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K A L C I O M A R C I O! - Lo Schifo Continua -

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Qualche consiglio (non mio) all’Abete-bis per ricostruire “Il calcio ai tempi dello spread”. Un libro di Teotino e Uva per orientarsi nella jungla del business football

Fabrizio Bocca - Bloog! -Repubblica.it14-01-2013

Il calcio ha scelto plebiscitariamente – quindi vuol dire che sta bene a tutti e che tutti sono soddisfatti del lavoro che fa la federcalcio – per altri quattro anni ancora al suo vertice Giancarlo Abete, uomo dell’apparato sportivo, con una lunga esperienza e una lunga trafila all’interno delle strutture del calcio stesso. Uno dei problemi del calcio, e in genere dello sport, è quello di coniugare lo sport, in tutte le sue esplicazioni, da quelle tecniche a quelle organizzative a quelle della giustizia sportiva, con il business che da molto tempo ha ormai preso il sopravvento.

L’economia del calcio è complicatissima, è come cercare di mettere insieme acqua (sport) e olio (business), per quanto uno cerchi di mischiarli e di farli integrare i due elementi tendono a separarsi e a seguire una strada propria. Gianfranco Teotino, giornalista, ex capo dello sport al Corriere della Sera e attualmente responsabile della comunicazione della Fiorentina, e Michele Uva, dirigente sportivo partito dalla pallavolo e approdato al calcio già ai tempi del Parma, vi hanno scritto un libro sopra: “Il calcio ai tempi dello spread”.

Il calcio ha numeri impressionanti, coinvolge come appassionati un miliardo e seicento milioni di persone. Solo i calciatori nel mondo sono 265 milioni, oltre 4 milioni fanno gli allenatori e o entrano negli staff tecnici, si contano almeno un milione di arbitri. In Italia i calciatori sono oltre un milione e centomila. Circa il 60% del fatturato del calcio italiano dipende dai diritti TV, assai di più della Bundesliga, della Premier League o della Liga spagnola. Esiste perfino, pensate, uno “spread” del -265%, calcolato analizzando ricavi medi per club, rapporto fatturato/stipendi, patrimonio netto, affluenza media e ranking Uefa, ovviamente in rapporto alla Bundesliga considerato il campionato ideale.Il riequilibrio e il rinforzo di un sistema che scricchiola pericolosamente sarebbe compito del Financial Fair Play introdotto dall’Uefa. Secondo l’ultima simulazione 344 su 650 club di Prima divisione non rientrerebbero nella regola. Sarebbero 5 i club ammessi alle Eurocoppe a sforare il tetto di 45 milioni di euro tollerato per il primo bienno. “Anche se l’Uefa non fa nomi, sarebbero in ordine decrescente Manchester City, Inter, Chelsea, Milan e Barcellona. In realtà le vicende di questi ultimi mesi dimostrano come club quali Inter e Milan abbiano imboccato la strada del risanamento finanziario, mentre altri come City, Chelsea o PSG continuano sulla strada delle spese folli”. Senza dilungarmi troppo sul perché anche il calcio attraversi un grave momento di crisi economica, preferisco citare brevemente i provvedimenti più interessanti che sarebbero necessari secondo Teotino e Uva. Ben sapendo che Giancarlo Abete, pur dopo averlo promesso, in questi anni al comando (comando?) del calcio, non è riuscito praticamente a spostare nemmeno una sedia, e probabilmente anche per quello è stato rieletto. In quanto il calcio è ormai più che altro un complicato groviglio di poteri e interessi, che nella sostanza si controbilanciano, si autosostengono e impediscono che qualcosa (ovviamente in meglio) cambi. La principale responsabilità per il passato ma adesso anche compito per il futuro del presidente federale, e dunque Giancarlo Abete, è appunto quella di dipanare quel groviglio di interessi. Anche se per farlo bisogna farsi per forza qualche nemico.

In ogni caso vediamo questi principali punti tecnici, proposti nel libro in questione, che per comodità e chiarezza ho preferito numerare e che nel libro sono comunque ben trattati e sviluppati a lungo.

1- Affidare a un organismo indipendente l’incarico di riscrivere il sistema di regole della serie A.

2- Tassare le transazioni su cui guadagnano i procuratori e vietare ai club di fare pagamenti per questo su società estere.

3- Applicare subito le norme del Financial Fair Play e introdurre sanzioni opportune.

4- Per combattere meglio la corruzione adottare modelli di organizzazione, gestione e controllo e prevedere incentivi per tesserati e società che aiutano a far luce sui comportamenti illeciti e sul malcostume.

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RISCRIVERE LE REGOLE

UNA PRIORITA’ PER ABETE

di ANTONIO MAGLIE (CorSport 15-01-2013)

Giancarlo Abete, appena confermato presidente federale, ieri ha sottolineato che la riforma della giustizia sportiva è una delle priorità della sua agenda di lavoro. La dichiarazione di principio giunge a pochi giorni dalla pronuncia della Corte Federale sulla penalizzazione del Napoli e la squalifica di Cannavaro e Grava. Società e calciatori hanno “pagato”, in primo grado, per un tentativo di combine “proposto” dal terzo portiere, Gianello. La società è stata punita per responsabilità oggettiva, i giocatori per omessa denuncia. Mai il bisogno di una giustizia veramente giusta è stato tanto avvertito nel calcio. Mai come in questo momento le corti e i codici sportivi sono apparsi tanto inadeguati a far fronte a una realtà chiamata a fare i conti con inquinamenti criminali (di grandi organizzazioni criminali) che possono condizionare la trasparente evoluzione dei campionati.

La giustizia sportiva è obbligata, oggi più che nel passato, ad adottare le sue sentenze su dati di fatto perché la tecnica del “sentito dire”, delle confessioni ricche di contraddizioni da un lato possono rispondere a interessi che con l’accertamento della verità dei fatti non hanno nulla a che spartire, dall’altro possono provocare pene sproporzionate o infondate che non aiutano certo a costruire quella “solidarietà attiva” tra i vari protagonisti del calcio fondamentale per affrontare con qualche successo un problema così ampio e complesso come quello delle scommesse. La responsabilità oggettiva, pilastro della giustizia sportiva, non può, ad esempio, non tener conto delle difficoltà di un club a tenere sotto controllo trenta, quaranta tesserati, dei limiti imposti dalle normative sulla privacy, dell’abilità delle organizzazioni criminali a muoversi a “fari spenti”. Punire il Napoli con una penalizzazione addirittura raddoppiata rispetto alle richieste dell’accusa, è oggettivamente un atto di ingiustizia, soprattutto se a muovere l’accusa, fra numerose contraddizioni, è un terzo portiere che in quella stagione non è mai stato convocato: come possa influire sulle dinamiche dello spogliatoio un tesserato praticamente ai margini visto che il suo contratto era in scadenza è un mistero abbastanza insolubile. Cannavaro e Grava, che giocavano sempre o quasi, contestano la versione di Gianello, che non giocava mai. La parola dell’uno contro la parola dell’altro: o c’è una prova fattuale a sostegno di una delle due tesi oppure le due tesi si annullano. Può la giustizia sportiva punire, per giunta a distanza di tre stagioni, nel mezzo di un campionato quando i danni sono superiori a quelli che puoi subire se la sanzione arriva prima del fischio d’avvio, sulla base quasi di un “pettegolezzo”? Il fatto che la partita incriminata non sia stata in alcun modo “inquinata” ai fini del giudizio può essere considerato un dato irrilevante?

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DE LAURENTIIS

«Ridateci i due punti!»

«Campionato falsato, giustizia da riformare»

«Non si possono condizionare i tornei. Norme create quando i club non erano Spa»

«Ora è il momento di mettersi tutti intorno a un tavolo e cambiare le cose»

di ETTORE INTORCIA (CorSport 15-01-2013)

ROMA - Mazzarri è la sua garanzia, un tecnico che vuole tenersi stretto e che nelle ultime due settimane è stato capace di recuperare cinque punti alla Juve. Però per rincorrere i bianconeri si gioca anche di giovedì, questo giovedì: tra due giorni la Corte di Giustizia Federale discuterà il ricorso del Napoli contro il -2 in classifica. Si gioca nelle aule della giustizia sportiva, non c’entra nulla l’Europa League, competizione peraltro mai amata più di tanto e che De Laurentiis vorrebbe veder confluire in un nuovo format. Ma questo è un altro discorso. Il presidente vuole indietro i due punti tolti dalla Disciplinare in primo grado, proprio quei due punti che oggi restituirebbero al Napoli il secondo posto che ha conquistato sul campo, portandolo a tre lunghezze dalla Juve. Praticamente a tiro di... scontro diretto. Ma c’è di mezzo quel “meno due”. «Così si rischia di falsare il campionato» , mette subito in chiaro De Laurentiis prima di tuffarsi nell’assemblea elettiva della Figc che di lì a poche ore rinnoverà la fiducia al presidente uscente Abete. «La giustizia sportiva non può condizionare in maniera impropria i campionati. Va cambiata. Non si può abdicare alla verità, se ci sono principi giuridici calpestati io mi appello al rispetto della legge. La giustizia sportiva è stata creata quando i club non erano società per azioni, ora bisogna mettersi intorno a un tavolo e cambiare le cose» , affonda il presidente azzurro.

BRIEFING - Giovedì il Napoli giocherà una partita importantissima in Corte di Giustizia Federale. E il presidente non vuole trascurare alcun dettaglio. L’assemblea elettiva della Figc diventa l’occasione per un nuovo briefing con l’avvocato Mattia Grassani, il legale del Napoli. Parlano a lungo, De Laurentiis e Grassani, sotto lo sguardo attento di Andrea Chiavelli, il consigliere delegato del club. «Sono venuto qui per lavorare» , sussurra il numero uno azzurro alludendo, appunto, al summit con il legale della società. La sala che ha ospitato i lavori dell’assemblea si è appena svuotata, De Laurentiis ha seguito con attenzione l’intervento di Abete, presidente uscente, unico candidato e quindi presidente rieletto. E sì, ha ascoltato con attenzione le sue frasi sulla giustizia e sulla responsabilità oggettiva che, insiste Abete, «è un caposaldo dell’ordinamento sportivo a livello internazionale» . E’ per quel principio che il Napoli si ritrova con due punti in meno, trascinato in questo pasticciaccio da un ex “terzo” portiere. Rimettendoci, oltre ai punti, anche il capitano, Cannavaro, e un altro difensore, Grava. Per giunta, nel bel mezzo della stagione.

RISPOSTE - Un brutto colpo, quel -2. «Ma il Napoli - spiega De Laurentiis - è sempre stato in corsa per lo scudetto. Certo, quella penalizzazione ha determinato un grande rammarico nello spogliatoio, la squadra ne ha risentito e sono arrivate le due sconfitte con il Bologna, ma nel calcio ci sta, siamo uomini» . Bello il 4-1 alla Roma, bella anche la risposta con il Palermo. Sì, il Napoli ci crede: «Partecipiamo sempre per vincere, dobbiamo rispondere al nostro pubblico e ai nostri tifosi che sono i nostri “clienti”. Ce la giochiamo partita dopo partita, senza fare proclami perché nel calcio può succedere di tutto. C’è anche l’Europa League, che andremo ad onorare. La Champions? Manca a tutti, speriamo che presto Champions ed Europa League possano fondersi in un unico grande torneo, è una mia idea che ora ha ripreso anche Platini» .

[...]

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La strategia Gli avvocati Grassani e D’Antonio giovedì davanti alla Corte Figc

«Niente patteggiamenti

il Napoli ha già pagato»

Illecito «Soltanto tentato»: su questo si gioca la partita dei legali azzurri

di ROBERTO VENTRE (IL MATTINO 15-01-2013)

Messa a punto la strategia difensiva: l’avvocato Mattia Grassani, legale della società azzurra, verrà affiancato da Virgilio D’Antonio, docente di diritto privato comparato presso l’Università di Salerno. Nessun compromesso, il Napoli punta alla completa assoluzione: giovedì sarà discusso il ricorso in secondo grado dalla Corte di Giustizia Federale. «Non intendiamo ricorrere a mezze misure o compromessi di sorta. Una battuta da bar, un tentativo maldestro, un’ideazione assolutamente goffa, non possono determinare rischi e conseguenze così importanti a carico di una società in lotta per il primato», ha dichiarato l’avvocato Grassani.

Il ricorso del Napoli si basa su alcuni punti chiave. Innanzitutto l’assoluta innocenza di Cannavaro e Grava e la totale contradditorietà e non veridicità delle dichiarazioni fornite da Gianello, quindi sulla differenza abissale tra un eventuale tentativo illecito e un illecito realmente consumato. E poi il Napoli batterà molto sulla rivisitazione della norma sulla responsabilità oggettiva. «Si tratta anche di un passo culturale di aggiornamento e adeguamento della responsabiltà oggettiva che, come ricordato dal presidente Abete, è un caposaldo e un baluardo ma poi va applicata al caso concreto e questo credo sia borderline ai fini del riconoscimento della responsabilità di un club nel comportamento di un tesserato che ha contorni equivoci e contradditori», ha spiegato Grassani.

Il Napoli ha già subito un grave danno: le squalifiche di Cannavaro e Grava. Ed è anche su questo che verte il ricorso della società azzurra. «Il Napoli è stato privato già da un mese del suo capitano e di un giocatore esperto, due elementi fondamentali nel gruppo. Il danno è stato già enorme per la società azzurra che ha pagato un prezzo altissimo senza aver commesso nulla». Danno che sarebbe ancora più pesante se fosse confermato il meno due. «Non si può falsare il campionato, il danno economico per la società sarebbe pesantissimo», sottolinea Grassani.

Grande attesa per la decisione della Corte di Giustizia Federale: giovedì la discussione del ricorso. In primo grado il meno due al Napoli e i sei mesi di squalifica a Cannavaro e Grava, il verdetto della Commissione Disciplinare: il procuratore Federale Palazzi aveva chiesto un punto al Napoli e nove mesi al capitano e al difensore casertano. Un eventuale pronunciamento non favorevole (cioè la conferma della sanzione ma anche un’eventuale riduzione) da parte della Corte «determinerà un’immediata attivazione dinanzi al Tnas con una richiesta di procedimento d’urgenza che determinerà un’abbreviazione dei termini. Nell’ottica più pessimistica, dalla metà di gennaio, trenta giorni potrebbero essere sufficienti per determinare anche il terzo grado di giudizio», ha spiegato Grassani.

«Ci concentriamo sulla difesa di Paolo e Gianluca e i giudici devono capire che non c’è nessun reato da imputargli in quanto non ci sono elementi che li incolpano», ha detto l’avvocato Ruggiero Malagnini che punta alla completa assoluzione dei suoi assistiti.

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L'intervista

Tettamanti, esperto internazionale di diritto sportivo: caso particolare, è possibile annullare subito il -2

«Quanto stupore in Europa per la penalizzazione del club»

Gianello Se viene derubricato l’illecito il club è assolto

Denaro Bisogna considerare che non c’è stato giro di soldi

di FRANCESCO DE LUCA (IL MATTINO 15-01-2013)

«Dirigenti di club europei mi chiedono perché una squadra come il Napoli abbia avuto la penalizzazione di 2 punti: si stupiscono, è difficile per loro capire un provvedimento di tale portata per il comportamento del terzo portiere, mai utilizzato». L’avvocato Luca Tettamanti rappresenta il prestigioso studio legale di Losanna «Libra Law», specializzato in diritto sportivo. Ha recentemente difeso l’Albinoleffe, che ha visto ridotta la penalizzazione da 15 a 9 punti in serie B «e venerdì io e il collega Eduardo Chiacchio aspettiamo il verdetto del Tribunale nazionale dello sport».

Avvocato Tettamanti, qual è il suo parere sul caso Napoli?

«È una vicenda particolare, che conferma che la giustizia sportiva non può buttare tutti i club nel calderone. Il Napoli è stato penalizzato per i comportamenti del terzo portiere Gianello, che non giocava mai, e di un tesserato, Giusti, che non era rappresentante dell’altro club e non poteva avere alcuna influenza. La particolarità del caso è stata evidenziata dal procuratore Palazzi, che aveva chiesto il -1 alla Commissione disciplinare».

Cosa potrebbe accadere giovedì?

«Gianello e il suo legale hanno chiesto la derubricazione del reato: da illecito sportivo in articolo 1, ovvero slealtà sportiva. Se l’ex portiere venisse accusato di violazione dell’articolo 1, la penalizzazione sarebbe annullata. In ogni caso, mi aspetterei una riduzione proporzionale alla vicenda legata ad un calciatore che avrebbe portato avanti questo “piano” in maniera univoca: ciò anche se non vi fosse la derubricazione dell’accusa a Gianello e se venisse confermata la sua squalifica per tre anni e tre mesi».

Gianello tentò di coinvolgere due compagni, Cannavaro e Grava.

«Non si possono prendere in considerazione tutti i discorsi da spogliatoio. Uno dice: vediamo di sistemare le cose. I compagni replicano: smettila, cosa dici? Il discorso dei rapporti tra i calciatori è da correggere sotto l’aspetto della giustizia sportiva perché a loro non piace essere ritenuti delatori: se uno dice qualcosa, il compagno che fa, va subito dalla Procura federale? Ma c’è un altro aspetto che colpisce di questa vicenda».

Quale?

«Non c’è stato giro di soldi in relazione alla partita Sampdoria-Napoli. Gianello, o chi per lui, non si è presentato con la valigetta. È assurdo penalizzare una società sulla base di chiacchiere».

Il Napoli ha subito il -2 per la responsabilità oggettiva.

«A parte il fatto che il codice di giustizia non prevede un tariffario, quindi l’automatica applicazione di 2 punti per tutti i casi, io sono favorevole alla responsabilità oggettiva perché alcuni club potrebbero approfittare della “non punibilità”. Occorre una valutazione per ogni singola vicenda, come sta già facendo il Tribunale nazionale dello sport. E non può esistere, lo sottolineo, un criterio matematico per l’assegnazione della pena».

Il presidente federale Abete pensa ad una revisione della responsabilità oggettiva: sarà possibile?

«È opportuno fare riferimento all’Uefa, che adopera un criterio più permissivo, a meno che non vi sia la responsabilità diretta della società in un illecito. C’è stato recentemente il caso di un club ucraino ammesso all’Europa League anche se suoi calciatori si erano venduti una partita perché è stato accertato che non vi erano responsabilità dei dirigenti».

A proposito dell’Uefa. Il presidente Platini esclude provvedimenti a carico del Napoli per questa Europa League: e per l’eventuale prossimo torneo?

«L’assoluzione del club in secondo grado è importante anche sotto questo aspetto perché nella richiesta di licenza Uefa perpartecipare alle coppe i club devono indicare eventuali provvedimenti disciplinari adottati a loro carico».

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Il processo

Dopodomani il ricorso in appello per il caso Gianello. Rinforzato il collegio difensivo, in ballo anche la sorte di Cannavaro e Grava

Ottimismo per il secondo round in tribunale

“Macché sconti, puntiamo alla assoluzione”

di MARCO AZZI (la Repubblica - Napoli 15-01-2013)

Tra 48 ore, in tribunale, il Napoli giocherà una partita diversa da tutte le altre, che può valere l’intera stagione. I due punti in palio davanti ai giudici dell’Appello, infatti, avranno un peso specifico non indifferente nella lotta per lo scudetto, ravvivando ancora di più la rimonta degli azzurri. La squadra di Mazzarri ha già reagito con tre vittorie di fila alla penalizzazione subita a metà dicembre dalla Disciplinare, per il caso Gianello. Ora, con l’attesa ripresa del processo, tocca alla società dare manforte ai giocatori fuori dal campo. Il club di De Laurentiis, punito in primo grado per responsabilità oggettiva, si sente parte lesa e chiede che la penalizzazione sia cancellata nel secondo round.

Il processo riprenderà dopodomani. Al collegio difensivo è stato aggiunto un nuovo consulente: l’avvocato Virgilio D’Antonio, in appoggio a Mattia Grassani. La loro linea in aula s’annuncia aggressiva. «Non intendiamo ricorrere a mezze misure o a compromessi». L’obiettivo non è dunque uno sconto, bensì la assoluzione della società con formula piena. Il Napoli ci crede. Non è inattaccabile la credibilità dell’unico testimone: l’ex terzo portiere azzurro Matteo Gianello, che si era autodenunciato per un tentativo di combine nella partita con la Sampdoria del 16 maggio 2010, tirando in ballo anche Paolo Cannavaro e Grava (squalificati per 6 mesi per omessa denuncia). L’assoluzione del club e dei due giocatori passa dalla trasformazione del capo d’accusa nei confronti di Gianello: da illecito sportivo al meno grave comportamento sleale. Pesa molto la penalizzazione (-2) inflitta alla società di De Laurentiis, che per ora costringe Cavani e compagni ad accontentarsi del gradino più basso del podio, alle spalle anche della Lazio. Ma la battaglia legale sta per ricominciare. E l’ottimismo cresce.

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IL GIORNO DOPO

Presadiretta

Atalanta, Doni e quei sospetti da dribblare

di ROBERTO BELINGHERI (L'Eco di Bergamo 15-01-2013)

Notizie nuove non ne ha portate, scoop clamorosi nemmeno. Ma la puntata di domenica sera di Presadiretta, su Raitre, con il calcioscommesse al centro dell’inchiesta, ha comunque fatto rumore. Anche a Bergamo, soprattutto sul tema del contratto di Doni pagato fino alla scadenza. Un fatto che inevitabilmente genera il sospetto: ecco, hanno pagato il silenzio di Doni sulla società.

Vediamo i fatti certi. Primo. La società dice di non aver rotto il contratto in anticipo perché così è stata consigliata da fior di legali. Secondo. In quasi due anni di inchiesta, non una prova è emersa a carico dei dirigenti atalantini. Al bar si può sospettare tutto quel che si crede, ma i processi si fanno con le prove, e solo quelle contano.

Altrettanto certo, però, è che altre società nei confronti dei tesserati «infedeli» hanno seguito strade diverse, magari legalmente più rischiose - come una vertenza al Collegio arbitrale - ma più produttive sul fronte dell’opportunità. Perché un’azione immediata contro Doni avrebbe cancellato ombre, sospetti, reso l’immagine della società più solida e cristallina. L’hanno fatto lo Spezia con Carobbio, l’Ascoli con Sommese, Micolucci e Pederzoli, il Livorno con De Lucia. Lo fece, all’epoca, la Cremonese con Paoloni. Magari si poteva rischiare, per spazzare il campo.

Ma detto questo, non basta il pagamento dello stipendio di Doni per certificare un torbido accordo con Percassi, come hanno cercato di far passare a Presadiretta. Se quel teorema avesse delle prove nelle fondamenta, i magistrati - che già sospettavano - ci sarebbero già andati a nozze. Invece, no.

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L’INCHIESTA DI “PRESA DIRETTA” PUO’ APRIRE NUOVE INDAGINI

Doni inguaia ancora l’Atalanta

L’ex capitano: «Sapevo che alcuni compagni s’erano venduti la partita col Piacenza».

I giudici cercano il coinvolgimento della dirigenza

di SIMONE DI STEFANO (TUTTOSPORT 15-01-2013)

ROMA. Connessioni tra criminalità organizzata e pallone, racconti di gare truccate in cambio di armi e droga, è il quadro inquietante tracciato dall’inchiesta choc di “Presa Diretta” di Riccardo Iacona andata in onda domenica sera. Il salto di qualità è rappresentato dalla testimonianza del pentito di ‘ndrangheta Luigi Bonaventura , secondo il quale alcuni club sono controllati dalla malavita calabrese e per questo racconta di un Crotone-Locri di qualche anno fa combinata e pagata con casse di armi e soldi. La stessa promozione dei calabresi in B sarebbe stata favorita dalla ‘ndrangheta attraverso intimidazioni e aggressioni agli avversari. Bonaventura racconta di conoscere calciatori di serie A e spunta un video amatoriale del matrimonio del mafioso con l’ex Napoli (e Crotone) Salvatore Aronica tra gli invitati. «Bisogna costruire un reato forte per combattere questo fenomeno, perché il reato di frode sportiva è punibile con al massimo due anni di reclusione», la considerazione del gip di Cremona, Guido Salvini . «Ho avuto cognizione di cosa stiamo parlando, la realtà malavitosa esiste è un fatto reale. Occorrono verifiche ma noi siamo sul pezzo», osserva il presidente federale Giancarlo Abete . Poi l’ex capitano del Bari, Antonio Bellavista racconta: «Chi ha giocato a calcio al 90% dei casi almeno una volta nella vita è stato coinvolto in una combine». Una confessione che Bellavista aveva annunciato e dal titolo «se parlo io cade mezza serie A», salvo poi fare marcia indietro tanto che il pm di Cremona Di Martino ancora lo sta aspettando e difficilmente avrà l’onore di parlarci. E Vittorio Micolucci tuona: «Se parla Gegic sono dolori: lui conosce tanti nomi che non sono ancora venuti fuori».

DA MAIORCA L’accusa di Cristiano Doni , unico squalificato per la combine dell’Atalanta con il Piacenza, che dal suo bar di Maiorca spiega: «Io ho sbagliato, ma l’ho fatto perché volevo vincere. Per l’Atalanta ho dato tutto. Su Atalanta-Piacenza ho saputo che alcuni compagni si erano venduti la partita. Sarebbe andata così anche se non lo avessi saputo». Una partita che la Procura di Cremona e quella federale hanno cercato di connettere anche alla dirigenza atalantina (che continuò a stipendiare Doni da squalificato), mai inchiodata dai fatti. Il passaggio di Erodiani sull’interconnessione criminale finisce in Albania: « Vieri - ricorda Erodiani - giocava l’ira di dio perché era amico di Bellavista e Tisci . Lo stesso vale per Bettarini . I soldi passavano dall’Albania. Migliaia di euro in pezzi da 500. Il capo è miliardario e lì il gioco è libero. Ogni clic può valere una giocata da 12.000 euro».

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«Mente su Lazio e Mauri»

E Gegic resta in carcere

Il gip Salvini respinge l'istanza degli avvocati: nega l'evidenza

Novità su mister X: ebbe contatti con giocatore già indagato

di FRANCESCO CENITI (GaSport 15-01-2013)

Almir Gegic non ha raccontato la verità su molti passaggi chiave. A iniziare da Lazio-Genoa, Lecce-Lazio e dal ruolo avuto da Stefano Mauri, Omar Milanetto e Giuseppe Sculli. Il procuratore di Cremona, Roberto di Martino, ha messo nero su bianco questi pensieri nella lunga relazione consegnata al Gip, Guido Salvini, dove sono contenute le ragioni del «no» alla scarcerazione dell'ex calciatore del Chiasso, ritenuto dagli inquirenti il numero due della cosidetta banda degli Zingari, presunta responsabile di numerose tarocchi di gare di A, B e Lega Pro. Un parere condiviso e fatto proprio dal Gip che lo scorso 28 dicembre ha rigettato la richiesta presentata dagli avvocati del serbo. Il provvedimento stilato dal giudice (diverse pagine) è ricco di contestazioni mosse a Gegic dopo i 3 interrogatori sostenuti (si è consegnato alle autorità italiane il 26 novembre). Nonostante la collaborazione promessa, le ammissioni fatte dallo slavo sono, per i magistrati, minime, mentre su molti punti Gegic è stato vago, negando anche l'evidenza ed evitando di fare nomi «scomodi». Ecco perché il periodo di carcerazione preventivo si allunga e potrebbe andare avanti nei prossimi mesi. Sempre che non accada qualcosa di nuovo. Cerchiamo di capire meglio.

Mauri e Ilievski Il serbo ha spesso usato come scudo l'altro latitante Ilievski (considerato il capo del gruppo). Quando di Martino gli ha chiesto di Lazio-Genoa, la risposta è stata: «Non so nulla della combine: può darsi che l'abbia fatta Ilievski, ma con me non ne ha parlato». Gli inquirenti, però, hanno fatto notare alcuni fatti: Ilievski prima di salire sull'aereo che lo porterà a Roma per incontrare Zamperini e recarsi, secondo gli investigatori, a Formello da Mauri e poi nel ritiro del Genoa, telefona proprio a Gegic. Sono le sei del mattino: un orario insolito per darsi il buongiorno. Di più: nelle ore successive, Ilievski sente altre volte il socio e sempre in momenti considerati cruciali. Insomma, appare insensata la linea difensiva del «non so nulla». Anche perché Gegig dichiara di non aver mai sentito Zamperini, mentre c'è almeno una telefonata tra loro. Altro passaggio fondamentale riguarda i contatti con Singapore: l'ex latitante ha negato di aver mai parlato coi boss asiatici. Pochi giorni prima di Novara-Siena (altra gara giudicata combinata) Gegic parla diverse volte con Bertani. Fin qui non aveva avuto nulla da eccepire, ma quando il pm gli avrebbe fatto notare come ci fossero in sequenza anche telefonate verso Singapore, il serbo le ha disconosciute accollandole ad Ilievski. In pratica: Gegic chiamava Bertani e poi passava il cellulare al socio che telefonava in Asia forse per gestire le scommesse. Puzzle che ha mandato in crisi Gegic: alla fine non ha dato spiegazioni logiche.

Sviluppi Non è tutto: l'avvocato Brunelli ha presentato contro il «no» alla scarcerazione un ricorso al Tribunale del Riesame. Ma spiega: «Non è detto lo si porti avanti. Dipenderà da cosa accadrà a breve...». Non sono esclusi, infatti, sviluppi nelle indagini. Specie quelle legate a mister X, la persona incontrata da Gegic e Ilievski (che ha allargato il collegio difensivo con Patrizia Scalvi di Brescia) a Milano che sussurrava tarocchi delle gare di A per 600 mila euro. La Mobile e lo Sco hanno fatto passi in avanti, scoprendo cose interessanti: frequentazioni con ambienti criminali, contatti frequenti con un calciatore coinvolto nell'inchiesta e una rete fitta di rapporti con dirigenti di club. Insomma, l'inchiesta potrebbe arricchirsi di un nuovo personaggio, magari in grado di fornire indicazioni pure sulle responsabilità di Gegic. In questo caso andare al Riesame sarebbe un suicidio. Lo stesso di Martino fa capire come gli scenari siano in movimento: «Il lavoro della Polizia è stato ottimo. Ora stiamo approfondendo alcuni aspetti, ma presto tireremo le fila. Mauri e il ritardo della giustizia sportiva? Ognuno è responsabile del proprio campo. Non credo che la Procura federale voglia minimizzare il caso, semmai aspetta sviluppi. Sa che su quel filone ci sono questioni importanti in arrivo».

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Scommesse, subito processo a Mauri e Lazio

Deferimenti ad inizio febbraio anche per il Genoa e il Lecce

Il club biancoceleste rischia fino a 5 punti

di EDMONDO PINNA (CorSport 15-01-2013)

ROMA - Lazio, Genoa e Lecce a processo ad inizio febbraio (giorno più, giorno meno). La Procura federale ha già tutto in mano per far scattare i deferimenti relativi alle partite, combinate per l’accusa, Lazio-Genoa 4-2 del 14 maggio 2011 e Lecce-Lazio 2-4, che si giocò una settimana più tardi. Si pensava ad un processo a fine stagione. Un po’ perché i magistrati di Cremona, su questo filone, avevano chiesto un rinvio di sei mesi sulla chiusura delle indagini. Un po’ per garantire il regolare svolgimento di questo campionato, già condizionato dalla condanna del Napoli (giovedì l’appello davanti alla Corte di Giustizia federale contro i due punti di penalizzazione e le squalifiche di sei mesi di Cannavaro e Grava). E invece, subito i deferimenti. Trema la Lazio e con lei anche il suo capitano, Stefano Mauri, ascoltato due volte dal procuratore Palazzi, prima e dopo il suo arresto, avvenuto il 28 maggio scorso. Trema il Genoa, coinvolto a causa di Milanetto. Trema (un po’ meno) il Lecce, il suo difensore Ferrario rifiutò la proposta di Zamperini, ma ci sono altri nomi coinvolti.

CELLE E ZINGARI - La posizione della Lazio è molto delicata. Il club, lanciato verso il primo posto, rischia di vedersi penalizzato in classifica (fino a 5 punti: due partita più uno per le aggravanti, pluralità e consumazione del reato) per responsabilità oggettiva. La Procura federale potrebbe prevedere, come capo d’imputazione, l’illecito per il suo capitano, Stefano Mauri. Ci sono testimonianze, riscontri, verifiche fatte dallo Sco sulle celle agganciate dai cellulari, le ammissioni dello stesso giocatore, che ha sempre sostenuto di scommettere, ma su basket e tennis. Per farlo, però, si è servito di una scheda telefonica appartenente ad un’altra persona, che la Procura di Cremona definisce “coperta” utilizzata «con la finalità di eludere ogni tipo di investigazione per conseguire gli scopi illeciti che costituiscono il disegno comune del gruppo balcanico, ruotante attorno a Ilievski e Zamperini per le alterazioni delle gare Lazio-Genoa e Lecce-Lazio» . Un teorema che la Procura federale avrebbe fatto proprio. Lo aveva anticipato Gervasoni, nelle sue dichiarazioni e nelle sue deposizioni alla Procura di Cremona: «“Zamperini e Ilievski sono andati a Formello dove hanno incontrato Mauri. Non so quali altri calciatori della Lazio fossero coinvolti» . Le conferme dagli accertamenti dello Sco, dai quali emerge che il giorno della partita, fra le 12.42 e le 12.45 circa, quella scheda usata da Mauri e quelle di Zamperini e Ilievski agganciano le celle telefoniche vicine al centro sportivo di Formello. Lo stesso giorno, poi, Ilievski andrà al Duke, hotel in zona Parioli, dove incontrerà Milanetto. La scheda “coperta” di Mauri contatta centinaia di volte il cellulare di Zamperini la settimana precedente la partita.

SETTE GIORNI - Sette giorni dopo, ecco Lecce-Lazio, altra partita per l’accusa truccata. Anche in questo caso, tutto parte da Gervasoni, «Ilievski e Gecic sentirono Zamperini che disse che tutto era a posto perché la Lazio vincesse con un over con due gol di scarto. Zamperini si mise in contatto con Mauri, non so quale sia stato il contatto per arrivare ai giocatori del Lecce. Quello che posso dire è che tutte e due le squadre furono coinvolte. Gecic disse che aveva investito circa 400mila euro per pagare i giocatori di entrambe le squadre» . Una conferma arriverebbe dall’inchiesta ungherese sulle scommesse. Il giocatore Horváth Gábor, arrestato perché coinvolto in un giro di combine di casa sua, avrebbe fornito indicazioni sulla combine di Lecce-Lazio 2-4, rivelando come alcuni suoi connazionali avessero recapitato una somma intorno ai 600mila euro in Puglia per aggiustare quella partita.

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Calcioscommesse Il procuratore federale pronto a chiudere a febbraio. Mauri il personaggio chiave

Palazzi accelera: la Lazio a rischio penalizzazione

di PAOLO FRANCI (Quotidiano Sportivo 15-01-2013)

NELLA CORSA ad handicap per lo scudetto, ha già pagato la Juve con la squalifica di Conte. Così come il Napoli, con la pesante sentenza del caso Gianello che ha cancellato due punti dalla classifica e capitan Cannavaro per sei mesi. Nell’agenda del procuratore federale Stefano Palazzi, oltre al caso Bari che andrà in scena nella prossima estate, c’è ancora l’affaire Mauri che attende di incrociarsi con i destini del campionato.

Il lavoro degli 007 federali è ormai giunto alle fasi conclusive sulle presunte combine di Lazio-Genoa 4-2 e Lecce-Lazio 2-4, entrambe del maggio 2011, e la chiusura dell’indagine dovrebbe arrivare entro la prima decina di febbraio. Mauri rischia grosso: il deferimento per illecito sportivo è un’ipotesi che si allunga come un’ombra cupa sui destini della Lazio. Il giocatore, nell’ipotesi di un processo per illecito, rischia la pena minima di tre anni, mentre la Lazio, per responsabilità oggettiva, potrebbe andare incontro a una penalizzazione simile a quella comminata al Napoli — giovedì prossimo la Corte Federale ne esamina il ricorso, ma appare in salita l’ipotesi di una riduzione di pena — due punti a partita e il rischio dell’aggravante, un punto in più.

A mettere nei guai Mauri, già ascoltato due volte da Palazzi, è stato il pentito Carlo Gervasoni: «Zamperini e Ilievski sono andati a Formello per incontrare Mauri... Gli slavi puntavano sulla sconfitta del Genoa con l’Over... Ilievski mi mostrò una foto sul proprio cellulare che lo ritraeva abbracciato a Mauri...». Eppoi, su Lecce-Lazio: «Gegic mi disse che, tramite Zamperini, si misero nuovamente in contatto con Mauri per Lecce-Lazio.. Furono corrotti 6 o 7 giocatori del Lecce». Infine, la bomba dell’ordinanza del pm Di Martino: «Il calciatore utilizzava tre utenze telefoniche, quelle ufficiali e una intestata a Samanta Romano», la fidanzata del titolare di un’agenzia di scommesse di Roma. La scheda ‘coperta’ usata ripetutamente da Mauri, secondo l’accusa, per tenere i contatti con i suoi complici.

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La piovra del pallone

Il rischio è che si faccia la triste fine dell’ippica

Duro atto di accusa del magistrato Cantone:

«Il calcio è ancora troppo debole contro le mafie,

dall'inchiesta di Bari una realtà angosciante»

di VINCENZO DAMIANI (CORRIERE DEL MEZZOGIORNO - BARI 15-01-2013)

BARI— «Di Angelo Iacovelli il mondo del calcio ne è pieno. Attorno ai giocatori gironzolano strani faccendieri, capaci di introdursi negli spogliatoi, nei ritiri, nei campi d'allenamento e negli stadi con estrema facilità. Una realtà inquietante, alla quale i club prestano poco attenzione ma che li chiama ad una responsabilità diretta e non solo oggettiva». Da appassionato e tifoso del Napoli, quando ha cominciato a scoprire il cancro che lentamente sta annientando il calcio ha avuto un sussulto, come se fosse stato tradito da uno dei suoi più grandi amori. Raffaele Cantone, il magistrato che per anni ha combattuto i capi clan dei casalesi e che oggi vive sotto scorta, ha condotto alcune delle inchieste più delicate sulle infiltrazioni criminali nell'universo dorato del pallone. Da sostituto procuratore della Dda di Napoli ha svelato, assieme ad altri suoi colleghi, cosa ci fosse realmente dietro la scalata alla Lazio che vide protagonista il campione Giorgio Chinaglia. Oggi, con l'occhio attento dell'investigatore ma con il cuore del tifoso, lancia l'allarme: «Il sistema delle scommesse sta lacerando il calcio». I suoi timori li ha ribaditi ieri pomeriggio nella sala consiliare di Valenzano, dove ha presentato il libro «Football Clan» (Rizzoli editore) scritto a quattro mani con il giornalista Gianluca Di Feo. L'incontro è stato organizzato dal «Presidio del libro Cartesio», con la collaborazione dell'assessorato al Mediterraneo e dei Comuni di Valenzano, Triggiano, Capurso e Cellamare.

I recenti sviluppi dell'inchiesta sul calcio scommesse, condotta dai carabinieri e dalla Procura di Bari, raccontano di un gioco sempre più marcio, l'illegalità ha intaccato persino la serie A. Calciatori professionisti, ben pagati, che si vendono la sconfitta della propria squadra per settemila euro, come se lo spiega?

«Quanto emerge dalle indagini baresi è angosciante perché dimostra quanto sia ormai diffuso il fenomeno. Se scommettitori e criminalità sono riusciti a comprare i giocatori per settemila euro c'è da preoccuparsi».

Scommettitori, giocatori infedeli e ingordi ma anche la criminalità organizzata: le mafie guardano al calcio come il nuovo business.

«Il calcio è diventato un affare e dove girano i soldi, la criminalità organizzata tenta di allungare i propri tentacoli. Nelle serie minori ci sono club gestiti direttamente dalla criminalità organizzata, dalla N'drangheta, ad esempio. La presenza nel calcio di Camorra, mafia pugliese, Cosa Nostra è evidente, ma il fenomeno è ben più ampio: sul gioco più bello del mondo sta mettendo le mani la mafia internazionale».

Il cancro del calcio sono le scommesse?

«Certamente, ma non solo. Il rischio è che il calcio faccia la fine dell'ippica, uno sport annientato dalle scommesse. Occorre intervenire, è scaduto il tempo delle parole».

Da dove inizierebbe?

«Le società dovrebbero essere più attente nei controlli, nel tenere lontano dal loro ambiente e dai calciatori gli strani faccendieri che ruotano attorno a questo mondo. Gli Iacovelli dell'inchiesta barese sono presenti in dosi massicce, a me non ha meravigliato leggere che una persona sconosciuta ed esterna fosse presente in ogni istante della vita dei giocatori. Ma mi chiedo come sia possibile permetterlo».

Non crede che, sia penalmente che dal punto di vista della giustizia sportiva, servirebbero sanzioni più severe?

«Condivido, anzi dirò di più. Occorrono sentenze disciplinari esemplari, che sino ad oggi sono mancate. Troppi giocatori condannati sono tornati a correre sui campi di calcio. La giustizia sportiva necessità di una riforma, oggi viene regolata come se fosse la giustizia interna ad un'organizzazione privata. Impostazione riduttiva, il calcio è un bene comune, ha riflessi sociali ed economici. Oggi ci sono club quotati in borsa, due anche in Italia. Serve coraggio per cambiare, altrimenti perderà credibilità e autorevolezza».

Penalmente la frode sportiva viene punita con un anno di carcere o con una sanzione pecuniaria.

«Quanto meno ci consente di indagare, però è evidente che il reato andrebbe equiparato al livello della truffa aggravata, innalzando la pena. Occorre una revisione delle norme e la creazione di una forza di polizia che si occupi solo di frodi sportive».

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IL LIBRO CON «FOOTBALL CLUB» RAFFAELE CANTONE COMPIE UN PERCORSO INTRIGANTE IN UN MONDO ORMAI SENZA PIÙ REGOLE E CON LA DEBOLEZZA SCOMMESSE

C’è un calcio «sporcato» dalla mafia

Lo strano provino di D’Agostino nel Milan, i discutibili «rapporti» di Sculli, le amicizie di Maradona

di VITO PRIGIGALLO (LA ĠAZZETTA DEL MEZZOGIORNO 16-01-2013)

Solo a sfogliare «Football clan» (Rizzoli, 2012, 288 pagine, 17 euro) viene da chiedersi, allo stadio o davanti alla tivù: ma ci stanno prendendo in giro? È tutto vero o fanno finta? A sollevare certi coperchi, la magistratura ci ha abituati da tempo. Magari non il contenitore (il cassonetto?) non è aperto del tutto, ma di storie ne conosciamo tante. Alcune ce le racconta Raffaele Cantone nel suo libro scritto con il giornalista dell’Espresso Gianluca Di Feo. Come quella di Gaetano D’Agostino. Suo padre si affida ai fratelli Graviano (tanto per intenderci, alcuni di loro sono coinvolti negli eccidi di Borsellino e Falcone). Una personalità vicina al Milan (Dell’Utri) s’impegna a fargli fare un provino a Milanello. Il test salta. D’Agostino diventa ugualmente un calciatore importante, gioca in serie A. Una storia in cui lo sport vince. Ma una storia inquinata.

Di questi e di altri inquinamenti (i casalesi che decidono di acquistare la Lazio da Lotto, per esempio; i clan di Brancaccio che fanno affari con il settore giovanile del Palermo; le frequentazioni di Maradona e Hamsik, per non dire di quelle di Sculli) il magistrato napoletano dal 2007 giudice presso la Cassazione e per alcuni anni pm alla Direzione distrettuale antimafia, scrive nel volume presentato l’altra sera nella sala del Consiglio del municipio di Valenzano. Cantone è stato ospite del Presidio del libro «Cartesio» (Capurso, Cellamare, Triggiano e Valenzano), coordinato da Rosella Santoro. A pungolarlo Gaetano Campione, capo dei servizi sportivi della giornalaccio rosa. Che ha introdotto un altro scenario da brividi. Il calcio minore, dalla C alla D, e gli altri sport. Per uscire dalla luce dei riflettori di magistratura e media e rientrare nell’ombra redditizia. Cantone ha ricordato il recente caso Potenza: «Era stata trasformata da clan potentini in una sorta di squadra canaglia. In ogni caso, consentire le scommesse anche sul calcio minore e su partite di altri sport significa inevitabilmente rischiare di instillarvi veleno ».

Il filo che unisce le scommesse sportive alla criminalità organizzata è fatto della stessa fibra di quello che lega certi gruppi ultras alla malavita. «Molto spesso utilizzati per manifestazioni violente: come l’incendio di cassonetti e cumuli di spazzatura a Pianura, direttamente commissionati a certe frange della tifoseria organizzata. Tifoseria guidata da gente che per professione fa il capo ultrà. Inammissibile». Cantone auspica la creazione di un nucleo investivo specializzato nella frode sportiva. E di una giustizia sportiva affidata a professionisti della materia.

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Detto dopo di TONY DAMASCELLI (il Giornale 15-01-2013)

IL TESORETTO CHE ECCITA I DELINQUENTI

Secondo una corrente di pensiero ricorrente, la Juventus avrebbe accumulato il «tesoretto» per rinforzarsi al mercato. Tesoretto è una di quelle parole che andrebbero messe all’indice, abolite, cancellate come «projetto», «cordata», «dna», «densità», «spending review», «spread», una volta per tutte. Il tesoretto della Juventus è roba piccola rispetto al bilancio che è roba grossa e da lì non si scappa nemmeno con le ripartenze. Si parla e si scrive del decennio dalla morte di Gianni Agnelli e qualche romantico sogna che nell'occasione (24 gennaio, messa a Villa Perosa alla quale parteciperanno tutti gli ex juventini illustri e non, da Boniperti a Platini oltre alla famiglia dell'Avvocato che ha chiesto ai parenti di non rilasciare interviste e opinioni sul defunto), qualcuno, dicevo, sogna che in memoria del proprio nonno John Elkann faccia un regalo alla squadra di football regalando a Conte, Marotta e Paratici un calciatore vero, forte, definito dai docenti «top player» in evidente disprezzo degli altri players presenti che hanno portato, finora, a vincere uno scudetto e a ribadire di essere protagonisti fino ad oggi, in Italia e in Europa.

Ma il tesoretto serve a eccitare il popolo dei tifosi e fra questi anche quella squadraccia bianconera, qualcosa di più di un manipolo, che si è distinta a Parma, devastando qua e là, aggredendo qua e là, perché il calcio non riesce a lavarsi del tutto, perché si trascina appresso questi delinquenti, in alcuni casi complici di dirigenti e calciatori come ha denunciato la clamorosa inchiesta mandata in onda domenica notte, ovviamente, durante la trasmissione Presadiretta , dal pentito Luigi Bonaventura senza alcuna reazione da parte dei diretti interessati e delle istituzioni.

I delinquenti di Parma sono a piede libero e torneranno in azione, non si ha notizia di arresti sul posto e nemmeno di grandi dibattiti sui giornali, come è giustamente accaduto per i cori razzisti. La violenza fa parte del gioco. È il nostro vero tesoretto. E nessuno ce lo ruberà mai.

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PREMIER, LA LETTERA SCARLATTA

Le rosse «americane» Arsenal, Liverpool e United, più il Tottenham, scrivono alla Lega

Invocano un fair play finanziario più severo contro City e Chelsea. Perché Van Persie...

di STEFANO BOLDRINI (EXTRATIME 15-01-2013)

«Van Persie era praticamente nostro, ma all'improvviso successe qualcosa e fu venduto al Manchester United». Questa frase di Roberto Mancini ha ora un significato più chiaro dopo la notizia in esclusiva pubblicata ieri dal Daily Mail e firmata da Martin Samuel, attualmente forse il giornalista sportivo britannico più importante. La storia è questa: Arsenal, Manchester United, Liverpool e Tottenham hanno firmato una lettera indirizzata a Richard Scudamore, capo esecutivo della Premier League, per sollecitare maggior rigore nei controlli del fair play finanziario. «Non crediamo che le ultime proposte siano abbastanza incisive. Ogni regola finanziaria deve prevedere misure significative per limitare i proprietari responsabili di perdite consistenti».

Tradizione e parvenu

Questo documento è un attacco dichiarato a City e Chelsea, i club che hanno dominato la scena inglese negli ultimi anni. È un cartello, che oppone le società storiche ai parvenu. Da una parte tre proprietà statunitensi (lo United dei Glazer, il Liverpool del gruppo Fenway, l'Arsenal di Kroenke) e un uomo d'affari inglese di cultura ebraica (il Tottenham di Daniel Levy), dall'altra un oligarca russo (Abramovich e il Chelsea) e uno sceicco arabo (Mansour, padrone del City) che ha deciso di investire a Manchester per lanciare sul suolo britannico la compagnia aerea Etihad, guarda caso concorrenziale dell'Emirates, in quota Arsenal. Come fa notare Samuel, i quattro firmatari non sono associazioni di solidarietà, ma società che hanno a cuore i loro profitti e che, nel caso dello United, sono indebitatissimi: 400 milioni di euro di esposizione. Anche il Liverpool, complici le follie dell'era-Dalglish, non se la passa troppo bene e ha la grana stadio da risolvere. Il vecchio Anfield è... vecchio e i proprietari dei Reds hanno commissionato il progetto del nuovo impianto a uno studio statunitense - guarda caso -, spendendo 60 milioni di euro.

L'alleanza atlantica

Chelsea e Manchester City hanno rotto un equilibrio secolare. Si qualificano regolarmente in Champions - il Chelsea è anche il campione in carica - e tolgono spazio alla concorrenza. La Champions è il business più importante per i club. Garantisce introiti immediati - con le quote di partecipazione, la biglietteria e i diritti tv -, ma anche futuri, con merchandising e sponsor. Chelsea e City possono contare su un portafoglio illimitato, ma non sono i classici ricchi e scemi. Il City ha avviato i lavori per realizzare un centro sportivo kolossal. Sorgerà accanto allo stadio Etihad e l'obiettivo è costruire una cantera in stile Barça. Il fair play finanziario è l'unico modo per frenare oligarchi russi e sceicchi. Inglesi e americani, cugini anglosassoni, sono nuovamente alleati. Come sempre. Si scambiano favori e questo spiega l'affare Van Persie: il City avrebbe pagato la stessa somma e offerto un contratto superiore all'olandese, ma per motivi politici ha funzionato l'asse United-Arsenal. Mancini, quando disse quella frase, alludeva a questo.

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Premier League split over domestic

financial fair play regulations

Arsenal, Liverpool, Spurs and United all calling for implementation of robust laws

At the heart of their concern is that Uefa will not be able to implement its own rules properly

by OWEN GIBSON (The Guardian 15-01-2013)

It was hardly in the spirit of the season. But the fact that a robust pre-Christmas letter to Premier League headquarters arguing that a mooted domestic version of Uefa's Financial Fair Play should be as robust as possible emanated from the Emirates should not come as a surprise.

Of all top-flight clubs Arsenal are keenest on ensuring the concept, introduced by Uefa last season and limiting clubs to losses of €45m (£37.5m) over three seasons, sticks. Ivan Gazidis, the chief executive, sees the introduction of some sanity to football's overheated finances as crucial to its own "investment neutral" plan for success. The fact that very model is under scrutiny as never before from their own fans, paying the highest prices in the country and contemplating the prospect of another potentially trophy-less season, only raises the stakes.

The joint letter, co-signed by Liverpool, Manchester United and Tottenham Hotspur, was sent just before the latest meeting of all 20 clubs as they edge their way towards a compromise on an issue on which none hold exactly the same view.

The timing of the leak of the letter is also unlikely to be coincidental – the meeting at which clubs are expected to vote on the issue is due to be held next month. Nor is it a surprise that the quartet are four of the clubs who stand to gain most from any rules limiting them to only spending what they earn. Indeed, the introduction of FFP was cited by the overseas owners of Liverpool and Arsenal as a key reason for their investment and has been eagerly seized upon by the Glazers, given Manchester United's natural and growing revenue advantages. At White Hart Lane, meanwhile, the chairman, Daniel Levy, has long been convinced that his ability to run the club at break even would enable it to thrive in a FFP regulated landscape.

The argument is not a new one and has been debated at several successive meetings of the Premier League "shareholders". Twenty clubs, all with different agendas and different business models, have 20 self-interested views on how the rules should be brought in – if at all. But in light of the bumper TV deal brought in by the Premier League's executives, likely to top £5.5bn once overseas rights are taken into account, and given the top clubs will have to comply with Uefa's rules anyway, a broad majority view has emerged that a domestic version of FFP is desirable.

The leaked letter, and a strong speech made by the Manchester United chief executive, David Gill, at the meeting that followed, were designed to set out the position of the four clubs keenest on the introduction of tough rules. At the same meeting, it is understood that representatives of other clubs also made their positions abundantly clear amid the sound of sabres being rattled.

The broad principle is that – after 20 years in which the Premier League has in the eyes of its critics become a Wild West casino for global investors – they must no longer spend more than they earn. As with Uefa's version, there would be various caveats allowing for investment in youth development and facilities. And while Uefa will initially allow for losses of €45m over three seasons , a total that will decrease on a sliding scale after that, it is likely that the Premier League version will allow for more leeway – as long as losses are covered by an equity injection from a benefactor (as at Chelsea and Manchester City).

That would allow clubs who are not yet challenging for Europe time in which to invest to catch up with the rest, goes the argument. Where that level should be set is at the heart of the debate. The hardline quartet who wrote the letter to the Premier League chief executive, Richard Scudamore, want to ensure the rules stick to the letter of Uefa's law - a position that could see them accused of trying to pull up the drawbridge behind them.

Sixteen of the 20 clubs broadly agree that some form of Financial Fair Play-style regulation is a good thing. They are haunted by the prospect of their looming TV revenue windfall simply flowing into the pockets of players and agents and have come to agree that some sort of external brake on endless wage inflation is desirable For a club such as West Ham United, the rules would give them the ability to stand up to agents to control endless wage inflation. For a club such as Swansea City, they would validate their own careful financial husbandry. And even for Chelsea, who want a version of domestic FFP that allows a level of benefactor funding higher than Uefa allows, it provides a means to try and reign in wage increases and the club's reliance on Roman Abramovich's largesse.

Gang of Four once recorded a song called Don't Fix What Ain't Broke and that broadly sums up the position of the quartet of clubs who oppose the new rules. The reasons for Manchester City's dissent are pretty obvious, but at West Bromwich Albion they believe that they are perfectly capable of managing their own finances and fail to see why they should give, say, David Gold a helping hand in his battles with agents. At Fulham, Mohamed Al Fayed is ideologically convinced clubs should be allowed to spend their money as they see fit and owners should be allowed to "dare to dream" by pouring cash into their chosen project. Aston Villa are also opposed. Such is the depth of feeling at some of those clubs, sources claim legal action could be considered should they feel sufficiently disadvantaged by any new rule.

At the heart of their concern of the coalition of aligned interests who signed the letter to Scudamore is also a fear, most keenly felt by Arsenal, that Uefa will not be able to implement its own rules properly and that the promised land of FFP will turn out to be a mirage.

They fear that the recent deals signed by Etihad to sponsor Manchester City and, in particular, the €200m a season deal by the Qatar Tourism Authority to bankroll Paris St-Germain - which doesn't even include shirt sponsorship - suggest it will be unable to cope. Uefa, of course, insists that is not the case and that there is provision in its rules to deal with "related party" deals.

Some would even like to see the Premier League fund its own compliance unit to investigate its clubs and ensure they stick to any new rule, but that too is unlikely given the expense and regulatory contortions involved. Nor is it likely, given the historic battles between the two, that Uefa would be invited through the door to extend its monitoring of clubs in European competition to the domestic league – even if that was its ambition.

Meanwhile, there is also a second plan, originally floated by the Sunderland owner, Ellis Short, that seeks to limit inflation by agreeing a percentage cap on the amount wages could rise per season. Yet here too things are far from straightforward. Should the rule apply across the board or only if clubs are making a loss? If the mechanism used to enforce it was through the provision of centrally collected TV money, would that have an impact on ticket prices? The most likely outcome of all this is that the Premier League will end up with a version of Uefa's rules but will allow for more leeway and rely largely on a system of self-regulation. That will not satisfy Arsenal, Manchester United, Spurs and Liverpool. Nor will it appease the four clubs opposed. But as a sign that clubs are at least edging towards a collective solution to stemming the tide of red ink of recent years – albeit for reasons of self-interest – it may represent some progress.

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Financial Fair Play lacks

only one thing: fairness

by OLIVER KAY (THE TIMES 15-01-2013)

The line that really rankles in that letter circulated by Arsenal, Liverpool, Manchester United and Tottenham Hotspur at the Premier League shareholders’ meeting last month is the one that suggests financial regulation is necessary to combat “inflationary spending, which is putting so much pressure on clubs across the entire league”.

To believe that concern for the wider interests of English football is a key factor in this debate, you would have to look at the owners of those four clubs — Stan Kroenke, Fenway Sports Group, the Glazer family and ENIC International, the Bahamas-registered investment company that owns 85 per cent of Tottenham — and believe that their priority is the greater good.

It is not. Fundamentally, Financial Fair Play (FFP) is not about fairness. It is about self-interest, ring-fencing existing elites and keeping costs down while revenues increase, and it is remarkable that so many people struggle to see it for what it is.

The FFP debate is a conflict between two ideologies, both founded entirely on self-interest. Chelsea and Manchester City must surely recognise that the inflationary effect of their spending, financed by oil wealth, is dangerous. But who is Kroenke, let alone the Glazer family, to lecture the rest of English football on what constitutes good ownership?

FFP started out as such a good idea: an attempt by Uefa, European football’s governing body, to limit all of the game’s financial excesses, be they extravagant spending of the type seen at City or, at the other extreme across Manchester, exploitation of clubs through leveraged buyouts.

But it ended up being hijacked by the European Club Association (ECA), in which the combined might of the likes of United, Real Madrid, AC Milan and Bayern Munich persuaded Michel Platini, the Uefa president, and the smaller clubs, that the real problem here was not the type of owner who takes money out of football but the type who pumps money in, spoiling it for the rest.

It is understandable that a majority of clubs — indeed a majority of football fans outside of Chelsea, City, Paris Saint-Germain and the like — should have welcomed the curbs on spending. What is astonishing is how many clubs have been duped into accepting FFP in the form that is now being imposed by Uefa, whereby a club such as United, by virtue of their revenue streams, will be free to spend far more than any of their competitors in the Premier League even while propping up precisely the type of ownership regime that Platini was initially so eager to oppose.

Arsenal, Liverpool and Tottenham are effectively advocating a system that will give them no chance of competing with even the limited spending the Glazers allow United, but will restrict the ability of Chelsea and City to compete with them. It is a system that, rather than making the league more competitive, threatens to make it turn it into a version of the Deloitte Football Money League.

The troubling thing is that, among this group of Premier League owners, there is limited interest in upward mobility if it costs, rather than makes, money.

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Game’s identity at risk after

lawmakers jump in feet first

by RORY SMITH (THE TIMES 15-01-2013)

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Luis García was only a few minutes into his first appearance for Liverpool at Old Trafford when Rio Ferdinand thundered into a challenge, taking ball, man and anything else in between.

“I flew a metre into the air,” the Spaniard recalled. “When I landed, he leant over me and said, ‘Welcome to the Premiership.’ ”

Most newcomers to English football boast a similar story, whether imports such as García or as home-grown prodigies taking their first, tentative steps in the professional game.

One former England player recounts the tale of how he nutmegged a notoriously rugged opponent on his first visit to play Southampton at The Dell, and was promptly warned that the cost of attempting the trick again would be the use of his legs. His prize for having the nerve to do it twice was a bruise that did not fade for weeks.

Those tales have long been central to this country’s footballing identity, and so too the imposing figures who loom within them: Nobby Stiles, Ron Harris, Norman Hunter; all lionised for their casual brutality. This has always been a land where artistry is praised, yes, but manliness is prized, too.

And yet, as Vincent Kompany would attest, there is a growing feeling that a war is being waged on tackling, that the stories and the characters central to them are being eradicated from the game. The magicians have wiped out the monsters.

Much of the debate that has arisen since Kompany’s dismissal during Manchester City’s Barclays Premier League win away to Arsenal has concentrated on his side’s grievance at the prospect of losing their captain for three games as a result of a tackle that saw him win the ball — at a distance, according to his manager, Roberto Mancini, of “50 centimetres” from his nearest opponent — and on the subject of whether Mike Dean, the referee, was right to flourish a red card.

This, though, misses the point of the wider issue at stake. Under the present interpretation of the rules, Dean’s decision was correct.

Last season, in the wake of Kompany’s red card against Manchester United for a strikingly similar offence, every top-flight side was issued with a DVD. It had been prepared by the Premier League in conjunction with the Professional Game Match Officials (PGMO), the Professional Footballers’ Association (PFA) and the League Managers Association (LMA).

It was designed to highlight what sort of tackles were deemed careless, reckless and excessive. The former does not warrant further sanction. The latter pair can be punishable with yellow and red cards. Kompany went in “at speed, with intensity, with two feet off the ground”. There is no ground for complaint. Dean was correct to dismiss him.

That definition of a tackle of excessive force was decided by the LMA, the Premier League, the PGMO and the PFA, too. The PFA, wanting to protect its members, was the most vocal advocate for a clampdown on dangerous tackles.

That is entirely right. Nobody wants to see players injured; nobody wants another Eduardo da Silva, another Aaron Ramsey. But it is impossible to escape the impression that the interpretation is too stringent, that the balance has been tilted too far in favour of the players the rules are designed to protect; it is as though everyone has been jailed because a handful commit burglary.

And that is changing the face of the game. Steve Clarke, the West Bromwich Albion head coach, suggested after his side’s defeat against United in December that defending has become more collective, less individual and that, in a country where the centre-back prototype has long been a heroic figure in the mould of John Terry or Jamie Carragher, such a shift could partly explain why so many teams, not least United, seem to be so incapable of keeping their opponents out.

“As defenders, we run the risk of being sent off with every tackle,” Pablo Zabaleta, Kompany’s City team-mate, said yesterday. “It is difficult to understand what we are and aren’t allowed to do.” With tackling in retreat, teams have had to find other ways of defending.

Brendan Rodgers, the Liverpool manager, subscribes — like many of his contemporaries, not least Pep Guardiola and André Villas-Boas — to the doctrine of pressing, a style of defending based more on cajoling and intercepting than direct challenging.

“The tackles you used to see years ago, you cannot get away with any more,” Rodgers said. “We have got a player to put a foot in — Steven Gerrard, one of the best examples of that in the last ten years — and we have enough players to press the ball, but in the modern game, it is difficult to put your foot in.”

Many would see that as a positive step; it is easy to dismiss yearning for the days of the reducer, of letting your opponent know you’re there, as retrospective, atavistic. Perhaps it is linked, too, to a greater societal desire for health and safety.

But the twin glories of football have always been its universality — the idea that there is more than one way to succeed — and seeing the artists triumph over adversity. If tackling is removed, if uniformity of style sets in, they are lost, and so, too, is part of the game’s great grace.

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SMENTITA E PASSAGGI FORMALI VIOLA E COMUNE SMENTISCONO FIRME CONGIUNTE.

LA SOCIETÀ DEI DELLA VALLE DEVE PRESENTARE IL PROJECT ALL’AMMINISTRAZIONE

Superato lo scoglio delle volumetrie

Più spazio per negozi e via della Moda

Legame con il mercato cinese.Tra pochi giorni presentato il piano

I TIFOSI La notizia rimbalzata dai siti internet alle radio. E’ subito euforia

di LUIGI CAROPPO (LA NAZIONE 15-01-2013)

A UN PASSO dalla presentazione del project per l’area Mercafir (nuovo stadio, area commerciale, strutture alberghiere, uffici, viabilità rivoluzionata). Manca poco, pochissimo. E poi sarà messo nero su bianco sulla trasformazione di Novoli per dare vita all’altra cittadella viola. Stavolta la definizione del progetto (con tanto di presentazione) è a portata di calendario: tra pochi giorni, si dice forse entro gennaio, si potrebbero scoprire le carte. Per ora solo smentite sia da parte della Fiorentina che del Comune, i due principali attori dello scenario che i tifosi viola attendono da anni. La società dei Della Valle (come qualsiasi altro privato) deve bussare alla porta di Palazzo Vecchio che ha dato formalmente la disponibilità urbanistica ad accettare proproste di project financing.

QUINDI non ci può essere stata, come è stato sottolineato ieri, nessuna firma congiunta. Ma Della Valle e Renzi non sono stati mai così vicini. L’ultimo nodo sarebbe stato superato, quello relativo alle volumetrie dell’area commerciante e ricettiva di alcune migliaia di metri quadrati (pare sui cinquemila in più). Prevista una strada della Moda con grandi griffe che richiameranno a Novoli non solo gli appassionati dei viola. Turisti che sbarcheranno nel vicino aeroporto che un giorno, non troppo lontano, avrà anche la pista parallela-convergente. L’investimento è stimato tra i 150 ed i 200 milioni di euro (con un socio cinese, pare), i posti di lavoro intorno ai duemila. «Non c’è niente di firmato - ha detto il vicesindaco Dario Nardella intervenendo a Radio Blu - c’è comunque un lavoro in corso tra società e Comune, intensificato nelle ultime settimane. Quando ci sarà maggior concretezza - ha concluso - il sindaco la comunicherà». Carlo Pallavicino, nel corso della trasmissione Piazza Duomo su Radio Toscana ha rilanciato quanto riportato dal sito calciomercato.com: «La scorsa settimana sarebbe stato ratificato un accordo d’intenti tra Fiorentina e Comune: si parla dell’ingresso nell’accordo di un gruppo non italiano; lo stesso Comune collaborerà al progetto di promozione e marketing dell’area Mercafir nei mercati asiatici».

TRA POCHI giorni, molto probabilmente, il piano sarà svelato. Siamo ai ritocchi: gli uomini di Della Valle stanno limando gli ultimi dettagli. E poi il nuovo stadio (con cittadella annessa) sarà un progetto vero sulla carta. 40mila posti coperti. Per sognare una Fiorentina ancora più grande.

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Rieletto presidente federale

Giustizia a orologeria

Abete ora faccia qualcosa

Paolo De Paola - Corsport - 15-01-2012

Forse il calcio non rappresenta i mali del Paese, ma Abete non può rappresentare il rinnovamento del calcio. Il plebiscito con cui è stato rieletto alla guida della Federcalcio è figlio della mancanza di alternative. Candidato unico. Pronto a commissariare coloro che lo hanno eletto, cioè i presidenti che compongono la Lega la quale, a sua volta, non ha saputo darsi una guida nemmeno dopo due turni elettorali. La confusione regna sovrana. Nel suo programma il presidente Abete ha accennato a diverse riforme da attuare durante il prossimo mandato. Presto si ritroverà ad affrontare (come proclamato) quella ormai ineludibile della giustizia sportiva. Urgentissima perché l’attuale campionato rischia di essere falsato da tempi e decisioni che lasciano sconcertati. Il caso più recente ed emblematico è quello del Napoli costretto a subire una ingiusta sentenza (figlia di un acritico automatismo) che lo ha privato di due punti quando si trovava al terzo posto in classifica. Il presidente De Laurentiis ha accennato alla flessione che la squadra subì in campo nell’imminenza della penalizzazione. In particolare la sfida con il Bologna in cui un irriconoscibile Cannavaro pagò evidentemente una fortissima tensione nervosa. In attesa della Corte Federale di giovedì il campionato vivrà un’altra settimana di possibili mutamenti. E non è finita qui: già si sussurra di ciò che potrà accadere attorno al caso Mauri con eventuali ricadute sulla Lazio. Sarà forse la maledizione delle inseguitrici alla capolista ma i tempi della giustizia sportiva sono in antitesi con quelli del regolare svolgimento della stagione. Che senso hanno queste sentenze a orologeria, oltretutto suscettibili di ulteriori modifiche in corsa? Non sarebbe opportuno rimandare tutto a fine stagione? E soprattutto non sarebbe doveroso confinare i processi sportivi in tempi adeguati allo svolgimento dei tornei: o prima o dopo? Una giustizia imbarazzante anche perché sempre sconfessata nei vari gradi di giudizio. Tutto ciò non lascia indifferenti e il neo eletto presidente della Federcalcio non può lavarsene le mani facendo riferimento a una indipendenza di poteri che non esiste. Vogliamo ricordare i patteggiamenti? O il Tnas? Visto che è un continuo compromesso, alla fine nascono paradossi o vengono partorite sentenze non in linea con precedenti giudizi. Insomma figli e figliastri. E’ vero, viviamo in un mondo governato da clan e da centri di potere. Ma almeno nello sport e nel calcio in particolare risparmiateci questo ulteriore supplizio. Ad Abete riconosciamo di avere ben presenti i problemi, li risolva. Dia seguito alle parole con i fatti. Non ci sono pregiudizi nei suoi confronti, ma nei prossimi quattro anni volti realmente pagina.

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Lazio e Napoli corrono ma la classifica rimane "sub judice"

Scommesse: azzurri in appello per il -2. A febbraio si decide su Mauri

Giovedì in aula. Il club di De Laurentiis prova a cancellare la penalizzazione

I biancocelesti. Rischiano fino a 5 punti per le gare con Genoa e Lecce

La Juve frena, Lazio e Napoli sorridono e si portano in scia dei bianconeri. Questo hanno detto le due giornate di campionato del nuovo anno, ma sulla rincorsa di biancocelesti e azzurri pesa l’incognita di fattori che con il campo non hanno niente a che vedere.

Il comune denominatore per i club di Claudio Lotito e Aurelio De Laurentiis parte da lontano, ha già innescato pericolose trappole ed è pronto ad innescarne di nuove. Il Napoli e il calcioscommesse sono già al secondo atto: se meno due punti di penalizzazione in classifica per colpa dell’ex terzo portiere Matteo Gianello (tentò la combine per Sampdoria-Napoli del 16 maggio 2010 provando a contattare i compagni Cannavaro e Grava) è stato il verdetto della Commissione Disciplinare, entro venerdì o al massimo lunedì prossimo la Corte Federale della Figc emetterà la propria sentenza d’appello. «Così si rischia di falsare il campionato: anche un bambino di due anni capirebbe che i vari gradi di giudizio occorre farli prima che la stagione cominci o subito dopo. Ci prepariamo – dice il presidente partenopeo De Laurentiis – all’appello di giovedì con la massima serenità e fiducia nella giustizia sportiva che, presto, va riformata. Cosa ne sarebbe del campionato se anche alla Lazio dovessero dare delle penalità durante questa stagione? Direi la stessa cosa, ovvero che si rischierebbe di vivere un torneo falsato…».

Già, la Lazio. La procura federale guidata dal pm del pallone Stefano Palazzi è pronta a chiudere la propria inchiesta sulle partite Lazio-Genoa e Lecce-Lazio del maggio del 2011. Entro i primi giorni di febbraio, Palazzi consegnerà alle parti il deferimento (il rinvio a giudizio della giustizia sportiva) e fra i destinatari forte è il rischio che sia anche il capitano biancoceleste Stefano Mauri. Cosa rischierebbe in questo caso la società capitolina? Mauri è già stato ascoltato per ben due volte dagli inquirenti della Figc, la prima il 13 aprile, la seconda il 20 novembre scorso dopo l’arresto del 28 maggio: a fare il nome del capitano laziale è Carlo Gervasoni, uno dei grandi pentiti dello scandalo che lega il nome di Mauri a quello di alcuni esponenti del clan dei cosiddetti zingari (per la polizia di Cremona a pesare sulla posizione del giocatore biancoceleste ci sarebbe l’utilizzo di una scheda riservata per le scommesse). Qualora Palazzi non decidesse per l’archiviazione, ma deferisse Mauri per illecito sportivo, per la Lazio potrebbe richiedere una penalizzazione fino a 5 punti.

La Juve frena, Lazio e Napoli corrono. I pensieri di De Laurentiis sono, però, alla partita in agenda fra 48 ore in un albergo romano dove appare in salita la possibile cancellazione della sentenza di primo grado. «Siamo parte lesa, cosa posso dire di più. Dopo la Corte Federale c’è il Tnas e se non avremo giustizia accetteremo i verdetti perchè ci siamo iscritti al campionato e le regole le rispettiamo anche se ingiuste…», precisa De Laurentiis. E Lotito? «Conosco Mauri, non c’entra niente», ripete. Entro i primi giorni di febbraio parola a Palazzi.

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CARO ABETE, DAL RAZZISMO ALLE MAFIE LE EMERGENZE DA PRENDERE DI PETTO

VALERIO PICCIONI - Gasport - 15-01-2013

Eda una vita in Federcalcio, Giancarlo Abete. E ci rimarrà, al vertice, altri 4 anni. Forse non è il curriculum giusto per chiedergli come ha già fatto su questo giornale Franco Arturi, il coraggio della discontinuità. Ma noi ci riproviamo. Il calcio non è il padre del deficit pubblico e il male dell'Italia. Giusto ricordarlo, presidente. Forse il pallone non è meglio nè peggio di ciò che sta fuori. Ma qui. ora, in Italia, certe emergenze bisogna guardarle in faccia. Pure in tv. La domenica di «presa diretta. sulle scommesse ci ha dato una micidiale sensazione di vulnerabilità del sistema davanti all'aggressione del calcio truccato e dell'appetito dei gruppi criminali. Il calcio ha bisogno dunque anche di dire alcuni stop. Al cinismo, alle mafie, al razzismo. Boateng insegna. E Abete su questo ha saputo condividere, resistendo ai su e giù di Blatter. Come non si possono negare alla sua gestione il rilancio del ruolo «sociale» della Nazionale, dalla Calabria di Rizziconi ad Auschwitz. Ma c'è ancora tanto egoismo, tanta violenza, nelle parole e qualche volta non solo in quelle, sui campi del centro e di tante periferie del nostro movimento. Bisogna fare uno sforzo, presidente. Premiare chi ama il calcio e non chi lo sfrutta, tutelare i giovani arbitri che rischiano per difendere la propria passione e non i dirigenti che cavalcano certe piazze e poi scappano via. In questi mesi la giornalaccio rosa sta andando a scovare in giro per l'Europa esempi virtuosi che hanno coniugato un vivaio che funziona, uno stadio per le famiglie, dei conti a posto. Da noi c'è lo Juventus Stadium e l'attesa, quasi messianica, di una futura legge sugli stadi. Ma oltre? Si dice che in politica, nell'ultimo mandato, e di «ultimo. ha parlato lo stesso Abete, si possa decidere ciò che per ragioni elettorali prima non si è fatto. E allora presidente, sfidi le componenti a non chiudersi a chiave, magari metta le cose in chiaro pure con il Coni sulla riforma di una giustizia sportiva sempre più col fiatone. Se lo può permettere.

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Abete confermato

Ora via alle riforme

Rieletto presidente col 94% dei voti, ma la sfida è rinnovare il calcio. Sarà battaglia per nominare i vice

MAURIZIO GALDI - Gasport -15-01-2012

C'è grande soddisfazione. L'unità del mondo del calcio non deve andare a discapito della dialettica, però avere un consenso ampio a scrutinio segreto è motivo di grande soddisfazione», Giancarlo Abete apre con queste parole la conferenza stampa dopo la sua rielezione alla presidenza della Federcalcio. Una sorta di plebiscito: il 94,34 per cento dei voti (235 su 250). Ma la cosa più importante è l'aver ricevuto diciotto voti dalla Serie A: 18 su 18 presenti (erano assenti Catania e Chiévo) a dimostrazione che la sua relazione (e i suoi incontri dei giorni scorsi) avevano fugato ogni dubbio: ci saranno le riforme. E anche ai microfoni di Gr Parlamento («La politica nel pallone» condotta da Emilio Mancuso), ha ribadito la sua soddisfazione proprio per l'en plein in A.

La relazione Abete aveva parlato «a braccio», anche se la sua relazione era stata data a tutti i partecipanti. Una relazione a lungo studiata che è partita dal bilancio del quadriennio passato, per arrivare alle «priorità» per il prossimo. Una relazione senza fronzoli e con la quale ha saputo toccare le corde giuste, anche le sue, visto che al termine ha strappato la standing ovation con circa cinque minuti di applausi. Al termine era provato, ma anche commosso per i complimenti ricevuti. La domanda era necessaria. Perché presidente non ha chiuso con una proclamazione per acclamazione? «Il calcio è un mondo complesso. Ci sono voti ponderati e da sempre abbiamo utilizzato il sistema dello scrutinio segreto». E ha avuto ragione. Ha vinto con un margine sufficiente per poter fare le riforme, anche se avverte: «Ricordiamo sempre che anche se il professor Napolitano ha fatto un ottimo lavoro sullo statuto, e lo abbiamo ringraziato pubblicamente in assemblea, resta il 75 per cento dei consensi necessario per modificare le cose. E per cambiare i format dei campionati è necessaria la determinazione della Lega di appartenenza».

Nodo vicepresidenti II Consiglio federale (nel quale debutterà Simone Perrotta, calciatore della Roma) sarà probabilmente convocato solo lunedl prossimo. «Nell'ultima riunione abbiamo deciso di aspettare che le Leghe di A e di B nominino i propri vertici. Giovedì c'è l'assemblea di B e venerdì quella di A, ma dopo sarà necessario andare avanti perché abbiamo degli impegni urgenti». E se è scontato che giovedì la serie B riconfermerà Andrea Abodi alla presidenza (ieri il Consiglio ha chiesto la sua disponibilità a tornare a guidarla), le acque sono particolarmente agitate nella massima categoria. Comunque andranno le cose, il prossimo Consiglio federale dovrà nominare i due vicepresidenti. Tante le possibili soluzioni. Intanto bisogna dire che la Lega di A, nell'incontro di sabato tra Beretta, Lotito e Abete, ha ribadito che «anelerebbe» a una vicepresidenza. Alla vicepresidenza (vicaria) aspira anche Carlo Tavecchio, presidente dei Dilettanti e forte di un 34 per cento di voti. Per un momento aveva pensato anche alla presidenza federale, pronto però a fare un passo indietro davanti alla candidatura di Abete. Una vicepresidenza la rivendicano anche i calciatori per Demetrio Albertini. Lo rivendicano anche a nome delle «componenti tecniche». La soluzione per tutti gli altri sarebbe l'ennesima fumata nera in via Rosellini a Milano: se la Serie A non trova l'accordo non sarà presente al primo Consiglio federale e quindi non potrà rivendicare nulla. Abete, però, — almeno lui — non fa affidamento nei miracoli e alla domanda sulla possibile soluzione della questione Lega sorride: «Voi sapete meglio di me che la Lega di Serie A negli ultimi anni ci ha abituato a sorprese e rapide accelerazioni. Venerdì potrebbero anche trovare la soluzione». E a questo punto chi dovrà fare un passo indietro, Tavecchio o le componenti tecniche?

Matarrese «membro d'onore» L'assemblea ha anche ratificato la nomina di Antonio Matarrese a membro d'onore della Federcalcio e l'ex presidente non si limita a ringraziare, apre con un attacco alla Lega di A: «Dissero "adesso basta, arriva un manager perché tu non servi". È giusto, ma vedo che avete messo in croce Beretta e state punto e a capo...».

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Cariche scadute. Venerdì i club tornano a riunirsi. Juve, Inter e Roma vogliono la discontinuità e propongono un governo ponte

La Lega è spaccata, Lotito spinge Beretta

All'appello (oltre alla B) manca la componente più importante, quella che dovrebbe trainare le riforme del calcio italiano. Il terzo e ultimo mandato federale di Abete parte con un'incognita: cosa ne sarà della Lega di Serie A? Il quadriennio olimpico è scaduto senza che si sia provveduto al rinnovo degli organi, due assemblee elettive sono andate a vuoto in un clima tesissimo. La candidatura di Abodi è evaporata, trascinando con sé l'alternativa Simonelli. Rimane Maurizio Beretta, presidente pro tempore e in predicato di una riconferma. Ha resistito a tutto: le dimissioni annunciate nel marzo 2011, quando accettò un incarico in UniCredit, la lettera di benservito presentata da otto club dodici mesi dopo. Nelle quattro votazioni consumatesi tra il 20 dicembre e l'11 gennaio ha racimolato al massimo un voto, ma durante i lavori ha precisato: «Al momento non sono candidato». Claudio Lotito non ha fatto mistero di volerlo tenere alla guida della Lega e venerdì cercherà in tutti i modi di centrare l'obiettivo, attraverso una conferma a tempo, per sei mesi, con lettera di dimissioni a giugno, visto che il mandato elettorale dura, in teoria, quattro anni. Sei mesi per cambiare lo statuto, ridando poteri al consiglio, formato dai soli presidenti di club, a discapito dell'assemblea e con la presidenza di Lega magari affidata a rotazione alle società stesse.

Divisioni Il patron della Lazio è riuscito a mandare all'aria il progetto di cambiamento lanciato da Andrea Agnelli & Co. Ma questo fronte, pur avendo perso pezzi, conta ancora su 7 club: Juve, Inter, Roma, Sampdoria, Catania, Pescara, Siena. Sufficienti per non far raggiungere il quorum di 14 voti necessari per l'elezione-proroga di Beretta. Queste società sono per la discontinuità, sanno bene che è impossibile partorire un candidato nuovo in pochi giorni e allora propongono un «governo ponte» di sei mesi, affidato a un tecnico come il d.g. Brunelli o gli avvocati Stincardini (che pare abbia già rinunciato) o Sica. Un'idea che riscuote scarsi consensi. La prosecuzione del mandato di Beretta resta la pista più probabile, bisognerà capire la capacità di resistenza della Juve e delle sue alleate. Potrebbe prevalere, alla fine, il desiderio di non restare fuori dalla corsa alle poltrone federali: Abete aspetterà l'assemblea di venerdì, poi convocherà il consiglio per la nomina dei vicepresidenti, cui ambisce lo stesso Lotito. Ma in Lega la vera partita potrebbe giocarsi su un campo diverso, quello delle altre nomine (due consiglieri federali, nove consiglieri di Lega e vicepresidente). Un gioco a incastri che rischia di acuire le spaccature.

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Abete rieletto; col 94 per cento ha carta bianca

Straconfermato alla guida della Figc

«Lavorerò su giustizia e stadi nuovi»

D presidente è all'ultimo mandato «La nostra priorità è recuperare la credibilità»

di Antonio Maglie - Corsport - 15-01-2013

ROMA - Per spiegare il suo personale contributo al rinnovamento, ha deciso di scomodare Metastasio: «Il tempo è infedele a chi ne abusa". Giancarlo Abete ha cominciato ieri, alle 14,09 il terzo mandato (il secondo intero) da presidente federale. Più che una elezione, è stata una incoronazione: 94,34 per cento di voti favorevoli, un consenso decisamente bulgaro. Lui preferisce una definizione più elegante: »Consenso diffuso.. I primi passi dicono che Abete adesso si muoverà con grande disinvoltura: terminato questo mandato non si ricandiderà, nel corso dei prossimi quattro anni lavorerà per inserire all'interno dello statuto un limite massimo di mandati (due). Ha accettato l'investitura con un discorso ecumenico ma al tempo stesso di elevato profilo: se l'azione di governo sarà in linea con le premesse, potremmo conoscere un Abete diverso, più decisionista, anche perché affrancato dalla necessità di costruirsi consensi a futura memoria.

RAPIDITA' - E' stata una assemblea elettiva rapida, presieduta dall'intramontabile Pasquale De Lise, vero esempio di antico che non arretra. E, d'altro canto, il tavolo della presidenza, con qualche eccezione, è una «vetrina» di under 75, segno di un calcio che ha bisogno di un lifting profondo ma fatica a trovare dirigenti nuovi, giovani e con idee fresche. Abete, che pure al problema è sensibile, nega che la questione del rinnovamento sia «solo di età». Ma è chiaro che il calcio italiano è a metà del guado. Lo ha sottolineato un vecchio lupo di mare come Antonio Matarrese, ieri nominato membro d'onore della Federazione: «Mi avete detto di farmi da parte perché la Lega aveva bisogno di un manager, eppure non mi sembra siate riusciti a risolvere i problemi.. I presidenti dei club più ricchi e importanti hanno incassato la »stilettata» sapendo che il «vecchio Antonio», non ha tutti i torti e che l'unica componente che veramente ha cercato in questi anni di ringiovanire la sua rappresentanza è quella dei calciatori che ieri ha in-sento nel suo gruppo di consiglieri federali anche Simone Perrotta, calciatore della Roma ancora in attività: «A Simone siamo affezionati anche per i bei momenti che ci ha fatto vivere con la Nazionale». Il riferimento è ai Mondiali.

AGENDA - Saranno anni comunque difficili e impegnativi. Lo sottolinea anche Abete che quando viene invitato a spiegare cosa farà nei primi cento giorni di governo, risponde: -Non esiste un programma dei primi cento giorni, visto che sono stato ne-letto e il mio è un mandato nel segno della continuità. Certo, ci sono delle priorità: la riforma della giustizia sportiva, la legge sugli stadi, il rafforzamento della normativa contro la frode sportiva'. Basterebbero questi tre temi per andare oltre i cento giorni, anche molto oltre visto che due temi su tre dipendono dal lavoro del Parlamento al momento fermo perché stiamo andando verso le elezioni e, comunque, mai troppo agile nelle sue dinamiche. Ma c'è poi un problema più generale: «Il recupero della credibilità. Dobbiamo fare di più sulla formazione, lavorare di più con la scuola.. Lo scandalo delle scommesse è una ferita non facilmente rimarginabile: «Fa male vedere che c'è gente che per pochi soldi assume comportamenti impropri". E poi c'è la questione degli inquinamenti criminali: «Il calcio sollecita interessi. Dobbiamo alzare il livello di attenzione rafforzando il rapporto con le procure".

CONI - Nella corsa per la presidenza del Coni, Abete si schiera con chiarezza: «Stimo Malagò, è una persona di grandi qualità ma io voterò Pagnozzi. Il mondo del calcio lo conosce, nel '96 ha gestito brillantemente da commissario per tre mesi la Federazione, ha grandi rapporti internazionali, ha governato la macchina del Coni sotto diversi presidenti-

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RISCRIVERE LE REGOLE UNA PRIORITA PER ABETE

Antonio Maglie - Corsport - 15-01-2013

Giancarlo Abete, appena confermato presidente federale, ieri ha sottolineato che la riforma della giustizia sportiva è una delle priorità della sua agenda di lavoro. La dichiarazione di principio giunge a pochi giorni dalla pronuncia della Corte Federale sulla penalizzazione del Napoli e la squalifica di Cannavaro e Grava. Società e calciatori hanno "pagato", in primo grado, per un tentativo dl combine "proposto" dal terzo portiere, Gianello. La società è stata punita per responsabilità oggettiva, i giocatori per omessa denuncia. Mai il bisogno dl una giustizia veramente giusta è stato tanto avvertito nel calcio. Mai come in questo momento le corti e i codici sportivi sono apparsi tanto inadeguati a far fronte a una realtà chiamata a fare i conti con inquinamenti criminali (di grandi organizzazioni criminali) che possono condizionare la trasparente evoluzione dei campionati.

La giustizia sportiva è obbligata, oggi più che nel passato, ad adottare le sue sentenze su dati dl fatto perché la tecnica del "sentito dire", delle confessioni ricche di contraddizioni da un lato possono rispondere a interessi che con l'accertamento della verità dei fatti non hanno nulla a che spartire, dall'altro possono provocare pene sproporzionate o infondate che non aiutano certo a costruire quella "solidarietà attiva" tra i vari protagonisti del calcio fondamentale per affrontare con qualche successo un problema così ampio e complesso come quello delle scommesse.

La responsabilità oggettiva, pilastro della giustizia sportiva, non può, ad esempio, non tener conto delle difficoltà di un club a tenere sotto controllo trenta, quaranta tesserati, dei limiti imposti dalle normative sulla privacy, dell'abilità delle organizzazioni criminali a muoversi a "fari spenti". Punire il Napoli con una penalizzazione addirittura raddoppiata rispetto alle richieste dell'accusa, è oggettivamente un atto dl ingiustizia, soprattutto se a muovere l'accusa, fra numerose contraddizioni, è un terzo portiere che in quella stagione non è mal stato convocato: come possa Influire sulle dinamiche dello spogliatoio un tesserato praticamente al margini visto che il suo contratto era in scadenza è un mistero abbastanza insolubile.

Cannavaro e Grava, che giocavano sempre o quasi, contestano la versione di Gianello, che non giocava mai. La parola dell'uno contro la parola dell'altro: o c'è una prova fattuale a sostegno dl una delle due tesi oppure le due tesi si annullano. Può la giustizia sportiva punire, per giunta a distanza dl tre stagioni, nel mezzo di un campionato quando i danni sono superiori a quelli che puoi subire se la sanzione arriva prima del fischio d'avvio, sulla base quasi di un "pettegolezzo"? II fatto che la partita incriminata non sia stata in alcun modo "inquinata" al fini del giudizio può essere considerato un dato irrilevante?

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Lega di A, rischio commissario

Se venerdì le società non troveranno un'intesa sulla presidenza, Abete "obbligato" a intervenire per poter approvare il bilancio

a.m. - Corsport - 15-01-2013

ROMA - Il tempo scade venerdì. Giancarlo Abete lancia l'ultimo avviso ai presidenti della serie A. Il capo della Federazione attenderà la prossima tornata elettorale poi, in assenza del rinnovo delle cariche, prenderà le decisioni del caso. Aleggia una parola (come sempre, d'altro canto): commissariamento. Abete non la pronuncia, anzi ufficialmente esclude un intervento di questo tipo anche perché solo evocare il commissario rende incandescenti i rapporti tra via Allegri e via Rosellitu. Ma i presidenti procedono in ordine sparso, al contrario di quelli della serie B che giovedì «restituiranno» la poltrona presidenziale ad Andrea Abodi, una delle ultime vittime della »mattanza elettorale» della Lega più importante. Il copione, in fondo, è sempre lo stesso, le repliche stanche. E' da una quindicina di anni che a Milano quando si aprono le urne, le diffidenze reciproche esplodono provocando l'immobilismo. Abete ieri è stato di parola: ha evitato di riunire il tradizionale Cf che segue la proclamazione dei risultati: »Aspettiamo che la A e la B definiscano i loro organigrammi». E se anche l'appuntamento di venerdì si risolverà con un nulla di fatto? .Convocherò il Consiglio Federale.. Ed è a questo punto che il quadro si complica.

BLOCCATI - Abete non vuole irritare Milano evocando la figura del commissario ma tra molti presidenti milanesi quella scelta non viene considerata come un «insulto» e c'è qualche dirigente che si spinge oltre affermando che «in fondo l'unica fase in cui la Lega è stata governata è stata quella del commissariamento di Abete Il contrasto, tra l'altro, in questo caso ha assunto connotati veramente strani, legati più al controllo della «macchina» che a questioni strategiche che di solito coincidono con i soldi. Ma su questi ultimi l'accordo perla distribuzione è stato raggiunto. La questione è lo statuto. Una bozza corretta e riformata in realtà esiste pure ma giace in un cassetto. Ci vorrebbe un presidente per affrancarla dall'oblio. E qui nascono i problemi.

OBBLIGHI - Ma se anche Abete non pronuncia la parola commissario, le condizioni per compiere questa scelta ci sono tutte. Ci sono, infatti, obblighi statutari da adempiere entro la fine di questo mese che impongono organi nella pienezza delle funzioni, tra questi l'approvazione del bilancio federale. La mancata elezione del presidente di Lega e dei consiglieri federali di fatto impedirebbe l'ordinato svolgimento dell'attività istituzionale. Motivo valido per spedire a Milano un commissario che poi voterebbe a via Allegri per nome e per conto dei club. La Juventus ha provato a superare le difficoltà proponendo una presidenza «tecnica» e quindi limitata nel tempo (Marco Brunelli, direttore generale, o l'avvocato Stincardini). Claudio Latito, al contrario, vorrebbe una proroga di Maurizio Beretta, soluzione che sollecita l'irrigidimento delle società che chiedono un presidente a otempo pieno.. Fra le mani di Abete potrebbe così rimbalzare una patata bollentissima.

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Abete rieletto fino al 2016

«Uniti per un calcio migliore»

Ma la Lega di A è nel caos

700 mila le partite che la FIgc organizza ogni anno dalla serie A alla Terza categoria Dilettanti

Tanti problemi Sappiamo quali sono le priorità del nostro calcio: la riforma della giustizia sportiva, la legge sugli stadi e il rafforzamento della normativa sulle frodi sportve. E conosciamo anche le criticita, in presenza di compt irta menti inaccettabili: scommesse, violenza, razzismo. Noi dobbiamo crescere, ma anche il Paese lo deve fare

Noi e lo Stato Ci sono troppi orecchianti e parolai che criticano c basta. Così è troppo facile. II calcio riceve un contributo di 64 i milioni all'anno dallo Stato, e vengono destinati ai Dilettanti, all'attività giovanile e agli arbitri. Le società professionistiche non ricevono un euro, ma versano allo Slatti italiano 900 milioni soltanto di imposte

ROMA — Giancarlo Abete guiderà la Federcalcio fino al 2016. E in carica dal 2 aprile 2007 ed è stato rieletto con quella che si definisce una maggioranza bulgara, il 94,34 dei consensi (25o voti su 256 accreditati, sei schede bianche): era il candidato unico e questo non è il massimo, ma non è stato certo Abete a impedire altre candidature e tutto si può dire tranne che la sua sia stata una campagna elettorale frenetica o aggressiva, visto che ha aspettato le ultime ore per candidarsi. «Sarà un quadriennio difficile, ma questo consenso mi dà fiducia — ha spiegato Abete —. Questo che comincia ora è il mio ultimo mandato; nel 2016 non mi ripresenterò e vorrei inserire nello statuto il tetto di due mandati presidenziali». Dagli interventi dei presidenti delle componenti (Leghe, calciatori, allenatori e arbitri) si è capito che di idee geniali non ce ne sono. La Lega di serie A è ancora senza governo e per ora, non c'è nessun segnale di convergenza su un nome da votare nell'assemblea di venerdì. Quello che dovrebbe essere il motore del movimento pallonaro è spento e produce soltanto litigi, tensioni, brutte figure. L'assemblea di venerdì è un termine ultimativo, perché poi verrà convocato il Consiglio federale, con o senza i rappresentanti dei club. «Sarebbe bene partire tutti insieme, ma se la soluzione non c'è, noi andiamo avanti, c'è fretta di lavorare». Giovedì la B riproporrà alla guida Andrea Abodi

Abete non ha presentato il programma dei cento giorni, ma ha indicato le priorità: da riforma della giustizia sportiva, la legge sugli stadi e il rafforzamento della normativa sulle frodi sportive. Sappiamo quali siano le criticità del nostro calcio, di fronte a comportamenti inaccettabili: penso alle scommesse, alla violenza e al razzismo. Ma il calcio ha 1.400.000 tesserati, un terzo del numero complessivo di chi fa sport in Italia e apparteniamo a una realtà nella quale si riversano le realtà del Paese».

Abete, che ha fatto studi seri, ha citato Mazzini e Gandhi, Kant e Metastasio, ha ringraziato Prandelli, per quanto ha fatto, che ha costruito un'Italia che vince e che piace ed è andato all'attacco: «Ci sono troppi orecchianti e parolai che criticano e basta, troppo facile così. II calcio riceve un contributo di 64 milioni ogni anno dallo Stato attraverso il Coni, soldi che destiniamo all'attività dilettantistica, a quella giovanile, al funzionamento dei diversi settori e del mondo arbitrale: le società professionistiche non ricevono un euro, ma versano allo Stato italiano 9oo milioni di sole imposte. Quando si critica il calcio, bisogna ricordare chi siamo e cosa rappresentiamo. Noi dobbiamo crescere, ma anche il Paese lo deve fare».

La vera novità nel governo del calcio è l'ingresso di Simone Perrotta, già campione del mondo nel 2006 e primo calciatore ancora in attività che entra in Consiglio. «Sarà una voce genuina dal campo» le parole di Damiano Tommasi, il presidente dell'Aie. Ma è stato anche il giorno in cui Antonio Matarrese è diventato membro onorario della Figc. Ha ringraziato, ma ha tirato le orecchie a tutti e in particolare ala Lega di A, che lo aveva sfrattato, con modi poco urbani, nel 2oo9: «Volevate un manager, l'avete avuto, ma non avete risolto nulla e adesso avete messo in croce Beretta Siete punto e a capo, ma con voi ho vissuto anni ma- ci». Fatto il Consiglio, Abete sarà uno dei 76 membri del Consiglio nazionale del Coni chiamato a votare il presidente il 1g febbraio: «Voterò per Pagnozzi; è un punto di riferimento per lo sport». Pagnozzi è a quota 21 voti. Deve arrivare al quorum di 38.

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ELEZIONI

Abete senza rivali

Ecco cosa fare subito

Il pallone è in crisi, ci vogliono decisioni coraggiose

ABETE GUIDERA' LA FEDERAZIONE PIU' PRESTIGIOSA PER I PROSSIMI QUATTRO ANNI. ALBERTINI E IL CAPO DEI DILETTANTI TAVECCHIO SARANNO I VICE

Paolo Franci • Il Giorno - 15-01-2013

Roma IL QUADRIENNIO che attende Giancarlo Abete, rieletto presidente della Figc e all'unanimità, sarà durissimo, nel calcio ai tempi della crisi. Il numero uno del pallone dovrà affrontare temi scottanti, che rischiano di provocare altri incendi. Dal calcio-scommesse alle scorie di Calciopoli, la riforma della giustizia sportiva. Eppoi la legge sugli stadi, l'etica smarrita, il rapporto con la Leghe.

1) Una legge per gli stadi «VI SONO delle priorità». In prima fila, il presidente Abete piazza la legge sugli stadi. Un obiettivo necessario, imprescinPerrotta sarà il primo calciatore in attività presente da subito nel Consiglio federale: lo stimiamo anche per i suoi trascorsi in nazionale *** dibile, di fronte al calo degli spettatori e a impianti ormai vecchi, se non fatiscenti, che hanno contribuito a rendere più pesante la crisi del pallone, nel contesto della grave situazione economica.

2) Giustizia sportiva: c'è un nodo LA RESPONSABILITÀ oggettiva.Il nodo è nella modifica di un principio che resta intoccabile: «Sarà ridisegnata tenendo conto del rispetto dei principi Fifa, Uefa e Coni, e un sistema di attenuanti applicate a questa fattispecie. Questo avviene già per i fatti di violenza: ora deve avvenire anche per le scommesse».

3) Illeciti: tolleranza zero IL CALCIOSCOMMESSE. Sarà sempre più tolleranza zero e Abete si propone di inasprire i principi cardine sulla violazione più grave, l'illecito sportivo, attraverso «il rafforzamento della legge sulla frode sportiva». Ma come uscirne? Da quasi due anni il calcio è flagellato dal caso scommesse e la via d'uscita non si vede.

4) L'etica questione centrale IL FATTORE etico è uno dei punti che più stanno a cuore al numero uno della Figc. Negli ultimi anni, il clima da tutti contro tutti' sfociato spesso nel ricorso ai tribunali — è ancora pendente la causa di risarcimento della Juve da 443 milioni per Calciopoli — ha deturpato l'immagine del calcio italiano.

5) Riportare L'armonia in Lega LE LEGHE è un altro dei nodi spinosi: Abete si pone l'obiettivo di ricompattarle. La Lega di A è nel caos ormai da lungo tempo, non riesce ad eleggere un presidente e negli ultimi due anni ha avuto un rapporto con la Figc ai minimi storici. Ricostruire il legame, saldo, è imprescindibile per il futuro del calcio.

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Using Facebook to bounty-hunt

football's 'disappeared' players

If a player is registered for the first time in Europe, confusion can arise because a federation

in Europe might not necessarily record the player's former clubs in South America or Africa.

Sports agent Paulo Teixeira

by JOHN SINNOTT (CNN.com 17-07-2012)

Training and solidarity compensation

Training compensation is triggered when a player signs his first professional contract in an other country. It is a fixed amount depending on the new club's category.

In Europe it is $110,000 per year of training for a first category clubs. This is paid only once, when the player becomes professional.

The solidarity mechanism is triggered in any international transfer (but not a free player) and is 5% of the amount. This is triggered with every transfer, so there is no limit in time a club can get it.

European football's summer months are dominated by back-page headlines of glamorous transfers involving the game's most prestigious players, with Arsenal's Robin van Persie the most notable example this last few weeks as he ponders whether to stay with the London club after saying he will not renew his contract.

But at the bottom of the football pyramid -- a world that receives little attention from the global media -- there are many deals that involve young players who are just starting their careers, the clubs that have trained them, and those that are interested in signing them in the hope that they might be the next Lionel Messi.

The story of Messi's early years in Argentina and his signing by Barcelona has been retold countless times. Of how, diagnosed with a growth hormone deficiency, the kid who would become the world's best player went to Spain after Barcelona offered to pay his medical bills.

What is less well known is that Barcelona did not immediately pay his former club Newell's Old Boys the training compensation fee that the Argentine team was due.

Newell's Old Boys did claim $42,867 in reparation, but had to go all the way to FIFA's Dispute Resolution Chamber to get the payment.

It takes time and money for clubs to develop players, but the rewards can be enormous given the voracious appetite of ambitious teams looking for new talent.

But this talent trawl leaves casualties and an academic study in 2009 estimated as many as 20,000 African boys are living in the streets of Europe after failing to secure contracts with European clubs following their trials.

Under rules established by football's international governing body FIFA, those clubs seeking that new talent agree to pay the team that nurtured the youngster a "training compensation" fee.

FIFA has a cash formula that is designed to compensate the "training club" for the years spent developing players up to the age of 23, when they sign their first professional contract.

However, sports agent Paulo Teixeira says some European teams do not always play ball in agreeing these compensation fees.

Teixeira, who has worked as a player agent and once represented former Brazil international Roberto Carlos, has taken to posting about training compensation on Facebook., pointing to the way social media was used during the Arab Spring as a motivation in raising publicity over the issue.

"It's a matter of culture," Teixeira writes on Facebook, recounting what he says he was told by an executive of a European team ahead of the Champions League final in Munich back in May.

"European clubs are ready to pay millions on transfer fees, but when it comes to settling training compensation to African or South Americans clubs, it becomes a problem.

"Clubs know that they will have to pay once the cases reach FIFA, but until then they buy time."

The Brazilian agent is football's equivalent of a bounty hunter, taking a hefty commission from the teams he represents in cases he takes before FIFA to claim training compensation from larger clubs.

Teixeira details his disputes with a number of those European clubs on Facebook, claiming they failed to pay the true cost of training a player to the development club, based on FIFA's formula.

Unhappy about these Facebook postings, at least two of those clubs -- Italy's AC Milan and Anderlecht of Belgium -- have complained to FIFA about what they claim is "defamation and calumny".

"FIFA can confirm that AC Milan and Anderlecht have lodged complaints against the agent Paulo Teixeira and that FIFA has opened a case," FIFA told CNN.

"However, as the investigations are currently ongoing we cannot comment or speculate at this stage."

But as well referencing the Arab Spring, Teixeira quotes the Universal Declaration of Human Rights -- "everyone has the right to freedom of opinion and expression" -- as justification for his campaign.

In one of the cases Teixeira posts about, he claims AC Milan owes Botafogo FC of Ribeirao Preto compensation involving its training of the player Sergio Ceregatti.

He says the claim is based on the calculation that Ceregatti was with the Brazilian club for four years before moving to Italy.

Ceregatti initially joined Ancona and then signed for Milan, with Botafogo not compensated for those formative years of training as per FIFA's rules.

"At this stage, I just can tell you that the player gave three different declarations (one of them signed by his father, when Ceregatti was still a minor) about the duration of his registration to Botafogo -- nine months; 24 months; 48 months circa," said Leandro Cantamessa, the lawyer acting for AC Milan.

"AC Milan immediately paid on May 2011 the amount requested by Teixeira pursuant to the first player's declaration and moreover in conformity with Botafogo's records, as collected by Brazilian Federation (CBF) in the so-called sport passport, duly attached to the first Teixeira claim.

"The last declaration has been released by Ceregatti in Brazil, in January 2012, after his escape from Italy and from contractual obligations with AC Milan."

Texeira tells a very different story, insisting he has full the support of Ceregatti, who recently returned to Brazil after signing with Vasco da Gama, and that the Brazilian footballer confirms he had been at Botafogo for four years since the age of 12 from 2004.

"The claim is for Botafogo and has nothing to do with Ceregatti," added Teixeira, after CNN asked to interview the player.

As for Anderlecht, general manager Hermann van Holsbeeck refused to comment on Teixeira's $122,822 compensation claim on behalf of DR Congo club CS Aigles Verts relating to one of their players, but added: "We have introduced a file against Teixeira by FIFA. We will defend our position at the court."

Teixeira works closely with the Brazilian National Amateur League manager Jose Tobaldini, who keeps track of 140,000 players on a computer database and believes hundreds of young players literally "disappear" from their clubs -- lured away by agents and scouts.

"I know they've all gone to Europe, most of them have the possibility of acquiring dual citizenship," says Tobaldini.

Teixeira claims on Facebook that "a generation of dozens of young Brazilian and African players were literally taken away from their original clubs by dubious agents and brought to Italy under the so-called primo tesseramento (first contract)."

Often smaller clubs in Brazil and Africa do not have the financial resources to find out what has happened to their players after they have left, presumably for Europe -- which means they are often left without compensation. That is where Teixeira steps in.

After a player has turned professional, Teixeira -- with the help of Tobaldini -- tracks down the development club to see if there are compensation issues and then begins the administrative process of demanding what he says is the correct sum to be paid by the European clubs.

"In the beginning I was approaching the clubs, but now more and more I am approached by clubs," said Teixeira. "All due to the internet, as you can imagine. Some African agents have sent me messages saying I've become an icon."

In an arrangement that is reminiscent of the kind of fees "uplift" that successful personal injury lawyers use to get paid if and when a dispute is resolved, Teixeria would receive a 20% commission of the amount of the claim.

So in the cases he lists on Facebook, the potential compensation amount is close to $2.4 million, which would net Teixeira approximately $480,000 if he is successful.

"Big clubs are always challenging the conformity of training compensation with EU law," said Argentine lawyer Ariel Reck, who also has experience with of this area and it is a view supported by British lawyer Guy Thomas.

"The Jean-Marc Bosman case may have increased player power," said Thomas, referring to the landmark judgment allowing players to move for free at the end of their contract, "but ongoing uncertainty over the best way to calculate compensation still allows clubs the chance to push back or delay payment."

Reck admits these cases are a gravy train for agents and lawyers.

"This is also a business for sports lawyers, I have to confess. Not only South American but also big European firms (mostly Spanish due to language issues) offer clubs the services to claim and collect such compensations. Fees can be as high as 30% of the amount," he said.

Gravy train or not, this issue may also be an administrative headache for FIFA, which says it receives 3,500 complaints a year -- though not all of these relate to training compensation cases.

"FIFA's normal procedure says that a case should be opened within three to five weeks after the claim is lodged," said lawyer Fernando Lamar, who works with Teixeira.

"FIFA says that an ordinary case would take six to 12 months to be solved. However, we have cases in progress for almost two years and we're not halfway through.

"You cannot imagine the time and energy spent trying to reach a FIFA officer to have information about the claims. It is almost a lost battle; the most common responses we get are, 'We are overloaded,' 'We have no time.' "

In a statement to CNN, FIFA said: "Cases are normally opened within a couple of weeks following the receipt of the relevant complaint.

"As to the duration of a specific procedure, we need to emphasize that many factors influence the advancement of the investigation phase and the decision-making process: the cooperation of the parties, the complexity of the matter, the extent of the documentation provided, the availability of the deciding body -- just to name a few.

"Consequently, we are really not in a position to comment on an estimated timescale ."

In a recent edition of the Sports Law Bulletin, a doctoral researcher at England's University of Westminster came up with an idea to help protect the treatment of minors in football.

"A possible solution to prevent such circumstances could be introduction of a form of authorization for trials via the transfer matching system, albeit trials cannot be deemed as a transfer, " wrote Serhat Yilmaz, referring to FIFA's governing body electronic method of conducting transfers.

So as the lawyers, agents and administrators argue, does Tobaldini have any advice for parents considering letting their offspring move to European clubs?

"First you should build the athlete up, maintain his focus on school and look for an agent -- properly accredited -- with the goal of taking care of his professional career."

Football's 'bounty hunter'

takes on FIFA on Facebook

by JOHN SINNOTT (CNN.com 15-01-13)

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FIFA punished Brazilian agent Paulo Teixeira after complaints from AC Milan and Anderlecht.

A leading football agent fined by FIFA for using social media has taken to Facebook to question the fairness of soccer's global governing body.

In December Brazilian agent Paulo Teixeira was handed a two-month suspension and a $8,600 fine by FIFA for breaching its code of professional conduct as well as its disciplinary code for a number of Facebook postings.

Teixeira has used his Training Compensation page on the website to expose what he says is the unequal relationship between Europe's leading clubs and smaller clubs in South America and Africa in the way teams from developing countries are compensated for discovering and training young talented players.

Unbowed by FIFA's sanction, Teixeira returned to Facebook on Monday to ask why the disciplinary committee that had handled his case -- involving 215 pages in total of evidence and the decision itself, 80% in French -- had comprised four officials, only one of whom speaks French.

"And in came the judges -- four. A Swiss, an Irish, a Venezuelan and a Chinese. It took a full month to write the 31-pages long decision, again in French. At the end of the day, I had been suspended for two months and fined," Teixeira posted on Facebook.

"How could football executives of this caliber -- bosses of their respective associations -- have reached such a decision without having full knowledge of the contents of the case?

"Or was is presented to them in the universaI language ... Esperanto?"

In a statement to CNN, FIFA insisted: "The members of the FIFA Disciplinary Committee were aware, took note and understood all the elements of the case, which were available and presented to them in a language they understand, in order to be in a position to take the decision."

Teixeira, who once represented former Brazil international Roberto Carlos, has been using Facebook to discuss governance issues surrounding sport, but primarily football, after being inspired by the way social media was used by revolutionaries during the Arab Spring.

"European clubs are ready to pay millions on transfer fees, but when it comes to settling training compensation to African or South Americans clubs, it becomes a problem," said Teixeira.

"Clubs know that they will have to pay once the cases reach FIFA, but until then they buy time."

His disciplinary action came after two European powerhouses, Italy's AC Milan and Anderlecht of Belgium, complained that Teixeira had defamed them in Facebook postings when he claimed the clubs failed to pay the true cost of training a player to the development team, based on FIFA's formula.

However, advocacy group changeFIFA, which seeks greater transparency within the ruling body, suggested the Teixeira case raised important questions.

"Given the serious allegations of Teixeira, it's odd that FIFA would target the person making the allegations of impropriety and not address the alleged impropriety itself," a changeFIFA spokesman told CNN.

"Any sincere search for truth by the FIFA Disciplinary Committee should involve investigating the allegations themselves and not silencing the person making them."

Teixeira is football's equivalent of a bounty hunter, taking a hefty commission from the teams he represents in cases he takes before FIFA to claim training compensation from larger clubs.

He has extensively detailed his disputes with a number of those European clubs on Facebook, and when Teixeira was suspended in December, FIFA released a statement saying "this was the first time a member of the football family has been suspended/fined for using social media."

Paulo Teixeira, il cacciatore di

taglie che ha fatto arrabbiare la Fifa

Il procuratore brasiliano agisce per conto di squadre latinoamericane e

africane, i cui vivai sono depredati dalle società europee senza che questi

paghino ai club di provenienza l’indennità di compensazione. Ma il governo

del calcio mondiale lo accusa di aver utilizzato Facebook e non canali ufficiali

di LUCA PISAPIA (ilFattoQuotidiano.i 22-01-2013)

Come il Django di Quentin Tarantino, anche il procuratore brasiliano Paulo Teixeira racconta di essere diventato un cacciatore di taglie. Agisce per conto di squadre latinoamericane e africane, i cui settori giovanili sono depredati dai club europei senza che questi paghino ai club di provenienza l’indennità di compensazione per giovani calciatori (art. 20 del regolamento Fifa). Si mette alla ricerca di giovani pedatori in giro per l’Europa e cerca di ricostruirne la provenienza, poi se il club riesce ad ottenere l’indennità, lui ne ricava una percentuale. I casi aperti sono molti, dai più noti che riguardano i grandi club all’immenso sottobosco della tratta di baby calciatori. Tanto che oggi si stima ci siano almeno 20mila ragazzini sbarcati in Europa con la promessa di diventare stelle del pallone e finiti a vivere sotto i ponti, se non scomparsi del tutto. Una vera e propria tratta degli schiavi, già ampiamente documentata, su cui nessuno ai piani alti della Fifa pensa di intervenire.

“La cosa paradossale – spiega Teixeira a ilfattoquotidiano.it – è che io non ho nemmeno posto il problema della diaspora di ragazzini che spariscono nel nulla. Perché le cause per la mancata indennità di compensazione, di cui mi occupo, scattano solo quando il ragazzo diventa calciatore professionista e firma un regolare contratto. Ho invece chiesto alla Fifa il rispetto dei regolamenti a tutela dei club minori, anch’essi affiliati alla Fifa e pertanto degni di considerazione”. Ma anche qui, sembra che la Fifa preferisca non intervenire e lasciare che i grandi club la facciano da padrone. “E’ una questione di cultura – continua Teixeira – I club europei sono pronti a pagare decine di milioni per i trasferimenti, ma quando si tratta di pagare l’indennità di formazione alle squadre di paesi come Africa o Sud America diventa un problema”.

Racconta il caso dell’Anderlecht che, a fronte di un bilancio annuale di 300 milioni, si rifiuta di pagare un’indennità di 100mila euro per Kabanga Junior, sostenendo che il ragazzo ha firmato in patria un contratto con l’Aigles Verts (20 centesimi al mese) ed è quindi da considerare già professionista. Mentre un altro dei contenziosi aperti tra il cacciatore di taglie e i grandi club europei riguarda la richiesta del Botafogo di 300mila euro al Milan come indennità per la formazione di Sergio Ceregatti, passato prima da Ancona e oggi tornato in patria al Vasco Da Gama. Interpellate da ilfattoquotidiano.it, fonti interne alla società rossonera spiegano che il calciatore in realtà è stato al Botafogo solo alcuni mesi e che il Milan ha già pagato il dovuto: ovvero 60mila euro. E che solo in un secondo momento la squadra brasiliana ha avanzato un’ulteriore richiesta da 300mila euro, che il Milan non ritiene di dover pagare.

Teixeira invece risponde a ilfattoquotidiano.it di avere le prove che Ceregatti sia stato nelle giovanili del Botafogo per 4 anni, da quando ne aveva 12 fino al suo arrivo in Italia. E di averle trasmesse alla Fifa chiedendo che sia riconosciuto un giusto indennizzo come da regolamento. Il contenzioso è ancora aperto. ”Il problema con l’Italia è quello della regola che da voi si chiama ‘primo tesseramento’. Per cui quando un ragazzo firma il primo contratto da professionista diventa ‘italiano’ per il regolamento sportivo, e si cancella ogni traccia del passato sportivo del calciatore – spiega Teixeira – C’è un’intera generazione di giovani brasiliani o africani che sono stati letteralmente strappati ancora minorenni dai loro club di provenienza, grazie al lavoro di oscuri faccendieri, per essere poi portati in Italia dove c’è questa strana regola”.

L’altro lato curioso della faccenda è che Teixeira ha deciso di usare i social network per condurre la sua indagine e per renderla pubblica, postando tutto sulla sua pagina Facebook. Perché, come racconta dalla sua casa di San Paolo, “ho tratto ispirazione dalla Primavera Araba, dove internet e i telefonini sono diventati i mezzi per chiamare a raccolta la gente e informare all’esterno su quello che stava accadendo”. Ma alla Fifa questo non è piaciuto e lo ha multato per oltre 8mila dollari e squalificato per due mesi. Non perché Teixeira abbia sbagliato nel merito, piuttosto per una questione di metodo. Come è scritto nella sentenza: "Mr. Teixeira potrebbe anche dire la verità, ma questo non lo autorizza a usare una piattaforma come Facebook per diffonderla. Ma il cacciatore di taglie spiega che ha deciso di non arrendersi, e di volere continuare a combattere la sua battaglia tramite i social network.

Modificato da Ghost Dog

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On line l'app "Picchiamo Marchisio"

Con i giocatori del Napoli "arrabbiati"

Milano, 15 gennaio 2013

Il centrocampista della Juve aveva definito il Napoli "antipatico" in un'intervista, ora c'è un giochino per telefonino in Rete

marchisio_02--300x145.jpg?v=20130115162238 Il promo della App

Il caso Marchisio-Napoli continua, in Rete. Su Google Play è rintraccaibile l'App scaricabile su telefonino Picchia Marchisio, con l'immagine dei giocatori del Napoli che lo inseguono per menarlo. Oltre 120 le recensioni degli utenti, con i tifosi juventini indignati.

adstream.cap?c=mooker%26e=7d%26va=[MOOKIE]_[MOOKIE_AGE]mapuid?member=1471%26user=[MOOKIE]

l'antefatto — La polemica era scoppiata il 10 gennaio. Partendo da una dichiarazione rilasciata da Claudio Marchisio, centrocampista della Juve, a Style. Aveva definito "antipatico", il Napoli, perché: "Quando mi trovo di fronte gli azzurri scatta qualcosa, soprattutto dopo le due finali" (di Coppa Italia e Supercoppa ndr). Apriti cielo. Il Napoli, con una nota sul sito, aveva replicato: "Queste parole rappresentano una grave offesa al Napoli e al calcio italiano. Ci sorprende che arrivino da un calciatore della sua statura che gioca in una squadra così prestigiosa. Auspichiamo che si tratti di un fraintendimento, e ci aspettiamo chiarimenti dal giocatore e dalla Juventus".

La Juve aveva a sua volta risposto così: "Claudio Marchisio ha espresso un'opinione nel corso di un'intervista al mensile Style del Corriere della Sera. Tale opinione è chiaramente riferita alla sana competizione agonistica che ha visto Napoli e Juventus protagoniste di partite accese e spettacolari. Nessuna offesa: non comprenderlo significa cercare una polemica inesistente". Poi il papà di Marchisio aveva ulteriormente chiarito: L’affermazione di mio figlio era di stampo calcistico, non avrebbe mai offeso Napoli e il Napoli". Ora questo ulteriore spiacevole sviluppo.

Gasport

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IL DECRETO NOTIFICATO DALLA POLIZIA POSTALE

Calcio online, Mediaset fa chiudere i siti pirata

Streaming online, sequestrate dieci piattaforme illegali

IL DECRETO NOTIFICATO DALLA POLIZIA POSTALE

Calcio online, Mediaset fa chiudere i siti pirata

Streaming online, sequestrate dieci piattaforme illegali

Partite di calcio. Di serie A e di coppe internazionali. Trasmesse in chiaro su una decina di siti basati nei luoghi più esotici del pianeta, ma cliccatissimi in Italia. La polizia postale ha notificato proprio in questi giorni ai principali provider italiani il sequestro preventivo di dieci piattaforme che trasmettono match di calcio e di altri eventi sportivi. Il provvedimento, che rende inattivi i domini per chi vi accede dall'Italia, è stato richiesto dalla Rti-Mediaset, e riguarda portali che a loro volta rinviano ad altri link, ovvero: dinozap.tv, freedocast.com, hdcaster.net, hqcast.tv, ilive.to, limev.com, livescorehunter.tv, mips.tv, veemi.com.

IL SEQUESTRO -Richiesto dal sostituto procuratore della repubblica di Milano Tiziana Siciliano, il provvedimento è stato disposto dal Gip Andrea Ghinetti. «Si tratta di un precedente importante - spiega l'avvocato Fulvio Sarzana, legale dell'associazione provider - perché per la prima volta si interviene nei confronti di siti che operano senza fini di lucro, pur in una palese violazione del Copyright. Una norma finora quasi mai applicata». Il decreto di sequestro menziona infatti la necessità di proteggere le emittenti televisive del Biscione nonché le piattaforme Mediaset Premium, dallo streming pirata del calcio via web.

LA POSIZIONE DI MEDIASET - Per Mediaset si tratta di una vittoria prestigiosa: «L'azione si inserisce in una serie di iniziative a tutela del diritto d'autore e di chi investe nei nostri contenuti - spiega l'ufficio legale di Cologno Monzese -. Ogni sforzo a tutela del diritto d'autore serve a difendere gli autori, e la qualità dei contenuti. Noi non siamo contro la libera circolazione dell'arte, della cultura o, come in questo caso, dello sport. Anzi, proteggendo i nostri contenuti, tuteliamo ogni forma di libera espressione».

LA LEGGE - «Si tratta dell’art 171, comma 1, lettera a-bis, della legge 633/1942 - ribatte Sarzana - che era stato introdotto dallo stesso Governo Berlusconi nel 2005. La norma, diversamente dalle diverse norme in tema di sfruttamento lucrativo di opere tutelate dal diritto d’autore penalizza il semplice caricamento di un file sul web, senza alcuno scopo di lucro. Il precedente apre la strada all’applicazione generalizzata dello strumento di sequestro a tutto il web indistintamente. Inoltre, a mio avviso, gli incontri di calcio non possono essere tutelati sulla base del diritto d’autore come una qualsiasi opera dell'ingegno». Ma su questo punto l'opinione degli avvocati Mediaset diverge: «In passato si pensava che la manifestazione sportiva fosse esente dalla tutela del diritto d'autore. È un evento a se stante, che si autodetermina. Ma la regia, il commento giornalistico, e la confezione complessiva della trasmissione quelle no, sono a tutti gli effetti espressioni di un arte autorale. Che come tale va tutelata».

L'ESECUZIONE - Il decreto è stato firmato l'11 gennaio e notificato il 12 a tutti i provider italiani, che hanno quindi provveduto ad inibire ai navigatori italiani l’accesso ai siti. «La tesi del pm è ben argomentata - spiega l'avvocato Gualtiero Dragotti, esperto di copyright - e mi pare da sottolineare che la sanzione per i soggetti che agiscono senza scopo di lucro venga attenuata. È importante che ci sia questa gradazione e che sia distinto l'amatore che rende visibili agli appassionati gli eventi sportivi da chi invece ne trae profitto. Se dovesse prendere piede questa giurisprudenza, avremo una tutela più mirata».

Antonio Castaldo

15 gennaio 2013 | 17:32

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Lotito: 'Anomalo un processo adesso'

"Nemmeno la Procura ha certezze. Perché fare danni irreparabili?". E denuncia 'Presa Diretta'

di GIOVANNI CAPUANO (PANORAMA.IT 15-01-2013)

"Non si capisce perché in questa fase qualcuno si assume la responsabilità di fare una scelta che comporta danni gravi e irreparabili". Così il presidente della Lazio, Claudio Lotito, in un colloquio con Panorama.it commenta le voci su un possibile prossimo deferimento del club e di Mauri per le vicende legate all'inchiesta di Cremona sul calcioscommesse. "Se la stessa Procura ha chiesto un proroga di sei mesi significa che non ci sono certezze" attacca Lotito che poi annuncia querele per diffamazione.

Presidente Lotito ha letto della possibilità che arrivino nei prossimi giorni i deferimenti per la Lazio e per Mauri legati alla vicenda delle scommesse?

"Non so nulla di questa vicenda. La apprendo dalla stampa e mi sembra abbastanza anomalo che un giornale parli prima ancora dell'arrivo di un provvedimento. Rimaniamo sorpresi. Se la stessa Procura ha chiesto un proroga di sei mesi significa che non ci sono certezze... Anche questa è un'altra anomalia"

Quindi siete sereni?

"Se la Procura ha chiesto la proroga perché loro vogliono procedere in maniera immediata al deferimento?"

E' un non senso che Palazzi voglia procedere al deferimento?

"Non esprimo nessun giudizio. E' chiaro che qualsiasi azione venga messa in campo ne prenderemo atto e ci regoleremo di conseguenza. E' strano che venga fatta una trasmissione ('Presa Diretta' nrd) che mette in mezzo Mauri e che alla fine dice: 'Non si capisce perché ci sono giocatori che non sono stati ancora deferiti'. Poi esco un articolo sui defermenti. Allora c'è qualcosa che non quadra. Capito?"

La Lazio fa paura perché è arrivata in alto?

"Sono abituato a non fasciarmi la testa prima dell'urto ma a valutare le cose. Quando si realizzeranno la società prenderà i provvedimenti che riterrà opportuni"

Lei ha messo in fila la trasmissione televisiva e gli articoli e ha detto che c'è qualcosa che non quadra. Cosa significa?

"Dico solo che è stata fatta una trasmissione e nelle anticipazioni è stata messa la faccia di Mauri. Procederemo per il reato di diffamazione nei confronti degli autori della trasmissione; ho già dato mandato ai legali di muoversi. La trasmissione chiude dicendo: 'Non si capisce perché alcuni calciatori sono stati deferiti e altri sono ancora liberi di giocare'. Poi c'è un articolo sui deferimenti... Mi sembra ci sia una cosa particolare sotto"

Certo...

"Se a lei la chiama un magistrato prima lo legge sui giornali e poi arriva la chiamata del magistrato. Ha mai visto una cosa così? Se già si sa e non lo sa l'interessato c'è qualcosa che non va"

Io volevo capire...

"La Lazio non c'entra nulla in tutta questa vicenda. Sto parlando per una questione di rispetto. Siamo completamente fuori"

Ritiene opportuno, considerando anche le vicende del Napoli, che i processi siano celebrati a stagione conclusa?

"Penso che l'esigenza di cambiamento radicale del sistema della giustizia sportiva non sia stata espressa non solo da Lotito ma da tutte le componenti del calcio. Questa situazione porta a considerazioni che tutti fanno. La giustizia sportiva deve avere tempistiche certe e che prima del deferimento ci fosse l'opportunità per un confronto con le istituzioni. Il problema è che dalla fase inquirente si passa direttamente a quella dibattimentale senza un filtro. Va tutto alla Disciplinare e intanto uno viene criminalizzato perché è stato rinviato a giudizio, poi si vedrà... E' sbagliato e si potrebbero evitare intasamenti con un filtro in fase istruttoria"

Non è solo la responsabilità oggettiva?

"No. Questa è una cosa vergognosa. Fa parte del sistema calcio ma è stato tagliato sui problemi della tifoseria. Un tuo dipendente commette una cosa all'insaputa della società e contro la società e il club paga?"

Possibile che venga cambiata ma alla fine di questi processi?

"Oggi esistono norme attenuanti ed esimenti perché qualcuno di nome Lotito nove anni fa ha fatto una guerra perché continuava a prendere 50-60mila euro di multa ogni volta per bombe carta e striscioni. Immagini che io ho assunto una posizione rigida in concerto con le istituzioni calcistiche e di Polizia e poi, come successo ultimamente, uno tira fuori lo striscione 'Free Palestine' che non è nemmeno offensivo e arriva il deferimento della Uefa... Una società che mette in campo azioni preventive e repressive e non è coinvolta direttamente non può pagare per una cosa fatta da altri"

Vale anche per le penalizzazioni?

"Se lo trasporta sul piano delle penalizzazioni pensi a che danni può procurare. Va totalmente rivista. E poi sia chiaro che la carcerazione preventiva è uno strumento per acquisire le prove e non uno strumento di colpevolezza. Può anche capitare che gli elementi poi non siano ritenuti sufficienti per il carcere. Quando c'è una proroga e ancora non è ultimata la fase della valutazione delle indagini l'equilibrio vorrebbe che ci fosse l'opportunità di attendere l'esito finale per arrivare alla verità. Se poi dobbiamo fare cose a strappo... In questa vicenda ci sono tante situazioni che meritano approfondimenti. Mauri è stato accusato di avere un conto in Svizzera e per fortuna sua e della sua famiglia ha dimostrato che erano soldi per un intervento chirurgico del padre. Intanto, però, era finito sul giornale"

Meglio aspettare che le cose siano chiare?

"Se lei stesse al posto di Mauri e avesse la preoccupazione di aver commesso qualcosa non avrebbe l'atteggiamento sereno che dimostra da mesi in campo giocando con tranquillità. Noi che siamo fuori da questa vicenda abbiamo visto un ragazzo sereno e trasparente. I nostri legali sono tranquilli"

Tranquilli...

"La giustizia sportiva deve avere una scadenza temporale in modo da mettere tutti in condizione di difendersi e non deve essere legata solo a ipotesi ma a fatti concreti ed accertati. Poi è chiaro che in una competizione chiusa come il campionato italiano se lei toglie due punti oggi e due punti domani anche dal punto di vista psicologico... Questo è il sistema per far scoppiare casino"

Ha paura che la Lazio possa pagare queste voci?

"Io non ho paura di nulla perché non ho fatto nulla. I nostri legali hanno preso informazioni e sono tranquilli. Siamo fuori da tutto. Rimarremmo allibiti se succedesse qualcosa che riteniamo non giustificato, non corretto e non giusto. Se la stessa giustizia penale ha ritenuto di dover prorogare i termini di sei mesi... Avesse avuto le prove avrebbe chiuso le indagini e chiesto il rinvio a giudizio. Non si capisce perché in questa fase qualcuno si assume la responsabilità di fare una scelta che comporta danni gravi e irreparabili. Perché una volta che li hai fatti questi danni come li recuperi?"

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E' il solito calcio per Procura

Oliviero Beha - olivierobeha.it - 15-01-2012

Domenica sera nessun gol a Marassi, tra Sampdoria e Milan, e invece, in contemporanea su Rai Tre, gragnuola di gol giornalistici nell’inchiesta di “Presa diretta” di Iacona su calcio e n’drangheta. Inchiesta che ci ha illustrato oltre ogni ragionevole dubbio e rimozione come il pallone sia – in questo caso in Calabria ma direi ovunque con le debite differenze di intensità mafiosa e di modi – una formidabile leva sociale, economica e quindi politica di malaffare. E ambientalmente di malessere per tutto l’ecosistema pallonaro che si intreccia con il sistema-Paese. L’avrete letto qui tante volte, fino alla noia. Per la serata domenicale di Rai Tre, con un pubblico abituato alla Gabanelli e appunto a Iacona quindi presumibilmente acculturato e politicizzato, un’inchiesta su tale tema era invece una novità. Premiata dagli ascolti? Macché, un piccolo 6 per cento di share, la metà del solito, e l’ennesima dimostrazione nel tempo e nei palinsesti che il calcio sembra interessare solo per la sua parte emersa e spettacolare (diciamo a volte spettacolare…), per il tifo, per i simboli, le metafore , la retorica della fede, della messa, della guerra e vai col tango… E’ una gigantesca corsa alla rimozione per non guastarsi il rito collettivo, è l’equivalente aggiornato e sempre più triste/tristo del “non mi levate anche il pallone…”.

Questo non significa che, se indotto a ragionare, anche il popolo tifoso non si renda magari faticosamente conto della gigantesca presa dei fondelli da parte dei Signori del Pallone, che difendono il loro Reame Rotondocratico facendosi e disfacendosi le regole a loro piacimento. Ma se ci riesce, il popolino storna i cattivi pensieri e invece che dedicarsi a un rinascimento pallonaro preferisce prendersela con il singolo arbitro se reo sospetto di qualche favoritismo (pensate all’arbitraggio di Lazio-Atalanta, con il mani di Floccari commovente e tutti gli omini gialli del direttorio arbitrale che han fatto finta di non vedere; oppure a quel Romeo di Udinese-Fiorentina che ha letteralmente capovolto le sorti della partita).

Insomma, il calcio malatissimo alla fine sta bene a (quasi) tutti così, e non ci sono inchieste che tengano. Non è bastato il serial ancora in corso del calcio-scommesse, che ridurrà sicuramente in cenere quell’avanzo di credibilità delle partite come è accaduto con l’ippica o la boxe. Non è bastata la trilogia delle Procure, tra Cremona, Bari e Napoli, con sentenze distribuite diacronicamente in modo inconsulto e contraddittorio, per cui è una specie di lotteria: quando vieni giudicato? E se ritenuto colpevole quando sconterai la tua penalizzazione? E la classifica virtuale che classifica reale è, essendo abituati ormai da tempo a stagioni segnate da asterischi profusi vicino ai nomi delle squadre? Mauri, capitano della Lazio anti-Juventus oggi in grande spolvero con il latinorum di Lotito, c’entra oppure no con lo scandalo? E il Napoli riavrà i 2 punti di penalizzazione per una responsabilità oggettiva che è un istituto più antico –che so – di quello delle Orsoline? E Conte, sotto il cui naso è passato di tutto a giudicare da ciò che esce “con grande dispiacere” dei media sulla stampa per motivi analoghi al rifiuto nei confronti dello Iacona da stadio, Conte è un derviscio della sfera, un distratto, un timido o un superbo Mazzarino? Ci dica lui se trova tutto l’insieme “agghiacciante”, una congiura contro di lui oppure semplicemente (come penso io) una “normale” fotografia dell’attuale drink calcio-delinquenza-Italia, miscelato bene e versato in calici adeguati così che venga assunto “fino alla feccia”.

Non è bastato lo scempio della giustizia sportiva che se è possibile in questi anni ha fatto in un certo senso più danni degli stessi reprobi pallonari che doveva indagare, processare e punire (giacché se la guardia è più dubbia del ladro è tutto il sistema che va a farsi f***e) o almeno ne ha completato l’infausta opera? Eppure all’indomani del flop-Iacona, e mentre filtrano o addirittura grondano le notizie sugli scandali tra una Procura e l’altra, viene rieletto con il 94% dei consensi Presidente della Federcalcio quel Giancarlo Abete che fino a subito prima e da subito dopo le sue annose rielezioni subisce spernacchiamenti a non finire: non c’è nessun altro, è la spiegazione a tale suffragio più uzbeko che bulgaro, non c’è alcuna dialettica, nessun altro candidato, c’è sempre e solo lui dal 2006 e Calciopoli perché essendo così debole fa l’effetto del Libano prima delle guerre intestine. Era la Svizzera del medio-oriente, abbiamo visto come è finita. Ma per ora i capataz della Lega di serie A, mandanti di tutto, di Abete, della (in)giustizia sportiva, degli arbitri ecc., preferiscono tenere a bagnomaria l’alberello Giancarlo protetto da un sistema di potere che riguarda l’Italia, non solo il calcio italiano.

E la prima dichiarazione di Abete, dopo una domenica di ignobile teppismo questa volta a Parma da parte di ultras juventini, è: “il calcio non rappresenta i mali del Paese”, ergo”sta meglio del Paese”… Si dimentica di dire quello che sappiamo e rimuoviamo: dovrebbe far comodo a tutti i poteri forti o marci che siano che il calcio funzionasse bene, come arma oppiacea di distrazione di massa mentre l’Italia sprofonda. Ma non è così. Perché? Perché il calcio in realtà, burattini visibili a parte, è guidato dagli stessi burattinai del sistema-Paese, e quindi entrambi i sistemi vanno male. Ma come si diceva non c’è alcuna reazione dell’opinione pubblica, perché almeno in questo non ha opinione e difende una ricreazione di massa che va alla deriva come il resto che dovrebbe esorcizzare.

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Giustizia a rate, il campionato rischia il caos

Dopo il Napoli, anche la Lazio protesta. Ecco tutte le responsabilità di Figc e Palazzi

Processi in piena corsa scudetto, dopo mesi senza indagare. E i tifosi sono in ebollizione

Giuliano Foschini - Marco Mensurati - la Repubblica - 16-01-2013

Dicono i magistrati che gli ultimi campionati di calcio sono stati alterati da delinquenti travestiti da calciatori: «Almeno venti gare tra A e B erano truccate» ha scritto ieri il gip Guido Salvini per spiegare il perché Almir Gegic, lo “Zingaro” debba rimanere in carcere. Il campionato in corso rischia però di essere alterato, paradossalmente, proprio dalla giustizia sportiva e dai dirigenti (a partire dal procuratore federale Palazzi) che hanno scelto di spezzettare i processi sportivi andando incontro all’inevitabile epilogo di questa storia: creare disparità di trattamenti, sollevare caos, riscaldare i tifosi e soprattutto non garantire una giustizia giusta.

Il caso è stato riaperto dal presidente del Napoli, Aurelio De Laurentis, che ha protestato contro la penalizzazione di due punti arrivata a metà campionato e con i campani in corsa scudetto. «Non si poteva fare prima?» ha chiesto. Effettivamente sì. Senza volersi chiedere come mai gli uffici della Figc si limitino a ricevere gli atti delle procure penali e non a fare il proprio mestiere, cioè istruire inchieste (infatti si chiama “ufficio indagini”), per rispondere alla domanda di De Laurentis è bene partire dalle date: la chiusura della indagine penale sul Napoli è del 30 maggio scorso. Quel giorno Palazzi ha avuto a disposizione tutti gli atti, con tanto di confessione di Gianello. Eppure per procedere ai deferimenti e alla condanna (tutto sulla base delle stesse carte inviate da Napoli) ci sono voluti più di sei mesi. E un campionato rovinato comunque vada l’appello che si discuterà domani, che sarà letto come una favoritismo o una persecuzione a seconda del suo esito.

Una situazione simile è quella della Lazio. Mauri è stato arrestato a maggio. Il suo vicino di cella era Christian Bertani. Mauri non è stato nemmeno deferito. Bertani è già squalificato. Significa che a oggi non si può sapere se il capitano della Lazio è innocente (è accusato di aver partecipato alla combine di Lazio-Genoa) o colpevole. E quello che è ancora più grave – dopo sei mesi di immobilismo – è che la risposta di Palazzi stia per arrivare ora, quando la Lazio è seconda in classifica. Risultato: da ieri gli ultras promettono di mettere a ferro e fuoco la città se «qualcuno tocca la Lazio». E Lotito tuona: «Un processo ora sarebbe assurdo».

«Il problema è la Federcalcio» gridano i tifosi. Eppure Abete è stato appena riconfermato. Lui e Petrucci hanno difeso il principio della responsabilità oggettiva e dell’omessa denuncia, puntando sull’autoregolamentazione di società (responsabilità oggettiva) e calciatori (omessa denuncia) per tenere sotto controllo la situazione. E, dopo aver rimandato al mittente il suggerimento di amnistia dei magistrati (i procuratori di Bari e Cremona, Laudati e Di Martino, hanno più volte denunciato come l’omessa denuncia rendesse reticenti i calciatori) davanti al disastro dei banditi che giravano per i ritiri di A, o le partite di calcio vendute come partite di droga nello spogliatoio, hanno sostanzialmente fatto finta di niente. E così domenica in serie A si è giocata Torino-Siena: un portiere accusato dai suoi compagni di aver intascato mazzette in uno spogliatoio per vendere partite, Jean Francois Gillet, ha preso 7,5 in pagella. Dopo aver bloccato il cross di un avversario: Nicola Belmonte. Uno di quelli che era in quello spogliatoio.

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Il gip Salvini: «Geglc ha alterato 40 gare e sa i segreti della A»

Francesco Ceniti - Gasport - 16-01-2012

Sono circa 40 le partite, alcune di A, manipolate da Almir Gegic, Lo scrive il gip di Cremona Guido Salvini nelle motivazioni che hanno accompagnato il rigetto dell'istanza di scarcerazione (anticipata ieri dalla giornalaccio rosa) presentata dagli avvocati del serbo. Sei pagine nelle quali è ricostruita la vicenda dell'ex latitante (si è costituito lo scorso 26 novembre), ribadendo l'importanza gerarchica nella struttura che ha corrotto i giocatori per ottenere risultati sicuri sui quali scommettere e sottolineando come siano ancora possibile l'inquinamento delle prove (molti protagonisti ancora non sono stati smascherati a iniziare dal Mister X, considerato in grado di taroccare le sfide di A) e la fuga dal processo.

Bugie e confronti Ecco perché Salvini ritiene «poco credibile» il racconto fatto da Gegig nei suoi 3 interrogatori. Specie «con riferimento ai rapporti con Ilievsky (il presunto boss del gruppo, tuttora latitante, ndr) dei cui spostamenti e coinvolgimenti, come quello in occasione della partite con la Lazio, non sarebbe stato al corrente». In sostanza, Gegic mente quando afferma di non sapere nulla delle presunte combine più importanti e sui rapporti con Singapore, mentre dai riscontri in mano agli inquirenti è evidente il contrario. Per il gip appare «probabile un atto istruttorio di confronto tra Gegic e quanto meno Gervasioni e Carobbio (due pentiti, ndr), dato che Gegic ne ha confermato in parte le dichiarazioni, ma ha cercato di mettere in dubbio il loro racconto degli eventi del calcioscommesse». Il gip ricorda come «gli indagati da interrogare sono ancora molte decine» e le indagini «sono ben lontane dalla conclusione».

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Cremona, Gegic non può lasciare i carcere

«La sua posizione si è ulteriormente aggravata»

and. ram. - Corsport - 16-01-2012

MILANO - Almir Gegic resta dietro le sbarre a Cremona. Il gip Salvini ha respinto l'istanza di revoca della misura di custodia in carcere presentata dall'avvocato Bianchi, legale del serbo, e nelle 6 pagine nelle quali ha motivato il provvedimento, è stato particolarmente duro. «Gegic - scrive Salvini - è raggiunto da una serie di elementi di accusa molto più gravi di quelli presenti all'atto dell'emissione del secondo provvedimento restrittivo» e la sua posizione è peggiorata perché viene ritenuto «colui che ha permesso il funzionamento dell'organizzazione criminale, che ha intessuto i rapporti con i calciatori italiani (Gervasoni, Carobbio, Zamperini, Masiello, Bertani, Micolucci) e che in molti casi ha consegnato direttamente il denaro della corruzione». Coinvolto a vario titolo in una quarantina di partite truccate, «il suo comportamento nel corso degli interrogatori è stato largamente insoddisfacente. Ha eluso il confronto con buona parte del materiale d'indagine, ha negato il suo coinvolgimento nella maggior parte degli episodi grazie allo studio degli atti già depositati, i rapporti con il gruppo di Singapore, con gli ungheresi e con altri soggetti nonostante le conferme dei tabulati telefonici».

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Il Gip Salvini di Cremona nega la scarcerazione dello slavo e definisce il suo atteggiamento «largamente insoddisfacente»

Gegic «regista» di 40 partite

Se libero «potrebbe tornare a organizzare combine»

Palazzi in attesa per muoversi su Mauri e Lazio

Nega quasi tutto «Ha negato ogni rapporto o anche la sola conoscenza del gruppo Singapore»

Deferimenti congelati La giustizia sportiva ha «congelato» i deferimenti: difficile che si muova prima dell'estate

Andrea Arzilli - Adriana Ravelli - Corriere della Sera - 16-01-2013

Altro che personaggio di secondo piano, semplice «interprete» tra gli slavi e i calciatori, come si è dipinto. Almir Gegic è stato coinvolto nella manipolazione di «una quarantina di partite, alcune delle quali di serie A»: certe volte ha «corrotto i calciatori» consegnando fisicamente i soldi, altre è stato «semplicemente informato», altre ancora «ha sfruttato i meccanismi che avevano portato alla corruzione». Gegic — che si è costituito a novembre e da allora è detenuto nel carcere di Cremona — è stato — e potrebbe tornare a essere se rilasciato — «uno degli elementi centrali dell’organizzazione, colui che ne ha permesso il funzionamento, colui che ha intessuto i rapporti con i Gervasoni, Carobbio, Zamperini, Masiello, Bertani, Micolucci, i quali, sfruttando le loro relazioni e le loro conoscenze, gli hanno consentito di ottenere un rapporto diretto con i calciatori da corrompere».

Così il giudice Guido Salvini tratteggia la figura di Gegic, nell’ordinanza in cui rigetta la richiesta di scarcerazione avanzata dall’avvocato Roberto Brunelli, che ha già avanzato ricorso al tribunale del riesame.

Negare quasi tutto, o almeno ammettere il minimo indispensabile nel corso degli interrogatori davanti al gip e al pm Roberto Di Martino, non lo ha aiutato a tornare in libertà. Il suo comportamento è definito «largamente insoddisfacente». Il capo degli «zingari» (anche Ilievsky viene definito «suo collaboratore») ha confermato solo qualche combine (una dozzina), operando un «ritaglio» dei fatti più convenienti ed è caduto in contraddizioni che agli inquirenti appaiono evidenti. Anche per questo sarà sottoposto a un confronto con i due pentiti, Gervasoni e Carobbio. Per esempio Gegic ha negato di aver mai trattato partite di serie A e di aver mai parlato con Antonio Bellavista. E quando gli hanno fatto sentire le sue telefonate con l’ex giocatore del Bari in cui si parlava appunto di serie A «ha negato che le comunicazioni fossero sue». Soprattutto «ha negato ogni rapporto o anche solo la conoscenza del gruppo di Singapore». Ma anche qui c’è stato un cortocircuito: perché Gegic «ha prima ammesso di aver fornito a Cristian Bertani una scheda dedicata», e di averci parlato 25 volte il 1° maggio, ma poi — quando Di Martino gli ha fatto notare che da quel numero, lo stesso giorno, sono partite anche numerose telefonate a Tan Seet Eng, il boss di Singapore — ha ritrattato tutto. Infine, gli inquirenti non hanno creduto a Gegic quando ha ricostruito le vicende prima di Lazio-Genoa e Lecce-Lazio, «negando di essere al corrente degli spostamenti e dei coinvolgimenti di Ilievsky» e di aver mai conosciuto Zamperini, «laddove emerge una telefonata in partenza dall’utenza della moglie di Gegic al predetto».

È questo un punto centrale anche per i procedimenti della giustizia sportiva su Stefano Mauri e, di conseguenza, la Lazio. È (anche) per aspettare le deposizioni di Gegic che Stefano Palazzi non ha ancora emesso i deferimenti: da quando la procura di Cremona ha chiesto una proroga delle indagini, il fascicolo è stato congelato. E sarà difficile che ci si muoverà prima dell’estate. Anche perché da Cremona potrebbero arrivare importanti novità. Come scrive lo stesso Salvini, «gli indagati da interrogare sono ancora molte decine. Le indagini sono ancora ben lontane dalla conclusione e si stanno vagliando alcuni aspetti che si riferiscono a soggetti che costituivano un contatto tra le dirigenze di squadre di serie A e gli associati». Insomma, ci si aspetta un altro salto di qualità.

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«Gegic ha manipolato 40 partite, alcune di A»

Il gip Salvini: «Resta in carcere, non è credibile»

SIMONE DI STEFANO - Tuttosport - 16-01-2013

ROMA. -Gli indagati da interrogare sono ancora molte decine (a parte i latitanti già indicati). Le indagini sono ancora ben lontane dalla conclusione e si stanno vagliando alcuni aspetti che si riferiscono a soggetti (uno definito Mister X dalla stampa) che costituivano un contatto tra le dirigenze delle squadre di serie A e gli associati-. Poche righe, un macigno. Sono parole estrapolate dall'ordinanza di respingimento di carcerazione presentata da Almir Gegic, l'ex latitante serbo arrestato dalla polizia italiana lo scorso 9 dicembre, ed emessa pochi giorni fa dal Gip di Cremona Guido Salvini.

LO ZINGARO "POCO CREDIBILE" Parole dure nei confronti dello "zingaro" accusato di aver reso ai magistrati un "racconto poco credibile", e che aiutano a comprendere come la fine del tunnel per la procura di Cremona sia ancora lontana. Le partite manipolate che vengono contestate a Gegic sono "una quarantina, alcune delle quali di Serie A", tutte già note, la maggior parte già giudicate dalla giustizia sportiva. Due però, Lazio-Genoa e Lecce-Lazio, ancora a bagnomaria in attesa di nuovi sviluppi che lo stesso pm federale Stefano Palazzi attendeva dalle parole dello stesso Gegic. In quattro tranche di interrogatori a dicembre però il serbo ha fatto melina sia davanti al Gip, sia davanti al pm Roberto Di Martino. "Poco credibile", soprattutto "con riferimento ai rapporti con Ilievsky - fa notare Salvini - dei cui spostamenti e coinvolgimenti, come quello in occasione della partite con la Lazio, non sarebbe stato al corrente". Tutto ciò contrasta con quanto riferito in passato da Carlo Gervasoni e Filippo Carobbio, per questo Salvini sta pensando a un "probabile atto istruttorio di confronto tra Gegic e quanto meno Gervasioni e Carobbio, dato che Gegic ne ha confermato in parte le dichiarazioni ma ha cercato di mettere in dubbio il loro racconto degli eventi del Calcio scommesse nelle parti più rilevanti".

TEMPI LUNGHI Ci vorrà ancora del tempo quindi per arrivare a dama, l'inchiesta è ancora lunga e la procura di Cremona avrà un bel da fare anche per capire il ruolo di questo "Mister X" che Gegic ha riferito di conoscere ma che non ha saputo riconoscere in foto. Tutto lascia pensare dunque a una scia lunga, con Palazzi che dovrà per forza di cose attendere gli esiti di un'inchiesta che al momento sulle gare di Lazio e Genoa presenta una tesi accusatoria quantomeno vaga e farraginosa, soprattutto sui due giocatori più coinvolti, gli indagati Mauri e Milanetto. -Se la stessa giustizia penale ha ritenuto di dover prorogare i termini di sei mesi...», spiega il patron della Lazio, Claudio Lotito, in merito alla tempistica dell'eventuale processo a Mauri. Anche perché la questione della tempistica per il processo (subito o a fine stagione) sta assumendo la piega della polemica con il Napoli che chiede parità di trattamento con la Lazio.

DOMANI APPELLO PER IL NAPOLI Intanto domani si terrà all'Hotel NH di Roma il processo d'appello per il club azzurro e per i suoi giocatori, Cannavaro e Grava. Il Napoli punta a riottenere i 2 punti tolti in classifica in primo grado, i due giocatori al proscioglimento dai 6 mesi per omessa denuncia. In caso di mancata assoluzione ricorreranno tutti al Tnas, ma i tempi (per l'eventuale ricorso del club) si dilaterebbero arrivando quasi a ridosso di fine campionato. La procura federale al momento è presa in mezzo tra i tempi dilatati dalla procura di Cremona e quelli "flash" di quella barese che ha già chiuso il fascicolo su Salernitana-Bari e Bari-Treviso e inviato il dvd a Palazzi. Che tra febbraio e marzo impronterà nuove audizioni a tappeto per decine tra giocatori e dirigenti. Ci attende una nuova estate di lunghi processi.

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Edmondo Pinna: “La giustizia sportiva va riformata così”

Edmondo Pinna - CorSport - 16-01-2013

Riformare la giustizia è uno slogan, adesso. Perché tutti ne parlano, visto che sono sempre di più quelli che devono averci a che fare rispetto ad un passato neanche tanto remoto. Da Calciopoli nel 2006, che portò all’azzeramento dei vertici federali ed ad un primo tentativo di rivedere un Codice di Giustizia che stava poco al passo con i tempi, sono state poche le estati “tranquille” per il nostro calcio. E le norme che lo regolano hanno spesso dovuto rincorrere gli stratagemmi che via via tesserati e non usavano per aggirarlo. Non solo. Il post-Calciopoli ha anche portato all’unificazione del vecchio Ufficio Indagini, l’organo che svolgeva le indagini (spesso con metodi e astuzie da film di 007) con la Procura federale, che quei risultati raccoglieva e portava in giudizio. Adesso (a dire il vero pure per poche decine di euro) tutto grava su un’unico ufficio, portato alla ribalta solo per la punta dell’iceberg (gli scandali che riguardano la A) ma che lavora fino ai Dilettanti. Perché riformare la giustizia sportiva non resti solo uno slogan, ecco alcune idee – condivise da diversi addetti ai lavori – su come potrebbe/dovrebbe cambiare il mondo delle norme che regola lo sport. Perché alla fine la giustizia sia davvero giusta.

1. Fermare tutti i giudizi durante le competizioni

In diritto esiste la figura della legal safety, della certezza legale. Concetto accettato nelle aule di tribunale che potrebbe essere riproposto anche in ambito sportivo. La certezza che le competizioni possano svolgersi regolarmente: non sono nati per questo articoli, commi, codici di giustizia sportiva? E allora, come accadeva nell’antica Grecia, quando tutte le ostilità venivano sospese durante i Giochi olimpici, perché non fare altrettanto con i processi? Niente tribunali sportivi durante i campionati, tutto rinviato. Il che non significa gettare via tutto con un colpo di spugna, anzi. Ma l’eventuale processo – anche con pene afflittive – potrebbe avvenire quando il pallone non rotola più. Ci sarebbe anche più spazio per le indagini, senza essere costretti ad inseguire questa o quella Procura della Repubblica e, dunque, modificare perennemente la rotta. Fra l’altro, molto spesso – e sono i casi di questi ultimi anni – le indagini e i deferimenti riguardano fatti e partite spesso vecchi di due stagioni o più, non ci sarebbe alcun bisogno di immediatezza. Insomma, cosa cambia se penalizzare un club o squalificare un giocatore a ottobre piuttosto che a giugno per fatti commessi magari due o tre anni prima? In questo senso, tutto il sistema sarebbe garantito: la certezza della pena, un campionato non falsato, le aspettative dei club e anche quelle dei tifosi. Il problema: facile farlo per la serie A. Ma il Codice di Giustizia Sportiva vale fino alle categorie dilettanti. E allora le complicazioni aumentano…

2. Responsabilità oggettiva. Abolirla nel caso di…

Responsabilità oggettiva, la spina più aguzza nel fianco dei club, spesso costretti a pagare due volte: per il comportamento infedele di un proprio tesserato e perché, proprio a causa di quel comportamento, che spesso va contro la stessa società (le famose partite a perdere, ad esempio), si viene sanzionati da un punto di vista disciplinare. Ecco, proprio questo caso potrebbe essere la prima pietra di una riforma auspicata da tutti. Se è vero che il principio della responsabilità oggettiva è un concetto giuridico internazionale (Fifa e Uefa) e non può essere quindi eliminata, può però essere modificata. E la prima modifica radicale, nel senso di una norma più giusta, potrebbe essere quella di abolirla nel caso in cui la condotta delittuosa di un tesserato (non legale rappresentante, perché in quel caso saremmo davanti ad una responsabilità diretta) si verifichi a danno della società stessa. Prendete lo scandalo scommesse, ad esempio: la maggior parte delle violazioni sono state commesse ai danni della società per la quale si giocava. Per questo una parziale modifica (ma solo a livello sanzionatorio) è già avvenuta. Fino al caso-Benevento, la responsabilità oggettiva veniva punita con 7 (Ravenna, giugno 2011) e 6 punti (Atalanta). L’avvocato Chiacchio, che difendeva i campani, chiamati a rispondere per il comportamento di Paoloni, riuscì in ultima istanza a ridurre a 2 i punti di penalizzazione, visto che il portiere giocava “a perdere”. Da quel momento in poi di è formata una consolidata giurisprudenza in materia che ha portato a ridurre a 2 punti la pena per la responsabilità oggettiva e, di conseguenza, a uno per la presunta.

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Caso Mauri, Lotito furioso

"La Procura aveva chiesto 6 mesi di proroga. Perché subito il deferimento?"

"Una trasmissione ha tirato in ballo il nostro capitano. La giustizia sportiva deve avere una scadenza temporale per consentire a tutti di difendersi"

Fabrizio Patania - CorSport -16-01-2012

Lotito neppure ha avuto il tempo di godersi la rimonta sulla Juve e un sogno chiamato scudetto, sussurrato a bassa voce, ma bello e affascinante da vivere. L’ipotesi di un deferimento sportivo per il caso Mauri anticipato a febbraio, e non a fine stagione come era stato ventilato nelle scorse settimane, ha fatto infuriare la Lazio. Si rischia di falsare il campionato e di condizionare la corsa in testa alla classifica proprio nel mezzo del girone di ritorno, nella fase più delicata della stagione. Anche il Napoli, penalizzato di due punti, è impegnato nella battaglia legale. La Lazio rischia di finirci dentro nelle prossime settimane. Lotito e i legali del club biancoceleste sono rimasti sorpresi, spiazzati, indignati. A monte delle riflessioni del presidente della Lazio c’è un dato oggettivo. La Procura di Cremona, che indaga da più di un anno su Mauri e sullo scandalo scommesse, ha chiesto una proroga di altri sei mesi. Non ci sono prove certe su Mauri, ma solo indizi da verificare, e se l’indagine penale non si è ancora conclusa, com’è possibile aprire subito un processo sportivo? Questo è il primo interrogativo posto con forza da Lotito. Non voleva parlarne o rilasciare interviste, di solito si apre a microfoni spenti e allora si lascia andare, esprimendo davvero il suo pensiero. Così è andata anche ieri pomeriggio sino a quando Panorama.it ha lanciato in rete, riprese dalle agenzie, il suo pensiero virgolettato fedelmente.

ANOMALIE – Una difesa totale della Lazio e di Mauri, il suo capitano. «Non so nulla di questa vicenda. La apprendo dalla stampa e mi sembra abbastanza anomalo che se ne parli prima ancora dell’arrivo di un provvedimento. Rimaniamo sorpresi. Se la stessa Procura ha chiesto un proroga di sei mesi significa che non ci sono certezze… Anche questa è un’altra anomalia. Se la Procura ha chiesto la proroga perché loro vogliono procedere in maniera immediata al deferimento?» attacca Lotito. L’accusa è rappresentata dal procuratore federale Palazzi. Il presidente minaccia querele. «E’ strano che venga fatta una trasmissione che mette in mezzo Mauri e che alla fine dice: “Non si capisce perché ci sono giocatori che non sono stati ancora deferiti”. Poi escono le notizie sui deferimenti. C’è qualcosa che non quadra» . Sull’ipotesi di una penalizzazione, ha aggiunto. «La giustizia sportiva deve avere una scadenza temporale in modo da mettere tutti in condizione di difendersi e non deve essere legata solo a ipotesi ma a fatti concreti ed accertati. Poi è chiaro che in una competizione chiusa come il campionato italiano se togli due punti oggi e due punti domani anche dal punto di vista psicologico… Questo è il sistema per far scoppiare casino» .

TEMPI – Una giustizia a orologeria e l’andamento dell’inchiesta su Mauri non lo convincono: «La carcerazione preventiva è uno strumento per acquisire le prove e non uno strumento di colpevolezza. Può anche capitare che gli elementi poi non siano ritenuti sufficienti per il carcere. Quando c’è una proroga e ancora non è ultimata la fase della valutazione delle indagini l’equilibrio vorrebbe che ci fosse l’opportunità di attendere l’esito finale per arrivare alla verità. Se poi dobbiamo fare le cose a strappo… Ci sono tante situazioni che meritano approfondimenti. Mauri è stato accusato di avere un conto in Svizzera e per fortuna sua e della sua famiglia ha dimostrato che erano soldi per un intervento chirurgico del padre. Intanto, però, era finito sui giornali» . Lotito si augura davvero che la giustizia sportiva non prevarichi l’inchiesta penale. «Non ho paura di nulla perché non ho fatto nulla. Siamo fuori da tutto. Rimarremmo allibiti se succedesse qualcosa che riteniamo non giustificato, non corretto e non giusto. Se la stessa giustizia penale avesse avuto le prove avrebbe chiuso le indagini e chiesto il rinvio a giudizio. Non si capisce perché in questa fase qualcuno si assume la responsabilità di fare una scelta che comporta danni gravi e irreparabili»

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Il testimone anti-Mauri distrutto dal Tnas

Scommesse: «Gervasoni accusatore non credibile»

Edmondo Pinna - CorSport - 16-01-2013

E’ un soggetto «da prendere con le molle». Un personaggio «per il quale non doveva costituire un grave problema di coscienza “mettere in mezzo” un innocente per conseguire un utile personale». Uno che non si «fa scrupolo di coinvolgere anche soggetti estranei, ignari ed innocenti ». Lo scrivono, nero su bianco, i giudici che hanno composto il collegio arbitrale del Tnas sul caso-Fontana, il presidente Armando Pozzi (che è presidente del Tar di Trento), e i due arbitri Domenico La Medica e Silvestro Maria Russo. Lo scrivono di Carlo Gervasoni, uno dei due superpentiti dello scandalo scommesse che ha agitato le ultime due estati (e non solo) del calcio italiano. Quel Carlo Gervasoni che è, anche, uno dei principali accusatori di Stefano Mauri, colui che, con una tempestività sorprendente (non si doveva aspettare la fine del campionato?), la Procura federale potrebbe deferire subito, primi giorni di febbraio, e con lui tutta la Lazio. Però....

Però ieri è stato depositato il lodo-Fontana dai giudici del Tnas. Ed è un lodo che fa riflettere. Fontana era stato squalificato, dalla Disciplinare prima e dalla Corte federale poi, a 3 anni e sei mesi per illecito sportivo nella partita Chievo-Novara. A tirarlo in ballo fu Gervasoni, le dichiarazioni più o meno le stesse rese nei confronti di Mauri. «Ho appreso da Gegic che gli slavi offrirono 150.000 euro ai giocatori del Novara perché perdessero con il Chievo con un Over, risultato che venne effettivamente conseguito. Ricordo gli slavi si incontrarono con Ventola (attaccante del Novara, ndr) nell’albergo e consegnarono ad un albanese che giocava nel Novara (ora che me ne fate il nome dovrebbe trattarsi dell’albanese Shala) la somma di circa 150.000 euro che gli stessi divisero anche con altri giocatori, tra i quali il portiere Fontana». Ebbene, il Tnas ha prosciolto Fontana lo scorso 28 novembre. Nelle motivazioni, appunto, i giudici tracciano un quadro di Gervasoni inquietante. Scrivono a pagina 16: «personaggio di spicco della vicenda del calcio scommesse e per questo (...) perseguito dalla Giustizia penale, come tale privo di qualsiasi spessore morale e non meritevole di credito in quanto tale. Insomma, un personaggio per il quale non doveva costituire un grave problema di coscienza “mettere in mezzo “ un innocente pur di conseguire un utile personale». Ancora, poche righe dopo: «perché già colpito da una serie significativa di addebiti lo stesso soggetto tendesse ad alleggerire la propria posizione, mostrandosi collaborativo con le autorità inquirenti e decidenti, come segno di un ravvedimento tangibile per rendere credibile il quale non ci si fa scrupolo di coinvolgere anche soggetti estranei, ignari ed innocenti. Ciò avrebbe imposto un serio riscontro alle dichiarazioni del Gervasoni». E poi, ancora, a proposito dei vantaggi ottenibili da Gervasoni nelle sue «chiamate in correità»: «su tale, delicatissimo punto la stessa Commissione non ha speso una sola parola di argomentazione contraria, quasi ritenendo quello dell’autoaccusa un marchio di certificazione della credibilità del Gervasoni, soggetto, per quanto sopra già detto, da “prendere con le molle”».

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Domani appello alla Corte Federale.

Napoli aspetta: "Pronti al Tnas".

Il club chiede il proscioglimento, altrimenti farà ricorso

e. pi. - CorSport - 16-01-2013

Sarà la notte prima degli esami. Domani mattina a Roma la Corte di Giustizia federale prenderà in esame il ricorso del Napoli, di Cannavaro e di Grava sul caso-Gianello. Per il quale, lo scorso 17 dicembre, il club è stato condannato con due punti di penalizzazione, in ossequio ad una giurisprudenza che ha fin qui sanzionato così le altre omesse denunce, e con sei mesi i due giocatori, Cannavaro e Grava. «Campionato falsato» ha tuonato De Laurentiis, contro una sentenza arrivata a campionato in corso.

PROSCIOGLIMENTO - E' molto più che un auspicio a Napoli. Ci credono. Secondo l'edizione odierna del Corriere dello Sport, sono pronti a dimostrare le qualità morali dei due difensori, che rifiutarono immediatamente la proposta illecita avanzata - quasi come un discorso da spogliatoio - da Gianello. Nessuna combine, nessuna alterazione del risultato, nessun giro anomalo di scommesse attorno a quel maledetto Samp-Napoli. Forse, che non fosse una faccenda come le altre, se ne era accorto anche il Procuratore Palazzi che, con un'irrituale richiesta, aveva avanzato una proposta di un punto di penalizzazione per il Napoli.

AVANTI AL TNAS - Obiettivo: proscioglimento. Per il club e per i due tesserati. In subordine, come si dice in questi casi: riduzione di un punto di penalizzazione al Napoli e due mesi ai giocatori. Il passo successivo, già annunciato dai legali partenopei, l'immediato ricorso al Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport, per cercare di trovare giustizia. Che restituisca due punti al napoli (che sarebbe così a -3 dalla Juve), il sorriso ai tifosi del Napoli e un campionato ancor più avvincente.

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Il caso Gianello: "Non si faranno compromessi"

Domani la decisione in appello sulla penalizzazione di 2 punti e la sorte di Cannavaro e Grava

Maurizio Galdi - Gasport - 16-01-2013

Ancora poche ore di attesa e poi il Napoli conoscerà la decisione della Corte di giustizia federale a sezioni unite sul suo appello contro i 2 punti di penalizzazione per responsabilità oggettiva nella presunta combine di Sampdoria-Napoli della stagione 2009-2010. Una presunta combine confessata ai magistrati della Procura di Napoli dall’ex terzo portiere azzurro, Matteo Gianello. Per la stessa vicenda, oltre a Gianello squalificato per tre anni e tre mesi, il Napoli deve fare i conti con la squalifica di sei mesi per omessa denuncia ai danni di Paolo Cannavaro e Gianluca Grava. Ecco quanto riportato dalla giornalaccio rosa dello Sport: «Non intendiamo ricorrere a mezze misure o compromessi di sorta. Una battuta da bar, un tentativo maldestro, un’ideazione assolutamente goffa, non possono determinare rischi e conseguenze così importanti a carico di una società in lotta per il primato». Lo ha detto l’avvocato del Napoli, Mattia Grassani, a margine dell’Assemblea elettiva della Federcalcio di lunedì. «Siamo fiduciosi, ci sono ancora due gradi di giudizio e quindi il Napoli farà valere in quelle sedi le proprie ragioni», ha aggiunto. Sulla conferma dei due punti di penalizzazione, almeno davanti alla Corte di giustizia sportiva, sembrano essere convinti anche i bookmaker esteri, come riferisce Agipronews: per la sigla Bet1128 i punti non verranno restituiti (opzione a 1,60), mentre l'ipotesi contraria è data a 2,10. Il destino del Napoli è molto legato a quello di Gianello. Domani l’avvocato dell’ex terzo portiere azzurro, Eduardo Chiacchio, ribadirà la linea adottata in chiusura di dibattimento di primo grado: «Gianello è responsabile di slealtà non di illecito». In caso venisse accolta la tesi, al Napoli verrebbero tolti i due punti e anche l’omessa denuncia di Cannavaro non avrebbe ragione d’essere.

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Avvocato Azzurro

Anche De Laurentiis in aula: "Napoli pulito, assolveteci"

Domani si riunisce la Corte Federale per esaminare i ricorsi del club e dei giocatori

Relazione: Il presidente illustrerà ai giudici l'assoluta correttezza della società

Verdetto: Il collegio potrebbe anticipare la riforma con una sentenza di buonsenso

Pino Taormina- Il Mattino - 16-01-2013

Bisogna minare la credibilità di Matteo Gianello. E subito dopo far comprendere ai sette giudici che compongono la Corte di giustizia federale che non ci può essere una condanna per un reato che non è stato commesso.

Non solo: deve esserci o no una differenza sostanziale, e non solo formale, tra illecito e tentato illecito così come avviene, per fortuna, sul piano della giustizia ordinaria?

La corsa alla sentenza sul caso Sampdoria-Napoli taglia domani il traguardo del secondo grado: il club azzurro si appella alla Corte di giustizia federale per ribaltare i verdetti emessi dalla Disciplinare. Il patron Aurelio De Laurentiis spera almeno che a Roma, davanti al collegio a sezioni unite, presidente Gerardo Mastrandrea, si possa arrivare a un sostanzioso aggiustamento alla scandalosa penalizzazione di 2 punti che grava sulla classifica attuale del suo Napoli.

Ed è per questo che il patron azzurro sarà lì, nella sala per le audizioni allestita all’interno dell’Hotel Nh Vittorio Veneto di Roma, per seguire passo dopo passo l’andamento del processo al Napoli e ai due suoi tesserati, Cannavaro e Grava. De Laurentiis sarà in aula al fianco del suo collegio difensivo e potrebbe anche chiedere di intervenire prima dei suoi avvocati (Virgilio D’Antonio e Mattia Grassani), leggendo una relazione in cui ribadisce la sua indignazione per la decisioni inique prese dalla Disciplinare. «Il Napoli non vuole sconti, vuole l’assoluzione», è la posizione dei legali del Napoli.

L’annullamento della penalizzazione (e della squalifiche di sei mesi per omessa denuncia di Cannavaro e Grava) avrebbe anche dei precedenti nella giustizia sportiva: Stefano Bettarini, per esempio, accusato di illecito sportivo (per la storia degli sms) nel processo al calcioscommesse nel 2004, venne poi assolto e condannato a 5 mesi solo per omessa denuncia (la Sampdoria, su cui pendeva la mannaia di 6 punti di penalizzazione, prosciolta).

In fondo quello che tenterà di fare Eduardo Chiacchio, il legale di Matteo Gianello, principale - e insperato - alleato del Napoli. In pratica l’esperto legale insisterà per derubricare il reato dell’ex terzo portiere azzurro da illecito (per cui è stato qualificato per 3 anni e 3 mesi) in slealtà sportiva (per cui rischia pochi mesi di stop). Ecco, per l’appunto, come è successo a Bettarini nel 2004. La linea di Chiacchio prevede di dimostrare che quelle di Gianello con Giusti (lo scommettitore con cui parlava, intercettato, al telefono) non erano altro che una specie di «chiacchiera da bar», senza fondamento di reato. E che mai e poi mai Gianello ha veramente creduto di poter taroccare la sfida di Marassi del 10 maggio del 2010 (il fatidico Samp-Napoli 1-0).

La giustizia sportiva potrebbe anticipare, con una sentenza coraggiosa destinata a fare giurisprudenza, la revisione della responsabilità oggettiva prevista dalla Figc nei prossimi mesi: Palazzi aveva provato ad anticipare le mosse introducendo una sorta di responsabilità modulata, calibrata cioè sul ruolo del tesserato autore del reato e sull’assoluta estraneità del club (per questo propose il -1 nella sua arringa).

La breccia aperta dà qualche speranza al clan azzurro, se non proprio per l’assoluzione almeno per una sforbiciata (da -2 a -1) con cui presentarsi ancora più fiduciosi davanti al Tnas. Per il terzo grado il Napoli potrebbe richiedere la procedura d’urgenza e, se la corte presso il Coni fosse impossibilitata a riunirsi in tempi ragionevolmente brevi, non è escluso che al Napoli possa essere concessa una sospensiva della pena. In altre parole riavere subito i punti tolti a tavolino.

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"Sentenza errata: niente prove contro i due calciatori"

Gianello. Negli illeciti commessi dal portiere la società non c'entra

Corte. Restituire i 2 punti è un atto giuridico corretto

L'intervista. Il professor Clemente di San Luca: "Vanno prosciolti, la Disciplinare non ha accertato le responsabilità"

Francesco De Luca - Il Mattino -16-01-2012

Promotore del comitato «La classe non è acqua», che diede vita al «Te Diegum» nel ’91 dopo l’addio di Maradona al Napoli, il professore Guido Clemente di San Luca è ordinario di diritto amministrativo presso la Seconda università di Napoli e dà valutazioni da giurista su penalizzazione e squalifiche. «E infatti la mia convinzione sul proscioglimento del Napoli, di Cannavaro e Grava in secondo grado ha esclusivamente basi giuridiche». Ecco la sua intervista rilasciata a Il Mattino:

Perché ne è convinto?

«Si discute dell’iniquità dell’ordinamento sportivo, specie su responsabilità oggettiva e omessa denuncia. A prescindere da questo, la sentenza della Disciplinare è giuridicamente sbagliata».

Per quali ragioni?

«L’istruttoria non ha dimostrato che Cannavaro e Grava si siano resi colpevoli di omessa denuncia. L’articolo 7 del codice di giustizia sportiva dispone che l’obbligo incombe su affiliati «che siano venuti a conoscenza in qualunque modo che società o persone abbiano posto o stiano per porre in essere» un illecito o tentativo di illecito: la sentenza non dimostra che i due abbiano ricevuto proposte del genere».

Gianello non ha affermato il contrario?

«A parte il fatto che ha cambiato più volte la sua versione dei fatti, in ogni caso nessuna delle dichiarazioni da lui rese è comprovata da riscontri: c’è la sua parola contro quelle di Cannavaro e Grava. La Disciplinare si è espressa in modo “apodittico e assertivo”, senza dimostrare quanto afferma sulla base di una convinzione palesemente preconcetta. L’organo giudicante non risponde ad alcune domande nella sentenza».

Quali?

«Di quale proposta si tratta? In quali circostanze e in che termini sarebbe stata formulata? Gianello ha dichiarato di «aver scelto l’occasione di un allenamento» per rivolgersi a Cannavaro e Grava: si è andati oltre l’assoluta vaghezza della dichiarazione per verificarlo? L’istruttoria non è stata in grado di dimostrarlo».

Quindi non ci sono riscontri?

«No. E non possono in alcun modo considerarsi tali le intercettazioni telefoniche cui fa riferimento la decisione e nemmeno la deposizione dell’ispettore di polizia a cui Gianello ha fatto queste confidenze. Le intercettazioni, anzi, escludono coinvolgimenti di Cannavaro e Grava: non emergono riferimenti ai due».

Come avrebbero dovuto regolarsi i giudici di primo grado?

«Non fare altro che prosciogliere Cannavaro e Grava: contro la loro parola, infatti, sussiste soltanto quella di Gianello, le cui dichiarazioni, fra l’altro, sono tra loro quasi mai coerenti. L’organo giudicante, viceversa, sostiene il contrario e illegittimamente: l’istruttoria non ha provato che Gianello abbia detto quel che ha detto ai suoi compagni non con tono scherzoso, ma seriamente».

E per la responsabilità oggettiva del Napoli?

«Questo principio, come la Disciplinare riconosce, negli ultimi tempi ha subito una serie di attenuazioni in via applicativa»: ciò dovrebbe implicare il dovere di valutare caso per caso. Per quel che concerne gli addebiti di Cannavaro e Grava risulta dimostrata la loro assoluta inconsistenza. Gli illeciti di Gianello non sono stati compiuti nell’ambito delle prestazioni del Napoli».

Cosa si aspetta dalla Corte federale domani?

«L’assoluzione piena di Cannavaro e Grava perché non hanno fatto un’omessa denuncia, la condanna di Gianello e la cancellazione della sanzione di 2 punti del Napoli perché, assolti Cannavaro e Grava, non c’è responsabilità oggettiva nei loro confronti. E sottolineo che la par condicio si applica non sanzionando nel corso del campionato».

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Carobbio, invece, è una gran brava persona.

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PUBBLICATE LE MOTIVAZIONI DELLA SENTENZA

Fontana assolto, le critiche del Tnas:

«Accusa basata sull'immaginazione»

di MAURIZIO GALDI (GaSport 16-01-2013)

Il Tnas ieri ha reso note le motivazioni dell'assoluzione del portiere Alberto Fontana. L'avvocato Davide Gatti, che in questi mesi si è battuto per vedere riconosciuta l'estraneità ai fatti del portiere, commenta: «Dalla lettura della motivazione emerge in modo chiaro il minuzioso lavoro che è stato fatto in questi lunghi mesi, senza mai tralasciare nulla. Sono, altresì, molto soddisfatto che il Tnas abbia accolto all'unanimità tutte le doglianze difensive illustrate per scritto e oralmente». Il Tnas usa parole durissime per criticare l'operato sia della Disciplinare sia della Corte di giustizia federale e scrive: «Il Collegio, pur ben consapevole della natura non meramente impugnatoria ma complessivamente devolutiva del lodo, non può non rilevare come le motivazioni addotte prima dalla CDN (Disciplinare, ndr) e poi dalla CGF (Corte di giustizia federale, ndr) costituiscano un classico esempio di motivazione assente e travisata». E ancora più duro aggiunge: «Ciò vuol dire che la valutazione di (inesistenti) "prove" non è avvenuta nell'ambito di un rigoroso processo logico–deduttivo, ma sulla base di una non difficoltà di immaginazione».

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I tifosi protestano

L’Olimpico non porterà

il nome del Grande Torino

Il Comune prende tempo: meglio intitolarlo a uno sponsor

CERCASI ALLEANZA Prima di cambiare si vogliono garanzie dalla società di Cairo

L’attuale casa granata il vecchio Comunale rifatto per le Olimpiadi invernali 2006 è da un anno e mezzo esclusivamente il campo di gioco del Toro, da quando cioè la Juve gioca nello stadio di sua proprietà

di SILVIA GARBARINO & GIANLUCA ODDENINO (LA STAMPA 16-01-2013)

Era una promessa, fatta quando venne varato il famoso progetto «due squadre in due stadi», ma ora rischia di trasformarsi in una beffa amara per i tifosi granata. Lo stadio Olimpico, dove da 18 mesi gioca soltanto il Torino dopo il trasloco della Juve nel proprio impianto di proprietà, non verrà battezzato in stadio «Grande Torino». Il Comune, proprietario della struttura e padrone di casa, ha rispolverato il progetto di vendere il nome dell’Olimpico a qualche sponsor, magari suggerito dal Toro stesso. Così è emerso ieri nella Commissione Toponomastica, quando la proposta formale del consigliere Vittorio Bertola di dedicare l’ex Comunale alla squadra scomparsa a Superga è stata bocciata. «Ammesso che esista un presunto valore commerciale per affidare un nome ad uno stadio, si è deciso di rinviare la questione dopo aver ascoltato l’assessore allo sport», risponde Michele Curto, capogruppo Sel e componente della Commissione Toponomastica.

La vicenda è delicata ed ha già animato i tifosi del Toro. Che non hanno ancora digerito l’affare Continassa e si erano fatti sentire lo scorso 29 novembre proprio durante l’inaugurazione del piazzale Grande Torino, sotto la torre Maratona. «Aspettiamo che l’assessore Stefano Gallo – aggiunge Curto - ci relazioni sull’attuale rapporto di convenzione fra Comune e la società Torino Fc. Non volevamo impegnare la Città senza sapere come intenda progettare il proprio futuro il Toro».

Il nodo stadi è sempre quello e solo Urbano Cairo può scioglierlo con un impegno diretto da parte del Toro nella gestione dell’Olimpico. Gli alti costi di manutenzione e l’impossibilità di sviluppare importanti aree commerciali (come allo Juventus Stadium) hanno finora frenato ogni discorso tra Comune e Torino. E di conseguenza bloccato l’intitolazione dello stadio ai campioni granata morti il 4 maggio 1949. L’amministrazione comunale, però, non ha mai approfondito il discorso del “naming rights” per l’Olimpico e nel settembre 2011 aveva bloccato un progetto esplorativo affidato alla società «Reset Group».

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