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CRAZEOLOGY

K A L C I O M A R C I O! - Lo Schifo Continua -

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STELLA CADENTE

Cinquanta milioni di debiti hanno spinto il governo di Belgrado a commissariare la

Stella Rossa. E a scarcerare il mitico Dzajic, che nel '91 la portò sul tetto d'Europa,

per placare la piazza. Perché chi si fidanza con la Crvena Zvezda sposa la Serbia

Tre milioni di tifosi impediscono la privatizzazione della società

Anche Vucic, il vicepremier, s’è chinato agli ultrà. E soffre pure il Partizan

di DAVIDE LESSI & ANDREA LUCHETTA (EXTRATIME 18-12-2012)

Va a finire che è colpa di Vialli e Mancini. «Tutto è crollato dopo l'eliminazione in Coppa 1992 con la Samp», sorride amaro Ivan Djurdjevic, cronista di Blic. «La guerra, le sanzioni, l'inflazione. Belgrado cadeva a pezzi e i giocatori volevano partire. Secondo la versione ufficiosa le cessioni sono servite a comprare consensi per Milosevic, dando respiro a migliaia di lavoratori senza paga». Vent'anni dopo la Serbia è piegata da una nuova, durissima crisi. E la Stella Rossa rischia di spegnersi sotto il peso di abitudini contratte al tramonto della Jugoslavia: bilanci opachi, dirigenti voraci, politici ambiziosi, tifosi onnipotenti. Messi insieme spiegano i 48,4 milioni di debiti che hanno spinto il governo a commissariare il club. «Qui abbiamo tre cose - spiega Djurdjevic -. La Chiesa, l'Accademia delle Scienze e la Stella Rossa». Su sette milioni di abitanti, tre tifano Crvena Zvezda. Chi si fidanza con lei, sposa la Serbia.

Il più potente di Serbia

Dal 13 novembre, dopo le dimissioni «spontanee» del presidente Vladan Lukic, il club è retto da un Comitato ad interim. Una fonte interna spiega così parte della voragine: «Con Lukic ci sono stati sprechi, non furti: bollette impazzite, parco macchine, compensi alle stelle…». Sette mesi senza stipendio pesano. «Qui nessuno ha chiamato da Dubai. La strada della privatizzazione è impossibile: se provano a costruire un centro commerciale al posto del Marakana, scoppia la guerra civile. Serviva l'intervento del governo». Il regista dell'operazione si chiama Aleksandar Vucic, vicepremier con la fama di uomo più potente di Serbia. Slobodan Georgiev, giornalista investigativo, ha le idee chiare sui rapporti di forza in seno al club. «Due fonti mi hanno raccontato di un incontro fra Vucic e i leader dei Delije («Eroi», gli ultrà della Stella) alla vigilia del commissariamento. I Delije sono di gran lunga il gruppo meglio organizzato in Serbia. Hanno 5 generali che votano la linea, e poi colonnelli, capitani, sergenti… Tutte le decisioni importanti vengono prese dopo averli consultati». Alcuni siedono nell'assemblea del club: Marko Vuckovic, leader del gruppo di Ivan Bogdanov, si è dimesso solo dopo i guai di Genova. Gli ultrà gestiscono un negozio al Marakana e vendono una quota dei biglietti. Fioriscono pure le attività «trasversali», con la complicità della politica: «Alle comunali del 2008 si sono sfidati Vucic e Dilas. All'improvviso la città è stata ricoperta dalla scritta Vucic kurtic («Vucic pisellino»). I Delije ne sanno qualcosa…». Secondo voci insistenti una parte della curva parteciperebbe al traffico di droga.

E spadroneggiano

A Belgrado va così, e gli ultrà sono una forza che è meglio non sfidare. Chi avesse dubbi può fare una passeggiata dietro la centralissima Knez Mihailova, dove nel 2009 è stato ucciso Brice Taton - un tifoso del Tolosa aggredito dai Grobari del Partizan. Su un muretto, a pochi metri dalla targa in ricordo di Brice, campeggia la scritta Grobari, che in serbo vuol dire «becchini». E nessuno pensa a cancellarla. Così come sui muri del Marakana spicca ovunque il ritratto di Uros Misic, un delije che nel 2007 tentò di bruciare coi fumogeni un poliziotto in borghese scovato in curva. L'agente si salvò perché riuscì a impugnare la pistola. Il caso Misic ha inaugurato la fase più aspra del declino: da allora sono arrivate solo 2 Coppe di Serbia, mentre il debito esplodeva e il Partizan spadroneggiava.

Dragan il magnifico

Dio, dalle parti del Marakana, si chiama Dragan Dzajic. Un'ala elegante, veloce, leggera. È lui che nel 1968 costringe l'Italia alla ripetizione della finale europea. Ed è sempre lui che da d.s. costruisce l'euro Stella 1991. Il governo lo ha voluto alla testa del club, ben conoscendo l'idolatria dei tifosi. Malgrado un problema: nel 2008 Dzajic è finito in galera con l'accusa di aver fatto la cresta sul mercato ai tempi della sua prima presidenza (1998- 2005). A novembre Tomislav Nikolic, presidente della Repubblica, ha concesso la grazia prima ancora che terminasse il processo. Campo sgombro e tifosi in delirio. Incontriamo Radomir, un delije di 30 anni, a due passi dal luogo in cui venne ucciso Taton. «Dzajic per la Coppa del 1991 è stato più importante dei giocatori. L'arresto che ha subito è una vergogna. Perché solo lui? Guarda caso erano i giorni in cui il Kosovo si dichiarava indipendente». A giorni i soci della Stella voteranno la nuova dirigenza e - salvo cataclismi - Dazjic verrà confermato. Per un futuro non troppo lontano si affaccia il nome di Dejan Stankovic: «Questa è casa sua. Entro 2-3 anni tornerà a dare una mano, ne sono certo».

La mucca del vicino

«Nessuno capisce cosa succederà», scuote la testa il giornalista Vladimir Novakovic fuori dagli studi della mitica radio B92. Vucic ha promesso che il governo non spenderà un dinaro per il club, anche se probabilmente finirà per ristrutturarne il debito. La privatizzazione sembra la strada più logica, ma comporterebbe le ire di mezza Belgrado. Resta la possibilità di convincere i creditori a un taglio, ad accettare pagamenti alternativi e altre diavolerie del genere. Dura, ma finché il governo resta alle spalle della Zvezda non mancheranno le aperture di credito. Unica consolazione, a meno di un chilometro dal Marakana i rivali del Partizan si dibattono in angosce simili. Chiediamo al dirigente della Stella se pure i nemici eterni siano a un passo dal baratro. «Lo spero - ridacchia -. In Serbia abbiamo un detto: se la mucca del vicino è morta, tutto va bene».

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IL POTERE DELLO SPONSOR

GAZPROM

IL GRANDE FRATELLO RUSSO

di ANDREA LUCHETTA (EXTRATIME 18-12-2012)

Secondo il quotidiano Blic, fra i più accesi sostenitori di Dzajic figura Gazprom, il gigante del gas controllato dal Cremlino. Gazprom versa 2,2 milioni di euro nelle casse della Stella e si sarebbe preoccupata per i risultati della gestione Lukic. La nostra fonte interna al club smentisce che siano stati i russi a chiederne le dimissioni; riconosce però che Gazprom ha più volte avanzato dei consigli. Ora «è probabile che decida di raddoppiare la cifra della sponsorizzazione». Sullo sfondo corre South Stream, gasdotto vitale per le strategie russe, che il Cremlino intende far passare anche per la Serbia. Sostenere la Stella significa entrare a Belgrado dalla porta principale.

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South African soccer chief

suspended in match-fixing scandal

(CNN) -- December 17, 2012 -- Updated 1903 GMT (0303 HKT)

The president of the South African Football Association (SAFA) has been suspended as part of an investigation into match-fixing ahead of the country hosting the FIFA World Cup in 2010.

Kirsten Nematandani and four other SAFA officials were suspended as an act of "good governence" following a report by football's global governing body FIFA, which adjudged four friendly matches ahead of Africa's first World Cup had been fixed.

According to the FIFA report, the results of South Africa's matches with Thailand, Bulgaria, Colombia and Guatemala were prearranged for the benefit of convicted Singaporean match-fixer Wilson Perumal and his Football 4U organization.

Nematandani declined to comment when contacted by CNN.

Last year, Perumal was imprisoned in Finland after a court ruled that he had arranged the outcomes of at least seven league matches from 2008 onwards.

The Singaporean was also heavily implicated in the match-fixing scandal that affected South Africa's neighbors Zimbabwe between 2007-2009, a process which has had repercussions for nearly 100 footballers while two former national coaches have been banned.

The timing of FIFA's report into match-fixing involving the team known as Bafana Bafana comes at a bad time for South Africa, as it is just one month away from hosting the continent's showpiece football event -- the Africa Cup of Nations.

The suspensions were announced by a SAFA emergency committee on Monday, ahead of an enquiry, with vice president Chief Mwelo Nonkonyana set to take interim charge of the governing body.

"The emergency committee considered and accepted the report as received," read an SAFA statement. "The emergency committee felt that the president would have to appear before the commission of enquiry to explain his role in the matter.

"Having considered the implications of this for SAFA, the committee asked the president to take a voluntary leave of absence from his position.

"All members of staff mentioned in the report who will need to give evidence at the commission are likewise put on special administrative leave pending the finalization of the enquiry, or pending receiving a clearance from the commission.

"This action in no way implies that these individuals were involved in match fixing. It is again simply for good governance that this measure is being implemented.

"The members of staff so affected are: Dennis Mumble, Lindile 'Ace' Kika, Adeel Carelse and Barney Kujane."

The SAFA was unavailable to clarify what the FIFA report might mean for South African football or what action they may take after the inquiry.

The organization said last week it wanted to "bring this unfortunate matter to a just and final conclusion." Speaking as president -- before his suspension -- Nematandani said: "Having cooperated with FIFA during their investigation, we are happy that this matter is coming to its conclusion and our commitment to zero tolerance to corruption is well documented.

"SAFA remains totally committed to working with FIFA to wipe out the scourge of corruption that is impacting on football globally."

Mumble is SAFA's new chief executive officer.

Interim president Nonkonyama stressed how all parties involved should be considered innocent until proven guilty.

"This is a difficult situation for the Association, and for those who have been named in the report. We hope that there will be no speculation about their presumed guilt or otherwise.

"We need to allow the investigation to take place speedily and fairly, so those that are innocent can be separated from those who are not."

In a statement released last week, South African football's ruling body acknowledged that "Perumal and Football 4U managed to infiltrate SAFA prior to the World Cup, with an offer to assist with referee development.

"The offer included providing FIFA-accredited referees at their cost for the friendly matches prior to the FIFA 2010 World Cup."

One of these games -- when South Africa beat Guatemala 5-0 in May 2010 -- featured the award of three penalties.

A month later the 2010 World Cup was the first to be staged on the continent of Africa. Hosts South Africa were eliminated in the group stages, but, to the delight of African football fans, Ghana enjoyed a run to the quarterfinal.

The "Black Stars'" campaign was eventually ended by a penalty shootout defeat to Uruguay. Spain went onto to be crowned world champions for the first time, beating Netherlands 1-0 in the final after extra-time.

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EXTRATIME 18-12-2012

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La riconferma di Abete. Ma la giustizia sportiva?

Spy calcio - Fulvio Bianchi - repubblica.it 18-12-2012

Giancarlo Abete il 14 gennaio 2013 sarà riconfermato presidente della Federcalcio (a meno di terremoti): 62 anni compiuti in agosto, imprenditore, è stato un giovane deputato Dc e sempre da giovane è entrato nel mondo del calcio. Ha fatto la gavetta. Settore tecnico, serie C: nel 2000 tentò la scalata alla Federcalcio ma pur avendo ottenuto il 67% delle preferenze fu stoppato da un assurdo diritto di veto. Ci è riuscito dopo lo tsunami di Calciopoli, che non lo ha coinvolto: era già prevista una "staffetta" con Franco Carraro, ma poi le dimissioni del presidente portarono alla commissariamento della Figc, prima con Guido Rossi e poi con Luca Pancalli. Abete si candidò di nuovo il 2 aprile 2007, ottenendo 266 voti su 271. Nel frattempo, con Carraro i rapporti si sono più che raffreddati mentre si sono rinsaldati quelli con Giovanni Petrucci. Il presidente del Coni lo ha sempre difeso, anche dopo il flop dei Mondiali del Sudafrica 2010. Abete si è trovato a gestire una situazione complessa, con una Federcalcio snobbata dalla Lega di serie A per lungo tempo e con uno statuto, che non ha certo voluto lui ma si è trovato, talmente antidemocratico da bloccare sul nascere qualsiasi riforma. Ora, per fortuna di Abete e del calcio, la decisione del commissario ad acta, Giulio Napolitano, secondogenito del Presidente della Repubblica, dovrebbe consentire quei margini di manovra che sinora sono mancati. Il professor Napolitano ha deciso quindi di rimuovere "la clausola corporativa che subordina l'approvazione di modifiche statutarie anche al raggiungimento di un assenso in seno alle singole componenti in considerazione del suo carattere distorsivo rispetto al funzionamento del principio di democrazia interna e del suo effetto di irragionevole complicazione del processo deliberativo, con conseguenze minaccia alla capacità di adeguamento e rinnovamento istituzionale della Federazione...". Tanto che, come ricorda giustamente, il professor Napolitano c'è stato bisogno dell'intervento di un commissario ad acta, mancando un accordo fra le varie "anime" del mondo calcistico. Per essere chiari: se anche Abete avesse avuto, in questi anni, attitudini dittatoriali, che certo non fanno parte della sua cultura, non avrebbe avuto molti margini di manovra. Ha preferito quindi, quando possibile, mediare, smussare, cercare vie di soluzione. Non sempre è riuscito a trovarle, anche perché è mancata una collaborazione fondamentale, il traino della Lega di serie A, sovente rintanata nella sua tana, e capace solo di risolvere i suoi problemi interni legati, molto spesso, solo alla divisione del malloppo. Insomma, Abete può avere anche delle colpe, e le ha: ma è giusto che le divida anche con altri. Il punto di svolta è stato due anni fa, dopo il fallimento mondiale: è stato ricostituito un Club Italia che funziona grazie all'impegno e alle capacità di Albertini e Sacchi. Prandelli ha lavorato, e sta lavorando, bene con la Nazionale, dimostrando un forte carattere (peccato che come tutti i ct sia un po' permaloso...). Ciro Ferrara aveva iniziato un importante percorso con la Under 21, e chissà se si è pentito di aver lasciato all'improvviso, visto com'è finita alla Samp. Non dimentichiamo i tanti stranieri, buoni o scarsi, che popolano i nostri campionati, sino alla Lega Pro. Inoltre anche il settore giovanile e scolastico funziona, con Gianni Rivera, mentre la situazione dell'altro ex campione, Robi Baggio, nominato responsabile del settore tecnico, è in via di definizione (almeno si spera). Abete ha saputo anche alzare la voce in occasione dello sciopero dei calciatori (che, per la verità, ha fatto molto comodo soprattutto ad alcuni presidenti...) e quando c'è stato da decidere la riforma della Lega Pro, prima che il sistema affondasse. Sa essere anche duro, quando serve. Ora avrà un consiglio federale più snello, e di questo deve ringraziare il suo amico Petrucci. Carlo Tavecchio avrebbe voluto candidarsi: ma è uomo di parola, c'è Abete e lui lo appoggia. Anche la Lega Pro sarà al suo fianco. Anche se ufficialmente le due Leghe non sono ancora uscite allo scoperto (c'è tempo sino al 29 dicembre) e questo pare abbia irritato Abete. Il sindacato calciatori ha nelle sue fila un Demetrio Albertini che giustamente scalpita, essendo molto cresciuto in questi anni. La Lega di serie A è spaccata in due: se il 20 dicembre vince Andrea Abodi, nessun problema. Diversamente qualche presidente potrebbe pensare anche a Tavecchio come presidente federale. Il n.1 dei Dilettanti però non è ben visto da Renzo Ulivieri, presidente dell'assoallenatori che già una volta si è incatenato sotto la sede della Figc. Ulivieri, riconfermato pure lui, è pronto a candidare Abete. C'è ancora fibrillazione ma alla fine credo che l'attuale n.1 sarà il candidato unico. Non tutti lo voteranno, certo: fra i suoi nemici di sicuro Claudio Lotito, che già due anni fa cercò di convincere la Lega di A a sfiduciarlo. Forse anche Andrea Agnelli, che alla Figc ha fatto causa, metterà scheda bianca. Ma Abete passerà. Una cosa gli va comunque rimproverata: aveva promesso "velocità e trasparenza" sul fronte della giustizia sportiva. Velocità a volte ce n'è stata anche troppa, e ha causato quei guai e quelle disparità nei processi del Calcioscommesse che si trascinano ormai da (troppo) tempo, come si è visto anche oggi con la sentenza sul Napoli. Ora, Abete, che ha confermato Stefano Palazzi, metta davvero mano alla giustizia sportiva. Sempre tenendo conto che deve andare a rimorchio di quella ordinaria. Ma qui ci vuole davvero una riforma radicale per evitare i sospetti (forse fondati, almeno in qualche caso) che si voglia essere forti coi deboli e deboli coi forti. Questa è, sarà, la vera sfida di Abete. Si metta al lavoro con il suo staff, gli avvocati, i consulenti, il dg Antonello Valentini. Merita la riconferma, Abete. Ma è arrivato il momento delle riforme ed è arrivato anche il momento di alzare la voce. Abete è uomo di cultura, cresciuto dai Salesiani. Eccezionale lavoratore, ha una stanza piena di ritagli di giornali. Sa quello che scriviamo da anni ma sa anche quello che ha promesso. Vada a rileggerlo. "Velocità e trasparenza", vero presidente?

Dietrofront di Macalli: "Lasciamo stare il Palazzo..."

Mario Macalli, appena rieletto (quinto mandato) presidente della Lega Pro, ex serie C, aveva avuto parole molto forti e inopportune contro un non ben identificato Palazzo, minacciando addirittura di rivolgersi alla Procura della Repubblica. Cosa che aveva creato forti irritazioni in Figc, con la volontà, di qualcuno, addirittura di querelare il presidente della Lega Pro. Poi Macalli, saggiamente, ha fatto marcia indietro: "Il Palazzo lasciamolo stare. E' un successo che è stato difficile, ringrazio le persone che mi hanno appoggiato. Da domani vedrò di farlo tangibilmente, fino al mio ultimo respiro". E ha aggiunto:"Sono successe delle cose durante la campagna elettorale che non sono state piacevoli, ma non essendo in grado di capire chi le ha causate, ci rivolgeremo alla polizia postale, che indagherà ad esempio su chi ha usato certi link strani. Non c'entra niente il Palazzo, non ho assolutamente nessun sospetto". E' vero, nei giorni scorsi, e noi lo abbiamo scritto, ci sono stati messaggi anonimi contro Macalli. Un consiglio: lasci perdere, è solo spazzatura. Il comportamento giusto è quello di Gabriele Gravina: è sceso in campo, ha sfidato Macalli, ha preso il 40 per cento dei consensi (26 voti contro i 42), è uscito a testa alta. E' chiaro che in Lega Pro c'è malcontento: su questo lavori, Macalli con il suo staff. Gravina entrerà in consiglio federale, insieme con Pitrolo. Fuori l'avvocato leccese Vittorio Mormando, che con la sua esperienza molto dato al mondo del calcio.

Internazionali di golf cambiano sede, addio al club di Agnelli

Gli Internazionali d'Italia (maschili) di golf dalla prossima stagione non si svolgeranno più al Royal Park I Roveri, prestigioso club nel Parco della Mandria, non lontano da Torino. Così è stato deciso dalla Federazione Golf, diretta da Franco Chimenti. Il Royal Park è il club della famiglia Agnelli: il presidente è donna Allegra Caracciolo di Castagneto, moglie di Umberto Agnelli scomparso il 27 maggio 2004 e madre di Andrea, che è vicepresidente del club di golf (oltre che, come si sa, presidente della Juventus). Gli Internazionali erano stati ospitati per anni al Royal Park e avevano avuto un grande successo, anche di pubblico. Curiosamente, proprio in casa Fiat, erano stati sponsorizzati dalla Bmw... Ora, come detto, si cambia: è stato scelto un club che è proprio a due passi dal Royal Club. Si tratta del Circolo Golf la Mandria, il cui presidente è Lorenzo Silva: un altro splendido impianto. Andrea Agnelli pare non abbia preso questa decisione con entusiasmo (eufemismo...), ma la sua scelta di non ricandidarsi per il consiglio federale della Federgolf non sarebbe legata a questo cambio di sede, bensì ai molti impegni di lavoro, fra cui la Juventus che lo assorbe "full time". Il golf italiano molto è cresciuto in questi anni, grazie all'impegno, le idee di Franco Chimenti e il contributo di consiglieri federali appassionati come, appunto, Andrea Agnelli e Toto Bulgheroni. Ora il golf è entrato nella famiglia olimpica: a Rio 2016 ci giocheremo la carta Manassero.

(18 dicembre 2012)

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CORRIERE DELLA SERA 19-12-2012

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CORRIERE DELLA SERA 20-12-2012

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Scommesse Nessuna sorpresa: 6 mesi a Cannavaro e Grava. Il club farà ricorso e pensa a un risarcimento

Meno 2 punti al Napoli:

«Campionato alterato»

di ANDREA ARZILLI (CorSera 19-12-2012)

ROMA — Una cosa è la giustizia, un’altra è l’equità. Il caso del Napoli, ieri ufficialmente penalizzato dalla Disciplinare con un -2 per la responsabilità oggettiva nell’illecito tentato in Samp-Napoli (maggio 2010) dall’ex terzo portiere Gianello, sta esattamente nel mezzo. Col -1 di richiesta, il procuratore Figc Palazzi aveva provato ad anticipare la riforma della giustizia sportiva introducendo una sorta di responsabilità modulata, calibrata cioè sui benefici del club e sul ruolo del tesserato autore del reato. È quello il futuro della responsabilità oggettiva, anche il presidente Abete ha detto che il decreto legislativo 231 (che norma la responsabilità d’azienda, ovvero l’azienda paga solo se il reato viene commesso nel suo interesse) rappresenta la bussola che orienta chi dovrà cambiare lo scheletro della Giustizia, cioè le regole. Che per adesso restano quelle che sono, pregi e difetti che devono valere per tutti. È una questione di equità.

Così, da tariffario, il Napoli si becca il -2 (più 70 mila euro di ammenda), il suo capitano, Cannavaro, e l’uomo della rinascita dalla serie C, Grava, sono squalificati sei mesi per omessa denuncia e Gianello, che nella stagione del fatto non ha giocato nemmeno un minuto, si prende 3 anni e 3 mesi per l’illecito. Pene che servono a ritrovare l’armonia col pregresso di processi sul calcioscommesse e a ripristinare una parità di trattamento seppure fatta con l’accetta: «Per garantire uniformità di giudizio e una situazione di par condicio fra squadre partecipanti— hanno scritto i giudici nelle motivazioni —, appare corretta l’applicazione della sanzione di 2 punti di penalizzazione (. . . ). Si ricordino i precedenti del Torino e della Sampdoria che stanno scontando una penalizzazione di 1 punto maturata in sede di applicazione di sanzione ex art. 23 CGS (patteggiamento, ndr), partendo da una sanzione base di -2 punti».

Strada alternativa non c’è, almeno non nella forma. È da questa estate, dal patteggiamento saltato in aria di Conte e dal proscioglimento di Pepe e Bonucci, che Palazzi cerca di interpretare le norme vigenti in base alle peculiarità del caso finendo sistematicamente smentito dai giudici di primo grado. Uno smacco continuo, un incentivo al caos anche nella forma. Nella sostanza, comunque, il problema di una giustizia forse troppo grossolana rischia di tirarsene dietro altri e più grossi. Il Napoli ieri ha subito reagito preannunciando battaglia legale nei prossimi due gradi di giudizio (Corte federale e Tnas) e, attraverso il proprio legale, ventilando richieste di risarcimento (in Figc c’è un fondo dedicato). «Il presidente Aurelio De Laurentiis, l’allenatore Walter Mazzarri e tutta la squadra sono sereni — la nota del club —, certi che nessuna violazione possa essere addebitabile alla Ssc Napoli spa. Pur non entrando nelmerito dell’obsoleto e superato principio della responsabilità oggettiva, la Ssc Napoli non condivide le decisioni della Commissione Disciplinare Nazionale, ritenendo, inoltre, che non si possano alterare irrimediabilmente i campionati in corso (...). Benigni docet», la chiosa.

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CORRIERE DEL MEZZOGIORNO - NAPOLI 19-12-2012

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Lo choc

Il caffè prima delle lacrime,

la partita più lunga del capitano

Confermati i 2 punti di penalizzazione per il club

e la squalifica di sei mesi a Cannavaro e Grava

di MONICA SCOZZAFAVA (Corriere del Mezzogiorno - Napoli 19-12-2012)

NAPOLI - Già sapeva, Paolo Cannavaro. Come tutti, del resto. Sapeva che la Disciplinare gli avrebbe inferto un colpo durissimo, nonostante l’assoluta certezza di essere estraneo ai fatti. Eppure, il capitano dagli occhi sempre sorridenti, non ha mai smarrito l’ottimismo. Non assaporare, per sei mesi, l’erba del campo nelle battaglie della domenica, è come togliergli l’acqua. Lui, abituato a pane e pallone sin da ragazzino, non potrà mai arrendersi a questo verdetto. Chiunque può giurarci, lotterà. Lotterà con l’arma della sincerità, fino all’ultimo grado di giudizio. E tornerà, probabilmente, prima di quanto ci si possa aspettare. La telefonata del suo legale l’aveva ricevuta di buon mattino. I bambini di corsa per la scuola, la moglie Cristina ed un caffè bollente in tazza. Paolo, per un istante, un solo istante ha perso il sorriso. Il dolore lancinante di un coltello che affonda, dura un attimo. Gli occhi si stringono, le mandibole si induriscono. Le lacrime di capitano rigano le guance. Ma subito, i pugni chiusi in segno di forza. Sono innocente, ha detto a se stesso. Ma la voce è arrivata al mondo, quel mondo che lo ha già assolto. Gli attestati di stima e affetto arrivano da ogni dove, ma Paolo resta solo nel suo dispiacere. Così come il compagno di tante battaglie, Gianluca Grava, squalificato anche lui per sei mesi. Taciturno, schivo, Grava quest’anno non gioca spesso. E’ all’ultima stagione in maglia azzurra e forse il suo caso fa meno clamore. Ma il protagonista di tante battaglie - dalla B alla serie A alla corsa Champions, alla vittoria della Coppa Italia - soffre forse anche di più. Grava e Cannavaro sono amici, molto amici e ciascuno è dispiaciuto anche per l’altro. Il dolore è doppio.

Gli occhi azzurri ed espressivi del capitano nel pomeriggio hanno dato forza a tutta la squadra, la riunione a Castel Volturno con Mazzarri era iniziata mestamente. La scure della Disciplinare era arrivata in un momento già delicato dal punto di vista sportivo: il Napoli aveva perso punti (- due ) e per un po’ il capitano di tante battaglie. Forza e coraggio, aveva detto il protagonista della sentenza. Rientrerò presto, non mi abbatto. Poi subito ad allenarsi, come se non fosse successo nulla. Il campo aiuta. I compagni, pure. Poi, però, nel giorno della vigilia di Napoli-Bologna, giorno di ritiro pregara, Cannavaro, per la prima volta, è dovuto tornare a casa. Da solo. Le luci della statale domitiana, i pensieri tristi che affollano la mente e fanno male al cuore. E domani? Continuava a chiedersi. Niente partita, niente campo. L’assurdità di una vicenda che mai avrebbe immaginato di vivere così da vicino, l’impotenza e la consapevolezza che bisogna solo aspettare. Aspettare che i giudici di appello si rendano conto. Ristabiliscano la verità. Consolarsi con il pensiero delle vacanze di Natale alle porte, una distrazione fatale che aiuterà a lenire l’amarezza. La famiglia, i bambini. Le priorità di un ragazzo di 31 anni cresciuto con valori sani e principi morali. La forza vera nasce in quel mondo dove Paolo si è ritrovato ieri sera. Senza compagni, senza allenatore. Senza l’adrenalina di una vigilia importante. Napoli-Bologna è coppa Italia, gara da dentro o fuori. Lui è già fuori, ma da capitano è e resterà dentro. A dare coraggio, forza e spinta per vincere e passare il turno. Il viaggio da Castel Volturno a Napoli è più lungo del solito. La nebbia fitta sulla Domitiana, il cellulare che squilla in continuazione, i messaggi di affetto. Paolo conosce quella strada amemoria. Quaranta chilometri per metabolizzare, forse per la prima volta, ciò che sta accadendo. Per scendere a patti con una realtà che non gli appartiene. E’ surreale, continua a dirsi. In auto, da solo ha finalmente la possibilità di abbattersi, di sentirsi con l’umore a pezzi. E’ solo, l’amarezza è insopportabile. Quando i quaranta chilometri stanno per terminare, quando la casa di Posillipo si avvicina, il telefonino squilla e la voce della piccola Sofia, forte e chiara, si fa sentire, Cannavaro è di nuovo il capitano ed il papà di ferro. La giornata è lunga, la partita è la più difficile. Ce la farò, sorride di nuovo. Sto già tornando.

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Corriere dello Sport 19-12-2012

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UNA GIUSTIZIA

DA RIFORMARE

AL PIU’ PRESTO

di LUIGI FERRAJOLO (CorSport 19-12-2012)

Se ogni sentenza crea puntualmente un vespaio, almeno su un punto siamo tutti d’accordo: questa giustizia sportiva va riformata in fretta. Sotto il profilo organizzativo, delle risorse, nonché nel suo impianto normativo. Oggi il calcio, ma in realtà tutto lo sport, deve confrontarsi con il pericoloso fenomeno delle scommesse, che non è più nelle mani di un oste e di un fruttivendolo, come nell’80, ma della criminalità internazionale. Non ci sono confini nè limiti per chi vuole truccare una partita. E allora, prima domanda: è possibile che il calcio continui a fronteggiare questo fenomeno mondiale e destabilizzante con una schiera di volontari? E’ immaginabile che la prevenzione (?) e le indagini siano svolte da persone degnissime ma che lo fanno nei ritagli di tempo? Vada per i collegi giudicanti, formati da professionisti di valore, ma la Figc deve dotarsi di una squadra di esperti che indaghi, sorvegli, accerti con la necessaria sollecitudine. I deferimenti tardivi e affannosi del procuratore Palazzi sono diventati proverbiali, alcuni arrivano anche dopo un anno. Una macchina così delicata e fondamentale si ingolfa inevitabilmente. E invece, come servono gli arbitri per giocare, ormai serve una struttura a tempo pieno che interagisca con le forze di polizia e svolga le indagini nei tempi giusti.

Anni fa è stato unificato il vecchio Ufficio Indagine con la Procura: la scelta non ha dato risultati apprezzabili. Prima il Procuratore esaminava l’istruttoria e decideva se deferire; oggi si sdoppia, fa entrambe le cose e così salta un filtro, un controllo. Sotto il profilo regolamentare è centrale il nodo della responsabilità oggettiva. Urge un ripensamento della norma, peraltro presente anche negli ordinamenti Uefa e Fifa. Si può “alleggerire” ma non pensiamo sia producente abolirla completamente. Una cosa, comunque, va chiarita: sino a quando c’è, bisogna applicarla. Invece emerge pericolosamente il tentativo di trasformare le sanzioni disciplinari in multe. Cioè: al posto di una penalizzazione o di una squalifica, una somma, magari ingente da pagare. Questo tentativo, per esempio, si è intravisto nel caso-Conte. Una strada terribile, se venisse accettata, perché avremmo una giustizia dei ricchi (quella dei club che possono pagare) e un’altra dei poveri. Infine va rivisto il ruolo del Tnas, ultima tappa dove le sentenze della Disciplinare e della Corte di Giustizia vengono ormai stracciate o cancellate con veri colpi di spugna. Nella giustizia ordinaria il terzo grado, la Cassazione, esiste ma non per rifare il processo, solo perché si pronunci su profili di legittimità. Il Tnas, al contrario, ribalta sentenze e giudizi con eccessiva disinvoltura, diventando di fatto un percorso alternativo ai primi due gradi di giudizio, che spesso ridicolizza. Ma c’è di più: davanti al Tnas il tesserato può chiedere il patteggiamento. Non si è mai vista un’anomalia del genere: il patteggiamento si può e si deve chiedere subito, nel primo grado, tant’è vero che non è previsto nel secondo. Troppo comodo farlo alla fine, quando l’imputato non ha nulla da perdere. Questa macroscopica anomalia sottolinea, più di ogni altra, lo stato di confusione, non solo normativo, ma anche organizzativo e procedurale in cui versa attualmente la nostra giustizia sportiva.

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«Par condicio»

Il Napoli paga -2

La Disciplinare: «Toro e Samp patteggiarono 2 punti

Così campionato regolare». Sei mesi a Cannavaro

e Grava. Salvo il Crotone. Un mese per Agostinelli

di EDMONDO PINNA (CorSport 19-12-2012)

ROMA - E’ stata una questione di «par condicio», e i giudici lo scrivono nelle loro 25 pagine di motivazioni. Napoli come Torino e Samp, ma anche come l’Atalanta se volete. Due punti di penalizzazione è la pena che il club partenopeo deve scontare per l’affaire Gianello, quel punto chiesto dal Procuratore Stefano Palazzi non sta né in cielo, né in terra e nemmeno nelle carte federali. Due punti subito decurtati dalla classifica, Napoli che scivola al quinto posto dietro la Fiorentina, ennesimo campionato stravolto dalle condanne della giustizia sportiva, il terzo negli ultimi sette anni. Sei mesi, invece, senza Cannavaro e Grava. Cioè, difesa dimezzata, un altro problema per Mazzarri. Si salva (lo avevamo anticipato) il Crotone, Agostinelli può legittimamente festeggiare il solo mese di stop (come Dei), il Portogruaro finisce nella morsa dell’illecito (2 punti in meno) a causa del patteggiamento di Furlan. Non ci fosse stato...

PAR CONDICIO - Due punti, allora, per il Napoli, choccato anche se se l’aspettava. Peccato, a ripensare al mancato patteggiamento (tentato poi in extremis solo per soldi, cifre da capogiro): avesse chiuso la questione subito, oggi avrebbe un solo punto in meno e così sarebbe finché morte non ci separi. Due due punti, invece, e non poteva essere diverso perché è palese come la Disciplinare «in tutti gli analoghi e recenti procedimenti nel caso di responsabilità oggettiva per illecito sportivo commesso da calciatori tesserati sia partita da una sanzione base di 2 punti di penalizzazione in classifica generale, oltre a una ammenda: tra tutti, si ricordino i precedenti del Torino e della Sampdoria che, nella corrente stagione sportiva, stanno scontando una penalizzazione di 1 punto in classifica generale maturata in sede di applicazione di sanzione ex art. 23 CGS (patteggiamento), partendo da una sanzione base di 2 punti di penalizzazione in classifica generale». E come per parare eventuali critiche di campionato falsato, i giudici di Artico scrivono: «Per garantire una uniformità di giudizio e una situazione di par condicio fra squadre partecipanti allo stesso campionato attualmente in corso, quindi, appare corretta l’applicazione della sanzione di 2 punti di penalizzazione in classifica generale da scontarsi nella corrente stagione sportiva».

SENZA DIFESA - Sei mesi a Cannavaro. E sei a Grava. Un anno in due, finisse così (ma ci sono appello e contrappello al Tnas) per i due difensori del Napoli il campionato sarebbe praticamente finito. Gli avvocati Malagnini e Delle Donne passeranno le feste a studiare il ricorso. Scontato, Corte di Giustizia federale, seconda settimana di gennaio, probabilmente. Perché qui l’urgenza c’è tutta, siamo praticamente a metà campionato, la certezza della pena deve essere celere.

ALTRA STANGATA - In principio fu Calciopoli, 37 punti complessivi fra Fiorentina, Lazio, Milan e Reggina come fardello per per la stagione 2006-07. Poi quattro stagioni di apparente tranquillità, con la brace però che covava sotto la cenere. Il meno sei dell’Atalanta del passato campionato era solo un campanello d’allarme. Quest’anno ci sono cinque squadre (un quarto del totale) che sono partite o hanno preso in corsa l’handicap di punti di penalizzazione. Sei per il Siena, due per l’Atalanta (per due partite patteggiate), uno per Samp e Torino. Adesso anche il Napoli. E non è finita. Manca ancora la questione relativa alla Lazio e al Genoa (per rimanere all’inchiesta di Cremona), ma i tempi potrebbero slittare fino a fine campionato (il pm Di Martino ha chiesto sei mesi di proroga lo scorso 30 novembre).

BRINDISI - Festeggia, invece, il Crotone, prima società dell’intera vicenda calcioscommesse ad essere prosciolta, che ha sfruttato al meglio la difesa di Eduardo Chiacchio, Michele Cozzone e Rosita Gervasio. La società calabrese esce pulita da questo procedimento «sussistendo un più che ragionevole dubbio che non abbia partecipato all’illecito o lo abbia ignorato» scrive la Disciplinare. Fanno festa anche Agostinelli, la cui posizione è stata difesa dai legali Marisco e Scognamillo, e Dei (assistito da Monica Fiorillo e Annalisa Roseti): un mese di stop. Un lusso, partendo da un illecito....

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LE REAZIONI

Petrucci: Giustizia sportiva autonoma

«La riforma? Sarà fatta a processi finiti». Il Crotone: «L’assoluzione ci soddisfa»

art.non firmato (CorSport 19-12-2012)

ROMA - «Questa è la sentenza, è solo il primo tempo. Non possiamo entrare nel merito. C'è un'autonomia della giustuzia sportiva, la rispetta la Federcalcio come il Coni. Ci sono altri gradi di giudizio per cui io sto al mio posto». Gianni Petrucci guarda così l'ennesima sentenza che si abbatte sul calcio italiano. E quando alle critiche sollevate dal presidente del Napoli, De Laurentiis, nei confronti della Giustizia sportiva («obsoleto e superato il principio della responsabilità oggettiva»), il numero uno dello sport italiano è schietto: «Scopriamo l'acqua calda quando si dice che la si deve riformare: è un discorso che facciamo da tempo. Capisco i sentimenti a caldo delle diverse parti, ma sarà aggiornata al termine dei processi».

CROTONE (liopress) - Quando si resta coinvolti in una vicenda di calcio scommesse uscirne a testa alta non è mai facile, ma il Crotone questa volta ci è riuscito. Era stato tirato in ballo qualche tempo fa per la partita disputata contro il Portogruaro ed accusato di responsabilità presunta. Un'accusa caduta con il conseguente proscioglimento arrivato nella mattinata di ieri. A rappresentare nel giudizio il Crotone è stato l'avvocato Eduardo Chiacchio. Molto soddisfatto l'amministratore delegato Gianni Vrenna: «Abbiamo atteso con serenità e fiducia il verdetto e posso dire tranquillamente che giustizia è stata fatta. È stato dimostrato che noi non abbiamo niente a che fare». Vrenna è certo dell'atteggiamento assunto dai propri giocatori e non temeva il peggio anche se un pizzico di apprensione c'era: «Noi non temevamo assolutamente nulla perché nessun nostro tesserato o dirigente era coinvolto, però questa responsabilità presunta ci lasciava un po' perplessi». Infine conclude l'amministratore elegato: «La giustizia ha fatto il suo lavoro e noi siamo sollevati perché questa vicenda si è chiusa nel migliore dei modi. Una assoluzione che ci soddisfa pienamente».

AGOSTINELLI - Soddisfazione anche in casa-Agostinelli. Marco Scognamillo, che assieme a Luigi Marsico ha difeso il tecnico, non la nasconde: «Speravamo ovviamente nell’assoluzione, ma siamo comunque soddisfatti della decisione presa dalla Commissione Disciplinare, che ha accolto tutte le nostre argomentazioni. Soprattutto, è stata cancellata l’accusa di illecito. Si è trattata di una cosa di campo».

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LA CURIOSITA’

Da Conte al Napoli tutte

le “papere” dello 007 Palazzi

Dal patteggiamento fallito del tecnico della Juventus alle richieste dell’ultimo processo: che errori!

di EDMONDO PINNA (CorSport 19-12-2012)

ROMA - La disciplinare, oltre al Napoli, assesta qualche colpo anche alla Procura federale. Per la serie: gli errori di Palazzi non finiscono mai.

ERRORI - In attesa di riformare la giustizia sportiva (ad esempio la responsabilità oggettiva Abete la vorrebbe modulata sulla base della legge 231, soprattutto per quanto riguarda il comportamento dei “dipendenti"), c'è da annotare l'ennesimo processo decisamente opaco per Stefano Palazzi, il Procuratore federale che continua ad inanellare una serie di insuccessi legali (ci riferiamo, ovviamente, ai grandi processi). Tutto è cominciato, per quanto riguarda le scommesse, con Antonio Conte. Nell'ordine: un patteggiamento anomalo (3 mesi e 200mila euro) saltato (anche perché, solo con l'art. 23, quindi senza la collaborazione piena, non sarebbe tecnicamente possibile inserire un'ammenda in denaro), la richiesta di quindici mesi che la Disciplinare ha ridotto a dieci e la Corte federale ha confermato (togliendo una partita), fino al Tnas che ha chiuso i conti a quattro mesi.

RINCORSA - E di Bonucci e Pepe vogliamo parlarne? Portati alla sbarra (sportiva) con l'accusa di illecito, il tentativo goffo di patteggiare in gran fretta, il ricorso in secondo grado della Procura dopo l'assoluzione alla Disciplinare e la Corte che conferma il “liberi tutti". Adesso, fresco di conferma (recente) alla guida della Procura, il magistrato militare (un gentiluomo del Foro sportivo, in qualche caso autore di guizzi legali degni di tale nome) ha “toppato" sei richieste su undici imputati. Dal Napoli (per il quale aveva chiesto un punto solo) a Cannavaro e Grava (nove mesi: perché?) C’è poi il discorso che riguarda il Crotone: un punto di penalizzazione per una responsabilità presunta che però era carente di qualsiasi tipo di appoggio, a cominciare dal ragionevole dubbio, senza dimenticare che, pur avendo interrogato il legale rappresentante della società (Ursino, che ha potere di firma) lo stesso non è stato rinviato a giudizio. Un’ammissione intrinseca che, pure in caso di proposta illecita, la società l’aveva ignorata. I giudici della Disciplinare non hanno sposato neanche la ricostruzione fatta per Agostinelli e Dei, entrambi accusati di illecito sportivo. Palazzi aveva chiesto per loro tre anni, sono stati squalificati solo per un mese per comportamenti contrari ai principi di lealtà e correttezza sportiva. Nono è poco.....

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«Siamo sereni, ma così

si altera il campionato»

Comunicato congiunto, società e squadra: «Responsabilità oggettiva

obsoleta e superata. Non ci può essere addebitata nessuna violazione»

Il finale è... ironico «Benigni docet: nei gradi successivi prevarrà il diritto sul giustizialismo»

di ANTONIO GIORDANO (CorSport 19-12-2012)

NAPOLI - La rabbia, l'orgoglio e dieci righe consegnate sul sito, per leggerci dentro e cogliere il senso di disorientamento di quel Napoli divenuto in otto anni un modello da imitare in campo e fuori, nei conti e negli schemi, e che ora se ne sta accovacciato su se stesso, ma già pronto a rialzarsi: «Il presidente Aurelio De Laurentiis, l'allenatore Walter Mazzarri e tutta la squadra sono sereni, certi che nessuna violazione possa essere addebitata alla Ssc Napoli spa. Pur non entrando nel merito dell'obsoleto e superato principio della responsabilità oggettiva, e riservandosi ogni commento giuridico e ogni azione nelle opportune sedi, la Ssc Napoli non condivide le decisioni della Commissione Disciplinare Nazionale, ritenendo, inoltre, che non si possano alterare irrimediabilmente i campionati in corso di svoglimento. Ogni eventuale decisione va presa prima che inizi un torneo o al termine dello stesso. Dalla stagione 2009-2010, di tempo ce n'è stato per valutare e decidere. Siamo fiduciosi che nei due gradi successivi di giudizio si possa applicare una vera e propria giustizia che si fondi sul diritto e sull'equità e non sul giustizialismo. Benigni docet» .

NO AL GIUSTIZIALISMO - Due punti di penalizzazione, settantamila euro di multa, Cannavaro e Grava squalificati per sei mesi: quel ciclone (peraltro annunciato) che s'abbatte sul Napoli spazza via le residue speranze coltivate nell'attesa della sentenza e prim'ancora che l'ira si scateni verbalmente, l'unica strada ragionevole rimane la riflessione da affidare ad un comunicato ufficiale durissimo, l'unica voce d'un club che non ci sta, che cita l'ultimo Roberto Benigni - quello che in tv ha parlato di Costituzione - e che si chiude con una spruzzata di veleno: «Siamo fiduciosi che nei due gradi successivi di giudizio si possa possa applicare una vera e propria giustizia che si fondi sul diritto e sull'equità e non sul giustizialismo» .

LA REAZIONE - Cambia la classifica, e ovviamente l'umore, ma non muta la filosofia e lo stile d'una società che in otto anni, rinascendo dalle ceneri del Fallimento, s'è distinta per il rigore con il quale ha intepretato le norme e per la lungimiranza nel lanciarsi nel fair play finanziario in anticipo. Ma è arrivato già il momento di reagire, di preparare la propria controffensiva, di argomentare i ricorsi affidati all'avvocato Mattia Grassani, sbilanciatosi su Radio 24 prima che venisse diramato il comunicato ed avviato il black-out «E' una sentenza ingiusta ed assolutamente inadeguata ai tempi, rispetto all'istituto della responsabilità oggettiva. Per quanto accertato dalla Commissione Disciplinare non c'è alcuna responsabilità da parte della società che paga il comportamento di un ex tesserato come Matteo Gianello, all'epoca in scadenza di contratto e che in quella stagione non giocò neppure un minuto» .

POCHE PAROLE - Il resto è, come dire?, privacy: è la sofferenza di un club che confeziona in quei passaggi «ufficiali» la propria allergia nei confronti di principi ritenuti «obsoleti e superati» in tempi non sospetti; è un'amarezza che viene tenuta a bada con una serie di riflessioni attraverso le quali predisporre i ricorsi; è un'ipotesi - avanzata a caldo dall'avvocato Grassani - di «richiedere il risarcimento danni, patrimoniali e d'immagine, nel momento in cui saranno esauriti i vari gradi di giustizia sportiva» che prima evapora e che poi sembra emergere attraverso quel «riservandosi ogni commento giuridico e ogni azione nelle opportune sedi» . La rabbia, l'orgoglio, la voglia di un calcio moderno.

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PARLA IL MANAGER ENRICO FEDELE

«Cannavaro è indignato,

ma tornerà più forte»

«Conosco i valori di Paolo e Grava». L’avvocato Malagnini:

«Un’ingiustizia, in appello per l’assoluzione»

di ANTONIO GIORDANO (CorSport 19-12-2012)

NAPOLI - Il vuoto, poi un'ombra che avvolge e il senso (autentico) della tristezza che travolge; le voci che diventano frastuono assordante e persino insopportabile, il caos dentro, mentre s'insegue un piccolissimo perché. Sei mesi, l'inferno, le fiamme che divorano, un vulcano ed un'esplosione: stavolta è vero, terribilmente vero, e l'ultimo appiglio nella fiducia si sgretola all'alba d'un nuovo malinconico (e inaccettabile) giorno che stavolta non scivola su quella maschera che adesso Paolo Cannavaro non regge più. Eppure era già tutto previsto, ma quando squilla il telefono che annuncia (e conferma) la sentenza, le porte dell'oblio si spalancano e le fitte dolorose sono figlie di lame sparse che si conficcano soprattutto nella testa, che affondano nella pelle, nella carne: ferite che lacrimano e rigano il volto d'un uomo «limpido, trasparente», al quale Enrico Fedele, il manager di sempre, prova a fare coraggio per quel che può. «C'è indignazione, nonostante avessimo capito da un po' che s'andava incontro ad una condanna del genere. Ma io conosco Paolo da quando era bambino e so quali siano i valori che hanno improntato la sua carriera. E conosco Grava da altrettanto tempo: e so da quali sentimenti sia animato. Ma anche i tifosi sono informati sulla serietà di entrambi. La gente è con loro e Paolo, ne sono certo, tornerà più forte di prima».

L'ATTESA - E' un tormento e stavolta, porca miseria, non c'è la valvola di sfogo d'una estasi (momentanea), quel vicolo illuminato in cui intrufolarsi al sabato o alla domenica o al mercoledì o al giovedì per un'ora e mezza, quel bypass delle partite utilizzato per dimenticare, per anestetizzarsi, per rinchiudersi nella speranza vana che sino a lunedì sera, mentre fa il girovago in auto con Salvatore Aronica tra una scuola calcio e un salto in un caseificio per regalarsi «due» mozzarelle, costituisce la sua ultima frontiera. «Come volete che stia? Aspetto...». Sei mesi, un'altra esistenza, spazi da ritagliarsi, vigilie da arricchire, stress da rimediare e un ricorso da preparare assieme a Ruggero Malagnini, il legale che gli sta al fianco, che annuncia altre battaglie, che fa da scudo e da motivatore: «Stiamo già preparando l'appello e vogliamo l'assoluzione piena: la vogliamo subito ma se serve arrieremo al Tnas. E' una sentenza gravissima, che ha ritenuto strumentale la querela di Cannavaro nei confronti di Gianello per calunnia. E' stata consumata un'ingiustizia». Stamani si riparte, la sacca in macchina e poi allenamento a Castelvolturno: intorno, il silenzio (che consuma) d'un prepartita devitalizzato e un groviglio di pensieri, prima d'accomodarsi (stasera) in tribuna per macerarsi ancora.

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Napoli, furia - 2

«La Serie A è alterata»

I giudici: «Par condicio»

Nessuna sorpresa: Cannavaro e Grava fuori 6 mesi

Il club: «Sentenza tardiva». Azzurri a 10 punti dalla Juve

di MAURIZIO GALDI (GaSport 19-12-2012)

Non è stata una sorpresa la penalizzazione di 2 punti in classifica al Napoli (che ora è a 31, a -10 dalla Juve), ma la società grida allo scandalo e affida il commento e la speranza in un ribaltamento della sentenza «ai prossimi gradi di giudizio» perché «non si possano alterare irrimediabilmente i campionati in corso di svolgimento». Il senso è che ci si aspetta un maxisconto soprattutto dal Tnas del Coni, ormai un vero e proprio scontificio di massa che allo stesso presidente del Coni, Petrucci, fa «ammettere»: «Non posso entrare nel merito della sentenza, è il primo tempo del processo e noi, come la Federcalcio, rispettiamo l'autonomia della giustizia sportiva. Ci sono altri gradi di giudizio, per cui io sto al mio posto».

Perché due punti La Disciplinare è durissima nella decisione presa di applicare in pieno le regole in atto. «Il principio della responsabilità oggettiva, pur se negli ultimi tempi ha subito una serie di attenuazioni in via applicativa, continua a fondarsi su criteri inderogabili. In proposito, va ricordato come questa Commissione in tutti gli analoghi e recenti procedimenti nel caso di responsabilità oggettiva per illecito sportivo commesso da calciatori tesserati sia partita da una sanzione base di 2 punti di penalizzazione in classifica generale, oltre a una ammenda (citati i casi di Torino e Sampdoria che scontano in questa stagione un punto «patteggiato», ndr). Per garantire una uniformità di giudizio e una situazione di par condicio fra squadre partecipanti allo stesso campionato attualmente in corso, quindi, appare corretta l'applicazione della sanzione di 2 punti di penalizzazione in classifica generale da scontarsi nella corrente stagione sportiva». Incontestabile.

Tutta colpa di Gianello? Tutti, Napoli compreso (tanto che l'avvocato Grassani minaccia: «Il Napoli ha subito danni patrimoniali, d'immagine e anche tecnico-sportivi, sono tutte ragioni valide per un risarcimento, ragioni che potranno essere prese in considerazione una volta esauriti i gradi di giustizia»), dicono che è colpa di Gianello, ma in realtà bisogna ricordare che il terzo portiere del Napoli ha «a malincuore» ammesso il tentativo di illecito dopo che gli hanno fatto ascoltare le intercettazioni e soprattutto dopo che i magistrati napoletani gli hanno letto il verbale dell'ispettore di Polizia che proprio la società aveva presentato ai calciatori ed era ospite fisso al ristorante di Cannavaro. Lui ha fatto il suo dovere e denunciato tutto ai magistrati.

Cannavaro e Grava La Disciplinare mette anche in luce che sui 6 mesi di squalifica per omessa denuncia di Cannavaro e Grava pesano anche le loro dichiarazioni. Grava dice ai magistrati: «Non escludo tuttavia che Gianello abbia potuto nel corso della settimana fare a me e ad altri compagni di squadra battute scherzose circa il fatto che ormai fossimo già in vacanza o qualcos'altro di simile», dichiarazioni che per la Disciplinare non escludono l'intervenuto tentativo di illecito. Cannavaro, sempre ai pm e alla Procura federale, dice: «Se (Gianello) avesse fatto battute in tal senso non gli avrei dato alcun peso, perché le avrei ritenute uno scherzo come tanti fra compagni»). «Dichiarazioni gravi perché tendono a togliere rilevanza e importanza al tentativo di illecito intervenuto..., ma senza escludere che Gianello possa averne parlato», parole della Disciplinare.

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laPenalizzazione di RUGGIERO PALOMBO

NAPOLI, DALLA PROCURA A PALAZZI

QUELLO CHE NON HA FUNZIONATO

Gli avvocati fanno il loro mestiere, vederli indignati e scandalizzati non deve stupire. Lavorano già per quel che verrà, la Corte di Giustizia federale prima e il Tribunale di Arbitrato dello Sport presso il Coni poi. Ma oggi è con la sentenza della Disciplinare che si fanno i conti. Sentenza annunciata e chiara nella sua semplicità: va applicato il codice come è avvenuto per Samp e Torino, che il meno uno di penalizzazione lo hanno acquisito tramite patteggiamento. Il Napoli vi ha rinunciato, e il codice dice meno due. Nella motivazione i giudici usano il termine «par condicio». E' pertinente.

Ciò non vuol dire che in questa storia tutto ha funzionato: 1. Ha sbagliato la Procura della Repubblica di Napoli, che ha tenuto chiuso in un cassetto il verbale Gianello (15 giugno 2011) per quasi un anno prima di girarlo a Palazzi. Il Napoli ha ragione di dolersi nel vedersi penalizzato per un «reato» commesso nel campionato 2009-2010 e scoperto 18 mesi fa. 2. Palazzi ha sbagliato due volte. Prima temporeggiando: la Procura di Napoli aveva chiuso l'inchiesta, il caso era circoscritto, si poteva procedere questa estate e arrivare così all'inizio del campionato con le sentenze alle spalle, come è avvenuto per Samp, Torino, Atalanta e Siena. Poi nel processo: chiedere un solo punto di penalizzazione è errore da matita blu, che ha costretto la Disciplinare alla correzione. 3. Sbaglia pure Petrucci. Profuma troppo di politichese far finta di non voler commentare la sentenza e poi dire che tanto «è solo il primo tempo». Lo sappiamo tutti che ci sarà il secondo e poi pure il terzo, che al Tnas somiglia sempre più a quelli del rugby.

Come finirà? Sempre che il Tnas non voglia esagerare al Napoli verrà tolto solo uno dei due punti. Perché non può pagare il fatto di non aver patteggiato ma quello non può nemmeno diventare un vantaggio. Quanto alla responsabilità oggettiva applicata alle scommesse, è chiaro che il manuale di volo va riscritto daccapo. Ma a tempo debito e a inchieste di Cremona e Bari chiuse.

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Una città alza la voce

Napoli indignata: «È uno scandalo»

E papà Cannavaro urla la sua rabbia: «È stato infangato il nostro buon nome, fa molto male»

Biagio Izzo «Paolo e Grava andrebbero premiati, non puniti. E che c'entra il club?»

di GIANLUCA MONTI (GaSport - Campania 19-12-2012)

La squalifica di Cannavaro e Grava con la conseguente penalizzazione del Napoli era nell'aria, ma comunque non ha lasciato indifferenti i tifosi azzurri che si sono fatti sentire nelle radio locali ed hanno preso d'assalto i social network per manifestare il loro sostegno ai due giocatori ed alla società. Tanti slogan di conforto, da parte di gente comune e di campioni del calibro di Diego Occhiuzzi, che però non leniscono l'amarezza di Pasquale Cannavaro, il papà di Paolo e Fabio: «Io credo ciecamente in mio figlio, sia da padre che da sportivo. Lui e Grava hanno pure querelato Gianello, se quest'ultimo verrà condannato per diffamazione come si comporterà poi la Disciplinare? Sono innocenti sia i ragazzi che la società. Forse si poteva fare qualcosa di diverso per difendersi meglio. Questa squalifica infanga il cognome dei Cannavaro ed è una cosa molto brutta per noi». Al danno per Cannavaro si è inoltre aggiunta la beffa perché il capitano era arrivato ad appena due presenze da Maradona (257 contro 259) e sperava di agguantare il Pibe de Oro prima di Natale sfidando Bologna e Siena. Nulla di fatto, almeno per ora. Per rivedere in campo sia lui che Grava bisognerà aspettare. Cannavaro si è ripromesso di restare al fianco della squadra per svolgere al meglio, almeno durante la settimana, il suo ruolo di capitano mentre Grava non avrebbe voluto finire la carriera (ha il contratto in scadenza nel 2013) senza neppure giocare una gara nella stagione in corso. Adesso, dipenderà tutto dal giudizio della Disciplinare e da quello successivo del Tnas.

Orgoglio In città c'è chi attende fiducioso i prossimi gradi di giudizio e chi, come lo scrittore, Maurizio De Giovanni esprime già orgoglio per il comportamento di entrambi prescindendo anche dall'eventuale omessa denuncia: «Due punti di penalizzazione? Nessun problema, se servono a far sapere che due giocatori del Napoli, napoletani per di più, hanno rifiutato la proposta di combine di un tesserato da tempo emarginato. Una squadra pulita, in una città che sa essere pulita, punita da una giustizia sportiva che non ha nulla né di giusto né di sportivo». Pensiero condiviso anche dall'attore Biagio Izzo: «Cannavaro e Grava andrebbero premiati, non puniti. Inoltre, cosa c'entra la società? La responsabilità oggettiva è strana. I due punti in meno mi fanno stare male, rappresentano una sconfitta e io da tifoso soffro quando la squadra perde. Gianello ha militato col Napoli, ha lottato e sofferto per questa maglia, perchè proprio lui ha fatto questo? E poi perché credere a lui e non a Cannavaro e Grava?». Interrogativi inevasi.

Capitano Intanto, stasera si torna in campo per la Coppa Italia con il Bologna: la fascia di capitano dovrebbe essere sul braccio di Campagnaro (mentre in campionato spetterà ad Hamsik) e c'è chi attraverso internet ha proposto di scriverci a chiare lettere «giustizia per Cannavaro». «Sono due figli della nostra città vittime di una ingiustizia — afferma Saverio Passaretti, presidente dell'associazione italiana Napoli club —. Faremo sentire ad entrambi il nostro sostegno, già a partire da stasera. Non verranno lasciati soli dal pubblico, li aspettiamo in campo prima di sei mesi».

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Ko col Bologna, condannata dalla giustizia sportiva, la squadra di Mazzarri

in tre giorni passa dal -5 al -10 dalla Juve. De Laurentiis furioso: ora i ricorsi

Il castigo

Napoli, la disciplinare non fa sconti

“Torneo alterato, chiediamo i danni”

Ora la Corte Federale, poi il Tnas. “Le decisioni non vanno prese a stagione iniziata”

Dura reazione del club: “Lesioni patrimoniali, d’immagine e pure tecniche”

di MARCO AZZI & MATTEO PINCI (la Repubblica 19-12-2012)

La bandiera azzurra non sventola più: un attimo ed è diventata bianca, prima ammainata dai giocatori sul campo e poi sgualcita nell’aula di un tribunale, al termine dei tre giorni più brutti della storia del nuovo Napoli. «Non finisce qui: combatteremo tutti insieme», ha subito rilanciato Aurelio De Laurentiis, nel tentativo di rianimare la sua squadra e di riflesso anche i tifosi, frastornati da un crollo che più verticale non si può. Il distacco dalla Juve e dal sogno scudetto si è raddoppiato in un batter d’occhio: dai 5 punti di domenica ai 10 di oggi, che scrivono la parola fine su una favola cullata per metà stagione. Il colpo di grazia, dopo la sconfitta nel posticipo con il Bologna al San Paolo, è arrivato ieri mattina con la penalizzazione in classifica (meno 2) inflitta al gruppo di Mazzarri dalla Disciplinare. Sanzione inasprita dai sei mesi di squalifica al capitano Cannavaro e a Grava, uno dei veterani dello spogliatoio e il simbolo della risalita dalla serie C alla zona Champions. Gli otto anni dell’era post fallimento erano stati una continua ascesa. Ora Cavani e compagni dovranno ripartire dal quinto posto, con il morale a pezzi e il concreto pericolo che il giocattolo possa rompersi: del tutto.

La partita più lunga e complessa per De Laurentiis sarà quella in tribunale, contro la giustizia sportiva. Ieri la disciplinare ha addirittura sconfessato Palazzi, raddoppiando la penalizzazione (-1) chiesta del procuratore federale per l’illecito tentato nel maggio del 2010 dal terzo portiere Gianello (squalificato per 3 anni e 3 mesi) alla vigilia della partita con la Samp. Poco, per i giudici di primo grado. «Questa commissione, in tutti gli analoghi e recenti procedimenti di responsabilità oggettiva per illecito, ha sempre stabilito una sanzione base di 2 punti. Bisogna garantire la par condicio tra le squadre che partecipano allo stesso campionato ». Ma il Napoli non ci sta e annuncia battaglia con un comunicato, a cui faranno seguito i ricorsi alla Corte d’Appello Federale e poi al Tnas del Coni. «Siamo tranquilli: nessuna violazione è addebitabile al club. Senza entrare nel merito dell’obsoleto e superato principio della responsabilità oggettiva, la nostra società ritiene che non si possano alterare i tornei già in corso. Ogni decisione va presa all’inizio della stagione o al termine della stessa. E dal 2010 il tempo c’era».

Il comunicato del Napoli finisce con un auspicio e un’insolita citazione, mirata forse a sdrammatizzare. «Siamo fiduciosi che nei due gradi successivi del processo si possa applicare una vera giustizia, fondata sul diritto e sulla equità, e non sul giustizialismo. Benigni docet». Ma l’ironia è stata subito spazzata via dall’avvocato Mattia Grassani, per conto di De Laurentiis. «La società sta subendo danni patrimoniali, di immagine e pure tecnici. Ci sono tutti i motivi per pretendere un risarcimento, concluso il giudizio sportivo». L’annullamento completo della pena non sarà dunque l’unico obiettivo dei ricorsi. È pronta anche una causa alla Figc, identica a quella intentata dalla Juventus. Ma il Napoli dovrà reagire prima di tutto sul campo e senza Cannavaro. Oltre al papà Pasquale («Hanno infangato il nostro cognome, che è anche quello di un Pallone d’oro»), l’hanno difeso i compagni di oggi come Cavani («Forza: sarai sempre il mio capitano») e di ieri, da Lavezzi a Sosa. Mazzarri ha invece chiesto alla squadra di rialzarsi in Coppa Italia, ancora con il Bologna. Almeno al San Paolo, stasera, saranno bianchi soltanto i fazzoletti: di protesta. Sul ponte sventola bandiera azzurra.

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I guasti della giustizia a rate

c’è chi gioca e chi sta pagando

Tanti fuori, altri ancora da processare: per gli stessi reati

Conte ha scontato i suoi 4 mesi. Ma da Mauri a Ranocchia, molti restano in attesa di verdetto

di GIULIANO FOSCHINI MARCO MENSURATI (la Repubblica 19-12-2012)

Sostiene oggi il Napoli che con la squalifica comminata ieri si siano “alterati irrimediabilmente i campionati in corso di svolgimento. Ogni eventuale decisione va presa prima che inizi un torneo o al termine dello stesso”. Ma è davvero così? C’è qualcuno che sta alterando il campionato? Effetti-vamente per come funziona in Italia la giustizia sportiva, le regole non sembrano uguali per tutti.

Ad aprile scorso il presidente della Federcalcio, Giancarlo Abete, prometteva «tolleranza zero e processi sportivi in tempi rapidi». Non si volle fare un maxi processo né un’amnistia come propose il procuratore di Cremona. La strategia, visti i risultati, non è stata però eccellente. Prendiamo il caso del Napoli: la chiusura dell’indagine penale è del 30 maggio scorso. Da allora Palazzi aveva a disposizione tutti gli atti: la sua istruttoria è stata minima eppure c’è stato bisogno di sette mesi per arrivare a una condanna. Un tempo infinito se si pensa cosa è accaduto al Lecce. Il 10 maggio il capo degli 007 della Figc incontra il procuratore capo di Bari, Antonio Laudati. Ad agosto il Lecce era retrocesso in serie C. Una decisione molto più complicata di una piccola penalizzazione. Che differenza c’è tra il Lecce e il Napoli?

È la stessa domanda che si starà facendo Christian Bertani, ex attaccante del Novara. Il 28 maggio il centravanti finisce in carcere a Cremona con l’accusa di aver “lavorato”per gli Zingari e truccato alcune partite: Chievo-Novara e Novara- Ascoli. Accanto alla sua cella c’era Stefano Mauri, accusato degli stessi reati. Bene, il 2 ottobre Bertani è stato squalificato a un anno per quegli due incontri mentre Mauri sta giocando una delle sue migliori stagioni con la Lazio. Non è ancora riuscito a dimostrare la sua innocenza (o colpevolezza) davanti ai giudici sportivi: il processo non è ancora cominciato. La situazione del centrocampista laziale è la stessa di decine di altri calciatori, campioni in attesa di giudizio. A Cremona il procuratore Di Martino ha appena fatto notificare un avviso di conclusione delle indagini a 33 giocatori: ci sono Bonucci e Criscito, soltanto che uno ha giocato gli Europei (perché la Federazione sosteneva non fosse indagato) e l’altro no. C’è Conte che ha subito una squalifica e tre gradi di giudizio e Sculli che invece non ne ha affrontato nemmeno uno. Emblematica è anche la vicenda degli ex Bari: Guberti e Bentivoglio sono squalificati per una gara del 2011. Gillet o Masiello sono accusati di aver venduto insieme con il resto della squadra una partita del 2009 (Salernitana-Bari) e la domenica scendono normalmente in campo. Quella partita fu giocata anche dal difensore Andrea Ranocchia: c’è chi dice che anche lui abbia intascato denaro. Chi invece che lo abbia rifiutato. È un illecito o un’omessa denuncia? Come si difende Ranocchia? Per la giustizia sportiva italiana, si sa solo che Ranocchia difende meglio a 3.

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La stangata

Il Napoli si ribella

“Stagione alterata

chiediamo i danni”

di MARCO AZZI (la Repubblica - Napoli 19-12-2012)

C’era un tariffario fisso da applicare e i componenti della Disciplinare si sono comportati da burocrati, piuttosto che da giudici. Ma il -2 in classifica al Napoli e i sei mesi di squalifica per Cannavaro e Grava, sospesi seduta stante dalla attività agonistica, devono essere parsi una pena abnorme perfino ai sei estensori della sentenza: tanto severa da riformare in peggio le richieste (1 punto di penalizzazione) che aveva avanzato il procuratore Palazzi per l’accusa.

NON abbastanza, per l’avvocato Artico e i suoi collaboratori, che tuttavia hanno curiosamente sentito l’esigenza di giustificare il loro operato con delle «considerazioni di diritto» in merito alle sanzioni «da applicare»: evidentemente per forza. In un contorto preambolo si legge, infatti, che «il principio della responsabilità oggettiva, pur subendo negli ultimi tempi una serie di attenuazioni in via applicativa, continua a fondarsi su criteri inderogabili». E si sottolinea anche che «Samp e Torino, in analoghi e recenti procedimenti, hanno ricevuto la stessa punizione di base» inflitta adesso al club azzurro. Il merito della vicenda, nonostante la sua chiara anomalia, non è stato dunque neppure preso in considerazione; e non ha fatto differenza la posizione marginale del terzo portiere Gianello (zero presenze), ritenuto credibile nel suo tentativo di truccare da solo la partita dell’ormai lontano16 maggio 2010 contro la Sampdoria.

I componenti della Disciplinare ne hanno fatta una questione di principio, chiarendo di «volere garantire la uniformità di giudizio e la par condicio fra squadre partecipanti allo stesso campionato». Salvo poi suggerire loro stessi uno sconto nei successivi due gradi del giudizio pure per il Napoli. «Nei casi di Sampdoria e Torino si è partiti dalla sanzione base di -2 per arrivare poi a quella definitiva di un punto di penalizzazione». Ma il club azzurro, che entro 48 ore presenterà ricorso d’urgenza alla Corte Federale di Giustizia (e poi eventualmente al Tnas del Coni), mira all’assoluzione piena e darà battaglia campale. «La società ha subito danni patrimoniali, d’immagine e tecnici», ha sottolineato l’avvocato Grassani, anticipando una probabile causa contro Gianello e la Figc. «Ci sono tutti motivi per pretendere un risarcimento, una volta esauriti i gradi di giudizio sportivo ». La Corte sentenzierà entro fine mese, il Tnas tra febbraio e marzo. Poi il testimone potrebbe passare al tribunale ordinario: ballano un bel po’ di milioni.

De Laurentiis ha sfogato la sua rabbia in un comunicato, firmandolo con Mazzarri e la squadra. «Siamo sereni, nessuna violazione è addebitabile al Napoli. Senza entrare nel merito dell’obsoleto e superato principio della responsabilità oggettiva, la società ritiene che non si possano alterare i campionati già in corso. Ogni decisione va presa prima che inizi un torneo o al termine dello stesso. E dal 2010 ce n’era il tempo. Ma siamo fiduciosi che nei due gradi successivi del processo si possa applicare una vera giustizia che si fondi sul diritto e sull’equità e non sul giustizialismo. Benigni docet». La prima rivincita contro i burocrati della Disciplinare è uno sberleffo.

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Il commento

Nelle irrituali motivazioni la prova di una giustizia arcaica inadeguata, ma i club non si battono per riformarla

Non ascoltano: sono i giudici-robot

di ANTONIO CORBO (la Repubblica - Napoli 19-12-2012)

Si parla molto e da troppo tempo in Italia di riforma della giustizia. Penale e civile. E quella sportiva va lasciata com’è? Arcaica, contraddittoria, ribelle a ogni scintilla di logica e modernità: basta leggere le motivazioni dell’ultima sentenza.

Non sono le pene inflitte al Napoli e ai suoi giocatori lo scandalo. Ma il tentativo modesto e inelegante di spiegarle, il metodo pilatesco di distribuirle a tutte le società in pari misura, senza adeguarle alla gravità dei fatti, e stracciando le indagini di quattro Procure che lavorano sulla frode sportiva. «Per garantire una uniformità di giudizio e di par condicio... » vuol giustificarsi la Disciplinare, precisando più avanti che Samp e Torino ebbero un solo punto, e non due, perché accettarono di patteggiare. Visto Napoli, perché non hai patteggiato? Ma quale magistrato deve convincere fino a questo punto chi ha condannato?

Due punti a tutti, uno a chi patteggia. E chi sostiene con fermezza la sua innocenza? Non ha ascolto. Se così, inutile vestire da giudici rispettabili avvocati. Basta un robot, o la macchinetta che oblitera i biglietti della metro.

Il Napoli ha forse sottovalutato quanto già accade da mesi. Aveva due soluzioni: patteggiare per un punto o andare allo scontro. Ma con raffinati giuristi pronti a lottare in tutte le sedi e fino in fondo. In diritto, non solo nel merito. Per aprire una Questione Giustizia nel calcio. Il Napoli combatte solo in Lega, centro del business. Poco sui grandi temi federali per modernizzare un sistema che coinvolge passioni, ma anche milioni e titolo quotati in Borsa.

Più agguerriti sono apparsi gli avvocati dello stesso processo: Eduardo Chiacchio, legale di Gianello, ha aperto un piccolo varco al Napoli chiedendo di derubricare l’illecito sportivo in violazione dell’articolo 1 (correttezza e lealtà) sfruttando proprio il no della Disciplinare al patteggiamento di Gianello e quindi la sua certificata «non credibilità». L’avvocato Luisa Delle Donne ha valorizzato l’onesto dubbio di Grava ai pm di Napoli («Non posso escludere un tentativo scherzoso o un sondaggio di Gianello, ma non ricordo... ») così come Ruggero Malagnini, legale di Cannavaro ha creato il colpo di scena sull’assenza di Quagliarella, pur citato due volte dall’agente infiltrato. È sparito come le dame nere nei giochi degli illusionisti.

C’è un paradosso, infine. Poniamo il caso che due giocatori per evitare l’omessa denuncia chiamino il procuratore federale Palazzi ad ogni ambigua proposta di un compagno. Scattano i deferimenti. Ne deriva un danno (due punti) al club per illecito sportivo, ma anche a se stessi. Arretrano con la squadra anche loro di due punti. Omessa denuncia e responsabilità oggettiva, messe insieme, diventano così un boomerang. In quale giustizia chi lealmente denuncia paga una penale?

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Il personaggio

Pasquale, padre di Paolo e Fabio: “Sono due ragazzi cresciuti con valori positivi”

Papà Cannavaro: “Infangato

un cognome da pallone d’oro”

La notizia arrivata mentre faceva colazione. Poi in campo ad allenarsi con i compagni

Il suo avvocato Malagnini: “Le motivazioni non sono convincenti, pronto il ricorso”

di PASQUALE TINA (la Repubblica - Napoli 19-12-2012)

Un pugno in pieno volto fa male anche se te lo aspetti. Puoi cercare di attutirlo o magari provare a rintuzzarlo con la “guardia” alta ma se l’impatto è violento c’è poco da fare e il ko si rischia comunque. Paolo Cannavaro ha evitato il tracollo con la forza d’animo che lo contraddistingue, ma la botta è stata pesante. Gli è stato rubato quel sogno che ha tramutato in realtà con passione e sacrificio. Da bambino imitava i campioni all’esterno del San Paolo, adesso il campione è lui e a Fuorigrotta ci giocava ogni domenica con la fascia di capitano sul braccio. La sentenza della Disciplinare gliel’ha strappata per sei mesi senza troppi riguardi. Il risveglio è amaro. La sentenza arriva assieme al primo caffè della mattina, consumato nella sua casa di Posillipo. Una colpo durissimo. Il telefonino è immediatamente bollente: i primi contatti con Grava – compagno di sventura – e con Gaetano Fedele, procuratore ma soprattutto amico di lunga data. Amarezza e delusione, il menù è scontato. La famiglia fa quadrato. Il fratello Fabio gli è sempre stato accanto, così come papà Pasquale, che ora alza la voce: «Non permetto a nessuno di infangare il buon nome dei Cannavaro. Ho un figlio che è stato campione del mondo e pallone d’oro e un altro che è protagonista con la maglia della sua città. Sono cresciuti con valori positivi. Non ho alcun dubbio su Paolo e nemmeno su Gianluca Grava: sono assolutamente innocenti. Tra l’altro hanno pure querelato il signor Gianello. Se dovesse essere condannato, cosa direbbe poi la Disciplinare? ». La domanda resta inevasa, la discrepanza tra giustizia sportiva e ordinaria partorisce sentenze che generano dubbi e contraddizioni: «I giudici hanno addirittura definito strumentale la nostra querela – spiega Luciano Ruggero Malagnini, il legale di Cannavaro – nei confronti di Gianello perché è stata presentata un anno dopo le dichiarazioni dell’ex portiere davanti ai pm di Napoli. Non è assolutamente così, il nostro è un atto serio e circostanziato, altrimenti rischieremmo una condanna per calunnia.

Stiamo già scrivendo il ricorso. Le motivazioni non mi convincono. Vogliamo l’assoluzione». O quantomeno una riduzione dello stop già in appello. La Corte di giustizia federale potrebbe “sforbiciare” qualche mese in attesa del Tnas. L’obiettivo è far valere le proprie ragioni. Ecco perché l’intensità in allenamento non è calata. Paolo Cannavaro è stato tra i primi ad arrivare al centro tecnico. Un capitano, del resto, dà il buon esempio. Regolarmente in campo, dunque, assieme a Gianluca Grava e parte integrante del gruppo. Al termine della seduta, Mazzarri ha riunito tutta la squadra: due ore per confrontarsi e compattarsi dopo la brutta sconfitta con il Bologna in campionato e il -2 in classifica che ha fatto piombare il Napoli al quinto posto, per di più senza il suo leader del reparto arretrato. Il tecnico ha chiesto a tutti il massimo impegno per archiviare il momento delicato della stagione. La ricetta può sembrare anche banale. L’unione d’intenti è fondamentale per voltare pagina e scalare nuovamente posizioni in classifica. In attesa del sostituto (alla lista si aggiunge pure Zaccardo che costa meno di Neto del Siena, valutato 8 milioni), l’apporto di Cannavaro sarà, comunque, prezioso: sarà in campo pure stamattina per l’ultima rifinitura prima della sfida di stasera contro il Bologna. Poi non salirà nel pullman con gli altri, ma si accomoderà in tribuna con rabbia, delusione ma anche una voglia matta di riprendersi al più presto quel sogno che adesso assomiglia ad un brutto incubo.

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La città

“Tutto per favorire la Juventus

sapevamo che sarebbe finita così”

Dai vip al web, si scatena la rabbia dei tifosi

di STELLA CERVASIO (la Repubblica - Napoli 19-12-2012)

Parcheggio di piazza Cavour, la tristezza si taglia col coltello nel regno di Antonio, tifoso-tassista che va allo stadio sempre da solo «perché la partita si guarda senza farsi distrarre da nessuno ». E anche ieri mattina ha commentato senza dilungarsi troppo.

La notizia della squalifica era nell’aria. Ma fa presto ad assumere un altro significato: «Sempre contro il Napoli — dicono in coro due tassisti in piazza Carolina — ce l’hanno con noi e fanno cose strane: questi provvedimenti di solito arrivano a inizio o fine campionato, perché qui succede a metà?». Si scatena il web con insulti ai “gobbi”, cioè gli juventini, e molti commenti sulla strategia difensiva adottata dalla squadra. Su quest’ultima girano decine di post con citazioni della sentenza. Ma c’è chi, come lo scrittore Maurizio De Giovanni, sul suo profilo Facebook elogia l’onestà: «Due punti in meno? Nessun problema, se servono a far sapere che due calciatori del Napoli hanno rifiutato la proposta di combine di un tesserato da tempo emarginato». Ma poi si torna ai regolamenti sportivi: «Una squadra pulita, in una città che sa essere pulita — insiste De Giovanni — punita da una giustizia sportiva che non ha nulla né di giusto né di sportivo».

Un altro storico tifoso, l’avvocato Claudio Botti, avrebbe titolo per giudicare, ma preferisce parlare da tifoso: «Penso che sia una sentenza assurda — osserva — ma è inevitabile fino a che le regole che sovrintendono alla giustizia sportiva sono queste, quindi inutile strapparsi le vesti e gridare allo scandalo, sono provvedimenti massacranti per tutti. Penso sommessamente che il Napoli avrebbe fatto bene ad affrontare questa scadenza badando di più a limitare i danni. La giustizia sportiva è superficiale e presuntuosa. La squadra ha badato più all’immagine che alla sostanza, anche se si sapeva che poteva finire così. Allora forse si poteva patteggiare una pena pecuniaria e sarebbe finita perdendo meno punti. Ho imparato che nelle aule di giustizia si può fare tutto tranne le questioni di principio. Magari tra due o tre mesi tutto finirà in una bolla di sapone, ma oggi c’è il dispiacere». Il penalista sottolinea «l’assurdità dei tempi: a differenza dei giocatori del Napoli, Mauri della Lazio, arrestato e sottoposto a processo, continua a giocare».

Cita Eduardo, invece, Nicola Spinosa, storico dell’arte ed ex soprintendente del Polo museale speciale. «Ci mancava pure questa, non bastano gli altri scandali — esclama — Speravo con tutta franchezza che questo potesse essere l’anno del Napoli, ma ho il sospetto che si sia fatto di tutto per isolare lassù in alto la Juventus. Tra il lungomare liberato ma deserto — conclude Spinosa — e il Napoli senza difesa, di cui Cannavaro era il perno, spero proprio che passi presto la nottata...».

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CALCIOSCOMMESSE

Napoli, un -2 da “par condicio”

Cannavaro 6 mesi di stop

di GUGLIELMO BUCCHERI (LA STAMPA 19-12-2012)

Annunciata nei numeri, -2 in classifica al Napoli, 6 mesi di squalifica a Cannavaro e Grava, la sentenza sul processo scommesse con il club partenopeo sul banco degli imputati apre ad alcune riflessioni. Primo: la responsabilità oggettiva verrà ulteriormente modificata nella sua applicazione favorevole ai club soltanto quando la stagione dei processi sarà chiusa. Così, almeno, per i giudici sportivi di primo grado, che nelle loro motivazioni alla base del -2 al Napoli si soffermano sulla par condicio. «...il principio della responsabilità oggettiva - scrive la Commissione Disciplinare - pur se negli ultimi tempi ha subito una serie di attenuazioni in via applicativa, continua a fondarsi su criteri inderogabili. In proposito va ricordato come questa Commissione in tutti gli analoghi e recenti procedimenti nel caso di responsabilità oggettiva per illecito sportivo (il Napoli è finito a processo perché Matteo Gianello, suo tesserato all’epoca dei fatti, ha tentato di combinare la sfida fra gli azzurri e la Sampdoria del 16 maggio 2010, ndr) sia partita da una sanzione base di due punti di penalizzazione: tra tutti, si ricordino i precedenti di Torino e Sampdoria che - si legge nelle motivazioni - stanno scontando una penalizzazione di 1 punto, frutto del patteggiamento (2 sarebbero stati senza l’accordo fra difese e procura, ndr)...».

La seconda riflessione chiama in causa la stessa procura federale. Il pm del pallone Stefano Palazzi aveva introdotto nelle sue richieste di pena una nuova discriminante per il peso che la responsabilità oggettiva dovrebbe avere sul club: se un tesserato ha un ruolo marginale come Gianello in quel Napoli, per Palazzi la sanzione deve essere minore, ma i tempi per una interpretazione in tal senso non sono ancora maturi così la procura federale è andata incontro ad una bocciatura della sua tesi d’accusa.

Il club di Aurelio De Laurentiis legge la sentenza e invoca «una vera giustizia che si fondi sul diritto e l’equità come Benigni insegna». Il Napoli presenterà ricorso alla Corte Federale contro il -2 e le squalifiche: possibile udienza dopo la Befana. Poi, se servisse, nuovo ricorso al Tnas.

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SCOMMESSOPOLI LE SENTENZE DELLA DISCIPLINARE

Ora il Napoli chiede i danni

Rabbia e sconcerto per il -2: «Penalità assurda, reagiremo»

Duro comunicato del club: «Così si alterano i campionati

mentre sono in corso». Cannavaro e Grava: 6 mesi

di SIMONE DI STEFANO (TUTTOSPORT 19-12-2012)

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ROMA. Adesso è ufficiale, il Napoli è passato dal -1 richiesto da Palazzi ai -2 punti di penalizzazione, per i suoi giocatori Paolo Cannavaro e Gianluca Grava è arrivata la squalifica di 6 mesi e per l’ex Matteo Gianello la conferma dei 3 anni e 3 mesi. Il club di Aurelio De Laurentiis scende al quinto posto “d’ufficio”, a 31 punti e dietro alla Fiorentina, e la stangata a campionato in corso è la scintilla che fa esplodere il Vesuvio. De Laurentiis è una furia e affida il suo sfogo a un comunicato ufficiale che richiama i valori civili e addirittura Roberto Benigni , fresco di lezione sulla Costituzione: “Il Presidente Aurelio De Laurentiis, l’allenatore Walter Mazzarri e tutta la squadra sono sereni, certi che nessuna violazione possa essere addebitabile alla SSC Napoli spa”, recita la nota ufficiale del club partenopeo che “pur non entrando nel merito dell’obsoleto e superato principio della responsabilità oggettiva e riservandosi ogni commento giuridico e ogni azione nelle opportune sedi”, evidenzia “non si possano alterare irrimediabilmente i campionati in corso di svolgimento. Ogni eventuale decisione va presa prima che inizi un torneo o al termine dello stesso”. A questo punto lo sfogo è indirizzato verso Palazzi e il suo staff per il deferimento “differito”: “Dalla stagione 2009-2010 - spiega ancora il Napoli - di tempo ce n’è stato per valutare e decidere. Siamo fiduciosi che nei due gradi successivi di giudizio si possa applicare una vera giustizia che si fondi sul diritto e sull’equità e non sul giustizialismo. Benigni docet”. Il -2 al Napoli è motivato «per garantire - spiega la Disciplinare - una uniformità di giudizio e una situazione di par condicio fra squadre partecipanti allo stesso campionato attualmente in corso», come Sampdoria e Torino che «stanno scontando una penalizzazione di 1 punto maturata in sede di applicazione di sanzione ex art. 23 CGS». È la responsabilità oggettiva ad essere presa di nuovo di mira, con l’avvocato del Napoli, Mattia Grassani , che parla di «sentenza ingiusta e assolutamente inadeguata ai tempi rispetto all’istituto della responsabilità oggettiva». Il Napoli starebbe pensando a una richiesta di risarcimento danni alla Figc: «Non è assolutamente da escludere - dice Grassani - e anzi credo che verrà proprio presa in considerazione perché il Napoli ha subito danni patrimoniali, d’immagine e anche tecnico-sportivi e sono tutte ragioni di risarcimento». La Disciplinare mette un sigillo anche sul mancato patteggiamento (1 anno e 4 mesi) di Gianello in quanto «dagli atti non emergono elementi che integrino gli estremi della collaborazione fattiva da parte dell’incolpato, tali da consentire l’applicazione dell’art. 24 CGS». Ma Gianello è ritenuto credibile perché le sue dichiarazioni «sono pienamente credibili in quanto recepite dall’ispettore di polizia (Gateano Vittoria , ndr) in epoca non sospetta, ovvero quando le indagini non erano iniziate». I giudici parlano anche di «particolari rapporti di familiarità tra Gianello, Cannavaro e Grava», ma soprattutto evidenziano come a tradire Grava e Cannavaro siano le loro stesse dichiarazioni, che «non escludono l’intervenuto tentativo di illecito, considerandolo uno scherzo e nulla di più, ma senza escludere che Gianello possa averne parlato».

CINGUETTII In serata per i due arrivano i tweet di sostegno da parte di Edinson Cavani («Forza capitano, sei e sarai sempre il nostro capitano») e dell’ex partenopeo Lavezzi : «Un grande abbraccio ai miei ex compagni Gianlu e Paolo sono con voi, vi sono vicino non mollate! Ci vediamo presto in campo!».

ALTRI CASI Per il resto, va registrato un altro miracolo dell’avvocato Chiacchio nel proscioglimento del Crotone, e la derubricazione degli ex David Dei e Andrea Agostinelli all’articolo 1 (un mese ciascuno) per non aver commesso l’illecito in Portogruaro-Crotone: il Portogruaro paga con il -2 il tentato illecito di Claudio Furlan . L’appello probabilmente tra il 9 e 10 gennaio.

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ÉQUIPE 19-12-2012

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EL PAÍS 19-12-2012

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Calcioscommesse, il Napoli

perde due punti e Cannavaro

di LUCA DE CAROLIS (il Fatto Quotidiano 19-12-2012)

L’ennesima puntata del Calcioscommesse è una tegola sul Napoli. Ieri la commissione Disciplinare della Federcalcio ha squalificato per sei mesi i difensori azzurri Paolo Cannavaro (capitano, nonché fratello di Fabio) e Gianluca Grava per omessa denuncia, infliggendo al Napoli due punti di penalità e 70 mila euro di multa per responsabilità oggettiva. Il primo grado della giustizia del calcio ha ritenuto “pienamente credibile” il testimone Matteo Gianello, ex terzo portiere degli azzurri, squalificato per tre anni e tre mesi. Gianello avrebbe provato a combinare Sampdoria-Napoli del 16 maggio 2010 (1 a 0), proponendo a Cannavaro e Grava di far vincere i doriani su mandato di un presunto organizzatore di scommesse, Silvio Giusti. Entrambi, sempre secondo Gianello, risposero no. I due giocatori hanno sempre smentito. Ma la Disciplinare ha ritenuto Gianello attendibile, innanzitutto perché parlò della combine a un ispettore di polizia quando ancora non erano iniziate le indagini. Cannavaro e Grava sono stati sanzionati per non aver denunciato tutto alla Figc. Respinte le richieste del procuratore federale Palazzi (nove mesi di stop per i giocatori, un punto di penalità per il Napoli).

“BISOGNAVA garantire uniformità di giudizio e par condicio fra squadre dello stesso campionato” scrivono i giudici, che citano i casi di Torino e Sampdoria: penalizzate di un punto per responsabilità oggettiva, dopo il patteggiamento e l’automatico dimezzamento delle penalità. Il Napoli, che con i due punti in meno scende al quinto posto (-10 dalla Juventus), protesta: “Non condividiamo le decisioni della Disciplinare, non si possano alterare i campionati in corso di svolgimento”. Per il legale del club, Mattia Grassani, “una richiesta di danni non si può assolutamente escludere”. Il Napoli, che non corre rischi in Europa (l’Uefa sanziona per illecito sportivo) farà ricorso alla Corte Federale. Sentenza prevista tra il 10 e il 15 gennaio. Poi potrebbe essere il turno del Tnas del Coni, con sentenza definitiva in febbraio. Sullo sfondo, il precedente dell’allenatore della Juve Conte, a cui il Tnas ha ridotto la squalifica per omessa denuncia da dieci a quattro mesi.

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Terremoto scommesse

Mazzata sul Napoli: -2

Cannavaro, 6 mesi

«Campionato falsato»

Sentenza della Disciplinare per la partita con la Samp nel 2010

Tre anni e tre mesi all’ex Gianello, sei mesi anche a Grava

«CONDANNA INGIUSTA» «Il club di De Laurentiis non c’entra niente. Chiederemo i danni»

di CARMINE SPADAFORA (il Giornale 19-12-2012)

Il «regalo» di Natale per il Napoli di Aurelio De Laurentiis e Walter Mazzarri arriva quando mancano pochi minuti alle ore 10. Noto da tempo il «contenuto» del pacco inviato dalla Commissione disciplinare: due punti di penalizzazione per gli azzurri, che retrocedono dal terzo al quinto posto in classifica (da 33 a 31 punti). Forse, considerata l’attuale condizione della poco sicura difesa azzurra, ben più gravi sembrano le squalifiche di sei mesi inflitte ai due difensori, il capitano Paolo Cannavaro e Gianluca Grava. La giustizia sportiva ha pure condannato il Napoli a pagare una sanzione di 70 mila euro. Sampdoria–Napoli del 16 maggio 2010 (1-0) la «maledetta» partita del presunto tentato inciucio, finita nel filone napoletano del Calcioscommesse, sul quale ha svolto indagini la Procura partenopea. La Commissione disciplinare presieduta da Sergio Artico ha poi inflitto 3 anni e 3 mesi di squalifica all’ex tesserato del Napoli, Matteo Gianello.

Cannavaro e Grava sono stati condannati (il Procuratore Federale aveva chiesto per entrambi una squalifica di 9 mesi) per omessa denuncia. I due difensori non avrebbero denunciato la proposta di combine avanzata dal loro ex compagno, Gianello. La Commissione disciplinare ha poi anche inflitto due punti di penalizzazione (e diecimila euro di ammenda) al Portogruaro, prosciolto il Croto­ne, comminato un’ammenda di cinquemila euro alla Spal.

La Napoli azzurra sperava nel «miracolo», nessuna perdita di punti, nessuna squalifica per Cannavaro e Grava ma, invece, non è stato cosi. Società e tifosi hanno trovato nella «responsabilità oggettiva» il nemico contro cui scagliarsi. La sentenza della Commissione Disciplinare è stata accolta con «grande disappunto, disagio e protesta ma si tratta di una sentenza ingiusta e assolutamente inadeguata ai tempi, rispetto all’istituto della responsabilità oggettiva» spiega il legale del Napoli, avvocato Mattia Grassani. E sul suo sito il club azzurro afferma che nessuna violazione può essere addebitata al Napoli e ritiene «che non si possano alterare irrimediabilmente i campionati in corso di svolgimento». Grassani ha poi avanzato l’ipotesi di una richiesta danni da parte del Napoli. «Non è assolutamente da escludere e, anzi, credo che verrà proprio presa in considerazione» ha spiegato il legale. «Il Napoli ha subito danni patrimoniali, d’immagine e anche tecnico-sportivi e sono tutte ragioni di risarcimento che potranno essere prese in considerazione una volta esauriti i gradi di giustizia. Per quanto accertato dalla commissione disciplinare non c’è alcuna responsabilità né di culpa in vigilando né di omesso controllo da parte della società che paga il comportamento di un ex tesserato come Matteo Gianello, in scadenza di contratto, che nella stagione 2009-2010 non giocò nemmeno un minuto». Solidarietà incondizionata dai compagni a Cannavaro. Il giocatore simbolo del Napoli, Edinson Cavani ha reso pubblico il suo affetto al collega squalificato, «cinguettando» su twitter: «Forza capitano. Sei e sarai per sempre il nostro capitano». El Matador ha poi pubblicato anche una foto in cui abbraccia Cannavaro dopo un gol. E da Parigi gli ha fatta eco l’ex azzurro Lavezzi. Anche i tifosi sul piede di guerra e l’associazione «Noi consumatori». Il legale, Angelo Pisani che ha incontrato delegazioni di tifosi. «Stiamo studiando ogni azione adeguata per la tutela dei diritti dei tifosi e della regolarità di questo campionato altrimenti falsato».

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Sei mesi a Cannavaro e Grava, 2 punti in meno in classifica e 70 mila euro di ammenda.

Il club partenopeo paga così la tentata (e mai realizzata) combine nel match del 2010 con la Sampdoria

LACRIME NAPOLETANE

di ADRIANA POLLICE (il manifesto 19-12-2012)

Sei mesi di squalifica per il capitano Paolo Cannavaro, stessa pena per l’altro difensore Gianluca Grava, 70mila euro di ammenda e due punti di penalizzazione per il Napoli, che lo fanno scivolare dal terzo al quinto posto in classifica. Il verdetto della disciplinare sull’ennesimo episodio di Calcioscommesse è arrivato ieri e non è stata una sorpresa. Il club azzurro potrebbe essere ulteriormente penalizzato dalla Uefa con l’esclusione dalle coppe europee. Una mazzata a cui la città risponde con un mezzo sorriso. «Sono 33 sul campo» scrive Marco su Facebook per sfottere un po’ i bianconeri, che rivendicano anche gli scudetti tolti dalla giustizia sportiva. «È un complotto demo-pluto-giudaico-masso-juventino» insiste Norberto. «Dopo la partita con il Bologna, se a Cannavaro non lo squalificavano lo cacciavo io» si sfoga Alfonso, uno tra i tanti che vorrebbero vedere patron De Laurentiis mettere mano al portafoglio per dare alla squadra una nuova difesa. «Sei e sarai per sempre il nostro capitano» twitta a Cannavaro Cavani. Sul social network si fa vivo anche l’ex azzurro Ezequiel Lavezzi: «Vi sono vicino... non mollate! Ci vediamo presto in campo!».

La dirigenza partenopea annuncia ricorso presso la Corte di Giustizia Federale contro la presunta responsabilità oggettiva del club nella tentata (emai realizzata) combine della partita Napoli-Sampdoria del 16 maggio 2010, quando il terzo portiere, Matteo Gianello (squalificato per 3 anni e 3 mesi), avrebbe sondato la disponibilità dei compagni di squadra, puniti per non aver denunciato il fatto, ad «aggiustare» il risultato. La replica del club è affidata al sito ufficiale: «Ogni eventuale decisione va presa prima che inizi un torneo o al termine dello stesso. Dalla stagione 2009/2010, di tempo ce n’è stato per valutare e decidere. Siamo fiduciosi che nei due gradi successivi si possa applicare una vera giustizia che si fondi sul diritto e sull’equità e non sul giustizialismo. Benigni docet». L’ufficio stampa tira in ballo la performance del comico toscano su RaiUno ma la Commissione disciplinare sostiene di aver garantito «una uniformità di giudizio e una situazione di par condicio fra squadre partecipanti allo stesso campionato in corso».

Una giustizia ingiusta ma anche un accusatore poco credibile, insistono il club e i giocatori. «Se avesse avuto la percezione della serietà del modo di parlare di Gianello, Cannavaro lo avrebbe denunciato - spiega l’avvocato del capitano azzurro -. Lui, invece, non fa altro che sondare il terreno per capire come i compagni si apprestano alla partita e così capire se scommettere. Gianello per la riuscita della combine fa il nome di Quagliarella, e poi cambia versione. . . ». E tornano i sospetti sulla Juve, dove milita adesso l’ex bomber azzurro scagionato subito dai fatti. Ma la Commissione non ne vuole sapere, Gianello è credibile, lui si difende in un’intervista a Il Mattino di Napoli: «Sono andato nello spogliatoio e ho detto quelle cose a Cannavaro e Grava. Appena mi hanno mandato a quel paese mi sono detto: ’che cosa idiota che ho fatto’. Nonmi sono dato pace. Ho raccontato l’episodio al poliziotto che mi stava sempre dietro». Quello più inguaiato sembra proprio Gianello: querelato dagli ex compagni, su di lui potrebbe piovere anche una richiesta di danni dalla società azzurra. «Il Napoli ha subito danni patrimoniali, d’immagine e anche tecnico-sportivi - ha spiegato Mattia Grassani, legale del club -. Per quanto accertato dalla commissione disciplinare non c’è alcuna responsabilità né di culpa in vigilando né di omesso controllo da parte della società, che paga il comportamento di un ex-tesserato come Gianello, in scadenza di contratto, che nella stagione 2009-2010 non giocò mai».

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AUTOGOL

I signori del pallone

non rispettano le regole

di FLAVIANO DE LUCA (il manifesto 19-12-2012)

«Vediamo un mondo vecchio che/ci sta crollando addosso ormai/Ma che colpa abbiamo noi» cantavano i Rokes qualche tempo fa e gli fanno eco oggi i tifosi sempre più disorientati. La condanna di Paolo Cannavaro, speculare a quella di Antonio Conte (entrambi per omessa denuncia ossia sapevano che qualcuno «biscottava» le loro partite), è un altro aspetto di quell’universo pallonaro italiano, in totale crollo di credibilità e di etica. Una sentenza che modifica il normale campionato ma già Atalanta, Sampdoria, Torino e Siena stanno scontando penalizzazioni. A pochi anni dalla condanna della triade bianconera (Moggi, Giraudo, Bettega) che pilotava arbitri, moviole, procuratori e giocatori, con campionati viziati da gravissime irregolarità e illegalità (ma anche Milan, Lazio e Fiorentina sono state condannate per fatti di minore gravità), la bolgia del malaffare continua a fare il bello e il cattivo tempo sulla domenica calcistica, con i sinceri appassionati arrabbiati e increduli. Il peso dell’universo delle scommesse sportive è fortissimo, condizionando le tv, i media, gli addetti ai lavori. Un altro segnale della perdita di senso di questa società. Se Doni è l’unico tesserato condannato apertamente perché puntava forti somme sul risultato delle partite che poi avrebbe giocato con l’Atalanta, se Mauri viene dipinto come un altro scommettitore incallito e aggiustatore di match (ma tanti, troppi giocatori hanno contatti con la criminalità organizzata) non è che i presidenti siano candide mammolette, ben 4 su 20 in serie A hanno avuto condanne di vario tipo dalla giustizia ordinaria (Preziosi per illecito e frode sportiva, Lotito per aggiotaggio, Zamparini per assegni a vuoto e ricettazione, Cellino per falso in bilancio e truffa) e gli altri rispondono ai nomi di Agnelli, Moratti (che faceva pedinare Vieri e imbastire dossier su altri giocatori), Galliani (conflitto d’interessi grande più della Madunnina), De Laurentiis (arroganza suprema e modi triviali insultando giornalisti e giocatori a piè sospinto, da Messi a Gargano) e potremmo continuare a lungo.

Osservare le regole non è previsto né sul rettangolo di gioco né fuori perché tutto il sistema è ampiamente condizionato dai desideri dei padroni, i presidenti che fanno e disfano le norme e le procedure a loro piacimento, con la Federcalcio e il Coni che girano la faccia dall’altra parte. Insomma una fotografia di quell’Italia vecchia, trombona, intrallazzona, che insegue solo il dio denaro e non dà nessun buon esempio a questi giovani sportivi che corrono e sudano sul grande prato verde. Basta, come nel resto del paese, cacciate tutti i corrotti e i condannati. Tirandogli una scarpetta, non come Krusciov o il giornalista iracheno. A loro quelle coi 13 tacchetti.

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I verdetti della Disciplinare: sei mesi per il

capitano e Grava. La società: danni d’immagine

L’ingiustizia

Al Napoli - 2 in classifica

Cannavaro, stagione finita

Il club «I giudici siano equi, assurda questa sentenza a metà stagione»

di PINO TAORMINA (IL MATTINO 19-12-2012)

Amarezza, rabbia, incredulità. L’urlo irritato del Napoli, il mutismo (rabbioso) della squadra costretta dagli eventi al silenzio mentre la stagione e la classifica (-10 punti di distanza dalla Juventus, dal terzo al quinto posto in graduatoria) diventano più complicate.

Un conto pesante, quello che devono pagare Cannavaro e Grava: 6 mesi di squalifica per l’omessa denuncia. Un conto pesantissimo, quello che si abbatte, ampiamente annunciato ma non per questo meno doloroso, sul Napoli: 2 punti di penalizzazione per l’illecito (tentato) di Gianello condannato a 3 anni e 3 mesi.

Per il Napoli, tramortito dalla sentenza, parla un comunicato del club, a firma di Aurelio De Laurentiis e con citazione finale per Roberto Benigni. Una nota di poche righe che insiste su tre concetti - «giustizia sportiva obsoleta e superata», «irrimediabile alterazione del campionato in corso», e infine fiducia «nei due gradi successivi di giustizia» - che da soli esprimono l’umore di una società che non è abituata a sentirsi dare lezioni di etica. «Il Napoli non condivide le decisioni della Commissione Disciplinare Nazionale: non si possono alterare irrimediabilmente i campionati in corso di svolgimento. Ogni eventuale decisione va presa prima che inizi un torneo o al termine dello stesso. Dalla stagione 2009/2010, di tempo ce n’è stato per valutare e decidere. Siamo fiduciosi che nei due gradi successivi di giudizio si possa applicare una vera giustizia che si fondi sul diritto e sull’equità e non sul giustizialismo». Con una citazione finale: «Benigni docet», in riferimento al monologo dell’altra sera sull’equità della giustizia che evidentemente ha colpito il patron azzurro.

Ricorrerà in tutte le sedi possibili il Napoli ferito e sanguinante, mentre il team di avvocati del club azzurro, guidato da Mattia Grassani, sottolinea «i danni patrimoniali, d’immagine e anche tecnico-sportivi che derivano dalla sentenza», annunciando anche un’azione di risarcimento dei danni al termine dell’iter processuale nei confronti di Gianello.

Venticinque le pagine di motivazioni pubblicate online ieri poco dopo le 9,30 del mattino sul sito della Figc. E se il calcio italiano è poco credibile, la giustizia sportiva da ieri lo è ancora meno. Più che una sentenza questo è un colossale groviglio di interpretazioni. Non c’è compromesso tra ciò che ha invocato il pm del pallone, Stefano Palazzi (la sua linea è stata in pratica bocciata) e la decisione della Disciplinare presieduta dall’avvocato Artico. Una forbice enorme tra la richiesta di 1 punto di penalizzazione per il Napoli (Palazzi aveva considerato come secondario il ruolo di Gianello) e la condanna a 2 punti di handicap; la richiesta di 9 mesi per Cannavaro e Grava e lo stop di 6 mesi. Non è poco. È la dimostrazione che questo processo si è mosso nella nebbia, con poche prove e nel totale marasma.

In primo grado il Napoli paga la scelta di non aver voluto adottato la scorciatoia del patteggiamento. Perché paga? Semplice quanto inquietante. Perché si è sempre fatto così. E lo dicono i giudici nelle motivazioni. «Questa Commissione in tutti gli analoghi e recenti procedimenti nel caso di responsabilità oggettiva per illecito sportivo commesso da calciatori tesserati sia partita da una sanzione base di due punti di penalizzazione: tra tutti i precedenti del Torino e della Sampdoria che stanno scontando una penalizzazione di 1 punto maturata in sede di applicazione del patteggiamento». E ancora: «In questo modo si garantisce la par condicio». Parole che spalancano le porta al successo del ricorso del Napoli già in sede di Corte di giustizia federale (a fine gennaio). Poi c’è il Tnas. Nel frattempo, il Napoli non rischia l’Europa League: l’Uefa decide per l’esclusione solo in caso di coinvolgimenti diretti dei club. E non è il caso del Napoli.

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Il commento Le ombre e le contraddizioni del provvedimento arrivato tre anni emezzo dopo la partita con la Samp

Le sentenze sportive,

due pesi e due misure

di FRANCESCO DE LUCA (IL MATTINO 19-12-2012)

Il Napoli perde in un colpo il terzo posto e il capitano Cannavaro. Un’ingiusta e tardiva sentenza della Commissione disciplinare della Federcalcio apre uno scenario preoccupante per la squadra. De Laurentiis, da uomo di spettacolo, ha citato Benigni e il suo appello alla legge uguale per tutti commentando il provvedimento a carico del club (-2 punti, ora è quinto in classifica) e di Cannavaro e Grava (6 mesi) per una partita del 2010, due anni e mezzo fa.

I giudici hanno spiegato di non aver potuto accogliere la richiesta di 1 punto di penalizzazione, avanzata dal procuratore federale Palazzi, perché altri due club (Samp e Torino) erano stati sanzionati con il -2 per responsabilità oggettiva, salvo patteggiare la pena e ottenere la pena dimezzata. C’è un tariffario e viene applicato. In maniera ottusa, perché andrebbero verificate le singole vicende e in questa il Napoli paga per uno squallido approccio che Gianello avrebbe cercato con i due compagni negli spogliatoi prima della partita con la Samp del 16 maggio 2010. Un peso e una misura rappresentano un teorico principio di equità, in questo caso sbagliato, anche perché viene preso per oro colato quello che dice un ex calciatore che si è più volte contraddetto, arrivando a parlare anche di scommesse di clan camorristici su Napoli-Parma in quella stessa stagione: queste cose Gianello le ha lette sui giornali o ne ha diretta conoscenza? E perché si è mantenuto sul generico a proposito di accordi tra dirigenti di altri club per combinare partite? Quali accertamenti ulteriori sono stati compiuti dalla Procura federale su quelle presunte rivelazioni?

Il mondo del calcio è stato squassato dalla vicenda-scommesse. Hanno pagato, e pagano, anche molti innocenti mentre alcuni calciatori sospettati continuano a giocare, come Mauri, il capitano della Lazio. Indagato per associazione a delinquere (a Cremona) e per riciclaggio (a Berna), ha fatto in primavera otto giorni di carcerazione preventiva: va in campo aspettando il processo sportivo. Ma se venisse accertata la sua colpevolezza e venisse squalificato? Bisognerebbe rimettere in discussione le partite vinte dalla Lazio, con lui in campo, quest’anno?

I giudici della Disciplinare sono certi che Gianello abbia contattato Cannavaro e Grava, venendo respinto in malo modo dopo la proposta di combine. I due difensori hanno smentito e hanno accusato l’ex compagno di diffamazione, però soltanto a distanza di un anno lo hanno querelato. Chiacchiere da spogliatoio, scherzi: così erano state prese le parole del portiere, messo ai margini da Mazzarri non perché lui sapesse che fosse uno scommettitore ma perché non lo considerava affidabile. Le parole hanno un diverso peso per i giudici della Disciplinare a proposito della partita Portogruaro-Crotone, esaminata in questo procedimento. Il procuratore federale aveva chiesto 3 anni di squalifica per l’ex allenatore del Portogruaro, Agostinelli, per illecito sportivo: litigò con il collega del Crotone, Menichini, perché quella partita del 2011 non finì in pareggio. Secondo i giudici, la reazione di Agostinelli era motivata dalla stizza per il risultato e non da intese sottobanco, finalizzate alle scommesse. Discorsi da campo, insomma, da punire con un mese, sconfessando la Procura federale, mentre Cannavaro e Grava (e il Napoli) pagano pesantemente per chiacchiere da spogliatoio. Eccoli i due pesi e le due misure.

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Il personaggio Cannavaro accolto con gli applausi negli spogliatoi: il sostegno di Mazzarri e di tutta la squadra

Il capitano in lacrime a Castelvolturno

«Una storia assurda, sono innocente»

I familiari In silenzio il fratello Fabio. Il padre Pasquale: «Così è stata infangata una famiglia»

I messaggi Su Twitter l’affetto di Lavezzi e tanti altri ex compagni «Ti siamo vicini»

di PINO TAORMINA (IL MATTINO 19-12-2012)

Urlano «Ca-pi-ta-no». E poi invocano il nome di Gianluca Grava, come al solito a Castelvolturno prima di tutti gli altri. È la risposta dello spogliatoio del Napoli, dopo che la notizia si è ormai diffusa e l’allenamento del pomeriggio diventa tutto tranne che l’ultima sgambatura alla vigilia della gara di Coppa Italia. Mazzarri li abbraccia, parla al gruppo, chiede di dare prova di compattezza. Paolo, capitano azzurro da cinque stagioni, scoppia in lacrime. C’è Totò Aronica ad abbracciarlo. I due sono inseparabili, nella vita come sul campo d’allenamento. «Forza Paolo. Sei e sarai per sempre il nostro capitano», scrive su twitter Edi Cavani. «Un grande abbraccio. Vi sono vicino, non mollate», il messaggio del Pocho Lavezzi da Parigi.

E poi i tifosi che, con ogni mezzo, hanno cercato di dare coraggio al più piccolo dei fratelloni Cannavaro. «Hanno infangato il buon nome della mia famiglia, siamo tutti a pezzi, delusi e amareggiati. Ma che razza di giustizia è questa?», spiega il papà di Paolo. Fabio, pallone d’oro e campione del mondo nel 2006 risponde con garbo ma poi glissa: di commentare non ne ha nessuna voglia. Sei mesi. Sarebbero stati di meno se i legali avessero accettato il solito patteggiamento in offerta speciale che Stefano Palazzi proponeva prima dell’udienza del 10 dicembre. Il Napoli non cita esplicitamente i due difensori azzurri nel comunicato ufficiale. Ma non sembra un segnale di rottura: il club è deluso per i sei mesi di stop e il Napoli sarà coerentemente ancora al loro fianco, puntando nei prossimi gradi di giudizio almeno a un dimezzamento della pena, sognando il proscioglimento da parte dal Tnas. Il caso-Conte fa giurisprudenza. L’allenatore juventino, per la stessa «colpa» ha visto ridotta la sua squalifica a 4 mesi. Enrico Fedele, il manager di Paolo, è una furia: «Questa sentenza è una vergogna», ripete per tutto il giorno. Tutti aspettano uno sconto. Troppe ombre. Nella motivazione i giudici però confermano l’attendibilità di Gianello: «Nessuno tra Grava e Cannavaro ha mai escluso che Gianello possa aver tentato l’illecito». L’avvocato Chiacchio, legale dell’ex terzo portiere, pensa a una strategia in comune col Napoli «capace di scalfire l’impianto sanzionatorio di primo grado».

Parte la caccia all’erede: crescono le quotazioni di Neto, il 24enne portoghese del Siena. Valutazione: 8 milioni. Bigon vuole inserire nella trattativa anche Vargas e Uvini. Le alternative: Benatia dell’Udinese (ma a gennaio gioca in Coppa d’Africa) e Paletta del Parma (Ghirardi vuole 12 milioni).

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Gli esperti Magistrati e avvocati contestano la decisione della Disciplinare.

De Palma, Assocalciatori: «Pronti a tutelare Cannavaro e Grava»

«Responsabilità oggettiva, una follia giuridica»

I gip D’Urso e Morello: «Cambiare le regole». Botti: «Prove non valutate»

di DARIO SARNATARO (IL MATTINO 19-12-2012)

Giudici, avvocati e fiduciari Aic: tutti d’accordo nel bocciare la sentenza della Disciplinare. «Il Napoli è vittima di una grossolana ingiustizia – afferma Tullio Morello, gip presso il tribunale di Napoli, in passato all’Ufficio indagini –, è parte lesa ed invece è stato punito come colpevole: è un controsenso giuridico. Il nodo resta la responsabilità oggettiva, essenziale per l’attuale codice di giustizia sportiva ma assolutamente anacronistica». Ancora più forte è il commento del penalista Claudio Botti, fondatore del «Te Diegum»: «È una sentenza assurda perché assurde sono le regole della giustizia sportiva. Così ogni calciatore o club rischia il massacro giuridico. Il Napoli non ha subito un trattamento diverso ma è evidente la disparità di tempistica: il club subisce danni, la Lazio invece alcuno ed anzi beneficia dell’apporto di Mauri, arrestato mesi fa».

La pensa analogamente l’avvocato Paolo Trofino, che ha difeso Luciano Moggi in Calciopoli: «Quella sportiva è una giustizia rudimentale. Speravo che la Disciplinare avesse, in questo caso, un sussulto d’orgoglio giuridico ed invece ecco l’ingiustizia tombale». Bruno D’Urso, presidente dell’Ufficio dei Gip di Napoli ed ex giudice sportivo e procuratore federale, invoca un cambiamento: «Il principio della responsabilità oggettiva non ha ormai più senso, perché non è al passo con i tempi e gli interessi enormi in ballo. Il calcio deve decidersi a fare un passo in avanti, adeguandosi ai cambiamenti dei club, vere e proprie holding o società per azioni». Per tutti il processo sportivo va riformato: «Bisogna buttare letteralmente a mare principio di responsabilità – afferma Trofino - perchè i danni sono enormi: il presidente spende soldi, la squadra si impegna e deve essere punita per un episodio lontano tre anni e del quale il club non aveva alcuna conoscenza. Punirlo è stata pura follia».

«Se il Napoli – aggiunge Botti -, non provando la strada del patteggiamento, ha inteso fare una battaglia di principio ha sbagliato, perché con tali norme non si poteva non essere condannati. Il Napoli invece dovrebbe fare una battaglia per riformare la giustizia sportiva, che è assurda, arbitraria e sommaria. A differenza del processo penale, per esempio, non ci sono i criteri di valutazione delle prove. Dunque non è previsto di dover verificare l’attendibilità delle testimonianze e, in questo caso, quella di Gianello». «Per riformarla – di rimando il giudice Morello - bisogna stare nella stanza dei bottoni. Speriamo solo che questa vicenda dia compattezza ed energia alla squadra e non il contrario».

L’avvocato Luigi De Palma, fiduciario dell’Assocalciatori per la Campania annuncia possibili iniziative: «Non entro nel merito dei casi di Cannavaro e Grava, però verificherò con l’Aic eventuali azioni di tutela. In generale credo che il principio della responsabilità oggettiva deve essere estremamente compresso e limitato, ed invece ha prodotto anche in questo caso una decisione pesantissima». Il giudice D’Urso va oltre: «Spesso l’omertà spinge un calciatore a non denunciare un compagno: per sconfiggerla è necessario che i giocatori siano informati nei minimi dettagli, potendo sempre contare sul sostegno legale».

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La condanna, la rabbia

«Napoli, ingiustizia è fatta

siamo tutti con il capitano»

Artisti e atleti in coro: Cannavaro è un ragazzo onesto

Le regole L’olimpionico Cuomo «Sanzione eccessiva. Usati pesi e misure diversi»

di ANNAMARIA ASPRONE & CRISTINA CENNAMO (IL MATTINO 19-12-2012)

Rabbia. Ma anche fiducia, nonostante la dura decisione della Disciplinare, nei due calciatori Grava e Cannavaro e nel club azzurro. Questi i sentimenti che ieri hanno animato le discussioni di tutti i tifosi napoletani, vip e gente comune. Dai social network ai tavolini del bar, dai circoli dei supporter ai negozianti, dagli atleti di altre discipline agli artisti del mondo dello spettacolo: ovunque ieri in città è rimbalzata la notizia della penalizzazione della squadra azzurra e della sospensione di 6 mesi inflitta al difensore Gianluca Grava e a Paolo Cannavaro, il capitano della squadra partenopea. «È una decisione ridicola, immotivata ed ingiusta» commenta Maurizio Aiello, attore e amico di Paolo, assolutamente convinto dell’innocenza e della buona fede di quest’ultimo. «Stiamo parlando di un uomo onesto e sensibile, che in questo momento sta passando ore terribili. Non capisco poi perché punire anche la società. A gennaio - aggiunge - trovare un altro difensore di pari livello sarà un’impresa ardua, senza contare poi il disagio psicologico degli altri giocatori». E proprio sulla sospensione inflitta a Grava e Cannavaro si esprimono le maggiori perplessità. Anche Giuseppe Abbagnale, presidente della Federazione italiana canottaggio e simbolo del fair-play, commenta: «Al di là dei due punti, il principio del coinvolgimento oggettivo ha dei confini labili, bisognerebbe indagare nei minimi particolari. Come facciamo a sapere che quello che è stato considerato «reo» non abbia considerato una smargiassata i commenti del compagno, e sia quindi colpevole solo di superficialità?».

Analogo commento per Sal da Vinci «Credo che alla base di tutto ci sia una legge obsoleta, da rivedere. Incriminare un giocatore per aver omesso una denuncia mi sembra fuori da ogni logica. Escludendo a priori ogni altro tipo di responsabilità, per due sportivi ma soprattutto per due persone oneste come Paolo e Gianluca così presi dal mondo dello sport, ma quello pulito, devo dedurre che l’unica cosa giusta sarebbe rivedere la normativa che purtroppo la magistratura è tenuta ad applicare. Chi come loro e come me è a contatto con tanta gente può suo malgrado trovarsi in situazioni delicate da gestire».

Si dice stupito della sentenza anche lo schermidore olimpico Diego Occhiuzzi «Da sportivo – commenta – so che i regolamenti vanno rispettati, ma per lo stesso motivo posso dire che stare 6 mesi inattivi è terribile, praticamente una pena pari al doping, e mi sembra davvero troppo. La società poi non vedo come possa essere tirata in ballo per qualcosa che avrebbe commesso un solo giocatore». Sanzione eccessiva anche secondo il campione olimpico di spada Sandro Cuomo, oggi c.t. della Nazionale, che ricorda come «anni fa nello stesso periodo furono ritenuti colpevoli dello stesso reato sportivo un fiorettista ed un calciatore. Il primo fu fermato per due anni, il secondo per tre mesi e nel periodo estivo. Comminare una pena di sei mesi è una grande responsabilità. Mi auguro - aggiunge - che la giustizia tuteli tutti allo stesso modo e non usi due pesi e due misure, come in quel caso, perché sono eventi che lasciano l’amaro in bocca». Più che la perdita dei due punti, insomma, i tifosi sono preoccupati per l’assenza in campo di Grava e Cannavaro. Ne è convinto Maurizio Marinella, che nutre molte perplessità per le future decisioni di Mazzarri. «È un grande motivatore sia in campo che negli spogliatoi - dice - e visto il periodo non felice per il Napoli questa batosta davvero non ci voleva. Abbiamo scritto una brutta pagina della storia della nostra squadra e dobbiamo affrettarci a superarla, e a ricostruire. Ci ritroviamo con il morale devastato ed un ruolo da rimpiazzare. L’importante, comunque, è andare avanti». È invece Gino Rivieccio a esprimere la speranza di tanti: «È un’ingiustizia che si basa su un principio discutibile e che mi fa credere che il Napoli non goda di simpatie nelle alte sfere. Mi auguro che ci si ripensi, e che la pena dei giocatori sia almeno ridotta. Forse una scossa così forte, ci può far tornare a combattere in campo». Indignato, infine, il nuotatore olimpico Massimiliano Rosolino, secondo cui «non è così che si educa al fair–play, punendo una squadra che stranamente è sempre nell’occhio del ciclone e per di più a due anni dai fatti ed in pieno campionato. Si suppone una logica del sospetto che non ha a che fare con lo sport: chi mai andrebbe ad accusare un proprio compagno e per di più per qualcosa di cui non ha certezza?». Amarezza anche per la showgirl Anna Fusco, che ha dedicato al Napoli e ai suoi tifosi il calendario 2013: «Non sono preoccupata per i 2 punti di penalizzazione perché con i gol di Cavani li cancelleremo subito, ma Cannavaro no, il nostro capitano è un calciatore pulito, è il simbolo della squadra e non avrebbero dovuto toccarlo. Mi dispiace per la forzata e prolungata assenza di Paolo e Gianluca: adesso De Laurentiis dovrà prendere due bravissimi difensori per sostituirli».

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IL VERDETTO

«COSÌ SI ALTERA IL CAMPIONATO»

Scommesse, è arrivata la sentenza annunciata: -2 al Napoli sei mesi di squalifica a Cannavaro e Grava. La società protesta

Al reo confesso Gianello tre anni e tre mesi: carriera finita. L’avvocato Grassani: «Ingiustizia, chiederemo i danni»

DE LAURENTIIS FARÀ RICORSO: LA CORTE FEDERALE SI

RIUNIRÀ TRA UN MESE SI PENSA AL MERCATO PER LA DIFESA

di CARLO SANTI (Il Messaggero 19-12-2012)

La mazzata era attesa. La Commissione Disciplinare non ha accettato le richieste del procuratore federale Stefano Palazzi. Il Napoli ha avuto 2 punti di penalizzazione e non uno come aveva chiesto Palazzi oltre ad una multa di 70mila (contro i 100mila iniziali) euro. Mano più leggera, invece, per Paolo Cannavaro e Gianluca Grava: la loro squalifica è stata ridotta da 9 a 6 mesi mentre per Gianello lo stop sarà di tre anni e 3 mesi. La Disciplinare ha inflitto 2 punti di penalità anche al Portogruaro.

Il Napoli in quarantotto ore è passato da antiJuve a inseguitrice a 10 punti di distanza dai bianconeri, al quinto posto e con tanti interrogativi anche se questa, va ricordato, è la sentenza di primo grado e non definitiva. Adesso ci sarà l’appello alla Corte Federale che verrà discusso a metà gennaio e poi un ultimo passaggio al tribunale nazionale di arbitrato per lo sport per chiudere la vicenda a febbraio 2013.

Sentenza non politica quella assunta ieri dalla Disciplinare come invece è sembrato essere stato per le richieste con una responsabilità oggettiva nei fatti cancellata, anche in vista dei prossimi casi da esaminare. La Commissione Disciplinare ha deciso di applicare il principio della responsabilità oggettiva - pur attenuata negli ultimi tempi - e di sanzionare, come avvenuto in passato, con 2 punti di penalizzazione e un’ammenda per ogni illecito. Per il Napoli, che paga per il presunto illecito in Sampdoria-Napoli del 16 maggio 2010 messo in piedi dall’allora terzo portiere (che non ha mai giocato) Matteo Gianello, il verdetto è pesante. Il club di Aurelio De Laurentiis non condivide questa sentenza. «Non si possono alterare irrimediabilmente i campionati in corso di svolgimento », ha scritto nel suo sito.

Esiste una questione di responsabilità oggettiva, regole certamente da rivedere ma che attualmente sono in vigore. La Commissione Disciplinare ha ritenuto attendibili le dichiarazioni di Gianello che, pur avendo cambiato versione quattro volte, ha ammesso le sue responsabilità nel colloquio con il poliziotto suo amico. Gianello ha chiamato in causa Quagliarella, poi lo ha scagionato: l’attaccante ora della Juve è scomparso dall’inchiesta.

Il Napoli sapeva perfettamente quali rischi correva e sapeva, anche, dell’esistenza della responsabilità oggettiva. Avrebbe fatto meglio - ma il suo avvocato Mattia Grassani non ha ritenuto percorrere questa strada - a patteggiare (non solo con i soldi) precisando che, viste le norme, era costretto a farlo pur non avendo commesso alcun illecito. Adesso si cercherà di trovare una soluzione e per questo lo stesso Grassani e il difensore di Gianello, Chiacchio, stanno discutendo. Grassani, intanto, è pronto a chiedere i danni per il Napoli. «La società ha subito danni patrimoniali, di immagine e anche tecnico-sportivi - ha detto - e sono tutte ragioni di risarcimento che potranno essere prese in considerazione».

C’è un piccolissimo rischio per il club di Walter Mazzarri di perdere l’attuale partecipazione all’Europa League. Difficilmente (quasi impossibile) che l’Uefa intervenga per una vicenda che non vede il Napoli direttamente coinvolto. Napoli che, intanto, deve risolvere problemi di campo e andare sul mercato. Cannavaro sarà out forse non per sei mesi ma tre o quattro e, quindi, occorre un rinforzo in difesa. A Mazzarri, che domenica sera negli spogliatoi avrebbe fatto da paciere nel presunto litigio tra Cavani e Inler, piacciono Salvatore Bocchetti, centrale attualmente al Rubin Kazan, e l’argentino Silvestre anche perché il connazionale Fernandez non gode di troppa fiducia. Per l’attacco il Napoli, che lascerà partire Vargas cerca Floccari.

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CALCIOSCOMMESSE

-2 Grava sul Napoli

Il club punito per la presunta combine di Gianello per la partita con la Samp

del 2010. Sei mesi di stop ai giocatori che non hanno denunciato l’illecito

di PIETRO ANDREA COLETTI (IL ROMANISTA 19-12-2012)

Due punti di penalizzazione e 70 mila euro di ammenda al Napoli, sei mesi di squalifica a Paolo Cannavaro e a Gianluca Grava, tre anni e mezzo all’ex portiere Matteo Gianello. Sono queste le decisioni della Commissione Disciplinare della Figc, nel processo calcioscommesse per la presunta combine di Sampdoria-Napoli del maggio 2010. La Disciplinare, presieduta da Sergio Artico, ha rispettato le attese andando anche contro quelle che erano state le richieste del procuratore Federale Stefano Palazzi che aveva chiesto 9 mesi di squalifica per Cannavaro e Grava e un solo punto di penalizzazione per la società campana.

L’ex portiere, squalificato per illecito sportivo, è il grande pentito di questo filone. Nelle motivazioni della sentenza si legge che le confessioni rese da Matteo Gianello sono «pienamente credibili - spiega la Commissione Disciplinare Nazionale - in quanto recepite dall’ispettore di polizia V. G. in epoca non sospetta, ovvero quando le indagini della Procura della Repubblica e della Procura federale non erano iniziate». Gianello, secondo la Disciplinare, avrebbe tentato di coinvolgere nella combine Cannavaro e Grava che si sarebbero rifiutati. Il reato contestato ai due difensori napoletani è però, essendo stata accertata l’attendibilità di Gianello, l’omessa denuncia. I due punti di penalizzazione al Napoli per responsabilità oggettiva, con effetto immediato che fanno scivolare la squadra allenata da Mazzarri al quinto posto in classifica con 31 punti, sono stati comminati «per garantire una uniformità di giudizio e una situazione di par condicio fra squadre partecipanti allo stesso campionato attualmente in corso» ha spiegato la Commissione Disciplinare Nazionale che ha poi portato l’esempio di Torino e Sampdoria che «nella corrente stagione sportiva stanno scontando una penalizzazione di 1 punto maturata in sede di applicazione di sanzione ex art. 23 CGS (patteggiamento, ndr) partendo da una sanzione base di 2 punti di penalizzazione in classifica generale».

Motivazioni queste che non convincono il Napoli. Il presidente De Laurentiis è infuriato ed ha affidato il suo commento a una nota ufficiale pubblicata sul sito del club: «Saimo sereni e certi che nessuna violazione possa essere addebitabile alla SSC Napoli spa. Non condividiamo le decisioni della Commissione Disciplinare Nazionale, ritenendo che non si possano alterare irrimediabilmente i campionati in corso di svolgimento. Siamo fiduciosi che nei due gradi successivi di giudizio si possa applicare una vera giustizia che si fondi sul diritto e sull’equità e non sul giustizialismo. Benigni docet».

L’avvocato Mattia Grassani, difensore del Napoli, non ha escluso la possibilità di richiedere un risarcimento danni: «ll Napoli ha subito danni patrimoniali, d’immagine e anche tecnico-sportivi e sono tutte ragioni di risarcimento che potranno essere prese in considerazione una volta esauriti i gradi di giustizia». Il Napoli, dunque, andrà fino in fondo e farà appello alla Corte di Giustizia Federale per poi concludere la vicenda al Tnas.

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CALCIOSCOMMESSE/ SEI MESI DI SQUALIFICA AL CAPITANO CANNAVARO E A GRAVA

Nessun favore. E Napoli si arrabbia

Due punti di penalizzazione per il tentativo di combine della partita con la Samp del 2010

di ROBERTO SANGALLI (IL SECOLO XIX 19-12-2012)

Nessun trattamento di favore al Napoli. Come per la Sampdoria e il Torino, anche per la società partenopea la responsabilità oggettiva in un tentativo di combine, per la precisione la gara con la Sampdoria (che era totalmente all’oscuro) del 16 maggio 2010, vale due punti di penalizzazione. E 70mila euro di ammenda, oltre alla squalifica per sei mesi dei giocatori Cannavaro e Grava rei di omessa denuncia. Il grande accusatore, il terzo portiere Matteo Gianello, dovrà invece restare fuori dai giochi per 3 anni e 3mesi. E il Napoli si allontana dalla vetta della classifica. Ora è scivolato al quinto posto, a 31 punti, dietro a Lazio e Fiorentina. Ma soprattutto a 10punti dalla capolista Juventus.

Rabbia partenopea. Ma se all’ombra della Lanterna e della Mole, la decisione della Commissione Disciplinare destò amarezza ma fu accolta quasi con muta rassegnazione, sotto il Vesuvio ha innescato reazioni polemiche. «Così - è la linea societaria - si vanno ad alterare irrimediabilmente i campionati in corso di svolgimento». E il legale degli Azzurri, Mattia Grassani, che ha definito la sentenza “ingiusta e inadeguata ai tempi”, rincara la dose: «Il Napoli ha subito danni patrimoniali, d’immagine e anche tecnico-sportivi e sono tutte ragioni di risarcimento che potranno essere prese in considerazione una volta esauriti i gradi di giustizia. Per quanto accertato dalla Commissione Disciplinare non c’è alcuna responsabilità né di culpa in vigilando né di omesso controllo da parte della società, che paga il comportamento di un ex-tesserato come Matteo Gianello, in scadenza di contratto, chenella stagione 2009-2010 non giocò nemmeno un minuto».

Le misure di Palazzi. Per Sampdoria e Torino, anche loro accusate di responsabilità oggettiva, il procuratore federale era partito dalla base di due punti di penalizzazione. La Samp, che patteggiò ottenendo uno sconto di pena, era coinvolta nel tentativo di combine della partita col Bari da parte di Guberti. Per il Napoli (che non ha patteggiato) considerando che la combine fu tentata dal terzo portiere, mai impiegato e ai margini della squadra, Palazzi chiese un solo puntio di penalità. Beccandosi la smentita dei giudici. «Per garantire uniformità di giudizio - si legge nella sentenza- e una situazione di par condicio fra squadre partecipanti allo stesso campionato attualmente in corso, appare corretta l’applicazione della sanzione di 2 punti di penalizzazione in classifica generale da scontarsi nella corrente stagione sportiva». «Il principio della responsabilità oggettiva - hanno precisato i giudici- pur se negli ultimi tempi ha subito una serie di attenuazioni in via applicativa, continua a fondarsi su criteri inderogabili. In proposito, va ricordato come questa Commissione in tutti gli analoghi e recenti procedimenti nel caso di responsabilità oggettiva per illecito sportivo commesso da calciatori tesserati sia partita da una sanzione base di 2 punti di penalizzazione».

I paletti del Coni. «Questa è la sentenza, è solo il primo tempo. Non possiamo entrare nel merito. C’è un’autonomia della giustizia sportiva, la rispetta la Federcalcio come il Coni. Ci sono altri gradi di giudizio per cui io sto al mio posto». Lo ha dichiarato il presidente del Coni, Gianni Petrucci, dopo la decisione della Disciplinare. Il club di De Laurentiis ha definito sul proprio sito «obsoleto e superato il principio della responsabilità oggettiva». «Riformarla? Si scopre l’acqua calda: è un discorso che facciamo da tempo. Capisco i sentimenti a caldo, ma sarà aggiornata al termine dei processi», ha detto il numero uno dello sport italiano.

La fedeltà diCavani. Attestato di stima a Cannavaro da Parte di Edinson Cavani su Twitter: «Forza capitano. Sei e sarai per sempre il nostro capitano». E così ha fatto anche l’ex Lavezzi che da Parigi ha inviato il seguente messaggio: «Un grande abbraccio ai miei ex compagni Gianlu e Paolo...Sono con voi, vi sono vicino... non mollate! Ci vediamo presto in campo!».

De Laurentiis sul mercato. La squalifica di Cannavaro obbliga il Napoli a prendere subito un difensore. Tre i papabili. Benatia dell’Udinese, Neto del Siena e Silvestre dell’Inter. Il primo costa troppo; per l’ultimo bisogna mettere sulla bilancia Campagnaro. Senza contare che la squadra ha anche bisogno di una punta da utilizzare come vice Cavani. Si parla di Floccari, Borriello o Immobile. Ma anche di una conferma di Vargas. E forse è la scelta più probabile.

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Napoli

penalizzato

Ora i ricorsi

Cannavaro fermato sei mesi

Stasera c’è il Bologna in coppa

di DANIELE PALIZZOTTO (IL TEMPO 19-12-2012)

Tutto come previsto, a parte la furiosa reazione del Napoli. La Commissione Disciplinare ha emesso i verdetti attesi nell’ambito dell’ennesimo capitolo dello scandalo Scommessopoli: due punti di penalizzazione e 70mila euro d’ammenda per il Napoli, sei mesi di squalifica a testa per Paolo Cannavaro e Gianluca Grava, tre anni e tre mesi per il reo confesso Matteo Gianello.

Nessuna sorpresa, dunque. Il Napoli paga il comportamento dell’ex portiere Gianello, la tentata combine della partita poi persa contro la Sampdoria nel maggio 2010. Il procuratore Stefano Palazzi aveva chiesto un solo punto di penalizzazione, ma è stato smentito dai giudici «per garantire uniformità di giudizio e par condicio»: per lo stesso capo d’accusa (un illecito sportivo) Torino e Samp hanno ricevuto un punto di penalizzazione grazie però allo sconto previsto dal patteggiamento (strada rifiutata dal Napoli), mentre in questo processo il Portogruaro è stato punito con la stessa sanzione del club partenopeo per il match sospetto contro il Crotone (per cui Agostinelli è stato punito con un mese di squalifica).

La Disciplinare non ha avuto dubbi sulla «piena credibilità di Gianello», anche perché le confessioni rese dal portiere all’ispettore di polizia in borghese risalgono «a un’epoca non sospetta, quando ancora le indagini della Procura non erano iniziate». Per questo il Napoli paga, per questo Cannavaro e Grava dovranno rimanere lontani dai campi per sei mesi, colpevoli per non aver denunciato l’illecito.

La dura reazione del Napoli non si è fatta attendere: «Il Napoli non condivide le decisioni della Disciplinare, ritenendo inoltre che non si possano alterare irrimediabilmente i campionati in corso di svolgimento. Ogni eventuale decisione va presa prima che inizi un torneo o al termine dello stesso. Siamo comunque sereni e fiduciosi che nei due gradi successivi di giudizio si possa applicare una vera giustizia». Per ora, dunque, nessuna richiesta di risarcimento - ipotesi avanzata dal legale del club Mattia Grassani - e una sola certezza: la penalizzazione fa scivolare il Napoli dal 3° al 5° posto in classifica, scavalcato anche da Lazio e Fiorentina. Oggi si torna in campo per la rivincita contro il Bologna, ottavo di finale della Coppa Italia, ma il pensiero è già al processo d’appello, previsto dopo le feste natalizie.

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INTERNATIONAL HERALD TRIBUNE (19-12-2012)

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SCOMMESSOPOLI, SENTENZA DI 1° GRADO

Spaccanapoli

Sei mesi di stop per Cannavaro e Grava, -2 agli azzurri che scivolano al quinto posto. Tre anni e tre mesi

al «pentito» Gianello. La società reagisce: «Campionato influenzato, faremo ricorso e chiederemo i danni»

di GIAMPIERO DE CHIARA (Libero 19-12-2012)

Sentenza annunciata, sentenza confermata. Due punti di penalizzazione al Napoli, sei mesi di squalifica a Cannavaro e a Grava; 3 anni e 3 mesi a Gianello. Sono queste le pene decise ieri dalla Commissione disciplinare della Federcalcio, nel processo calcioscommesse per Sampdoria-Napoli del 16 maggio 2010. Oltre ai due punti di penalizzazione in classifica, a carico dei partenopei è stata decisa anche un’ammenda di 70mila euro.

Una batosta che il Napoli si aspettava, ma che non fa comunque meno male. Sconvolge i piani tecnici di mister Mazzarri, rallenta la corsa verso la Champions league (il grande obiettivo del presidente De Laurentiis) e getta nello sconforto tutto l’ambiente napoletano.

La squadra ora si ritrova al quinto posto in classifica (con 31 punti) superata dalla Lazio e anche dalla Fiorentina. E con un distacco di dieci punti dalla Juventus, prima in classifica (quindici giorni fa il distacco era solo di due lunghezze). Inoltre, in attesa dei due gradi di giudizio cui il Napoli ha già fatto sapere di ricorrere, la società è costretta a cercare un difensore per sostituire il capitano Cannavaro (Grava è da tempo ai margini della prima squadra), pilastro difensivo del 3-4-1-2, tanto amato dall’allenatore Mazzarri.

I due calciatori sono stati accusati e condannati per non aver denunciato la proposta di combine ricevuta dall’ex compagno di squadra Matteo Gianello. E il Napoli, di conseguenza, ha pagato per responsabilità oggettiva. La Procura federale (l’accusa nella giustizia sportiva), nella requisitoria del pm Palazzi della scorsa settimana, aveva chiesto un solo punto di penalizzazione e nove mesi di squalifica per i due calciatori. La commissione disciplinare (i giudici che emettono la sentenza di primo grado) non le ha accolte. Ha inasprito la penalizzazione per la squadra di De Laurentiis, ma ha alleggerito i mesi di sospensione per Cannvaro e Grava, «per garantire una uniformità di giudizio e una situazione di par condicio fra squadre partecipanti allo stesso campionato attualmente in corso», si legge nella motivazione della sentenza. La commissione disciplinare fa riferimento a Torino e Sampdoria, partite con un punto di penalizzazione maturato per effetto del patteggiamento sulla pena basilare di due punti. Il Napoli, però, aveva rifiutato il patteggiamento e ha già fatto sapere di contestare la sentenza («così si altera il campionato»), tramite un comunicato. La società annuncia il ricorso, con l’appello alla Corte di Giustizia Federale e poi eventualmente in ultima istanza al Tnas (il tribunale nazionale di arbitrato per lo sport), ma tramite il suo legale (l’avvocato Mattia Grassani) fa balenare l’ipotesi di chiedere i danni a Gianello: «Il Napoli ha subito un danno patrimoniale, ma anche d’immagine: sono tutte ragioni per chiedere un risarcimento alla fine dei vari gradi di giustizia sportiva». Per i primi di gennaio è attesa la sentenza d’appello. Un mese dopo l’ultimo giudizio che tiene in ansia il Napoli e i suoi tifosi.

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Il pm sconfessato

Per Palazzi la solita solfa

lui chiede, i giudici lo ignorano

di FRANCESCO PERUGINI (Libero 19-12-2012)

Ancora una volta, Stefano Palazzi porge l’altra guancia. La sentenza Scommessopoli rifila l’ennesimo schiaffio al della Federcalcio.

Due punti di penalizzazione alla squadra partenopea, come negli altri traguardi di questa lunga corsa a tappe. Non c’è ragione – dicono in sostanza i giudici della Disciplinare nel dispositivo – per scontare un punto agli azzurri come richiesto da Palazzi. Né, d’altrocanto, per punire Paolo Cannavaro e Gianluca Grava oltre i sei mesi consueti (il procuratore ne aveva chiesti nove). Nell’ultimo procedimento il pm nel pallone ha fatto richieste incomprensibili, incassando un no dopo l’altro a partire dal patteggiamento del «pentito» Matteo Gianello. In attesa che il procuratore Figc spieghi l’assenza di Fabio Quagliarella dal processo – lo juventino sarebbe stato il terzo «contatto» di Gianello nello spogliatoio azzurro – si allunga l’elenco delle «cantonate» prese da Palazzi dall’inizio di Scommessopoli. A partire proprio dall’altro grande pentito, Andrea Masiello. Bocca della verità per la procura federale, fonte inaffidabile per i giudici della Disciplinare che ha decretato le pesanti assoluzioni non solo di Bonucci e Pepe, ma anche di Belmonte, Di Vaio, Vives, Padelli e Salvatore Masiello.

Clamorose le batoste incassate anche nella gestione del caso Conte. Prima il patteggiamento rifiutato dalla Disciplinare, poi la condanna a 10 mesi in appello per il tecnico bianconero con tanto di rimprovero esplicito da parte della Corte federale. «Conte andava deferito per illecito sportivo, non per omessa denuncia», si legge nella sentenza. Un errore «di concetto» che ha svelato la fragilità del teorema del «non poteva non sapere». E che ha costretto il Tnas a dare un colpo di spugna tornando ai quattro mesi iniziali.

Da ricordare anche i casi Manfredini (prosciolto in appello), Fontana (scagionato dal Tnas dopo una doppia condanna a 30 mesi) e Portanova: il capitano del Bologna era stato accusato di illecito sportivo (3 anni la richiesta), ha ricevuto solo 4 mesi per omessa denuncia. E senza alcuna penalizzazione per il Bologna, un precedente che potrebbe fare comodo al Napoli in Appello. Così come quello del Pescara: penalizzato di due punti e poi assolto nel secondo processo «cremonese».

Con questo fardello di figuracce, Palazzi si prepara ad affrontare il ricorso partenopeo e soprattutto l’ultimo grande filone: quello sull’inchiesta di Genova. Un’altra prova difficile, dopo che la procura ligure ha archiviato le posizione degli ex genoani – Criscito, Dainelli, Palacio, Sculli, Milanetto – per la presunta combine del derby con la Samp. E intanto si discutere anche il frazionamento del processo voluto dal procuratore. Una scelta che stravolge il campionato: Conte è già tornato in panchina, mentre Cannavaro starà fuori nella parte più delicata della stagione. Stefano Mauri invece potrebbe aiutare la Lazio nella corsa Champions fino a fine stagione, se il procuratore non si darà una mossa. Tanto Palazzi ha altro quattro anni di tempo per completare l’inchiesta. E continuare a porgere l’altra guancia.

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Tentato illecito: -2 al Napoli

6 mesi a Cannavaro e Grava

La sentenza sui fatti della gara contro la Samp.«Stesso metro

già usato in precedenza». La società: «Campionato falsato»

di FELICE DIOTALLEVI (l'Unità 19-12-2012)

DUE PUNTI DI PENALIZZAZIONE AL NAPOLI, SEI MESI DI SQUALIFICA AL CAPITANO AZZURRO PAOLO CANNAVARO E AL DIFENSORE GIANLUCA GRAVA. La sentenza della Commissione disciplinare conferma le indiscrezioni della vigilia e sceglie il pugno duro a conclusione dell’ennesimo processo sportivo per il Calcioscommesse andando persino oltre le richieste formulate dal procuratore Stefano Palazzi che per il club azzurro aveva chiesto un solo punto di penalizzazione. Cannavaro e Grava, per i quali il procuratore aveva chiesto una sanzione di 9 mesi, sono stati puniti per non aver denunciato la proposta di combine della partita Samp-Napoli del 16 maggio 2010 ricevuta dall’ex compagno di squadra Matteo Gianello. Per il tentato illecito l’ex portiere partenopeo è stato squalificato per 3 anni e 3 mesi. Dura le reazione del Napoli, espressa attraverso una nota ufficiale: «Il presidente Aurelio De Laurentiis, l’allenatore Walter Mazzarri e tutta la squadra sono sereni - si legge nel comunicato -, certi che nessuna violazione possa essere addebitabile al Napoli. Pur non entrando nel merito dell’obsoleto e superato principio della responsabilità oggettiva, e riservandosi ogni commento giuridico e ogni azione nelle opportune sedi, la società Napoli non condivide le decisioni della Commissione Disciplinare, ritenendo, inoltre, che non si possano alterare irrimediabilmente i campionati in corso di svolgimento. Ogni eventuale decisione va presa prima che inizi un torneo o al termine dello stesso. Siamo fiduciosi che nei due gradi successivi di giudizio si possa applicare una vera giustizia che si fondi sul diritto e sull’equità e non sul giustizialismo». Il Napoli, stando almeno a quanto comunicato dall’avvocato Mattia Grassani, legale della società azzurra, starebbe inoltre valutando la possibilità di richiedere un risarcimento danni. «Per quanto accertato dalla Commissione Disciplinare - ha spiegato infatti Grassani - non c’è alcuna responsabilità né di culpa in vigilando né di omesso controllo da parte della società che paga il comportamento di un ex-tesserato come Matteo Gianello, in scadenza di contratto, che nella stagione 2009-2010 non giocò nemmeno un minuto».

Per quanto riguarda la sanzione di due punti, i membri della Disciplinare hanno spiegato di aver agito «per garantire una uniformità di giudizio e una situazione di par condicio fra squadre partecipanti allo stesso campionato attualmente in corso». «Va ricordato - si legge nelle motivazioni - come questa Commissione in tutti gli analoghi e recenti procedimenti nel caso di responsabilità oggettiva per illecito sportivo commesso da calciatori tesserati sia partita da una sanzione base di 2 punti di penalizzazione in classifica generale: tra tutti, si ricordino i precedenti del Torino e della Samp».

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CALCIOSCOMMESSE

Puniti il Napoli e Cannavaro

Il club si infuria e cita Benigni

La Disciplinare decide per due punti di penalizzazione

Sei mesi di squalifica per il capitano azzurro e Grava

La società. «È giustizialismo che altera il campionato in corso, vogliamo giustizia»

di NICOLA SELLITTI (Pubblico 19-12-2012)

Tutto come previsto, con relativo polverone di polemiche e minacce di cause per danni. Napoli penalizzato di due punti in classifica dalla Commissione disciplinare della Figc per responsabilità oggettiva nel tentativo di combine nella gara contro la Sampdoria del 16 maggio 2010. E sei mesi di sospensione, con effetto immediato, per il capitano azzurro Paolo Cannavaro e il difensore Gianluca Grava. Mentre Matteo Gianello, ex portiere partenopeo che aveva provato a convincere i due calciatori azzurri a truccare la gara contro i doriani e poi reo confesso, è stato condannato a tre anni e tre mesi di squalifica per illecito sportivo. Tutte le decisioni della disciplinare possono essere impugnate davanti alla Corte di giustizia federale (entro metà gennaio). Ultima chance, il Tnas, entro fine febbraio

Dunque, rivoluzione in classifica per gli azzurri. In pochi giorni dal secondo al quinto posto con 31 punti, scavalcati da Lazio e Fiorentina. Lo scudetto, con la Juventus distante dieci lunghezze, è un sogno svanito a due giornate dal termine del girone d’andata. E con tre difensori in meno nella rosa (Cannavaro, Grava e Salvatore Aronica, destinato al Palermo), sarà corsa al mercato invernale (tra i favoriti, il giovane Neto del Siena). Il Napoli però contesta duramente i verdetti della disciplinare, accusata di «giustizialismo che altera il campionato in corso». Il primo commento post sentenza arriva dal legale ufficiale della società azzurra, Mattia Grassani, che ipotizza la possibile azione legale del club: «La società ha subito danni patrimoniali, d’immagine ma anche tecnico-sportivi. Queste sono tutte ragioni di risarcimento che potranno essere prese in considerazione, una volta esauriti i gradi di giustizia. Per quanto accertato dalla commissione disciplinare non c’è alcuna responsabilità né di culpa in vigilando né di omesso controllo da parte della società che paga il comportamento di un ex tesserato come Matteo Gianello, in scadenza di contratto, che nella stagione 2009-2010 non giocò nemmeno un minuto. Abbiamo accolto la sentenza con grande disappunto, disagio e protesta: è una sentenza ingiusta e assolutamente inadeguata ai tempi rispetto all’istituto della responsabilità oggettiva».

Poi, la nota ufficiale sul sito della società. Con un passaggio finale che chiama in causa Roberto Benigni, il giorno successivo al grande successo ottenuto dal comico toscano su Raiuno con l’esegesi della Costituzione. «Il Presidente Aurelio De Laurentiis, l’allenatore Walter Mazzarri e tutta la squadra sono sereni, certi che nessuna violazione possa essere addebitabile alla SSC Napoli spa. Pur non entrando nel merito dell’obsoleto e superato principio della responsabilità oggettiva, e riservandosi ogni commento giuridico e ogni azione nelle opportune sedi, la SSC Napoli non condivide le decisioni della commissione disciplinare nazionale, ritenendo, inoltre, che non si possano alterare irrimediabilmente i campionati in corso di svolgimento. Ogni eventuale decisione va presa prima che inizi un torneo o al termine dello stesso. Dalla stagione 2009-2010, di tempo ce ne è stato per valutare e decidere. Siamo fiduciosi che nei due gradi successivi di giudizio si possa applicare una vera giustizia che si fondi sul diritto e sull’equità e non sul giustizialismo. Benigni docet».

Per la commissione disciplinare della Figc le confessioni di Gianello sono pienamente credibili perché reperite quando le indagini della Procura della Repubblica e della Procura federale non erano iniziate. Nelle motivazioni della sentenza si legge inoltre che la veridicità delle dichiarazioni rese dall’ex portiere è confermata dalle intercettazioni telefoniche tra Gianello e Giusti (ex compagno al Chievo e suo complice nel tentativo di combine di Samp-Napoli, per lui condanna di tre anni e nove mesi) e dai rapporti di familiarità tra Gianello, Cannavaro e Grava. Infine, dalle testimonianze dei due difensori azzurri al pm, «dichiarazioni che non escludono l’intervenuto tentativo di illecito, considerandolo uno scherzo e nulla di più, ma senza escludere che Gianello possa averne parlato». Gli altri, tra calciatori, allenatori (per esempio Antonio Conte) e dirigenti condannati per omessa denuncia nel processo Calciopoli non hanno mai ammesso l’esistenza del tentativo di illecito sportivo. Ma è sulla penalizzazione del club che pesa il confronto con le altre società toccate dallo scandalo scommesse. Il Procuratore Palazzi aveva chiesto un solo punto di penalizzazione, la Disciplinare ne ha assegnati due per «garantire uniformità di giudizio e par condicio», essendo sempre partita da una sanzione base di due punti nel caso di responsabilità oggettiva per illecito sportivo. Citati esplicitamente i casi di Sampdoria e Torino che hanno patteggiato (al contrario del napoli) ottenendo alla fine un solo punto in meno.

Intanto l’etere napoletano fa blocco intorno alla società e soprattutto intorno a Cannavaro e Grava. Per il capitano del Napoli, l’incoraggiamento via twitter di Edinson Cavani «Forza capitano, sei e sarai sempre il nostro capitano». Un sito, SpazioNapoli.it, ha realizzato una maschera di Cannavaro scaricabile via pc, che i tifosi possono indossare allo stadio nelle prossime gare. E non è mancato anche l’appoggio di Ezequiel Lavezzi, ex idolo azzurro ora al Paris Saint Germain: «un abbraccio a Gianlu e Paolo, sono con voi, vi sono vicino, non mollate. Ci vediamo presto in campo».

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PESANTE SENTENZA NEL PRIMO GRADO DELLA GIUSTIZIA SPORTIVA:

IL PM DEL CALCIO PALAZZI AVEVA CHIESTO UN SOLO PUNTO

NAPOLI PERDE DUE PUNTI E IL CAPITANO

La sentenza cambia la classifica di serie A: «Par

condicio con gli altri casi». Stop per sei mesi per

Cannavaro e Grava. Pronto il ricorso del club

di PAOLO FRANCI (Quotidiano Sportivo 19-12-2012)

Due punti di penalizzazione al Napoli, 6 mesi a capitan Cannavaro e Grava per omessa denuncia del tentato illecito di Samp-Napoli del maggio 2010. Nelle 25 pagine delle sentenze c’è il fallimento della linea difensiva del club partenopeo, e del tentativo di riforma ‘in corsa’ del principio della responsabilità oggettiva tentata dal pm del calcio Stefano Palazzi.

Stonata, la difesa del Napoli che ha scelto la via dell’inattendibilità del reo confesso Mattia Gianello ex terzo portiere del Napoli. E anche quella dei legali di Cannavaro e Grava, che avevano messo in dubbio l’attendibilità dell’ispettore di Polizia che ne aveva raccolto le confidenze illecite per poi denunciarlo. Aveva detto, l’avvocato del Napoli in aula: «La deposizione fatta da Gianello in procura è il manuale del soggetto inattendibile, nessuno può credere ai suoi racconti». I giudici invece gli hanno creduto, eccome.

Il pm del calcio, chiedendo un solo punto per il Napoli, ha forse tentato una sorta di riforma volante della responsabilità oggettiva, sostenendo che Gianello era un personaggio marginale nello spogliatoio «che non aveva giocato neanche un minuto». Una lettura respinta dai giudici della Disciplinare (tre dei quali già nella commissione giudicante dei processi estivi: Artico, Franchini e Tobia), ai quali va dato atto di aver applicato il codice di giustizia con coerenza rispetto alle precedenti sentenze. Scrive la Commissione: «Il principio della responsabilità oggettiva, pur se negli ultimi tempi ha subito una serie di attenuazioni in via applicativa, continua a fondarsi su criteri inderogabili... Va ricordato come questa Commissione negli analoghi recenti procedimenti nei casi di responsabilità oggettiva per illecito sportivo sia partita da una sanzione di 2 punti». I giudici richiamano dunque alla «par condicio fra squadre partecipanti allo stesso campionato», ricordando che Torino e Sampdoria per una situazione analoga hanno subito penalizzazione di un punto, patteggiata partendo da 2 punti così come da ‘tariffario’. Per Cannavaro e Grava (Palazzi aveva chiesto 9 mesi) la Commissione ha deciso per i 6 mesi, applicando il minimo edittale. Il Napoli, che farà ricorso (così come Cannavaro e Grava) ha regito attraverso un comunicato nel quale si cita Roberto Benigni, che lunedì su RaiUno si era soffermato sui principi della Costituzione, e annuncia battaglia: «Riservandosi ogni commento e ogni azione nelle sedi opportune». Secondo il legale del club l’ipotesi di una azione per risarcimento danni: «Non è assolutamente da escludere e, anzi, credo che verrà presa in considerazione».

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_dall’economia al calcio

Bilanci, tifosi, risultati

Lo spread affonda l’Italia

Un libro calcola le differenze tra la Bundesliga e il resto d’Europa

La Germania è il modello: tra le top leghe la Serie A è la peggiore

di MARCO IARIA (GaSport 19-12-2012)

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La parola spread è entrata in tutte le case con la crisi globale e le paure attorno alla tenuta dei conti pubblici italiani. Adesso un po’ meno, ma fino a qualche mese fa, ci ronzava nella testa a ricordarci la distanza che passa tra noi e la Germania, misurando il differenziale dei rendimenti dei loro titoli di Stato con i nostri. Ora c’è pure il football spread. Se lo sono inventato Gianfranco Teotino e MicheleUva, autori del libro Il calcio ai tempi dello spread. Di mezzo ancora la Germania. Perché come l’economia della Merkel fa da traino all’Europa, così la Bundesliga rappresenta ilmodello da seguire nel football.

Il paniere Ciò che avevamo già capito ammirando quella nazionale giovane e multietnica, quegli stadi pieni, quei bilanci in ordine, adesso si è trasformato in un numero, appunto il football spread. E la Serie A non ne esce bene. Tra i grandi campionati del Vecchio Continente, il nostro è quello messo peggio. La distanza con la Germania è quantificata in 265 punti, contro il -165 della Liga e il -199 della Premier. Facciamo e meglio della Ligue 1 (-269). Macome si arriva a questo valore? Sono stati presi in considerazione sei parametri, utili a fotografare lo stato di salute di un movimento: ricavimedi per club, rapporto tra fatturato e stipendi, patrimonio netto medio per club, rapporto tra fatturato e passivo, affluenzamedia agli stadi e ranking Uefa per club. Se guardiamo alla A, scopriamo che i 77,7milioni di entrate medie sono inferiori di 20 milioni a quelli della Bundesliga e che lo spread si dilata a livello patrimoniale (41, 8milioni il patrimonio netto medio di un club tedesco contro 7,5; 216% il rapporto fatturato/passivo in Bundesliga contro il 55% in A) e nell’appeal tra la gente, visto che i tedeschi ci hanno quasi doppiato nelle presenze allo stadio: 42.100 a 23.500. Quel che più preoccupa è che lo spread è cresciuto nell’ultimo quadriennio passando da 172 a 265 punti. L’Italia ha problemi tutti suoi, e mali comuni alle altre. Perché la fotografia che il libro scatta a livello internazionale è questa: l’industria del calcio resta impermeabile alle tempeste della crisi, col fatturato del football in crescita del 42% tra il 2006 e il 2010, a fronte di uno striminzito +1% dell’economia dell’Eurozona, e tuttavia sono aumentati i costi, con gli stipendi schizzati del 67 per cento. In questo, la Bundesliga è l’unica isola felice. Poi, però, l’Italia sconta limiti strutturali che si sono già tradotti in una perdita di competitività delle nostre squadre nelle coppe.

Caso Italia «Si conferma—spiegano Teotino e Uva, a due anni di distanza dal libro La Ripartenza — una scarsa visione manageriale a lungo termine: gli investimenti in infrastrutture continuano a essere sostanzialmente inesistenti (con l’unica eccezione del nuovo stadio della Juventus), le politiche di customer relationship management sono ancora soltanto in abbozzo, i progetti di internazionalizzazione stentano a decollare e le risorse destinate ai settori giovanili sono ancora insufficienti ». Ricette? Tante. Da una nuova governance della Lega all’implementazione di politiche di fidelizzazione. Aspettando i nuovi stadi, si può lavorare su quegli 8 milioni di biglietti invenduti inAe su un potenziale introito di 160 milioni. Come fece la Nba all’inizio degli anni Novanta.

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El CSD tira de la quiniela para cubrir gastos

El Gobierno retendrá ocho de los 35 millones que ingresan los clubes de fútbol para equilibrar sus necesidades en deporte tras un recorte presupuestario del 30%

por AMAYA IRÍBAR (EL PAÍS 19-12-2012)

En política un año es un mundo, más aún si el paisaje de fondo es el de una crisis económica profunda, terrible, que afecta a todas las esferas de la vida y de la que no se adivina el final. Esto puede explicar, en buena parte, el cambio radical que ha dado la Liga de Fútbol Profesional (LFP) en los últimos meses con respecto a una de sus grandes reivindicaciones tradicionales: incrementar el dinero que ingresan los clubes de la quiniela (el 10% de la recaudación total, casi 35 millones de euros esta temporada).

Si en febrero la patronal que agrupa a los 42 equipos de Primera y Segunda División llegó incluso a amagar con un plante si no lograba ese objetivo ayer concedió entregar ocho de esos millones, casi el 24% del total, al Consejo Superior de Deportes (CSD). La medida es transitoria y empezará a aplicarse la temporada que viene.

El secretario de Estado para el Deporte, Miguel Cardenal, y el presidente de la LFP, José Luis Astiazarán, escenificaron ayer el acuerdo, que ha generado malestar en algunos clubes, con un apretón de manos, una sonrisa y buenas palabras en la sede del CSD en Madrid. “Quiero agradecer a la Liga la actitud que ha tenido en todo este proceso. Este dinero es para nosotros muy importante”, dijo Cardenal. “No son momentos fáciles, pero quiero destacar el esfuerzo que hacen los clubes, sobre todo los más pequeños”, añadió Astiazarán.

Los ocho millones extra que gestionará el CSD, así como el millón y medio que por el mismo concepto recibía la federación española y que irá a la misma cesta, servirán, según informó Cardenal, para financiar el deporte base, así como para garantizar que se mantengan las subvenciones que reciben los equipos insulares de todo tipo de deportes para poder participar en competiciones nacionales en la península.

Es una forma de cuadrar el presupuesto del CSD que ha sufrido un recorte drástico, de más del 30%, este año y que se deja ver en todas las esferas en las que el organismo tiene influencia, desde el programa ADO que ayuda a los deportistas olímpicos y que aún está por concretar hasta las subvenciones que reciben las federaciones.

En principio, la medida es transitoria, pero su horizonte está por ver. “Estará en vigor hasta que las circunstancias presupuestarias lo permitan. Deseamos que sea pronto”, precisó el secretario de Estado, quien confirmó que se trata de una medida que no conlleva contrapartida alguna para los clubes. Ni siquiera una promesa. Al secretario de Estado le preguntaron sobre las apuestas online, otra reivindicación del mundo del fútbol para aumentar sus ingresos, y zanjó: “No está previsto a corto plazo”. Todos los ingresos de las recientemente regularizadas casas de apuestas irán directamente a Hacienda.

Aunque la reducción de los ingresos que reciben los clubes de las quinielas es un contratiempo para la LFP y puede aumentar la división en su seno, su alcance en la salud económica de los clubes es limitado, ya que buena parte de esa cantidad, que lleva años descendiendo al ritmo de la crisis y este año está presupuestada en 34,4 millones de euros, debe destinarse por ley a cumplir con el crédito que permitió su plan de saneamiento en los años 90 y a medidas de seguridad y conservación de los estadios.

A pesar de ello no es una buena noticia para un sector que no es ajeno a la crisis —el Depor es el último de una larga cadena de clubes que antes de fin de año entrará, según dijo ayer su presidente, Augusto César Lendoiro, en concurso de acreedores incapaz de hacer frente a sus deudas— y que está cercado por Hacienda, empeñada en acabar con la deuda de 752 millones que el fútbol mantenía con la Agencia Tributaria a principios de año. La Agencia anunció el mes pasado que había recaudado 132,9 millones de los clubes deudores. “Claro que nos afecta”, asegura un directivo de un club modesto; “todos contamos con ese dinero en nuestro presupuesto, pero es lo que hay”.

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Una losa de 6.500 millones en deudas

Un informe elaborado por la UEFA revela la precariedad de los conjuntos europeos

Desde 2014-2015, los que no equilibren sus balances no jugarán torneos continentales

por JUAN JOSÉ MATEO (EL PAÍS 19-12-2012)

Los clubes europeos tienen una deuda neta de 6.500 millones de euros. Según pudo saber este diario, esa es una de las conclusiones del estudio que la UEFA presentará en 2013, cuando arranca la primera temporada (2013-2014) en la que medirá a los equipos según el equilibrio de sus cuentas, un paso más en la transición hasta el curso 2014-2015, cuando ya podrá expulsar de las competiciones europeas a los que no cumplan con el Juego Limpio Financiero (JLF). No es una cuestión menor. Se persigue un objetivo contracultural en el fútbol: que los clubes no gasten más de lo que ingresan y que la competición no quede dividida entre los equipos que ajustan su inversión a lo que generan y aquellos patrocinados por fortunas que pueden fichar sin pensar en los números rojos. La UEFA solo permitirá desviaciones presupuestarias de cinco millones, salvo que los dueños inyecten proporcionalmente nuevo capital, en cuyo caso podrán ser de hasta 45 millones entre 2013 y 2015, y de hasta 30 entre 2015 y 2018.

“Cada tipo de deuda implica riesgos diferentes”, cuentan fuentes conocedoras del estudio, una radiografía de la salud del fútbol europeo que demuestra que el sistema coercitivo afecta a la gestión de los directivos: los 6.500 millones de deuda neta estimados ahora según los criterios del JLF para el año fiscal de 2011 supondrían una reducción de 400 millones con respecto al de 2010 (6.900), además de un cambio de tendencia (ahora se reduce, y de 2009 a 2010 aumentó en 200 millones). “En el marco del JLF, monitorizamos de cerca las cantidades que se les debe a jugadores y otros empleados, así como a las autoridades tributarias, ya que su impago o pago atrasado puede tener un impacto directo en el juego y en otros clubes. Esos balances son significativamente mayores (más del doble) en España que en el total de clubes del resto de países”, prosiguen. “La deuda neta de los clubes ingleses según los criterios del JLF es de 2.000 millones de euros, pero debería ser considerada en el contexto de que todos esos clubes son dueños de sus estadios, lo que les hace susceptibles de recibir grandes préstamos de los bancos a cambio de hipotecar esa garantía. Los clubes españoles, que tienen aproximadamente la mitad de la deuda neta de los ingleses, también tienen menos de la mitad de activos como estadios de su propiedad”, cierran.

En 2012, la UEFA finalizó el estudio de las cuentas de los clubes europeos en el ejercicio financiero de 2010. Concluyó que las pérdidas netas de los equipos se habían disparado un 36% con respecto a 2009 y un 153% con respecto a 2008. El problema, analizaron los autores, afectaba a todos los campeonatos y equipos: entre todos habían perdido 1.600 millones de euros solo en 2010.

“Varios clubes han sido sancionados, y otros lo serán”, dicen desde el organismo regidor del fútbol europeo, que este mismo año retuvo cautelarmente los premios de 23 equipos, entre ellos el Atlético de Madrid y el Málaga, hasta que cumplieran con el pago de unos atrasos combinados de 30 millones en salarios, plazos de fichajes e impuestos. La entidad madrileña, como otras 15 de esas 23, solucionó el problema dentro de plazo. El equipo andaluz, sin embargo, es el primero que disputa la Champions y se arriesga a una sanción derivada del reglamento del JLP: su caso y el de otros ocho conjuntos será estudiado próximamente. “Hay una relación transparente entre las dos organizaciones”, dijo en su día el club en un comunicado. “La inclusión del Málaga en esa lista es una medida cautelar y no una sanción, y puede ser levantada en cuanto se alcance un acuerdo con la Agencia Tributaria”.

Son los primeros conjuntos señalados por un sistema que pretende generar una mayor racionalidad en las finanzas del fútbol, reduciendo su deriva inflacionista, e introduciendo una nueva cultura: competir desde los ingresos y no desde los préstamos y las deudas.

“El fútbol siempre continuará. Es demasiado importante para morir, pero estas reglas son un proyecto muy importante para asegurarnos que continúa de una forma más sana”, argumentan desde la UEFA tras ver cómo la semana pasada el Manchester City presentaba pérdidas de 120 millones en el curso 2011-2012. “Sin embargo, la UEFA y las reglas del JLP no pueden resolver los problemas aisladamente. Para reducir los problemas financieros, también es importante que actúen las autoridades nacionales”.

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Clubs agree in principle on vexed issue of spending rules

by OLIVER KAY (THE TIMES 19-12-2012)

The advent of financial regulation in the Barclays Premier League moved closer yesterday as opposition from Aston Villa, Fulham and Manchester City was overcome with a view to introducing curbs on spending next season.

Although a meeting of all 20 Premier League clubs in London yesterday failed to find the required two-thirds majority in favour of any of the various proposals under discussion, there was a vote in favour of the principle of financial regulation.

Most of those in favour of regulation stop short of embracing the idea of introducing Uefa’s “Financial Fair Play” (FFP) rules, as advocated by Arsenal and Manchester United, but the matter will be voted upon at the next meeting on February 6, when some limitations on spending are expected to be introduced.

The expectation among most club executives for that meeting is for an agreement that will result in a tentative move towards regulation.

While there is limited enthusiasm for the implementation of a FFP-style ruling, yesterday represented a significant move towards some form of regulation in a bid to prevent next year’s increase in broadcast revenue leading to a rise in player wages.

None of the individual schemes met with the approval of a two-thirds majority yesterday, but the proposals that will be voted upon include of a longterm acceptance of Uefa’s FFP policy, which will ultimately require clubs to break even, and the idea — as lobbied for by Ellis Short, the Sunderland chairman — of a freeze on salary increases over the three-year cycle of the next Premier League broadcast-rights deal.

Yesterday’s vote represents a blow to Villa, Fulham and City, who have been the most vehement in opposing restrictions on spending. Fulham and City, who have benefited from the wealth of Mohamed Al Fayed and Sheikh Mansour respectively, believe that clubs should be permitted to invest as their owners deem fit, while Villa and West Bromwich Albion are also in favour of a laissez-faire approach.

David Gold and David Sullivan, the West Ham United co-owners, have made significant investments in recent years, but their position, in contrast with the West Brom approach, is that they require some form of regulation if any sense of discipline is to be applied to negotiations over player wages.

“People are realising the importance of coming to a consensus and we’re moving ever closer to it,” Gold said. “It’s important we bring in governance to ensure the Premier League in future never has to experience what happened to us when Portsmouth went into administration.”

City announced a pre-tax loss of £93.4 million last week for the financial year ending May 2012, but several among the club’s hierarchy believe that the argument is being skewed by selfinterest on the part of some clubs whose owners prefer to think of football as a money-making exercise.

Modificato da Ghost Dog

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Contra la desidia, control

Para poner firmes a las federaciones, el CSD cederá a la Agencia Estatal su comisión antidopaje

por CARLOS ARRIBAS (EL PAÍS 19-12-2012)

“Era una de mis desesperaciones, esa comisión”, dice Ana Muñoz Merino, directora de la Agencia Estatal Antidopaje (AEA). Se refiere a la Comisión Nacional Antidopaje, un órgano metastásico (más de 30 miembros, variopintos y muchos con nulo interés o relación con el dopaje) dependiente no de la propia AEA como sería lógico, sino del Consejo Superior de Deportes (CSD), y contra el que han chocado todos sus intentos de modernización y control. “Cualquier cosa que intentaba hacer chocaba con esa frase: esto es de la comisión, y parecía que me amparaba en ello para justificarme”, dice Muñoz Merino. “Pero esto va a cambiar”.

Esto cambiará porque Muñoz Merino ha recibido de Miguel Cardenal, presidente del CSD, la noticia de que un próximo Consejo de Ministros aprobará un real decreto que le permitirá presidir la comisión antidopaje, hasta ahora reserva del director general de Deportes del CSD. Y eso sin esperar a que el parlamento apruebe la nueva ley Antidopaje que consagra los plenos poderes para la AEA. “Desde ese puesto, por fin tendré poder para cambiar las cosas”, dice Muñoz Merino, que se encontraba al frente de una agencia hueca. “Desaparece un obstác**o. Podremos ya decidir nosotros, en petit comité qué controles se hacen, a qué deportistas, en qué deportes, y no como hasta ahora, que se decidía en esa comisión, en la que tenían presencia y voto hasta los representantes de los deportistas a los que se debe controlar, con los conflictos de intereses que eso supone. Y podré sentarme de otra manera frente al presidente de cualquier federación a la hora de hablar de dopaje, pues hasta ahora siempre controlan más ellos, tienen mucha más información, y quieren manejar los casos a su estilo, a oscuras”.

En el año que lleva en el cargo, con paciencia y tenacidad de arqueóloga, Muñoz Merino, ha intentado revisar todos los controles efectuados por las federaciones, que son los organismos responsables. Y lo poco que ha podido ver, pues tanto la comisión como las propias federaciones, recuerda, son reacias a compartir la información, le ha puesto los pelos de punta, la punta del iceberg del gran teatro de la lucha contra el dopaje en España.

“He visto que con vistas a los Juegos de Londres algunas federaciones llevaban a cabo los controles obligatorios con cita previa, lo que falsea totalmente su filosofía”, dice Muñoz Merino. “Y he visto que algunas federaciones, incluso, encargaban controles antidopaje a médicos cercanos a deportistas que han dado positivo, como Luis García del Moral, del caso Armstrong, Javier Solanas, amigo de José Luis Blanco, o Javier Núñez, el médico de Alessandra Aguilar. Esto no puede seguir así. Son suficientes sospechas para pensar que cientos de controles en España están mal hechos”. La inmensa mayoría de positivos detectados a deportistas españoles provienen de controles organizados en competición o fuera de ella por la Agencia Mundial Antidopaje o por las respectivas federaciones internacionales, no por las nacionales.

La lista de los agentes de control antidopaje, más de 200 personas, depende hasta ahora de la comisión, el órgano que habilita a los médicos que lo solicitan y que pasan un curso de 30 horas con su examen organizado por la AEA. “Pero después, renueva automáticamente las habilitaciones y eso va a cambiar”, promete Muñoz Merino.

“Esto debe cambiar, en efecto”, dice Pedro Manonelles, presidente de la asociación de médicos del deporte (Femede), quien reconoce que sí, que se dan casos como los denunciados por la AEA, de médicos efectuando controles a sus deportistas. “Pero esto parte también de otro problema”, dice Manonelles, “que es el de la falta de agentes dispuestos a seguir haciendo controles. No es que paguen mucho por hacerlos, entre 90 y 300 euros, y para un trabajo que puede llevar varias horas, sino es que muchas federaciones llevan tiempo sin pagar, y no vemos visos de que paguen lo que nos adeudan. Y muchos se han plantado y han decidido no hacer más controles si no se les paga”.

No es la de los controladores la única deuda que mantienen las federaciones en asuntos de dopaje. “Al laboratorio le adeudan entre todas unos 450.000 euros. Se piensan que como depende del CSD es de todos y no pagan los análisis”, dice Muñoz Merino, quien pronto dispondrá de armas, y de responsabilidad, de músculo, para cambiar las cosas.

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COLPO DI TACCO

La politica non entri all’Olimpico

di MARIO BIANCHINI (IL ROMANISTA 19-12-2012)

Una più attenta riflessione sul silenzio di Zeman alimenta il sospetto che dietro le quinte dell’imprevista decisione covi una protesta non limitata al disappunto per il gol segnato in fuori gioco da Pellissier oppure per i 2 calci di rigore non concessi. Contrasterebbe con la sua natura impassibile cedere agli umori del momento. Il boemo non è mai banale.

Non sarebbe da escludere che egli abbia deciso di scendere in campo a gamba tesa, privilegiando il silenzio assordante che vale più delle parole. Il personaggio combattente di storiche battaglie contro i soprusi e i poteri forti, potrebbe aver ravvisato sufficienti motivi per temere l’esistenza di inquietanti scenari. Stavolta Zeman ha deciso di respingere al mittente la consueta formuletta giustificativa della "giornata storta" in cui sarebbe incappato l’arbitro Bergonzi. La congrega delle giacchette nere "vanta" precedenti di antiche ostilità verso la Roma, ampiamente certificati. Non saremmo sorpresi se il "segugio" mister Zedneck avesse individuato nel comportamento di Bergonzi i segnali di una premeditazione destinata alla proliferazione di pericolosi "pargoletti". Oppure si tratta più semplicemente di casualità, in verità un po’ troppo frequenti, che rientrano nell’incapacità congenita di gran parte della classe arbitrale, come hanno dimostrato gli scempi perpetrati su altri campi? Il dubbio sta a testimoniare la buonafede che contempla le ambedue possibilità. Tuttavia continua a ronzare nella mente la significativa reazione di Zeman, approvata in pieno dalla tifoseria romanista, memore del famoso detto: "Chi è rimasto scottato dall’acqua bollente , teme anche quella fredda". Caccia alle streghe? Come volete. Ma sarà bene tenere all’erta i giudici di gara, bravi e meno dotati, rammentando loro in tempi non sospetti, che la nuova Roma intende disputare un campionato unicamente all’insegna della regolarità. A cominciare dal prossimo turno che per tanti motivi esige un’attenzione particolare. All’Olimpico arriverà il Milan circondato da un alone di ammirazioni per la sua rincorsa, accompagnato da una sospetta corte mediatica che non mette assolutamente in conto un passo falso dei rossoneri. Lo scenario sembra costruito ad arte per calamitare la tentazione di protagonismo da parte di giudici facili al "condizionamento psicologico", fattore che non è un’invenzione. Non ci piacerebbe assistere all’ennesimo spot elettorale, scomodo intruso nel mondo dello sport. Berlusconi fa bene a presentarsi a Milanello a bordo del suo elicottero color bianco latte, con i giocatori schierati a mano tesa verso il "capo" esortatore di successi. Fa parte del suo "mestiere". I romanisti che amano solo il loro calcio , si augurano semplicemente una direzione di gara che non rimanga vittima dei "piani " meneghini. Non gradirebbero affatto una fotocopia dei fatti di Verona , specialmente se dovesse ripresentarsi sotto vesti propagandistiche che nulla hanno da spartire con il football.

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An ugly reminder that bigotry still lingers

by ROB HUGHES (INTERNATIONAL HERALD TRIBUNE 19-12-2012)

Soccer has gone a long way toward integration since a 17-year-old phenomenon we came to know as Pelé visited Europe to help Brazil win the World Cup in Stockholm in 1958.

Swedes could not help but notice that Pelé was black, but that it made no difference to the beauty of his skills.

How far has Pelé’s game — the global game—come since then? The question is provoked by what we see all around us, especially in Europe. A Serbian crowd made monkey chants to goad black players on a visiting English Under-21 team this autumn, and UEFA, the European soccer authority, issued puny fines to the Serbian federation for allowing it.

But with Europe’s major clubs now so well-served by players of every color, creed or nationality, we surely have reached a time when racial intolerance is not only passé, but its presence seems quite stupid. Now get this, from Russia, without love.

On Monday, the largest group of supporters of the Russian champion Zenit St. Petersburg posted a call on its Web site for the team to be exclusively white and heterosexual.

The first reaction of reasonable people is perhaps to think: Ignore them, and they might choke on their own rhetoric. However, Zenit is as close as it gets to a state-owned team in Russia. It is run and financed by the state-controlled energy giant Gazprom. Millions extracted from the ground are pumped into making that club competitive against the increasingly foreign-backed teams in the Champions League.

President Vladimir Putin and Prime Minister Dmitry Medvedev were born in the city and have Zenit in their hearts.

Just a few months ago, the Communists of Russia, a St. Petersburg branch of the political group, wrote an open letter to the president calling on him to ‘‘save’’ the club from internal combustion over local players’ rebelling at the salaries used to entice the Brazilian Hulk and the Belgian Axel Witsel to come to St. Petersburg.

Now that that fire has been damped, a second ‘‘open letter’’ has again stirred the issue of color. Hulk, whose full name is Givanildo Vieira de Souza, happens to be dark-skinned. So does Witsel, whose father is from Martinique in the French Caribbean.

To most of us, they just are players, in Hulk’s case a powerful and gifted striker whose travels have so far taken him from Brazil to Japan to Portugal, and then, last August, to Russia.

The fan group Landscrona published what it called its manifesto on Monday. ‘‘We are not racists,’’ the statement read. ‘‘For us the absence of black Zenit players is just an important tradition that underlines the team’s identity and nothing more.’’ But they are not racists and not bigots, they claim.

Something is either lost in translation or in human understanding, because the diatribe spells out: ‘‘Dark-skinned players are all but forced down Zenit’s throat now, which only brings out a negative reaction. ’’ And: ‘‘Gay players are unworthy of our great city.’’

St. Petersburg is a great city of the Russian Revolution. Its club, now called Zenit, was formed by metal-workers when the city was called Leningrad. And it has nouveau riche opponents in Russia who are going out into the world to recruit renowned individuals from Brazil, Cameroon or wherever to break Zenit’s power—or even to surpass the club.

Yet the Landscrona fan club letter is explicit. ‘‘As the most northern club of the major European cities,’’ it states, ‘‘we have never been associated with Africa, South America, or Australia and Oceania.

‘‘We have absolutely nothing against the people of these and any other continent. We only want players from other brotherly Slav nations, such as Ukraine and Belarus, as well as from the Baltic states and Scandinavia. ’’

That presumably would rule out Dick Advocaat, the Dutchman who coached Zenit to the Russian league title in 2007. It would disparage Luciano Spalletti, the Florentine who has instilled some Italian principles into the team and has won two titles since he took over as coach in three winters ago.

Spalletti is nothing if not a man for free speech. While the club did say on Monday that its recruitment policy was, and would remain, aimed at the world community of players, the coach tackled the issue of racism head-on.

‘‘Tolerance for me,’’ Spalletti said on the team’s Web site, ‘‘is the ability to understand and accept differences.’’ For goodmeasure, he added: ‘‘Being tolerant means that you fight against any kind of stupidity. ’’

For as long as Spalletti is in charge of the team—which might not be entirely dependent on results—he is obviously going to stand for his principles. ‘‘I can personally assure everyone,’’ he continued, ‘‘that I will do everything I can to help those who seek to explain to people what tolerance is, and the need to respect other cultures and traditions.

‘‘The team has gathered players from different countries and ethnic groups who work together to achieve a common goal, and work well. ’’

What Spalletti does not say is that money, by the millions, is what breaks down the last vestiges of racial intolerance within the dressing room walls.

What we can all see, and hear, is that so-called big players like Chelsea’s John Terry and Liverpool’s Luis Suárez are having to learn the hard way that racist words as well as attitudes will not be tolerated in the current multicultural makeup of the sport.

But with the money now available in Eastern Europe, the best example of integration comes on the field. It is currently being led by Shakhtar Donetsk, whose blend of Ukrainian defenders and Brazilian flair has been at times quite outstanding in the Champions League this season.

Watching Fernandinho, Douglas or Alex Teixeira creating the chances for Luiz Adriano and Willian to score in Donetsk is an object lesson in Brazilian adaptability in the harshest industrial heartland and the coldest of climates.

The players pass and move in ways that only truly integrated people can. The fans know it. And the time to question a player’s skin tone is as irrelevant now as it was in Pelé’s time.

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Give racists a platform to show their idiocy

by MATTHEW SYED (THE TIMES 19-12-2012)

We are not racists, but . . .” Don’t you just love that opening line? I have seen it rather a lot in recent days, in the comments at the bottom of newspaper articles about immigration, in vox pops involving constituency chairmen from the shires, and, most recently, to change the scenery, in a letter from the largest supporters’ group in Russia.

The fans of Zenit St Petersburg, or at least a large section of them, have written a letter to the club kindly offering their perspective on the criteria that should be used to determine the make-up of their squad. There is very little about good handling skills, some decent height up front, or the ability to pass and move.

Rather, the concerns have a more — how do we put this? — primitive flavour.

The detail is gorgeous. “We see the absence of black players at Zenit as an important tradition,” the so-called Landscrona fan grouping says in its letter, which it labelled the “Selection 12 manifesto”. It also objected to the recruiting of gay players or, as it put it, “sexual minorities”.

In this context, the notorious history of the club makes a lot of sense. Dick Advocaat, the team’s Dutch former manager, has stated that “the fans don’t like black players” and it would be “impossible” for Zenit to sign one. It almost seems like understatement.

There have been dozens of racist incidents at the club, with monkey booing and other bigoted chanting. According to Serge Branco, a former Cameroon international who played for Sanata, Zenit’s management were “the real racists” for not combating the problem. “In a civilized country they’d smack them down to the third division for their fans’ behaviour,” he said.

But perhaps we shouldn’t jump to conclusions. The authors of Selection 12 do not want us to infer that they are in any way bigoted. “We are not racist,” they say with a nod to convention at the very outset of their missive. It is just that they “want to maintain the national identity of the club, which is the symbol of St Petersburg.” They almost make their stance sound like an act of patriotism.

But this hints at the basic difficulty for the world’s racists: they desperately want to cloak their prejudice in the garb of intellectual respectability. They just can’t resist providing more and more meat on the bone. So, instead of just stating their opposition to black players, as a matter of brute faith or primal hatred, the Zenit fans go farther. And farther.

They patiently explain, for example, that the club “was never mentally linked with Africa, nor with South America or Australia or Oceania” and complain that “black players are now being imposed on Zenit practically by force”. But they also insist that they are not against foreigners per se.

Indeed, they are more than happy to welcome “players from other brotherly Slav nations, such as Ukraine and Belarus, as well as from the Baltic states and Scandinavia. We have the same mentality and historical and cultural background as these nations.”

Same mentality? It is a novel perspective, carrying the implication that half the male population of Europe would also object to having blacks and gays in their gang. It also begs the question of what would happen to Scandinavians who are, say, mixed race. Or Slavs who may be as white as milk, but who fraternise with blacks, possibly even in a romantic way. In short, could the Zenit fans cope with people who share their colour, but not their ideology?

In apartheid South Africa, they had answers to these key questions. They knew, like anyone else who has traced the continuum in skin pigmentation from Iceland to sub-Saharan Africa, that racial categories are deeply ambiguous. So they had the famous pencil test: sticking a pencil into the hair of the person in question to see if it would fall out (those with hair thick enough to hold on to the pencil were considered “black”). That they did this with a straight face is a tribute to human versatility.

Anyone familiar with the writings of Nick Griffin or his political party will have been struck by similar mental gymnastics. Their critique of mixed-race children was of particular interest to me, as one of their number. They characterise us as “a tragic victim of multi-racism”, and their reasoning is sublime. “The divine or Darwinian pressures which created different races in the first place also very clearly created the innate human tendency to prefer ‘us’ to ‘them’ as the way in which such differences would be preserved.”

And later: “Nor even does it mean that we think that it is a good thing for even a single person of European stock to have so much as one child with a Japanese or Chinese. We do not, because such a union mixes what are not meant to be mixed, destroys two ancient family lines, and undermines two equally great but entirely separate cultures.”

Just read that again to savour their incoherence, their conflation of creationism and Darwinism, and their hopeless attempt to put pretty pink ribbons on brute hatred. In many ways, the writings of the BNP, the published policies of apartheid South Africa and the words of the Selection 12 Manifesto are godsends to anyone wanting to combat the scourge of racism. We just need to see more of these lunatics, to hear their reasoning, and racism will slowly evaporate.

The worry, of course, is that the process of racial enlightenment always takes time and there is only six years until the World Cup comes to Russia, with St Petersburg one of the host cities. A greater lead from Uefa and Fifa would doubtless help in speeding up the process, particularly in the punishments handed out for racist chanting, although we should probably not hope for too much given the recent precedent of the match involving the Serbia Under-21 team.

But the most powerful way to combat racism is to hear from the racists themselves. Give Griffin as much publicity as possible. Ask the Zenit group to publish a book-length exposition of its anti-black position. The more opportunity it has to explain its views, the more incoherent and downright comical they sound.

Not everyone who talks a great deal about race or multiculturalism is a racist, of course; not even the red-faced chaps who we have heard from so often in the recent immigration debate in the UK. But if you are ever unsure, there is a sure-fire test. That opening line: “I am not a racist, but . . .” It’s always a giveaway.

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New police inquiry into Hillsborough disaster

by RICHARD FORD (THE TIMES 19-12-2012)

A fresh criminal investigation into the Hillsborough football disaster was announced by the Home Secretary today as the High Court quashed the original accidental death inquest verdicts into the 96 Liverpool fans.

The new police inquiry will look at the role of the Football Association, which authorised the staging of the match in April 1989 despite the Hillsborough ground not having a valid safety certificate.

It will also look at the part played by Sheffield City Council in licensing the ground.

Theresa May, the Home Secretary, announced the inquiry as the Lord Chief Justice Lord Judge and two other judges ordered fresh inquests following an application by Dominic Grieve, QC, the Attorney-General.

Lord Judge said there were “good grounds” for the application made by Mr Grieve, and described what happened in 1989 as catastrophic.

Referring to the families, he said there had been a “profound, almost palpable belief that justice has not been done and that it cannot be done without and until the full truth is revealed”.

He said: “We must record our admiration and respect for their determined search for the truth about the circumstances of the disaster and why and how it had occurred, which - despite disappointments and setbacks - has continued for nearly a quarter of a century.”

In a written statement to MPs, Mrs May said Jon Stoddart, the former chief constable of Durham, will lead a new criminal investigation which will focus on the 96 deaths of Liverpool fans at the FA cup semi-final in 1989.

As part of his investigation Mr Stoddart, who has been appointed an assistant Commissioner at the Metropolitan Police, will look at the role of the FA, Sheffield City Council and Sheffield Wednesday.

The independent panel’s report into the Hillsborough disaster found that the ground “failed to meet minimum standards under the Safety of Sports Grounds Act 1975”.

Mrs May said: “I am determined to see a swift and thorough response to the findings of the Hillsborough Panel to deliver justice for the 96 football fans who died and the families who have fought so hard on their behalf.”

Mr Stoddart will not be allowed to employ officers or former officers with any prior connection to the Hillsborough disaster.

He will not be allowed to hire any officers or former officers who worked in the West Midlands, South Yorkshire or Merseyside police forces.

Mr Stoddart will also work closely with the previously announced Independent Police Complaints Commission (IPCC) investigation into police conduct in the aftermath of the disaster.

He said: “I am aware of the great significance and personal responsibility which comes with leading this criminal investigation.

“My first priority is to meet with as many of the families as possible and to establish a working open relationship with them throughout the investigation.

“I have held a number of meetings already and have been struck by the families’ humility and steadfast determination to see justice delivered for their loved ones.

“My role is to ensure that we determine exactly what happened in the lead-up to and on the day of the disaster and establish where any culpability lies.”

More than 40 families had travelled to London for today’s High Court hearing and after Lord Judge ordered fresh inquests they burst into applause.

Lord Judge expressed regret that the process the families had gone through over the years since the disaster had been “so unbearingly dispiriting and prolonged”.

Mr Grieve told the court that the application to quash the original inquest verdicts was being made as a consequence of the Hillsborough Panel’s report published in September which called into question the validity of the original inquests.

“The report of the Hillsborough Panel undermined a critical assumption that underpinned all of the investigations into the disaster and, most importantly, that had underpinned the inquests,” he said.

“The panel’s access to all of the relevant records and expert analysis of the post-mortem evidence confirmed that the notion of a single, unvarying and rapid pattern of death in all cases was unsustainable.

“Some of those who died did so after a significant period of unconsciousness during which they might have been able to be resuscitated, or conversely might have succumbed to a new event such as inappropriate positioning.

“Consequently, the response of the emergency services was not investigated in any detail by the inquests.”

___

la Repubblica SERA 19-12-2012

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Il caso Dopo il litigio con l’ex fidanzata il club prende posizione: «Lo abbiamo scoperto dalla stampa»

Il Levriero braccato

Comportamento non professionale. Marino: «Schelotto verrà multato»

di DONATELLA TIRABOSCHI (CORRIERE DELLA SERA - Bergamo 19-12-2012)

Lo «Stendardogate», in casa atalantina ha fatto scuola (universitaria). Ecco perché, prima che la «Schelottolovestory» rotolasse a valle diventando una valanga mediatica in grado di travolgere tutto e tutti, a Zingonia ci hanno mezzo subito una pezza. A cucirla sulla trama societaria ci ha pensato, ieri, Pierpaolo Marino presentatosi in conferenza stampa con tutta la pazienza di un «buon padre di famiglia», costretto ormai, con settimanale frequenza, a dover giustificare qualche allegra cavolata della prole.

Questo giro è toccato a Schelotto e ai suoi focosi impeti passionali, sfociati nella notte (fonda) di domenica in schiaffoni (veri o presunti) alla (ex o forse no) fidanzata, la 24enne bergamasca Federica Lissi, conditi con insulti e strattoni nella pubblica via (Moscova) e finiti con l’intervento della polizia e un salto al pronto soccorso per la ragazza (4 giorni di prognosi). Ad avvisare la società dell’increscioso episodio, lunedì mattina, peraltro non ci ha pensato il giocatore (probabilmente ancora addormentato ed ignaro dei «giri» di cronaca nera) ma l’Ansa tramite il lancio di agenzia. Dopo di che sono seguiti fitti contatti, una dozzina di telefonate, tra il direttore generale ed Ezequiel, al quale nel frattempo era pure salita la febbre (non quella del sabato sera, ma del lunedì mattina). «Approfondiremo il fatto più per sapere come sono andate realmente le cose, che per fare gossip — ha attaccato Marino — Per il momento ho raccolto le informazioni dal giocatore che è molto prostrato e mi ha confermato il luogo, l’orario e la circostanza e cioè un forte litigio con la fidanzata». Il dubbio, però assale il dirigente: «Forse ex, non lo so. Questi sono problemi suoi».

Che cosa ci facesse in giro alle tre di notte, in una giornata precedente l’allenamento, un suo giocatore, questo, invece, è un problema suo. Cioè dell’Atalanta. «Il regolamento interno è molto chiaro in fatto di orari e prevede, in caso di violazione, dei provvedimenti disciplinari». Il codice «penale» della società è segretissimo e quindi cosa ricadrà sulla chiomata testa del giocatore, così come per Stendardo, non è dato sapere. «Non abbiamo né il dovere né il piacere di comunicare all’esterno i fatti nostri», ha tagliato corto Marino, apparso a tratti evangelicamente indulgente con il discolo centrocampista: «È un ragazzo fragile, dubito però che abbia potuto compiere certi gesti. Del resto anch’io, quando ero giovane e litigavo con la fidanzata, diventavo cattivo. Chi è senza peccato scagli la prima pietra... ». O la prima sberla? «Siamo stati tutti giovani, fidanzati e bollenti». Beata gioventù. «Io non ho mai picchiato nessuno, voglio sperare che anche lui non l’abbia fatto», ha chiosato Marino che, parlando di discoteche milanesi piene di calciatori, la domenica sera, ha rimarcato la doverosa coscienza professionale dei calciatori.

Del resto la domanda nasce spontanea: se Schelotto non fosse stato «pizzicato», chi avrebbe saputo della sua scorribanda notturna in barba al regolamento? Ecco, dunque, che la convocazione in società di mamma e papà Schelotto, nella serata di ieri, avrà perseguito anche lo scopo di sensibilizzare la famiglia (della serie, se non ci pensa il ragazzo, pensateci almeno voi). Fermo restando che il mister non l’ha presa benissimo (e ti credo), la conclusione è che: «Certe cose non fanno parte del dna dell’Atalanta». Punto.

Il pensiero del diggì è poi andato al mercato di gennaio. «Vediamo a quanti punti ci arriviamo, dopo di che ci penseremo cercando di sfruttare eventuali opportunità e sperando che non ci vengano a "scombussolare" i piani come l’anno scorso con Padoin. L’organico è abbastanza completo». Marilungo out? «Parra ha giocato pochissimo e Moralez viene utilizzato come seconda punta ». Dunque niente di nuovo in avanti. «Certi equilibri sono difficili da toccare». Peluso? «I giornali parlano. L’unica cosa certa è che il Genoa cambierà nove undicesimi della squadra. Per tutto il resto si vedrà».

-------

I casi Il Levriero multato per la lite in piazza con la ex. Lo difenderà l’«avvocato»?

Su Schelotto uno Stendardo pietoso

MI IMMAGINO IL FINALE: DIFESO DA STENDARDO

di DAVIDE FERRARIO (CORRIERE DELLA SERA - Bergamo 19-12-2012)

Strano mese, per l’Atalanta. Sta sui titoli dei giornali più per le vicende private dei suoi giocatori che per i risultati sul campo. Prima Stendardo, poi Schelotto. Una vicenda «buona»: il difensore salta una convocazione per partecipare all’esame di Stato da avvocato. Poi una «cattiva»: il Galgo che avrebbe maltrattato la ex a schiaffi e calci dopo una notte passata in discoteca (dicono i testimoni, anche se la diretta interessata non sporge querela).

Verrebbe da relativizzare, magari facendo dell'ironia, come quel tifoso che su atalantini.com sostiene che se davvero Schelotto ha tirato un calcio alla ragazza, probabilmente l'ha mancata, con i piedi che si ritrova quest'anno. Ma come tutte le cose che riguardano il calcio in questo paese, la faccenda è rivelatrice di qualcosa di profondo. Per esempio val la pena riflettere che sullo stesso sito, su 118 post, ce ne sono meno di dieci (contati) che dicono apertamente che mettere le mani addosso a una donna è una schifezza (e sì che siamo in un paese ad altissimo tasso di «femminicidio»). Più o meno altrettanti si trincerano dietro le «questioni personali». La grande maggioranza se la prende piuttosto col fatto che Schelotto se ne stava a Milano a far festa alle 3 di notte, con l'aggravante di venire da una sconfitta come quella con la Juve. Il calciatore, in Italia, non è mai un cittadino come gli altri, che deve rispondere delle sue azioni nel consesso civile. Gode, nel bene e nel male, di una sorta di extraterritorialità, la sua vita si consuma solo in rapporto alla squadra e ai tifosi. È quello che sta al cuore del caso Stendardo, infatti: aver messo in discussione la sua appartenenza. Pensare, cercando di diventare avvocato, che esiste una vita fuori e dopo l'Atalanta. Dato che siamo una città che ancora onora l'etica del lavoro, il giovanotto è stato sostanzialmente perdonato. Purché, naturalmente, ci blindi una difesa che fa acqua da tutte le parti. Sono un tifoso anch'io e non voglio fare la morale a nessuno. Però mi ricordo distintamente un pomeriggio di domenica nel '95, la prima stagione di Vieri all'Atalanta. Eravamo nell'intervallo e nel primo tempo Bobo aveva segnato un gol fantastico, resistendo alla carica di tre difensori. Cosa fare di meglio che leggere sul foglio da stadio una sua bella intervista in cui, come si dice, «si raccontava»? Tra le molte banalissime domande, ce n'era una anche più innocua. «Qual è l'ultimo libro che hai letto?». La risposta mi lasciò di sale: «Io non leggo libri». Ecco. L'idolo per cui mi ero appena entusiasmato dichiarava con la spocchia che poi gli sarebbe diventata abituale di essere un ignorante e di rivendicarlo con orgoglio. Ce ne siamo preoccupati? No. Vieri a Bergamo non è amato non per la sua, chiamiamola, «superficialità», ma perché «la curva non ha dimenticato, Vieri a Firenze hai esultato», come sta scritto su un muro vicino al cimitero. Il calcio è una fantastica messa in scena, rituale come la religione. Ma va in cortocircuito appena entra in contatto con la vita vera. Meglio non dimenticarlo.

P.S.: per quanto riguarda le sorti dei due atalantini in questione, ho un finale da proporre. Stendardo diventa davvero avvocato e la sua prima causa è, in caso di denuncia, la difesa di Schelotto. Questo sì che sarebbe spirito di squadra.

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The Italian fans' ID card

system is still not working

Violence remains and supporters alienated

by JOE HAINING (WSC When Saturday comes 18-12-2012)

The story of the solitary Udinese fan in the away end at a recent Serie A fixture with Sampdoria has been shared as a heart-warming story. Not everybody agrees, arguing that it highlights Italian football's continuing problems. Falling attendances are attributed to a range of factors – a lack of quality on the field, saturating pay-per-view TV coverage, dilapidated stadiums, negative feelings engendered by recent match-fixing scandals and the continuing impact of the Tessera del tifoso (fans' ID card) and the complicated process of buying tickets.

In order to buy a ticket for the away end at any match in Italy's professional divisions, you need to be in possession of this ID card, which records all your personal details. Many fans are firmly against this apparent abuse of civil liberties and have refused to sign up to the scheme. A negative side-effect is that some of the more hardcore element are still travelling to away games but not having the Tessera have no choice but to buy tickets for designated "home" sections. It is unlikely that Arrigo Brovedani was the only Udinese supporter in the stadium in Genoa – on watching the highlights there is definitely more than one voice cheering Udinese's goals in their 2-0 victory.

Not surprisingly, this incursion of away supporters into home-only areas has led to several unpleasant incidents inside stadiums. In 2010 I witnessed a near-riot, swiftly stopped by stewards, when Fiorentina supporters realised there were a large number of visiting Lazio fans alongside them. This of course is not always the case – I was at the Coppa Italia match between AC Milan and Reggina, who were cheered on by a group of around 200 fans in one of the home sections standing happily alongside the locals with no issues. This shows that some fans can be trusted to behave themselves.

As well as the recent assault on Tottenham fans drinking in a bar in Rome, there have been a number of other violent episodes outside stadiums this season. Fans of Hellas Verona, whose reputation often precedes them, were involved in skirmishes in Palermo and came under attack on arrival at Brescia's ground (an incident leading to a number of arrests and injuries to police officers). Hooligans who follow Lombardian fourth-tier outfit Pro Patria have had several evidently pre-arranged confrontations well away from stadiums this year. All this serves to prove is that people who want to engage in disorder will find a way of doing so and the introduction of the ID card has done little to stop violence happening outside the segregated control of stadium interiors.

When the debates over what to do about issues of violence and the power of the ultras are raging, the term modello inglese (English model) is frequently used. Preventative policing seems to have been successful in the UK, with violence down and crowds holding up. The current Italian approach appears to be having the opposite effect. The BBC website article on the lone Udinese supporter concludes by telling us that "He has been invited to attend its next home match on Saturday". What it fails to add is that he refused the invitation, not wanting to draw further attention to himself and the situation. He is clearly not the only one in Italian football circles currently feeling embarrassed.

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Soccer players' union FIFPro

to launch match-fixing hotline

(CNN) -- December 19, 2012 -- Updated 1857 GMT (0257 HKT)

In the past week sanctions have been handed down in both South Africa and Italy in relation to a growing trend that is fast becoming a stain on soccer's integrity -- match-fixing.

But FIFPro, the worldwide players' union, are preparing a project to tackle fixing, that will include an education program and an online tool for their members to report illegal approaches.

Match-fixing has proved a particular problem for Italian football in recent years.

Napoli were hit with a two-point penalty that dropped them from third to fifth in Serie A as part of an ongoing investigation, though they vehemently deny any wrongdoing. Defender Paolo Cannavaro is appealing his six-month ban for failing to report an illegal approach.

Juventus coach Antonio Conte recently returned from a 10-match touchline ban imposed for failing to report match-fixing while coach at Siena.

In 2006, Juve were stripped of two league titles and relegated to the third division of Italian football -- before later being reinstated in the second tier -- for their part in the "Calciopoli" scandal.

Elsewhere, the president of the South African Football Association (SAFA) and four other officials were suspended this week as part of an investigation into match-fixing ahead of the country hosting the FIFA World Cup in 2010.

It is alleged four friendly games were prearranged for the benefit of convicted Singaporean match-fixer Wilson Perumal and his Football 4U organization.

FIFPro have European Union funding behind their 'Don't Fix It' project and will be working closely with Birkbeck University and European soccer's governing body UEFA.

The initiative will be launched in nine countries: England, Finland, Greece, Hungary, Italy, Norway, Romania, Scotland and Slovenia.

"In the past few years, the football world has realized that match fixing is one of the biggest threats to the game, maybe even its biggest threat," FIFPro said in a stament on their website.

"It is not solely a problem of individual countries, as recent reports and incidents have proven that match fixing is widespread in numerous nations on all continents: from Finland to Zimbabwe, from Malaysia to Italy.

"In FIFPro's opinion, one of the ways to reduce the incidence of match fixing and the potential for match fixing in football is education of the players: the campaigns need to be taken into the dressing rooms of the clubs."

Once their online reporting method is up and running FIFPro estimate a total of 12,000 players and 20,000 people associated with the game will be able to disclose any bullying, intimidation, harassment, and inappropriate approaches.

___

FIFPro launches project to fight match fixing

FIFPro news | Wednesday 19 December 2012

FIFPro has started its preparations for an education and prevention programme to fight match fixing in football. To realize this project - which has received a European Union grant - FIFPro will closely cooperate with Birkbeck University and UEFA

In the past few years, the football world has realized that match fixing is one of the biggest threats to the game, maybe even its biggest threat. It is not solely a problem of individual countries, as recent reports and incidents have proven that match fixing is widespread in numerous nations on all continents: from Finland to Zimbabwe, from Malaysia to Italy.

In FIFPro’s opinion, one of the ways to reduce the incidence of match fixing and the potential for match fixing in football is education of the players: the campaigns need to be taken into the dressing rooms of the clubs. Therefore, the worldwide footballers’ association has initiated a project with Birkbeck, University of London. The project is called Don’t Fix It.

The specific aims of the project are:

  1. To significantly raise awareness of the dangers of match fixing among players, referees, officials, administrators, organisations, and public authorities and to raise the ability of those involved in professional football to take effective action against match fixing.
  2. To improve the structural environment of professional football and reduce the conditions that lead to match fixing. Conditions include workplace bullying, harassment and intimidation, poor reporting mechanisms, inconsistent standards of conduct, and lack of expertise and knowledge among key football bodies and public authorities.
  3. To establish strong and relevant networks at national and European levels to take the lead in the fight against match fixing.

Birkbeck University will develop an education module based on the outcome of an in-depth academic research among professional footballers, to better understand the factors that lead to match fixing. The research will build on the FIFPro Black Book, that the worldwide players union presented in February this year.

Together with Birkbeck University, FIFPro will develop an online reporting mechanism that enables players, referees, officials and administrators to anonymously report suspected incidents of bullying, intimidation, harassment, and inappropriate approaches made to them to fix matches. This reporting mechanism will be aimed at 12,000 players and a total of approximately 20,000 individuals who may be at risk.

The Don’t Fix It project will be launched in nine European countries with the assistance of national players’ associations: England, Finland, Greece, Hungary, Italy, Norway, Romania, Scotland and Slovenia. Once the programme has been fully established, FIFPro expects that other countries will be able to join the Don’t Fix It project.

In each of the nine project countries, so called focal points will be established, consisting of representatives of the players, referees, officials/administrators and public authority. They will report to a European Task Force Committee made up of representatives from FIFPro UEFA, Europol and the Joint Committees. This must lead to a strong network with people dedicated to the fight against match fixing.

Finally, FIFPro and UEFA will develop a joint Code of Conduct against match fixing, which will be implemented and monitored.

In June 2014, the Don’t Fix It project will be finalized.

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Panorama | 26 dicembre 2012

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La riforma della giustizia sportiva in quattro punti

La condanna del Napoli ha riattualizzato un tema di cui, su Tuttosport, discutiamo da tempo. C'è qualcosa da salvare e qualcosa da cambiare

Guido Vaciago - Tuttosport.com - 19-12-2012

TORINO - Si fa presto a dire riforma della giustizia sportiva. Più o meno come a essere condannati senza che le parole di un pentito trovino concreti e oggettivi riscontri. La condanna del Napoli ha riattualizzato un tema di cui, su Tuttosport, discutiamo da tempo. Il rischio, in questi casi, è far diventare territorio di una guerra tifosa, quella che è invece una materia fondamentale per il futuro e la credibilità del calcio (e dello sport). Si è arrivati al punto in cui una condanna, per quanto ingiusta, scatena battaglie iconoclaste e si arriva a ipotizzare il radimento al suolo del sistema, l'azzeramento dei codici, la riscrittura di tutte le regole. Esagerato.

La giustizia sportiva italiana non è da radere al suolo. E i suoi codici non sono da riscrivere completamento. Sarebbe sbagliato e oltre a essere un programma impossibile da realizzare in un Paese così impermeabile alle riforme come il nostro, rischierebbe di essere controproducente. C'è qualcosa da salvare nell'attuale giustizia sportiva. E qualcosa da cambiare, riassumibile in quattro semplici punti.

1) La responsabilità oggettiva è un concetto troppo esteso nella giustizia sportiva e andrebbe riarmonizzato con il diritto ordinario, dove le responsabilità delle società sono molto più logicamente circoscritte. Se la peculiarità dello sport amplia gli aspetti etici, non si può pensare che i club possano esercitare un controllo così totalizzante sui tesserati.

2) L'omessa denuncia è un concetto troppo astratto per essere oggetto di squalifiche e penalizzazioni così importanti (ed è una figura inesistente altrove). L'omertà va semmai combattutta a livello culturale e non attraverso il deterrente di una pena, soprattutto se questa viene comminata sulla base di un inquientante "non poteva non sapere". A questa stregua chiunque può essere stangato senza prove. E si ricordi cosa ha detto in proposito il saggio ct Cesare Prandelli ("Quante volte mi sarà capitato di sfiorare l'omessa denuncia in 20 di calcio...").

3) Lo standard probatorio deve essere innalzato. La "specificità dello sport" non può diventare il fondamento sul quale costruire spericolati castelli accusatori. In un calcio che muove centinaia di milioni di euro e appassiona milioni di persone, i processi devono essere solidi e credibili. Il principio fondamentale della "condanna ogni oltre ragionevole dubbio" deve essere la base sulla quale codificare in modo preciso un più rigoroso standard probatorio, nel quale - per altro - regolamentare in modo preciso l'utilizzo dei pentiti.

4) La scelta dei giudici deve garantire maggiore terzietà. Un meccanismo nel quale le Federazioni nominano i loro giudici viola il fondamento democratico della divisione dei poteri. Ora, senza voler complicare troppo il meccanismo, sarebbe necessario che la scelta fosse almeno parzialmente sottratta alle Federazioni e la figura del giudice sportivo godesse di maggiore indipendenza. Spesso, nell'ultimo periodo, si sono criticate le regole, ma il problema era anche nel chi le ha applicate male. Magari per non scontentare troppo il suo committente principale che era parte in causa.

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a me mi (toscano)

hanno rotto le palle

ora tutto da rifare

prima invece...............

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  • il Commento
    IL GATTO (ZOPPO), LA VOLPE E L'UVA LA FEDERCALCIO DIVENTA UNA FAVOLA
    di RUGGIERO PALOMBO - Gasport - 21-12-2012
    Aspettando di vedere che cosa succede (o non succede) oggi presso la Lega di Serie A e magari anche di sapere con certezza dove diavolo si giocherà domani Cagliari-Juventus, il calcio italiano si interroga sul suo futuro e conseguentemente sul suo passato prossimo. Che lunedì scorso si è consumato a Roma e Firenze con le assemblee elettive delle prime due Leghe in campo, la Dilettanti e la Pro. Tra le pieghe dei successi annunciati di Tavecchio e Macalli e delle loro successive frasi di circostanza tutte dirette a rassicurare l'«amatissimo» Abete, sono avvenute un paio di cose che a una più attenta e meditata lettura assumono rilevante importanza: 1. Se per Tavecchio, candidato unico, c'è stata l'unanimità, per Macalli è stata dura: più del 42-26 con cui ha sconfitto l'odiato Gravina, caro ad Abete e sceso in campo quasi fuori tempo massimo, pesa la successiva votazione per indicare i due uomini che oltre a Macalli dovranno sedere nel futuro consiglio federale in quota alla Lega Pro. E' li che Gravina ha fatto il botto (32 voti) a dispetto di Pitrolo (17 voti) e del trombato Iacovacci (7 voti) cari a Macalli. Morale: nel Governo del calcio del quadriennio 2013-2016 siederà una Lega Pro che, se il buongiorno si vede dal mattino, sarà assai spaccata. 2. Sia Tavecchio che Macalli, astenendosi per ora da ogni decisione, si sono ben guardati dal ricandidare Abete alla presidenza della Figc. Un fatto senza precedenti. Tatticismo o convinzione? Come è noto, per presentarsi alle urne occorre incassare la «nomination» di almeno una delle sei componenti: Abete aveva finalmente annunciato la sua volontà di riprovarci nel Consiglio federale di venerdì, dove non s'era mossa foglia, fatta salva la disponibilità a candidarlo di Ulivieri, voce degli Allenatori. Ma causa antiche e meno antiche ruggini Tavecchio non può vedere Ulivieri (venendone ricambiato). Ed ecco allora il seguito di lunedì, con il gatto Macalli (azzoppato da Gravina) e la volpe Tavecchio che hanno dunque deciso di tenere Abete sulla graticola. In attesa di un incontro a tre che si svolgerà solo dopo avere verificato che cosa succede in Lega di serie A. Se oggi a Milano Abodi, legato a doppio filo all'attuale presidente federale, dovesse ottenere via libera per la presidenza, la matassa si sbroglierebbe, Abete andrebbe diritto verso candidatura e conferma, e Macalli e Tavecchio rientrerebbero precipitosamente nei ranghi senza mai esserne ufficialmente usciti, portando magari all'incasso un qualche ticket di minima. In caso contrario, poiché l'appetito vien mangiando, l'ipotesi che a tentare la scalata in Figc possa essere Tavecchio magari in accoppiata con Ghirelli, il potente direttore generale di Macalli, acquisterebbe spessore. In via Allegri c'è anche la convinzione che a contribuire alla tessitura della complessa tela sia un «grande vecchio». Il cui nome si fa, ma non si dice. Per ora. Tavecchio, presidente Lnd, con Abete, numero uno Figc
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SCOMMESSOPOLi

Gillet-Gazzi: tutto slitta a giugno?

Gli eventuali deferimenti per le partite del Bari arriverebbero soltanto a fine campionato. Il processo al Napoli riprenderà dopo le feste: appello tra il 9 e il 10 gennaio

BO-DI STEFANO - Tuttosport - 20-12-2012

TRE PROCESSI ancora da estinguere, Scommessopoli procede a oltranza. Archiviato il primo grado, il processo al Napoli riprenderà dopo le feste, con possibile data per l'appello da fissare attorno al 9-10 gennaio. Poi l'iter proseguirà eventualmente al Tnas e la Figc potrà concentrarsi sulle nuove inchieste. Restano le appendici del processo cremonese che al momento si riducono ai soliti noti: Stefano Mauri, Omar Milanetto, Alessandro Zamperini, tutti accusati dalla procura di Cremona (al momento in dubbio la posizione di Sculli) di aver combinato Lazio-Genoa e Lecce-Lazio. Ma quando si terrà il processo? Inizialmente si pensava potesse svolgersi in coda a quello di Napoli, poi la procura federale sembrava essersi orientata per fine campionato, ma adesso - dopo le polemiche partenopee sul processo a campionato in corso - per parità di trattamento Palazzi potrebbe rinviare a giudizio anche prima di giugno. Da Cremona si domandano cosa aspetti ancora il pm del pallone, e a rompere le uova nel paniere c'è anche la situazione Bari, dove la procura pugliese - a seguito delle nuove rivelazioni di Masiello su Salernitana-Bari e Bari-Treviso - a breve (primi 2013) dovrebbe finalmente decretare la chiusura indagine. A quel punto verrà spedito il materiale in via Po e il pm federale potrà iniziare con le nuove audizioni. Finora è stato ascoltato soltanto Lanzafame la scorsa estate ma la fila è talmente folta che diventa complicato ipotizzare un processo prima della fine del campionato.

IL TORO SPERA Se così fosse, il Torino, per esempio, passerebbe indenne la problematica relativa alla eventuale sostituzione del portiere Jean Francois Gillet e al centrocampista Alessandro Gazzi per quanto riguarda l'attuale stagione in corso. Sinora il club granata ha incrociato le dita nella speranza che i due giocatori non vengano deferiti o perlomeno non durante lo svolgimento del campionato. Se queste indiscrezioni sulla tempistica dovessero trovare conferma, allora il Torino potrà affrontare la finestra del prossimo mercato invernale senza doversi curare del problema del portiere e della mediana per quanto riguarda l'alter ego di Gazzi.

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L'opinione II professore Di Lauro sulla sentenza della Disciplinare

«Giustizia sportiva, ora intervenga il legislatore»

Massimo Di Lauro * - Il Mattino - 21-12-2012

La decisione della Disciplinare, che ha penalizzato con un -2 la società Calcio Napoli, ritenuta oggettivamente responsabile del contegno asseritamente illecito di propri tesserati volto ad alterare il risultato di una partita, fornisce un'interessante occasione per svolgere brevissime considerazioni sui meccanismi della giustizia sportiva e sulle non poche ineffícienze che la caratterizzano. Di lato l'assoluta necessità - condivisa dai giuristi particolarmente interessati al problema (proprio su queste colonne è intervenuto con una densa riflessione Vmcenzo Maria Siniscalchi), non meno che dalla stampa specializzata - di rimodulare il meccanismo automatico della responsabilità oggettiva (per il quale l'illecito sportivo è oggettivamente a carico della società di appartenenza per il solo fatto del tesseramento, e quindi anche se del tutto all'oscuro dell'illecito perpetrato o solo tentato dal tesserato), nessuno dubita della inefficienza degli organi di giustizia sportiva non meno che della inadeguatezza degli attuali strumenti di tutela delle società che sono danneggiate dall'illecito in questione. Urge quindi un intervento del legislatore, inteso a soddisfare due esigenze prioritarie: la prima, di carattere funzionale, consistente nel mettere in grado la giustizia sportiva di operare celermente (e non dopo due anni e mezzo dal presunto illecito, come nel caso Grava-Cannavaro). La seconda esigenza è quella di assicurare ai meccanismi della giustizia sportiva, da lungo tempo rimasti invariati, garanzie effettive di imparzialità, di difesa piena delle parti, di obiettività e di capacità di autocorreggersi in ogni fase e grado del giudizio, superando interpretazioni imbalsamate delle norme che si assumono violate. In questa prospettiva non dovranno essere trascurati gli effetti negativi che le pronunce della giustizia sportiva, talvolta eccessivamente severe, hanno sin qui determinato in danno delle società, sia sul piano del diritto civile (dove, tra l'altro, queste ultime non possono rivalersi sull'autore del fatto illecito), sia a livello di diritto del lavoro, sia - infine - a livello di gestione aziendale e di marketing.

*Avvocato, già presidente del Foggia egià consulente del Calcio Napoli

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L’INIZIATIVA IERI, A PALAZZO DI CITTÀ, LA PRESENTAZIONE DELL’ORMAI NOTA WEB SERIE

L’«erba» del calcio barese

Un dvd-inchiesta alle radici di un tradimento chiamato calcioscommesse

di ANTONELLO RAIMONDO (LA ĠAZZETTA DEL MEZZOGIORNO 20-12-2012)

BARI. Non poteva che esserci Gianluca Paparesta, a Palazzo di Città, nel giorno della presentazione di «Non cresce l’erba», l’ormai celebre web serie che su Youtube ha raggiunto quota 200 mila contatti. L’assessore al marketing territoriale della «squadra» di Michele Emiliano, uno degli arbitri più bravi e famosi, conosce molto bene le passioni che animano il mondo del pallone. Perché lui questo mondo lo ha vissuto a 360 gradi. Restandoci «dentro» anche dopo il forzato addio al termine di una vicenda per certi versi grottesca visto che Paparesta è stato assolto da tutti i tribunali in cui è stato giudicato.

«Il calcio senza tifosi sarebbe uno sport morto - ha detto Paparesta - uno stadio vuoto è uno stadio triste, fantasma. Spero che questa possa essere un’occasione per riappropriarci dello stadio, del calcio e dello sport pulito. Porre delle domande che impongono risposte diverse da quelle standard - ha concluso l’assessore - è stato il merito di questo progetto

Ma di cosa parla «Non cresce l’erba»? Racconta le avventure di un giovane tifoso barese, Danilo Dell’Olio, che va in giro per l’Italia a chiedere spiegazioni ai suoi idoli pallonari. Con la questione del calcioscommesse che ha spezzato i cuori di tutti quelli che guardano al calcio come qualcosa di sacro. Inseguimenti, pedinamenti, domande indiscrete, una «furiosa» ricerca della verità con lo spirito di chi ha una voglia matta di capire.

Ivan D’Ambrosio, produttore della serie, ha parlato del senso del progetto. «Non cresce l’erba è un progetto corsaro, il primo passo produttivo della Dinamo Film. Produrre qualcosa nasce sempre dall’esigenza narrativa. Nel nostro percorso sportivo/narrativo. Una cosa di cui siamo fieri è che “Non cresce l’erba” parte prima dell’inizio delle indagini, sulla base di alcuni sospetti che avevano catturato la nostra attenzione. Le riprese sono iniziate con Bari-Cittadella, e questo dimostra come il tifoso attento possa accorgersi di quando qualcosa non funziona in modo eclatante. Il tifoso che normalmente paga il conto ora presenta il suo, agli idoli purtroppo tutti invevitabilmente coinvolti nello scandalo».

«È un progetto entusiasmante e complesso - ha spiegato Andrea Godono - con Trecentosessantunogradi comunicazione abbiamo subito capito che recuperare la verità sarebbe stato quasi irreale. La nostra è una duplice scommessa: da una parte per il media scelto, totalmente democratico, che ci ha posto dinanzi alla difficoltà di capire in che direzione muoverci; dall’altra la natura documentario della serie che ci ha posti davanti alla difficoltà di cogliere la realtà. E le abbiamo vinte».

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IL DIBATTITO ALLA PRESENTAZIONE DI UN LIBRO SU PALLONE ED ECONOMIA

«Serve più qualità per vendersi all'estero»

Mussari dell'Abi attacca il nostro calcio.

Abete gli risponde: «Quarti nel ranking Fifa»

di MARCO IARIA (GaSport 20-12-2012)

Le banche mandano l'avviso al calcio italiano. Le stesse banche che, a suon di fidi e anticipi sui crediti, tengono in piedi la baracca, visto che i debiti finanziari, pari a 900 milioni di euro, incidono sui 2,7 miliardi d'indebitamento lordo della Serie A. Come altro si deve interpretare la dura analisi di Giuseppe Mussari, presidente dell'Abi (Associazione bancaria italiana), alla presentazione del libro Il calcio ai tempi dello spread, scritto da Gianfranco Teotino e Michele Uva ed edito da Arel-il Mulino? Nuovi stadi, of course, perché «il luogo dove si svolge lo spettacolo è il presupposto per lo spettacolo stesso. A patto, però, che siano un patrimonio utile. Lo stadio sic et simpliciter costa e non rende, diventa profittevole se al fianco dell'evento calcistico vengono previste altre attività. Centri commerciali? Troppo semplice. Tutto va commisurato al territorio». Mussari traccia un parallelismo con l'economia nazionale. Il ragionamento è: le aziende che hanno resistito meglio alla crisi sono quelle che si sono aperte ad altri mercati. L'export della A, invece, è ancora misero, con la Premier che incassa cinque volte di più dai diritti tv internazionali. «Il calcio italiano — dice Mussari — deve vendersi meglio all'estero aumentando la qualità del prodotto. Anche perché preoccupa l'eccessiva dipendenza dalla commercializzazione domestica dei diritti tv. Cosa succederebbe se gli abbonamenti alle pay tv scendessero?».

Replica È toccato a Giancarlo Abete, presidente della Figc, esaltare l'altra faccia della medaglia: «È vero, ci sono delle criticità, ma dobbiamo dire con orgoglio che il calcio italiano entra nel mondo dalla porta principale. Siamo quarti nel ranking Fifa, non mi risulta che il Paese sia quarto in termini di attrazione degli investimenti, lotta alla corruzione, rispetto dell'ambiente. Il nostro movimento riceve dallo Stato 64 milioni l'anno, ma versa all'Erario quasi un miliardo in contributi fiscali e previdenziali. Noi diamo e non prendiamo». Per Enrico Letta, vicesegretario del Pd, il rilancio non può prescindere da una rivisitazione delle norme: «La legislatura che sta per chiudersi è stata deludente, e non solo per la legge sugli stadi. Vorrei che la prossima fosse una legislatura costituente per lo sport».

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Calcio. La tecnologia di Europa7 allarga il business del campionato cadetti - Diritti ad Al Jazeera e Espn

Alla Serie B un assist da tv e web

Investimenti sul fronte social e online con un canale e un magazine

di MARCO BELLINAZZO (Il Sole 24ORE 20-12-2012)

La prima partita trasmessa, lo scorso 14 ottobre, è stata Juve Stabia-Bari. Con questo match è iniziata l'attività di "Serie B Tv", la televisione della "cadetteria" realizzata sul digitale terrestre di seconda generazione grazie alla tecnologia di Europa7. Nove canali su cui andranno in onda live per il resto della stagione 2012/13 tutte le partite del campionato di serie B, esclusi un anticipo e un posticipo di ogni giornata, oltre a repliche e highlights nel resto della settimana.

Al fianco della Lega di serie B c'è Europa7, presieduta da Francesco Di Stefano: «Questo è l'inizio di una nuova avventura che potrebbe allargarsi. Spero che la serie A ci segua velocemente con il pacchetto ex Dahlia e parleremo anche con chi ha i diritti di Formula1 e Moto Gp. La nostra tecnologia si presta per essere sfruttata direttamente dal produttore dell'evento. Negli Usa chiamavano tecnologia morta il digitale terrestre di prima generazione. Quello di seconda aumenta notevolmente la quantità e migliora la qualità: la nostra può competere con l'alta definizione di Sky e fra qualche tempo mostreremo una partita di serie B in 3D».

La Lega Serie B (che intanto ha venduto i diritti tv ad Al Jazeera e Espn per il Sudamerica) «parteciperà della ricchezza generata dallo sviluppo tecnologico», spiegava qualche giorno fa l'ex presidente della Lega di serie B Andrea Abodi. Intanto, anche la comunicazione social e online è oggetto di investimenti da parte della Lega Serie B che attraverso un sito giornalistico che contiene aggiornamenti statistici e la novità della Web Tv e del Web Magazine.

Se la Lega di serie B è diventata un produttore televisivo anche la Lega Pro si sta muovendo per ritagliarsi vetrine mediatiche "personalizzate". Già dalla scorsa stagione, il lunedì il posticipo viene trasmesso in diretta dalla Rai e il venerdì l'anticipo da Sportitalia con introiti complessivi per 2 milioni. «Pochi giorni fa – osserva Francesco Ghirelli, direttore della Lega Pro – è stato risolto il problema dei diritti tv dell'ex Melandri, che ha consentito di distribuire 42 milioni di euro ai club nella stagione 2011/12. Grazie al lavoro di questi ultimi anni siamo diventati una Lega riconosciuta e richiesta dai media. Lo dimostrano i progetti editoriali e gli spazi per i club su Tv, giornali locali, siti web, radio, che ci hanno consentito di posizionarci sempre di più come la Lega delle città e dei comuni, dei giovani e dei valori. È partito il progetto highlights con la regia di Popi Bonnici, con la realizzazione di tutti i video delle gare dei 69 club di Lega Pro. Si è creato poi un network con tutte le tv locali (i club coprono quasi l'intero territorio nazionale). Servirà non solo per gli addetti ai lavori, ma anche per creare magazine sulle tv e sui siti nazionali e locali e in futuro sarà una voce importante nel bilancio dei club».

Infine, conclude Ghirelli, «stiamo lavorando anche al potenziamento del sito, allo streaming, ai social media, alla pagina facebook della Lega Pro ma anche a riportare i tifosi allo stadio, con l'esperimento di partite a orari diversi per alleggerire la concomitanza con il campionato della A».

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Eto’o y su fraude millonario

El exjugador atribuye a su agente los 3,5 millones que debe a Hacienda

por JESÚS GARCÍA (EL PAÍS 20-12-2012)

El exjugador del FC Barcelona Samuel Eto’o, investigado por un presunto fraude a Hacienda de casi 3,5 millones de euros, descargó ayer la responsabilidad sobre quien fue su representante y hombre de confianza, Josep Maria Mesalles. Eto’o no declaró, presuntamente, los beneficios que obtuvo entre 2006 y 2009 por la cesión de sus derechos de imagen al Barça y a la marca deportiva Puma. La fiscalía presentó una querella contra el delantero camerunés y contra Mesalles, que ayer se acusaron mutuamente.

Ante la juez, Eto’o alegó que se limitaba a “jugar a fútbol” y que Mesalles era entonces el encargado de gestionar sus cuentas y, en concreto, el pago de impuestos. “Era un padre para mí”, afirmó sobre el hombre que fue su asesor, abogado y mano derecha. Ahora ambos están inmersos en una guerra sin cuartel: Eto’o se ha querellado contra Mesalles por haber abusado de su confianza y apropiarse, presuntamente, de parte de su patrimonio a través de una empresa. En ese procedimiento, aún por resolver, el jugador ha pedido a su exmánager el pago de una fianza de 12 millones.

La fiscalía considera que el exazulgrana, que actualmente milita en las filas del Anzhi ruso, obtuvo “importantes ingresos” que debería haber declarado como “rendimientos de capital de trabajo”. En los tres años que se investigan, según su abogado, Josep Riba, el delantero llegó a pagar casi 20 millones de euros en IRPF. Carece de sentido, por tanto, que intentase defraudar al fisco 3,5 millones, precisa Riba. La querella, sin embargo, añade que Eto’o “simuló” que sus derechos de imagen habían sido cedidos a dos sociedades —una española y otra húngara— para “reducir fraudulentamente” su tributación. El jugador, además, cargó a esas empresas cuantiosos gastos de carácter personal, según el fiscal.

“Colaboradores”

Eto’o no actuó en solitario, según la fiscalía. Tuvo la ayuda de dos “colaboradores imprescindibles” para el fraude: el propio Mesalles y Manuel de Jesús Lastre, también imputados en la causa. Ambos figuraban como administradores de las sociedades usadas de forma fraudulenta. En su declaración de ayer, Mesalles admitió que manejaba la contabilidad del delantero. Pero argumentó que, cuando se hizo cargo de los asuntos de Eto’o, en 2003, el sistema para eludir el pago al fisco a través de los contratos con Puma ya estaba organizado.

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El Racing se instala en el esperpento

El club aplaza a hoy la junta de accionistas después de intentar expulsar a los periodistas

“En Cantabria la prensa parece más del corazón que otra cosa”, asegura el presidente del equipo

por JAVIER LAFUENTE (EL PAÍS 20-12-2012)

La información que desprende el Racing desde hace ya muchos meses dista de ser la que se espera de un equipo de fútbol. Lo relacionado con el balón, lo que sucede sobre el terreno de juego ha dado paso a una constante crónica de sucesos, donde la policía ocupa más espacio que los jugadores y los altercados cobran más protagonismo que los goles. El penúltimo episodio se produjo ayer, después de que el presidente del consejo, Ángel Lavín, Harry, decidiese aplazar la junta de accionistas tras tratar, en vano, de que los periodistas, que habían sido acreditados por el propio club, no estuvieran presentes en el acto. El acto, en teoría, se celebrará hoy a puerta cerrada.

El nuevo capítulo de este esperpento comenzó a las nueve de la mañana. A esa hora estaba previsto que se iniciara la junta, que en esta ocasión se iba celebrar en uno de los vomitorios del Sardinero, después de que la última, en la Universidad de Cantabria, acabase con incidentes. El lento proceso de acreditación a los pequeños accionistas, a los que en esta ocasión además se les exigían para asistir 50 títulos en vez de cinco hizo que la afluencia fuese menor que en otras ocasiones y el inicio del acto se demorase. En torno a las 10.30, Harry pronunciaba sus primeras y casi únicas palabras en toda la mañana, para sorpresa de todos: el consejo había decidido que la junta se celebrase a puerta cerrada, por lo que no comenzaría hasta que los periodistas abandonaran el estadio.

Los informadores acreditados para el acto permanecieron en el vomitorio del Sardinero, a pesar de los intentos de los empleados del club y de la Policía Nacional para que abandonasen el estadio. Varios asistentes aseguran que el secretario del consejo, el abogado Juan Antonio Berdejo, llegó a instar al responsable de los agentes: “Hagan lo que sea necesario para que se vayan”. “Ha sido surrealista, fascista”, aseguraba un periodista cántabro ayer por la tarde. Harry, por su parte, rechaza estos términos: “Somos antiviolencia, no hemos querido echar más leña al fuego, pero es que en Cantabria la prensa parece más del corazón que de otra cosa”, comentaba el presidente, quien, después de una hora de mucha tensión, decidió aplazar a hoy la junta.

El directivo insiste en que habían advertido a los periodistas de que solo podrían estar los primeros cinco minutos “porque había asuntos delicados que tratar”, en referencia al tercer punto del día, en el que se abordaría la denuncia a Manolo Saiz, uno de los consejeros, con el que el resto de directivos mantienen una guerra interna desde que se prescindiese de Juan Carlos Unzué, el técnico que fichó el exdirector ciclista y que fue despedido a una semana del arranque de la temporada.

La versión de Harry, el hombre de confianza de Francisco Pernía, expresidente del club y lazo con el aún dueño, el empresario indio Ali Syed, es que la denuncia contra Saiz es un tema que solo incumbe a los accionistas, por lo que no era necesario que estuviesen los periodistas. “Si luego el interesado lo quiere contar, allá él”, asegura Harry. De ahí que desde el entorno del exdirector ciclista insistan en que la intención de silenciar a la prensa es forzar a Saiz a que sea él quien cuente lo sucedido a la prensa y así poder cargar contra él por haberlo hecho.

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GIOCATORI COSTRETTI A TOGLIERSI LE MAGLIE, PUGNO DURO DEL TRIBUNALE NEI CONFRONTI DEGLI ULTRÀ

La follia di Genoa-Siena: «Pochi otto mesi»

Il giudice respinge le richieste di patteggiamento di otto contestatori: fatti gravi, nessuna attenuante

di MATTEO GRASSO (IL SECOLO XIX 20-12-2012)

Otto mesi sono pochi. Per «la gravità dei fatti», per il contesto in cui sono avvenuti e anche per «i precedenti penali» delle persone coinvolte. Con queste motivazioni il gup Franca Borzone ha bocciato i patteggiamenti per i tifosi accusati di aver provocato i disordini nel corso di Genoa-Siena, l’anno scorso, episodio in cui gli ultrà scavalcarono la barriera dei distinti e obbligarono i giocatori a consegnare le maglie, perché «indegni» di indossarle.

È una decisione non scontata quella del tribunale, che sostanzialmente ha giudicato troppo mite il trattamento concordato dal pubblico ministero Biagio Mazzeo con le difese degli indagati, che prevedeva la concessione delle attenuanti generiche. Una pena «non congrua», scrive invece il giudice. A questo punto per otto dei supporter rossoblù sotto accusa si apre un processo, che avverrà con tutta probabilità con rito abbreviato (formula che prevede lo sconto di un terzo della pena in caso di un’eventuale condanna ). L’udienza è stata fissata il 9 gennaio di fronte a Roberto Fucigna.

I fatti risalgono al 22 aprile scorso. Il Grifone si gioca la salvezza e riceve in casa una squadra apparentemente alla portata. Le cose però si mettono male fin da subito. I toscani sommergono di gol i padroni di casa e nell’intervallo va in scena la protesta. La Procura riassume senza fronzoli le fasi salienti del raid: «In concorso tra loro e con altri rimasti ignoti (circa duecento), usavano violenza nei confronti dei soggetti incaricati del controllo e dell’instradamento... In particolare colpivano con calci M.B., facendolo cadere a terra. Valendosi della loro superiorità numerica vincevano l’opposizione degli steward cagionando ad alcuni di essi contusioni. Mentre gli steward tentavano di chiudere la porta di separazione per evitare che la oltrepassassero, li facevano oggetto di insulti, sputi, spintoni e minacce e precisamente dicevano loro: “Spostatevi o vi rompiamo il c...”». L’episodio più significativo, quello che secondo il pm esprime nel modo più chiaro «le condizioni di soggezione e grave timore», in cui vive la squadra, è quando i giocatori sono costretti a togliersi le casacche, raccolte dal capitano Marco Rossi.

Usa parole dure il magistrato nei confronti dei presunti organizzatori della contestazione: «Facinorosi teppisti», «un bubbone infetto all’interno della sana tifoseria». Ma non risparmia nemmeno i calciatori, per «l’omertà» dimostrata nel corso degli interrogatori e per la «totale incapacità di resistere alle intimidazioni degli ultrà».

Un quadro non proprio edificante, a cui si aggiungono precedenti come il “sequestro” del team avvenuto qualche mese prima al campo di allenamento di Pegli. In quel caso, non denunciato dalla società, alcuni rappresentanti del tifo segregarono i giocatori all’interno degli spogliatoi.

A giudizio per i disordini che avevano portato all’interruzione della partita con il Siena ci sono: Mario De Montis, 41 anni, Nicolò Garibotto, 29 anni, Ivanhoe Benigni, 34anni, Fabrizio Fileni, 40 anni, Sadok Akkari, 25 anni, Silvio Canepa, 25 anni, Giovanni Fusto, 38 anni, e Guido Morso, 30 anni (sono assistiti dagli avvocati Andrea Martini, Stefano Sambugaro, Davide Paltrinieri, Mario Iavicoli e Pierdomenico Cariello).

Altri quattro imputati hanno invece preferito affrontare il processo ordinario: Cristiano Grasso, 35 anni, Nicolò Castelletta, 21 anni, e Piermarco Pelizzari, detto Cobra, 41 anni, Massimiliano Leonardi, 40 anni.

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