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CRAZEOLOGY

K A L C I O M A R C I O! - Lo Schifo Continua -

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CARLOS KAISER

LA GRANDE TRUFFA DEL «FUTEBOL»

Per 26 anni si è spacciato per calciatore, grazie all’amicizia di alcuni

campioni, la complicità dei giornalisti e a infortuni in serie: «Io non

volevo giocare. E la volta che al Bangu mi costrinsero, che rissa...»

di ALFREDO SPALLA (EXTRATIME 28-10-2014)

Ventisei anni di carriera e una trentina di partite ufficiali. Nessun gol, tante risse ed espulsioni, e un numero indefinibile d’infortuni inventati. Questa è la storia di Carlos Henrique Raposo, detto il Kaiser, forse il giocatore più furbo nella storia del calcio brasiliano. Dalla fine degli anni 70 fino agli inizi del Duemila, è riuscito a ottenere contratti da pro pur non avendone le qualità. Il Kaiser eccelleva fuori dal campo, dove tesseva rapporti con calciatori famosi, giornalisti compiacenti e sponsor. Abilità che, però, gli hanno garantito contratti con squadre come Botafogo, Vasco, Flamengo, America e in Corsica.

Lei usava sempre lo stesso sistema: montava la sua immagine con la complicità di media; si faceva inserire come contropartita nelle trattative dagli amici e poi si fingeva infortunato per non insospettire i club.

«Io non ho mai voluto essere un calciatore. Ne volevo i benefici, ma senza dovermi allenare. La mia passione è sempre stato lo studio, ma mia madre mi obbligava a giocare. Ero sfruttato dalla mia famiglia».

Quindi sostiene di essere stato obbligato a giocare?

«A 10 anni, quando ero nelle giovanili del Botafogo, guadagnavo già più di tutta la mia famiglia, ma non vedevo un centesimo. Andava tutto a mia madre, che, essendo molto ignorante, vendette il mio cartellino a un procuratore».

E iniziò la sua Odissea…

«Ai miei tempi non esisteva ancora la “Legge Pelé”, ero schiavo della clausola rescissoria del mio agente. Non sarei mai riuscito a pagargliela, così iniziai a passare da una squadra all’altra per dargli la percentuale. Firmavo contratti brevi».

E da quali club è riuscito a farsi ingaggiare?

«Al Botafogo rimasi fino ai 15 anni, poi mi cacciarono. Passai un mese al Flamengo, ma non mi registrarono. Da lì Puebla, in Messico; El Paso negli Usa; America di Rio, Bangu, Fluminense, Vasco e infine Gazéleque Ajaccio».

E qual era il suo metodo?

«Mi portava sempre qualche amico, spesso come contropartita. Firmavo il contratto grazie alla buona pubblicità dei giornali e dei giocatori. In allenamento facevo solo la parte fisica. Quando occorreva lavorare col pallone, combinavo sempre che qualcuno mi facesse un’entrata o fingevo un fastidio muscolare. All’epoca non c’era la risonanza magnetica nei club, era la mia parola contro quella del medico. Se poi le cose si mettevano male, avevo sempre il certificato di un amico dentista».

La sua storia è stata scoperta 3 anni fa, quando la Tv Globo ne ha parlato con l’ex romanista Renato e Rocha, campione del Mondo ’94. I suoi compagni però le volevano tutti bene.

«Ero amico dei più grandi calciatori della mia generazione: Portaluppi, Rocha, Bebeto, Romario, Careca, Andrade, Edmundo, Marinho Chagas. Spesso erano i giocatori a trattenermi se i dirigenti volevano cacciarmi. Facevo di tutto per tutti: loro sbagliavano, e io rimediavo. C’era chi non sapeva firmare un assegno, chi aveva bisogno di essere coperto con le donne, chi non riusciva a tornare a casa perché ubriaco, chi voleva le fidanzate in ritiro. Lo stipendio arrivava in ritardo? Trovavo uno sponsor, procuravo un prestito ai giocatori, risolvevo tutto grazie alla mia educazione, al mio carisma».

Strano però che, con la sua intraprendenza, non sia mai riuscito a liberarsi di un agente opprimente.

«La clausola era milionaria, non si poteva scappare. E come calciatore guadagnavo 10 volte tanto rispetto a oggi che faccio il personal trainer. Con alcuni dirigenti, però, ammettevo di non voler giocare, e loro non potevano fare nulla, perché non sarebbero stati in grado di giustificarsi davanti ai tifosi. Come si fa a comprare uno che non sa e non vuole giocare?».

Al Bangu però, una volta, l’obbligarono a scendere in campo.

«Avevo già combinato che non sarei entrato. Il presidente, però, ordinò che entrassi. Non sapevo cosa fare. Durante il riscaldamento, un gruppo di tifosi m’insultò per i capelli lunghi. Scavalcai e scatenai una rissa: espulso ancora prima di entrare. Ma negli spogliatoi arrivò il presidente furioso. Prima che potesse esplodere, gli dissi: “Presidente, Dio mi ha dato due padri: il primo purtroppo l’ho perso, il secondo è lei. Quando ho sentito i tifosi insultarla, non ho capito più niente. Fra una settimana me ne vado, non si preoccupi”. Mi abbracciò e prolungò il contratto di 6 mesi».

E il presidente non era uno qualunque, ma Castor de Andrade, il più grande gestore di scommesse clandestine del Brasile, poi arrestato e condannato. All’Ajaccio lei ha mantenuto rapporti con la mafia corsa.

«All’Ajaccio ero l’idolo dei mafiosi. Il giorno della presentazione avevo paura che mi vedessero giocare, così mi sono avvolto nella bandiera della Corsica, ho regalato un mazzo di fiori alla moglie del presidente e ho buttato tutti i palloni in tribuna per non dovermi allenare. Me li sono ingraziati e ne sono diventato l’idolo. In 12 anni ad Ajaccio, avrò disputato al massimo 10 partite, e mai da titolare. In realtà vivevo fra Brasile e Corsica».

Al Botafogo la scoprirono perché fingeva di chiamare il procuratore con un cellulare giocattolo; non firmò mai un contratto col Fluminense, ma andava in giro a regalare maglie spacciandosi per un titolare; a Portaluppi soffiava le donne fingendo di essere lui… Ha mai pensato all’Italia?

«Quando ero al Gazélec s’era parlato di un interesse del Vicenza, ma poi non se ne fece nulla. Non avevo motivi per andarmene, lì mi amavano tutti».

Un genio del calcio

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L’ufficiale della Gdf a Lotito:

“Il controllo? Stai sereno”

LA TELEFONATA DEL PATRON DELLA LAZIO AL FINANZIERE POI ARRESTATO DUE VOLTE

PROBLEMI CON L’IVA È il novembre 2011: l’imprenditore vuole notizie su una

“verifica ” e parla di “Vito” (Bardi) all’epoca numero 2 del Corpo, oggi indagato

di VINCENZO IURILLO & MARCO LILLO (IL FATTO QUOTIDIANO 28-10-2014)

Il presidente della Lazio Claudio Lotito è stato intercettato nel novembre del 2011 mentre parla al telefono con il colonnello della Guardia di Finanza Fabio Massimo Mendella (poi arrestato due volte in pochi mesi con l’accusa di corruzione per due separate vicende napoletane) di una ‘verifica’ di tipo fiscale che era in corso in quel momento su una controllata della Società Sportiva Lazio Spa.

La telefonata, nella quale è citato dai due interlocutori anche ‘Vito’, cioé il generale Bardi, pure lui indagato per rivelazione di segreto di ufficio nella medesima indagine che ha portato all’arresto di Mendella, è stata annotata e sintetizzata nel suo contenuto dalla Digos di Napoli in un’informativa del 29 luglio del 2014, allegata all’ordinanza di arresto per Mendella. Su delega del procuratore aggiunto Vincenzo Piscitelli e del sostituto Henry John Woodcock, la Digos nel luglio scorso ha riascoltato tutte le telefonate intercettate nell’inchiesta. Tra quelle sintetizzate nell’informativa c’è anche quella con Lotito. Pur non essendo rilevante dal punto di vista penale, la vicenda merita di essere chiarita, partendo dallo scarno testo del brogliaccio della telefonata n. 1984 intercettata sull’utenza del colonnello Mendella il 21 novembre del 2011: “Fabio con il presidente Lotito a proposito di una verifica fiscale inerente l’Iva e la Lazio Marketing. Fabio (Mendella, ndr) lo tranquillizza dicendo che è un controllo limitato. Emerge che Lotito conosce il Generale Bardi che chiama confidenzialmente Vito”.

La Lazio marketing è una società con un fatturato di 14 milioni di euro e un utile di sette milioni realizzato grazie agli introiti del merchandising, delle sponsorizzazioni e delle pubblicità della Lazio.

Il colonnello Mendella è stato arrestato la prima volta a giugno con l’accusa di concussione per le verifiche pilotate a beneficio degli imprenditori Giovanni e Francesco Pizzicato. Poi è stato arrestato di nuovo il 13 ottobre con il collega colonnello Fabrizio Giaccone per i suoi rapporti con l’imprenditore del settore farmaceutico Nazario Matachione, accusato tra l’altro di un’assunzione fittizia (per tre mesi) della moglie di Mendella in una sua farmacia.

Nella seconda ordinanza di arresto si fa cenno all’interrogatorio dell’amministratore delegato della MSC Crociere, Gabriele Cafiero: “Le attività di verifica presso MSC Crociere nel 2010 erano ricondotte al colonnello Mendella come responsabile. Mendella mi chiese di poter avere la disponibilità di una crociera di lì a qualche giorno, fine ottobre-novembre 2010 perché doveva andare in vacanza (...) così di fatto Mendella non ha pagato nulla tranne forse le spese a bordo”. Accuse tutte da verificare che ovviamente non hanno nulla a che vedere con la telefonata del 2011 con Lotito, finita nel brogliaccio agli atti.

La conversazione con Lotito è di difficile interpretazione senza avere a disposizione l’audio o il testo integrale. I pm napoletani non hanno disposto nessun accertamento e non resta che rivolgersi ai diretti protagonisti. Il Comando Generale della Guardia di Finanza non ha sentito l’esigenza di rispondere in modo preciso alla richiesta di informazione del Fatto. Dopo aver girato via sms all’ufficio stampa la sintesi del brogliaccio ci attendevamo una replica alle nostre due domande banali: cosa era e che fine ha fatto il controllo sulla Lazio Marketing? Se il Comandante generale Saverio Capolupo avesse voluto rispondere, non sarebbe stato difficile chiedere una relazione precisa ai suoi sottoposti su quell’accesso del novembre 2011.

Evidentemente al Comando Generale pensano che non sia un loro dovere tranquillizzare i contribuenti comuni, che non conoscono nessun generale ‘Vito’, su una vicenda in cui un colonnello della Guardia di Finanza, appena arrestato due volte per corruzione, tranquillizza al telefono il presidente di una società oggetto di un accesso.

Per fortuna, a differenza della Guardia di Finanza, il presidente Claudio Lotito risponde con grande trasparenza e non ha difficoltà a offrire la sua versione dei fatti. “Sono passati tre anni e non è facile ricordare nel dettaglio. Noi abbiamo avuto un accesso della Guardia di Finanza nella società Lazio Marketing, controllata al 100 per cento dalla S.S. Lazio Spa. Attenzione - precisa Lotito - era un accesso e non una verifica. I finanzieri hanno detto: ‘Ci serve la documentazione di ‘Lazio Marketing & Communications Spa’ e noi l’abbiamo consegnata. C’è anche un verbale”. E la telefonata a Mendella? “Lei deve sapere - spiega Lotito - che quando nel 2005 feci per la S.S. Lazio Spa la transazione con l’Agenzia delle Entrate per chiudere il contenzioso della squadra mi sono impegnato a pagare 6 milioni di euro all’anno, che pago persino in anticipo. Nella transazione è prevista una verifica ogni anno, a marzo, da parte dell’Agenzia delle Entrate su tutti gli aspetti fiscali. Per questa ragione quell’accesso ci sembrò un fatto un po’ strano e così telefonai. Questi erano venuti, si erano presi le carte sull’Iva corrente, mese per mese, e noi volevamo sapere poi cosa era successo. Ricordo che chiesi al Comando Generale: ‘Chi è il comandante che si occupa di questo accesso?’. E mi dissero che era questo Mendella. Per questo l’ho chiamato anche se non lo conoscevo. Gli chiesi: ‘Come è andata a finire quella cosa dell’Iva sulla Lazio marketing?’. Lui mi disse di stare tranquillo. Io risposi grazie e arrivederci. Tutto qua”.

E quel riferimento a ‘Vito’? Per caso era stato Bardi a consigliare Lotito di chiamare Mendella? Il presidente della Lazio nega anche se non ricorda chi fosse stato al Comando a metterlo in contatto con il colonnello Mendella. Fonti vicine a Bardi fanno sapere: “Il generale non si è mai occupato di verifiche alla Lazio”.

La lobby di Lotito

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Tocca quotare anche questo, per correttezza.

IL FATTO QUOTIDIANO 28-10-2014

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Comunque Ziliani merita di essere querelato, SEMPRE.

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TempiSupplementari

di ALBERTO CERRUTI (GASPORT 28-10-2014)

La Juve, l’Europa e i soliti rimpianti

La vittoria contro il Palermo non mi basta. Sono ancora indispettito e irritato per l’ennesima prova mediocre della Juventus in Europa. La sconfitta di Atene è uguale a quella di Madrid, che è uguale a quella di Istanbul, per rimanere alle più recenti. Tutta la storia europea della Juventus è piena di partite mediocri con relative sconfitte. Cambiano gli allenatori e i giocatori, ma la storia è sempre la stessa. Quando si incomincerà a capire che c’è più soddisfazione a competere con squadre di altre nazioni, piuttosto che continuare a mantenere la supremazia nell’orticello di casa?

Gianluigi Sciannimanico

Bari

Sono in tanti a pensarla come il signor Sciannimanico, al quale è impossibile dare torto perché il 2-0 contro il Palermo non cancella lo 0-1 di Atene. Il campionato non è la Champions, anche se le grandi squadre riescono a vincere, o almeno a essere competitive, su entrambi i fronti. Le grandi squadre appunto, a livello tecnico e di mentalità, perché non basta avere campioni, o presunti tali, per battere gli avversari con la stessa facilità, in Europa come in Italia. E allora, per rimanere al caso singolare della Juventus, triscudettata con Conte e prima in campionato con Allegri, ma capace di ottenere soltanto un punto (in Danimarca) nelle ultime sei trasferte di Champions, credo che non sia giusto confondere il presente con il passato. La storia dice che esiste una sproporzione di successi bianconeri tra campionato e coppe, perché non a caso la Juventus è la squadra che ha perso più finali (5) tra coppa dei Campioni e Champions League, come Benfica e Bayern Monaco. La prima e più istintiva spiegazione va ricercata nella sudditanza psicologica, a scanso di maliziosi equivoci, non degli arbitri, ma degli avversari. Abituata a dominare in Italia, fin dagli anni Trenta quando vinse i famosi cinque scudetti consecutivi, nel nostro orticello la Juventus ha spesso trovato avversari che la guardavano dal basso in alto, mentre in Europa non è mai stata considerata la squadra più forte, per cui tutto è diventato più difficile.

Come sempre, però, è sbagliato generalizzare, fermandosi a questa chiave di lettura, come è sbagliato mescolare le Juventus del passato con quella del presente. Meglio, ma soprattutto più giusto, esaminare le tre epoche della storia bianconera partendo dalla prima, tra i mitici anni Trenta e quelli Settanta, in cui la società non aveva compreso fino in fondo l’importanza dei successi europei. Con l’avvento di Boniperti alla presidenza e di Trapattoni (che da giocatore aveva vinto due Coppe dei Campioni con il Milan) in panchina, la Juventus ha svoltato a livello internazionale. Nel 1977 ha incominciato vincendo la Coppa Uefa, tra l’altro con una formazione tutta italiana, nel 1983 è arrivata in finale battuta a sorpresa dall’Amburgo, nel 1984 ha sollevato la Coppa delle Coppe e nel 1985 la Coppa dei Campioni, sia pure tragica all’Heysel. Ma soprattutto la Juventus è stata grande in Europa con Lippi, raggiungendo tre finali consecutive di Champions, la prima vinta nel 1996 e le due perse nel ’97 e ’98, seguite da un’altra persa soltanto ai rigori nel 2003 contro il Milan. Da Vialli a Zidane, da Trezeguet a Del Piero, quelle erano Juventus di lusso senza il minimo complesso, semplicemente perché erano fortissime. Infine, purtroppo per i suoi tifosi, c’è stata l’amara parentesi di Calciopoli, con l’indebolimento tecnico della squadra costretta a ripartire dalla B senza molti campioni. Sceso il livello, è stato più difficile ripartire anche perché nel frattempo sono cresciuti i club tedeschi e spagnoli. La nuova Juventus, da Conte ad Allegri, non può rivincere sempre anche in Europa, ma è vero che non può nemmeno alimentarsi di rimpianti come è successo dopo le sconfitte di Istanbul e Atene. E su questo deve migliorare anche nella testa, senza aggrapparsi agli alibi della storia. Che è stata un’altra storia, in tutti i sensi.

Che senso ha dare spazio a queste farneticazioni?

Associazione Sportiva Orienteering "La Gazza Marcia"

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L’intervista Il lavoro sul campo del funzionario responsabile della Task force del Viminale per la sicurezza delle manifestazioni sportive

«Napoli-Roma sarà di nuovo una partita normale»

Il prefetto Panico: «Mai più match senza le tifoserie ospiti»

L’impegno «Presto un incontro tra dirigenti e testimonial giallorossi con la madre di Ciro»

La prova «La partita del San Paolo può essere l’occasione per distendere il clima»

di FRANCESCO DE LUCA (IL MATTINO 28-10-2014)

«Ricordo bellissime carovane di tifosi sull’autostrada quando c’erano le sfide tra Napoli e Roma. Uno spettacolo che vorremmo rivedere al più presto». Capo della Segreteria del Dipartimento della Pubblica Sicurezza, napoletano, il prefetto Vincenzo Panico guida la Task force del Viminale per la sicurezza delle manifestazioni sportive; sarà oggi a Napoli per ascoltare proposte di docenti universitari, sociologi e psicologi sul tifo. Il secondo appuntamento del progetto nazionale «Conoscere per migliorare» proprio nella settimana di Napoli-Roma, la partita che si giocherà sabato nel ricordo di Ciro Esposito e senza tifosi giallorossi.

Prefetto Panico, perché chiudere il San Paolo ai romanisti?

«Abbiamo degli obiettivi e degli auspici, ma dobbiamo anzitutto cogliere dei segnali e quelli che al momento riguardano Napoli-Roma non avremmo potuto disattenderli. Abbiamo adottato analogo provvedimento per Napoli-Verona, non possiamo sbagliare. Potrebbe essere l’ultima partita tra Napoli e Roma con il divieto ai tifosi ospiti: ce lo auguriamo e lavoreremo affinché ciò avvenga. I napoletani all’Olimpico nella gara di ritorno? Vediamo come matura la situazione, intanto sabato la tifoseria del Napoli può dare una significativa risposta».

Quale?

«Noi non dimentichiamo che un ragazzo è morto, per l’estemporaneo gesto di un pazzo, tuttavia conosciamo bene lo spirito dei napoletani: hanno sempre vissuto con spirito gioioso questi eventi e devono recuperarlo. Napoli-Roma può essere l'occasione per dare un segnale e ripartire. Questo riguarda non solo i tifosi, ma anche i presidenti delle società, dai quali attendiamo gesti di distensione. Aspettiamo da loro anche idee, la nostra è quella di far assistere i ragazzi delle scuole calcio alla partita di sabato. Tutti insieme dobbiamo lavorare: da chi è impegnato per la sicurezza a chi organizza gli spettacoli e a chi ne è protagonista».

Al convegno di oggi non ci saranno i familiari di Ciro Esposito.

«Avremmo voluto farli intervenire al convegno di Roma una settimana fa per dare un segnale, tuttavia ci siamo resi conto che i tempi ancora non sono maturi: la loro presenza nella Capitale dovrà essere qualcosa di veramente significativo, per un forte e comune messaggio contro la violenza».

A proposito di segnali, la mamma di Ciro ne aspettava uno concreto da parte della Roma, in particolare dal capitano Totti.

«Non credo che vi sia stata una chiusura da parte dei calciatori della Roma, in quella squadra c’è chi conosce bene Napoli e i tifosi napoletani. Creeremo l’occasione per un incontro che consenta di lanciare un inequivocabile messaggio contro i violenti. Bisogna fare squadra e la partecipazione delle tifoserie è fondamentale. Abbiamo promosso i confronti nelle università perché cerchiamo idee. Abbiamo contattato le questure affinché col supporto dei club organizzino incontri nelle scuole con dirigenti e calciatori, i testimonial più visibili».

Perché oggi i vertici del Viminale saranno all'università di Napoli?

«La Task force agisce ad ampio spettro e ha individuato due obiettivi. Il primo è stato un pacchetto di norme che semplifichino l’accesso negli stadi, in particolare per quelle fasce - famiglie, anziani e minori - che vorremmo più presenti; il secondo è il confronto con il mondo accademico per le analisi sul fenomeno, da affiancare a stringenti misure per tenere isolate le frange violente. Questi incontri possono aiutarci a cambiare o perfezionare la strategia anche perché il mondo universitario è vicino ai giovani. Il dialogo coinvolge ovviamente le tifoserie».

Come si migliora il rapporto con i tifosi?

«Dando forza allo Slo, il support liaison officer, il funzionario dei club che cura i rapporti con il tifo organizzato. È una figura che viene accettata più facilmente in piccoli contesti, mentre in piazze come Roma, Milano e Napoli la cosa è più difficile, ma faremo capire anche ai dieci capitifosi della Curva A del San Paolo che lo Slo deve essere il loro rappresentante presso la società. E poi puntiamo molto su professionalità e impegno degli steward».

Anteprima del «Report 2014»

Stadi più sicuri, ma le violenze ora sono fuori

di ROBERTO PROCACCINI (LIBERO 28-10-2014)

Gli stadi italiani oggi sono più sicuri di otto anni fa. Rispetto alla stagione 2005-2006, l’ultima prima della stretta normativa dei decreti Amato e Maroni, al giugno 2014 tutti gli indicatori di violenza intorno al calcio sono calati: le partite con feriti sono scesi del 46,6 per cento, il numero dei feriti tra i civili del 52,3, quello dei feriti tra gli agenti delle forze dell'ordine del 74,9 per cento, il numero degli arrestati si è abbassato del 54 per cento. Il tifo violento non è scomparso, ma si è spostato. Solo il 16 per cento degli incidenti ormai avviene all’interno degli impianti, mentre la maggior parte si consuma altrove: nelle adiacenze degli stadi (69 per cento), in altre zone della città (12 per cento), sui treni o nelle stazioni (3 per cento).

Lo racconta il rapporto 2014 dell’Osservatorio Nazionale sulle Manifestazioni Sportive, presentato oggi a Napoli durante il convegno «Conoscere per migliorare» organizzato dal dipartimento di Scienze Sociali dell’università Federico II. Ma attenzione: i numeri dello stesso report dicono che l’ultima stagione segna l’incremento di tutti gli indicatori di violenza. Rispetto alla precedente, ad esempio, gli incontri con feriti sono aumentati del 37,2 per cento e gli arrestati del 10,5. «È ancora presto per dire se questi numeri segnano un’inversione di tendenza», commenta Luca Bifulco, docente di Sociologia dello Sport, «o una fisiologica oscillazione statistica». Il convegno rappresenta, inoltre, un’apertura del Viminale (che rivendica la bontà del lavoro svolto finora e di strumenti come la tessera del tifoso) al mondo accademico: dalle università possono venire le conoscenze per sviluppare risposte migliori al tifo violento.

Nessuno crede alle rassicurazioni del Prefetto di Napoli, Panico.

Il messaggio subliminale comunica altre sensazioni.

Modificato da Ghost Dog

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quando pensiamo a farsopoli...e ci viene da dire...ma non c'erano cose PIU' IMPORTANTI e SERIE e URGENTI da fare?????

No, ovviamente!

Ed ecco i risultati...

paese di m.....!

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quando pensiamo a farsopoli...e ci viene da dire...ma non c'erano cose PIU' IMPORTANTI e SERIE e URGENTI da fare?????

No, ovviamente!

Ed ecco i risultati...

paese di m.....!

(empatia) Per la cronaca, ALAIN stava commentando questa notizia

IL CASO/ ESPOSTO SU JUVE-ROMA DEL 5 OTTOBRE: APERTO FASCICOLO PER AGGIOTAGGIO

E adesso la Procura indaga sul 3-2

di MARIA ELENA VINCENZI (LA REPUBBLICA 29-10-2014)

Oggi Gianluca Rocchi tornerà in campo dopo la sospensione dovuta alla bufera di Juve-Roma. Una bufera che è sul tavolo della procura di Roma che indaga per aggiotaggio. La partita del 5 ottobre ha condizionato la vetta della classifica di Serie A. E i destini finanziari delle due società, entrambe quotate. Per questo l’associazione Assotutela ha presentato querela in cui ripercorre quei 90’ e tutto quello successo dopo.

«L’incontro — scrive l’associazione nell’esposto che ha dato il via all’indagine — veniva gestito con palesi errori che condizionavano l’andamento della gara fino al risultato finale». Innanzitutto il primo rigore, «fischiato per un fallo di mano avvenuto fuori dall’area di rigore». Poi i tempi del recupero: un minuto concesso, quasi due quelli giocati. Con tanto di rigore per la Signora. «Al minuto 46,24 e — quindi — fuori del tempo regolamentare in favore della Juventus veniva fischiato un nuovo calcio di rigore per un fallo commesso ancora una volta fuori dall’area». E, all’86° «Bonucci realizzava il gol della vittoria, pur essendo l’azione condizionata da un’evidente fuorigioco del calciatore Vidal».

Errori che hanno avuto conseguenze anche in Borsa. «L’evidenza di tali fatti di gioco, condizionati da palesi errori del direttore di gara, il giorno successivo provocava della conseguenze anomale sull’andamento del mercato azionario. Le azioni dell’A.S. Roma chiudevano la giornata con una perdita del 4%, mentre quelle della squadra piemontese beneficiavano di un aumento dell’1%». E tutto questo, secondo il presidente di Assotutela, Michel Emi Maritato, ha un solo nome: aggiotaggio. Ipotesi di reato sulla quale è al lavoro il procuratore aggiunto Nello Rossi. Possibile che vengano delegati accertamenti per stabilire se, davvero, ci sono state oscillazioni dei titoli. I pm sembrano intenzionati ad acquisire anche i filmati della partita. Primi passi che potrebbero portare, poi, a sentire Rocchi. E in quel caso, il fischietto verrebbe sentito come indagato. Ma per ora si tratta solo di ipotesi. Quello che c’è oggi è un fascicolo per aggiotaggio. Oltre al ritorno di Rocchi in campo.

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Ma questi arbitri non hanno una protezione?

Da parte della federazione, voglio dire.

Perchè, se ogni loro errore porta ad essere indagati, stanno proprio freschi..

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ITALIA OGGI 29-10-2014

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La prossima sfida è quindi quella del nuovo format che si concentrerà maggiormente su analisi, esclusive e interviste, in una parola sola: una nuova narrazione che esuli dai contenuti che si trovano già su web e in tv.

In pratica, una quotidiana intervista esclusiva antijuventina con analisi aggiornate sul cammino europeo della Vecchia Signora.

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Ma questi arbitri non hanno una protezione?

Da parte della federazione, voglio dire.

Perchè, se ogni loro errore porta ad essere indagati, stanno proprio freschi..

No, se l'esposto-denuncia-querela non proviene da tesserati FIGC, gli arbitri non hanno la protezione della clausola compromissoria.

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«Qui c’è un clima che mi fa paura»

La vedova Raciti sulle violenze tra romanisti e napoletani: quanto male la maglia per Speziale

Niente stadio, il prossimo weekend sarò al cimitero da mio marito

Mi ha fatto male la violenza dentro e fuori lo stadio della Roma

di MONICA SCOZZAFAVA (CORRIERE DEL MEZZOGIORNO 29-10-2014)

L’aula Magna del dipartimento di Scienze Sociali della Federico II è gremita. Marisa Grassi, la vedova dell’ispettore Filippo Raciti, parla con disinvoltura ad una platea composta sì da docenti e rappresentanti del Viminale, ma anche da tanti ragazzi. Quelli che studiano il fenomeno calcio da un altro punto di vista, ragazzi per i quali quello col pallone, tutto sommato, è solo un gran bel gioco.

Si parla invece di sicurezza e di violenza negli stadi e al tavolo dei relatori la vedova Raciti porta la testimonianza madre di quanto la violenza da stadio possa essere folle e criminale. Suo marito, l’ispettore Filippo Raciti, fu ucciso a Catania nel febbraio del 2007 in occasione del derby con il Palermo.

Sabato allo stadio San Paolo c’è Napoli-Roma, gara ad alta tensione per la rivalità storica tra le due tifoserie e per la morte di Ciro Esposito, tifoso partenopeo ucciso a Roma da un ultrà giallorosso.

«Il prossimo week end - dice con voce ferma ma emozionata la signora Raciti - andrò al cimitero a salutare mio marito, come sempre da sette anni a questa parte, mentre tutti andranno negli stadi. Oggi sono qui a Napoli perché avverto un clima di terrore che fa paura». Nessun brusio nell’aula piena di persone. La vedova Raciti urla metaforicamente alla città che «la violenza è inutile e distruttiva. Gli effetti sulla mia famiglia, come potrete immaginare, sono stati devastanti. Purtroppo la morte di mio marito ha stravolto la mia vita e quella dei miei figli, mi accorgo però che nel mondo del calcio non è cambiato nulla. Una sconfitta personale ma anche di tutti voi. Dispiace che sabato la stragrande maggioranza dei tifosi onesti della Roma non potranno assistere alla partita dei loro beniamini. Era una misura necessaria, però. Bisogna educare chi utilizza impropriamente il nome di tifoso».

Marisa Grassi è tornata sulle scene dell’Olimpico prima della finale tra Napoli e Fiorentina. Ciro Esposito era agonizzante in ospedale e allo stadio, dal suo punto di vista, si consumava un’altra violenza. «La maglietta «Speziale libero», è stata una offesa troppo grande per chi ci ha rimesso la vita. Chiedo giustizia e verità da sette anni, mi ha fatto molto male vedere in mondovisione quella maglietta che inneggiava a Speziale. Come donna civile e vedova di un rappresentante delle forze dell’ordine non provo odio per chi ha causato la morte di mio marito. Filippo ha salvato la vita ad altri tifosi. Ma non accetto che si esalti il comportamento di un assassino».

E insiste, la vedova Raciti. «Mi ha fatto male tutto: quella trattativa con i tifosi, le violenze e il morto fuori dallo stadio. A casa mia è cambiato tutto, mentre fuori le cose sono rimaste tristemente identiche a sette anni fa». La signora Raciti si ferma un istante, si guarda attorno. Cerca i ragazzi, i giovani ai quali andrebbe insegnata la cultura dello sport e della sportività. Il piacere di una partita di calcio, la sana competizione tra le tifoserie. E dice ancora una volta: «Sono qui come una sorella maggiore, affinché voi tutti conosciate attraverso la mia testimonianza quelli che sono gli effetti devastanti della violenza». Al convegno hanno preso parte i rappresentanti del Viminale, il prefetto Vincenzo Panico presidente della task force per la sicurezza delle manifestazioni sportive. Il prefetto Panico auspica un gemellaggio virtuale in campo sabato prossimo: «L’abbraccio tra Totti e Higuain - ha detto - potrà essere importante per tutti». Poi snocciola cifre e dati che dimostrano che qualcosa sta cambiando. Che il cammino è lungo, ma la strada intrapresa è quella giusta.

«Nel confronto tra la prima parte della scorsa stagione calcistica e questa c’è stato un calo del 40 per cento di feriti tra i tifosi e del 45 per cento tra le forze dell’ordine».

«Tifoserie ancora divise e nemiche

Inutile che sabato sia al San Paolo»

Antonella Leardi: il sacrificio di mio figlio Ciro non è servito a nulla

di MONICA SCOZZAFAVA (CORRIERE DEL MEZZOGIORNO 29-10-2014)

Antonella Leardi, la mamma d’Italia, prosegue nella battaglia di giustizia. E insiste: «Mi farò ammazzare pur di vedere i responsabili della morte di mio figlio pagare per ciò che hanno fatto». Il sentimento è forte: non odio, nè rancore. Solo giustizia. Giustizia per Ciro. Il processo sarà ancora lungo e ci saranno tante sorprese, ma Antonella ha fiducia. Viaggia come mai prima, è in contatto con diverse tifoserie d’Italia, segue i bambini nelle scuole, diffonde messaggi di pace. Sabato allo stadio San Paolo c’è la Roma, il clima è teso. Le forze dell’ordine sono in stato di massima allerta, nonostante la trasferta sia stata vietata per motivi di ordine pubblico alla tifoseria giallorossa. La mamma d’Italia aspetta ancora un messaggio dalla squadra della capitale e, per sua stessa ammissione, tiene alle scuse pubbliche del capitano Francesco Totti. Del resto, Ciro è stato ferito mortalmente in quella città, per mano di un ultrà giallorosso, Daniele De Santis. «Ho cercato di avere qualche contatto con la Roma - dice Antonella - per tentare un approccio, provare a stemperare gli animi e per dare una svolta al clima tra le due tifoserie. Non ho avuto alcuna risposta. Mi piacerebbe tanto vedere Napoli e Roma ritrovarsi in un gemellaggio, questo è un mio desiderio. Ma da quello che vedo, da quello che percepisco i tempi non sono maturi. Non ci sarò allo stadio San Paolo, il mio messaggio di pace sarebbe inutile in clima di paura e di tensione. Inutile in un mondo, quello del calcio, dove ancora oggi le istituzioni non sono riuscite a dettare regole certe, a riavvicinare due tifoserie rivali. Il sacrificio di mio figlio non è valso a nulla».

Mancano tre giorni alla partita, blindatissima, allo stadio San Paolo, Antonella è molto tesa. Il ricordo, vivo, del 3 maggio scorso e le parole di Ciro prima che partisse per Roma, prima di affrontare il viaggio della morte. «Era abituato a portare da mangiare per tutti, era sorridente. Felice come sempre accadeva ogni volta che seguiva il Napoli. Mi avvicino alla partita Napoli-Roma - ha aggiunto Antonella - con ansia e con la consapevolezza che questa sfida deve unire e non allontanare le persone che tifano squadre diverse. Ho un obiettivo ben preciso nella mente, ovvero quello di avere giustizia, e solo in quel momento mi darò pace. Ciro nel suo percorso ospedaliero è sempre stato lucido, quando non era sedato. Si agitava, aveva incubi e tentava disperatamente di ricostruire la scena di Tor di Quinto. Quando la nostra criminologa gli mostrò le foto di De Santis lui rispose con un filo di voce: questo è il ciccione che mi ha sparato. Spero che De Santis possa trovare la salvezza nel cuore del Signore, ma la giustizia deve fare la sua parte. Chi ha sbagliato deve pagare».

Angelo Pisani, legale della famiglia Esposito: «Nonostante i valori di perdono e civiltà espressi da mamma Antonella, il clima nel calcio italiano non è migliorato. Salvo annunci strumentali fatti a ridosso della tragedia di Tor di Quinto, non è cambiato nulla».

Allarme per sabato

Napoli, lo zio di Ciro Esposito:

«Vogliamo pace, non violenza»

di GIANLUCA PIACENTINI (CORSERA - ROMA 29-10-2014)

Più passano le ore e più aumenta la tensione in vista della gara tra Napoli e Roma di sabato pomeriggio, la prima dopo gli scontri che lo scorso 3 maggio hanno portato all’uccisione di Ciro Esposito. Si preannuncia un San Paolo esaurito, nel quale non ci saranno però tifosi romani.

Preoccupato il club giallorosso per l’accoglienza che la squadra riceverà, e per questo si è deciso di partire in aereo, e non con il treno come negli ultimi anni, e di mantenere top secret la sede del ritiro.

Alcune testate giornalistiche, emittenti radiofoniche e siti internet, hanno deciso di non inviare o di limitare al minimo il numero dei propri inviati, anche se da Napoli sono arrivati inviti alla calma.

«Voglio fare un appello ai tifosi della Roma - le parole dello zio di Ciro Esposito - Napoli si è dimostrata disponibile a tentativi di pacificazione, ma per fare la pace bisogna essere in due: aspettiamo un segnale. Spero che gli striscioni non incitino alla vendetta ma solo a chiedere giustizia e a ricordare Ciro».

Stessi toni ha usato Vincenzo Panico, presidente della task force per la sicurezz«. «Un abbraccio tra i giocatori in campo, in particolare tra Higuain e Totti, sarebbe molto importante nel percorso di pacificazione».

All’università Confronto con i vertici del Viminale. Trombetti: «Napoli garantito sotto tutti i punti di vista»

«Ma i club hanno ancora rapporti con certi delinquenti»

L’accusa di Massucci, vicepresidente dell’Osservatorio: «Un’emergenza da eliminare al più presto»

La sicurezza Intini: «Non criminalizziamo la tifoseria napoletana. La Roma giochi tranquilla»

La proposta Panico: «Un abbraccio tra Higuain e Totti per dare un segnale»

di FRANCESCO DE LUCA (IL MATTINO 29-10-2014)

L’affondo è stato di Roberto Massucci, vicepresidente dell’Osservatorio del Viminale. «Ci sono due emergenze nel calcio: le strutture degradate che non consentono di garantire la sicurezza; i rapporti beceri e clandestini che ancora esistono tra club e ultrà facinorosi, queste relazioni con i delinquenti vanno interrotte». Uno dei passaggi forti nel convegno «Conoscere per migliorare», organizzato dal Viminale e dal Dipartimento di scienze sociali nella settimana di Napoli-Roma. Nell’Aula magna tra gli altri il questore di Napoli Guido Marino, i suoi colleghi di tutta la Campania, ufficiali dei Carabinieri e della Guardia di Finanza e il capo della Procura federale Stefano Palazzi, che ha evidenziato: «I rapporti tra club e violenti? Il calcio si è dato dei precisi modelli organizzativi».

Il presidente della Task force del Viminale, Vincenzo Panico, ha lanciato un invito a Napoli e Roma: «Un abbraccio tra i giocatori delle due squadre, in particolare tra Higuain e Totti. Sarebbe importante nel percorso di pacificazione. I loro comportamenti favoriscono il dialogo. Crediamo nel “gioco di squadra” per eliminare la violenza e siamo disponibili alla partecipazione dei tifosi attraverso la rappresentatività, però mai di quelli che si siedono su una barriera di recinzione». Chiaro riferimento a Genny ’a carogna.

Al convegno è intervenuto, come ricercatore sul fenomeno ultrà, Enzo Esposito, lo zio di Ciro, ucciso dal romanista Daniele De Santis. «La repressione non serve», ha detto. A distanza la replica di Alberto Intini, presidente dell’Osservatorio: «La repressione non è l’obiettivo dello Stato e delle forze dell’ordine, che puntano alla prevenzione e alla tranquillità sociale. Purtroppo in alcune circostanze si è costretti ad operare con la repressione per garantire la sicurezza. L’attenzione verso i tifosi del Napoli? Non sono state bloccate le trasferte di veronesi e romanisti per colpa di una fazione o dell’altra: noi non criminalizziamo i napoletani. Non ci saranno romanisti al San Paolo perché i tempi non erano ancora maturi per una rappacificazione tra le tifoserie. C’è anche un eccessivo timore da parte di chi deve svelenire il clima e ricucire il rapporto, mi riferisco ai club e alle tifoserie stesse. E da parte della Roma non dovrà esservi alcuna preoccupazione per l’accoglienza a Napoli».

Il Napoli non era presente al convegno, tuttavia il lavoro del club di De Laurentiis per la prevenzione e la sicurezza, anzitutto dei propri tifosi, è costante. È con discrezione che la società vivrà la partita contro la Roma, ricordando il dolore per la morte di Ciro, un suo “figlio”. Il vicepresidente della Giunta regionale, l’ex rettore Guido Trombetti, ha sottolineato: «Il Napoli è retto da chi lo ha messo al sicuro sotto tanti punti di vista e lo apprezziamo».

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Pedidos indemnizatórios de Sporting e Doyen estão sob análise

Caso Rojo já é julgado pelo TAS

Leões querem M€ 10, mais uma verba por danos morais

e direitos de imagem, enquanto o fundo de investimento

pretende M€ 16 por 75% dos direitos económicos do atleta

por RUI MIGUEL GOMES (O JOGO 29-10-2014)

A queixa do Sporting contra a Doyen Sports, motivada pela transferência de Marcos Rojo para os ingleses do Manchester United, já deu entrada no Tribunal Arbitral do Desporto (TAS). Segundo O JOGO apurou a mesma entrou dias antes de a própria Doyen Sports ter visto a sua queixa contra a SAD leonina igualmente aceite, depois de ter sido objeto de pré-análise.

O Sporting alegou na queixa apresentada que o fundo de investimento se intrometeu na negociação e isso terá prejudicado o encaixe financeiro que os responsáveis leoninos esperavam alcançar, concretamente o valor da cláusula de rescisão: 30 milhões de euros. A sociedade que gere os destinos do clube acabou por transferir o internacional argentino por 20 milhões de euros — e o empréstimo, sem custos, de Nani — e na queixa apresentada pede uma indemnização pela diferença entre o recebido e o valor da cláusula de rescisão, mais danos morais e prejuízos referentes aos direitos de imagem. Já a Doyen Sports, recorde-se, alega que o Sporting tem de pagar 75% dos direitos económicos do atleta, ou seja, 16 milhões de euros, isto com base no valor do negócio, sendo que já recebeu 4 milhões de euros. Agora, as partes aguardam uma decisão do TAS , sendo que é convicção das mesmas que será breve a conclusão do processo.

Guerra aos fundos

Conflito com a Doyen levou Bruno de Carvalho

a abraçar cruzada contra estas entidades

O conflito com o Doyen Group em torno da gestão da saída de Marcos Rojo foi apenas o início de uma guerra de maior dimensão: isto porque Bruno de Carvalho assumiu uma cruzada contra o papel dos fundos de investimento no futebol atual e tem mesmo divulgado as suas ideias, não apenas em Portugal, mas também no estrangeiro, onde as suas posições sobre a matéria têm gerado interesse e repercussões.

Recorde-se que ainda antes da transferência de Rojo, a SAD tinha, por instrução do seu presidente, pedido a nulidade dos contratos celebrados com a Doyen Sports no âmbito da contratação do defesa internacional argentino, mas também do médio marroquino Zakaria Labyad.

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Razzismo democratico

La figura di cacca ad honorem di Lady Juventus

Evelina Christillin, dama della sinistra torinese, presiede una

onlus contro l’anoressia ma dà del «ciccione indonesiano» a Thohir

di MARIA GIORDANO (LIBERO 29-10-2014)

«Piccoletto ciccione indonesiano». Evelina Christillin, la signora dei salotti buoni torinese, reginetta della corte Agnelli e supertifosa juventina, ha definito così, sul suo blog sull’Huffington Post diretto da Lucia Annunziata, il presidente dell’Inter Thohir. Adesso i soliti detrattori penseranno a una caduta di stile, persino un po’ razzista, deploreranno quel suo attaccarsi ai difetti fisici, alla statura e al grasso superfluo, come un atteggiamento poco rispettoso. Senza capire che, sotto la Mole, sulla collina nobile di San Vito, fra una partita di canasta e un doppio bicierin con panna, s’usa così. Per esempio, quando arrivò Gheddafi lo dissero subito: «Riccioluto portacammelli beduino». Solo che non c’erano ancora i blog e non se ne accorse nessuno.

Perfetto stile Juve, perfetto stile sabaudo. Del resto la signora è la tipica espressione del belmondo piemontese: cresciuta alla corte dell’Avvocato, moglie di Gabriele Galateri di Genola, ovviamente amica di Veltroni, ha presieduto il comitato organizzatore delle Olimpiadi Invernali 2006, poi non ha perso una poltrona di quelle rappresentative della città, dal teatro Regio al Teatro Stabile, dalla Commissione cultura Confindustria al gruppo cultura della Juventus, dalla Fondazione del Museo Egizio all'associazione «Le Terre dei Savoia». Nel tempo libero scrive, naturalmente solo per Einaudi e il Mulino che fa chic. E insegna storia, in particolare storia dei deboli e dei maltrattati. Infatti è specializzata in maltrattamenti, come i piccoletti ciccioni dell’Inter hanno potuto verificare di persona. Ha scritto anche un libro: Poveri malati. Ora pare si stia preparando una seconda edizione: Poveri malati indonesiani, con un’appendice su: Poveri malati negri, Poveri malati terroni e Poveri malati finocchi. Noblesse sabauda oblige.

Fra tutte le cariche che la principessina torinese esibisce, per altro, c’è anche quella di presidente dell’associazione Prato (Prevenzione Anoressia Torino). E questa carica spiega il perché dell'utilizzo del termine «ciccione». Solo i complottisti anti-Juve, i soliti nemici della gloria bianconera, rosiconi e invidiosi, possono pensare che sia un'espressione offensiva. Macché: è pura prevenzione contro l'anoressia. Come non capirlo? Si tratta di una delle più moderne tecniche educative, molto diffuse nei riservati collegi torinesi: c’è qualcuno che tende a ingrassare? Lo devi insultare. Basta con questo silenzio complice del colesterolo, con l'omertà collusiva dei lipidi: bisogna essere finalmente incisivi. «Ciccione» è il termine usato al primo stadio terapeutico. Poi viene: «Ciccione di ɱerda». Quindi: «Ciccio bombo cannoniere con tre buchi nel sedere». Quindi: «Ciccione di ɱerda i buchi nel sedere te li faccio io». Alla fine del percorso si passa direttamente all’azione. Per esempio, i ragazzi di Napoli che hanno infilato un compressore nel sedere del 14enne obeso erano arrivati all’ultimo stadio del metodo Christillin per la prevenzione dell'anoressia. Un percorso di sicuro successo.

La stilosa donna, che ha pure vinto un premio «Sport Civiltà» e un altro intitolato «I valori nello sport», ha voluto onorare tali prestigiosi riconoscimenti con un altro epiteto di classe: ha definito Thohir, oltre che «piccoletto ciccione indonesiano», anche «Cicciobello a mandorla». E qui si vede che Evelina è una donna perseverante, oltre che esperta di valori: da notare, infatti, l'insistenza sulla caratteristica fisica e sulla provenienza geografica, con quel gustoso riferimento ai bambolotti e alla frutta secca che esprimono in pieno la civiltà dello sport. Avrebbe potuto dire: «Brutto muso giallo, grasso da far schifo». Invece no: «Cicciobello a mandorla». Lo stile Juve, stile sabaudo. E infatti poche righe sotto, la supertifosa juventina rimprovera severamente il presidente dell’Inter di non avere classe. Lei che invece ne ha in abbondanza, come qui si dimostra.

Nella sua invettiva contro l’Inter, infatti, la Christillin usa termini chic anche a proposito della famiglia Moratti, paragonandola alla famiglia Addams,e a proposito dell’aspetto fisico (è un’ossessione) dell'ex presidente Massimo: «Come faremo senza tutti quei denti in tribuna?», si chiede con uno spunto di sopraffina ironia. Poi si esibisce in notazioni geografiche piuttosto ardite, per esempio piazzando i samurai giapponesi in Indonesia. Probabilmente, oltre chele regole contro l'anoressia, nei salotti bene di Torino hanno rifatto anche il mappamondo. Potere della Fondazione Museo Egizio e del gruppo cultura Juventus.

Restano da capire, però, tre cose. In primo luogo che cosa sta succedendo alle signore della corte bianconera, che hanno questi eccessi di stile una dopo l’altra: la moglie di Andrea Agnelli contro Totti, la Christillin contro Thohir. Se tanto mi dà tanto, tra un po’ sentiremo, Lavinia Borromeo, moglie di Jaki Elkann, che invita a riempire di cacca gli spalti di San Siro o a mandare un camion di letame nella sede della Roma. Sempre con stile, però, e con l’orologio sopra al polsino in memoria dell’Avvocato. In secondo luogo bisogna capire perché in serata l’autrice della Einaudi e del Mulino sia corsa a modificare il suo scritto originale, così ricco di pathos e Cicciobello, con una patetica correzione non certo all’altezza della sua fama.

Infine, in terzo luogo, resta da capire che diranno ora quelli che si erano tanto scandalizzati per la battuta di Tavecchio sulle banane: se l'insulto razzista a un ipotetico calciatore Opti Poba ha scatenato una reazione senza fine, che succederà a chi ha definito il (reale) presidente dell’Inter un «piccoletto ciccione indonesiano Cicciobello a mandorla»? «Bisogna dare l'esempio», diceva la Christillin quest'estate, chiedendo sanzioni contro quelli che «discendendo per li rami dell’ignoranza, promuovono l’insulto e la violenza verbale». Non abbiamo dubbi che, appassionata com’è di valori e civiltà dello sport, ne trarrà le conseguenze. E, sul suo curriculum, dopo la stella d’oro, la castagna d’oro, l’arduino d’oro, la ghirlanda d’onore, il dragone ad honorem, il Collalti d’oro, il collare d’oro, il foglio d’oro, la grolla d’oro e la mela d’oro, inserirà anche gli ultimi premi: la mandorla d’oro e il ciccione d’argento. Con laurea ad honorem in figura di cacca.

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In effetti ha sbagliato....doveva dire "povero perdazzurro di m...."!

Anche se alla fine "perdazzurro di m..." è un PLEONASMO!

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In effetti ha sbagliato....doveva dire "povero perdazzurro di m...."!

Anche se alla fine "perdazzurro di m..." è un PLEONASMO!

Poteva usare più classe, anzi ironia, quella signora.

Così, molto stupidamente, ha offerto il fianco a tante signorine biliose tra cui la Giordano, che non aspettava altro per buttare fuori a sua volta un campionario di cattiverie e contumelie da frustrata ancora più stupida.

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Il Coni ordina: Mauri fermo per due gare

Troppo cortisone per la tonsillite, salterà anche la sfida al Cagliari

Il Comitato per le esenzioni non lo ritiene “idoneo”: sarebbe risultato positivo ai controlli

di FABRIZIO PATANIA (CORSPORT 30-10-2014)

Il Coni ha fermato Mauri, negando l’autorizzazione all’impiego per le prossime due partite di campionato, questa sera al Bentegodi con il Verona e lunedì con il Cagliari all’Olimpico. Il capitano della Lazio era tornato ad allenarsi due giorni fa a Formello dopo una settimana di stop a causa di un ascesso tonsillare. Ha assunto cortisone in via sistemica attraverso flebo e iniezioni per debellare l’infezione: una terapia d’attacco, nella parte iniziale della cura, che lo aveva costretto a passare tre notti alla clinica Paideia.

Era stato ricoverato lunedì sera, è stato dimesso giovedì scorso per proseguire le cure a casa sino al week-end. Antibiotici e antinfiammatori. Il corticosteroide è una sostanza vietata per gli atleti. Ovviamente si può prendere per fini terapeutici. Le società sono tenute attraverso lo staff medico, prima delle partite e dei controlli antidoping, a informare e fornire la lista dei farmaci eventualmente assunti dai calciatori. E la Lazio, nel caso di Mauri, già dai giorni scorsi aveva attivato la procedura consueta, inoltrando la richiesta al cosiddetto Ceft (Comitato esenzione fini terapeutici) del Coni, presieduta da Luigi Frati, a cui fanno riferimento tutte le federazioni. La commissione antidoping della Figc non è competente in materia. Dal Foro Italico ieri mattina è arrivato il no alla Lazio. Pioli, che avrebbe voluto portarlo in panchina, si è dovuto adeguare, escludendo il capitano dai convocati per la trasferta di Verona.

Troppo cortisone. Niente autorizzazione perché Mauri ha assunto del cortisone al di fuori degli standard previsti dalla Wada, l’agenzia mondiale dell’antidoping creata dal Cio nel 1999 a Losanna. Fuori dagli standard, in termini concreti, significa dosi massicce. Oggi Mauri, se venisse controllato, risulterebbe positivo al doping. Questo è il motivo per cui il Coni, in considerazione della cura che legittimamente il calciatore ha seguito per guarire dalla tonsillite, non ha concesso l’autorizzazione e lo ha bloccato, ritenendolo al momento “non idoneo” per l’attività agonistica. Il cortisone può essere assunto attraverso trattamento locale (e le tracce spariscono rapidamente) oppure in via sistemica e allora diventa molto più pesante per gli sportivi. Servono più giorni per smaltirlo.

Ci sono burocrazie e precedenti. Nel calcio italiano, ai tempi in cui Guariniello avviò le sue inchieste, scoppiò un caso clamoroso con la Juve, perché aveva curato Fabio Cannavaro con una pomata di cortisone per una puntura di insetto e lo aveva impiegato in campionato senza richiedere l’autorizzazione. Oggi il regolamento mondiale è diventato rigidissimo e viene applicato dal Coni in modo severo.

RICORSO. La tonsillite rischia di costare a Mauri tre partite di campionato (domenica aveva saltato il Toro), un’altra assenza pesante per Pioli. La società si è già attivata. Si può presentare ricorso alla Commissione Antidoping del Coni? La strada più semplice è riattivare la procedura tra oggi e domani, rinnovando la richiesta di autorizzazione al Ceft per la prossima giornata di campionato, ma la terapia è stata certificata e bisogna far cambiare idea a Frati e ai suoi collaboratori. Il no del Coni ieri mattina era stato assorbito con tranquillità, la società aveva annunciato e spiegato con trasparenza i motivi dell’esclusione per Verona, ma c’era totale convinzione di poterlo impiegare lunedì con il Cagliari, anche perché dal Foro Italico non sarebbero arrivate risposte esaurienti sui tempi. La notizia dello stop per le prossime due partite ha invece spiazzato la Lazio. E in serata il telefono di Lotito era bollente...

L’INCHIESTA

Scommesse il pm aspetta ora i tennisti

Ieri incidente probatorio: Mauri comunica il suo “pin”

di ANDREA RAMAZZOTTI (CORSPORT 30-10-2014)

L’inchiesta sulle scommesse nel mondo del tennis sta prendendo quota. Nei prossimi giorni il pm Roberto Di Martino ha intenzione di sentire alcuni dei tennisti e dei personaggi che sono stati iscritti nel registro degli indagati dopo aver esaminato la prima parte dei risultati della perizia informatica sui pc, tablet e smatphone degli indagati per la vicenda del calcioscommesse. Alla Procura di Cremona sfileranno volti noti che dovranno dare una spiegazione alle chat abbastanza compromettenti messe agli atti. Nei magistrati c’è la convinzione che il giro di attività illecite sia piuttosto vasto e che, come per le scommesse nel mondo del pallone, abbia un carattere europeo, se non addirittura mondiale.

Ieri, alla presenza di una cinquantina di avvocati, intanto, seconda udienza dell’incidente probatorio davanti al gip Salvini e al pm Di Martino. Gli accertamenti informatici non sono stati conclusi e per questo è stata fissata una terza udienza di completamento il 27 novembre. Poi entro Natale Di Martino preparerà il 415 bis, l’avviso di conclusione delle indagini, concentrandosi in particolare su quelli reperibili (più complicato sarà trovare gli ungheresi o gli uomini di Singapore).

IL PIN DI MAURI. Il capitano della Lazio ha consegnato a un consulente di sua fiducia il pin per sbloccare il secondo smatphone sequestrato dagli inquirenti. Nel pc e nell’altro smartphone del centrocampista non sono state trovate le parole chiave ricercate. Adesso i periti nominati dalla Procura esamineranno l’ultimo dispositivo di Mauri insieme al consulente indicato dal giocatore. «Si tratta dell’ultimo tassello, quello che metterà il punto definitivo sulla vicenda del nostro capitano. Su di lui finora non ci sono riscontri» hanno detto i suoi difensori, gli avvocati Buceti e Melandri. Nessun riscontro, tra gli altri, anche per Corvia e Sculli.

CONTE SERENO. All’udienza di ieri c’era anche l’avvocato del ct, Antonio De Rensis. «Su di lui non è stato trovato nessun riscontro. Né diretto né indiretto» ha sottolineato. La copia forense del pc che è stato sequestrato all’ex allenatore della Juventus è risultata illeggibile. Tra gli altri dispositivi sequestrati a uno degli indagati ce n’è uno ancora in mano agli inquirenti che hanno riscontrato un’altra fattispecie di reato.

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L'ÉQUIPE 30-10-2014

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The goalkeeper who gave up Bayern for the Crazy Gang,

Bradford and a whirlwind trawl across continents

by TOM PECK (THE INDEPENDENT 30-10-2014)

The American novelist Paul Auster once observed how “good stories only happen to people who can tell them”.

Within a minute of meeting Lutz Pfannenstiel, the now retired German goalkeeper and veteran of no fewer than 25 clubs, it is obvious how arguably the most extraordinary and certainly the most entertaining tale of a life in football should be his.

Yes, he is the only player to have played professional football on all six continents (he has yet to crack Antarctica, but is working on it – more details on that later), but many a determined pro could have done that. Yes, he ended up (wrongfully) imprisoned for match-fixing in Singapore, and a doctor declared him three times dead in a nonleague goalmouth in Bradford, but both those things could be attributed to sheer bad luck.

Instead, it’s the little details in his book, The Unstoppable Keeper, a German bestseller which has this year been updated and translated into English, that confirm Pfannenstiel as the clear agent of his own magnificent chaos. Like the two slow loris monkeys, called Glasnost and Perestroika, that eat his Singapore apartment alive, much to the dismay of his housemate, Wimbledon “crazy gang” veteran Gary Blissett. Or the contract renegotiations in Albania, conducted “with a gun on the table”.

Now 41, and working as director of international relations and scouting at TSG 1899 Hoffenheim as well as a pundit on German television and on BBC World, his first words to The Independent, over coffee in Soho, are: “The book’s probably only got about 20 or 30 per cent of the story in it. I’ve got a lot more. I think what you call in England, ‘kiss and tell’.”

He first came to England 20 years ago, having turned down a contract with Bayern Munich, knowing: “There was nothing I could do to get past Oliver Kahn.”

It is hardly a surprise that the club to take a chance on him were Wimbledon. One not-quite-kiss-and-tell that does make the book was being sent to talk to girls in English bars by Blissett and Mick Harford: “Go over and say, ‘Hello, I’m Lutz from Germany you little cunts.’ They told me it meant darling.”

Lutz claims to have been shocked by life in the Crazy Gang. “It wasn’t like any Premier League team,” he says. “Out there in Roehampton, on a field where the dogs are shitting. It was a very special atmosphere.

“These guys, Mick Harford, Vinnie Jones, Gary Blissett, they were hard guys. A longhaired German guy coming in doesn’t have it easy. You’re getting elbowed in the face three times in a training session, then Mick Harford comes over and says, ‘Get up, you soft cunt.’

“I had been trained to roll the ball, to throw the ball. But [then Wimbledon manager] Joe Kinnear wanted to play a certain style. Push them up and play it long. Always straight. Always straight. I had to learn that system.”

He never played a match in the Wimbledon first team in the end, and failed to break into Nottingham Forest’s side too, but he would return to England later on his career, with Bradford Park Avenue.

“The Unibond League is the toughest league in the world, and it doesn’t matter what position you play. Altrincham, Runcorn, it doesn’t matter. You get battered.”

It was there, on Boxing Day 2003, that his lungs collapsed and, he has since been told, the club physio delivered mouth-to-mouth resuscitation before shouting back to the bench, “He’s dead! He’s fucking dead!”

He woke up in hospital some time later with no recollection of how he got there, and immediately complained of having been substituted.

Now married to a woman from Uzbekistan, and having raised his family in Vancouver and Brazil among other places, he is a walking advert for a willingness to travel.

“I’m fortunate, in that if I had taken the contract with Bayern, I know what my life would have been like. It was almost prearranged. I would have signed for Bayern Munich, been No 2 behind Oliver Kahn. Five years, six years I would have made decent money. I’d have gone to another club, I’d have gone to the second division in Germany. I would have finished my career in the third division, I’d have had a German wife, a as a goalkeeping coach, or a head coach somewhere.

“Would I exchange that for the experiences I had, travelling the world? No, I wouldn’t.”

Now he deals with Hoffenheim players who “turn down loan offers to Torino because they want to play for Juventus”. “OK,” I tell them, “but you’re not getting into the Hoffenheim team. So turn down the move, sit on the bench and go home and cry.”

For someone who spent 101 days in a brutal Singapore jail after being falsely convicted of match-fixing, his solitary football regret is a curious one.

“I would have loved to play in Iran,” he says, reminiscing about his solitary match there, a Champions League qualifier. “In Iran, the religion is in charge, but the football there is fucking unbelievable. They live for football, they die for football. Compared with Iran, Millwall is like a children’s birthday party: 110,000 moustached guys – and it is only men in the stadium – sitting there looking like if you beat their team you won’t make it out of the stadium. This passion, the love of the people for their team is unbelievable.”

That passion, he has observed, is on the wane. “People are going to the game, they’re not having a sausage, they’re having shrimp soup and T-bone steak.

“Twenty years ago, in England, the fans were standing there with mushy peas. You go to X or Y [“don’t put the names”, he asks], people are standing behind the goal with no teeth, eating their mushy peas and calling you a ‘fucking German cunt.’” You go to watch Arsenal, you’re looking up in the VIP box, people are having five-star food.

“Football now is much posher than it was. How many real diehard football supporters can afford a season ticket in the Premier League? The poorer guys, with a bad job, before they would get the money together to buy a ticket. How can they do that now? It’s very difficult.”

Now, he devotes much of his time to his charity, the Global Game. Next March he will round up his football mates, Terry Phelan and Dwight Yorke among them, for a charity match on Namibia’s Etosha Plain at sundown. “And then after that, Antarctica.” If that game happens, it will be a remarkable culmination to a remarkable football life. But one doubts Pfannenstiel will stop there.

HAVE BOOTS, WILL TRAVEL

PFANNENSTIEL’S CLUBS

1991-93 Bad Kötzting

1993-94 Penang FA

1994-95 Wimbledon

1995-96 Nottingham Forest

1996-97 Orlando Pirates (loan)

1997 Sembawang Rangers

1997 Tampereen Pallo-Veikot

1998 FC Haka

1998-99 SV Wacker Burghausen

1999-2000 Geylang United

2001 Dunedin Technical

2001-02 Bradford Park Avenue (loan)

2001-02 Huddersfield

2002 AS V Cham (loan)

2002-03 Bradford Park Avenue

2002 Dunedin Technical

2003 Bærum SK (loan)

2003 Dunedin Technical

2004 Calgary Mustangs

2004-06 Otago United

2006-07 KS Vllaznia Shkodër

2007 Bentonit Ijevan

2007 Bærum SK

2007 Vancouver Whitecaps

2008 America FC

2008 Hermann Aichinger

2008-09 Flekkerøy Idrettslag

2009 Manglerud Star

2009-10 Ramblers

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PARLA IL CAPO DEI PM DI CALCIOPOLI

«Stavamo arrivando all’Inter, ma poi...»

di GUIDO VACIAGO (TUTTOSPORT 30-10-2014)

Si torna a parlare di Calciopoli. E non c’entrano le liti fra juventini e interisti: tornano in scena i pm. Giandomenico Lepore, capo della Procura che indagò nel 2004 e nel 2005, lo fa con un’intervista; Giuseppe Narducci, il pm di Calciopoli per eccellenza, sarà invece protagonista dell’udienza davanti al gip Di Grazia, che deciderà se rinviarlo a giudizo per il caso del video del presunto sorteggio truccato, sparito dagli atti del processo penale di Napoli. Mentre Lepore spiega a TeleLombardia che anche l’Inter stava per essere coinvolta nelle indagini, se queste non fossero state bruscamente interrotte dalla fuga di notizie, domani la vicenda di Calciopoli vivrà un momento cruciale: perché in caso di rinvio a giudizio tornerebbe in discussione tutta l’inchiesta, che già durante il processo aveva vacillato.

Rivelazione Lepore

Lepore è il super-magistrato che ha stroncato il clan dei Casalesi e che, prima di andare in pensione nel 2011, ha condotto inchieste di primo piano come quella sull’emergenza rifiuti a Napoli o su Calciopoli. Intervistato da “Buongiorno Lombardia”, ieri su TeleLombardia , ha confermato un retroscena di Calciopoli di cui aveva già parlato tempo fa, proprio con Tuttosport . «Calciopoli è stata una bella inchiesta, purtroppo boicottata dalla fuga di notizie. Secondo alcuni alimentata dagli stessi magistrati, ma io lo escludo categoricamente, perché soprattutto quando ancora siamo nelle fasi di indagini, la fuga pregiudica le indagini stesse. Abbiamo accertato le responsabilità penali di una squadra di A e stavamo arrivando a un’altra squadra milanese... E, tolto il Milan, resta l’Inter, no? Però molti verbali vennero rubati e pubblicati in un volumetto e questo rovinò l’indagine. La Juventus fu la prima della quale accertammo delle responsabilità, ma gli imbrogli non erano solo della Juve. E c’era anche un importante giro di soldi».

E le telefonate sparite?

Resta tuttavia un grosso dubbio. Ben prima che la fuga di notizie condizionasse l’indagine, come sostiene Lepore, erano stato registrate delle intercettazioni giudicate rilevanti (se non “rilevantissime”) dagli stessi inquirenti che riguardavano i dirigenti dell’Inter, così come di altre squadre non coinvolte. Le famose intercettazioni con i “baffi” (il contrassegno che i Carabinieri apponevano per segnalare le conversazioni con contenuto rilevante) che sparirono dall’indagine e ricomparirono nel processo penale grazie al lavoro degli avvocati di Luciano Moggi. Il materiale per allargare l’indagine ad altre società, insomma, c’era.

Processo all’indagine

E a proposito di materiale per l’indagine, domani a Roma il gip Di Grazia dovrà decidere sul caso del video sparito. Si tratta del famigerato filmato, girato di nascosto dai Carabinieri per dimostrare che il sorteggio arbitrale era truccato. Il video non dimostrava granché e, a un certo punto, sparì misteriosamente dalle prove. Al suo posto venne inserita nelle prove una serie di fotogrammi tratti da quel video (se ne occupò il maresciallo Zini), chiaramente manipolati e con i nomi dei protagonisti sbagliati. Moggi, gli ex arbitri De Santis e Dondarini e altri protagonisti del processo hanno denunciato la cosa e domani attendono la decisione del gip. In caso di rinvio a giudizio inizierebbe un “processo all’indagine”.

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SPORT 30-10-2014

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Come si può spiegare?

C'è una fuga di notizie sull'indagine e questo fa trascurare un reato?

Un reato per il quale altri sono condannati.

Ma questo lepore non ha vergogna per la sua carriera?

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40693 messaggi

repubblica non ha fatto nemmeno finta di mettere la notizia dell'inter che doveva essere incriminata, che sporchi che sono

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Joined: 20-Apr-2009
40693 messaggi

Come si può spiegare?

C'è una fuga di notizie sull'indagine e questo fa trascurare un reato?

Un reato per il quale altri sono condannati.

Ma questo lepore non ha vergogna per la sua carriera?

Perche' questi sporchi di pm non ne rispondono penalmente. Oggi vedo che l'amichetto di narducci ed auricchio sindaco di napoli il tar lo ha rimesso in carica gia' .oddio

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Joined: 07-Jul-2006
4112 messaggi

Interessante....per cui se in tutti i processi ci fossero delle fughe di notizie....si blocca tutto?

Allora mi chiedo...e le altre indagini che ha svolto?Sono finite come per farsopoli?Incomplete?

Andiamo bene!

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Joined: 14-Jun-2008
11014 messaggi

Come si può spiegare?

C'è una fuga di notizie sull'indagine e questo fa trascurare un reato?

Un reato per il quale altri sono condannati.

Ma questo lepore non ha vergogna per la sua carriera?

G.Lepore nel suo libro se ne esce così parlando genericamente della fuga di notizie dai tribunali

Pretestuosa è anche l’accusa che siano i magistrati a far filtrare notizie riservate ai giornalisti. Quale interesse potrebbe avere un magistrato a comunicare la notizia di un imminente avviso di garanzia? Francamente è un controsenso, dal momento che molte operazioni a lungo preparate sono fallite proprio a causa delle soffiate approdate sulla scrivania di qualche redazione giornalistica. Ciò di cui nessuno, o quasi, tiene conto è il fatto che nel momento in cui viene richiesta una misura cautelare il pubblico ministero è tenuto a rimettere tutti gli atti in suo possesso - siano essi a favore o contro la persona indagata - al tribunale del riesame, permettendo ad altre persone di venire a conoscenza di ciò che da lì a poco potrebbe accadere. Questo, ovviamente, non è sempre favorevole alla persona indagata, che finendo sui giornali prima del processo e di una sentenza di condanna - che potrebbe anche non arrivare mai - subisce un danno enorme. Difficilmente rimediabile a distanza di anni.

Ora... che le soffiate possano creare problemi all'indagine lo posso pure capire, ma Lepore fa finta di dimenticare che tra i supporti magnetici del processo Farsopoli disponibili per le difese c'erano già abbastanza intercettazioni (molto più) compromettenti relative ad altre società, solo che per sbobinarli sono stati necessari anni ed anni a causa di svariati problemi tecnici che farebbero pensare alla malafede di chi li ha archiviati, maneggiati e copiati e tralasciando pure che diversi indagati e testi hanno puntato il dito verso altri personaggi ritenuti però intoccabili dagli inquirenti in corso d'opera.

Ed infine, non interessa affatto che sia il magistrato a far filtrare le notizie; è allarmante che certe notizie filtrino in un certo momento e che certi personaggi, dopo anni, siano salvati oltre che dal procedimento penale pure dalla prescrizione sportiva perché tutti si dimenticano di approfondire, stranamente.

Dunque, Lepore può tranquillamente andare a farsi f***e insieme a tutti gli amichetti del Tribunale a cominciare dall'egr. fidipù Alemi

P.s.

Per disamina esauriente ved.

La memoria ballerina di Giandomenico Lepore

Redazione (JUVENTINOVERO.com 30-10-2014)

Modificato da Ghost Dog

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