Vai al contenuto
CRAZEOLOGY

K A L C I O M A R C I O! - Lo Schifo Continua -

Recommended Posts

Joined: 14-Jun-2008
11014 messaggi

CORRIERE DELLA SERA

La Ġazzetta dello Sport

AS

16-01-2013

adrkVe4Q.jpgabqsSc4H.jpgackAyI6D.jpg

Lo stesso intervento radiofonico trattato in maniera-RCS ed in modalità spagnola sui quotidiani.

In medio stat virtus… poi sulle pagine online si trova pure in Spagna la denuncia relativa alle scommesse

Come non detto...

MUNDO DEPORTIVO 16-01-2013

acpyV5mD.jpg

MARCA 17-01-2013

adrgwkPv.jpg

Modificato da Ghost Dog

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti
Joined: 14-Jun-2008
11014 messaggi

il corsivo di MATTEO MARANI (GUERIN SPORTIVO | FEBBRAIO 2013)

IL CASO NAPOLI

SERVA A CAMBIARE

Sono giorni di speranza per molti italiani, con l'augurio che il 2013 rappresenti una ripartenza. Tra gli oroscopi di Paolo Fox e le promesse dei candidati premier, sempre più spesso un'unica cosa difficile da separare, si cerca con fatica una luce in fondo alla crisi. Pure il calcio italiano lo fa, obbligato in questo gennaio a misurarsi con le note ristrettezze. Non so a voi, ma a me viene un'indicibile tristezza nel sapere che il primo rinforzo dell'Inter 2013 è stato Tommaso Rocchi, anni 35, appena tre spezzoni di gara nel torneo in corso. Lo avrei trovato più adatto al rilancio del Siena.

Ma per una volta prevalga l'ottimismo della speranza. Anche una sola, una minima novità occorre. Basterebbe ad esempio che nel 2013 venisse ridotta l'incidenza, o per meglio dire l'arbitrio, dato dalla responsabilità oggettiva, uno degli istituti più antiquati, iniqui e insopportabili del nostro piccolo mondo. Se al Coni non perdessero giorni e anni nelle beghe elettorali, a scambiarsi frecciate sui giornali e maldicenze nei circoli lungo il Tevere, dovrebbero aprire un tavolo alternativo a quello del ristorante per aiutare il calcio a uscire dallo stallo.

L'appiglio lo offre l'ultima, surreale vicenda di cui è stato vittima il Napoli, punito con due punti in classifica e la squalifica del suo capitano Paolo Cannavaro (oltre a Grava). Un terzo portiere a scadenza di contratto, il famigerato Gianello, tre anni fa tentò una maldestra combine all'ultima di campionato. E per quella presunta chiacchierata fatta nello spogliatoio, per la quale Cannavaro ha già querelato l'ex collega, oggi il Napoli potrebbe rischiare di perdere i tanti soldi della Champions. Se dovessero infatti risultare decisivi i due punti sottratti dalla Disciplinare, chi risarcirebbe il club del danno subito? E tralasciamo la più lontana ipotesi-scudetto.

Uno sfregio al buonsenso. Si obietterà che la responsabilità oggettiva appartiene a tutti gli ordinamenti dello sport e alle Federazione calcistiche straniere. Eppure, guardando proprio all'estero, la si applica con parecchia prudenza. Come si può far scontare a un club un'omessa denuncia quando si vive da sempre in un Paese di millantatori, mitomani e gente che spaccia impressioni per verità? Valga l'odissea toccata a Daniele Portanova, sollevato all'istante dalla giustizia ordinaria e costretto a scontare quella sportiva. Gli hanno conteggiato la squalifica fino agli ultimi minuti, negandogli financo la sfida contro la Lazio. Nella quale, guarda la curiosità del caso, giocava e gioca Stefano Mauri, finito in estate dietro le sbarre.

Alcuni processi scattano subito, altri no. A marzo potrebbero abbattersi sui campionati le penalizzazioni di sette od otto club, nonostante qualcuno ipotizzi lo spostamento in estate. Immaginiamoci la polveriera: chi ha pagato, chi lo farà più tardi, chi forse mai. Considerate inoltre che a Cremona ci sono 33 tesserati indagati, che Bari ha due partite nel mirino, che l'onda di corruzione pare non avere fine. Stefano Palazzi raccoglie le carte, in un ufficio sguarnito, inadeguato rispetto alle centuplicate esigenze. Lo descrivono come uno stakanovista, ligio al servizio, con il suo cucchiaino in mano a svuotare l'oceano. Poi succede che qualche club finisca in prescrizione e si accendono i sospetti.

Nessuna società di calcio è in grado di controllare i suoi tesserati. La vicenda Telecom-Vieri non è un esempio da seguire. In qualche maniera bisognerebbe introdurre una forma ad hoc della normativa 231, quella che riguarda le aziende quotate in Borsa e che circoscrive i campi di responsabilità dentro l'impresa. Non solo: un tempo le rose di una squadra erano un terzo di adesso, la vicinanza e il controllo automatico ben maggiori. Se Abete dice «che non si possono alterare irrimediabilmente i campionati in corso» significa che siamo arrivati al punto finale. Non c'è bisogno di aspettare la prima causa civile di un grande club per cambiare.

___

L'assurdità della responsabilità oggettiva

Considerazioni a margine dell'inchiesta su Mauri. Punire

una società per il comportamento scorretto di un suo

giocatore è come condannare il derubato e non il ladro.

di GIANCARLO GOVERNI (globalist.it 16-01-2013)

Oramai siamo all'assurdo e all'arbitrio. Ci sono organi di stampa che non si limitano a dare anticipazioni sui procedimenti ma emettono sentenze di condanna e ipotizzano addirittura la pena. E questo ai danni di una società quotata in borsa. Mi riferisco ovviamente alla Lazio e alle anticipazioni sul procedimento che la giustizia sportiva dovrebbe iniziare sul caso Mauri, prima ancora che la procura di Cremona abbia concluso le sue indagini e abbia emesso la sua sentenza di rinvio a giudizio o di non luogo a procedere.

Siccome sono laziale e rischio di essere accusato di parlare pro domo mea, mi vorrei limitare a due considerazioni di carattere generale su fatti che possono interessare tutte le società di calcio (a cominciare dal Napoli che deve rientrare dei due punti scippati) e tutti i cittadini della Repubblica. Il primo punto è quello a cui ho già fatto cenno che riguarda la stampa che anticipa addirittura le sentenze. Il secondo riguarda la famigerata "responsabilità oggettiva" che fa sì che le società da parte lesa vengono trasformate in reo e per questo condannate. Mi verrebbe da pensare a Pinocchio dove il giudice condanna il derubato e non il ladro.

Eppure c'è ancora qualcuno autorevole come Palazzi, il procuratore federale, che definisce la responsabilità oggettiva "l'architrave su cui poggia da anni la giustizia sportiva", oppure come Gianni Petrucci, da presidente del Coni, che la definisce "caposaldo del calcio e dello sport".

Sono posizioni arretrate e retrive da medio evo del diritto che non tengono conto delle mutate condizioni che sono state conseguenza di vertiginose rivoluzioni tecnologiche e sociali di cui il diritto non può non tenere conto. Mentre fior di giuristi si sono resi conto benissimo come pure il Tnas (il tribunale di arbitrato dello sport) che ha ritenuto in più di un caso che dovrebbe fare giurisprudenza, non doversi applicare automaticamente e ciecamente il principio della responsabilità oggettiva.

Infatti il quadro entro il quale si consumò il primo scandalo scommesse è profondamente mutato. Allora le scommesse erano proibite e quindi gestite clandestinamente da organizzazioni criminali; il calciatore che voleva scommettere o aggiustare le partite doveva prendere contatti personali e "fisici" con queste bande ed esporsi ad ogni forma di controllo da parte della società. Leggi che tutelino la privacy erano al di là da venire e il controllo anche severo era possibile (non dimentichiamo che a quell'epoca le ditte che dovevano assumere un lavoratore solevano chiedere informazioni ai Carabinieri).

Oggi le scommesse non solo non sono vietate ma sono fortemente e assurdamente "raccomandate" dallo Stato stesso che ha fatto diventare tutta l'Italia una bisca a cielo aperto, dove si può scommettere dappertutto e con tutti i mezzi, dal tabaccaio, dal giornalaio, persino allo stadio non si possono comprare i biglietti per la partita ma in compenso si può scommettere. Si scommette con il telefonino con il computer, con l'ipad e con tutte le diavolerie di questo mondo, puoi fare scommesse in partenza da Singapore, dal Messico, dalla Bulgaria e da ogni parte del mondo, su tutte le partite, persino su Scapoli-Ammogliati della spiaggia di Fregene. Il calciatore che vuole scommettere e aggiustare le partite lo può fare tranquillamente da casa sua. Senza essere controllato da nessuno, tanto meno dal suo datore di lavoro il quale è letteralmente paralizzato dalle leggi sulla privacy. Ricordate la condanna subita da dirigenti dell'Inter per aver fatto "spiare" Vieri"?

Sul caso Mauri, un quotidiano, nel tentativo di incastrare la Lazio e il suo giocatore, ha ricostruito in una tabella (che la Lazio farebbe bene a produrre in giudizio per dimostrare la sua totale impossibilità di controllare il suo associato) un groviglio inestricabile, una vera e propria ragnatela in cui si incrociano le comunicazione fra molte utenze telefoniche.

Come sostiene l'avvocato Alejandro Canducci nella Rivista di Diritto e Economia dello Sport, le società "non possono predisporre misure idonee a prevenire l'illecito o quantomeno ridurne le conseguenze", in quanto "nell'era della tecnologia sarebbe di fatto impossibile controllare l'operato dei propri tesserati, anche in virtù delle norme sulla privacy sempre più stringenti".

Nella situazione attuale la responsabilità oggettiva non ha alcun senso, altro che architrave della giustizia sportiva. Se questo è l'architrave, il tempio della giustizia sportiva è già ridotto a un cumulo di macerie.

Modificato da Ghost Dog

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti
Joined: 14-Jun-2008
11014 messaggi

Depression – Football’s Great Problem?

We should all be a little more considerate before tearing a footballer to pieces

by OURIEL DASKAL (SOCCERISSUE 16-01-2013)

Back in 2002, Barcelona goalkeeper Robert Enke arrived at the Camp Nou stadium for a Champions League match against Leverkusen. When he entered the locker room, he found out that he wasn’t on the team sheet for the game. As he made his way outside, he had no idea how to get back home – he completely forgot about the existence of taxis and buses – so he just stayed there.

Enke was rarely a starter for Barcelona. His most notable performance there came in an embarrassing loss to 3rd division team Novelda, when he made 2 critical errors that led to the team’s exit from the Spanish cup. This led to a lot of criticism in the media about his ability. Since then, he played only a handful of matches for the club. Despite that, he was the team’s regular 2nd goalkeeper – that’s why he was so distraught about not being selected for the match against Leverkusen. In the world of football, where people often find out about changes from the media rather than by a face-to-face conversation, this is a way to signal to a player that he is no longer wanted in the club.

Enke tried to keep going after this incident. He showed up to practices and trained with the team, until he was sent to Turkish side Fenerbahçe. That’s where he suffered his first spell of depression, the illness that would eventually lead him to end his life.

The book about Robert Enke’s life, titled “A Life Too Short: The Tragedy of Robert Enke”, is one of the best books written about football in recent years. In it, author Ronald Reng tells the story of the goalkeeper’s troubled life, focusing on how he (and people around him) tried to deal with depression.

A survey by FourFourTwo magazine finds that 70% of footballers in England and Scotland think that depression is a common problem among footballers. Many of them say that they have suffered from it themselves.

Modern medicine is still unable to pinpoint the causes for depression. Many experts have suggested different reasons, such as changes in family structure, urbanization and the lack of community in the western world.

One thing is certain though – when depression sets in, it isn’t necessarily just a mental illness, but a physiological issue. When you examine the brain of a person suffering from depression, you can see parts of his brain are inactive. Depressed patients often say that their life is “surrounded by darkness”, and that they cannot think positive thoughts. Patients usually suffer from prolonged periods of unhappiness, low self-esteem, and are usually in a state of profound sadness and despair.

It seems like the health of football players who suffer from depression is much quicker to decline than in other professions. It’s possible that depression has a bigger influence on a player’s health than, say, knee issues.

Football players, who tend to experience quite a few mood-swings in a season, are usually under a lot of stress to perform. This makes them much more susceptible to depression. Enke himself once told his agent that “football turns you into a person that is never satisfied. You always want more”. This constant chase is not healthy for the human brain.

“The best way to deal with it is to leave the game and get help”, said an unnamed League One player in England. The problem, as told in Reng’s book, is that leaving the game is very difficult for a football player. These guys trained their entire lives to play football – what can they possibly do without it?

There is also another major problem. “Enke’s death influenced a lot of people because they felt that the values he believed in, such as solidarity and empathy, were denied of him in professional football”, wrote Ronald Reng. “Robert and other players suffered from it, because they could tell that most managers, and sometimes even the public, view these values as a sign of weakness in a footballer”.

Once, when he was told to be more ruthless in his quest to become the national team’s starting goalie, the German shouted back “I’m not like that, and i will never be like that!”.

“The Secret Footballer”, an un-named professional football player that writes eye-opening columns for “The Guardian”, wrote about his own struggles with depression. “I have only ever found football to provide me with any great joy in the immediate aftermath of winning a game”, he wrote. “Winning says ‘I’m better than you and the lads that I play with are also better than you’. It’s a playground mentality, deep rooted in us, that comes racing to the surface in the wake of a success. But losing a football match is a terrible feeling and, worse, being responsible for that loss with a mistake feels as if the whole world is pointing at you and laughing while taking pot shots at your stomach”.

A depressed football player doesn’t have a lot of places to turn to for help. It’s almost impossible when the game is so “public” – the speculations, the media, the fans, the rumors, the discussion forums. What would you think if you found out that your team’s captain is suffering from depression? Would you still want him as a captain?

Robert Enke should have been admitted to a clinic. He refused to go, because he was trying to secure his spot in the national team’s starting line-up for the upcoming World Cup. Would he still have a shot if he was getting help for a “mental illness”?

When Enke’s wife Teresa tried to convince him to go and get medical help, he asked her “How can a goalkeeper have mental problems?” She answered that “in these clinics, there are many different people. Lawyers, professors, businessmen – it’s a difficult thing for everyone”. Enke responded “it’s different for me. If the public finds out that these people have a problem, it’s not so bad for them”. The discussion ended in silence, and a few weeks later Enke committed suicide.

In England, depression among footballers became a legitimate topic of discussion following former Wales manager Gary Speed’s death. Celtic Manager Neil Lennon and ex-player Stan Collymore admitted that they, too, suffered from spells of depression. Several other players did the same. Former England squad member Darren Eadie plans to set up a special clinic for football players who suffer from depression, and the Professional Footballers’ Association in England also tries to support those who try to cope with the problem. The subject is no longer “taboo”.

In Germany, this topic is also talked about frequently, following Enke’s suicide and Sebastian Deisler’s retirement.

Deisler, who was hailed as the future of German football at the turn of the millennium, retired at the age of 27 due to a combination of injuries and depression.

Sometimes we tend to forget that a lot of footballers are very young, and sometimes not completely mature. When you consider the amounts of money that some of these guys receive, it’s no wonder that many of them develop addictions or suffer from different mental issues.

They say that depression is the epidemic of the 21st century. According to researches, about 16% of the world population will eventually suffer from some kind of depression. While football fans are less susceptible to suffer from depression – according to research, this is due to the sense of community created by following the game – players are much more vulnerable because of the great stress, publicity and money in the game.

This means that maybe we – fans, journalists, executives and even coaches – should be a little more considerate before tearing someone to pieces. We just might need to watch our words before passing judgment on a goalkeeper who made a mistake. We need to be a little more sensitive.

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti
Joined: 14-Jun-2008
11014 messaggi

Hanno avvelenato il Codino

di LELLO GURRADO (SPORTIVAMENTEMAG 16-01-2013)

“In cauda venenum” dicevano i latini. Il veleno nel Codino, traducono a Coverciano. Il codino è quello di Roberto Baggio che è stato avvelenato in questi giorni dalla Figc sotto forma di licenziamento in tronco dal ruolo di Presidente del Settore Tecnico della Federcalcio. Al suo posto andrà Giancarlo Antognoni, un altro illustre numero 10 del nostro calcio.

Che cosa è successo? Perché dopo due anni e mezzo di impalpabile presenza alla guida di un settore inutile, il calciatore più amato degli anni novanta (pallone d’oro del 1993, non dimentichiamolo) ha preso il cartellino rosso? Beh, le cose, come sempre accade nello strano mondo della Figc, non sono molto chiare.

Se dobbiamo dar retta ai si dice, pare che “Codino” Baggio abbia tentato di fare un tunnel ma, all’ultimo momento, l’avversario ha chiuso le gambe e il dribbling non è riuscito.

In altre parole, e fuori dalla metafora calcistica, il presidente degli allenatori Renzo Ulivieri (prossimo candidato alle politiche con Vendola) ha svelato che Baggio nell’ultima riunione prenatalizia ha portato avanti una singolare proposta, quella di istituire una sorta di “laurea ad honorem” riservata a chi lavora nel settore tecnico. Sì, insomma ha chiesto che questi suoi collaboratori venissero nominati allenatori senza la rottura di scatole di dover seguire il corso di Coverciano.

E questo perché? Per favorire se stesso, per gratificare Gianni Rivera o l’ex arbitro Alfredo Trentalange? Sì, anche, ma non sarà per caso, ha pensato Ulivieri che si presenterà alle politiche e quindi ha incominciato a studiare che cosa sono le leggi “ad personam”, che Baggio vuole favorire il suo manager storico Vittorio Petrone che, guarda un po’, lavora anche lui al settore tecnico? Nel dubbio ha votato contro, con voto palese.

Io, come ho già detto, non so se le cose sono andate proprio così. Però una considerazione la posso fare. Baggio ha segnato duecentocinquanta gol in serie A, ha incantato mezzo mondo, è stato pallone d’oro ma, lasciato il campo, ha confermato per l’ennesima volta che non necessariamente i grandi campioni sono anche grandi tecnici e, men che meno, è scritto che debbano essere per forza bravi manager. Vedi Rivera, Mazzola, Bettega, Zoff e, se vogliamo anche Maradona, Gullit eccetera eccetera.

Ora, avvelenato il Codino, il testimone passa a Giancarlo Antognoni. Avrà altri meriti oltre a quello di vivere a due passi da Coverciano? Speriamo di sì, altrimenti Ulivieri farà desistenza.

___

LA STAMPA 16-01-2013

advP9qQZ.jpg

___

Baggio, tramonta una

carriera mai nata. O quasi

Capo del Settore tecnico: scaricato

di MARCO ANSALDO (LA STAMPA 17-01-2013)

Mentre a Roma stavano eleggendo il presidente della Federcalcio, Roberto Baggio stava a caccia in Argentina, come ogni anno in questo periodo. L’assenza del Divin Codino non ha impedito a Giancarlo Abete di essere riconfermato nella carica, e non poteva essere altrimenti, ma il fatto che chi dirige il Settore Tecnico spari alle anatre della Patagonia invece di partecipare alla vita della Federazione fa capire come Baggio intenda il ruolo con un certo distacco: pare sia l’anticamera del divorzio dopo due anni e mezzo di rapporti deludenti e di incomprensioni sussurrate. «Roberto rimarrà molto stupito dal leggere le voci di una mancata conferma» ha commentato Vittorio Petrone, il suo manager. Non c’è niente da stupirsi. L’ex fuoriclasse fu nominato subito dopo il fallimento della Nazionale in Sudafrica, quando si prese atto con ritardo che il calcio italiano era in crisi. Baggio, Sacchi e Rivera.

Abete pensò che affidare a tre grandi nomi la guida di settori fondamentali per la riscossa del movimento fosse una bella operazione d’immagine e potevano uscirne anche delle idee. Sacchi ha lavorato molto, Rivera ha fatto quanto ha potuto per il settore scolastico, con la guerra subita dalla Lega Dilettanti, Baggio si è visto e notato poco. Ha firmato un progetto per cambiare la preparazione di chi deve formare i giovani calciatori, a ottobre si è lamentato che la Figc dopo 10 mesi non gli aveva ancora dato una risposta poi ha fatto una parziale retromarcia visto che sono stati stanziati tre milioni. Oltre a quello non si è andato. In fondo il suo operato si ricorda soprattutto per la bella pensata di promuovere «allenatori ad honorem» i 10 consiglieri del Settore Tecnico, tra cui il dg della Juve, Marotta, l’ex arbitro Trentalange, il medico della Nazionale, Castellacci, e naturalmente l’inseparabile Petrone, l’amico d’infanzia diventato l’ispiratore della seconda vita di Baggio. Pure lui buddista, Petrone è l’uomo che ha lavorato per fare di Roby un’icona: l’ambasciatore dell’Onu, l’interlocutore di grandi personaggi come Aung San Suu Kyi, la birmana premio Nobel per la Pace cui scrive lettere. Non si muove foglia che Petrone non voglia. Cosa che crea qualche problema, come quando Baggio pretendeva che l’onnipresente procuratore avesse un ufficio tutto suo a Coverciano. Ora la storia sembra alla fine. Si parla di Antognoni come successore, anche se la Federcalcio frena e fa sapere che non c’è niente di deciso, a partire dalla rottura con Baggio. Il quale però starebbe accarezzando il ritorno in prima linea. L’ex presidente del Vicenza voleva assumerlo come allenatore (idea bloccata dal Consiglio per la spesa eccessiva, 600 milioni come inizio), Moratti lo vorrebbe al settore giovanile dell’Inter, Corioni al Brescia. Di ritorno dalla caccia il Divin Codino prenderà una decisione. O qualcuno l’avrà presa per lui.

Modificato da Ghost Dog

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti
Joined: 14-Jun-2008
11014 messaggi

Mutschke: The key to success is prevention

(FIFA.com) Wednesday 16 January 2013

Integrity in sport is the main theme of an international conference organised by FIFA and Interpol and being held this Thursday and Friday (17-18 January) in Rome. FIFA Secretary General Jerome Valcke will be one of the main speakers, along with Ralf Mutschke who is FIFA's Director of Security.

Before the conference, Mutschke made himself available to various media representatives to talk about his first seven months as FIFA Director of Security and outline his division's strategy regarding the integrity initiative.

Football is currently facing real threats in the form of corruption and match-fixing. Past cases and also current events have shown this to be a problem rife throughout the game.

"I had an informal meeting here in Zurich with someone who had been found guilty of match-fixing," Mutschke explained. "He looked me right in the face and said: 'Organised crime is getting away from its original criminal activities and moving into match-fixing, since there's little risk and lots to gain'."

Making sure that match-fixing does not take place is Mutschke and his team's primary task, and it is important that the entire FIFA community be involved in the fight against organised crime.

"This is my main aim and also my biggest challenge," said the 53-year-old former Interpol director. "We need to strengthen the football community in the fight against corruption and match-fixing."

One of the most important measures in this regard is the FIFA awareness programme, which includes holding information sessions ahead of all FIFA tournaments and making top officials for the FIFA Confederations Cup Brazil 2013 and the 2014 FIFA World Cup Brazil™ more attuned to the phenomenon. Regional and national workshops are also held in all confederations to ensure a uniform and systematic approach.

"There is far more than that however. We want to demonstrate that FIFA, in conjunction with our partner Interpol, is really focusing on this," Mutschke continued, explaining that in February, a whistle-blower hotline is being set up enabling anyone to write in by e-mail. This will give people who have suspicions the opportunity to contact FIFA anonymously, to enable the governing body to act on any tips it receives.

No suspicions regarding FIFA World Cup qualifiers

Another part of the overall concept is the integration of an early warning system (EWS) which has recently been set up within FIFA's security division.

"We monitor around 1,500 matches a year, including all FIFA competitions and international friendlies," said Mutschke. "At the moment about 50 national leagues outside of Europe are being targeted by organised crime figures in the betting market."

Qualifying matches for the world's greatest football tournament are also being monitored, and the FIFA director has some positive news to report. "World Cup qualifying matches are tough to fix as a general rule, since the World Cup is the biggest event for teams and above all players. It only comes round every four years and it's the one that they really want to take part in," he said.

"We're obviously still keeping a very close eye on the matches, but as yet there have been no suspicions of fixing. International friendlies on the other hand are much more susceptible to this kind of thing."

In the future, Mutschke's team is going to be further strengthened, both at the Home of FIFA and internationally, to make sure that they are even better armed in the struggle against match-fixing. A detective superintendent from the German Federal Criminal Office and a commissioner from the U.S. police authorities will be added to the staff in Zurich, whilst an additional security officer will be stationed in London.

Plenty of member countries have shown a real interest in working with FIFA on this matter and have already approached Mutschke with specific queries. FIFA will be using its Integrity Team (FIT) to provide intensive support to these countries and to take up the fight on the broadest possible scale against organised crime.

"My main aim is to set up a global network of integrity officers," Mutschke concluded. "The key to success is prevention, and we can only succeed if we work together."

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti
Joined: 14-Jun-2008
11014 messaggi

Brazilian union warns:

‘There will be more deaths’

FIFPro News Wednesday 16 January 2013

‘You can write down what I'm saying: there will be more deaths, this was not the last one.’ This apocalyptic statement was made by Felipe Augusto Leite, president of Safern, the Union of Professional Football Athletes of Rio Grande do Norte in Brazil.

Felipe Augusto’s outburst came following the tragedy that happened on Wednesday 9 January. Neto Maranhão suffered a cardiorespiratory arrest during training and without immediate proper medical attention, arrived to the hospital only after his heart had already stop beating. The midfielder of Potiguar de Mossoró (a club from the football league of the state of Rio Grande do Norte) had turned 29 just the day before his death…

According to assistant coach Edinho Cardoso, Neto Maranhão had been training normally on Wednesday morning. Unexpectedly, the midfielder passed out during a break between the first and second training session. He was attended by his teammates. Without medical presence in the training facility, the fitness trainer and the massage therapist tried to reanimate Neto Maranhão with mouth-to mouth resuscitation and cardiac massage. They failed.

Already emotionally shocked by the whole ordeal, his teammates took Neto Maranhão in their arms to a car nearby. They drove him straight to the Regional Tarcísio Maia Hospital, which was three minutes away. Unfortunately, Neto Maranhão was pronounced dead on arrival, as affirmed by doctor Hélio Jales from the hospital. He commented that in case the medical attention to the player had happened quicker with the correct medical equipment, the chances of him surviving would have been much higher.

Born in São Domingos-MA, Neto Maranhão was an experienced player. He previously played for clubs like Santa Cruz-PE, Corintians de Caicó, Campinense-PB, Salgueiro-PE, América Mineiro and Treze de Campina Grande-PB.

Union president is furious

Outraged with what happened to Neto Maranhão and by the way he sees the Football Federation of Rio Grande (FNF) managing local football, union president Felipe Augusto Leite said he foresees more dark clouds hanging over Potiguar football pitches. ‘I am furious with all this, indignant. But do you know who the biggest culprit is? There are several, but the Federation carries the biggest blame.’

To Felipe Augusto, the death of Neto Maranhão only reignites the complaints the union has made for the past years but have been, so far, ignored. ‘We are always demanding the clubs to register and sign the player’s workers record book, and to offer dignifying working conditions, to pay the wages on time, etc. But nobody cares. The Federation hides from all this, stating it is not their responsibility, and the clubs don't care about it. And as result: they've killed the boy’, he vented.

In 2012, Safern demanded a more energetic attitude from the Public Labour Department, in order to ensure that the social obligations of clubs were fulfilled. The result was the drafting of the Conduct Adjustment Declaration (TAC) ‘which covered nothing less than the professionalization of football in the state’. Hence, all clubs were ready to take all necessary labour measures, including the medical monitoring of athletes.

There are no doctors working on a daily basis in virtually any club in the state - including Potiguar de Mossoró. According to Felipe Augusto, the situation is one of amateurism, a reality different from the big clubs from the capital. ‘The exception is ABC and also América, but even in those clubs you don't have a doctor working on some training days’, he alerted.

Felipe Augusto said he will, once again, ask in the Public Labour Department, for Potiguar clubs to comply with the law, and request from the FNF to show some ‘morality’ and organise a campaign to ensure all of its members comply with the laws and provide a safe working environment to all professionals. ‘I know the Federation does not have this kind of obligation, but it is a moral duty to do something about it. You can't just bury your head in the sand.’

Physical examinations

Contacted by the
Novo Jornal
last week, the manager of Potiguar Mossoró, José Neto, reported that the club was still doing medical tests on its players a few days before the beginning of the Potiguar Championship 2013. The last test would be completed last Friday. The manager admits that it is a mistake, but, aside from lacking the right conditions to perform the medical procedures at the right time, ‘no other team does’.

‘The right thing is to carry out the medical exams when the player arrives, but no one does that’. We are not in a team which has the conditions to do so, and unfortunately that is how we have to work’, he confessed.

Potiguar is not the only one, as warned by union president Felipe Augusto and Potiguar manager José Neto. This year, Palmeira de Goianinha and Corintians de Caicó - former club of Maranhão Neto - also did not perform physical examinations on their athletes.

Modificato da Ghost Dog

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti
Joined: 14-Jun-2008
11014 messaggi

Competition law and Financial

Fair Play in the Premier League

by STEFAN SZYMANSKI (SOCCERNOMICS 16-01-2013)

I have an article in The Times today about the anti-competitive implications of Financial Fair Play, which was prompted by Martin Samuel’s broadside in the Daily Mail. My article is based on a new paper (Peeters & Szymanski Financial Fair Play WP) which I have been working on with Thomas Peeters from the University of Antwerp. In the paper we simulate the impact of FFP as if the rules had applied in the 2009/10 season. To work this out we estimate the effect of spending on success, not over the whole season (like the chart in Soccernomics) but on a game by game basis- i.e. we treat the result of each game as a function of the wage spending of each team. We used a sample of over 20,000 games over 20 years for the top three English divisions. Our results then enabled to estimate how much teams would spend if they had not been allowed to exceed the FFP break-even constraint in 2009/10.

I should say that I was genuinely surprised by the results. Relatively few teams breached breakeven by much even then, so I expected a relatively small fall in expenditure. Instead, the reductions made by a few teams had a big knock-on effect on the remaining teams, who need to spend less to achieve the same level of success, such that overall wage spending would have been up to 23% lower than it actually was had the full FFP regime been in operation.

Another way to put this is that FFP works as a coordination device which enable clubs to cut spending simultaneously and hence increase profitability. If the Premier League voted to implement FFP I think this would then be a breach of Chapter One of the Competition Act, which prohibits agreements that “limit or control production, markets, technical development or investment”. To be sure, lawyers for the Premier League and the clubs would claim that the FFP rules have pro-competitive effects.

I’m not sure I can see what these might be. It certainly would do nothing to improve competitive balance among the teams, and to be fair to UEFA they do not even claim that it would. In our simulations the variance of points won in the Premier League is unaffected by FFP.

Shot at financial play

fair is well off-target

Adopting Uefa’s rules will only make it

harder for small clubs to break into the elite

by STEFAN SZYMANSKI (THE TIMES 16-01-2013)

Manchester United, Spurs, Liverpool and Arsenal are quietly lobbying the chief executive of the Premier League to limit the spending power of Chelsea and Manchester City. It is no surprise that some of the big clubs advocate the adoption of Uefa’s Financial Fair Play (FFP) rules. Clubs are struggling to be profitable and insolvency is rife.

Under FFP, clubs have to maintain solvency and must not spend more than their football income — the so-called break-even rule — which restricts the ability of owners to cross-subsidise the team from other business income. According to Uefa, this would “protect the long-term viability and sustainability of European club football”. Worthy goals indeed, but the rules may have less virtuous consequences.

Given that the more successful teams generate the largest incomes, the only way lesser teams can challenge them is for someone to inject money from outside. It’s no coincidence that the only teams to break the dominance of the established clubs in the past 20 years have been Blackburn Rovers, Chelsea and Manchester City, all of whom had “sugar daddies”. FFP would make it harder for upstart clubs to challenge those already at the top.

Uefa presents itself as a benevolent regulator with the best interests of football as its sole objective. But it has a financial interest as well. According to its 2010-11 accounts it generated €1.4 billion from the sale of rights, primarily to the Champions League, and paid out €1 billion to clubs, thus keeping 28 per cent to spend as it sees fit. The relationship is analogous to that between a car manufacturer and its dealers, a brewer and the pubs that sell its beer or a newspaper publisher and the corner shops that sell papers.

EU competition law prohibits companies competing in the same industry from making agreements that restrain competitive behaviour. This protects consumers from conspiracies to raise prices or lower the quality of goods and services, and protects workers from employers ganging together to cut wages.

Restrictions imposed from above can be good for consumers if they ensure that the product is delivered to them in good condition. Joaquín Almunia, the European Commissioner in charge of competition, appears to have approved FFP, thinking that it will benefit fans. This may be true when it comes to requiring clubs to pay their debts (including players’ wages) and maintain solvency. But by appearing to endorse the break-even rule the European Commission is failing to uphold the best interests of the fans.

The likely effect will be to ossify competition and maintain the dominance of established clubs (ironically, Chelsea and Manchester City may be the greatest beneficiaries, having already paid to join the elite). Less competition will reduce the pressure to spend on players’ salaries. While few may shed a tear for multimillionaire footballers, the quality of competition will also fall, as owners funnel their income into profits, not players.

The Premier League case seems even simpler. Chapter One of the Competition Act prohibits agreements between undertakings that “have as their object or effect the prevention, restriction or distortion of competition within the United Kingdom” and this applies to agreements that “limit or control production, markets, technical development or investment”. This move by some of the Premier League clubs would appear to be an open-and-shut agreement to limit investment, and therefore illegal.

To those who say that these rules are necessary to preserve the fabric of English football I would ask how many professional clubs have gone out of business in the past hundred years. Of the 88 members of the Football League in 1923, 85 still exist today, most still in the top four divisions (the exceptions being Aberdare Athletic, Merthyr Town and South Shields). Insolvency and restructuring of the limited liability companies that own football clubs are commonplace but should not be confused with the termination of the club, which almost never happens.

English football is healthier than it has been for decades — the quality of the game has risen immeasurably in the past 20 years, attendances have almost doubled despite astronomic increases in ticket prices, upwards of £2 billion has been invested in stadiums. The Premier League is a global phenomenon, generating as much money from selling rights overseas as at home. And foreign investors have flocked to put their money in.

Having thrived in a competitive environment, why on earth should the big clubs now be allowed to end that competition? If they manage to persuade the rest of the Premier League to adopt FFP it will be time to call in the Office of Fair Trading.

Stefan Szymanski is the Stephen J. Galetti Professor of Sport Management at the University of Michigan

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti
Joined: 14-Jun-2008
11014 messaggi

l'intervista

La difesa di Trofino, avvocato della Juve

«Un'ingiustizia, vigliacco chi non rimedia»

I due punti in meno? Vantaggio immeritato per i bianconeri

E Mauri intanto continua a giocare

di GIANLUCA ABATE (CORRIERE DEL MEZZOGIORNO - NAPOLI 17-01-2013)

NAPOLI — Paolo Trofino, penalista, avvocato della Juve. Se la sentenza d'appello confermasse i due punti di penalizzazione al Napoli i bianconeri avrebbero un problema in meno?

«Sarebbe un vantaggio immeritato. È così che si falsa un campionato».

Dice che quella condanna è ingiusta?

«No, dico che è assurda».

Paolo Trofino, napoletano, penalista, è uno dei legali del collegio che assiste la Juventus. Ha difeso Antonio Giraudo per la vicenda doping. E — soprattutto — Luciano Moggi durante il processo Calciopoli. Conosce a memoria pieghe (e piaghe) della giustizia sportiva. E ha partecipato a troppi procedimenti sia penali che sportivi per lasciarsi andare al toto-anticipazioni di ciò che accadrà oggi. Le frasi del presidente del Napoli Aurelio De Laurentiis sul «campionato falsato», però, le condivide pienamente. «Sono perfettamente d'accordo con lui. L'ho dichiarato in tempi non sospetti. Alterare la classifica di un campionato in corso è l'effetto stupido di una sentenza emessa da questa giustizia sportiva che è rudimentale. E non ha il coraggio di riparare ai torti applicando schematicamente regole ormai superate. Vale per tutti, non solo per il Napoli».

Cos'è che non la convince?

«La follia di questo sistema è che Cannavaro e Grava, mai coinvolti in un procedimento penale, sono stati squalificati, con tanto di penalizzazione del Napoli. Nulla invece è accaduto per la Lazio. E Mauri, che era stato arrestato, continua addirittura a giocare».

Perché questa disparità di trattamento?

«La Procura di Cremona, che indaga su Mauri, non ha ancora trasmesso gli atti alla Procura federale, evidentemente per esigenze investigative. Il risultato è un'ingiustizia».

Che senso ha istituire un «ufficio indagini» alla Federcalcio se poi invece di avviare inchieste si è costretti ad aspettare gli atti?

«Qui entriamo in un campo difficile, quello della gestione disciplinare di una giustizia domestica. È vero che formalmente non avevano la notizia criminis, ma sostanzialmente bastava leggere i giornali. Potevano indagare ben prima, sapevano che era stato arrestato. C'è stata una cattiva gestione da parte della Federcalcio».

Com'è stata invece la gestione del caso da parte del Napoli?

«Be', tutti hanno commesso qualche errore. Cannavaro e Grava, invece di negare di aver ricevuto la proposta di Gianello, avrebbero dovuto dire sì, ce l'ha detto, ma l'abbiamo presa per un'uscita stupida, non gli abbiamo dato alcun peso. Anche perché, in caso contrario, sulla scorta di una battuta avrebbero dovuto denunciare Gianello per illecito e, così facendo, avrebbero denunciato la loro stessa società, che sarebbe stata penalizzata. Un paradosso».

Sentenza giusta dunque?

«No, ma emessa secondo i canoni. Questa è una giustizia che si basa sui precedenti. E i precedenti sono tutti contro il Napoli».

Nessun errore da parte dei giudici?

«La loro sentenza ha provocato un'ingiustizia evidente sia per il Napoli, che ha fatto sforzi economici enormi, sia per un'intera città, i cui sogni di gloria sono stati frustrati da un terzo portiere che non ha mai giocato».

Non pensa sia il caso di rivedere la responsabilità oggettiva?

«Guardi che non lo penso solo io, l'hanno scritto gli stessi giudici sportivi in decine di sentenze che ho letto. Il problema è un altro».

Quale?

«Le commissioni disciplinari sono composte da avvocati e professori. Giuristi che, davanti a un caso così clamoroso come quello del Napoli, dovrebbero avere il coraggio di interpretare la legge per evitare un'ingiustizia plateale».

Pensa che quelle norme vadano forzate?

«Un giudice che vuole evitare un'ingiustizia può e deve interpretare le leggi in maniera più larga, anche forzarle leggermente se l'obiettivo finale è la riparazione di un torto. E, se non lo fa, è un vigliacco».

Restasse tutto com'è sarebbe un bel vantaggio per la Juve, considerando anche la prevedibile penalizzazione della Lazio?

«Il campionato è bellissimo, e senza quei due punti di penalizzazione al Napoli sarebbe straordinariamente più bello. La sentenza, così com'è oggi, permette alla Juve di avere una vita più facile di quella che dovrebbe avere, un vantaggio assurdo. Chi decide quanti punti togliere e quando? Questo sistema consente di governare un vantaggio nei confronti di una squadra».

Fantacalcio. Cosa fare se confermassero la penalizzazione al Napoli e la Juve vincesse il campionato con due punti di vantaggio?

«Il presidente Agnelli rinunci allo scudetto e si giochi il campionato in una partita contro il Napoli. Il titolo si vince sul campo. E noi, si sa, alle vittorie sul campo siamo affezionati».

___

Oggi l’appello per i due punti tolti

L’esperto Uefa: «Il Napoli poteva evitare la penalità»

di TOMMASO LORENZINI (Libero 17-01-2013)

Calcio, scommesse, sospetti, combine. Ivo Romano, avellinese, giornalista freelance e betting analyst, è un esperto. Conosce il mercato del betting, quello asiatico (il più pericoloso) per lui non ha segreti, per 4 anni è stato consulente Uefa nella lotta al match-fixing.

Oggi il Napoli attende l’esito dell’appello per la condanna del calcioscommesse, squalificati Cannavaro e Grava per sei mesi, due punti di penalizzazione e 70mila euro l’ammenda al club per responsabilità oggettiva: è una condanna congrua?

«Sono un esperto di scommesse, non di giustizia sportiva. Detto questo, se la responsabilità oggettiva è un cardine della giustizia sportiva, i club avrebbero la possibilità di attenuarne gli effetti».

E come?

«Controllando se stessi. Se un club dimostra in maniera inequivocabile di aver attivato sistemi di controllo la giustizia sportiva ne terrà conto in sede processuale».

È già accaduto?

«Si, al Novara. Dopo l’esplosione dello scandalo, ha firmato un accordo con la Federbet, un’azienda con sede in Belgio, per il monitoraggio delle scommesse sulle proprie partite. La Disciplinare ha scontato ai piemontesi 2 punti di penalizzazione per la buona volontà dimostrata nell’essersi attivati nel controllo. È scritto nelle motivazioni della sentenza. E proprio ieri il presidente Abete ha annunciato che in una prossima revisione del criterio della responsabilità oggettiva, sarà tenuto conto degli sforzi messi in campo dai club per contrastare le scommesse clandestine».

Se il Napoli avesse intrapreso la stessa strada del Novara, pensa che la condanna sarebbe stata meno dura?

«Considerato il precedente sì».

Può essere questa la via futura per limitare i danni da responsabilità oggettiva?

«Non c’è dubbio, e non lo penso da oggi. Già prima che lo facesse il Novara, forte della mia esperienza con l’Uefa avevo contattato i club di A e B per proporre un servizio del genere. Dopo quella sentenza, ci ho riprovato, anche con il Napoli».

Risposte?

«La Lega di B si è interessata, Catania e Juve hanno risposto, per il resto nulla».

Come mai questo scarso interesse?

«Nonostante gli scandali, le società mi sembrano poco attente. Non è questione di soldi, un club movimenta decine di milioni, cosa volete che siano poche migliaia di euro? Se il Napoli ci avesse pensato, ora forse ne risparmierebbe 70mila di ammenda oppure avrebbe almeno avuto una penalizzazione dimezzata».

Cosa fa, tira acqua al suo mulino?

«Macché. Il Novara mica si è rivolto a me, ogni club può scegliere chi vuole. Peraltro, esiste un’azienda di livello mondiale come Sportradar, che già lavora per Uefa, Fifa e una marea di Federazioni nazionali».

Modificato da Ghost Dog

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti
Joined: 14-Jun-2008
11014 messaggi

ĠAZZETTA DI PARMA 17-01-2013

abxnUcqa.jpg

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti
Joined: 30-Aug-2006
776 messaggi
Calcio e politica, torna il modello-Silvio

Da Lotito a Zamparini i presidenti cercano di ripercorrere l'epopea di Berlusconi

Ma rispetto al 1994 lo sport più popolare d'Italia non è più simbolo di successo

Carlantonio Solimene - Il Tempo - 17-01-2013

I politici scendono in campo. Le trattative sulle leggi finiscono ai supplementari. La sinistra va in pressing sui centristi. I parlamentati cambiano casacca. La commistione tra calcio e politica è così radicata che finanche il vocabolario si è adeguato. E non ce ne voglia Mario Monti, che più che scendere in campo è «salito» in politica. Persino lui che si sforza di apparire così sobrio non può ignorare che il primo vero passo da candidato lo fece lo scorso 1° luglio, quando si recò a Kiev per assistere alla finale degli Europei tra Spagna e Italia portando, ahilui, sfortuna agli azzurri.

Non sorprende, dunque, che tra la miriade di giudici e giornalisti che popolano le liste elettorali spuntino qui e là presidenti, direttori sportivi, persino allenatori. In fondo a fare da apripista non è stato un tipo qualsiasi. Silvio Berlusconi, proprio lui, prima ancora di essere l'uomo che dal nulla aveva creato Fininvest, per l'immaginario popolare italico era il presidente del Milan. E non un Milan qualsiasi, ma la squadra universalmente riconosciuta come una delle più forti di sempre, capace nell'era del Cavaliere di vincere tutto.

Berlusconi per primo ha capito che l'enorme appeal conquistato negli stadi d'Europa poteva essere cavalcato anche in campagna elettorale, non a caso alle sue cicliche candidature sono puntualmente corrisposti colpi di mercato a effetto. Perché in Italia il calcio è religione di Stato molto di più della politica o dell'evasione fiscale. E i puristi che si ostinano a negarlo, provino a ricordare un'immagine a caso del settennato dell'amatissimo Sandro Pertini: la prima - e in alcuni casi l'unica - che verrà in mente sarà quella del Presidente che, al Bernabeu di Madrid, si alza in piedi per esultare ai gol degli azzurri alla Germania. Immaginate se succedesse ora di farne tre ai tedeschi ai Mondiali: quanta retorica nazionalpopolare sarebbe rovesciata nella campagna elettorale?

Ovvio che adesso siano in tanti a sognare di ripercorrere, almeno in parte, l'epopea del Cavaliere. Equamente distribuiti nei poli: Vendola ha candidato l'ex allenatore Renzo Ulivieri, il patron del Palermo Maurizio Zamparini guida una lista anti-Equitalia, il presidente della Lazio Claudio Lotito si schiererà col Pdl anche se non è chiaro se lo farà a Roma per le Regionali o nella sua seconda patria calcistica, Salerno. Per completare il quadro, non si possono dimenticare Luciano Moggi, direttore generale della Juventus pigliatutto degli anni 90' poi finito nelle maglie di Calciopoli, che sarà candidato dai Riformisti di Stefania Craxi, e Paola Ferrari, conduttrice della Domenica Sportiva, tentata, pare, dalle sirene del Pdl.

Il problema di queste nuove discese in campo è che, per quanto simili a quella originale, a livello di contesto ne sono distanti anni luce. Perché il calcio dal quale proveniva Berlusconi era figlio di quegli anni '80 dorati cui fece seguito un decennio sportivo in cui le squadre italiane, generosamente foraggiate dai presidenti, dettavano legge ovunque giocassero.

Cosa resta ora di quei trionfi? Assai poco. Nessuna compagine tricolore ha più vinto una coppa europea dal «triplete» dell'Inter, nel 2010. Ma anche quello fu il colpo di coda di un movimento già in crisi profonda. E più che la mancanza di risultati, è la cattiva gestione del pianeta calcio a denunciarne le difficoltà. Se la politica ha preso dal pallone qualche dirigente e un bel po' di vocaboli, il pallone in cambio si è caricato di tutti i difetti del Parlamento. Un elenco? Semplice: la polemica fiscale («le tasse non ci consentono di competere con la Spagna»), gli attacchi alla giustizia («i tribunali sportivi sono da rifondare») o l'incapacità di prendere decisioni. In quale altro modo si può definire l'impasse in cui è finita la Lega di A, che non riesce a eleggere il sostituto di Maurizio Beretta, dimissionario dal marzo 2011? E che dire proprio di Beretta, al tempo stesso presidente di Lega e nel cda di Unicredit azionista di minoranza della Roma? Ricordano qualcosa le parole conflitto di interessi? Sono davvero questi i dirigenti di cui la politica ha bisogno? Non ce ne sono già abbastanza di problemi del genere a Palazzo?

734731_559830747377562_402961332_n.png

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti
Joined: 14-Jun-2008
11014 messaggi

IL CASO LA DENUNCIA DEI COMITATI: «STANNO AMMAZZANDO UN SETTORE E MOLTI ANIMALI»

L’ombra dello stadio sul

regno di trotto e galoppo

di ROSSELLA MINOTTI (IL GIORNO 17-01-2013)

NONOSTANTE le rassicurazioni delle istituzioni, la paura è che l’area dell’Ippodromo del Trotto finisca preda delle speculazioni o sia fagocitata dal vicino stadio di San Siro per attività legate esclusivamente al calcio. Ed è un peccato, che uno sport antico e nobile come l’ippica si avvii verso un declino inesorabile. Purtroppo a morte però rischiano di avviarsi anche i tanti cavalli protagonisti di questo mondo. Commenta con amarezza Maurizio Cavezzali, che anima il Comitato spontaneo Milano Ippica che si è costituito dopo la chiusura del Trotto.

«STANNO uccidendo un settore che incrementa anche le attività agricole. Solo in Lombardia ci sono cinquemila cavalli attivi fra quelli che corrono, stalloni, fattrici. Che fine faranno? Andranno al macello. La chiusura dell’Ippodromo ha creato un effetto domino che potrebbe trascinare tutta l’ippica italiana. Hanno chiuso Padova, stanno chiudendo Milano, Roma, Napoli. Noi vogliamo proteggere gli animali e i tremila posti di lavoro che si creano con tutto l’indotto del settore». «Gli ippodromi di Milano rappresentano un grandioso patrimonio di storia e cultura per la città» ribadiscono dal comitato. L’ippodromo del Galoppo nasce nel 1888 e viene rimodellato in stile liberty nel 1920. Il Trotto, invece, viene inaugurato nel 1925. Entrambi rappresentano da sempre un palcoscenico ippico, italiano e internazionale, animato da protagonisti d’eccezione come Ribot, Sirlad, Tony Bin, Falbrav al galoppo, mentre tra i trottatori ci sono gli indimenticabili Tornese, Crevalcore, Indro Park e Varenne. Un mondo che rischia di finire nel nulla.

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti
Joined: 14-Jun-2008
11014 messaggi

Le Parisien 17-01-2013

acgPinYp.jpg

Modificato da Ghost Dog

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti
Joined: 14-Jun-2008
11014 messaggi

L'ECO DI BERGAMO 17-01-2013

acxUlc17.jpg

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti
Joined: 14-Jun-2008
11014 messaggi

La vergogna e l’esempio

di DAVIDE COPPO (Sciabolata | RivistaStudio 17-01-2013)

Mercoledì 16 gennaio 2013, stadio Artemio Franchi, quarti di finale di Coppa Italia, Fiorentina-Roma. Queste le coordinate. Minuto 122: Dodò, terzino della Roma, spinge Cuadrado, centrocampista viola. Cuadrado lo spinge, a sua volta. I due si spingono, vicendevolmente. Espulsi entrambi dall’arbitro, vengono portati nel tunnel dagli spogliatoi dagli stewart, mentre continuano a insultarsi (“battibeccare”, si direbbe in televisionese) e provano di nuovo a trovare un contatto fisico. Alcuni giocatori, di entrambe le squadre, si raccolgono lì intorno. Uno stewart, comminando all’indietro, scivola e cade, in maniera goffa e non troppo divertente, in quella maniera un po’ Paperissima che fa ridere i bambini fino ai dieci anni di età.

Fabrizio Failla, integerrimo telecronista del servizio pubblico sportivo (tra i tanti servizi pubblici scadenti in questo Paese uno dei peggiori) vede invece una scena di guerra. Parla, concitato, adrenalinico: «Questo è uno spettacolo ver-go-gno-so! Mai visto in vita mia una cosa del genere, i calciatori che dal campo devono scendere negli spogliatoi per evitare che facciano a botte due atleti». Alberto Rimedio, il telecronista, stempera, derubrica l’accaduto a “scintille” (e d’altronde la partita è ripresa subito, senza feriti, né morti, né pubblici linciaggi, né ammoniti-per-comportamento-non-regolamentare). Failla non ci sta, l’indignazione non può essere placata, LA GENTE DEVE SAPERE: «Non chiamarle scintille! Non chiamarle scintille! Chiamiamole come… È giusto che ci sia il termine: vio-len-za pu-ra! Violenza pura!».

Prima ancora, dopo la caduta dello stewart, alcuni giocatori della Roma, a bordo campo (NON negli spogliatoi) chiedono spiegazioni agli altri stewart. Si parlano, indicano qualcosa, si capiscono. Ma per Failla il climax teatrale è iniziato: «È un tutti contro tutti, attenzione! Attenzione! Sta succedendo qualche cosa che è davvero vergognoso! Alberto ti assicuro è davvero vergognoso! Dovrebbero dare l’esempio, i calciatori, parliamo tanto di violenza sugli spalti, tante parole vengono espresse, e poi questo è uno spettacolo ver-go-gno-so!».

I calciatori, dunque, dovrebbero dare l’esempio. Ma chi mai ha deciso che i calciatori dovrebbero darlo, questo esempio? Per quale motivo? Chi ha investito un ventenne che gioca a calcio di un compito morale? E perché Failla subito identifica Dodò e Cuadrado come “i calciatori”, una categoria che così pronunciata rende l’individuo massa, categoria, bersaglio?

I calciatori: bizzosi, vanitosi, spendaccioni, ignoranti, viveur, sciupafemmine, drogati, rissosi, ricchi, ricchi, ricchi, ricchi. Queste le colpe dei calciatori: essere al centro del gossip scandalistico, senza che lo abbiano deciso. Essere in una società che ha liberamente scelto di assegnare allo sport calcio un ruolo centrale non solo nel divertimento domenicale, il leisure, ma in tutta la vita pubblica e sociale. È vero, il calcio è importantissimo: ma non lo è intrinsecamente – è importante perché lo è diventato, e lo è diventato perché LA GENTE ha liberamente scelto che lo fosse: li divertiva. In definitiva, i calciatori sono “colpevoli” di una cosa soltanto, e da questa derivano tutte le altre: essere ricchi. Dai loro guadagni arrivano le donne facili, dai loro guadagni arrivano le grosse automobili veloci, dai loro guadagni arrivano le vacanze in yacht a Formentera, le discoteche.

I calciatori sono uomini (ragazzi) dai diciassette ai quarant’anni che per lavoro tirano calci a un pallone. A volte non hanno completato il ciclo di studi, in casi rarissimi hanno una laurea. Ma tutto sommato, chi se ne frega. Guadagnano molti soldi perché la società in cui vivono – e le persone che la compongono – fa sì che questi siano i loro guadagni. E in virtù di questo, della loro ricchezza, vengono investiti da un compito moralizzatore. Non perché siano i migliori, solo perché sono i più ricchi. L’equazione è tanto semplice quanto campata in aria.

http://youtu.be/FT9BFFfOVew

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti
Joined: 14-Jun-2008
11014 messaggi

Quei salari che la crisi non ha toccato

di LUCA MANES (Slow Foot 17-01-2013)

Il salario delle stelle del massimo campionato inglese di calcio è salito di ben il 1.500 per cento fra il 1992, anno di nascita della Premier League, e il 2012. Nello stesso periodo gli stipendi di tutti gli altri lavoratori d'oltre Manica ha fatto registrare un incremento medio del 186 per cento. A rivelarlo un recente studio del think tank britannico High Pay Centre.

Nell’attuale frangente di ristrettezze economiche, gli incrementi salariali sono inferiori alla crescita dell’inflazione. Nella prima parte del 2012 si sono attestati sul 3 per cento, a fronte di un più 3,5 per cento dei prezzi al consumo. Alcune categorie hanno dovuto sostenere sacrifici ancora più duri. La paga dei dipendenti del settore pubblico è bloccata dal 2011 e dovrebbe innalzarsi di uno striminzito un per cento nel biennio 2013-14. I calciatori, invece, non sono nemmeno stati sfiorati dal vento gelido della crisi. “I banchieri e i manager delle grandi corporation spesso fanno paragoni tra i loro stipendi e quelli dei giocatori professionisti,” ha affermato il presidente dell’High Pay Centre Nick Isles in occasione della presentazione del rapporto. “In effetti ci sono delle similarità. I compensi di tutte queste categorie sono elevati, strutturati in maniera molto complessa e spesso segreti” ha chiosato Isles.

Insomma, mentre anche nella nostra Serie A anche i club di primissimo piano fanno a gara per ridurre il tetto ingaggi, in Premier le società continuano a destinare una fetta enorme dei loro proventi alla forza lavoro in maglietta e scarpini. Adesso si raggiunge addirittura il 70 per cento del fatturato annuo, mentre nel 1997 era solo il 48 per cento. Ma ci sono anche squadre come il Manchester City che, avendo alle spalle il fondo sovrano degli Emirati Arabi Uniti, si aggirano sul 107 per cento (praticamente guadagnano meno di quello che pagano a Balotelli e compagni). Al di là dei casi “anomali” della squadra campione d’Inghilterra e del Chelsea, con proprietà ricchissime e spendaccione, il motivo di questo status quo sta proprio nella nascita di quello che viene definito in maniera dispregiativa corporate football.

Se prima il calcio era una passione popolare visceralmente radicata soprattutto nelle comunità working class delle comunità inglesi, una volta terminata la fase più acuta dell’hooliganismo le televisioni e gli esperti di marketing lo hanno reinventato a modo loro, trasformandolo in un “prodotto” vendibile a clienti con le tasche gonfie di denaro. Siano essi società private o esponenti dell'upper class. Poco importava se gli appartenenti alle fasce meno abbienti rimanevano tagliati fuori e gli altri dovevano spesso e volentieri fare enormi sacrifici per seguire la loro squadra del cuore.

I contratti televisivi sono sempre più miliardari – si è passati da 350 milioni di sterline per le prime cinque stagioni a tre miliardi per il triennio 2013-2015 – i biglietti dei match sono schizzati alle stelle e il merchandising prospera. Prova ne sia che le fonti di guadagno dei club di Premier sono spalmate in modo equo su queste tre voci. In Italia invece senza televisione – i cui emolumenti contano per ben oltre il 60 per cento sui bilanci della squadre di Serie A e B – si chiuderebbe subito baracca e burattini.

C'è poco da fare, per vendere un prodotto sempre più appetibile servono interpreti di qualità. Occorrono campioni da attirare con contratti a tanti zeri (comprese le laute prebende per agenti e intermediari, a Londra e dintorni ancora più potenti che da noi). Per i club è una sorta di contrappasso, visto che in Inghilterra per 60 anni è esistito – incredibile dictu – il salary cap, che nel 1901 era di quattro sterline a settimana e nel suo ultimo anno di vita era arrivato a venti, premi esclusi. Poca roba, tanto che grandi campioni del calibro di John Charles, Jimmy Greaves e Gerry Hitchens appena possibile emigrarono in Italia, allora il sogno proibito dei calciatori britannici – come cambiano i tempi! Secondo le stime del sindacato di categoria, nel 1955 i giocatori percepivano in media otto sterline a settimana, tre in meno di quanto guadagnava un operaio qualificato – i cui bonus erano però inferiori.

Se non si era campioni toccava arrotondare con qualche lavoretto, anche in prospettiva futura. Il potere che i dirigenti dei club esercitavano sui giocatori era pressoché assoluto, rafforzato dalla presenza di un’altra regola, quella del retain and transfer system, che dava alla società la possibilità di trattenere un tesserato fin quando lo ritenesse utile alla causa. Al principio degli anni Sessanta i calciatori-sindacalisti riuscirono a scardinare il sistema, sebbene si sussurri che alcune società, tra cui l'Arsenal, lo abbiano tenuto in vita en travesti per altri 20 anni.

Storie quasi inconcepibili ai nostri giorni. Un'epoca in cui troppe squadre sono infarcite di campioni dal conto in banca multimilionario.

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti
Joined: 14-Jun-2008
11014 messaggi

INTERPOL Event

Match Fixing: The ugly side of the beautiful game

17 January 2013 - 18 January 2013 - Rome, Italy

Some 200 delegates from 50 countries have gathered in Rome to discuss the threats posed to football by match-fixing and ways to further improve its prevention and investigation. Among the delegates are officials from international organizations, including FIFPro, Sportaccord, national football associations, national FA integrity officers, players and referee representatives, betting organizations, gambling regulatory authorities and law enforcement.

The conference will address current and anticipated future trends in match-fixing, the adverse influence of the Asian betting markets and organized crime on football, ways of enhancing good governance in the football family, and the importance of protecting players and initiatives in training, education, prevention and investigation.

___

European Conference on Integrity in Sport

“Match-Fixing: the ugly side of the beautiful game”

Rome, 17 January 2013

Opening Remarks by Jérôme Valcke, FIFA Secretary General

It is a real pleasure to be here today and open the FIFA-INTERPOL International Conference for representatives from European Football Associations and law enforcement authorities.

It is with great appreciation to see that this conference has attracted such a large and diverse group of speakers and participants. And I thank INTERPOL for bringing us together.

The umbrella theme during the 2 days conference is ‘The Ugly side of the Beautiful Game’ – matchfixing being a topical one. The growing sophistication of organized crime in the football world has become a major concern in the recent years. Criminal organizations operate on a large international scale and have connections across the globe which has proved to be a massive threat to the integrity in football.

We all have been able to read about the raft of scandals relating to corruption and manipulation in sport, particularly in football, and unfortunately this is undoubtedly one of the greatest threats to the integrity of sport. Not only does match-fixing affect and jeopardise the integrity of our sport, it also destroys its image, harms the social, educational and cultural values of the game and attacks its economic and social role.

Today, almost 300 million people play football in the world. This extraordinary popularity gives FIFA responsibilities. One of FIFA’s statutory objectives is precisely to protect the integrity of the game. Therefore the fight against match-manipulation is a top priority for FIFA.

As part of our continuous efforts to protect the game, we have taken a series of measures as early as 2005 in the areas of monitoring, prevention and education. FIFA’s subsidiary Early Warning System was founded with the aim to monitor the FIFA competitions, identify any irregular activity on the sports betting market and expose potential manipulation attempts.

In order to preserve the integrity of our sport and to ensure that all those involved in football - and potentially exposed to potential match-fixing attempts (officials, players, referees and coaches) - are properly equipped and trained, it is essential to invest in long lasting results rather than quick and short term solutions. The problem of corruption and match-fixing has to be tackled in a proactive way. Implementation of training and education programs are very important, as well as having a clear and robust regulatory framework and the right codices available for law enforcement and football associations. We have to secure that we have appropriate rules in place, that everything we do is transparent, that our decisions benefit our sport and that those who do not play by the rules are sanctioned.

As far as we are concerned, we started back in 2011 – at the request of the FIFA President – an extensive governance reform process with the revision of our Statutes as well as improvements in the areas of ethics, compliance and transparency. The first series of reforms were already approved at the last FIFA Congress in Budapest – with a new and fully revised Code of Ethics now in place since already July last year - while the rest of the process continues until the 2013 FIFA Congress.

A further unmistakable signal to the outside world on FIFA’s zero tolerance in the fight against corruption, is the creation of the new security division, on 1 June 2012. With the experience of more than 30 years working with the police both in Germany and internationally, our Security Director, Ralf Mutschke, surely brings enormous experience to his role as the new Security Director of FIFA.

We want to continue along this path, we want to intensify our efforts and expand them. Football is part of our national culture, and our daily lives, it is our duty as the governing body, to have a zero tolerance policy and to protect the football community. We are determined to fulfill, and exceed, this most important of responsibilities.

But with the best will in the world, FIFA cannot fight and win the battle against corruption in football alone: involving all the parties that need to work together is the key to the battle against corruption in football. There is a need for effective international collaboration. We have to overcome loopholes in national legislation, improving police and judicial cooperation, and intensifying the exchange of information and best practices. FIFA seeks the advice, support and cooperation from the football community and from law enforcement. The path to success is one of common grounds.

We need and must target our action at a global level. The knowledge of corruption in sport, specifically in match-fixing must be improved. This is the reason why, FIFA and INTERPOL have decided to invest in a 10 years cooperation implementing an integrity initiative to fight against match-fixing and corruption. The overall objective of the FIFA-INTERPOL initiative is to tackle sports corruption to a maximum through the provision of various trainings programmes to improve key individuals’ awareness and understanding of corruption in football regarding the strategies used by organised crime and methods to detect and counteract them. INTERPOL moreover ensures and promotes the widest possible mutual assistance between all criminal police authorities. The battle is not only about protecting the integrity of football, but to fight against organised crime with all possible means.

Mutual aid is essential to ensure success. Our meeting here in Rome is a recognition to that reality. Only by joining together we can send out the powerful signal of immutable commitment, progress and success against organised crime. Together we need to coordinate and manage the different processes, and conferences like today, are essential in order to maximise our effectiveness.

That is why I am so happy to be here today and see such a valuable solidarity. We have to build up a powerful momentum. Now it is vital to keep going. I wish you a very successful debate and I look forward to hearing about the stimulating considerations that certainly will take place over the next days.

-------

Remarks by Gianni Infantino, UEFA General Secretary

It is my pleasure to address this conference, co-organized by INTERPOL and FIFA, dealing with the very serious issue of match-fixing.

The prevention and detection of match-fixing has been a priority for UEFA for many years, at both a domestic and international level.

We cannot and will not allow our game to be contaminated by criminals who have nothing but financial gain in mind.

Football, as you know, is a game based on fair competition between participants played to an agreed set of rules. The integrity of our sport, the physical and emotional well-being of both players and match officials is being severely undermined by these individuals who have direct links to organized criminal groups in both Asia and Europe.

UEFA has created a sophisticated Betting Fraud Detection System (BFDS). This system monitors all matches in UEFA competitions (around 1,800 matches per season) as well as over 30,000 domestic matches. We know that over 99 per cent of the matches we monitor show absolutely no irregular betting patterns, however the less than 1 per cent of matches that do show irregular betting patterns remains unacceptable.

UEFA has three key focus points that the BFDS addresses:

- education/prevention;

- Monitoring UEFA and domestic matches;

- Sanctioning both disciplinary and criminal sanctions.

As you are certainly aware, UEFA has also established a network of Integrity Officers, present today at this conference in Rome, whose responsibility it is to continue this battle at a domestic level. Their tasks include the implementation of education programmes for players, officials and administrators, and to liaise with UEFA on any integrity matter concerning their matches or their teams participating in UEFA competitions.

UEFA is building a comprehensive internal database containing match-related information and data from diverse sources which enables us to cooperate with law enforcement agencies and state prosecutors in their enquiries into cases of the corruption of matches.

Players and match officials have been banned from any involvement in football due to our ‘zero tolerance’ policy towards match-fixing and clubs have been excluded from UEFA competitions. FK Pobeda (FYROM) was excluded for eight seasons from UEFA club competitions, their president and a former player were banned for life. A Malta national team player was recently given a life ban by UEFA’s disciplinary bodies, as were two international referees. And it goes without saying that investigations and sanctions have taken place in our national associations with similar success.

We will continue to fight this cancer. With our continued programme of education for players, match officials and coaches, our sophisticated monitoring systems and our close links with law enforcement agencies and state authorities, under no circumstances will we surrender to match-fixers.

We have had highly successful discussions with members of the European Union and the European Parliament to include ‘sporting fraud’ as a specific criminal offence in all EU member states. This would obviously facilitate the prosecution of match-fixing at the national level.

We cannot win this battle alone, and we recognize the need for close collaboration with all the members of the football family and other sporting bodies whose goal it is to see the true values of football prevail.

-------

Remarks by Ronald K. Noble, INTERPOL Secretary General

Last March, many of us met here in Rome at the inaugural high-level seminar on sports integrity. That event brought together for the first time so many of the stakeholders in match-fixing: law enforcement, sports authorities, players, referees and teams. I am proud to be here again in Rome, less than a year after that historic event, at the first European conference to combat match-fixing. We thank Italy’s state police and its chief Antonio Manganelli for their constant support of INTERPOL’s efforts in this area.

This conference is not only the first European conference to combat match-fixing – it is also the first time in history that the Secretaries General of INTERPOL, FIFA and UEFA have come together to take a stand against the danger that match-fixing poses to sport and to society. It is a great honour for me to be with my counterparts on this historic occasion.

We are also honoured today by the presence of Simone Farina, whose courage – in turning down a bribe to fix a match and reporting the attempt to police – serves as a model of the proper values, attitude and behaviour that we hope to inculcate in all athletes. During this conference, we will hear about important tools in our efforts against match-fixing, such as early warning systems. Therefore, once again we say: perhaps the earliest warning system would be to develop more Simone Farinas who are willing to stand up for what is right. Thank you, Simone.

As we look in the coming days to better tackle the problems posed by match-fixing, I would like us to direct our attention to a country – which like many countries – has encountered a matchfixing problem in its football league. I am not talking about Italy or Spain, England or South Africa, South Korea or Hungary.

The country I want to highlight is Canada.

In Canada, where, as you know, they refer to football as soccer, the Canadian Soccer League is an obscure semi-professional league largely run by volunteers. In terms of sports, in Canada, ice hockey maintains a firm grip on the national consciousness that football enjoys in so many countries throughout the world. Yet a German court recently found that a Europe-based crime syndicate fixed a match in that Canadian league. Based on interviews with players and officials, a recent article reported that players in the league were regularly approached to fix games, and a Canadian journalist investigating this issue stated that he has received death threats following his reporting on match-fixing allegations in the league.

The Canadian match-fixing scandal demonstrates the long reach of match fixers into all types of leagues around the world, and the need for law enforcement to have an equally long reach. Even a relatively unknown league in a country where football is not a highly popular sport can attract the evils of match-fixing. Canada is but one of many countries to uncover match-fixing in its football leagues, including the South African Football Association in the run-up to the 2010 World Cup, Italy’s Serie A league, Turkey’s “Super Lig”, and South Korea’s K League. Other recent venues to experience revelations of match-fixing include Greece, Zimbabwe, Hungary, Finland, and Germany. The list goes on. No country is immune.

Let’s look at the international reach of match-fixing from another angle, the well-publicized case of Wilson Raj Perumal. According to reports, while working for a Singapore-based syndicate, Perumal fixed hundreds of football matches around the world. His reach extended from Asia to Europe, Africa, and even South America. Using front companies, he entered into contracts with national football associations in places as diverse as South Africa and Bolivia to arrange friendly matches that he was able to manipulate by controlling referees and players.

This was the scope and range of only one match fixer, working for one trans-national organized crime syndicate.

Why does match-fixing spread so thoroughly throughout the world? In short, it’s about money. This international business is also big business. Illegal betting, which drives match-fixing, encompasses a market that is said to be in the range of hundreds of billions of euros per year, with estimates that the large bookmakers have revenues on the same scale as the Coca Cola company. Criminal organizations benefit from match-fixing both in the profits it promises and in its ability to launder their ill-gotten gains from other criminal activities.

Match-fixing is clearly a many-headed dragon that we must slay with a coordinated national and international effort. On both levels, there is a great deal of infrastructure already in place to combat match-fixing and clean up the sport of football.

Take Italy as an example. In 2011, the Italian Ministry of the Interior and the Italian Chief of State Police, Antonio Manganelli, established two new units. The first is a Sports Betting Information Unit (UISS) to monitor and gather information relating to betting patterns and illegal betting. The second is an Investigation Sports Betting Team (GISS) which actively investigates criminal inroads into the world of sport, using in particular data acquired by the Sports Betting Information Unit. These units work together on an interdisciplinary level, and represent the coordination of police, telecommunications, the Italian betting agency, and sports associations.

They monitor games and betting trends on a day-by-day basis and exchange information to detect and root out criminal activity in sport. Additionally, the Monopoli di Stato also runs an early warning system that monitors betting within Italy and allows authorities to use betting patterns to identify matches that may be fixed.

Because match-fixing is a criminal phenomenon that transcends borders, it requires that we invest our efforts in intelligence, strategic and operational coordination on an international basis to combat it. To that end, INTERPOL established in 2011 a specialized match-fixing task force comprising investigators from twenty-nine countries from Africa, Asia and Europe, as well as members from Europol. In addition to day-to-day intelligence gathering and sharing, the task force meets twice a year to exchange information. The first three meetings took place at the INTERPOL General Secretariat in Lyon, France, and the fourth meeting was held last month in Vantaa, Finland.

A recent example demonstrates the success of this initiative. INTERPOL provided support to Italian authorities, which made seventeen arrests in a match-fixing operation in December 2011, including the arrest of former World Cup player Cristiano Doni.

INTERPOL also facilitated the exchange of information between Singapore and Italy and helped set up an emergency operational meeting in Singapore to support an arrest operation in May 2012. That month, Italian authorities raided over thirty different premises associated with players, coaches, and club administrators in Italy’s Serie A, Serie B, and “Liga” divisions in 23 cities throughout Italy.

INTERPOL issued Red Notices to help apprehend those key suspects who remained at large after the raids. This mounting pressure led to the recent surrender of one such suspect, Almir GEGIC, to the Italian police in November.

In addition to national and international efforts to combat match-fixing from a law enforcement perspective, we are also making inroads on another crucial front: education and prevention.

In 2011, we entered into a historic 10-year agreement with FIFA, the leading international football organization. For the purpose of furthering education and training to combat matchfixing and illegal betting, FIFA gave INTERPOL the largest private donation it had ever received.

Since that historic agreement, we have been working to deepen our understanding of the problem match-fixing presents. Our goal is to create educational curricula tailored to the most at-risk populations in football so that we can prevent as many players, coaches, team officials and referees as possible from succumbing to the temptations of corruption.

We thank FIFA for this funding of INTERPOL’s Integrity in Sports programme. We are especially grateful to Jerome Valcke, FIFA’s Secretary General, who played an essential role in bringing about the INTERPOL/FIFA agreement which ensured that INTERPOL would have both the support and independence it needed to make this a success.

We acknowledge and appreciate the cooperation of UEFA and its Secretary General, Gianni Infantino, in our quest against match-fixing and corruption in sport.

On a personal note, I would like to offer my thanks to John Abbott, Chair of the INTERPOL Integrity in Sport Steering Group, and to my staff for their tireless dedication and continuing efforts in developing INTERPOL’s Integrity in Sports programme.

In keeping with the global reach of match-fixing and of our efforts to combat it, let me reach around the globe to share with you the words of an ancient thinker. The Chinese sage Lao Tzu once observed that “A journey of a thousand miles begins with a single step.” If a lay person were to survey the vast international scope and resources of match-fixing, he or she could be forgiven for thinking that the task of opposing it is just too great, that our journey has no end. But the fact that the task is daunting and the journey is unending will not stop us, because there is so much that we can do. Far-reaching education and training can make many players and referees of the future stronger in the face of corruption by the fixers. Consistent international coordination between law enforcement and sports associations bears more than just the promise of success – it has begun to show results.

Let us use the days we have here in Rome to think creatively so we can act smarter as we take the next steps in this journey against corruption. You can count on INTERPOL’s support on this journey as we continue to strike a blow against match-fixing – together.

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti
Joined: 14-Jun-2008
11014 messaggi

Tempo Scaduto di ALIGI PONTANI (Repubblica.it 17-01-2013)

Confusione pazzesca, Figc a un bivio

Il Napoli è innocente, dicono i giudici d'appello, e c'è da credergli, rispettando sollevati la sentenza e godendosi un campionato sempre più bello e intrigante. Si fa volentieri. Però non sarebbe "intellettualmente onesto", secondo le parole usate da Abete, non soffermarsi prima un momento su un paio di considerazioni su quanto fatto fin qui dalla giustizia sportiva.

1) Da quando sono cominciati i processi legati alle scommesse, più o meno a metà della scorsa estate, non c'è stata una sola sentenza di primo grado confermata in appello, nelle sanzioni o nelle motivazioni. A rileggerle tutte, non si capisce più neppure se esiste davvero un codice di riferimento: la confusione è pazzesca, e sovrana.

2) I primi processi, quelli di Doni e compagni per intederci, furono all'insegna del bastone, senza carota: applicazione rigorosa del tariffario delle penalizzazioni e delle squalifiche, decine e decine di punti di penalizzazione affibbiati a destra e manca, anni di squalifica inflitti a manciate. Insomma, un macello. Arrivati ai pesci grossi, il vento è cambiato, le sanzioni pure, i tempi d'azione della procura federale si sono allungati in modo direttamente proporzionale alla portata della grana da affrontare. Napoli, per dire: inchiesta chiusa dai pm sei mesi fa, processi arrivati oggi. Perché? Non si sa.

3) La giustizia spezzatino voluta da Palazzi e ispirata da Abete ha provocato l'inevitabile e fatale incrocio delle sentenze con le partite. Un conto è penalizzare o prima o dopo un campionato, un conto è farlo a metà strada, quando i punti valgono una Champions, una salvezza, magari uno scudetto. Si sapeva, non si è evitato. E la prima conseguenza è quella, inevitabile seppur odiosa, di esporre le sentenze ai sospetti, che certo non fanno bene al sistema. Ha prevalso il buon senso o il rigido rispetto delle norme? E non è certo colpa del Napoli, naturalmente, che ha tutto il diritto di esultare per aver visto riconoscere le proprie tesi difensive. La colpa è di chi quel sospetto, con le sue procedure a zig zag, ha finito per generare.

4) Il lavoro da fare, con il capo della polizia che annuncia nuovi sviluppi nel lavoro degli inquirenti (quelli veri, mica Palazzi), il filone di Cremona in pieno svolgimento e le carte già accumulate sulle scrivanie della procura federale, pone la Figc di fronte a un bivio: rallentare volutamente fino a fine stagione - aprendo però il problema immenso della disparità di trattamento tra chi, come Conte, è stato giudicato e punito, e chi invece sarà processato a bocce ferme - o accelerare con il rischio di erogare sanzioni proprio nel finale di campionato. Comunque si scelga, ci sarà chi avrà da ridire, e con molte buone ragioni. Ma anche questo era ampiamente prevedibile, e non è stato evitato. Chi ha deciso questa strategia del caos, però, può stare tranquillo: o è stato appena rieletto come capo della federazione o è stato appena riconfermato nel suo ruolo di inquirente o di giudice. Da chi? Dal rieletto, naturalmente, che giusto ieri ci ha spiegato che il calcio "ha reagito allo scandalo" e "ha retto l'urto". Dev'essere per questo che in Germania festeggiano l'arrivo di Guardiola e da noi accogliamo il vertice dell'Interpol sulle scommesse. Questione di appeal.

C'è chi è venefico e poi lo str**** per antonomasia

il Fatto Quotidiano 18-01-2013

adgnLuIo.jpg

Modificato da Ghost Dog

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti
Joined: 14-Jun-2008
11014 messaggi

CALCIO / L'ULTIMO BUSINESS

Sarà il nuovo Colosseo

Lo stadio della Roma entrerà in funzione nel 2016. E diventerà

un simbolo mondiale. Come l'antica arena. Parola di costruttore

di GIANFRANCESCO TURANO (l'Espresso | 24 gennaio 2013)

Romanista per caso, Luca Parnasi. L'imprenditore che costruirà lo stadio della Roma all'americana abitava vicino a Roberto Pruzzo, "o Rei" di Crocefieschi, bomber dello scudetto del 1983 di casa al quartiere Fleming. Altra influenza nell'età evolutiva è quella del "nonno adottivo" Teseo, mitico fin dal nome, pescatore di Fiumicino e trasmettitore del contagio giallorosso. Da bambino era Parnasi junior, oggi 35 anni, a trascinare allo stadio il padre Sandro, palazzinaro indifferente al pallone. «I miei zii sono tutti laziali», confessa sapendo che sulle radio calciopatiche della capitale si finisce in croce per molto meno.

La fine del 2012 è stata eccezionale per Luca Parnasi. Negli ultimi giorni di dicembre ha venduto il grattacielo dell'Eur che sarà la nuova sede della Provincia di Roma. L'incasso è di 263 milioni di euro alla faccia delle polemiche scatenate dai giornali di Francesco Gaetano Caltagirone. Una somma che è ossigeno puro per le casse di Parsitalia, la holding dei Parnasi, e per i suoi principali creditori Bnl e Unicredit, azionista di minoranza della Roma. Dopo l'accordo con la giunta guidata da Nicola Zingaretti, il 30 dicembre Parnasi è partito per gli Stati Uniti a firmare il memorandum of understanding per il nuovo stadio con James Pallotta e gli altri soci dell'As Roma. Uno stadio che abbinerà tifo bollente e bambini in gita al Disney Village nei giorni senza partita. Ed è lo stadio il tema principale della sua intervista in esclusiva con "l'Espresso".

Luca Parnasi, qual è il ruolo di Parsitalia nella costruzione dell'impianto di Tor di Valle?

«Saremo i project manager e consiglieremo la Roma nell'affidamento della costruzione a varie imprese, le migliori».

Visti i disastri degli stadi di Italia '90 viene da chiedere se saranno imprese italiane.

«Sì. Le capacità ci sono. La chiave sarà il progetto dell'architetto americano Dan Meis, anche se è presto per parlarne. Allo stato non si sa neanche se sarà in cemento armato o una struttura metallica. L'impiantistica, l'illuminazione saranno fondamentali. Ma fondamentale è anche la nostra area, che ha battuto la concorrenza di altre 80 proposte. Tor di Valle, l'ex ippodromo, è già di fatto uno stadio, è sulla ferrovia Roma-Lido, è vicina all'aeroporto di Fiumicino e all'Eur, uno dei quartieri più riconoscibili di Roma. C'è anche il Tevere. Non dico che si arriverà allo stadio in barca, ma potrebbe essere un'idea. Di certo, gli americani vogliono fare dello stadio un nuovo Colosseo, un simbolo a livello mondiale».

I tempi?

«La progettazione è partita con l'inizio dell'anno. Calcoliamo sei mesi. Poi c'è l'accordo di programma da fissare attraverso la conferenza dei servizi con il Comune, la Regione, la sovrintendenza, il ministero dei Beni culturali. Calcoliamo un anno. L'ideale sarebbe aprire il cantiere nell'estate del 2014 e i lavori li stimo in due anni. Pallotta vuole il nuovo impianto nel 2016. Forse arriveremo al 2017. Nessuno vuole un progetto forzato. Nessuno, soprattutto, vuole una speculazione immobiliare. Qui non si deve valorizzare un immobile ma valorizzare l'asset As Roma».

Quanto costerà e chi lo pagherà?

«Le stime, al momento, variano molto, da 200 a 300 milioni di euro per 55-60 mila posti a sedere. Credo che la spesa finale sarà in un punto medio».

Circa il doppio dello Juventus stadium, quindi.

«Sulla base delle nuove esperienze internazionali, la progettazione degli stadi collega il maggior investimento con il miglior ricavo».

Detto in parole povere, chi più spende meno spende?

«Esatto. Presumo che la Roma non aspiri ad un impianto in economia perché il concetto è una struttura che funzioni sempre e che abbia gli spazi per accogliere le attività di entertainment concordate con i grandi sponsor del progetto».

Saranno i grandi sponsor o le banche a mettere i soldi? Possiamo definirlo un project financing?

«Non conosco le scelte dei soci americani della Roma ma p otrebbe essere un project financing. L'impianto genererà gli introiti sufficienti a pagare l'investimento. Gli sponsor saranno della partita ma credo ci sarà un pool di finanziatori guidato dalle banche».

Che impatto ci sarà sull'area di Tor di Valle? Che cosa potrebbe ritardare l'esecuzione dei lavori?

«Studieremo le migliori condizioni per non pesare sui residenti della zona. Ma, archeologia a parte, non dovrebbero esserci imprevisti importanti. Naturalmente bisognerà trovare un accordo per rafforzare i collegamenti garantiti oggi dalla ferrovia regionale. Poi rivedremo l'assetto del depuratore Roma Sud in sinergia con l'Acea».

Augurandovi che non la prenda Caltagirone. La battaglia mediatica sul palazzo venduto alla Provincia è stata dura.

«Ma no. Con Caltagirone abbiamo ottimi rapporti. Lo stimo moltissimo, mio padre lo conosce da una vita, è il numero uno degli imprenditori romani. Non ho mai creduto che ci fossero motivi di opposizione tra imprenditori dietro gli articoli del "Messaggero". Voglio ribadire che la Provincia di Roma avrà un grande beneficio economico dall'operazione come è capitato nel 2007 quando il ministero della Salute ha accentrato tutti i suoi uffici all'Eur-Castellaccio».

Il quadro normativo e politico a Roma, nel Lazio e in Italia è in via di rinnovamento. Quello che resta di legislatura in legislatura è il disegno di legge sugli stadi, mai approvato. Che cosa cambierà per il vostro progetto con le elezioni locali e nazionali?

«Si ripartirà da zero nei rapporti politici ma l'unica bandiera che ci sarà sullo stadio è quella giallorossa. Rispetto alla legge sugli stadi, per noi cambia zero. Ripeto che agli americani non interessa costruire case grazie ai permessi di una nuova legge ma soltanto aumentare il valore patrimoniale del club».

Ma il calcio non le sembra in recessione?

«La Juventus non ha ancora trovato uno sponsor che compri i naming rights (diritti di denominazione di un immobile, ndr.) del suo nuovo impianto come hanno fatto a Monaco o a Londra. Per la Juve, che ha un impianto di concetto diverso da quello indicato dai soci della Roma, non so dire. Forse aspettano il momento più opportuno. Ma credo che il calcio in Europa crescerà e che sarà così anche in Italia, come continua ad accadere sui nuovi mercati di Asia e Usa».

Eppure non è stato un bel periodo per il football nazionale, tra scommesse clandestine, squalifiche, penalizzazioni e arresti. La Lega calcio non riesce ad eleggere un presidente e Giancarlo Abete, non proprio il nuovo che avanza, è stato appena confermato alla guida della Federcalcio. Le pare che il calcio, come sport e come affare economico, sia gestito bene?

«Penso di sì. La reazione alle scommesse clandestine è stata giusta, con condanne pesanti. Il calcio italiano non è gestito male, ma il gioco è una malattia e lo Stato ci incassa miliardi ogni anno».

Teme che i problemi di ordine pubblico possano incidere sulla progettazione?

«No. Sono convinto che a Roma daremo lezione di civiltà».

Non ha l'impressione che i soci statunitensi siano stati accolti con scetticismo dalla città?

«La città è giustamente scettica di fronte agli annunci sulla carta, ma quando ci sarà il progetto con le carte a corredo, l'emozione aumenterà. Per me costruire lo stadio della Roma è un sogno da imprenditore. Da tifoso sogno che Francesco Totti batta il record di gol di Silvio Piola nella nuova arena».

A proposito di tifo, come la prende se la Lazio quest'anno vince lo scudetto?

«Tanto di cappello a Claudio Lotito e alla sua gestione oculata del club».

Sì, ma come la prende?

«Mi devono dare i sali».

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti
Joined: 14-Jun-2008
11014 messaggi

RESO PUBBLICO IL DISPOSITIVO DEL TNAS CHE HA RESTITUITO

AL PORTIERE AZZURRO CARRIERA, DIGNITÀ E VOGLIA DI GIOCARE

«FONTANA, ASSOLUZIONE DOVEROSA»

Dal Tnas parole pesanti contro la Disciplinare e la Corte Federale: «Motivazione assente o travisata»

Responsabilità oggettiva Il clima è davvero cambiato e il Novara ribadisce la sua estraneità ai fatti

di LUCA BALZAROTTI (Quotidiano Sportivo 18-01-2013)

UNA SQUALIFICA di 3 anni e 6 mesi in primo e secondo grado. Poi l’assoluzione. Alberto Fontana, 38 anni, ex portiere del Novara, è il primo calciatore ad esser stato prosciolto dal Tnas, il tribunale di terzo grado della giustizia sportiva, dopo due condanne per illecito sportivo. Le motivazioni rese note dal Tribunale nazionale dell’arbitrato sportivo suonano come una bocciatura per la Disciplinare e la Corte federale di giustizia.

PAROLE PESANTI come «motivazione assente e travisata» e «valutazione di (inesistenti) “prove” non avvenuta nell’ambito di un rigoroso processo logico–deduttivo, ma sulla base di una non difficoltà di immaginazione» sollevano Fontana dall’accusa di combine di Chievo-Novara, gara di Coppa Italia persa 3-0, e stigmatizzano l’operato dei giudici. Storia analoga è quella di Mavillo Gheller, 37 anni, ex difensore azzurro, accusato di omessa denuncia per Novara-Siena (Serie B, 2-2) e assolto dal Tnas. A breve sarà il turno di Cristian Bertani. L’attaccante che a suon di gol ha regalato al Novara due promozioni dalla Lega Pro alla serie A prima di passare alla Sampdoria è stato sì condannato a una squalifica di 3 anni e 6 mesi per Novara-Siena e di un ulteriore anno per Novara-Ascoli e Chievo-Novara (partita che non disputò) ma è stato assolto dall’accusa di associazione a delinquere. I suoi legali hanno presentato ricorso al Tnas contro la pena aggiuntiva di un anno lontano dai campi da calcio inflitta dalla Corte federale (secondo grado). Il 28 gennaio il Collegio arbitrale ha disposto l’audizione del “pentito” Carlo Gervasoni prima di giudicare la posizione di Nicola Ventola, squalificato per 3 anni e 6 mesi per Chievo-Novara. A fine mese il Tnas ascolterà anche l’attaccante barese. In attesa di un giudizio definitivo c’è Davide Drascek, condannato alla stessa pena per Novara-Siena. Il club piemontese, invece, ha scelto l’attesa. Il ricorso dell’avvocato Cesare Di Cintio è sarà discusso l’8 febbraio.

LA SOCIETÀ azzurra ha chiesto il proscioglimento dall’accusa di responsabilità oggettiva nel processo relativo al calcioscommesse e la restituzione dei quattro punti di penalizzazione accordati in estate.

L’assoluzione di Gheller e Fontana è – secondo la linea difensiva piemontese – la prova dell’estraneità ai fatti contestati dalla giustizia sportiva.

IL COMMENTO di GABRIELE MORONI (Quotidiano Sportivo 18-01-2013)

Giustizia sportiva

troppo sommaria

La giustizia sportiva preme sull’acceleratore in materia di calcioscommesse, salvo rimediare epiche figuracce. Quella penale applica, al contrario, la virtù cardinale della prudenza. Paradigmatica l’assoluzione che il Tribunale Nazionale dell’Arbitrato Sportivo (Tnas) ha pronunciato per Alberto Mario Fontana, trentottenne ex portiere di Torino, Palermo, Novara, condannato in primo e in secondo grado a 3 anni e 6 mesi di squalifica. Nelle motivazioni che lo riconoscono totalmente estraneo, il Tnas bacchetta severamente la giustizia sportiva intesa come Disciplinare e Corte federale di Giustizia. E saetta come non si possa «non rilevare come le motivazioni addotte prima dalla Disciplinare e poi dalla Corte di Giustizia federale costituiscano un classico esempio di motivazione assente e travisata. Ciò vuol dire che la valutazione di (inesistenti) “prove” non è avvenuta nell’ambito di un rigoroso processo logico-deduttivo, ma sulla base di una non difficoltà di immaginazione». Fuori dalle perifrasi leguleie: assenza di motivazioni, inesistenza di prove, accuse fondate sull’immaginazione (e sulle dichiarazioni del superpentito Carlo Gervasoni, definito soggetto «da prendere con le molle» e personaggio «per il quale non doveva costituire un grave problema di coscienza “mettere in mezzo” un innocente per conseguire un utile personale»).

A Cremona le indagini sul calcio malato proseguono. Accertamenti. Proroghe. Almir Gegic, in odore di manipolazione di una quarantina di incontri, rimane ospite del carcere di Ca’ del Ferro. Nell’ordinanza che gli nega la libertà il gip Guido Salvini ricorda ai frettolosi che «gli indagati da interrogare sono ancora molte decine» e le indagini «sono ben lontane dalla conclusione».

ilCommento di RUGGIERO PALOMBO (GaSport 18-01-2013)

Il bello e il meno bello

della sentenza Napoli

E’ l’ora di cambiare!

Sentenza epocale. La responsabilità oggettiva, norma cardine della giustizia sportiva, d'ora in avanti non sarà più la stessa. Si parlerà di un prima e dopo Napoli e caso Gianello. Il campionato ringrazia, anche se dirigenti e tifosi della Juventus avrebbero qualche buona ragione per dissentire, ripensando a storie antiche e anche relativamente recenti, a pesi e misure che cambiano. Quelli della Lazio meno, perché se i due punti restituiti al Napoli vogliono dire non essere più soli al secondo posto, è chiaro che ora il futuro del caso Mauri, con buona pace delle ulteriori indagini della non sempre brillantissima Procura di Cremona, viaggia sereno verso l'archiviazione.

Il campionato ringrazia perché comunque si riparte ad armi (punti) pari e sulla classifica non pesano storie relative a una partita come Sampdoria-Napoli del campionato 2009-2010, tre anni fa, preistoria. Questo, e la verginità riacquistata nel breve volgere di qualche settimana da Cannavaro e Grava, due che prove alla mano non si erano prestati al patto scellerato di Gianello, è il bello della sentenza della Corte di Giustizia federale, che così evita (e forse non è un caso) ulteriori interventi in terzo grado del Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport presso il Coni.

Il brutto, o se la parola è troppo forte chiamiamolo «meno bello», è tutto il resto:

1. Sentenza politica. Checché ne dicano alcuni autorevoli membri della Cgf, qui non si è trattato di «vivisezionare» le dichiarazioni di Gianello per scoprire che sono contraddittorie e dunque poco attendibili, così da far diventare un tentato illecito in una non meglio precisata (ce lo diranno le motivazioni) slealtà. C'è un bel verbale della Procura di Napoli, poi solerte di suo nell'allungare il brodo del buonismo, che dice tutto: è del 15 giugno 2011 e ci sono dentro reticenze e mezze reticenze di Gianello ma soprattutto intercettazioni. Quelle, e solo quelle, di fronte alle quali Gianello è costretto giocoforza a fare qualche ammissione. Per la giustizia sportiva di una volta, un caso semplice ed esemplare di tesserato alle prese con un tentato illecito uso scommessa. E allora? La verità, che aleggiava nelle stanze federali e anche nei palazzi del Coni già prima delle feste natalizie, è che con il Napoli (e la Lazio di Lotito in potenziale arrivo) di mezzo, il problema della responsabilità oggettiva applicata a società «colpevoli» di avere al loro interno qualche incontrollabile mela marcia, non poteva più essere procrastinato. E andava in qualche modo, in qualunque modo, risolto.

2. Muore il patteggiamento. E pure Scommessopoli non sta tanto bene. Sampdoria e Torino, per casi pressoché analoghi, hanno patteggiato l'estate scorsa beccandosi un punto di penalizzazione ciascuna anziché i due cui è andato incontro in prima istanza il Napoli scegliendo altra strategia. Rivelatasi alla prova dei fatti vincente (complimenti agli avvocati e a De Laurentiis che se li è scelti). Quel punto Samp e Torino non lo riavranno più indietro. E questo non è giusto.

3. Giustizia sportiva fuori controllo. Che ci fosse molto da rifare, sia quanto a riscrittura del codice che quanto a una nuova e magari diversa individuazione dei team chiamati a indagare e giudicare, era noto da tempo. Ora, di sentenza in sentenza, assistiamo a un rosario di decisioni sempre più contraddittorie e sempre meno comprensibili. Il Tnas crocifigge la Cgf su Gervasoni e il caso Fontana, la Cgf s'incazza e nel frattempo sputtana la Disciplinare su quello Gianello. Tutto nel nome di una giustizia più giusta, sia chiaro. E il neorieletto Abete, in tutto questo, conferma tutto e tutti, a cominciare da quel Palazzi che ormai non s'azzarda nemmeno più, come ha fatto ieri, a quantificare le proprie richieste.

S'era detto fin qui, tutto andrà rivisto ma a bocce ferme e a Scommessopoli finita. Beh, visto che le bocce più che ferme sono attualmente state fatte in mille pezzi, meglio, molto meglio mettersi subito all'opera. Per costruire una giustizia sportiva credibile e, come si diceva una volta, «uguale per tutti».

Crollano i pilastri del vecchio ordinamento sportivo

Vittoria di tutto il calcio

che ora vuole cambiare

Un segnale di pace nel rapporto fra il club azzurro e la federcalcio dopo anni di tensioni

di ANTONIO CORBO (la Repubblica - Napoli 18-01-2013)

Prima che del Napoli, è la vittoria del calcio italiano. La Corte di giustizia federale l’ha schiodato ieri dopo 7 ore di camera di consiglio da regole arcaiche. Sentenza sofferta ma storica. C’è voluto tutto il coraggio del presidente Gerardo Mastrandrea con Piero Sandulli e Italo Pappa per scongiurare un verdetto iniquo ma frequente nella giustizia sportiva: condannare innocenti. Come la Disciplinare: il 18 dicembre penalizzò il Napoli di due punti, fermando per ben sei mesi gli onesti Cannavaro e Grava.

Imporre la responsabilità oggettiva, anche quando un club è parte lesa, era sgradevole consuetudine. La svolta con la rielezione del presidente Giancarlo Abete: il programma suo, elaborato con il dg Antonello Valentini, prevede la riforma dell’ordinamento sportivo. Le società sono vittime di tifosi o loro tesserati: finiscono per pagare due volte. Messaggio subito interpretato dai giudici. Eccellente poi l’intuizione di De Laurentiis: la sua presenza, la pacatezza del suo discorso hanno segnalato l’urgenza di un rinnovamento. È anche un segnale di pace tra Napoli e Figc, dopo anni di tensioni.

«La giustizia sportiva si adegua ai principi di diritto del processo penale. Era opportuno infatti domandarsi dell’esistenza di riscontri sulla effettività della proposta di Gianello ai due calciatori e come questi l’avessero recepita», osserva Antonello Ardituro, magistrato di punta nel pool di Giovanni Melillo che indaga su calcio e scommesse. Il minuzioso lavoro della Procura è stato finalmente recepito. In quelle 44 pagine c’era la chiave: l’ha gettata via la Disciplinare, ma l’ha raccolta ieri Mastandrea. Gianello, «il farfallone», la malinconica comparsa del Napoli, non era credibile. Il legale del Napoli, Mattia Grassani, che si attribuisce in tv tanti meriti, ha presentato invece Gianello nel ruolo capovolto di Donnie Brasco, un infiltrato della mala nella società sana. Ha rischiato di dargli uno spessore criminale ben diverso dal “farfallone” non credibile ben descritto dai pm. Sono stati ascoltati gli avvocati dei calciatori, Eduardo Chiacchio per Gianello, Luciano Ruggiero Malagnini per Cannavaro. Molto hanno influito con le loro tesi a riformare la sentenza. Chiacchio chiedendo di derubricare l’illecito sportivo di un «Gianello non credibile» a “violazione” e Malagnini con l’arguta differenza tra riscontro “esterno” e “circolare” per sminuire quanto il poliziotto aveva saputo da Gianello, ma non visto né sentito. Un riscontro di rimbalzo. Il calcio rimette così in discussione due pilastri: responsabilità oggettiva e omessa denuncia. «Nemo tenetur se detegere», nessuno ha l’obbligo di accusarsi. Il principio dei civili ordinamenti giuridici per una porticina di servizio entra ora nel fatiscente tempio del calcio italiano.

Intervista a Raffaele Cantone Il giudice di Cassazione:

«Sentenza giusta, potrebbe rappresentare un precedente importante»

«Macché illecito, una

storia alla "Totò truffa"»

Il giudice Speranze Champions aumentate. Una parola che possiamo prendere in considerazione: scudetto

di ANNA PAOLA MERONE (CORRIERE DEL MEZZOGIORNO - NAPOLI 18-01-2013)

NAPOLI — «Un risultato eccezionale dal punto di vista del Napoli, ma importante anche per una serie di principi giuridici che potrebbe aver fissato». Raffaele Cantone non nasconde la soddisfazione. Il giudice di Cassazione è un tifoso azzurro e commenta la sentenza romana con entusiasmo. «Bisognerà leggere la motivazione — dice —. Ma non escludo che possa preludere ad una diversa interpretazione della responsabilità oggettiva della squadra».

A cosa si riferisce?

«All'assoluzione di Cannavaro e Grava per l'omessa denuncia. La sentenza potrebbe aver argomentato il venir meno della responsabilità oggettiva del Napoli se si è giudicato il tentativo di Gianello come non incisivo. In grado cioè di non creare un presupposto per determinare l'obbligo di denuncia. E, di conseguenza, la responsabilità oggettiva della squadra. In questo senso un precedente importante dal punto di vista giuridico».

C'è un'altra ipotesi possibile alla base della sentenza?

«Più banalmente, la mancanza di prove e una serie di testimonianze rese da Gianello in cui emergono incertezze e versioni discrepanti in merito ai medesimi fatti».

Cosa è stato determinante secondo lei per arrivare a questa sentenza? Ha avuto peso l'arringa di de Laurentiis?

«Io non credo abbia avuto peso l'intervento del presidente. Piuttosto, penso sia stata la vicenda specifica molto particolare a portare a questo risultato. Un portiere senza più un ruolo in squadra ha fatto un tentativo stile Totò e Peppino. E' una storia da ''Totò truffa'', altro che illecito sportivo».

E, adesso, lasciamo spazio al tifoso che è in lei. Cosa cambia per il Napoli?

«Ora le speranze di poter partecipare alla lotta per la Champions sono aumentate. E c'è una parola, difficile da dire, che possiamo finalmente prendere in considerazione: scudetto».

Il campionato, dunque, si riaccende?

«Finalmente sì. Si riparte e, oltre ai punti, adesso è stato recuperato anche un grande entusiasmo. La squalifica aveva lasciato perplessi tutti. Ma la giustizia che si rivede va sempre apprezzata. L'Appello, del resto, serve per correggere eventuali errori. E io sono contento anche perché con questa sentenza è stato riaffermato un principio di giustizia sostanziale. La precedente era formalmente impeccabile, ma non aveva tenuto conto della vicenda specifica».

Il magistrato Il pm che ha indagato sulle scommesse: vinta una partita che vale due punti importanti

Ardituro: «Questa è un’evoluzione del diritto sportivo»

«Quando abbiamo saputo non abbiamo nascosto la nostra soddisfazione»

L’analisi «Gianello aveva solo intenzione di tentare una combine. Raccolto quanto ermerso penalmente»

di SALVO SAPIO (IL MATTINO 18-01-2013)

Antonello Ardituro, pm della Direzione distrettuale antimafia, ha indagato sul filone napoletano del calcioscommesse. Dovendo commentare la sentenza che assolve il Napoli, Cannavaro e Grava offre una lettura su due piani distinti e paralleli. Giudizi da giurista e da tifoso.

Da dove partiamo?

«Dalla gioia dell’appassionato. Sono molto contento è come aver vinto una partita e ottenuto, così come accadeva un tempo, i due punti. Quando abbiamo saputo la notizia non abbiamo certo nascosto la nostra soddisfazione».

Dal punto di vista tecnico cosa significa questa sentenza?

«Che la giustizia sportiva si è mossa in maniera coerente con quella penale. E coerentemente ha raccolto le evidenze dell’inchiesta che aveva dimostrato come ci fosse stato solo l’intenzione di Gianello di provare una combine, senza alcun coinvolgimento di altri tesserati del Napoli».

Un segnale importante della tanto vituperata giustizia sportiva. Negli scorsi mesi ci sono state tantissime polemiche sulle decisioni dei giudici della Corte di Giustizia della Federcalcio.

«È interessante quanto è accaduto perché si può leggere un’evoluzione del diritto sportivo in una direzione positiva. Muoversi in maniera conforme con indagini penali significa dare maggiore coerenza all’azione complessiva di valutazione dell’accaduto».

Una sentenza che potrebbe segnare un precedente importante?

«L’indagine penale aveva fatto luce su aspetti determinanti di questa vicenda. Penso proprio che si possa affermare che stavolta la giustizia sportiva abbia segnato una evoluzione importante. Certo è presto per dire che si sia fatto scuola ma quanto è accaduto è davvero importante».

UN DRIBBLING ALLA RESPONSABILITÀ OGGETTIVA

di MARCO ANSALDO (LA STAMPA 18-01-2013)

I due punti restituiti al Napoli riammettono nella corsa per lo scudetto la squadra di Mazzarri che ha avuto un merito: non ammainare le vele quando, anche per la penalizzazione, si trovò a 10 lunghezze dalla Juve. Non sappiamo se sia stata fatta giustizia ma non piaceva neppure a noi che un club pagasse per le colpe di un suo inutilizzatissimo portiere, Gianello, e per il silenzio di due giocatori che l’avevano mandato al diavolo quando aveva parlato di scommesse. La sentenza della Corte federale disinnesca parecchie bombe sul campionato.

Resta l’impressione di una decisione «politica». Gli avvocati possono sbatterci in faccia le loro cavillose argomentazioni ma è difficile spiegare alla gente perché Gianello, dopo aver confessato il tentato illecito, sia poi diventato «un facilone», uno scommettitore incallito che parlava di partite truccate come se ne fosse al centro ma in fondo un tipo innocuo, soltanto un po’ sleale, dunque incapace di un illecito sportivo. Il clima creato negli ultimi mesi in cui il concetto di responsabilità oggettiva dei club per i tesserati infedeli è diventato sempre più indigesto ha favorito questa interpretazione benevola da parte della giustizia calcistica di solito molto punitiva. Quando non si può abbattere una regola discussa e impopolare, diventa più semplice aggirarla appigliandosi ai dettagli.

A questo punto vediamo cosa accadrà alla Lazio per la vicenda Mauri, che è personalmente diversa e più grave (almeno per quanto emerge dall’inchiesta sul centrocampista): immaginiamo le reazioni alla probabile penalizzazione, mentre registriamo lo stato d’animo dei tifosi del Toro e della Samp, cui fu tolto un punto patteggiando per le colpe di giocatori poco «faciloni». D’ora in poi chi patteggia è uno sciagurato, pensate a cosa sarebbe cambiato se l’avesse fatto Gianello. Rinviare fino all’estremo. In Italia funziona così.

IL COMMENTO di ROBERTO BELINGHERI (L'ECO DI BERGAMO 18-01-2013)

Aspettiamo con ansia motivazioni credibili

Aspettiamo con ansia, con tanta tanta ansia, le motivazioni di questa sentenza. Che, a prima vista, destabilizza appena le budella. Perché è forte, ed inevitabile, la sensazione che i palazzi del calcio abbiano fatto pagare il conto, e pure gli extra, ai deboli, mentre con i forti fanno come l’oste col cliente vip: lasci sta’ dottò, ci sistemiamo la prossima volta.

Se ci sarà, una prossima volta. Perché provate a immaginare con quale entusiasmo i magistrati di Cremona, di Bari, di Napoli proseguiranno le loro indagini, sottraendo tempo prezioso ad altri temi, sapendo che finché nella rete s’impigliano pesci piccoli il mondo del calcio fa la sua parte di pulizia. Ma quando invece arriva il pesce grosso, che ringhia, che strilla, che ha mezza Rai dalla sua parte (ieri pomeriggio Rai2 ha vissuto in diretta l’attesa della sentenza, con un imparzialissimo conduttore napoletano...), allora prima si fa l’ammuina del punticino, poi la sceneggiata dei due punti che salvano la faccia, infine l’assoluzione. I napoletani speravano nel pareggio, sottoforma di sconto. Sarà stato San Gennaro.

Battute facili a parte, adesso la giustizia sportiva dovrà convincerci con le motivazioni di non essere una barzelletta. Solo lì si potrà svelare quale ragionamento ha portato un tribunale a giudicare in maniera tanto difforme situazioni tanto simili. Altri, con le medesime accuse dei due napoletani, hanno pagato. Quello che scriveranno i magistrati è fondamentale, è un bivio di tutta questa vicenda che ha sconvolto il nostro calcio. Da un lato c’è la via della credibilità, dall’altro quello della commedia all’italiana, in cui alla fine c’è sempre uno che si frega le mani e canta «chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato». E soprattutto, scurdammoce ’o passato.

Mi pare che...

Giustizia sportiva assurda

È il momento di rivedere

la responsabilità oggettiva

di LUCIANO MOGGI (Libero 18-01-2013)

La sentenza d’Appello riguardante il Napoli non riapre solo decisamente il campionato, ma un più ampio capitolo sulla giustizia sportiva, che dopo gli ultimi avvenimenti necessita di una profonda revisione. A partire dalla responsabilità oggettiva, criterio di penalizzazione assimilabile a un obbrorio, fino anche all’omessa denuncia. Il fatto che Cannavaro e Grava, da sei mesi di squalifica per non aver avvisato il club di un tentativo di combine (mai realizzata) si siano poi ritrovati immacolati, la dice lunga sulle falle dei procedimenti portati avanti da Palazzi. Il quale, fra l’altro, aveva chiesto un punto di penalità per il Napoli, quando di norma, come tutti sanno, per la responsabilità oggettiva non si va mai sotto ai due: perché?

[...]

Vedi Napoli e poi assolvi

di STEFANO OLIVARI (GUERINSPORTIVO.it 18-01-2013)

Se i due punti restituiti al Napoli, o per meglio dire regalati, dalla Corte di giustizia federale dovessero essere decisivi per lo scudetto la Juventus potrebbe avere qualcosa da dire. Perché è chiaro che questa sentenza è al 90% politica e non certo perché Paolo Cannavaro o Grava godano di chissà quali protezioni. E’ politica perché Scommessopoli e suoi mille rivoli appena ha sfiorato grandi club è stata subito normalizzata, troncata o quantomeno sopita. E via con dibattiti in punta di diritto sulla responsabilità oggettiva, come se Sampdoria e Torino (che avevano patteggiato per una situazione analoga e hanno perso definitivamente un punto in classifica) facessero parte di un altro mondo. Va da sé che questa clamorosa marcia indietro lavora a favore anche della Lazio di Mauri, altra aspirante allo scudetto, e di altre squadre (Genoa in testa). L’aspetto più incredibile della vicenda non è stato il merito, cioè la valutazione del comportamento di Gianello (ha solo progettato l’illecito insieme a Giusti o ha anche fatto qualcosa di concreto per metterlo in atto?), ma il fatto che il procuratore federale Palazzi al termine della sua requisitoria non abbia fatto richieste alla corte: né un’assoluzione degli imputati né una condanna. Niente, un ‘non so’ inaccettabile proprio sul piano logico. Come a sottolineare di non avere una posizione e nemmeno un’opinone. Eppure in mille altri casi non si era mai fatto un problema nel far capire quello che pensasse, al di là dei procedimenti giudiziari. Cosa cambia adesso, in pratica nel calcio italiano? Tanto per uscire da noiosi discorsi su cavilli e interpretazioni. Cambia che di fatto non esiste più la responsabilità oggettiva, quindi i club possono andare più ‘tranquilli’ per quanto riguarda i comportamenti dei propri tesserati. Che quindi, semplifichiamo ma non troppo, potranno avere dal punto di vista della giustizia sportiva frequentazioni con tutti i criminali che vogliono: basta che non tarocchino in maniera diretta ed evidente le partite e il club di appartenenza non avrà danni. In altre parole, per comminare squalifiche serviranno prove evidenti dell’alterazione del risultato delle partite da parte dei tesserati: l’inversione dell’onere della prova diventerà un ricordo (non per chi subirà accertamenti fiscali, purtroppo). La giustizia sportiva diventa così simile a quella ordinaria, con tutte le garanzie e i garantismi del caso. Ma se siamo abituati, purtroppo, ad aspettare anni la sentenza per un omicidio, non siamo forse ancora preparati a guardare campionati con la certezza o almeno il sospetto che il verdetto del campo sarà ribaltato. E meno che mai a sospenderli (!) in attesa di sentenze definitive. Perché per i sette Tour de France tolti ad Armstrong. l’ultimo dei quali vinto nel 2005, non è sceso in piazza alcun demente nemmeno nella sua Austin. Ma il calcio, soprattutto in Italia, è un’altra cosa.

Modificato da Ghost Dog

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti
Joined: 14-Jun-2008
11014 messaggi

LA STAMPA 18-01-2013

acwgVQRb.jpg

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti
Joined: 14-Jun-2008
11014 messaggi

IL TIFOSO CHE NON TI ASPETTI

Il Sub Comandante Marcos

«Io, il Chiapas e l’Internazionale»

«Prendono troppi gol, deve essere colpa della maglietta che usano fuori casa». E dire che è rossa...

di STEFANO SCACCHI (TUTTOSPORT 18-01-2013)

MILANO. I tifosi dell’Inter che, animati da fiero purismo, avevano contestato la scelta del rosso per la maglia da trasferta giudicata troppo simile cromaticamente a quella del Milan, hanno trovato la loro guida spirituale. Non un semplice comandante, ma addirittura il Subcomandante più famoso del mondo. Marcos, il leader degli zapatisti del Chiapas, ha pubblicato uno scherzoso post sul sito del movimento dei ribelli del Messico. E’ una risposta alle critiche arrivate a una vignetta nella quale il Sub trattava di temi giudicati troppo leggeri da alcuni sostenitori in una riedizione centroamericana dell’eterno dibattito su impegno e disimpegno a sinistra. E anche l’Inter è entrata in questa lunga replica perché nella vignetta si parlava di Leo Messi . Così Marcos ha deciso di dare una lezione di cultura sportiva ai suoi detrattori. «Non sapete chi è Eduardo Galeano ? E nemmeno cosa sono Barcellona e Real Madrid. Io tifo per i Jaguares de Chiapas in Messico e per l’Internazionale di Milano in Italia. Leggo che stanno prendendo dei gol, deve essere colpa della maglietta che usano fuori casa». Eccola, la vituperata maglietta rossa (inevitabile anche il doppio senso di Marcos sulla simbologia politica del “rosso”), capace di regalare molte soddisfazioni a inizio stagione quando la squadra di Stramaccioni non perdeva un colpo fuori casa. Ora invece le cose sono cambiate. E il Subcomandante dimostra di seguire con attenzione la sua squadra del cuore europea negli spazi lasciati dalla lotta nella Selva Lacandona. «Sì, so che direte che il calcio è l’oppio dei popoli e che promuovo l’alienazione, l’incultura, bla, bla, bla, bla», aggiunge il leader degli zapatisti per prendere in giro i suoi critici. Le parole di Marcos sono state subito riprese dal sito dell’Inter, a conferma della soddisfazione con le quali sono state accolte dalla famiglia Moratti . Non è la prima volta che il Subcomandante parla del suo tifo nerazzurro. Un affetto ricambiato dal club di Corso Vittorio Emanuele che organizza un Inter Campus itinerante per i bambini del Chiapas (oltre ai quattro stabili in Messico). Periodicamente una delegazione di istruttori dell’Ong nerazzurra partono dall’Italia per raggiungere varie località della Selva Lacandona (prossimo decollo previsto tra un mese). Per suggellare questo legame Marcos nel 2005 aveva proposto di organizzare un’amichevole tra Inter e zapatisti. Se mai andasse in porto il progetto, è scontato che il leader del Chiapas chiederà a Zanetti e compagni di giocare con la maglia rossa. Per avere la scaramanzia dalla propria parte.

Modificato da Ghost Dog

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti
Joined: 14-Jun-2008
11014 messaggi

Il Capo della Polizia

Manganelli «Scommesse. Prevedo nuovi casi»

di ANDREA ARZILLI (CorSera 18-01-2013)

ROMA — Un altro allarme sul calcioscommesse, a farlo suonare è sempre il capo della Polizia: «Non vi dico cosa prevedo che accadrà nei prossimi giorni, altrimenti le notizie oscureranno questa conferenza». Così ieri Antonio Manganelli, nel corso del summit Interpol-Fifa di Roma sul calcioscommesse, ha annunciato nuovi sviluppi circa le inchieste che le procure di mezza Italia stanno portando avanti su partite truccate e scommesse illegali. Che non sono l'unico versante sul quale vigilare, c'è anche quello della violenza negli stadi con auspicio di Manganelli di un «ritorno alla normalità» sulla tessera del tifoso. «Lo ringrazio per quanto ha dichiarato — le parole di Maurizio Beretta, presidente della Lega di A — e soprattutto per lo straordinario lavoro che è stato compiuto in questi anni». Cremona, Bari e Napoli potrebbero aver solo tolto il coperchio, a livello mondiale le combine muovono un'enorme quantità di denaro. «Le scommesse clandestine sono un settore che vale centinaia di miliardi di euro l'anno — ha spiegato Ronald Noble, segretario generale dell'Interpol —. Gli allibratori hanno introiti paragonabili a società come la Coca Cola, con possibilità di riciclare soldi sporchi. Nessun paese è immune». E l'Italia, nonostante sia uno dei 16 paesi che hanno «almeno» una legge in proposito, non fa certamente eccezione. Due anni di inchieste parallele, penali e sportive, hanno minato la credibilità del sistema calcio e le istituzioni sono ancora alla ricerca degli anticorpi per debellare il virus della combine. «Il nostro unico obiettivo deve essere quello di preservare l'integrità del calcio, una realtà a rischio — le parole del presidente Figc, Giancarlo Abete —. Conviviamo da 20 mesi col fenomeno, ma abbiamo reagito: il calcio ha retto l'urto facendo squadra e rispettando il lavoro degli organi istituzionali». Tutto passa da una riforma che possa adattare le esigenze di protezione del calcio da un'illegalità sempre più difficile da scovare e bloccare. «Dobbiamo migliorare le leggi esistenti a livello nazionale e internazionale — ha aggiunto Abete —. La legge sulla frode sportiva deve essere rafforzata ed estesa, e le sanzioni adeguate all'importanza del business legato al calcio». Da Singapore all'Europa all'Africa, una realtà mondiale che impone leggi efficaci per tutti: «Metteremo a punto un muro così alto — ha concluso Jerome Valcke, segretario generale Fifa — che sarà difficile superarlo».

SCOMMESSE, CONFERENZA INTERPOL

Inchieste, Manganelli annuncia una scossa

Il capo della polizia: «Non vi posso dire cosa accadrà nei prossimi giorni...»

Abete: Abbiamo reagito al fenomeno Campionato falsato? No, semmai è colpa di chi viola le norme

di MICHELE MARCHETTI (CorSport 18-01-2013)

ROMA - Doveva essere un incontro ufficiale e internazionale di una certa valenza, ma non ci si aspettavano scossoni rilevanti. Invece si è trasformato nello scenario che ha permesso al capo della Polizia, Antonio Manganelli, di lanciare un allarme. «Non vi dico cosa prevedo accadrà nei prossimi giorni sul fronte calcioscommesse, altrimenti le notizie oscureranno questa conferenza» . Le parole si sa hanno un peso, anche quando apparentemente vorrebbero suggerire di tenere toni bassi. L’invito successivo quindi a voler lasciare tempo e modi di comunicazione alla giustizia ordinaria e sportiva è sembrato cadere nel vuoto.

Gli sviluppi sule partite truccate si attendevano, ma certo le parole di Manganelli fanno sembrare che il rumore che causeranno possa diventare fragoroso. La conferenza Interpol “Calcioscommesse: il lato oscuro di un bel gioco”, ospitata presso la Scuola superiore di polizia a Roma, ha dunque da un lato cercato di fare il punto su quanto fatto finora, ma non ha mancato di lasciar trapelare anche le future - assai prossime - direttrici che le indagini potrebbero prendere. Manganelli ha poi affrontato il tema, attualissimo, del razzismo nel calcio. «Si vuole dare una spolverata ideologica al comportamento di una ventina di imbecilli che non sanno neppure cosa sia il contrasto a un’etnia diversa» .

FENOMENO INTERNAZIONALE - Quello che a livello mondiale è conosciuto come match fixing non è un male che attacca soltanto il calcio italiano, ma si sviluppa nei campionati praticamente di tutto il mondo. Il numero uno dell’Interpol, Noble, ha spiegato che: «Le scommesse clandestine sono un settore che vale centinaia di miliardi l’euro l’anno. Gli allibratori hanno introiti paragonabili a società come la Coca Cola» . A un problema di tale portata si può rispondere soltanto con un’opposizione forte e decisa di tutte le componenti. «E’ un fenomeno che offre la possibilità di riciclare soldi sporchi: le puntate illegali sono un mostro con mille teste che dobbiamo uccidere insieme con interventi coordinati nazionali e internazionali. Nessun paese ne è immune - ha ribadito Noble - Nel 2011 l’Interpol ha creato una task force apposita che ha contribuito a numerose operazioni di polizia. Il contrasto è un compito arduo, un cammino che non finirà mai, ma c’è tanto che possiamo fare e continueremo a combattere colpo su colpo. Dobbiamo investire in coordinamento a livello strategico e di intelligence per sconfiggere questo fenomeno globale» .

CASA NOSTRA - Anche il presidente della Figc Abete, fresco di rielezione, è intervenuto nel corso della conferenza stampa: «Abbiamo reagito al fenomeno del calcioscommesse e debbo dire, con senso critico e autocritico, che il mondo del calcio ha retto l’urto. Conviviamo con la problematica delle scommesse illegali dal primo giugno 2011, con i primi arresti di tesserati» . La giustizia sportiva continua il suo corso, ma la tempistica ha fatto storcere il naso a più d’uno. Abete ribatte: «Falsare il campionato? E’ tutto da dimostrare e poi non è possibile concentrare tutti i procedimenti quando il campionato è fermo perché per un anno ci sarebbe una sorta di “liberi tutti”. E comunque a falsare il campionato semmai è chi viola le norme».

IL CONVEGNO

Manganelli allarga l’inchiesta

«In arrivo ci sono grandi novità»

IL CAPO DELLA POLIZIA RILANCIA L’ALLARME. ABETE: LA RESPONSABILITÀ

OGGETTIVA RIMANE UN CAPOSALDO DEL NOSTRO ORDINAMENTO SPORTIVO

di STEFANO CARINA (Il Messaggero 18-01-2013)

ROMA «Non vi dico cosa accadrà nei prossimi giorni sul fronte calcioscommesse altrimenti sarà la notizia di domani e oscurerà questa conferenza». Una frase sibillina, quella del capo della Polizia, Antonio Manganelli, poco prima di terminare il suo intervento al convegno ‘Calcioscommesse: il lato oscuro del bel gioco’, organizzato ieri a Roma dall'Interpol con la partecipazione del Dipartimento della Pubblica Sicurezza italiano, dell'Uefa e della Fifa. Parole che avrebbero meritato un approfondimento, reso impossibile dagli impegni di Manganelli che non ha partecipato alla conferenza stampa, lasciandosi così alle spalle un alone di mistero sugli ulteriori sviluppi che potrebbero esserci a breve per le inchieste legate alle scommesse illecite. Più chiaro, invece, il pensiero del capo della Polizia riguardo agli ultimi episodi di razzismo che si sono verificati negli stadi italiani: «Ne parliamo molto superficialmente, spesso si conferisce una collocazione aristocratica o un fondamento ideologico: in realtà sono una ventina di imbecilli che non sanno neanche cos'è l'ideologia di contrasto a una etnia».

LA TESSERA DEL TIFOSO

Manganelli si è soffermato anche sull'adozione della normativa antiviolenza (tra cui c'è la tessera del tifoso, ndc) che «ha comportato delle forzature che personalmente mi pesano, come il fatto che bisogna fare un percorso di guerra per l'acquisto di un biglietto. I risultati però ci danno ragione: oggi il fenomeno della violenza dentro gli stadi è praticamente scomparso. Speriamo di tornare presto alla normalità».

Auspicio apprezzato dal presidente della lega di serie A, Maurizio Beretta: «E' un segnale di straordinaria importanza».

CASO MAURI

Nel corso dell'appuntamento che ieri ha riunito 50 Paesi del mondo e 20 organizzazioni internazionali impegnate nella lotta al fenomeno delle scommesse illecite - «il cui fatturato è simile a quello della Coca Cola», ha precisato il segretario generale dell'Interpol, Ronald Noble - è intervenuto anche il presidente della Figc, Giancarlo Abete: «Conviviamo con questa piaga da 20 mesi ma abbiamo reagito, reggendo l'urto e facendo squadra. Dobbiamo aggredire e sconfiggere questo fenomeno». E riguardo alla nuova ondata di deferimenti – tra cui figurerebbero anche Mauri e la Lazio - paventata da alcuni media spiega: «I rumors sono rumors, è da tempo che li sento annunciare. Statisticamente prima o poi accadrà». A chi gli fa notare l’anomalia tra la Procura di Cremona che chiede un supplemento d’indagini e l’accelerazione (eventuale) di Palazzi, replica: «I due ordinamenti sono diversi, è già capitato che alcuni tesserati siano stati sanzionati dalla giustizia sportiva e non da quella penale. Si falsa il campionato? Stiamo attenti a non inviare il messaggio che esiste una giustizia sportiva ad orologeria. Il problema è che è impossibile che 2500 provvedimenti vengano concentrati esclusivamente durante l'estate. I campionati vengono falsati nel momento in cui non vengono applicate le norme vigenti, non quando nella sensibilità di ognuno accadono eventi che non sono condivisi. Se c'è un soggetto che viene imputato di una responsabilità diretta, non è che se ne può parlare la stagione seguente, perché per un anno ci sarebbe una sorta di liberi tutti».

RESPONSABILITÀ OGGETTIVA

Sulla possibile riforma della giustizia sportiva con il nodo della discussa responsabilità oggettiva, Abete spiega: «I club faticano ad accettarla ma resta un caposaldo dell'ordinamento sportivo internazionale poiché è prevista anche da Fifa e Uefa. Faremo una riflessione ma non possiamo uscire da un contesto di regole internazionali».

IL SECOLO XIX 18-01-2013

acqybrWK.jpg

L’ALLARME MANGANELLI, CAPO DELLA POLIZIA, AL CONVEGNO DELL’INTERPOL

«Scommesse: novità in arrivo

E la tessera penalizza i tifosi»

di GAETANO IMPARATO (GaSport 18-01-2013)

A due passi dall'Olimpico, Poliziotti e federcalcio d'Europa, uniti per debellare il football inquinato coi ringraziamenti di Abete. Il convegno su «Calcioscommesse, il lato oscuro del bel gioco» è una due giorni organizzata da Interpol, Ministero dell'Interno e Fifa «...per permettere che chi deve dare l'esempio ai giovani non si ritrovi a vedere il mondo a scacchi da una cella» dice arguto, il Prefetto Cirillo, vice capo della Polizia.

Combine e razzismo Antonio Manganelli, capo della polizia, sussurra novità («a breve altri colpi di scena sull'inchieste legate al calcioscommesse»), si bea della scomparsa della violenza negli stadi («Ricordo i bollettini di guerra, poliziotti feriti, dati che mi gelavano»). Sfiora l'argomento tessera del tifoso («Fu creata una normativa difficile, per prendere un biglietto serve un percorso di guerra, sogno mia zia e mia nipote da sole, allo stadio, tranquille senza dover mostrare tessere e documenti vari») incassando il plauso di Beretta che gli invierà una lettera di ringraziamento. «L'obiettivo di tornare alla normalità è condiviso da tutti i club di A, pronti a collaborare». Poi le nuove piaghe: combine e razzismo: «Non prendiamo sul serio 20 imbecilli che fanno buuu senza motivo, non per ideologie anti etnie»).

Progetti Ronald Noble, segretario generale Interpol, ricorda come i 20 milioni versati dalla Fifa all'Interpol servano per debellare la piaga. Interventi di Jerom Valcke (Fifa) e Gianni Infantino (Uefa): s'augurano che in tutti i 53 paesi associati la frode sportiva sia un reato.

LA ĠAZZETTA DEL MEZZOGIORNO 18-01-2013

adg97by2.jpg

Verso una nuova svolta. E auspica l’addio alla tessera del tifoso

Manganelli, non è finita

“In arrivo delle novità”

Il capo della polizia Non dico cosa accadrà altrimenti diventa la notizia del

giorno. Mi pesa che per andare allo stadio si debba fare un percorso di guerra

di GIULIANO FOSCHINI & MARCO MENSURATI (la Repubblica 18-01-2013)

Lo chiameranno “il paradosso di Manganelli”. «Non vi dico cosa succederà nei prossimi giorni altrimenti diventa la notizia del giorno e oscuriamo il convegno ». Nemmeno il tempo di pronunciare queste parole, davanti alla platea internazionale del convegno Interpol sul calcioscommesse, che il capo della polizia italiana si è trovato su tutte le home page dei siti mondiali sotto il titolo: «Manganelli novità clamorose nei prossimi giorni».

In realtà grandi novità ci saranno, sì. Ma non nei prossimi giorni. Ci vorrà qualche mese infatti perché le indagini degli uomini dello Sco di Roma, coordinati dal procuratore capo di Cremona Antonio Di Martino, producano i frutti promessi. Da quanto trapela, la polizia sarebbe da poco riuscita a identificare i due uomini di connessione tra le varie bande di scommettitori (toscani, napoletani, bolognesi, zingari e veneti) e il secondo livello del calcioscommesse, quello che porta direttamente al giro dei calciatori di serie A e delle dirigenze. Si tratta di due “soggetti” non meglio identificabili che operano uno a Bologna (ed era in contatto con Signori & Co.) e l’altro a Milano nei paraggi del famoso Hotel Toq. Quest’ultimo, in particolare, sarebbe il più “pesante” per le indagini. Di lui parlò per primo Hristian Ilievsky in una intervista a Repubblica.

Secondo il capo degli zingari, quest’uomo, che si faceva chiamare Salvatore, era in grado di dare informazioni sicure al 100 per 100 su tutte le partite che di domenica in domenica venivano combinate e accettava solamente pagamenti in contanti.

A questo punto le indagini subiranno un’importante accelerazione. Nelle prossime settimane, le foto dei due “soggetti” verranno sottoposte ad Almir Gegic, il numero due degli zingari, in carcere a Cremona. Dopodiché si cercherà di ricostruire le loro reti di contatti.

Le indagini italiane sulla serie A sono ritenute molto rilevanti a livello internazionale. I nostri campionati sono tra i più corrotti al mondo. Non è un caso che il convegno sia stato organizzato proprio a Roma: «Nessun paese è immune da questa piaga — ha spiegato Ronald K. Noble — Gli allibratori hanno introiti paragonabili a quelli di una multinazionale come la Coca Cola».

Nel corso del convegno Manganelli ha fatto anche riferimento alla prossima dismissione della tessera del tifoso: «Presto ci sarà un ritorno alla normalità: comprare un biglietto non può essere un percorso di guerra».

AL CONGRESSO DELL’INTERPOL

Manganelli avverte

«Aspettate novità...»

Il capo della Polizia: «Non vi dico cosa prevedo che accadrà nei prossimi giorni sul fronte calcioscommesse...». Abete: «Il mondo del calcio ha retto l’urto facendo squadra»

di STEFANO CARINA (TUTTOSPORT 18-01-2013)

ROMA. «Non vi dico cosa prevedo accadrà nei prossimi giorni sul fronte calcioscommesse, altrimenti sarà la notizia di domani e oscurerà questa conferenza». A parlare è il capo della Polizia, Antonio Manganelli , intervenuto ieri al congresso dell’Interpol “Calcioscommesse: il lato oscuro di un bel gioco”. Dichiarazioni che non hanno avuto un seguito, visto che Manganelli non ha partecipato alla conferenza stampa lasciando così un alone di mistero sugli ulteriori sviluppi che potrebbero esserci a breve per le inchieste su cui lavorano da mesi diverse Procure italiane.

RAZZISMO E TESSERA TIFOSO Certamente meno dubbi hanno invece lasciato le sue riflessioni riguardo al razzismo negli stadi: «Ne parliamo molto superficialmente, spesso si conferisce una collocazione aristocratica o un fondamento ideologico: in realtà sono una ventina di imbecilli che non sanno neanche cos’è l’ideologia di contrasto a una etnia». Manganelli si è poi soffermato sull’adozione della normativa antiviolenza (tra cui c’è la tessera del tifoso) che «ha comportato delle forzature che personalmente mi pesano, come il fatto che bisogna fare un “percorso di guerra” per l’acquisto di un biglietto: speriamo di tornare presto alla normalità. I risultati però ci danno ragione: oggi il fenomeno della violenza dentro gli stadi è praticamente scomparso».

NO A PROCESSI A STAGIONE FERMA Nel corso dell’appuntamento che ieri ha riunito 50 paesi del mondo e 20 organizzazioni internazionali impegnate nella lotta al fenomeno delle scommesse illecite - «Il fatturato delle scommesse clandestine è simile a quello della Coca Cola», ha detto il segretario generale dell’Interpol, Ronald Noble - è intervenuto anche il presidente della Figc, Giancarlo Abete : «Conviviamo con questa piaga da 20 mesi ma abbiamo reagito. Il mondo del calcio ha retto l’urto di questa situazione difficile facendo squadra». E riguardo alla nuova ondata di deferimenti, paventata da alcuni media spiega: «I rumors sono rumors, è da tempo che li sento annunciare. Statisticamente prima o poi accadrà. Sarebbe un’anomalia visto che la Procura di Cremona ha chiesto un supplemento d’indagini? I due ordinamenti sono diversi: è già capitato che alcuni tesserati siano stati sanzionati dalla Giustizia sportiva e non da quella penale. Si falsa il campionato? Stiamo attenti a non mandare il messaggio che esiste una giustizia sportiva ad orologeria. Il problema è che è impossibile che 2500 provvedimenti vengano concentrati durante l’estate. I campionati vengono falsati nel momento in cui non vengono applicate le norme vigenti, non quando nella sensibilità di ognuno accadono eventi che non sono condivisi. Se c’è un soggetto che viene imputato di una responsabilità diretta, non è che se ne può parlare la stagione seguente. La riforma della responsabilità oggettiva? I club faticano ad accettarla ma resta un caposaldo dell’ordinamento sportivo internazionale poiché è prevista anche da Fifa e Uefa. Faremo una riflessione ma non possiamo uscire da un contesto di regole internazionali».

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti
Joined: 14-Jun-2008
11014 messaggi

Lotito docet: quando si può

«dimezzare di due terzi»

La Lazio non solo domina nel campionato ma ha anche

cambiato, grazie al suo presidente, il linguaggio giornalistico

di PIPPO RUSSO (l'Unità 18-01-2013)

DA SETTIMANE NELLE REDAZIONI SPORTIVE CI S’INTERROGA ANGOSCIOSAMENTE SULLA LAZIO: prenderla sul serio o no? La squadra di Vladimir Petkovic viaggia al secondo posto e nessuno se l’aspettava, sicché da parte dei cosiddetti analisti una pessima figura è già stata messa in saccoccia. E ora che si tratta di scansare la seconda, il dilemma che si prospetta è micidiale: scommettere sui biancocelesti col rischio che da qui al termine del campionato s’affloscino, o continuare a sminuirli col timore che quelli continuino così fino in fondo? Capirete dunque quale sofferenza vi sia nell’analizzare la questione. I più prudenti costruiscono paralleli fra i rendimenti delle due Lazio scudettate (quella di Tommaso Maestrelli del 1973-74 e quella di Sven Goran Eriksson del 1999-2000) e della squadra di Petkovic. Proprio su questo solco s’è lanciato Stefano Cieri, l’embedded della Ġazzetta dello Sport a Formello. Nell’edizione del 15 gennaio Cieri ha trovato un dettaglio a suo parere particolarmente significativo per costruire un parallelo: «Tre punti da recuperare in campionato, una doppia semifinale da affrontare (la settimana prossima) in Coppa Italia: davanti sempre le casacche della Juve. Come nella stagione 1999-2000, quello (il refuso è testuale, ndr) dell’accoppiata scudetto-Coppa Italia realizzata dalla Lazio di Eriksson. Che vinse il tricolore rimontando 9 punti alla Juve e sorpassandola proprio all’ultima giornata (…). Anche quest’anno era novembre, la Juve aveva 9 punti di vantaggio sui biancocelesti. Adesso lo svantaggio si è dimezzato di due terzi grazie a un rendimento che negli ultimi due mesi si è fatto straordinario ». E se si parla d’un «dimezzamento di due terzi» il vero dilemma è un altro: analfabetismo di ritorno o di sola andata? E basterà rispedire Cieri alle elementari per imparare da capo le frazioni?

Certo, all’esperto di dimezzamenti va riconosciuto che lavorare in un ambiente nel quale imperversa Claudio Lotito può disorientare chiunque. E che a guidare questo disorientamento è proprio l’uso delle parole, specialità di cui il patron biancoceleste è funambolo. La stessa edizione della Ġazzetta, come tutte le altre fonti d’informazione quel giorno, riportava in un articolo di Marco Calabresi l’opinione di Lotito a proposito del suo allenatore: «Petkovic è una sorpresa per voi che siete dei miscredenti, non per me che l’ho scelto (…). Giusto per intenderci, il vocabolario della lingua italiana stabilisce che “miscredente” sta per “persona che non crede nel divino o non accetta alcun principio religioso». Dunque, tutti colpevoli d’essere atei, mica di capirci una cippa di calcio. Nessuna delle fonti stampa che hanno riportato la dichiarazione di Lotito l’ha rilevato.

La Lega torna al voto:

si studia un governo ponte

Lotito rilancia Beretta ma Inter, Juventus e Roma vogliono un tecnico. Spunta Campoccia

di MARCO IARIA (GaSport 18-01-2013)

Una Lega spaccata rincorre oggi quella faticosa concordia che le consentirebbe di sedere al tavolo del governo del calcio italiano e partecipare da protagonista alla corsa alle poltrone. L'assemblea delle ore 13, anticipata da un consiglio mattutino, è l'ultima occasione (ma ci sarebbe il tempo per convocarne un'altra) per rinnovare i propri organi prima del consiglio federale che Abete convocherà entro fine mese per formare il nuovo «esecutivo» di via Allegri, con la Serie A che ambisce a una delle due vicepresidenze. Quattro votazioni andate a vuoto, i candidati Abodi e Simonelli evaporati, e oggi riprende la disfida sul presidente di Lega. Visto che è impossibile trovare un nome nuovo in così breve tempo, l'unica cosa certa è che — se fumata bianca sarà — si opterà per un governo ponte, della durata di sei mesi, con l'obiettivo di riscrivere lo statuto ridando potere al consiglio e, magari, restituendo ai dirigenti di club la possibilità di occupare lo scranno presidenziale («a rotazione», il suggerimento di De Laurentiis). La scadenza naturale, beninteso, resta la fine del quadriennio olimpico, ma una lettera di dimissioni a giugno sarebbe l'escamotage per far nascere un governo a tempo.

Divergenze Claudio Lotito ha rilanciato Maurizio Beretta, che a marzo 2011 annunciò le dimissioni per l'incarico assunto in UniCredit. Il patron della Lazio, evocando pure il rischio commissariamento, è sicuro di arrivare ai fatidici 14 voti e medita — sostiene qualche voce maliziosa — di far fuori Juventus e Inter dal futuro consiglio di Lega. Proprio le due società che guidano il fronte opposto e che, incassata la sconfitta di Abodi, non ne vogliono sapere di mantenere la continuità con «un'agenda di Lega che ha fallito diversi obiettivi». L'ipotesi già lanciata nell'ultima assemblea da Andrea Agnelli resta sul tavolo: una presidenza «tecnica», super partes, fino a giugno. Sono stati fatti i nomi del d.g. Brunelli e dell'avvocato Stincardini ma nelle ultime ore è spuntato anche quello di Stefano Campoccia, che dovrebbe lasciare la vicepresidenza dell'Udinese, uno di quei club che si sta mantenendo equidistante e il cui pronunciamento sposterà gli equilibri da una parte o dall'altra. Con Juventus e Inter, infatti, ci sono Roma, Sampdoria, Pescara, Siena e Catania, forse Atalanta. Voti sufficienti per stoppare Beretta, anche se qualche società potrebbe vacillare. A complicare il quadro ci sono le altre nomine: un vicepresidente e 9 consiglieri di Lega e due consiglieri federali. Su questi ultimi posti un'intesa potrebbe nascere attorno al riconfermato Lotito e alla new entry Angelomario Moratti, vicepresidente dell'Inter.

La Lega di Lotito. Juve e Inter fuori da tutto

di GIOVANNI CAPUANO (Calcinfaccia 18-01-2013)

Sono servite sei votazioni e anche nelle ultime ore i toni sono stati alti fino quasi alla lite. La Lega di Serie A, però, ha deciso e in sella rimane (almeno sino a giugno) il presidente uscente Maurizio Beretta. L’ha spuntata lui che un mese fa sembrava tagliato fuori dopo l’endorsement di Andrea Agnelli che si era sbilanciato per Abodi ma, soprattutto, aveva pregato nemmeno troppo gentilmente, Beretta di farsi da parte. La linea del numero uno della Juventus è stata sconfessata clamorosamente e il calcio italiano, diviso e litigioso come tradizione, ha scoperto di avere un vero padrone.

Il suo nome è Claudio Lotito, presidente della Lazio e regista dell’operazione-Beretta. Mentre gli altri club si dividevano tra i sostenitori di Abodi e quelli di Simonelli senza mai superare le 11 preferenze ben lontane da quota 14, Lotito ha tessuto la tela.

Un mese fa aveva sparato a zero contro Abodi minacciando anche di sollevare un problema giuridico. Poi ha atteso che Simonelli uscisse allo scoperto per essere bocciato. Infine, con l’assemblea paralizzata, ha convinto tutti che non esisteva altra soluzione di una proroga per Beretta che si tiene anche il doppio incarico da manager di Unicredit e che ha fatto valere i risultati comunque ottenuti nell’ultimo anno, dall’accordo collettivo con l’Aic al nuovo contratto televisivo da 1 miliardo di euro a stagione in un momento di forte crisi.

Ha vinto, si è preso la carica di consigliere in Figc insieme a Pulvirenti del Catania, e ha dimostrato di essere politicamente più forte rispetto a tante big. Ha fatto pesare l’alleanza con Galliani (Milan) cui è andata la vice presidenza e il consiglio uscito da due mesi di campagna elettorale permanente rispecchia gli attuali rapporti di forza.

Dentro, insieme a Lazio e Milan, una big come il Napoli (De Laurentiis) e una schiera di medio-piccole: Palermo (Lo Monaco), Torino (Cairo), Cagliari (Cellino), Parma (Ghirardi), Guaraldi (Bologna), Percassi (Atalanta), Preziosi (Genoa) e Gino Pozzo (Udinese).

Fuori Juventus, Inter, Roma, Siena, Pescara e Sampdoria oltre alla Fiorentina che si erano schierate per il cambiamento alla guida della Lega. Un dato clamoroso considerato che le prime tre da sole assommano il 54,3% dei tifosi italiani (dato tratto dall’Osservatorio Demos 2011). Una marea di persone senza rappresentanza diretta nella stanza dei bottoni. Se vogliamo una vera e propria anomalia che rischia di consegnare il calcio italiano a mesi di paralisi e contrapposizioni.

Modificato da Ghost Dog

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti
Joined: 14-Jun-2008
11014 messaggi

The curious transfer of Zeki Fryers

by JOHN SHEA (LawInSport 18-01-2013)

Earlier this month Tottenham Hotspur announced the signing of the former Manchester United defender Zeki Fryers on a permanent deal from Standard Liege. The signing has angered Fryers’ former club who feel that the deal was structured to ensure that Tottenham acquired the youngster for a lower fee than if he had signed directly from United last summer.

Zeki Fryers’ contract with United expired at the end of June 2012. Whilst United offered Fryers a new contract, the player rejected United’s offer of a new deal and after the expiry of his contract with United, trained with Tottenham during pre-season with a view to a permanent move.

Under Rule V17 of the Premier League rules, a Premier League club who registers an out of contract player under the age of 24, who has rejected a contract offer from his former club, must pay the player’s former club a compensation fee. The compensation fee payable shall be a sum agreed between the two clubs (Premier League Rule V26 and V27.1) however, in the event that an agreement between the two clubs cannot be reached, the compensation fee shall be determined by the Professional Football Compensation Committee (Premier League Rule V27.2), which is incorporated under the rules of both The Premier League The Football League. The Professional Football Compensation Committee does not follow a set formula when determining the amount of compensation payable however Article 3 of Annexe 5 of The Football League Regulations confirm that the following factors are taken into account:

  • the status of each of the clubs;
  • the age of the player;
  • the amount of any fee paid by the former club upon acquiring the registration of the player;
  • the length of time during which the former club held the registration of the player;
  • the terms of the new contract offered to him by both the former club and the new club;
  • his playing record including any international appearances; and
  • substantiated interest shown by other clubs in acquiring the registration of the player.

In addition, the committee also take into account the following costs incurred by the player’s former club in accordance with Article 4 of Annexe 5 of The Football League Regulations:

  • any cost incurred by either club in operating an academy such as:
    • living accommodation;
    • training and playing facilities;
    • scouting, coaching, administrative and other staff;
    • education and welfare requirements;
    • playing and training strip and other clothing;
    • medical and first aid facilities; and
    • friendly and competitive matches and overseas tours;

    [*]any other cost incurred by either club directly or indirectly attributable to the training and development of players

The Football League’s website also provides a helpful insight as to the committee’s decision making when determining the compensation payable:

“In deciding on a compensation figure, it is not uncommon for the Professional Football Compensation Committee to set fees that build as the player becomes more established at first team level. Recent cases have seen clubs receive a basic compensation fee with further payments becoming due on the player's debut, following a certain numbers of first-team appearances and after international appearances.”

United had clearly incurred significant costs in training and developing Fryers given that the player had first signed for United when he was just nine. Also, Fryers made six appearances for United’s first team and represented England at Under 16, 17 and 19 levels hence why United were reportedly not prepared to accept any less than £6 million compensation for Fryers. However, according to United, Tottenham “could not afford” such a fee and so the transfer failed to go through last summer.

Following the failed transfer to Tottenham, Fryers signed for the Belgian club Standard Liege in August 2012. As the transfer was between clubs of different associations, the transfer was subject to the FIFA Regulations on the Status and Transfer of Players (“the FIFA Regulations”) which also provide for compensation to be payable to the player’s former club for the costs they have incurred in training the player between the ages of 12 and 21 (Article 1 Paragraph 1 of Annexe 4).

Unlike the fee determined by the Professional Football Compensation Committee pursuant to the Premier League Rules, the amount of compensation payable under the FIFA Regulations is calculated using a set formula. In order to calculate the compensation payable, it is necessary to first ascertain the training costs for that player i.e. the costs that the new club would have incurred if it had to train the player itself (Article 5 Paragraph 1 of Annexe 4). All football associations are required to divide their clubs into four categories in accordance with the clubs’ financial investment in training players and particular training costs are set for each category of club (Article 4 Paragraph 1 of Annexe 4). The relevant training costs are generally set in accordance with the category of player’s new club unless the player moves from a lower category club to a higher category club in which case the calculation is based on the average training costs of the two clubs (Article 6 Paragraph 1 of Annexe 4). Once the training costs are known, the training compensation is calculated by multiplying this figure by the number of years the player trained with his former club (Article 5 Paragraph 2 of Annexe 4). However, training costs for seasons between the player’s 12th and 15th birthdays (i.e. four seasons) shall be based on a category 4 club’s training costs to ensure that compensation figures for very young players are not unreasonably high (Article 5 Paragraph 3 of Annexe 4).

The compensation paid to United by Liege was undisclosed however I have attempted to calculate the likely fee paid by Liege to United in accordance with the above formula. Fryers’ move from United to Liege was from a higher category to a lower category so training costs would have been calculated in accordance with Liege’s category of training costs determined by the Belgian FA. It is not clear what Liege’s category of training costs was but it was likely to be category 2 meaning the relevant training costs would have been 60,000 euros in accordance with FIFA Circular No 1299. Fryers joined United from the age of 9 and left when he was 19 so it appears that United would have received around 280,000 euros or just over £228,000 based on the following calculation:

12 to 14 years - 4 x 10,000 euros (category 4 club training costs) – 40,000 euros

15 to 19 years - 4 x 60,000 euros (category 2 club training costs) – 240,000 euros

Total – 280,000 euros

Just six months after signing for Liege, Fryers has now signed for Tottenham, which came to no surprise for Sir Alex Ferguson who confirmed that he “expected him to go to Tottenham in the January transfer window”. The transfer between Liege and Tottenham is also subject to the FIFA Regulations and, in particular, Article 21 which confirms that “if a professional is transferred before the expiry of his contract, any club that has contributed to his education and training shall receive a proportion of the compensation paid to his former club”, otherwise known as a solidarity contribution. As United contributed to Fryers’ education and training, they will receive 5% of the transfer fee that Tottenham paid to Liege in accordance with Article 1 Paragraph 1 of Annexe 5 which is designed to reflect the number of years that Fryers was registered with United between the ages of 12 and 23. Tottenham have reportedly signed Fryers for a fee of £900,000 so it seems that United have received a further £45,000.

Overall, United appear to have only received around £273,000 for Fryers which is clearly far inferior to the fee that United were initially demanding from Tottenham in the summer and the fee that they were reportedly expecting to be determined by the Professional Football Compensation Committee, hence United’s anger over the transfer.

Sir Alex Ferguson has called for the Premier League to "look into” the transfer and he feels that Fryers’ “registration should be stopped until they investigate it thoroughly”. Whilst any application to register a player and all transfer arrangements are subject to the approval of the Premier League board (Premier League Rule U6 and V12), it is difficult to see how Tottenham have breached any Premier League rules so there appears to be no grounds for the Premier League to block Fryers’ registration with Tottenham. Tottenham clearly deny breaching any rules and say that Fryers’ transfer to Liege and subsequent transfer to Tottenham were genuine transfers and not designed to reduce the fee that Tottenham ultimately paid for Fryers. After the transfer was announced Tottenham issued a statement confirming that Fryers “wanted to return to England. His representatives made contact with clubs in England. This afforded us a second opportunity to sign the player." Liege have also verified Tottenham’s version of events. The training compensation and solidarity contribution due to United pursuant to Articles 20 and 21 of the FIFA Regulations have been paid so there is no reason for FIFA to intervene in respect of the transfer.

It is understood that United have considered making a formal complaint to the Premier League although the fact that Sir Alex Ferguson referred to "a blatant manipulation of the situation" rather than an actual breach of the Premier League rules suggests that United acknowledge that Tottenham have not breached any by Premier League rules. However, United, as well as other clubs, will no doubt want to avoid the same happening to other young players so United’s vociferous comments may prompt the Premier League and/or FIFA to consider taking steps to avoid the possibility in the future of clubs deliberately structuring such deals in order to reduce the amount of compensation payable.

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti

Crea un account o accedi per lasciare un commento

Devi essere un utente registrato per partecipare

Crea un account

Iscriviti per un nuovo account nella nostra community. È facile!

Registra un nuovo account

Accedi

Sei già registrato? Accedi qui.

Accedi Ora

  • Chi sta navigando   0 utenti

    Nessun utente registrato visualizza questa pagina.

×
×
  • Crea Nuovo...