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CRAZEOLOGY

K A L C I O M A R C I O! - Lo Schifo Continua -

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A Firenze?

Lì, tifosi, presidenti, sindaci, oops presidenti del consiglio, uomini politici in genere e uomini di cultura (ma quale cultura, non si sa. Ricordi il regista?), sono un tutt'uno.

Tutti da mettere dentro.

panariello salvamelo

è l'unico che mi fa ridere

http://www.youtube.com/watch?feature=player_detailpage&v=XNqE9zD8pAQ

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La Ġazzetta dello Sport 18-03-2014

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Noblesse oblige! Tornano a firmare assieme un articolo-farsa due comici della carta e si sorride per le citazioni assortite (quella sul "lavoro certosino" del Di Laroni è stupenda: l'analfabetismo di ritorno di questi giudici è esemplare dello stato pietoso del processo in cui si sono comodamente adagiati).

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galdi ha ragione

è stato protagonista

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Non c'è niente da fare.

Due giornalisti (ok, uno in realtà) scrivono per la stessa testata.

Il quotidiano in questione sposa una linea ben precisa ed autorizza l'uscita di un pezzo infame.

Il Fatto Quotidiano 20-03-2014

i2WhiLeH.jpg

L'altro, il vero giornalista, è costretto dagli eventi a commentare sulla sua pagina web.

Mi arrendo... per me il giornalismo su Farsopoli finisce qui.

Il kalciomarcio continua per altre malefatte.

P.s.

Nel 2011, subito dopo la sentenza di primo grado vs. Moggi & co. , lo stesso quotidiano ebbe la decenza di confrontare le opinioni di Travaglio, Beccantini e Beha.

Oggi passa la linea travaglista, più becera e volgare che mai... carissimi auguri al quotidiano per la quotazione in Borsa.

Modificato da Ghost Dog

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Non c'è niente da fare.

Due giornalisti (ok, uno in realtà) scrivono per la stessa testata.

Il quotidiano in questione sposa una linea ben precisa ed autorizza l'uscita di un pezzo infame.

Il Fatto Quotidiano 20-03-2014

i2WhiLeH.jpg

L'altro, il vero giornalista, è costretto dagli eventi a commentare sulla sua pagina web.

Mi arrendo... per me il giornalismo su Farsopoli finisce qui.

Il kalciomarcio continua per altre malefatte.

P.s.

Nel 2011, subito dopo la sentenza di primo grado vs. Moggi & co. , lo stesso quotidiano ebbe la decenza di confrontare le opinioni di Travaglio, Beccantini e Beha.

Oggi passa la linea travaglista, più becera e volgare che mai... carissimi auguri al quotidiano per la quotazione in Borsa.

Che schifo... E' UN AUTENTICO SCHIFO.

Il Fango Quotidiano sarebbe stato il nome più appropriato.

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Sportal.it)

Le scuse di Aurelio De Laurentiis al tifoso aggredito all'esterno del Tardini dopo Parma-Napoli non sembrano aver chiuso il caso, anzi.

Dario D'Agostino, il sostenitore partenopeo strattonato dopo la sconfitta della squadra di Benitez in Emilia, ha infatti annunciato al 'Resto del Carlino' l'intenzione di querelare il patron degli azzurri.

"Qualche ora dopo l'accaduto sono stato invitato da un dirigente del Napoli a recarmi come ospite a Castelvolturno, ma ho declinato tale invito - ha spiegato -. Non vendo a nessuno la mia dignità, nemmeno a chi ha più soldi di me. Sono sicuro di essere più tifoso del Napoli io rispetto al signor De Laurentiis, che mi riservo di querelare".

D'Agostino ricostruisce quanto avvenuto domenica sera (questo il video dell'aggressione): "Gli ho solo detto che non vogliamo vincere solo contro la Juventus, ma l'ho fatto con educazione. Per tutta risposta lui è sceso dalla macchina e mi si è avventato contro, sotto gli occhi di tutti coloro che si trovavano nei paraggi. Questo episodio mi sta creando tensione e stress, non sono abituato a situazioni del genere, non sono riuscito a dormire e non sono andato nemmeno al lavoro. Sono un operaio e mi sento a disagio con i miei colleghi".

"Ho delegato il mio avvocato perché si occupi della vicenda", ha concluso. La conferma arriva dal suo legale, l'avvocato Anna Rosa Belsanti: "Ci riserviamo di intraprendere azioni legali contro Aurelio de Laurentiis. Il mio assistito ha riportato lesioni fisiche, oltre a un evidente stato di stress".

(A cura della redazione di Sportal.it)

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Sportal.it)

Le scuse di Aurelio De Laurentiis al tifoso aggredito all'esterno del Tardini dopo Parma-Napoli non sembrano aver chiuso il caso, anzi.

Dario D'Agostino, il sostenitore partenopeo strattonato dopo la sconfitta della squadra di Benitez in Emilia, ha infatti annunciato al 'Resto del Carlino' l'intenzione di querelare il patron degli azzurri.

"Qualche ora dopo l'accaduto sono stato invitato da un dirigente del Napoli a recarmi come ospite a Castelvolturno, ma ho declinato tale invito - ha spiegato -. Non vendo a nessuno la mia dignità, nemmeno a chi ha più soldi di me. Sono sicuro di essere più tifoso del Napoli io rispetto al signor De Laurentiis, che mi riservo di querelare".

D'Agostino ricostruisce quanto avvenuto domenica sera (questo il video dell'aggressione): "Gli ho solo detto che non vogliamo vincere solo contro la Juventus, ma l'ho fatto con educazione. Per tutta risposta lui è sceso dalla macchina e mi si è avventato contro, sotto gli occhi di tutti coloro che si trovavano nei paraggi. Questo episodio mi sta creando tensione e stress, non sono abituato a situazioni del genere, non sono riuscito a dormire e non sono andato nemmeno al lavoro. Sono un operaio e mi sento a disagio con i miei colleghi".

"Ho delegato il mio avvocato perché si occupi della vicenda", ha concluso. La conferma arriva dal suo legale, l'avvocato Anna Rosa Belsanti: "Ci riserviamo di intraprendere azioni legali contro Aurelio de Laurentiis. Il mio assistito ha riportato lesioni fisiche, oltre a un evidente stato di stress".

(A cura della redazione di Sportal.it)

ora vuole la pensione

l'avvocato la pubbbblicità

caro de lamentis

hai fatto un casino

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(Sportal.it)

Sabato sera la Roma avrà l'opportunità di riportarsi a -5 dalla Juventus. Nella sfida casalinga contro l'Atalanta, però, Rudi Garcia deve fare i conti con un gran numero di assenze.
A partire da quella di Mattia Destro, fermato dal giudice sportivo per 4 giornate a causa della manata a Davide Astori del Cagliari, sollevando una reazione a catena di polemiche e l'ironia del web. Certo, l'attaccante ascolano avrebbe comunque saltato la gara con gli orobici per somma di ammonizioni, ma l'allenatore giallorosso ci tiene a fare sapere la sua con una frase dai toni piccati: "Siamo soli contro tutti".
Ci si metta che oltre agli altri squalificati Florenzi e Pjanic bisogna aggiungere gli infortunati di lungo corso Balzaretti e Strootman, quello più recente di Benatia e soprattutto quello fresco fresco di Francesco Totti, alle prese con un risentimento alla parte posteriore della coscia destra che mette in dubbio la sua presenza contro i bergamaschi.
"Soli contro tutti", ha detto Garcia. In effetti anche la buona sorte ha voltato le spalle ai capitolini.

(A cura della redazione di Sportal.it)

SIAMO AL RIDICOLO

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WorldSoccer | May 2014

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Mario Balotelli has strength

to lead fight against racism

by ANDREA PIRLO (THE TIMES 15-04-2014)

We need Mario Balotelli. I’m not sure he really appreciates it yet, but he’s a special kind of medicine, an antidote to the potentially lethal poison of the racists you find in Italian grounds.

They’re a truly horrendous bunch, a herd of frustrated individuals who’ve taken the worst of history and made it their own. And they’re more than just a minority, despite what certain mealy-mouthed spin doctors would have you believe.

Whenever I see Mario at an Italy training camp, I’ll give him a big smile. It’s my way of letting him know that I’m right behind him and that he mustn’t give up. A gesture that means “thank you”.

He’s often targeted and insulted by opposition fans. Let’s say that the way he goes about his business perhaps doesn’t help him get much love, but I’m still convinced that if he was white, people would leave him in peace.

“Jump up high so Balotelli dies” is an unspeakable chant that, sadly, I’ve heard at the Juventus stadium amongst other places. Even worse are the monkey noises that I’ve listened to pretty much everywhere.

But instead of depressing Mario, moronic behaviour of that kind actually seems to fire him up. He won’t let this human trash get their way, and it’s the most intelligent response because if you listen to what a stupid person says, you elevate them to the position of interlocutor. If you simply ignore them (still acknowledging that, unfortunately, they exist) you’re leaving them to stew in their own polluted sea: one where there are no friends and no shore. The good news is that even sharks can die of loneliness after a while.

Prandelli has given us national team players some firm direction on the matter. “If you hear people in the stands disrespecting Mario, run over to him and hug him.” In that way, hate can be cancelled out by an equivalent dose of love. Not a fashionable choice, but a pretty forceful idea.

I’m happy that Mario is the way he is. He’ll react (wrongly) to provocation on the pitch, but doesn’t let what’s going on in the crowd affect him. If he scores, he might put his finger to his lips to mock the opposition fans, something that really infuriates them, but if they tell him he’s got the wrong colour of skin he’ll simply laugh in their faces. He makes complete fools of them and emerges a convincing winner. The way I see it, he’s capable of becoming a symbol of the fight against racism, both in Italy and throughout the world.

Sorry. E' solo un estratto dal libro di A.Pirlo per la promozione della pubblicazione in UK.

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La Ġazzetta dello Sport 15-04-2014

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Nel frattempo RCS spamma un po' in tempi di crisi

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Passo

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Nel frattempo RCS spamma un po' in tempi di crisi

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Passo

poteva non sapere

veramente non conosco i fatti quindi non giudico

ma ero certo che finisse cosi al 110%

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poteva non sapere

veramente non conosco i fatti quindi non giudico

ma ero certo che finisse cosi al 110%

Dopo gli attestati di stima ricevuti da Gattuso me l'aspettavo anch'io, però...

In Italia dopo due anni non s'è risolto nulla. Di scommesse illegali siamo stati sommersi, a parole, ma nei fatti non ci sono state cure sportive né condanne penali esemplari finora.

Se ci sono ancora queste preoccupazioni in Serie B significa che la situazione non è poi così migliorata.

Corriere della Sera 08-04-2014

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In Inghilterra, appena sfiorati dallo scandalo, ma in realtà preoccupati da recenti casi di ludopatia conclamati (e dunque scommesse legali) la Football Association sta marciando verso il divieto assoluto di scommesse su qualsiasi partita di calcio (anche dall'estero) per i suoi tesserati (vedi mai che ad es. Vidic informi l'ex compagno Rooney sulle dinamiche interiste ed a Wayne passi per la testa di scommettere qualche sterlina...). Ovviamente ai "malati cronici" come Mauri resterebbero altre possibilità, come il basket NBA.

In Italia speriamo ancora nel nuovo Codice di Giustizia Sportiva e nell'allontamento definitivo della piovra Palazzi.

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SAGGI · «A tutto campo. Il calcio da una prospettiva sociologica» di Bifulco e Pirone

In nome di tutte le curve

Attraverso partite e campionati, il tifoso e l’industria calcistica si riproducono e «aiutano» all’infinito

Il meccanismo dello show business si «nutre» allo stadio con le emozioni di chi lo frequenta

di FABRIZIO DENUNZIO (il manifesto 16-04-2014)

Negli ambienti del giornalismo sportivo (tanto quello su carta quanto quello televisivo) il libro di Luca Bifulco e Francesco Pirone, A tutto campo. Il calcio da una prospettiva sociologica (Guida, pp. 240, euro 10) sta suscitando interesse e dibattiti (ndt - ed io che pensavo si struggessero per Icardi-Nara-Lopez). Sarebbe un torto, però, relegare questo saggio in quell’unico contesto culturale, quando, invece, esso chiede, come recita con perentorietà il sottotitolo, di essere valutato in primo luogo dalla teoria sociale.

Le tesi del libro non sono formulate nel vuoto, ma, come tutte le argomentazioni scientifiche che si rispettino, s’inscrivono in una nobile tradizione sociologica – in prevalenza contemporanea – definita da opere come Sport e aggressività di Norbert Elias e Eric Dunning, Descrizione di una battaglia di Alessandro Dal Lago, Programma per una sociologia dello sport di Pierre Bourdieu e da diversi interventi di Vittorio Dini uno dei quali, Maradona, héros napolitain, fu pubblicato proprio sulla rivista di Bourdieu, i prestigiosi Actes de la recherche en sciences sociales. Nelle sue linee generali, questa è la tradizione in cui il libro di Bifulco e Pirone nasce. Appartenere a una tradizione, però, non è cosa semplice: o la si rinnova o si è destinati a ripeterne le conquiste. Nel primo caso si è davvero eredi, nel secondo si finisce epigoni.

Ora, se Bifulco e Pirone sono eredi di questa tradizione, lo sono perché sanno che il nostro calcio non è quello dei nostri padri. Da bravi sociologi sentono che lo spazio sociale in cui il fenomeno sportivo viene collocato, ha subìto nell’ultimo ventennio delle radicali trasformazioni: ascesa del neoliberismo, globalizzazione dei mercati, finanziarizzazione del capitale e mediatizzazione del vissuto quotidiano. Per dirla con Deleuze e Guattari, una nuova Guerra dei Cent’anni. A tutto campo fa dipendere i processi di trasformazione del calcio da questo complesso quadro storico-teorico.

Siccome il compito del ragionamento scientifico è quello di semplificare quanto più possibile per rendere accessibili a tutti le sue scoperte, renderemo semplice anche il discorso di Bifulco e Pirone. Il calcio, al pari di tutti i fenomeni sociali, si struttura in un polo soggettivo, quello dell’agente sociale, e in uno oggettivo, quello dell’apparato istituzionale. In questo caso, il ruolo di agente sociale è ricoperto dal tifoso, mentre quello dell’istituzione dall’industria calcistica.

Chi è il tifoso oggi? Bifulco insiste molto sulla dimensione emotiva che connota lo statuto di questo agente sociale, sulle pratiche «narrative» con cui questi costruisce la sua identità e le sue appartenenze di gruppo. Ma non è qui che si situa l’originalità della sua riflessione. Questa appare nel momento in cui l’autore delinea la strutturazione gerarchica dello spazio in cui il tifoso è situato: «lo stadio non è un luogo omogeneo, ma diviso in zone e settori diversi, ognuno con una sua connotazione sociale… Le tribune sono più costose e difficilmente accessibili a tutti rispetto alle curve… Ciò che cambia è la visuale, la possibilità di seguire la partita in maniera più tranquilla e, ovviamente, questioni legate alla distinzione … In aree più specifiche, come le zone destinate ad autorità, sono il prestigio e la reputazione, più che la capacità economica, a circoscrivere l’accesso. Ma anche le curve stesse, le zone più popolari, sono luoghi eterogenei». Per quanto emotivamente instabile e identitariamente arroccato, il tifoso è oggettivamente situato in uno spazio che lo delimita e gli assegna significati sociali differenti a seconda del posto occupato. Dopo l’agente, l’istituzione.

Cos’è l’industria calcistica oggi? Per Pirone sono due i processi che permettono di definirla: «l’aziendalizzazione dei club e la commercializzazione del calcio-spettacolo. Il risultato è l’incorporazione della logica economica dello show business in quella sportiva tradizionale».

Attento al ruolo giocato dalla televisione a partire dagli anni ’90 e attualmente dalle tecnologie digitali di comunicazione, Pirone, con molta intelligenza, invita a non fare affidamento esclusivo sulla determinante economica per capire il funzionamento dell’industria del calcio, ma a considerare anche «tutte quelle forme di scambio sociale non di mercato… che producono le risorse immateriali di passione, interesse e attenzione». Un’industria che si alimenta della ricchezza immateriale diffusa nel corpo sociale.

Attraverso partite e campionati, il tifoso e l’industria calcistica si riproducono all’infinito, il primo fornendo quel materiale emotivo che la seconda provvederà a catturare, esaltare e ad appagare (con spettacoli tv e gadgettistica varia).

Ora, una sociologia del calcio pensata con il paradigma elaborato da Bifulco e Pirone – che fa suoi anche fattori macro e micro come il potere ingerente della Fifa e la serietà della professione del calciatore – quale obiettivo politico si propone? Ingenuamente gli autori, come sostengono nell’Epilogo, si auspicano di ottenere, per il loro amato oggetto di studio, il riconoscimento della sociologia accademica italiana. Ma non si farà il torto di lasciarli a questa assurda ingenuità e alle loro intenzioni coscienti.

L’obiettivo politico di una sociologia del calcio di questo tipo dovrebbe essere quello di avviare un processo di ridefinizione del rapporto tra intellettuali e masse».

Non più intellettuali alla Elias Canetti che ascoltavano con trasporto e interesse le grida dei tifosi provenienti dallo stadio e, invece di andare sugli spalti a vedere di cosa si trattasse, rimanevano nella loro stanzetta a scrivere Massa e potere, ma finalmente intellettuali disobbedienti alle regole imposte da ogni tipo di conformismo (accademico in primo luogo), che spontaneamente si fondono con masse festose e gioiose per capirne dall’interno, dal basso, i comportamenti. E chissà, forse in un futuro non troppo lontano, potranno anche arrivare a orientarle in senso rivoluzionario (ndt - magari anche no: vedi quel pazzoide di E.Matassi). All’ingenuità degli accademici bisogna sostituire l’utopia dei dirigenti politici.

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Forget hype, history

is football’s heartbeat

‘Global audiences are grabbed by the mystique of clubs like Liverpool’

by MATTHEW SYED (THE TIMES 16-04-2014)

When will the Premier League hit the buffers? When will it run out of steam? When will the bubble burst? Three years? Five years? I suggest that those predicting an imminent decline should take a few deep breaths. Then a few more. Topflight football is here to stay.

The match between Liverpool and Manchester City hit the spot. The action was exciting, breathless, contained big swings of momentum and added to a thrilling climax to the season. This is the fare that the Premier League has been producing for some time, most notably when City defeated Queens Park Rangers to win the title in 2012 with virtually the last kick of the season. Even neutrals shook their heads at the mad, impossible drama.

But the power of the league, of matches such as the one at Anfield on Sunday, is about more than raw excitement. The banners around the ground paid tribute to Bob Paisley and Bill Shankly. The chants, so loud that they were almost deafening, spoke of the meaning of Liverpool FC to the wider community.

There were tributes to Hillsborough, too, a tragedy that is as much a part of Liverpool’s narrative as Munich is a part of Manchester United’s. After the game, Steven Gerrard shed tears for the 96 victims.

With many great products (forgive me for using the word, but it is the only one that many marketing folk truly understand) there is always the danger of replication. The Premier League is popular, football is popular, so why not go out and create a rival league? Go out and create Pepsi Football, stage it in Monaco or some other bloodless environment and let the fans go crazy. It would make commercial sense, wouldn’t it?

Some of the commercial optimism in football is driven by a simple logic. There are 1.5 billion smartphones on the planet, up from approximately zero ten years ago. In five years’ time, there will be six billion. That is a lot of smartphones — and a lot of eyeballs keen to watch thrilling content (content is another word I would rather do without, but still).

Football is perfectly placed to exploit this growing global consumer base, this technological revolution. And that is one of the reasons it has attracted the gaze of global entrepreneurs.

But now think of our Pepsi Super-Duper League; would it work? Matches such as the Liverpool-City game demonstrate why it would be stillborn, even in a world where, to coin another phrase doing the rounds, “content is king”. What a Pepsi League would lack is history, meaning, emotion, community. It would lack the tears of Gerrard, a crowd at Anfield with memories of success and tragedy; it would miss the anchoring power of tradition. You cannot buy such things. You cannot create them out of marketing hype.

When global audiences tune in to the English top flight, they are not merely interested in the action, they are also grabbed by the mystique of clubs such as Liverpool. It is about a club with an indelible place in hearts and minds, one that defines a community. Global audiences are intrigued by this emotional power, and they want a slice of it, too. If only vicariously, if only through a satellite signal pumped into a living room in Beijing.

Pepsi Football would be destroyed by its own superficiality. It is not just content that will drive the technological changes of the future, but content with meaning. That is why sport has such a great future, and why its custodians must not imperil its greatest asset: tradition.

When the Premier League was toying with the idea of a 39th match played in foreign climes, I recognised the logic. Keeping up with a rapidly changing world, and all that. I now realise that it would have been calamitous, even on its own commercial terms. In a rapidly changing world, history matters more, not less. Integrity, tradition and meaning should be the watchwords of the revolution.

Cricket is making a horlicks of preserving its great traditions at present. Other sports are falling into similar short-term traps. The Premier League must renew its understanding of its unique selling point. The fans who go through the turnstiles to watch, who have been going all their lives, are a priceless asset, not just a revenue stream. The colours of the club, the badges, the iconography are not to be treated as advertising slogans, to be changed at whim, but as something richer, deeper and more human.

Football clubs are not products. They are living, breathing institutions with a richness that defies the understanding of all but the most sophisticated marketing types. When Liverpool play, it is about football, but it is also about the glories of yesteryear, hope for the future, the terrible guilt of Heysel, the anguish of Hillsborough, the inexpressible dreams that are the stuff of all fans around the world. Even the least inquisitive television viewer has some passing understanding of this weight of history. And this weight extends to almost every club in the game.

That is what football is about. For all the spreadsheets put together by marketing departments, for all the television output, football is an institution grounded in the collision between emotion and action. The theatre of football, however dramatic, must carry an emotional load; it must send grown men and women into fits of delirious pleasure and irrational agony. No Pepsi League, however finely marketed, could achieve that.

Football, then, is here to stay. Great sport is here to stay. Perhaps we should not be terribly surprised, given that sport has intrigued and delighted us since the Ancient Greeks and, according to some anthropologists, since the beginnings of human history. But let us never forget that sport is not just about action, money and hype. It has meaning. It is about fathers and sons. It is an institution grounded in humanity, and not just commerce. Long may it continue.

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José Mourinho turns to the dark side

in latest bid to control agenda

Conspiracy theory is manager’s attempt to pin

the blame on others with failure looming

by OLIVER KAY (THE TIMES 24-04-2014)

Even by his own standards of self-serving, agenda-bending conspiracy theories, José Mourinho is pushing the bounds of credibility. He is desperately trying to push a certain narrative surrounding Chelsea — a narrative that presents any failure as a travesty and any success as the type of miracle that should get him canonised.

Mourinho wants us — the media, the public, his players and perhaps not least Roman Abramovich — to believe that the authorities have made life impossible for Chelsea this season.

He wants us to believe the Premier League, through some dark conspiracy of routine refereeing appointments, consistent inconsistencies and regular kick-off times, has left him with no choice but to “play the kids” at Anfield on Sunday, at the expense of their dwindling title ambitions, and that, if he is denied this right, Chelsea can hardly expect a place in the Champions League final.

Give it a rest, José. Chelsea have three days’ rest between their Barclays Premier League match against Liverpool on Sunday and the Champions League semi-final, second leg at home to Atlético Madrid on Wednesday night.

It is not ideal, but, by all of 25 minutes, their 2.05pm kick-off on Sunday gives them more rest than any of the other semi-finalists. Chelsea play Tuesday-Sunday-Wednesday; Atlético likewise (but with a slightly later kick-off time on Sunday before they fly to London); Bayern Munich and Real Madrid both play Wednesday-Saturday-Tuesday.

On Tuesday night, after the 0-0 draw away to Atlético, Mourinho said the match against Liverpool should be on “Saturday or Friday”. Saturday would indeed be ideal — four days after the first leg, four days before the second leg, such is Chelsea’s and Atlético’s fortune in playing the semi-final tie over nine days, rather than Bayern and Real’s seven — but does anyone believe he would be advocating playing Liverpool tomorrow, 72 hours after kick-off in Madrid, had they not damaged their title hopes by losing to Sunderland on Saturday?

Ah, there I go, forgetting this was all part of the conspiracy too. Chelsea were not beaten by Sunderland — or indeed Crystal Palace or Aston Villa – but merely beaten by the Premier League establishment. Of course they were. Where most of us saw a poor Chelsea performance, punished by a late penalty that was soft and marginal without being fundamentally wrong, Mourinho saw — or claimed — conspiracy, bringing his latest FA disciplinary charge for misconduct after “congratulating” Mike Dean, the referee, and “Mike Riley, the referees’ boss,” because “what they are doing through the whole season is fantastic”.

On March 8, Chelsea were seven points clear of Liverpool at the top of the Premier League, albeit having played one game more. The subsequent 12-point swing reflects form, nothing else.

Freedom from European commitments has certainly helped Liverpool, even if that argument tends to overlook the difficulty in getting to that stage without Champions League riches and allure. Chelsea have one of the biggest, most experienced, most expensive squads in European football.

As it is, we are left with the same old Mourinho claptrap, which is a shame because it threatens to obscure whatever his teams might achieve. Chelsea are in the Champions League semi-final and will be two points off the top of the Premier League with two matches remaining if they beat Liverpool. They could be on the brink of something special, but negativity abounds because Mourinho wants to establish the narrative in case things go belly-up.

We should not be surprised. In The Special One: The Dark Side Of José Mourinho, recently serialised in The Times, Diego Torres, the Spanish sportswriter, claims that in May 2011 Mourinho, then the Real Madrid coach, floated the idea that his team, 2-0 down to Barcelona from the first leg of their Champions League semi-final, should play for a 0-0 draw or a narrow defeat rather than trying to overturn the deficit — “impossible,” apparently — and ending up with an even heavier aggregate defeat.

“If it ends 0-0,” Torres reports Mourinho as telling an outraged group of players, “we can say the tie was decided by the referee in the first leg. The priority is to finish with a close score so we can blame the referee.”

Torres, Mourinho claimed upon publication, “should write books for kids, for imagination”. But the deeper the Chelsea manager descends into his self-pitying, self-serving conspiracy theories, the more and more convincing Torres’s portrayal seems.

Aren’t there rules against Chelsea naming a weakened team?

There used to be. Rule E20 stated that “in every league match each participating club shall field a full-strength team”. Wolverhampton Wanderers were fined for breaking it in 2009, Blackpool in 2010. Neil Warnock complained about Liverpool fielding reserves against Fulham in 2007. Fulham won and stayed up, and Warnock’s Sheffield United were relegated.

So what changed?

A majority of Premier League clubs voted to modify it for the 2011-12 season. The rule now states that a full-strength side is one drawn from the 25-man squad list every club submits twice a season.

Teams often call up young players who are not on their squad lists. Are they all breaking the rules?

Not really. Home-grown under-21 players do not have to be on the senior squad list. But the reason the rule was altered and not abandoned is to stop egregious abuse of that loophole. Mourinho could probably name a couple of youngsters, but he can’t send out a load of rookies.

What will he do, then?

He’ll play a strong side. Maybe not his first XI — there will be no John Terry or Petr Cech, and probably no Eden Hazard — but Nemanja Matic, Mohamed Salah, Frank Lampard, Jon Obi Mikel, Demba Ba and Ashley Cole can all play, and he has André Schürrle too. Mourinho’s threat was empty, but his message was clear: he won’t be to blame if Chelsea lose, it will be the dolts who draw up the fixture list. Oh, and Roman, he really could use a bigger squad.

Words by Rory Smith

Ma quant'è bravo Moufrinho!

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Sportal.it)

Stefano Bandecchi, intervistato da 'Il Tirreno' parla già da presidente del Livorno ("Ormai siamo a un passo", ammette) e promette: "Torneremo subito in A. Lavoreremo per essere pronti a tutto. Luciano Moggi? E' un amico vero, ma è squalificato e non può entrare ufficialmente in società. Ma posso dire che non ci sarà scelta tecnica della nuova società che non passerà da una sua valutazione o da un suo consiglio".

L'imprenditore toscano spende anche parole di elogio per il suo predecessore: "Aldo Spinelli è innamorato della sua squadra e della città di Livorno. Cede perché dopo tanti anni vuole smarcarsi da questo mondo. Ma ha gestito alla grande il club, non lascia un euro di debiti. Ce ne fossero nel calcio di personaggi del genere".

"Il passaggio della società si chiuderà intorno ai 12-14 milioni di euro? Le cifre sono quelle. E' un pacchetto che comprende tutto, inclusi i cartellini di tutti i giocatori a partire da Paulinho", conclude Bandecchi.

Nel capoluogo labronico, intanto, infuria la contestazione: i tifosi hanno affisso un cartellone recante la scritta "Bandecchi attento... A Livorno fischia ancora il vento!!!".

(A cura della redazione di Sportal.it)

Sarà vero tutto questo?

Moggi può collaborare, anche se dall'esterno?

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Joined: 07-Jul-2006
4112 messaggi

Santo cielo...non dovevo dare un'occhiata a questo topic,...non dovevo!

certa gente non cambia mai, eh?Mi riferisco ad un certo giornale rosa...carta straccia...che fortunatamente non ho mai più comperato, talmente è rivoltante e vomitevole...

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Joined: 07-Jul-2006
4112 messaggi
Inviato (modificato)

Ho rinunciato a dare la risposta ad una simile domanda..."ma che paese è questo?"....semplicemente NON è un paese!Un'accozzaglia di "qualcosa" e niente più!

Viva lo calcio pulito....(ironico...)

Tanto sono sempre i soliti "becchi e bastonati" che pagano, altri rimangono impuniti!

Comunque il soprannome (carogna), visti i precedenti, su quel tizio è azzeccatissimo!

Modificato da ALAIN

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Joined: 08-Jul-2006
21549 messaggi

io mi sono tolto il numero

e con ragione

la mia generazione

sessantottini e similaria

tanto per capirci

i dalema i fini i veltroni

ha fallito alla grande

ha blaterato tanto

( per non parlare delle multinazionali........... ed avevamo detto tutto )

e fatti zero

ci ha messo nel sacco pure un nato anteguerra

avanti la generazione di drive in

quella di carosello ..... a nanna

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Joined: 14-Jun-2008
11014 messaggi
Inviato (modificato)

The greatest sporting event ever sold
THE SUNDAY TIMES 01-06-2014

In 11 days’ time the World Cup — which vies with the Olympics as the globe’s biggest sporting event — will kick off in Sao Paulo. Hundreds of millions of fans will tune in for the month-long festival of football in Brazil. They will be hoping for exciting games with plenty of goals. They will be expecting fair play.

Today we reveal unequivocally that Fifa (the Fédération Internationale de Football Association), world football’s governing body, has been presiding over foul play off the field.

A huge cache of documents leaked to The Sunday Times, containing hundreds of millions of files, reveals the true story of how the 2022 World Cup was awarded to Qatar. They show beyond doubt that the World Cup was bought for Qatar by means of large-scale bribery and corruption. Qatar cannot be allowed to continue as host of the World Cup.

Mohamed bin Hammam, who four years ago was Qatar’s senior football official and the vice-president of Fifa, secured the votes of some Fifa members, particularly in Africa, with illicit payments from slush funds. These payments individually amounted to hundreds of thousands of dollars. Lavish junkets were laid on at which further cash was on offer.

The World Cup went, not to the best bid, but to the bid backed by the biggest pile of corrupt backhanders. A total of $1.65m (£990,000) was funnelled into bank accounts controlled by Jack Warner, the influential former Trinidad and Tobago head of Fifa’s confederation for the Caribbean and the Americas.

The fact that there was something suspect about Qatar’s bid was known, even aside from the bizarre nature of a decision to award the tournament to a country where summer temperatures hit 50C. We reported illicit payments to secure the bid three years ago. Today’s revelations, and the accompanying documents, reveal the sheer scale of the corruption that lay behind the decision. They also reveal the unhappiness within football about the current state of affairs.

Qatar has much to be proud of. The world’s richest country, on a per capita basis, used its oil and gas wealth to establish itself as a hub in the Middle East. Its sovereign wealth fund, the Qatar Investment Authority, is a successful investor around the world, including in Britain. But the ruling Al-Thani family, who saw the awarding of the World Cup as icing on the cake of Qatar’s success, must now surely see it as a national embarrassment.

Our revelations mean it is time to draw this farce to a close. When Fifa’s representatives gather in Brazil for their annual congress on the eve of the World Cup, they should order a rerun of the vote for the 2022 competition. To proceed with Qatar, after all we know about the circumstances of its winning bid, would be an appalling dereliction of duty by the authorities.

Before the vote is rerun, there has to be a root and branch reform of Fifa. The Qatar episode reveals an organisation desperately in need of transparency and honesty, where bribery is stamped out, not swept under the carpet. As a first step, that means limited terms of office for members of Fifa’s key committees, full published details of remuneration and an outright ban on gifts and favours. That it should be necessary to call for this in the 21st century is itself extraordinary.

Finally, Sepp Blatter, the Fifa president, has to go. When in 2011 The Sunday Times first reported on illegal World Cup payments, we said he should not be re-elected. At that time, bizarrely, his main rival was Mr Bin Hammam, until he was forced by our revelations to stand down. Mr Blatter, only the second president of Fifa in the past 40 years, clung on. He presided over this most tainted of bids. If ever an organisation needed a new broom, this is it. Mr Blatter has to go.

THE SUNDAY TIMES 01-06-2014
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Modificato da Ghost Dog

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Joined: 10-Sep-2006
5205 messaggi

Finalmente ti si rilegge!

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Joined: 21-Jan-2008
21848 messaggi

Grande Ghost, bentornato!

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Joined: 14-Jun-2008
11014 messaggi

A New York Times investigation of match fixing ahead of the 2010 World Cup gives an

unusually detailed look at the ease with which professional gamblers can fix matches.

Rigged: Part 1 of a Two-Part Series

Fixed Soccer Matches Cast Shadow Over World Cup

by DECLAN HILL & JERÉ LONGMAN (NYT.com 31-05-2014)

Rigged: Part 2 of a Two-Part Series

Inside the Fixing: How a Gang Battered Soccer’s Frail Integrity

by DECLAN HILL (NYT.com 01-06-2014)

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