 10-02-2015)

[...]

Ora, alla luce delle dichiarazioni del Presidente Figc Tavecchio, ci addentriamo nel calcio parlato. Domenica hanno giocato Masiello nell’Atalanta e Ruopolo nella Reggiana, nel recente passato rei confessi di aver alterato i risultati di partite da loro disputate. La domanda che poniamo a Tavecchio è: perché la Giustizia Sportiva dà la possibilità di giocare a chi ha affermato di aver alterato risultati, mentre sono stati radiati coloro che, nel processo Sportivo e Ordinario, non sono stati ritenuti colpevoli di aver alterato alcuna partita in un campionato regolare, con sorteggi regolari, dove non esistevano comunicazioni esclusive con i designatori (ed il processo nato su impulso della querela Facchetti lo sta dimostrando), mentre sono state tolte radiazioni a dirigenti presi con le mani nella marmellata, o valigetta che sia?

 

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Spaventoso quello che il Sig.Geometra e credo Lotito stanno mettendo in atto. Un vero e proprio monopolio.

 

quell'uscita di Galliani sul gol di Tevez, che pareva così improvvida e penosa, altro non era che un assist, con uno scopo ben preciso: sollevare il problema (problema?) di una produzione e gestione unica delle immagini del calcio, da vendere poi a Sky e Mediaset, le grandi mucche che nutrono tutti. Infront è già pronta. Svizzera o cinese che sia la proprietà mondiale, poco conta. In Italia Bogarelli è sicuro di restare. E questo basta e avanza.

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Se cominciano a togliere i contributi statali è già tanto.

Poi ci pensera' il Sig. Geometra con Infront pero' ad integrare i contributi nel caso glieli dovessero togliere.

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Infront, quel centro di potere che ora dà l'assalto alla Nazionale

 

È la società di consulenza che ha fatto sua la serie A. Presentata da Matarrese nel 2008, in sei anni ha preso il controllo di marchi, stadi e intere squadre. Soprattutto grazie a Lotito, Galliani e adesso anche a Thohir

 

ROMA - Per capire le cose, come sempre, è bene partire dai soldi. Sui 2,3 miliardi di euro di entrate delle 20 squadre del massimo campionato, circa 1,1 miliardi (987 milioni dai diritti tve 150 da diritti di marketing e sponsorship) arrivano attraverso Infront. Tanto. Ancor più se si calcola che il giro d' affari del campionato comprende 417 milioni di plusvalenze. Al netto di questa voce, ogni 100 euro che entrano nelle tasche dei club, 60 arrivano da Bogarelli & C. L'advisor della Lega - che ha chiuso il 2013 con 11 milioni di profitti, più di tutte le squadre della A - gestisce pure marketing e pubblicità di Inter, Milan, Udinese, Genoa, Sampdoria, Lazio, Palermo e Cagliari. E chi ha in mano il rubinetto di questa liquidità - visto che il football tricolore è in rosso per 202 milioni - ha in pugno la sopravvivenza stessa del pallone.

I BURATTINAI - Il rapporto di dipendenza economica, funzionale e politica tra i clienti (i presidenti dei club) e chi garantisce loro l'ossigeno dei diritti tv sarebbe fisiologico e legittimo. Meno fisiologico, è il ruolo che il sistema che ruota attorno a Bogarelli - forte del suo strapotere economico sul pianeta calcio - ha finito per ricoprire all'interno del pallone. Il denaro, in questo caso, è lo strumento. Ma il vero collante, in Italia accade spesso, sono le relazioni. I grandi burattinai della Serie A le hanno costruite dal nulla: quando nel 2008 Antonio Matarrese si è presentato in Lega calcio con la cartellina "Infront" sottobraccio, erano in pochi a pensare che quella società avrebbe potuto vincere la gara per diventare advisor della Confindustria del calcio. Pochi ma buoni, evidentemente. Il fratello dell'ex numero uno del Bari si è alleato a Claudio Lotito, patron della Lazio e Massimo Cellino, presidente del Cagliari (che da Infront avrebbe incassato una penale da 10 milioni per rescissione contratto appena prima della cessione della squadra). Insieme hanno iniziato a tessere la tela del consenso portando dalla loro parte la serie B e un altro po' di pesci piccoli. I grandi club, come al solito, sono rimasti a guardare, distratti da chissà cosa. Roma e Juventus sono rimaste all'opposizione. Galliani - l'unico che Infront la conosceva bene, vedremo poi perché - non si è esposto troppo. Ha lasciato lavorare Lotito, ammiccato alla Juve, tenuto i piedi in tutte le scarpe pronto a festeggiare. E poi ha festeggiato.

L'ASSIST PER ARCORE - Infront è diventata così advisor della Lega. E il cerchio magico di alleanze consolidato in quell'occasione - Bogarelli, Lotito, Cellino e, di sponda, Galliani - ha iniziato da allora a tirare le fila di ogni decisione importante del calcio tricolore. Ultima in ordine di tempo, il ribaltone dell'asta per i diritti tv della Serie A, dove Sky, malgrado un'offerta nettamente superiore a quella di Mediaset, è stata costretta a venire a patti con il sistema. Accettando il compromesso - regista, ovviamente Infront - che ha rimesso in gioco il Biscione: Bogarelli ha convinto la Lega - non è stato difficile viste le relazioni - ad accettare meno soldi pur di tenere vivo il mercato televisivo garantendosi due concorrenti, riaprendo così le porte ad Arcore. Un assist straordinario alle pay-tv di Berlusconi che rischiava il crac senza Serie A.

LE CAMBIALI - Per imprese titaniche come queste servono gli uomini giusti al posto giusto, Quelli che al momento buono sanno onorare le "cambiali" in scadenza. E i sistema Infront, anche su questo fronte, ha giocato bene le sue carte. Alla presidenza della Lega che ha fatto il regalo a Mediaset, per dire, c' è Maurizio Beretta. Eletto nel 2010 - a proposito di cambiali - con i voti dei soliti Lotito e Cellino - più, ça va sans dire , Galliani - contro le sette grandi (in teoria) sorelle del calcio italiano, che pure rappresentano il 70% dei tifosi. Difficile dire che Davide ha sconfitto Golia. A muovere il consenso, come al solito, sono infatti i soldi: "Il giochino è semplice - spiega un osservatore interno ai fatti della Lega che chiede di restare anonimo -. Infront negli anni ha comprato i diritti commerciali delle società che non riescono a vendere gli spazi commerciali dentro i propri stadi, sovrastimandone sistematicamente di qualche milione il valore. La cifra pagata in eccesso è il prezzo pagato per il voto in lega del presidente del club". Una lettura maliziosa? Può darsi. Di certo il copione è andato in replica quest' estate in fotocopia con l'elezione al vertice della Figc- alla faccia dei fuochi d' artificio su Optì Pobà - di Carlo Tavecchio. A eleggere l'impresentabile sono stati i club della scuderia Bogarelli seguendo il solito schema: grandi elettori Lotito e Galliani a guidare la folta schiera. Contro, solo Juve e Roma, che hanno chiesto un passo indietro a lui e a Demetrio Albertini con una lettera firmata da Cagliari, Cesena, Empoli, Fiorentina, Sampdoria, Sassuolo e Torino.

IL DEJA VU - La partita si giocava sul filo del voto. Fino a quando la scuderia Infront ha sparigliato le carte. "Devo annà a prendè er Cesena" ha annunciato Lotito alla vigilia del voto. La missione è finita con un trionfo: perché non solo ha preso il Cesena (che a metà luglio aveva siglato un accordo con Bogarelli, nel cui bilancio risultano versati 520mila euro ai romagnoli come anticipi per diritti di prelazione). Ma anche la Sampdoria, anch' essa cliente Infront. Un deja vu: i soldi comprano il potere, il potere garantisce i soldi. E non a caso appena al Milan ha iniziato a salire la stella di Barbara Berlusconi (e a tramontare quella di Galliani), Infront- temendo di perdere un alleato chiave - è corsa ai ripari garantendo un contratto d' oro all'Inter del neo arrivato Thohir, che alla vigilia dell'elezione di Tavecchio - la società nerazzurra ha votato per lui - ha firmato un accordo molto ricco per la gestione commerciale di San Siro. L'aspetto meno gradevole delle cambiali è che, a un certo punto, scadono. E quelle di Tavecchio ("un uomo che ha molte cambiali", parola del presidente del Coni Giovanni Malagò) potrebbero arrivare a maturazione in tempi strettissimi. Questo almeno temono i competitor della Infront che hanno partecipato all'asta della Figc per l'advisor commerciale della nazionale di calcio, fino ad oggi Rcs Sport. La scelta del nuovo è attesa a giorni e la candidatura di Infront per un contratto che vale intorno ai 60 milioni di euro (56 nel quadriennio 2011-2014) è considerata la favorita. Si vedrà. "Diciamo che se sull'appalto si dovessero accettare scommesse, i bookmakers non darebbero le quote", scherzano in Lega. In realtà c' è poco da scherzare. I concorrenti, oltre a Rcs (con Img) la svizzera Swissone assieme a Wpp, minacciano ricorsi alla magistratura. Il discorso vale ancora di più per quello che viene individuato dai pochi oppositori del "sistema Infront" come il vero buco nero del calcio italiano. La vendita dei diritti internazionali. A gestire questa fetta della grande torta del pallone c' è un'altra realtà vicinissima a Infront: la Mp&Silva di Riccardo Silva, e che acquistando come si dice "vuoto per pieno" i diritti a una cifra (120 milioni circa) li rivende in giro per il mondo a talmente tanti soggetti e per talmente tante vie che è difficile sapere quanto sia l'incasso esatto, né - dicono i maligni che immaginano indicibili retrocessioni agli uomini chiave del sistema - i reali beneficiari. Unica certezza: il business è una gallina dalle uova d'oro: la cassaforte irlandese di Silva ha chiuso gli ultimi due anni con 67 milioni di utili (su 200 di ricavi, buona parte dei quali generati presumibilmente dai diritti del calcio italiano). E ha staccato per i suoi fortunatissimi soci che si perdono nei paradisi fiscali fino all'isola di Tortola dividendi per 88 milioni. Un affare che fa gola a molti. E non a caso in questi giorni le società di serie A si stanno scannando sull'asta per il rinnovo del contratto. Le formazioni in campo sono sempre le stesse: Roma e (timidamente) Juventus fiancheggiate da Napoli, Fiorentina e pochi altri da una parte a chiedere più tempo per la decisione, Lotito e resto del mondo dall'altra. La scadenza delle offerte, alla fine, è stata posticipata a ieri, e il 20 la Lega deciderà. Ma pochi dubitano sul fatto che si vada verso il rinnovo alla MP & Silva.

I GALLIANI BOYS - Il motivo? La storia professionale di Riccardo Silva e i suoi intrecci con quella di Bogarelli. Un quadro che aiuta bene a capire chi sono da sempre gli uomini dietro il sistema Infront. I due, oltre alla passione per il calcio e i diritti tv, hanno in comune importanti trascorsi in Fininvest Silva ha il 95% di Milan Channel. Sono amici, i due. Mp&Silva, l'hanno fondata insieme (con loro c' era anche un altro manager del biscione, Andrea Locatelli). La "Mp" del brand sta per Media Partners, una società del gruppo, della quale faceva parte anche l'allora giovanissimo e promettente manager Andrea Abodi, oggi presidente della Lega di Serie B e vice presidente della Figc, già uomo chiave nella corsa di Tavecchio alla Figc. Tutti figli di Galliani, per dirla con un'espressione usata più volte nelle conversazioni ristrette dallo stesso manager milanista. Che, quando vide affacciarsi sulla soglia del palazzo del pallone la truppa agguerrita di Bogarelli & co. - si racconta - fece una smorfia ambigua e poi, respingendo le prime ipotesi di conflitto d'interessi, esclamò: "Figuratevi se farò gestire un miliardo di euro ai miei ex ragazzi allievi in Mediaset: parteciperò ad ogni operazione nell'interesse della mia società". Nessun dubbio, finora l'ha fatto benissimo. 

 

http://www.repubblica.it/sport/calcio/serie-a/2015/02/10/news/infront_centro_di_potere_che_ora_da_l_assalto_anche_alla_nazionale-106965698/?ref=HREC1-8

 

Scommettete che i prossimi due a firmare, dopo Thohir , saranno Delamentis e l'uomo con la valigetta? 

Modificato da ClaudioGentile

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Infront, quel centro di potere che ora dà l'assalto alla Nazionale

 

È la società di consulenza che ha fatto sua la serie A. Presentata da Matarrese nel 2008, in sei anni ha preso il controllo di marchi, stadi e intere squadre. Soprattutto grazie a Lotito, Galliani e adesso anche a Thohir

 

Scommettete che i prossimi due a firmare, dopo Thohir , saranno Delamentis e l'uomo con la valigetta? 

 

Non scommetto perché il combinato disposto di Galliani, Lotito, Bogarelli e Beretta è già abbastanza criminale  

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CALCIOSCOMMESSE - CREMONA 10-02-2015

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le possibilità sono 2

1)arrendersi all'evidenza e gettare la spugna...... il circolo aniene ha vinto

2 ) emigrare

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le possibilità sono 2

1)arrendersi all'evidenza e gettare la spugna...... il circolo aniene ha vinto

2 ) emigrare

 

Noi possiamo scherzarci, ma Infront si compra l'amicizia a suon di accordi commerciali paramafiosi e poi... pufff... torna nel dimenticatoio fino alla prossima grossa occasione.

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Quel Grande Fratello che ora ha il controllo assoluto del calcio italiano

di MARCO MENSURATI (LA REPUBBLICA 11-02-2015)

Qualche mese fa, il nome di Wang Janlin era stato accostato alla Roma. Unicredit stava vendendo le sue quote e, si disse, il secondo uomo più ricco della Cina voleva entrare al posto della banca. Poi non se ne fece nulla. Oggi si capisce perché. Wang Janlin non voleva entrare nel capitale di una squadra. Voleva comprare direttamente tutto il calcio italiano. Perché questo e non altro significa oggi acquistare Infront Italia: prendere il controllo dell’intero movimento, diventarne il padrone.

La storia dell’inarrestabile ascesa dell’”advisor della Lega calcio” - così veniva, fino a poco tempo fa, sobriamente definita la società - è ormai cosa nota. Comincia nel 2008 quando Antonino Matarrese presenta Infront alla Confindustria del pallone come possibile advisor per la vendita collettiva dei diritti televisivi. In pochi, allora, sanno che cosa sia Infront, da chi sia gestita, dove voglia arrivare. Uno di questi è Adriano Galliani, che riconosce in Marco Bogarelli e nel resto del management di quella società, i “ragazzi” della ex “Media Partners” società del gruppo Fininvest. I “suoi” ragazzi. Così, aiutata proprio da Galliani e dal presidente della Lazio Claudio Lotito, Infront si aggiudica l’asta. È il primo passo. Tessendo una fitta tela di relazioni, giocando di sponda sulle debolezze di un sistema che conoscono alla perfezione, nel giro di pochi anni Bogarelli & co. assumono il controllo dell’intera macchina.

La chiave - lo sanno bene - è il consenso dei presidenti. Che quando non è conquistato per via politica, viene letteralmente acquistato. «Il giochino è semplice» spiegava poco tempo fa a Repubblica un osservatore interno ai fatti della Lega, «Infront compra i diritti commerciali delle società che non riescono a vendere gli spazi commerciali dentro i propri stadi, sovrastimandone sistematicamente di qualche milione il valore. La cifra pagata in eccesso è il prezzo per il voto in Lega del presidente del club. Un costo aziendale».

Il copione descritto è esattamente quello che ha portato prima Maurizio Beretta alla presidenza della Lega calcio e poi Carlo Tavecchio alla guida della Figc. Ad eleggere il banchiere e il candidato azzoppato dall’uscita su Opti Pobà e la banana, ci pensarono infatti tutti i club della “scuderia” di Bogarelli. Vale a dire Inter, Milan, Udinese, Genoa, Sampdoria, Lazio, Palermo e Cagliari. Tutte società che avevano e hanno ancora in vigore importanti contratti con Infront.

Inutile dire che anche quelle di Beretta e di Tavecchio, proprio come la gestione della gara per i diritti tv, erano solamente tappe intermedie dell’ascesa. Che è continuata e continua a tutt’oggi. Pochi giorni dopo la nomina del presidente federale, Infront ha vinto la gara come advisor della Figc per la gestione commerciale della nazionale di calcio. A quella gara - il cui esito tutti davano per scontato già un istante dopo l’elezione di Tavecchio - partecipava anche la Rcs che adesso ha chiuso un accordo, sempre con Infront, per dare vita al canale televisivo della Ġazzetta dello Sport (da settimane gli uomini di Bogarelli lavorano al quarto piano della nuova sede del quotidiano milanese).

Ma la mission aziendale è evidentemente quella del monopolio assoluto. E così, dopo i diritti televisivi, dopo le nomine delle due massime cariche istituzionali, dopo aver messo le mani sulla nazionale e aver stretto amicizia con il primo quotidiano sportivo nazionale, Infront punta a occupare in via definitiva anche gli ultimi due spazi rimasti liberi: la vendita dei diritti di archivio, e la produzione televisiva delle partite. La legge Melandri per “risarcire” le grandi squadre dai danni provocati con il passaggio alla vendita collettiva dei diritti tv, lascia la possibilità alle squadre di vendere individualmente i propri diritti di archivio e di produrre autonomamente le immagini delle partite da vendere poi alle emittenti. Oggi molte squadre (non tutte) per entrambi i servizi si avvalgono proprio di Infront (che, secondo stime approssimative che circolano in Lega ci guadagna su una ventina di milioni l’anno). Per vari motivi però lo scenario sta cambiando e alcuni presidenti hanno deciso di cominciare a trattare individualmente su entrambi i fronti. Per questo a molti non è sembrata casuale la sparata di Adriano Galliani sul (non) fuorigioco di Tevez e la linea “storta” di Sky. «Hanno aperto il fronte», dicono in Lega, dove venerdì è attesa una specie di resa dei conti. Che non sarà l’ultima.

Almeno a giudicare dalle dichiarazioni di ieri di Marco Bogarelli che parlando da padrone del vapore ha tranquillizzato “i tifosi italiani” circa il passaggio di Infront nelle mani del facoltoso immobiliarista cinese. Per loro «non cambierà nulla, ma cresceranno le prospettive di crescita del mercato italiano che potrà contare su una nuova potenzialità che investirà l’indotto, il capitolo stadi, tanto per dirne uno». Anche gli stadi.

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Una domanda chiara e legittima quella del Direttore.

 

Ma, anche se volesse, il presidente della figgiccì non saprebbe dare una risposta.

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Una domanda chiara e legittima quella del Direttore.

 

Ma, anche se volesse, il presidente della figgiccì non saprebbe dare una risposta.

 

ecchettaddi

deh

ogni testa dura trova ir su scoglio

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Neuer para il rigore?

E allora a Boateng un turno di stop in più

Il difensore, espulso durante Bayern-Schalke, punito dal giudice

sportivo perché il tiro dal dischetto è stato neutralizzato: «Così la

squadra non è stata penalizzata abbastanza». Insorgono i portieri

di ELMAR BERGONZINI (GASPORT 12-02-2015)

«Sa per caso se Neuer ce l’ha con lei? Parando il rigore con lo Schalke mi costringe a darle una giornata di squalifica in più». Voleva solo sdrammatizzare, ha fatto scoppiare la polemica dell’anno. In Germania il giudice sportivo Hans E. Lorenz con una semplice battuta ha ridicolizzato una regola tutta tedesca che ha mandato in rivolta i portieri della Bundesliga che, evidentemente, non ne avevano mai realizzato l’assurdità. Durante Bayern-Schalke dello scorso 3 febbraio, Jerome Boateng viene espulso dall’arbitro Bastian Dankert per un fallo che ha impedito agli ospiti (a Sam in particolare) di concretizzare una chiara occasione da gol. Sul dischetto si è presentato il camerunese Choupo-Moting, ma Neuer gli ha bloccato la conclusione. Esultano tutti, anche Boateng, che però ancora non sa che quell’intervento gli costerà una giornata di squalifica in più.

SOSPENSIONE Il difensore tedesco, inizialmente, era stato squalificato per tre giornate: la prima è automatica, la seconda è per recidiva, la terza è dovuta, di fatto, alla parata di Neuer. Il Bayern ha presentato ricorso a cui il giudice sportivo ha risposto positivamente solo in parte. Gli è stata infatti tolta la squalifica relativa alla recidiva: Jerome l’ultimo rosso lo aveva ricevuto nel campionato scorso. Poi però, prima di leggere la motivazione della decisione, il giudice sportivo ha voluto rivolgere l’ormai famosa battuta al giocatore. Non è nemmeno la prima volta che Lorenz scherza con i calciatori prima di verdetti delicati decisi dalla federazione tedesca: nello scorso campionato era stato chiamato a giudicare il comportamento di Kiessling in occasione del gol fantasma in Hoffenheim-Leverkusen. Il giocatore non venne condannato, ma apertamente preso in giro dal giudice che commentò: «Finalmente ha ricevuto una chiamata dalla DFB», chiaro riferimento alle mancate convocazioni dell’attaccante dl Bayer in nazionale. E ancora: «Caro signor Stefan questa volta non la squalifichiamo, ma la condanniamo a centrare altre 1.000 volte il buco nella rete». Un vero simpaticone.

REAZIONI Scherzi a parte però, in Germania nessuno ha preso con umorismo una battuta che ha evidenziato una regola difficilmente condivisibile. Il regolamento parla chiaro: Boateng, fermando Sam in maniera irregolare, ha impedito allo Schalke di segnare. Quindi, a causa dell’errore di Choupo-Moting (e non della parata di Neuer, sarebbe stata la stessa cosa se il pallone fosse stato calciato fuori dal camerunese), al difensore viene fatto pesare il suo gesto antisportivo con una giornata di squalifica ulteriore. È riuscito ad evitare che lo Schalke segnasse con una scorrettezza, quindi il regolamento non ammette uno sconto di pena. Fatto sta che Neuer, parando il rigore, ha sì aiutato la squadra pareggiare, ma ha prolungato la squalifica di Boateng. E i portieri in Germania non presa affatto bene. Trapp (numero 1 dell’Eintracht), si è mostrato incredulo: «Fatemi capire: devo far segnare i miei avversari per proteggere e aiutare i miei compagni?». Anche Zieler, (portiere dell’Hannover e presente come terzo in Brasile), è apparso molto contrario: «Non conoscevo questa regola. Bisogna riflettere sul senso della norma e, una volta ragionato, bisogna cambiarla». Fatta la legge, trovato l’inganno. In Bundes c’è già chi, come Sommer (Borussia Moenchengladbch), pensa a come cavarsela: «Sia chiaro: se le cose stanno così, con un vantaggio netto farei segnare gli avversari». Anche Neuer ha commentato la decisione del giudice sportivo: «Spero che lo scalpore provocato da questa decisione faccia sì che questa regola venga cambiata presto, anche perché non ha davvero senso». Boateng, invece, non ha voluto rilasciare commenti. Ma si può anche capire: adesso avrà paura a commettere fallo da rigore. Avere come compagno il portiere più forte del mondo non sempre è positivo…

LA REGOLA

Fallo, rosso e rigore

Ma se arriva il gol squalifica più corta

Il «tariffario» tedesco per le giornate di squalifica in seguito a espulsione stabilisce che nel caso in cui un giocatore commetta un fallo in una chiara occasione da gol, questo deve essere punito con due o più giornate di squalifica. La sospensione, però, può essere ridotta di una partita nel caso in cui lo scopo per il quale sia stato commesso il fallo non sia stato raggiunto: cioè la squadra avversaria sia riuscita comunque a realizzare il gol. Questa la regola tedesca che considera quindi la realizzazione del gol una sorte di attenuante della colpa del giocatore. A rigor di regolamento, dunque, la battuta del giudice sportivo Hans E. Lorenz a Boateng («Ma Neuer ha qualcosa contro di lei? Parando il rigore mi costringe a darle una giornata di squalifica in più») non è del tutto precisa: a Jerome sarebbe stata tolta una giornata in caso di rete dello Schalke, non ne è stata aggiunta una ulteriore per la parata di Neuer.

 

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Scommesse sul Mondiale

Onazi tra gli intercettati

Sotto controllo in Brasile il telefono del laziale: non emersero elementi. Depositato il materiale dei pm:

oltre centomila pagine! A primavera le richieste di rinvio a giudizio: ma il processo partirà solo nel 2016

di FRANCESCO CENITI (GASPORT 12-02-2015)

Il Mondiale di Ogenyi Onazi sarà ricordato solo per il brutto infortunio nella gara contro la Francia (intervento killer del francese Matuidi, punito solo con un giallo). Poteva andare peggio. Perché il giocatore della Lazio in quel periodo era sotto intercettazione da parte della Procura di Cremona. Sì, le combine erano ritenute una minaccia grave anche nella competizione più importante. La Fifa aveva lanciato l’allarme lo scorso maggio: «Sappiamo che alcune organizzazioni criminali hanno approcciato giocatori e arbitri per corromperli». Una delle partite considerate a rischio era Iran-Nigeria, con la nazionale africana finita nel mirino dopo aver disputato una amichevole contro la Scozia (finita 2-2): l’over aveva attirato un volume di scommesse anomalo tanto da far scattare una indagine preventiva da parte del dipartimento della polizia inglese. Indagine alimentata dal risultato finale e da un piccolo particolare: un clamoroso autogol causato dal portiere Ejide, con pallone smanacciato in porta dopo un cross. «Prodezza» vanificata dall’arbitro: rete annullata per una presunta (molto presunta) carica sul portiere. In ogni caso le notizie sulle possibili interferenze dei boss di Singapore sul Mondiale erano rimbalzate a Cremona che da anni ha chiesto l’arresto di Dan Tan, considerato il capo dei capi e arrestato dall’Interpol nel settembre 2013. Ecco perché il pm Di Martino aveva deciso di mettere sotto controllo il cellulare usato in Italia dal giocatore della Lazio.

NULLA DI FATTO La speranza di ascoltare una conversazione utile all’indagine e magari pizzicare qualche pesce grosso dell’organizzazione criminale è rimasta una speranza. Nessuno ha contattato Onazi e le telefonate effettuate dal calciatore con quella scheda sono state di altro tenore. Non solo, la partita nel mirino (contro l’Iran) è finita 0-0, un risultato molto diverso dall’over, il marchio utilizzato nelle combine. Onazi non è stato l’unico nigeriano a essere intercettato, almeno un altro compagno (forse con un passato in Italia) avrebbe subito le stesse attenzioni. E anche un dirigente della nazionale africana sarebbe stato monitorato. Per fortuna nessun tarocco è venuto a galla, ma le carte di questa storia sono finite lo stesso nell’inchiesta sul calcioscommesse.

TEMPI LUNGHI A proposito, da ieri a Cremona gli avvocati dei 130 indagati a cui è stata notificata la chiusura inchiesta stanno cercando di ritirare il materiale depositato per preparare le memorie difensive. Non è semplice: ci sono quasi 100 mila pagine da prendere. Circa un 30% è stato digitalizzato in una chiavetta, ma il resto è da fotocopiare. Del resto i faldoni racchiudono oltre 4 anni d’indagine e l’attesa del processo non sarà breve. Il pm dovrebbe formulare le richieste di rinvio a giudizio (tra i nomi coinvolti ci sono quelli di Mauri, Doni, Conte, Colantuono, Signori, Sartor, Bressan) tra fine aprile e inizio maggio, ma l’udienza preliminare dovrebbe slittare per ragioni tecniche (notifiche in primis) a settembre. Questo vuole dire che l’eventuale processo partirà solo tra febbraio e marzo 2016. Nel frattempo non sono esclusi colpi di scena e nuovi approfondimenti da parte del pm. C’è poi tutta la parte che riguarda gli stranieri (Gegic, Ilievski e gli ungheresi): tra rogatorie e traduzioni è possibile uno stralcio.

GIUSTIZIA SPORTIVA L’estate, invece, dovrebbe essere il palcoscenico per il nuovo processo sportivo. Palazzi si è sentito nei giorni scorsi con Cremona. Nelle prossime settimane spera di avere tutti gli atti. Poi dovrà mettersi sotto per individuare le posizioni da mettere sotto accusa. I passi successivi saranno le audizioni, i probabili deferimenti e l’eventuale processo. Rischiano in tanti, a cominciare dall’Atalanta, da Colantuono al d.s. Zamagna. E ancora, da vagliare la posizione di Pellissier e del Chievo, di Vives, del d.s. del Perugia Goretti, del portiere Concetti e di molti altri giocatori e dirigenti.

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Tavecchio, ecco un altro libro

Stavolta paga la Lega Dilettanti

DOPO “TI RACCONTO IL CALCIO”, COMPRATO IN 20MILA COPIE DALLA FIGC, ARRIVA “LA GRANDE

FAVOLA AZZURRA”: ALTRE 20MILA PER OMAGGIARE L’ALLORA PRESIDENTE DELLA LND

BEST-SELLER Le federazioni trasformate in “compratrici seriali” delle opere del capo della Federcalcio. Il Coni non fiata

di VALERIA PACELLI & ANDREA TUNDO (IL FATTO QUOTIDIANO 12-02-2015)

Quella di scrivere libri sembra essere una passione per Carlo Tavecchio. Una dedizione supportata anche dalle associazioni che presiede. Ventimila copie del suo best-seller per bambini Ti racconto.. il Calcio sono state acquistate dalla Figc per 107 mila euro, ma anche dalla Lega Nazionale Dilettanti, che nel 2012 ha speso altri 99 mila euro circa per comprarne sempre 20 mila copie. E non solo. La Lnd ha acquistato nel 2014 anche un altro libro di Tavecchio La grande favola azzurra. Il pallone racconta.... La Lnd, a differenza della Figc – che nel 2014 ha ricevuto 68 milioni di euro di fondi pubblici dal Coni – è una realtà privatistica. Tuttavia vale la pena raccontare la vicenda dell’acquisto dei libri di Tavecchio, quando ne era a capo, per capirne le dinamiche.

L’attuale numero uno della Figc – dopo che il Fatto ha diffuso la notizia dei libri acquistati dall’associazione che ora presiede – si è difeso dicendo di non guadagnarci nulla. Ma al di là dei guadagni, il fatto che gli acquisti da parte della Figc siano stati fatti anche con soldi pubblici non sembra essere rilevante. Neanche per il Coni. Il presidente Giovanni Malagò infatti tre giorni fa ha commentato con un timido “poteva essere evitata” anche perché “se non ci sono fini specifici magari è la classica vicenda che mediaticamente non ha prodotto risultati felici”. Non si è spinto oltre, nonostante le raccomandazioni del governo che tramite il sottosegretario Delrio si è interessato alla questione.

Adesso però si scopre che anche la Lnd ha acquistato l’opera Ti racconto... il calcio quando era presieduta dallo stesso Tavecchio. La situazione è analoga a quella che si è presentata in Figc lo scorso 19 novembre. Solo che nel 2012 alla Lega nazionale dilettanti, il libro è stato pagato 4,96 euro più Iva – invece che 5,38 come nel caso della Figc – per un totale di 99 mila euro circa. La delibera della Lega nazionale Dilettanti risale al 6 ottobre 2012: “Su richiesta del vicepresidente Cosentino – è scritto – riferisce sullo stato di avanzamento della ristampa del testo della Favola del Calcio realizzata per i bambini. Auspicando che possa procedersi alla distribuzione dei nuovi libri entro il prossimo Natale, che quantifica in 4,96 euro, oltre Iva, il costo di ciascun volume e nel caso in cui sarà stata commissionata la stampa di almeno 20 mila copie”. Anche in questo caso nella delibera manca il nome dell’autore del libro. Poi l’ufficio stampa della Lnd – contattato dal Fatto – risolve ogni dubbio: “La Lnd, condividendo un’idea dell’allora presidente Carlo Tavecchio circa la necessità di promuovere il calcio e avvicinare le istituzioni sportive ai giovani tesserati, ha prodotto due favole illustrate, scritte dallo stesso Tavecchio, che raccontano il gioco del calcio ai bambini.

La stessa Lega ne ha affidato la stampa con il logo Lnd alla società Moruzzi’s Group che ha realizzato una prima fornitura di 20 mila copie nel 2012 e un’altra di 20 mila copie nel 2014, tutte distribuite gratuitamente ai Comitati Regionali”. La fornitura del 2014 al quale si fa riferimento riguarda un altro libro di Tavecchio: “La grande favola del calcio. Il pallone racconta...”.

La Lnd inoltre precisa: “Non si tratta di una iniziativa commerciale o editoriale, ma di una pubblicazione promozionale e didattica”. In aiuto di Tavecchio ieri è intervenuto anche il presidente del Comitato Regionale Puglia, Vito Tisci che ha precisato anche di aver “sollecitato l’invio di ulteriori copie del libro da distribuire sul territori”. Come se quelle già acquistate fossero poche.

 

Tavecchio, due libri e 60 mila copie

comprate da dilettanti e federcalcio

C’è anche una storia dei mondiali, scritta nel 2014

Acquisti fatti approvare dai consigli di cui era presidente

di FRANCESCO SAVERIO INTORCIA (LA REPUBBLICA 12-02-2015)

Due libri, tre clamorosi successi editoriali. L’attività narrativa di Carlo Tavecchio, autore del libello che la Figc ha comprato in 20mila copie, mette in imbarazzo Coni e Palazzo Chigi. Ti racconto il calcio era già stato stampato nel 2012 a spese della Lega Dilettanti e distribuito ai comitati regionali della federazione. Ma non basta: c’è un secondo volume, del 2014, sempre di Tavecchio, dedicato al Mondiale: La grande favola azzurra. In tutto, 60mila copie: 40mila del primo, in più riprese, e 20mila del secondo. I tipi sono del bolognese Moruzzi’s Group, che stampa anche la rivista mensile dei Dilettanti. «Non capisco le polemiche - spiega Luciano Moruzzi - da dieci anni lavoriamo con la Lnd, Tavecchio è un autore autorevole e non guadagna un euro. E’ una favola per piccini, da far leggere ai genitori».

Tavecchio scrive e propone. Un consiglio, da lui presieduto, legittimamente approva. Qualcun altro compra: ora la Lnd, ora la Figc. Il primo libro, a maggio del 2012: Ti racconto…. Il calcio. La Storia, i Valori, la Magia dello Sport più bello del Mondo. Copertina arancione, 68 pagine, per metà illustrazioni. Tavecchio, raffigurato come cartoon, è il Nonno Carlo che racconta il calcio alla nipotina. Lontano da Opti Pobà, l’allora capo della Lnd ricorda che nel calcio «non importa se sei alto, basso, bianco, nero, giallo, cicciottello, magro!». E rivela che «il calcio a 11 diventa femminile quando le squadre sono formate da ragazze», mentre «il calcio a cinque, come dice la parola, si gioca in cinque, incluso il portiere». La semplicità del testo fa quasi tenerezza, il target sono i bimbi di età prescolare o dei primi anni di elementari. Sul dorso, i loghi Lnd e Figc: «E’ solo materiale promozionale», insistono da via Allegri.

Il 6 ottobre 2012, a Monastier di Treviso, c’è il Direttivo dilettanti. Il vicepresidente Cosentino chiede a Tavecchio «dello stato delle ristampe de La favola del calcio». Il titolo compare spesso in forme diverse. Il presidente lo rassicura: auspica di avere almeno 20mila nuove copie per Natale, a 4,96 euro più Iva. Il Direttivo approva all’unanimità. Poco tempo dopo, l’autore scrive ai presidenti regionali: «Stiamo provvedendo ad acquistare dalla Ditta Moruzzi’s Group srl alcuni volumi di C’era una volta il calcio, la meravigliosa storia del calcio dilettantistico, a condizioni economiche vantaggiose». Anche lui cita un titolo diverso. E si preoccupa di specificare che quello che è semplice materiale promozionale è anche un affare. Non basta: i libri, spiega Tavecchio, verranno addebitati a ciascun comitato Figc. La Federazione oggi risponde: «Non risulta che quelle somme siano state mai incamerate».

Nel 2014 Tavecchio decide che i tempi sono maturi per un altro libro: La grande favola azzurra… Il pallone racconta. Stesso formato, copertina azzurra. E prefazione di Giancarlo Abete, n. 1 Figc, dal titolo “Che bella famiglia!”. Scrive Abete: «A Carlo Tavecchio dico grazie di cuore per aver raccontato la favola della nostra Nazionale». Per la distribuzione, di nuovo Tavecchio scrive ai presidenti dei comitati regionali Figc: annuncia l’invio di un «congruo numero di volumi, nell’intento di offrire un nuovo contributo alla promozione del calcio e dei suoi valori». La Figc stessa ne distribuirà un lotto a Perugia, per Italia-Lussemburgo, prima del Mondiale.

A novembre 2013 viene ristampato il titolo d’esordio. Stavolta in copertina c’è un prezzo, 20 euro (Iva inclusa). Tante copie restano in magazzino. E la Figc, ora presieduta da Tavecchio, un anno dopo le compra. Decide il Comitato di presidenza, il 19 novembre 2014: ci sono Beretta, Lotito, Ulivieri, i revisori dei conti, il dg Uva, il segretario Di Sebastiano e, come uditori, Abodi e Nicchi. Anche qui, il libro non è all’ordine del giorno, ma nelle comunicazioni del presidente. Tavecchio riporta le richieste di alcune regioni che vogliono La meravigliosa storia del calcio dilettantistico (ancora un titolo diverso) come strenna natalizia, spiega che l’editore può garantire le 20mila copie ancora disponibili «a soli dei 5,38 euro, in luogo degli 11 indicati dal prezzo di copertina». Il prezzo è più alto, stavolta. Non spiega che l’autore è lui, ma non ce n’è bisogno. La proposta passa all’unanimità.

 

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Crac test

Figc e Lega: “Mai più un caso Parma”

Verso il modello Premier: senza il certificato

di “onorabilità” niente acquisto dei club

di GUGLIELMO BUCCHERI (LA STAMPA 12-02-2015)

Il rompicapo Parma, conti in rosso, presidenti e proprietà girevoli e fallimento ad un passo, ha avuto quantomeno l’effetto di scuotere i palazzi del nostro calcio. «Mai più...», dicono i vertici di Figc e Lega. «Mai più un caso simile perchè in gioco c’è la stessa regolarità del sistema...», sostengono in Federcalcio e dentro la Confindustria del pallone. Così, fra rimbalzo di responsabilità (tocca alla Figc muoversi, no spetta alla Lega) e scaricabarile, ecco delinearsi una via d’uscita in vigore dalla prossima stagione.

Legali al lavoro

Due sono i piani di lavoro allo studio: quello sulla sostenibilità economica di chi si avvicina ad un club di calcio e quello sulla credibilità del potenziale acquirente. Il primo prevede un giro di vite nelle norme sulle licenze nazionali, nuovi, e più stringenti, parametri in mano alla Covisoc per smascherare castelli di sabbia spacciati per bilanci e ricchezze solide: ad aprile sarà tempo di delibere in merito, da qualche ora truppe di legali stanno mettendo mano alla rivoluzione. C’è, poi, il piano delle referenze e della storia personale del personaggio di turno impegnato a guadagnarsi un posto nella giostra pallonara. Come sarà possibile stoppare l’invasione di potenziali pericolosi faccendieri, o simili? E, allo stesso tempo, mettere alla porta chi si dovesse macchiare in corso d’opera di qualche colpa? Il modello invocato è quello della Premier League, ma del calcio d’Oltremanica in genere. Là, nel regno del football, esiste un test di controllo obbligatorio per tutti i soggetti che detengono almeno il 30 per cento della proprietà dei club, i presidenti, gli amministratori, i segretari e i responsabili della tesoreria. E se, anche dopo indagini private, i soggetti che aspirano alle posizioni indicate incorrono in una condizione di squalifica, le organizzazioni calcistiche possono decidere di impedire ad una persona fisica di acquistare un club o squalificare i proprietari e gli amministratoti delle diverse società. La condizione di squalifica si traduce in una lunga, e dettagliata, lista di situazioni: dalle condanne per disonestà, cospirazione, corruzione, evasione fiscale, bagarinaggio, alla squalifica da parte di un organo di giustizia sportiva, alla presenza di un divieto per l’accesso agli stadi.

In vigore dal 2015/16

Il calcio italiano è stato svegliato dal caso Parma. E, adesso, il modello di «onorabilità» inglese finalizzato a proteggere l’integrità dei club e la reputazione dei campionati è il traguardo da raggiungere a partire dalla prossima stagione. Non verrà usato dalla nostra Lega Calcio il copia e incolla, ma il risultato finale sarà molto simile perchè osservare presidenti che diventano tali nel giro di quattro giorni un po’ di stupore lo provoca. Il test di ingresso, chiamato così per semplicità, se già attuato in Italia avrebbe causato diverse perdite negli ultimi anni. L’obiettivo è che possa trasformarsi in un filtro sensibile nell’immediato futuro.

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5193 messaggi

Tra poco i libri di tavecchio saranno proposti come testi scolastici.

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