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K A L C I O M A R C I O! - Lo Schifo Continua -

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DOPPIO PASSO di MAURIZIO CROSETTI (la Repubblica 06-02-2012)

DEL PIERO? PIUTTOSTO BETTEGA

Visto che quella matassa di partita proprio non si sbrogliava, l’ex capitano

bianconero Antonio Conte ha pensato a qualche alternativa in attacco. Si è

concentrato dapprima su Giaccherini, che punta non è, ma dinamico sì. Poi ha

riesumato il bel Borriello, che goleador non è più, ma carino sì. Infine ha

puntato tutto su Quagliarella, che con quella maschera da Zorro fa la sua

figura. Però, aveva pensato anche a Boniperti, il quale gioca solo metà

partita, la prima. Voleva chiamare Bettega, ma ieri era indisponibile. Se

avesse potuto, Conte si sarebbe probabilmente rivolto a Felice Placido Borel

detto “Farfallino”, oppure, perché no?, a Federico Munerati o Pietruzzu

Anastasi, lui effettivamente convocabile. Nulla da fare neanche per

Carapellese e Capocasale, più facile ma non facilissimo fare uno squillo a

Ravanelli o a Pietro Paolo Virdis, al limite si proverà per la Coppa Italia.

Tutti, purché lui no. Chiunque, a patto di non mandare in campo Alessandro Del

Piero, questo mai. Per Conte, Del Piero non gioca più nella Juve. Gliel’ha

detto il presidente.

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Il retroscena

Farina confessò per caso

Palazzi rischia di fare tilt

di FULVIO BIANCHI (la Repubblica 06-02-2012)

Un giallo sul Calcioscommesse (il caso Farina) ma anche il timore che la

Superprocura Figc ora non sia in grado di reggere una mole di lavoro

impressionante. Come noto, Stefano Palazzi ha inviato con colpevole ritardo

alla Procura di Cremona gli atti dell’interrogatorio di Farina. Il procuratore

federale, nel suo fumoso comunicato, tenta grottescamente di giustificarsi e

rivela che le “dichiarazioni di Farina furono acquisite nell’ambito di un

separato procedimento disciplinare”. In pratica, il difensore del Gubbio era

stato chiamato a Roma come teste nell’inchiestalumaca su Premiopoli (chiusa a

fatica e dopo troppe proroghe) e in quell’occasione Farina, che si era

consultato con il sindacato calciatori, aveva deciso di vuotare il sacco e

raccontare il tentativo di illecito. Come si spiega allora “l’intuizione

investigativa” di cui parla la Procura federale, se non era stato il giocatore

a farsi avanti? Farina non ha mai voluto parlare e chiarire: dicono che sia

spaventato. Ma ora Palazzi ha confuso ancora di più le carte. Il

superprocuratore è stato a Cremona (dove ha avuto molti atti dell’indagine) e

Bari (dove non ha avuto niente, essendoci di mezzo il 416 bis ed essendo in

arrivo non pochi arresti), mentre con la Procura di Napoli non c’è feeling. Ma

ora Palazzi dovrà sbrigarsela da solo. Da interrogare una quarantina di

tesserati. Le audizioni potrebbe iniziare fra una decina di giorni: inchiesta

chiusa entro marzo, processi iniziati verso fine aprile? Non è semplice. Se

davvero i processi sportivi dovessero chiudersi entro la stagione in corso,

molti club rischierebbero una sanzione “afflittiva” da scontare subito. Per

molte società l’ideale sarebbe scontare la penalizzazione (da 3 a 6 punti) la

prossima stagione, altrimenti i campionati verrebbero sconvolti proprio nella

fase finale. Forse stavolta è meglio che Palazzi non faccia troppo in fretta,

cosa che peraltro gli riesce benissimo (fino a 6 mesi per un deferimento). Di

sicuro, il procuratore è pronto ad applicare l’articolo 24 del codice di

giustizia sportiva: sconti di pena per chi si pente (Masiello). Sicura invece

la radiazione per molti calciatori (Doni, Zamperini, Mario Cassano, eccetera)

e tante squalifiche, minimo 6 mesi, per omessa denuncia. E i club? Doni ha

messo nei guai l’Atalanta. Ma in ballo in serie A ci sono anche Genoa, Lazio,

Chievo, Bologna e Lecce. In B rischiano Bari e Sampdoria, in Lega Pro molti

club (fra cui Piacenza e Albinoleffe).

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L’inchiesta

GLI STADI

L’era

glaciale

Cinque partite di serie A rinviate in 5 giorni fra impianti in rovina,

pessimi prati e tribune ghiacciate Mentre si fa ancora attendere la

legge che incentiva la costruzione di nuovi campi, il calcio italiano

si interroga su quelli esistenti, inadeguati e ormai di un’altra epoca

di FRANCESCO FASIOLO & FRANCESCO SAVERIO INTORCIA (la Repubblica 06-02-2012)

Cattedrali deserte e fatiscenti. Presidenti che vogliono fuggire altrove, per

offrire comfort ai tifosi e sfruttare il business edilizio. Una nuova legge

per favorire la costruzione degli impianti, arenata alla Camera. E poi tettoie

insufficienti, bagni inservibili, piste d´atletica inagibili che allontanano

il pubblico. Per finire al parcheggio sotterraneo mai utilizzato del San Paolo

o alla Curva Sud Ospiti del Tardini, sotto sequestro dal 2009, da quando perse

la vita il tifoso vicentino Eugenio Bortolon (13 indagati, la Procura di Parma

ha appena depositato l´avviso di chiusura inchiesta).

La fotografia degli stadi italiani è scolorita e triste come una cartolina

sgualcita da tabaccheria. Le 18 arene di Serie A hanno un´età media di 64 anni,

più vicina alla pensione che al futuro (67 senza il neonato Juventus

Stadium). Per metà concepiti in era fascista, dieci campi hanno ospitato il

Mondiale ´90. Beni pubblici spesso troppo grandi o intoccabili. Come i

monumenti di Firenze e Bologna, dove i vincoli della Soprintendenza spingono i

due club a sognare un impianto fuori città: progettato dai Della Valle, solo

immaginato dai Menarini, ex proprietari rossoblù (c´era il plastico, non era

stata individuata l´area).

Il futuro insomma è l´impianto privato. Ha aperto la strada la Juventus,

passata dal Delle Alpi deserto alla nuova casa sempre affollata. E in grado di

battere il maltempo.

LA NUOVA LEGGE

L´attuale progetto di "legge sugli stadi" (C. 2800), sintesi di tre

precedenti disegni, è stato approvato il 6 ottobre alla Camera dalla

Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici in sede consultiva, e qui

si è fermato. Si propone di accelerare l´iter burocratico per restaurare

impianti esistenti, privatizzandoli, o costruirne nuovi, con almeno 15mila

posti a sedere all´aperto e 7.500 al coperto, anche affiancandovi alberghi,

negozi, villette, uffici. Allo snellimento procedurale si abbinerà il sostegno

finanziario del governo, attraverso un piano d´intervento straordinario da

varare entro sei mesi dall´entrata in vigore della legge. Le voci critiche

richiamano al rispetto dei vincoli ambientali e urbanistici e delle norme

sugli appalti. Dietro l´angolo c´è l´ombra della speculazione edilizia.

NOI E L´EUROPA

Nel frattempo, altrove si corre. In Europa tra il 2008 e il 2010 sono stati

progettati 25 stadi nuovi (alcuni già costruiti) e investiti 4, 5 miliardi di

euro. «L´Inghilterra è partita negli anni ´90, la Germania nel 2000, la Spagna

dal 2004, la Francia ora per gli Europei 2016» elenca Michele Uva,

responsabile del centro studi Figc e unico italiano tra gli esperti del panel

Uefa sulla costruzione degli stadi. «È anche vero che tedeschi e francesi

hanno approvato leggi speciali in 45 giorni». Ma costa tanto tirare su un

nuovo stadio? «Dipende: come per gli alberghi, se ne può costruire uno da 2

stelle o uno da 5 - spiega Uva - . Si può andare da 1.500 euro a posto, è il

caso del nuovo impianto dell´Espanyol, 42.000 posti e 65 milioni di euro spesi,

fino a progetti da 6. 000 euro a spettatore: l´Emirates dell´Arsenal, per

60mila persone, costato 400 milioni». Insomma, basta sapere dove si vuole

arrivare.

ROMA E MILANO

In Italia, l´élite è rappresentata da Roma e Milano. L´Olimpico, categoria 4

Uefa dopo i ritocchi per la finale di Champions 2009, non offre una visuale

ideale. Tom DiBenedetto l´ha definito inadatto, ma intanto la proprietà

americana della Roma lavora per renderlo più "family friendly", con aree

accoglienza per tifosi e bambini. Claudio Lotito sogna lo Stadio delle Aquile

per la Lazio, sui suoi terreni lungo la via Tiberina, progetto rallentato dai

vincoli ambientali.

San Siro, la Scala del calcio, ha un terreno di gioco malato. Eppure Inter e

Milan, rinnovata la convenzione col Comune fino al 2016 (8,5 milioni l´anno in

tutto), lavorano per migliorarne l´accoglienza, con due nuovi ristoranti. Fa

gola la possibilità della finale Champions 2015.

IL CASO SANT´ELIA

Allo stadio di Cagliari piovono calcinacci, le tribune in tubi Innocenti sono

lì da dieci anni. La Commissione provinciale di sorveglianza ne ha dichiarato

l´inagibilità, nelle ultime due gare il nulla osta è arrivato all´ultimo

minuto. Contro la Fiorentina, sistemati piloni e pareti interne, lo stadio ha

aperto per metà. Contro la Roma, in notturna, altra corsa contro il tempo per

l´impianto di illuminazione esterno. Cellino punta a un nuovo stadio a Elmas.

E intanto minaccia di andare a giocare a Trieste.

TEMPLI MODERNI

Per viaggiare nel futuro, basta andare a Cesena. L´erba è finta, il modello è

vero: il Manuzzi, primo impianto interamente coperto, ha ospitato anche la

prima gara di A sul sintetico, Cesena-Napoli. I lavori estivi hanno

trasformato i Distinti inferiori da settore scomodo in avamposto per famiglie:

barriere mobili, area ospitalità, persino una nursery. Una famiglia con due

figli s´abbona con 550 euro.

SOGNI, PROGETTI

«Lo stadio si farà comunque, anche se non verranno gli arabi, ma il governo

ci aiuti e faccia la legge», dice Maurizio Zamparini: il suo progetto per la

casa del Palermo, già presentato, lo firma Gino Zavanella, designer dello

stadio juventino. 35mila posti, sulle ceneri del Velodromo Borsellino,

quartiere Zen. Ma il secondo stadio moderno dopo quello di Torino sorgerà a

Udine (25 milioni di investimento, 25 mila posti): dell´attuale Friuli resterà

solo la tribuna con il caratteristico arco. Gli altri settori verranno

abbattuti e ricostruiti, il terreno di gioco spostato e avvicinato agli spalti,

oggi disertati dai tifosi nonostante le imprese della banda Guidolin.

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DOPPIO PASSO di MAURIZIO CROSETTI (la Repubblica 06-02-2012)

DEL PIERO? PIUTTOSTO BETTEGA

Visto che quella matassa di partita proprio non si sbrogliava, l’ex capitano

bianconero Antonio Conte ha pensato a qualche alternativa in attacco. Si è

concentrato dapprima su Giaccherini, che punta non è, ma dinamico sì. Poi ha

riesumato il bel Borriello, che goleador non è più, ma carino sì. Infine ha

puntato tutto su Quagliarella, che con quella maschera da Zorro fa la sua

figura. Però, aveva pensato anche a Boniperti, il quale gioca solo metà

partita, la prima. Voleva chiamare Bettega, ma ieri era indisponibile. Se

avesse potuto, Conte si sarebbe probabilmente rivolto a Felice Placido Borel

detto “Farfallino”, oppure, perché no?, a Federico Munerati o Pietruzzu

Anastasi, lui effettivamente convocabile. Nulla da fare neanche per

Carapellese e Capocasale, più facile ma non facilissimo fare uno squillo a

Ravanelli o a Pietro Paolo Virdis, al limite si proverà per la Coppa Italia.

Tutti, purché lui no. Chiunque, a patto di non mandare in campo Alessandro Del

Piero, questo mai. Per Conte, Del Piero non gioca più nella Juve. Gliel’ha

detto il presidente.

Mi pare che questo voglia prendere per c. l'allenatore?

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Moggi:

“Era tutto regolare. Non siamo stati difesi.

Le parole di Agnelli? Mi sono commosso”

di GIOVANNI CAPUANO (Blog PANORAMA.IT 06-02-2012)

La voce di Luciano Moggi arriva disturbata al cellulare, ma la sua reazione

alla prima sommaria lettura delle motivazioni della sentenza del Tribunale di

Napoli che lo ha condannato a 5 anni e 4 mesi per la vicenda Calciopoli è

chiara: “Se il campionato era regolare, il sorteggio regolare bisogna capire

allora qual è il reato”. Le leggerà con calma anche per capire i margini di

richiesta di revisione del processo sportivo nel quale - attacca - alla luce

delle parole dei giudici partenopei è ancora più evidente che “non siamo stati

difesi”. Le sim? “Confermo che furono usate solo per il mercato e questioni

commerciali”. Le parole di Andrea Agnelli (ndr. “Moggi era il miglior

dirigente sportivo”)? “Mi hanno commosso. Con lui la Juventus è in buone mani

ma non fatemi dire se tornerei perché non voglio mettere in difficoltà

nessuno”.

Moggi, le motivazioni della sentenza sembra dire alcune cose

apparentemente in contraddizione l’una con l’altra: ad esempio che lei

va condannato per l’uso delle sim e, al tempo stesso, che non esiste

prova di manipolazione del campionato…

“Non ho ancora letto il testo. I miei avvocati mi hanno solo detto che c’è

scritto che il sorteggio degli arbitri era regolare”.

I giudici di Napoli dicono che non provata la falsificazione del

campionato 2004-2005…

“E chi l’avrebbe falsato? Non avevo dubbi. Io conosco la mia storia personale

che si rispecchia in quello che scrivono le motivazioni”.

Parlano di ‘tendenza generalizzata’ a conquistare un rapporto

amichevole con arbitri e designatori

“Io posso solo dire che non ho fatto niente e mi pare che dalle motivazioni

emerga”.

Leggere, però, che l’impianto dell’accusa esce ridimensionato dal

processo che effetto le fa?

“Non avevo dubbi però poi ci sono i meccanismi della legge. Non ho fatto

nulla e le motivazioni andranno decifrate per bene”.

Sono parole che la porteranno a chiedere la revisione processo

sportivo?

“Leggiamo bene e vedremo come muoverci. Ma già i due anni del processo erano

stati chiari e non poteva andare diversamente”.

Sull’utilizzo delle sim che la condanna, però, la ricostruzione

dell’accusa è stata considerata credibile…

“Vedremo”.

Andrea Agnelli ha detto che lei era il miglior dirigente e ha elogiato

anche Giraudo…

“Ci ha seguito per dodici anni insieme al padre e ha visto come lavoravamo.

Mi ha fatto commuovere perché conosco le difficoltà che incontra anche lui.

Buon sangue non mente e la Juventus è in buone mani”.

Sono parole che segnano un cambiamento nel rapporto tra lei e la

Juventus. A novembre avevano preso le distanze dopo la sentenza

“Comportamenti della Juventus sono sempre stati buoni tranne che nei primi

momenti in cui non siamo stati difesi. Ma dopo l’arrivo di Andrea Agnelli le

cose mi sembra che siano cambiate”.

Se a processo sportivo concluso con una riabilitazione la chiamasse

chiedendole di tornare alla Juventus come risponderebbe?

“Non mi va di parlarne perché non voglio mettere in difficoltà nessuno e

nemmeno me stesso. E poi devo continuare a combattere”.

Ci sarà l’appello, altri passaggi processuali…

“Non lo faccio solo per me. Per non aver fatto niente sono state distrutte

delle famiglie di persone che conoscevo solo sotto il profilo professionale;

mi riferisco a Dondarini, Bertini, Dattilo, Pieri, De Santis e tanti altri…

Parlavo con loro solo quando venivano ad arbitrare la Juventus e sono stati

coinvolti per distruggere me. C’è chi ha fatto il rito abbreviato solo perché

non aveva i soldi per pagarsi il processo come Pieri e Dondarini. Queste

cattiverie non si possono tollerare. E’ per loro che vado avanti a combattere”.

Le motivazioni fanno giustizia anche a loro?

“Probabilmente più a loro che a me”.

I giudici di Napoli riconoscono che cercare il contatto con arbitri e

designatori era pratica diffusa

“Non esistevano divieti allora. Adesso nessuno può o potrebbe più parlare ma

è così dal 2006 e se dopo è stato messo un divieto significa che prima non

c’era”.

Però scrivono anche che questo non esclude la valutazione di eventuali

suoi reati… Il ‘così facevano tutti’ non li ha convinti?

“E’ giusto che il ‘così facevano tutti’ non cancelli la responsabilità penale,

però bisogna trovarla una responsabilità. Se tutto era valido, se il

campionato era regolare e il sorteggio era regolare bisogna capire qual è il

reato”.

Non basta aver comprato e distribuito le sim?

“Ma chi le ha distribuite? Le ho usate solo per il calciomercato e per alcune

operazioni commerciali della Juventus”.

Leggere che non c’è la prova della manipolazione del campionato

2004-2005 è un atto d’accusa alla dirigenza della Juventus che gestì i

mesi del processo sportivo nell’estate del 2006?

“Io dico solo che non fummo difesi e lo sostengo da allora. Una sentenza di

questo genere messa di fronte a quello che disse allora l’avvocato della

società: ‘Abbiamo letto tutto e ci conviene (ndr. patteggiare)…’. Dico solo

che non ci hanno difeso”.

Leggerlo nelle motivazioni sottolinea che fu un errore perché dal

punto di vista sportivo la differenza è evidente

“Che la Juventus rivoglia lo scudetto mi sembra normale amministrazione.

Peccato che se ne siano accorti solo dopo l’arrivo di Andrea Agnelli”.

Modificato da Ghost Dog

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Dalla ‘pigna’ di Montero al ‘buffetto’ di Ibra

Quando il calcio diventa pugilato

Il pugno sferrato ieri dall'attaccante svedese del Milan al

difensore del Napoli Aronica è solo l'ultimo episodio di una

lunga serie che coinvolge fior di campioni. E su internet le

scazzottate sui campi sono dei must: ecco alcuni esempi 'celebri'

di CRISTIANO VELLA dal blog su "il Fatto Quotidiano.it 06-02-2012"

Si dice che il calcio piaccia tanto agli uomini perché sia simile alla guerra.

E se schemi e formazioni possono essere assimilati alla tattica bellica, di

certo non può mancare una sezione apposita per lo scontro corpo a corpo.

Le cronache sportive e i siti internet come Youtube, infatti, sono pieni di

racconti e video su risse ed episodi violenti. Giocate, goal e numeri

pazzeschi sono parte integrante del repertorio di un campione come Zlatan

Ibrahimovic. Repertorio che però comprende anche intemperanze e gesti

non esattamente sportivi. L’ultimo ieri: Ibra che si nasconde dietro Nocerino

e, fingendo di abbracciarlo, lascia andare la mano e rifila un misto tra pugno

e ceffone al napoletano Aronica. Per l’attaccante del Milan ‘pugno duro’

della giustizia sportiva: tre giornate di squalifica.

Un habituè del cazzotto lo svedese: giusto un anno prima di Aronica, il

malcapitato era stato Marco Rossi, difensore del Bari, che dopo un contrasto

aereo si è beccato un pugno nello stomaco dall’attaccante. E basta pensare

all’occhio nero sfoggiato dal difensore francese Jonathan Zebina, nel suo

periodo juventino, per ricordare un altro ‘colpo’ di Ibra. Dell’episodio non

sono disponibili video: i due erano compagni di squadra e la colluttazione era

avvenuta in allenamento, ma la botta è ampiamente documentata sul libro dello

svedese. Se Ibrahimovic è uno dei calciatori più propensi a rifilare pugni,

l’ex barese Marco Rossi sembra invece una calamita per i colpi altrui. Non

solo Ibra infatti, ma anche il difensore romeno dell’Inter Christian Chivu ha

rifilato un destro a Rossi, mostrando però sincero pentimento all’indomani

dell’episodio, dichiarando di sentirsi “un uomo di m…”.

Sarebbe un’offesa a Paolo Montero, uruguayano ex difensore della Juventus,

parlare di pugni e pallone senza ricordarlo. Soprannominato “l’uomo delle

pigne”, lo stopper viene ricordato per la sua durezza e per le sue massime,

del tipo “o passa la gamba o passa il pallone, entrambi no”. Memorabili le

espressioni del viso che preannunciavano che di lì a poco Montero avrebbe

tirato una ‘pigna’,

. Sudamericano,

fumantino e juventino: lo stesso profilo di Mauro German Camoranesi

(argentino di nascita ma campione del mondo con l’Italia), giocatore dotato di

un immenso talento ma anche di un carattere non proprio riflessivo.

. Sull’altra sponda di Torino, quella granata, giocava invece Gustavo

Giagnoni, difensore, che poi avrebbe avuto una lunga carriera di allenatore.

In un derby del ’73 non gradì le offese e gli applausi ironici di Causio, ala

juventina, soprannominato ‘Barone’, e gli sferrò un pugno in pieno volto (

).

Scherzare con l’avversario sbagliato, come sperimentato da Causio, può avere

effetti molto deleteri: il funambolo brasiliano – ed ex di Fiorentina e Napoli

Edmundo (detto o’animal) lo avrà capito durante la partita di Copa

Libertadores tra Flamengo (la sua squadra) e Velez,

.

Potendo scegliere non ci sarebbero molti dubbi: tipi duri come Montero, Ibra

o Giagnoni è meglio averli come compagni di squadra che come avversati.

Tuttavia potrebbe non bastare,

. Il minimo della squalifica, per gesti violenti come questi, è di tre

giornate, a seconda del referto dell’arbitro. Ma attenzione: può capitare anche

di trovare direttori di gara poco propensi alla reprimenda e capaci di

. Che il calcio non sia uno

sport da donnicciole sembra chiaro,

. Per

niente d’accordo.

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"Come nel ventennio, quando le partite

cominciavano tutte allo stesso orario"

di OLIVIERO BEHA (il Fatto Quotidiano.it 06-02-2012)

Una raffica di partite, tutte di domenica, come ai vecchi tempi. Ma c'è

qualcosa di nostalgico nell'ultimo turno segnato dal gelo. Il sindaco della

Capitale Gianni Alemanno, infatti, era preoccupatissimo per Roma-Inter,

molto meno per la viabilità. Città nel caos, ma spalti pieni all'Olimpico per la

vittoria sui nerazzurri. I tifosi giallorossi festeggiano pure il contratto di

De Rossi. Per "capitan futuro" altri cinque anni nella città eterna.

A Milanello tiene banco la querelle Ibrahimovic: lo svedese sconterà 3 turni

di squalifica per una manata ad Aronica. La Juve pareggia ma si lagna per gli

arbitraggi. Proprio oggi che arrivano le motivazioni della sentenza Moggi.

A leggerla, sembra una assoluzione.

Modificato da Ghost Dog

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Nonostante tutto

di ANTONIO CORSA (Blog Uccellino di Del Piero 06-02-2012)

Ho promesso un articolo rapido e semplice che riassuma velocemente le

motivazioni (qui per sfogliare il pdf completo), per chi non ha voglia o non è

in grado di approfondire da solo. Premettendo che seguiranno pure le consuete

analisi, questo è quanto, da prima parziale e veloce lettura, emerge nella

parte “generale”, senza entrare nel merito delle singole frodi sportive. In

buona sostanza che..

Nonostante il campionato 2004/05 risulti da dibattimento – e diciamolo a

chiare lettere – “non alterato”, la frode sportiva è un reato di pericolo

quindi basta il tentativo di. A prescindere.

Nonostante di partite truccate manco l’ombra (ma la parte sulle singole frodi

sportive la approfondiremo), basta “il cumulo” di telefonate (senza frode)

italiane con quelle (teorizzate) svizzere (e chissà cosa si saranno detti…)

per configurare tentativo. Quindi frode.

Nonostante poi alcune partite non siano andate a favore di, la condizione

necessaria è il risultato diverso, non quello a favore. Basta che è diverso.

Da cosa, non si sa.

Nonostante, per restare alle sim svizzere, la confessione di Nardone riguardo

alla gita a Chiasso per recuperare informazioni essenziali con assenza di

rogatoria, non va annullato tutto come chiede la difesa Moggi.

Nonostante il “metodo artigianale” di attribuzione delle sim svizzere agli

indagati e nonostante gli errori commessi dal Di Laroni sia nella non

corrispondenza delle chiamate in entrata con quelle in uscita e sia

nell’aggancio di alcune celle quando gli imputati erano altrove, la teoria nel

complesso è credibile perchè statisticamente succede più spesso che ci

azzecchino che non.

Nonostante le sim svizzere fossero intercettabili, sono definite

“clandestine”. E nonostante non si sappia – anche ammesso – cosa si siano

potuti dire Moggi e gli imputati, si può presumere che.

Nonostante la difesa Moggi (tramite Trofino) abbia chiesto la trascrizione di

nuove telefonate, e nonostante la difesa sia stata “se non in diritto, almeno

in fatto, molto ostacolata nel compito” dall’ “abnorme numero di telefonate

intercettate” e “dal metodo adoperato per il loro uso, indissolubilmente

legato a un modo di avvio e sviluppo delle indagini per congettura”, si

“stima” (!) che tali telefonate non avrebbero aggiunto niente al quadro già

formatosi.

Nonostante le intercettazioni abbiamo danneggiato le difese e nonostante

non si sia rispettato il principio di proporzione tra accusa e difesa, non si può

annullare tutto. Ci spiace, non succederà più.

Nonostante un paio di indagati siano stati intercettati anche se non accusati

di associazione a delinquere, comunque si può accettare e lo si accetta, e

amen.

Nonostante le proteste (legittime) per la natura dei rapporti tra Auricchio e

Baldini, e per l’anomala “lunghezza” dei verbali a fronte degli interrogatori

durati ore nella fase delle indagini, non conta nulla perchè conta solo quanto

si forma in dibattimento.

Nonostante i sorteggi fossero regolari.. niente: erano regolari. Avvisate la

Ġazzetta dello Sport.

Nonostante le griglie arbitrali per loro natura fossero sottoposte alla

legittima e insindacabile discrezionalità dei designatori, una scelta

discrezionale è per sua natura influenzabile. Da chi ha influenza. Quindi. .

“io avrei pensato a” basta. Pure se poi non viene inserito.

Insomma non ve la faccio lunga (seguiranno analisi e controanalisi, come di

consueto), ma è un po’ tutto così.

L’impressione, è che sia una sentenza con molte interpretazioni e poche

certezze.

Altra impressione, è che un altro collegio giudicante, trattandosi di

interpretazioni, avrebbe potuto dare una sentenza molto diversa da questa, se

non totalmente diversa.

Questo per quanto riguarda Luciano Moggi. Poi c’è la Juventus.

Tra tante impressioni, infatti, ci sono anche due certezze: la Juventus non

rubò quel campionato (né tantomeno quello successivo, neanche oggetto

d’indagine), e Moggi – secondo la sentenza – traeva il proprio potere più

dalla GEA che dalla Juventus. Di più: si dice che non può essere trascurato

“il dato del ridimensionamento della portata dell’accusa che deriva dalla

parzialità con la quale sono state vagliate le vicende del campionato

2004/05, per correre dietro soltanto ai misfatti di Moggi, dei quali

sono state accertate modalità, quanto alle frodi sportive, al limite

della sussistenza del reato di tentativo, con conseguente ulteriore

difficoltà dell’aggancio alla responsabilità del datore di lavoro, fornitore

dell’occasione all’azione criminosa”.

Ora i papiri, preparate i pop corn.

Modificato da Ghost Dog

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Luciano Moggi: "La sentenza di oggi è una vittoria.

Voglio spiegazioni dalla Figc. Ora io e la Juventus

dobbiamo riprenderci quello che ci hanno sottratto"

intervista della redazione di Tutto.Juve.com 06-02-2012

Carico come non mai: è Luciano Moggi infatti nella giornata di oggi sono state

esplicitate e rese pubbliche le motivazioni che hanno portato alla sentenza

del Tribunale di Napoli su Calciopoli. Una sentenza nettamente discordante da

quanto affermato in questi anni ovvero che l'ex direttore generale bianconero

fosse il gran burattinaio del calcio italiano e che avesse falsato i

campionati 2004/05 e 2005/06. Due scudetti sottratti in maniera sbrigativa da

un rapidissimo processo sportivo alla Vecchia Signora e che ora alla luce

delle motivazioni di tale sentenza emanata dai giudici di Napoli stride con la

realtà. Tutto.Juve.com ha intervistato in esclusiva Luciano Moggi per fare il

punto della situazione.

Direttore, partiamo dalle motivazioni della sentenza rese pubbliche in

queste ore...

"Quella odierna è una vittoria. Finalmente è stata fatta chiarezza. A farla

però sono stati i giudici e il tribunale, non certamente un carabiniere. . . ".

Scusi chi sarebbe il carabiniere?

"Ops volevo dire il colonnello Auricchio (sorride ndr):. . ".

Le motivazioni della sentenza la scagionano dall'aver alterato i

campionati. . .

"Come ho sempre detto non abbiamo alterato nessun campionato sportivo. Le

dico di più: dalle motivazioni emerge chiaramente che oltre ad una mancata

alterazione dei risultati sportivi non c'è stata nessuna falsificazione di

alcuni campionato e tantomeno una distribuzione di cartellini effettuata

scientemente come detto da qualcuno in questi anni. . . ".

Adesso che tutto sembra essere più chiaro cosa intende fare?

"Continuerò nelle varie sedi e nei vari appelli la mia battaglia, ma ormai la

verità è venuta a galla".

Gli scudetti devono essere restituiti alla Juve dunque?

"Certamente. Io e la Juventus dobbiamo riprenderci quello che ci hanno

ingiustamente tolto in questi anni. La Juve deve riavere i due scudetti che ha

vinto regolarmente sul campo. Comunque è un'altra la cosa che in questo

momento mi incuriosisce particolarmente...".

Dica...

"Dopo un processo sportivo effettuato in fretta e furia nell'estate 2006, ora

vorrei vedere come reagirà la Federazione in merito alle motivazioni di questa

sentenza dove si afferma chiaramente che non c'è stata nessuna manipolazione

dei risultati sportivi di quei campionati. La Juve così come farò io deve

lottare per riavere quello che le spetta".

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CALCIOPOLI LE MOTIVAZIONI DELLA SENTENZA

«Campionato non alterato»

Moggi condannato per le schede e le cene. Ma indagini “parziali” e Juve estranea

In 558 pagine il giudice Casoria afferma anche che il sorteggio era regolare e che i testi dell’accusa erano inaffidabili

di ALVARO MORETTI (Tuttosport 07-02-2012)

NAPOLI. Fossimo nei panni della Juventus, alla lettura di numerose pagine

delle 558 vergate dalla giudice Casoria per motivare - con moltissime

contraddizioni e salti logici - le condanne a Moggi e agli altri, ripenseremmo

concretamente a chiedere non solo l’asportazione all’Inter dello scudetto

malamente assegnato grazie alla prescrizione e all’atto-non atto di Guido

Rossi all’Inter. Noi penseremmo seriamente a chiedere indietro con tutta la

forza del mondo lo scudetto del 2004-2005, il numero 28: la giudice napoletana

sentenzia a pagina 84 inequivocabilmente che dalla prima udienza del 20

gennaio 2009 alla sentenza dell’8 novembre scorso, dopo 64 giorni passati

nell’aula 216, «il dibattimento in verità non ha dato la prova del procurato

effetto del risultato finale del campionato 2004/2005». Era proprio la tesi

che conduceva alla sanzione massima affibbiata da Caf e Corte Federale a

squadra di calcio in Italia: campionato da cancellare perché infetto. E

nessuna delle tesi affascinanti usate nel 2006 per mandare alla gogna la Juve

ha retto: le schede sim non c’erano come architrave dell’associazione come si

legge nel pamphlet reso noto ieri. Il sorteggio non era truccato e

«inaffidabile» viene descritto il presunto superteste Manfredi Martino

(«parole vane», invece, quelle di Nucini ); il teorema delle ammonizioni a

comando smontato pesantemente, con apprezzamenti certo pochissimo lusinghieri

per l’inquirente Auricchio - più volte citato a discarico degli imputati - e

dei pm; del sequestro di Paparesta mai accaduto s’era detto e non s’è ripetuto

in sede di richiesta dei pm per fortuna; fondamentalmente il reato che viene

ascritto come base dell’associazione è il tentativo di frodare senza esiti sul

campo riscontrabili, un pericolo di frode.

LA JUVE Studiano, con una certa soddisfazione, in casa Juve perché escludere

risarcimenti perché Moggi agiva oltre le deleghe riprende le tesi degli

avvocati Vitiello e Briamonte è un gol e il raddoppio è il passaggio in cui si

annacqua l’accusa all’ex dg e si conferma la disparità di indagine andata in

onda in quegli anni. E i fatti dal tavolo della pace, col documento fantasma,

e la riforma della giustizia del Coni trovano un altro appiglio proprio da

questo documento napoletano. La possibilità di puntare alla revisione del

processo sportivo - ex articolo 39 - è sempre più concreta, anche se non si

vuole sbagliare la mossa decisiva. Colpire al momento giusto: ma entro 30

giorni.

SIM E BISCARDI E a fondare il tutto il fatto ritenuto credibile

dell’esistenza di una rete di sim svizzere che da Moggi promanano fino agli

arbitri coinvolti, nonostante l’indagine effettuata dal maresciallo Di Laroni

sia definita dalle giudici «artigianale» e certo eccessiva per il numero di

contatti da dividere (un tanto al chilo) per il numero di operatori italiani.

E contano anche le telefonate con cui Moggi proteggeva al Processo di Biscardi

tale arbitro o altre intercettazioni.

IL QUADRO La Casoria non è indifferente al fatto che in molti si

arrangiassero per condizionare i designatori: «Esisteva un quadro sociale (nel

mondo del calcio italiano dell’epoca, ndr) delle condotte indicativo di una

generalizzata tendenza a conquistare il rapporto amichevole, in funzione del

suggerimento, con designatori e arbitri, che però non è di per se idoneo, ad

avviso del collegio, a precludere il giudizio sui reati». Insomma Moggi per la

sua “indiscussa competenza” nella materia del calcio ha posto in essere una

“invasione di campo della discrezionalità tecnica di designatori e arbitri,

nonostante il risultato delle partite in oggetto potesse avere risultati

positivo per la Juve, la corte poi riconosce che “la posizione rispetto alla

contestazione esce fortemente ridimensionata dal dibattimento” anche se resta

penalmente valutabile per il pericolo alla competizione messo in atto dal

telefonare dei protagonisti.

OSTACOLI E PARZIALITA’ Casoria certifica quanto denunciato anche dalla Juve

nelle vertenze calcistiche successive e recenti: la “dispar-condicio

”investigativa che crea il caso (ed è proprio quello che la Juve lamenta dal

13 agosto in tutte le sedi), evitando - stando al giudizio di reato di

pericolo - grandi conseguenze penali a chi non sia stato messo sotto la lente

di Auricchio (e smontata la valenza dell’interrogatorio con Baldini , visto il

rapporto accertato tra i due e l’inimicizia con Moggi). «La difesa è stata in

fatto molto ostacolata nel suo compito dalla mole delle telefonate, lire 171

mila, e dal metodo adoperato per il loro uso, indissolubilmente legato a un

modo di avvio e sviluppo delle indagini per congettura, emerso dal

dibattimento». E più chiaramente a pagina 550 si dice: «Non può essere

trascurato il dato del ridimensionamento della portata dell’accusa che deriva

dalla parzialità con la quale sono state vagliate le vicende del campionato

2004-2005, per correre dietro soltanto ai misfatti di Moggi, dei quali sono

state accertate modalità, quanto alle frodi sportive, al limite della

sussistenza del reato di tentativo, con conseguente ulteriore difficoltà di

aggancio alla responsabilità del datore di lavoro».

SORTEGGIO VERO E ancora scrivono: «che il sorteggio non sia stato truccato,

così come hanno sostenuto le difese, è emerso in maniera sufficientemente

chiara al dibattimento. Incomprensibilmente il pubblico ministero si è

ostinato a domandare ai testi di sfere che si aprivano, di sfere scolorite e

di altri particolari, se il meccanismo del sorteggio per la partecipazione ad

esso di giornalista e notaio era tale da porre i due designatori, Bergamo e

Pairetto nell’impossibilità di realizzare la frode». Diverso il discorso sulle

griglie: proprio quelle danno la spinta alla sentenza punitiva: perché cenare

(ma l’hanno fatto anche Tanzi , Facchetti , etc etc) coi designatori,

trattarli troppo amichevolmente, discutere con loro delle griglie come nel

caso della famosa telefonata Moggi-Bergamo costituisce l’architrave del

pericolo procurato - nonostante chiamate in cui si chieda questo o

quell’arbitro o di forzare un sorteggio - non ce ne siano per la Juve.

IMPRESSIONE Che ci sia stata una spaccatura tra le tre giudici sulla

colpevolezza o no dei protagonisti della vicenda resta una voce di questi tre

mesi di attesa: di certo tanti sono i passaggi di una sentenza che come diceva

ieri Moggi con uno degli avvocati, Prioreschi , presenta «un dispositivo da

condanna e motivazioni da assoluzione». E così si costruisce in diritto il

reato con tutte le attenuazioni del caso, poi si vira a 180 gradi per

giustificare un pollice verso. Non una sentenza suicida, ma che apre parecchi

varchi per l’appello: tutto dipende dall’interpretazione che si dà del reato

di pericolo. E’ o non è una frode?

-------

LE REAZIONI

Moggi: «Vittoria

Ridate i 2 scudetti»

di ALVARO MORETTI (Tuttosport 07-02-2012)

NAPOLI. «Il campionato era regolare, le partite erano regolari, il sorteggio

era regolare e penso che bastino queste cose lette nelle motivazioni della

sentenza per spiegare che il teorema di Calciopoli era infondato». Luciano

Moggi legge in questo modo gli atti relativi alla conclusione del processo, in

una dichiarazione a “Radio Manà Manà Sport 24”. «Sono curioso di vedere cosa

farà la Juventus, che dovrà richiedere due scudetti. Le motivazioni di oggi

sono una vittoria. Ora io e la Juventus dobbiamo riprenderci quello che ci

hanno sottratto».

Il CAPO Secondo il giudice Casoria Moggi era il capo per una serie di motivi,

molti legati alla fenomenologia del personaggio e troppi agli show del lunedì

in tv con Biscardi (sic!). In sentenza pare che Moggi chieda a Carraro di

poter interferire sulla Nazionale: accadde il contrario, e Carraro rivendicò

il ruolo di Moggi per costruire la squadra campione del mondo. Ma gli altri

petali della rosa di Calciopoli cosa leggono nella sentenza? Contraddizioni

con la sentenza Gea (lì il calcio infetto escluse l’associazione, qui la

conferma; lì l’assenza di frodi specifiche fece saltare l’accusa principale,

qui il contrario) e col rito abbreviato.

CONTRADDIZIONI Evidenti alcuni salti logici: Giraudo condannato per

Udinese-Brescia per gli atti fraudolenti dell’arbitro Dattilo, qui condannato

per la scheda svizzera (avuta due mesi dopo il reato, però: gara sospetta il

26 settembre, scheda assegnata il 10 novemvre 2004!) e non per ammonizioni e

espulsione (tutte giuste). De Santis viene condannato per una scheda che gli

stessi inquirenti non sanno definire e perché Ancelotti lo descrive come

associabile. E Dondarini marcato per una gara non entrata tra i capi

d’imputazione. Gli assolti? Fabiani, nonostante le schede non è associato a

frodi sportive. La Fazi perché non era più alla Can nel 2004-2005.

VILLA FATALE Se per Lotito è fatale la loquacità aggressiva nelle telefonate

con Mazzini, per Della Valle diventa elemento decisivo il pranzo di Villa la

Massa, dove pure le giudici si lamentano della mancata registrazione dei

colloqui con Bergamo e Mazzini.

SENTIAMOLE TUTTE Interessante come la Casoria tagli la strada alle richieste

risarcitorie contro Lazio e Fiorentina (ok alle parti civili: erano coinvolti

i due azionisti nell’illecito tentato): la Casoria sostiene che per valutare

va «vagliato quello che in questo processo non è avvenuto, il controllo a

ritroso di tutti gli eventi del campionato. Solo addentrandosi in tutte le

partite anche quelle fondamentali non entrate nel processo (Fiorentina-Milan e

Fiorentina-Brescia, ndr)», ma soprattutto si devono ascoltare le

«intercettazioni» di tutti.

E MEANI? Contro l’ex addetto agli arbitri, gran telefonatore a fischietti e

bandierine, l’accusa di aver indotto Bergamo a designare - sic et simpliciter

- due assistenti «amici» come Puglisi e Babini che viene definito «portavoce

di Meani». Nella sentenza 30 pagine di intercettazioni per il solo Meani, ma

anche il fatto di essere così bravo da anticipare Moggi nella conoscenza delle

designazioni grazie all’sms di Manfredi Martino.

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CALCIOPOLI DENTRO LA SENTENZA

Perché colpevoli

Arbitri e schede svizzere

La «struttura» Moggi

Le motivazioni dei giudici: «Contatti "clandestini" . Alterazioni non

provate, basta il tentativo. Frattura del rapporto col datore di lavoro»

di VALERIO PICCIONI (GaSport 07-02-2012)

Incontri ripetuti fuori dalle «sedi istituzionali» con i designatori, con cui

Luciano Moggi aveva un rapporto «intollerabilmente confidenziale». Utilizzo

delle schede straniere, la vera prova regina del dibattimento, e «contatti

telefonici ammantati di clandestinità». Esistenza di una «struttura

organizzata per raggiungere il fine della frode sportiva». Sono alcune delle

parole che riempiono le 559 pagine delle motivazioni scritte dal «presidente

estensore» Teresa Casoria con le giudici a latere Maria Pia Gualtieri e

Francesca Pandolfi, che hanno portato alla condanna di Luciano Moggi, dei due

designatori Paolo Bergamo e Pierluigi Pairetto, e di altri 13 imputati nel

processo penale di calciopoli.

«Struttura» e «tentativo» Dunque, c'era una «struttura». E questo basta

perché il «tentativo è già consumazione». Il «reato di tentativo» non ha

«necessità della conferma, che il dibattimento in verità non ha dato, del

procurato effetto di alterazione del risultato finale del campionato di calcio

2004-2005». Parole che fanno eco a quelle scritte sul sorteggio, sulla cui

correttezza la sentenza mette la mano sul fuoco nonostante l'«ostinazione» del

pm.

Moggi sì, Juve no La chiave di tutto sembrano le considerazioni sul carattere

dell'associazione che ha Moggi come capo. Il fine del condizionamento non è

l'unico, i giudici sottolineano anche quello «connesso all'attività di

compravendita di calciatori, peraltro di gran lunga più rilevante, e per

questo motivo di gran lunga più fastidioso per i competitori». Quando c'è da

giustificare il rigetto della responsabilità civile della Juve, i giudici

scrivono di una «frattura del rapporto organico con il datore di lavoro» e di

«potere personale» di Moggi «avente manifestazioni esteriori esorbitanti».

Il «timore» di Paparesta Questo «potere personale» di Moggi salta fuori

ripetutamente nel materiale probatorio. C'è il rapporto «disinibito» con i

rappresentanti della Federcalcio. Ma anche il caso Paparesta. Perché se i

giudici sono convinti che Moggi non chiuse l'arbitro nello spogliatoio dopo

l'ormai famigerato Reggina-Juve, «il non inserimento del comportamento furioso

(di Moggi, appunto) nel referto arbitrale va quanto meno interpretato come un

effetto del timore reverenziale nei confronti della persona».

«Prossimo alla certezza» L'elemento più «pregnante» è rappresentato però

dall'uso delle schede straniere. Se Narducci e soprattutto Auricchio, pm e

investigatore numero uno, vengono ripetutamente bacchettati, il maresciallo

Michele Di Laroni, la sua deposizione in aula fu definita dall'altro pm

Stefano Capuano come una «lezione universitaria», è promosso: «convincenti»

sono i «criteri per associare la scheda a questo o a quello degli imputati».

Prendete Udinese-Brescia 1-2. La sentenza se ne infischia delle «ammonizioni

mirate» pro Juve, ma l'esistenza di contatti scheda svizzera Moggi-scheda

svizzera Dattilo viene definita «comunque pericolosa nell'imminenza della

partita». E che quella scheda sia proprio dell'arbitro è sostenibile con un

«grado di probabilità prossimo alla certezza, dal momento che quella stessa

scheda risulta essere stata in contatto con la moglie del Dattilo».

Sorteggio no, griglie sì Quanto ai designatori, le motivazioni ne colgono «la

mancanza di senso di responsabilità nel consentire gli approcci di Moggi». Ma

sugli alibi difensivi c'è anche l'ombra di «una regola elementare di cautela

nella previsione della possibilità di essere intercettati». E se «è

sufficientemente chiara» la regolarità del sorteggio, sulle griglie è un'altra

storia. Un esempio è Juve-Lazio 2-1: «I designatori fecero accedere Dondarini

al sorteggio per quella griglia» inserendo nella valutazione il «gradimento

non legittimato» di Moggi. Viene censurato anche il comportamento di Lotito e

dei Della Valle. Il presidente della Lazio «paga» le telefonate con l'allora

vicepresidente federale Innocenzo Mazzini. Per i proprietari della Fiorentina,

oltre alle intercettazioni, «l'aver comunque accettato di incontrarsi con chi

si dichiarava capace di influenzare l'esito della partita», seppure condito da

un «seppur vagamente», è ritenuto «sufficiente» per la condanna.

Appello E ora? Scontato il ricorso in appello dei condannati. Le difese

proveranno a far leva su alcune frasi delle stesse motivazioni, quella

«contestazione «fortemente ridimensionata dal dibattimento», per provare a

ribaltare il verdetto di primo grado.

-------

LE REAZIONI L’EX D.G. BIANCONERO: «LA JUVE DEVE RICHIEDERE DUE SCUDETTI»

«I campionati erano regolari,

l'accusa non si regge in piedi»

L'ex Procuratore Lepore: «Prove solide, la sentenza di primo grado non sarà stravolta»

art.non firmato (GaSport 07-02-2012)

A caldo grande prudenza, con i legali di Luciano Moggi che nel pomeriggio di

ieri avevano dichiarato di non voler commentare la sentenza sul caso

Calciopoli: «Stiamo leggendo le motivazioni del giudice, poi valuteremo cosa

fare» aveva detto l'avvocato Maurilio Prioreschi. Poi è stato lo stesso Moggi

a passare al contrattacco: «Il campionato era regolare, le partite erano

regolari, il sorteggio era regolare e penso che bastino queste cose lette

nelle motivazioni della sentenza per spiegare che il teorema di Calciopoli era

infondato», ha detto l'ex d.g. della Juventus. «Quando il presidente del

Tribunale dice che era tutto regolare nonostante gli sforzi di Auricchio di

dimostrare il contrario, beh allora non c'è più altro da aggiungere». Continua

Moggi. «Sono curioso di vedere cosa farà la Juventus che dovrà richiedere due

scudetti. Le motivazioni della sentenza hanno mostrato la verità. Anche

l'avvocato Cesare Zaccone (ex avvocato della Juve nel 2006) dovrà fare

chiarezza sulla sua posizione».

Prove solide Intanto l'ex capo della Procura di Napoli Giandomenico Lepore si

è detto sicuro della bontà dell'impianto accusatorio che ha portato alla

condanna di Moggi e altre 15 persone: «In base agli elementi che avevamo in

primo grado e che sono emersi nelle indagini, la serietà dei sostituti mi

rende più che sicuro che non ci possa essere un ribaltamento della sentenza di

primo grado. Posso dire — prosegue Lepore — che gli elementi in mano

all'accusa erano fondati sia per il rinvio a giudizio che per la successiva

condanna».

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DEPOSITATE IERI LE QUASI 600 PAGINE DELLE MOTIVAZIONI DELLA SENTENZA DI PRIMO GRADO DEL TRIBUNALE DI NAPOLI

«Sim e intercettazioni

inchiodano Moggi, però...»

Calciopoli: il Giudice nega che i sorteggi arbitrali fossero pilotati e

sottolinea che non è confermata l’alterazione del campionato 2004-2005

Rimproveri all’accusa: non avrebbe agevolato il lavoro delle difese, che adesso scorgono margini per l’appello

di ANTONIO MAGLIE (CorSport 07-02-2012)

«Condannato» dalle intercettazioni telefoniche e dalle famose «sim» straniere.

Teresa Casoria, presidente della nona sezione del Tribunale penale di Napoli,

ci ha impiegato quasi tre mesi per motivare la condanna di Luciano Moggi (ma

anche di Bergamo, Pairetto, Mazzini, De Santis, Foti, Diego e Andrea Della

Valle, Lotito, eccetera), l’imputato principale di Calciopoli (insieme ad

Antonio Giraudo che ha preferito la strada del rito abbreviato). Poco meno di

seicento pagine per spiegare che per provare il «tentativo di frode sportiva»

bastano le chiacchierate telefoniche presentate dall’accusa «nel cumulo con il

contatto telefonico ammantato di clandestinità rappresentato dall’uso

vicendevole delle schede straniere» . Insomma, le parole compromettenti e il

fatto che siano stati individuati strumenti per evitare eventuali «controlli»

bastano e avanzano per certificare la consumazione di un reato e portare a una

condanna (cinque anni e 4 mesi per Moggi). Ma le motivazioni di Teresa Casoria

lasciano alcuni varchi nei quali i legali dell’ex direttore generale della

Juventus e degli altri condannati potranno infilarsi per provare a ribaltare

il giudizio di primo grado (non è un caso che il legale di De Santis,

Gallinelli, abbia sottolineato che vi sono «ampi spazi per l’appello» ).

DUBBI - Ci sono alcuni aspetti della vicenda che non sono stati chiariti e

che, soprattutto, non sono stati provati dall’accusa. Ad esempio, la

«contraffazione» del sorteggio arbitrale. Anzi, il presidente Casoria esclude

il «trucco». Scrive il giudice: «Che il sorteggio non sia stato truccato così

come hanno sostenuto le difese, è emerso in maniera sufficientemente chiara al

dibattimento». Non solo: il presidente della Nona Sezione non manca di

assestare una stoccata (non l’unica) ai pubblici ministeri:

«Incomprensibilmente il pm si è ostinato a domandare ai testi di sfere che si

aprivano, di sfere scolorite, se il meccanismo per la partecipazione ad esso

di giornalisti e notaio era tale da porre i due designatori Bergamo e Pairetto

nell’impossibilità di realizzare la frode». Ma se il «trucco» nei sorteggi è

da escludere, dal dibattimento non è nemmeno venuta fuori la prova provata

dell’alterazione del risultato finale del campionato. Dice la Casoria:

«Trattandosi di reato di tentativo (di frode sportiva, n.d.r) questo non ha la

necessità della conferma, che il dibattimento in verità non ha dato, del

procurato effetto di alterazione del risultato del campionato di calcio

2004-2005 a beneficio di questo o quel contendente».

ASSOCIAZIONE - Poi ci sono i dati che confermano le accuse, anche quella

dell’associazione per delinquere. La prova essenziale è «il rapporto

diffusamente amichevole degli arbitri con Moggi». O ancora l’atteggiamento che

«lo spavaldo Moggi» ha nei confronti di Paparesta (in occasione di

Reggina-Juventus) che, a sua volta, manifestava «timore reverenziale» nei

confronti dell’ex dg bianconero. Insomma, gli «incontri con i designatori

fuori delle sedi istituzionali» , «il continuo chiacchierare può configurare

la trasmissione del messaggio potenzialmente idoneo a spingere i designatori e

talora anche gli arbitri a muoversi in determinate direzioni piuttosto che in

altre». La Casoria, inoltre, prendendo spunto da una telefonata di Moggi con

Franco Carraro sottolinea il «rapporto disinibito con i rappresentanti della

Figc» e «l’alto livello di invadenza nelle soluzioni tecniche».

DIFESE - Ma alla Casoria non sono piaciuti alcuni comportamenti dell’accusa.

E il riferimento diventa esplicito nel momento in cui parla delle

intercettazioni depositate dalla difesa di Moggi: una attività quella dei

legali dell’ex dg «se non in diritto, almeno in fatto, molto ostacolata nel

suo compito dall’abnorme numero di telefonate intercettate, oltre 171. 000, e

dal metodo operato per il loro uso» . Subito dopo, però, la Casoria smonta la

linea di difesa di Moggi sintetizzabile nel vecchio adagio «tutti colpevoli,

tutti innocenti» . Il giudice parla di «condotte indicative di una

generalizzata tendenza a conquistare il rapporto amichevole» con designatori e

arbitri. Ma questo atteggiamento diffuso non preclude «il giudizio sui reati

di tentativo di frode sportiva contestati agli imputati, in particolare a

Moggi, se viene dimostrato che per la sua parte questi ha tenuto un

comportamento diretto a invadere il campo della discrezionalità tecnica di

designatori e arbitri».

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Le motivazioni

Moggi a capo dell'organizzazione

Le sim estere ne sono la prova

di FULVIO BUFI (CorSera 07-02-2012)

NAPOLI — L'ex procuratore di Napoli Giovandomenico Lepore esclude che la

sentenza del processo Calciopoli «possa essere ribaltata in secondo grado»,

eppure se il dibattimento voleva dimostrare l'alterazione del campionato di

serie A nella stagione 2004-2005 in favore della Juventus, non ci è riuscito,

nonostante le condanne subite da Luciano Moggi, all'epoca direttore generale

bianconero e degli ex designatori arbitrali Paolo Bergamo e Pierluigi

Pairetto. Lo sostiene, nelle motivazioni della sentenza depositate ieri, il

giudice Teresa Casoria, presidente del collegio di fronte al quale si è tenuto

il dibattimento. Ma la frode sportiva, scrive Casoria, «trattandosi di reato

di tentativo, non ha la necessità della conferma, che il dibattimento in

verità non ha dato, del procurato effetto di alterazione del risultato finale

del campionato di calcio 2004-2005 a beneficio di questo o quel contendente».

Quello che dal processo è emerso con chiarezza, ritiene il Tribunale, è

l'esistenza di una organizzazione di cui Moggi era il capo. Nella motivazione

si legge che «sono sufficienti (a dimostrarlo, ndr) le parole pronunciate

nelle conversazioni intercettate nel cumulo con il contatto telefonico

ammantato di clandestinità rappresentato dall'uso vicendevole delle schede

straniere». Insomma: intercettazioni telefoniche e individuazione delle sim

estere che il dirigente juventino distribuiva a esponenti del mondo arbitrale,

rappresentano per i giudici la vera prova dell'esistenza di un sistema

illecito di influenza sugli arbitri e dell'associazione per delinquere di cui

Moggi, condannato a cinque anni e quattro mesi di reclusione, è stato ritenuto

non solo il capo ma anche il promotore. Ma così come durante il processo ebbe

frequenti attriti con i pubblici ministeri, anche nella stesura delle

motivazioni il presidente Casoria non rinuncia a criticare il lavoro della

Procura. Per esempio a proposito della presunta alterazione del sorteggio

arbitrale (tesi sostenuta dall'accusa): «Incomprensibilmente — scrive il

giudice — il pm si è ostinato a domandare ai testi di sfere che si aprivano,

di sfere scolorite e di altri particolari della condizione delle sfere, se il

meccanismo, per la partecipazione ad esso di giornalisti e notaio, era tale da

porre i designatori nell'impossibilità di realizzare la frode».

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CALCIOPOLI IN TRIBUNALE

“Per la condanna a Moggi

decisive le Sim straniere”

di ANTONIO MASSARI & MALCOM PAGANI (il Fatto Quotidiano 07-02-2012)

Il direttore era sempre in cima. Alla cupola e ai pensieri degli affiliati.

“Sussiste la prova della responsabilità di Luciano Moggi a carico del quale si

ravvisano elementi utili per ravvisare la condizione di capo”. Organizzava

cene clandestine e griglie arbitrali, trasmissioni tv e articoli di giornale.

Colloquiava con il ministro dell’Interno e con il presidente della Federcalcio,

discettando di Nazionale e convocazioni. Denotando: “L’alto livello

dell’invadenza nelle soluzioni tecniche”. Perdeva la calma se gli eventi non

assecondavano la progettazione e minacciava rappresaglie. Curava la

rappresentazione esteriore di un universo che dominava e manovrava le

dinamiche interne allo stesso con l’abilità che l’ex vicepresidente della Figc

Innocenzo Mazzini non faticava a riconoscergli: “Tu sei il padrone di questo

mondo di teste di cązzo!”. Leggendo le motivazioni della sentenza del

Tribunale di Napoli, che a novembre ha condannato in primo grado Lucia-no

Moggi a 5 anni e quattro mesi di reclusione per aver promosso l’associazione a

delinquere nel campionato che un tempo ospitò Maradona e Platini, la

sensazione del déjà-vu è fortissima.

IN 558 PAGINE fitte di cavilli giuridici, eccezioni e telefonate, anche

inedite, la voce del padrone riecheggia senza rivali. È Moggi a impegnarsi a

fornire le schede Sim straniere ai direttori di gara per conversare

liberamente al riparo da orecchie indiscrete in quello che viene definito “il

rapporto diffusamente amichevole degli arbitri con Moggi”. E poco importa, che

telefonate improvvide le facessero quasi tutti (architrave della difesa di Big

Luciano) perché, si legge nel dispositivo, l’accusa nei suoi confronti: “Non

perde valore indiziante solo perché dagli atti emerge il rapporto di altri

arbitri addirittura (…) imputati, come De Santis, altrettanto amichevole con

dirigenti sportivi curanti interessi diversi da quelli di Moggi, ad esempio

Meani, ben potendo configurarsi l’esistenza dell’associazione”. Nella sentenza

vengono messi in luce i rapporti sconvenienti (scambio di informazioni e

raccomandazioni) tra Moggi e i due designa-tori arbitrali, Gigi Pairetto e

Paolo Bergamo e l’effettiva influenza del sistema e dei suoi protagonisti su

chi era chiamato a dirigere la Juventus e le società satellite care all’ex

vicecapostazione poi passato a guidare la locomotiva. Nelle intercettazioni

allegate, oltre a Moggi, brillano personaggi di ieri e di oggi. Dino Zoff e

Della Valle ferocemente insultati da Mazzini: “Pezzi di mėrda”, i litigi tra

Carraro e Bergamo: “Lei non conta un cązzo… guardi che io mi vendico”, le

finezze verbali di Lotito: “Pace e pene a tutti” a braccetto con i duri

giudizi sull’ex presidente del Bologna Gazzoni Frascara: “Io ho 8. 000

dipendenti e dò da mangiare a 8. 000 famiglie (…) tu ti mangi pure le famiglie,

li mortacci tua (…) tanto la cosa è sempre la stessa, è Montezemolo che rompe

i coġlioni”, il tentativo del patron di Tod’s e di suo fratello di salvare in

ogni modo la Fiorentina.

DA PARTE del collegio giudicante non c’è certezza sulla fallacia del

sorteggio, ma l’ex Dg della squadra torinese, come scrive Teresa Casoria, era

sicuramente in grado di orientare le prestazioni arbitrali e la solidità

psicologica delle terne deputate ad andare in campo. Il passaggio è chiaro.

“La contaminazione degli arbitraggi attraverso le sollecitazioni adoperate dal

Moggi nei confronti degli arbitri e da costoro accettate con riferimento alla

parte delle competizioni svoltesi nella stagione 2004 / 2005, oggetto

dell’imputazione, ritengono che la prova della responsabilità può ritenersi

raggiunta”. E a giudizio di Casoria (che in pessimi rapporti con gli altri

componenti del collegio e con i Pm, non risparmia comunque dubbi sull’indagine

e stoccate) coincide con l’intenzione. Alterare il campionato 2005-2006. Si

puntava a quello. Poco importa che non sia stata raggiunta certezza del

completo raggiungimento dell’obiettivo o che concentrarsi su Moggi abbia

impedito di accendere la luce su altri non commendevoli contesti. Non conta.

“È convincimento del tribunale che sono sufficienti le parole pronunziate

nelle conversazioni intercettate (…) nel cumulo con il contatto telefonico

ammantato di clandestinità, rappresentato dall’uso vicendevole di schede

straniere, per integrare gli estremi del reato”.

UN REATO di tentativo che non ha bisogno di conferme, ma di “interessi che

muovono atti “fraudolenti”. Mentre Moggi continua a scrivere, a straparlare in

televisione (la tribuna è quella di “Ieri, Moggi e Domani”, su 7 Gold, guest

star Pippo Franco) e a perorare cause per gli antichi compagni d’avventura:

“Per il dopo Mazzarri? Marcello Lippi sarebbe perfetto”, la sentenza di

Casoria costringe a rileggere il recente passato lasciando spazio non

all’ologramma dell’uomo distrutto che provò a dimostrare con uno stuolo di

periti e difensori la propria innocenza nelle aule, ma al Moggi altero e

sprezzante di ieri. A quello di Reggio Calabria, furioso con Paparesta che a

Damascelli del Giornale giurava: “”So ’ entrato nello spogliatoio e li ho

fatti neri tutti quanti… Poi li ho chiusi e volevo portà via le chiavi”. Lo

stesso episodio che per mesi i difensori di Moggi sbandierarono come prova

dell’illibatezza di Lucianone, a contatto con la sentenza si sporca: “Pur se è

risultato non vero quello che lo spavaldo Moggi andava dichiarando, cioè di

aver chiuso l’arbitro Paparesta nello spogliatoio… nondimeno va valutata la

reazione di Paparesta (…) che va interpretata come un effetto del timore

reverenziale nei confronti della persona”. I panni sporchi non si lavano più

in famiglia, ma nelle aule. Luciano Moggi si trovava meglio al Processo del

Lunedì.

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CALCIOPOLI Le motivazioni della condanna

Moggi il «capo» incastrato

da Sim estere e chiacchiere

Ma i magistrati di Napoli sottolineano

la «parzialità» con cui l’accusa ha vagliato

le vicende del campionato 2004-200

Crolla il sospetto di sorteggio pilotato e in 558 pagine

il tribunale non parla mai di scudetto alterato

di GIAN MARCO CHIOCCI ft.SIMONE DI MEO (Il Giornale 07-02-2012)

Il principio del diritto penale (nell’incertezza meglio assolvere un colpevole

che condannare un innocente) soccombe sotto il peso delle 558 pagine della

sentenza di Calciopoli. Un processo a rischio in appello dopo che i giudici di

primo grado, in mancanza di prove certe, hanno ritenuto «sufficienti le parole

pronunziate nelle conversazioni intercettate» e l’uso di schede straniere

«(...) per integrare gli estremi di reato» pur ammettendo, alla fine, che non

c’è stata alcuna «alterazione del risultato finale del campionato di calcio

2004/2005 a beneficio di questo o quel contendente». E che c’è stato un

«ridimensionamento della portata dell’accusa che deriva dalla parzialità con

la quale sono state vagliate le vicende del campionato 2004-2005, per correre

dietro soltanto ai misfatti di Moggi, dei quali sono state accertate modalità,

quanto alle frodi sportive, al limite della sussistenza del reato di tentativo,

con conseguente ulteriore difficoltà di aggancio alla responsabilità del

datore di lavoro ». In altre parole: Juve innocente, accusa parziale, pochi

riscontri. La Corte ha ammesso che la Difesa non ha combattuto ad armi pari

«ostacolata dall’abnorme numero di intercettazioni… e dal metodo adoperato per

il loro uso, indissolubilmente legato a un modo di avvio e sviluppo delle

indagini per congettura». Per congettura? E le condanne allora? Al tribunale

basta e avanza l’« esistenza di un quadro sociale delle condotte» indicativo

di una «generalizzata tendenza a conquistare il rapporto amichevole, in

funzione del suggerimento, con designatori e arbitri ». Ovvero: è pericoloso

per lo sport se Moggi, Bergamo, Pairetto &co si vedono al bar, cenano insieme,

parlano al telefono ma è normale se, in «un processo impostato sulle

intercettazioni », gli avvocati non riescono a far trascrivere quelle utili

agli imputati. Se non sussistono più le ipotesi per la recidiva dei reati di

frode, crolla pure il teorema del sorteggio pilotato. I giudici parlano senza

pietà di un «mal riuscito espediente » e di «cavallo di battaglia» del pm che

«incomprensibilmente… si è ostinato a domandare ai testi di sfere che si

aprivano, di sfere colorate » col risultato (su 19 testi) di ottenere un

«coacervo di risposte da presa in giro». La prova regina è la sim svizzera

utilizzata da Moggi anche se, per il giudice, le indagini sulla stessa sono

state condotte con metodi poco ortodossi e «artigianali ». Moggi è di fatto

condannato per logorrea, e cioè per quel che in sentenza si definisce il

«fiume di parole », un «continuo e prolungato chiacchierare» al cellulare.

Pure l’episodio dell’arbitro Paparesta chiuso nello spogliatoio è falso, una

boutade telefonica di Lucianone. L’ex manager della Juve è comunque colpevole

perché a suo carico «si ravvisano elementi utili per ravvisare la condizione

attribuitagli di Capo» dell’associazione. Ma più che un reale potere di

indimidazione Moggi esercitava «un effetto scenico, di mera apparenza, poiché

anche l’apparenza può generare la condizione di potere e l’assoggettamento

all’autorità». Va condannato perché aveva un rapporto «disinibito coi

rappresentanti Figc », s’intrometteva nelle «soluzioni tecniche» della

Nazionale, era amico degli arbitri. Poco rispetto alle accuse iniziali. Ma

tant’è.

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Lo scandalo Ecco le motivazioni dei verdetti del tribunale di Napoli a

carico dell’ex dg della Juve: «La frode sportiva è un reato di tentativo»

Condanna di Moggi,

decisive le schede svizzere

Calciopoli: non c’è prova di risultati combinati ma bastano le conversazioni telefoniche

di LANDRO DEL GAUDIO (Il Mattino 07-02-2012)

Basta l’uso delle schede svizzere e la trama delle parole intercettate per

condannare Luciano Moggi come «capo» della Calciopoli nazionale. Basta la rete

di contatti con arbitri, designatori, dirigenti societari in prossimità di

alcune partute, per dimostrare l’ipotesi di frode sportiva, anche se poi non

c’è conferma di una «reale alterazione del risultato finale del campionato di

calcio 2004-2005». Eccole le motivazioni che hanno spinto la nona sezione del

Tribunale di Napoli (presidente Teresa Casoria, a latere Maria Pia Gualtieri e

Francesca Pandolfi) a firmare la condanna di Moggi e degli altri protagonisti

del più importante scandalo dello sport nazionale.

In 558 pagine la storia di un’inchiesta terremoto, anche se non mancano

stoccate nei confronti della stessa Procura: sia per «l’abnorme» quantità di

telefonate intercettate (agli atti ne vengono depositate 170mila), sia per il

loro uso legato «alle congetture iniziali» che hanno via via orientato le

indagini; ma anche per la mancata dimostrazione di sorteggi truccati nel corso

del dibattimento. Chiara l’analisi della nona penale: la frode sportiva è un

«reato di tentativo», un reato «a consumazione anticipata», che può essere

sanzionato anche se poi non viene confermata la realizzazione della combine.

Sufficienti dunque le «parole pronunciate nelle conversazioni intercettate nel

cumulo con il contatto telefonico ammantato di clandestinità rappresentato

dall’uso vicendevole delle schede straniere». C’è spazio anche per l’analisi

di un punto controverso, le telefonate depositate dalla difesa di Luciano

Moggi, su cui il Tribunale è categorico: «La difesa è stata se non in diritto,

almeno in fatto, molto ostacolata nel suo compito dall’abnorme numero di

telefonate intercettate, oltre 171.000, e dal metodo adoperato per il loro uso,

indissolubilmente legato ad un modo di avvio e di sviluppo delle indagini per

congettura, emerso al dibattimento». Sulle telefonate indicate dalla difesa,

il Tribunale è chiaro: non cambiano la storia di Calciopoli e confermano la

tendenza «a conquistare il rapporto amichevole, in funzione di suggerimento

con designatore e arbitri». Non c’è condivisione invece con i pm sulla

presunta alterazione dei sorteggi arbitrali: «Che il sorteggio non sia stato

truccato - si legge - è emerso in modo chiaro al dibattimento.

Incomprensibilmente il pm si è ostinato a domandare ai testi di sfere che si

aprivano, di sfere scolorite e di altri particolari della condizione delle

sfere, se il meccanismo per la partecipazione ad esso di giornalisti e notaio

era tale da porre i due designatori Bergamo e Pairetto nell’impossibilità di

realizzare la frode».

Restano i contatti tra Moggi i designatori fuori dalle sedi istituzionali,

sempre in prossimità delle partite, quel «continuo e prolungato

chiacchierare.. . che effettivamente può configurare la trasmissione del

messaggio potenzialmente idoneo a spingere i designatori, e talora anche gli

arbitri, a muoversi in determinale direzioni piuttosto che in altre». Schemi

tipici dell’associazione per delinquere, con il presunto capo Moggi a fare da

perno di continue triangolazioni. Emblematico, agli occhi del Tribunale, il

tempestoso dopopartita di Reggina-Juventus con i momenti di tensione tra Moggi

e l’arbitro Paparesta: pur essendo falso quanto Moggi andava dicendo in giro

(di aver chiuso l’arbitro negli spogliatoi), non c’è traccia nel referto

arbitrale dello sfogo dell’ex dg della Juventus. C’è spazio anche per il

«rapporto disinibito con i rappresentanti della Figc», tanto da spingere i

giudici a citare la telefonata con l’ex presidente Franco Carraro da cui

emerge «l’alto livello dell’invadenza nelle soluzioni tecniche», in

riferimento alla Nazionale e sulle scelte dell’allora ct Marcello Lippi.

___

LA SENTENZA

Calciopoli, «il capo era Moggi»

decisive le sim estere agli arbitri

di LEANDRO DEL GAUDIO (Il Messaggero 07-02-2012)

NAPOLI - Basta l’uso delle schede svizzere e la trama delle parole

intercettate per condannare Luciano Moggi come «capo» della Calciopoli

nazionale. Basta la rete di contatti con arbitri, designatori, dirigenti

societari in prossimità di alcune partIte, per dimostrare l’ipotesi di frode

sportiva, anche se poi non c’è conferma di una «reale alterazione del

risultato finale del campionato di calcio 2004-2005».

Ecco le motivazioni che hanno spinto la nona sezione del Tribunale di Napoli

a firmare la condanna di Moggi e degli altri protagonisti del più importante

scandalo dello sport nazionale.

In 558 pagine la storia di un’inchiesta terremoto, anche se non mancano

stoccate nei confronti della stessa Procura: sia per «l’abnorme» quantità di

telefonate intercettate (agli atti ne vengono depositate 170mila), sia per il

loro uso legato «alle congetture iniziali» che hanno via via orientato le

indagini; ma anche per la mancata dimostrazione di sorteggi truccati nel corso

del dibattimento. Chiara l’analisi della nona penale: la frode sportiva è un

«reato di tentativo», un reato «a consumazione anticipata», che può essere

sanzionato anche se poi non viene confermata la realizzazione della combine.

Sufficienti dunque le «parole pronunciate nelle conversazioni intercettate nel

cumulo con il contatto telefonico ammantato di clandestinità rappresentato

dall’uso vicendevole delle schede straniere».

C’è spazio anche per l’analisi di un punto controverso, le telefonate

depositate dalla difesa di Luciano Moggi, su cui il Tribunale è categorico:

«La difesa è stata se non in diritto, almeno in fatto, molto ostacolata nel

suo compito dall’abnorme numero di telefonate intercettate e dal metodo

adoperato per il loro uso, indissolubilmente legato ad un modo di avvio e di

sviluppo delle indagini per congettura, emerso al dibattimento». Sulle

telefonate indicate dalla difesa, il Tribunale è chiaro: non cambiano la

storia di Calciopoli e confermano la tendenza «a conquistare il rapporto

amichevole, in funzione di suggerimento con designatore e arbitri».

Non c’è condivisione invece con i pm sulla presunta alterazione dei sorteggi

arbitrali: «Che il sorteggio non sia stato truccato - si legge - è emerso in

modo chiaro al dibattimento. Incomprensibilmente il pm si è ostinato a

domandare ai testi di sfere che si aprivano, di sfere scolorite e di altri

particolari della condizione delle sfere, se il meccanismo per la

partecipazione ad esso di giornalisti e notaio era tale da porre i due

designatori Bergamo e Pairetto nell’impossibilità di realizzare la frode».

Restano i contatti tra Moggi i designatori fuori dalle sedi istituzionali,

sempre in prossimità delle partite, quel «continuo e prolungato

chiacchierare.. . che effettivamente può configurare la trasmissione del

messaggio potenzialmente idoneo a spingere i designatori, e talora anche gli

arbitri, a muoversi in determinate direzioni piuttosto che in altre». Schemi

tipici dell’associazione per delinquere, con il presunto capo Moggi a fare da

perno di continue triangolazioni. Emblematico, agli occhi del Tribunale, il

tempestoso dopopartita di Reggina-Juventus con i momenti di tensione tra Moggi

e l’arbitro Paparesta di cui non c’è traccia nel referto arbitrale. E infine

c’è spazio anche per il «rapporto disinibito con i rappresentanti della Figc»,

Come Franco Carraro.

___

giustizia ordinaria e sportiva

Moggi e Contador

uniti nelle condanne

LO SPORT ALLA SBARRA: STANGATA SU CONTADOR, DUE ANNI DI CONDANNA

Su Moggi ora la Juve può far ripartire

la solita giostra delle polemiche

CALCIOPOLI. Per il giudice non ci sono ombre sul campionato 2004-05.

di PIPPO RUSSO (Il Riformista 07-02-2012)

Ruoli diversi, diverse discipline sportive, due distinti fori giurisdizionali.

Eppure c’è qualcosa di più che la mera coincidenza temporale d’un gelido

lunedì di febbraio a legare le notizie giudiziarie riguardanti Alberto

Contador e Luciano Moggi.

C'è il senso dell’inutilità di quel loro continuare a giocare a nascondino e

del reiterare le furbate, mostrando persino il ghigno arrogante e facendo

finta che le accuse ai loro danni fossero sempre e soltanto un complotto o un

malinteso. Come se questo bastasse a allontanare le colpe e esorcizzare il

rischio delle punizioni. Da ieri avranno un motivo in meno per atteggiarsi

ancora a quel modo. Per il primo è arrivata una pesante condanna dal Tribunale

d’Arbitrato dello Sport di Losanna, con relativa cancellazione dei risultati

conseguiti nel periodo delle malefatte. Per il secondo quello di ieri è stato

il giorno in cui sono state rese note le motivazioni della sentenza di

condanna penale che lo scorso novembre lo vide condannato in primo grado a 5

anni e 4 mesi di reclusione per associazione a delinquere. Per Moggi si è

trattato di un passaggio dovuto, e persino con qualche elemento di

controversia contenuto nel testo delle motivazioni. Per Contador, invece, è

giunto un colpo durissimo dal quale sarà molto difficile ripartire. Iniziamo

proprio dal ciclista spagnolo, che ieri si è visto comminare il massimo della

pena per la positività al clenbuterolo fatta registrare a un controllo

antidoping durante il Tour de France vinto nel 2010. Il ciclista si difese

ricorrendo alla solita e stucchevole giustificazione: la presenza della

sostanza dopante nel suo sangue era dovuta all’assunzione di carne

contaminata. Una spiegazione non credibile, tant’è che l’inchiesta della

federciclo spagnola andò avanti e giunge sul punto di comminare una condanna

severa ma non durissima nei confronti del suo ciclista di punta: un anno di

squalifica.

Poi invece, il 15 febbraio dell’anno scorso, arrivò la sorpresa. La stessa

federazione assolse Contador con uno spettacolare ripensamento, facendo

allungare una volta di più i sospetti sul sistema sportivo spagnolo e sul suo

cinismo. L’Unione ciclistica internazionale (Uci) e l’Agenzia mondiale

antidoping presentarono immediatamente ricorso al Tas di Losanna, ma intanto

nell’attesa che esso pronunciasse la sentenza Contador partecipò al Giro

d’Italia (vincendolo) e al Tour 2011. Le udienze del procedimento davanti al

Tas, a fine luglio 2011, si risolsero in quattro spossanti giorni di perizie e

effetti speciali. E ieri è arrivata la sentenza: due anni di condanna, la

revoca delle vittorie al Tour 2010 e al Giro 2011, l’impossibilità di

partecipare al Tour 2012 e alle Olimpiadi di Londra. Nell’albo d’oro delle due

grandi corse a tappe lo sostituiscono al primo posto Andy Schleck e Michele

Scarponi. Riguardo a quest’ultimo, una curiosità: assieme a Contador venne

coinvolto nell’Operacion Puerto (l’inchiesta della procura di Madrid sul

sistema di pratiche dopanti organizzato dal dottor Eufemiano Fuentes), e per

questo motivo venne squalificato nel 2007 per 18 mesi.

Quanto a Moggi, le motivazioni della giudice napoletana Teresa Casoria

spiegano la sua condanna in primo grado con la distribuzione e l’utilizzo di

schede sim straniere allo scopo di assicurare un sistema di comunicazione

blindato con arbitri e designatori. Si fa riferimento pure a un «rapporto

disinibito coi rappresentanti della Figc». Nelle stesse motivazioni, invero,

emergono passaggi sorprendenti. Come quello in cui si dichiara che non

emergerebbero ombre sul campionato 2004-05 (quello che si concluse con uno dei

due scudetti revocati ai bianconeri). C’è da giurarci che da qui partirà una

nuova giostra di polemiche. E chissà se tornerà a esternare Andrea Agnelli,

che soltanto due giorni fa definì Moggi «il migliore». Nelle ore

immediatamente successive al pronunciamento delle sentenze, a novembre, la

società bianconera scaricò l’ex dg con un comunicato ufficiale, affermando che

aveva agito per conto suo. Moggi non la prese bene, e lanciò messaggi in cui

precisava di non avere fatto tutto da solo. Chissà cosa sarà successo dietro

le quinte in questi tre mesi, per convincere il giovin presidente bianconero a

tale virata di 180 gradi.

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Calciopoli

Le motivazioni del presidente Casoria: bacchettati i pm

Moggi, schede agli arbitri

decisive per la condanna

"Ma sorteggi non truccati"

di DARIO DEL PORTO (la Repubblica 07-02-2012)

Le schede telefoniche segrete e il contenuto delle intercettazioni inchiodano

Luciano Moggi. Ma dal processo non è emersa la "conferma" di un´alterazione

del risultato del campionato 2004-2005 né la prova che il sorteggio arbitrale

fosse truccato. Sono alcuni dei passaggi contenuti nelle 561 pagine di

motivazione del verdetto del Tribunale di Napoli che l´8 novembre ha chiuso

con 16 condanne e 8 assoluzioni il processo Calciopoli. La sentenza, firmata

solo dal presidente del collegio Teresa Casoria, non risparmia stoccate

all´impianto accusatorio, sostenuto in aula dai pm Stefano Capuano e Giuseppe

Narducci. Secondo il Tribunale sono emersi «gli elementi di prova per

ravvisare l´esistenza di una struttura organizzata per raggiungere il fine

della frode sportiva. Struttura avente quale capo Moggi», ex dg della Juventus,

condannato a 5 anni e 4 mesi di reclusione. Nella interpretazione del

Tribunale appare come «ben più pregnante e decisivo l´elemento dell´uso delle

schede straniere delle quali è risultata la disponibilità procurata da Moggi a

designatori e arbitri».

Per quanto riguarda i singoli episodi di frode sportiva, nella sentenza viene

rimarcato più volte che questo reato si consuma con il solo tentativo, al di

là dunque della effettiva alterazione della gara. Ma l´ipotesi di un sorteggio

arbitrale truccato viene bocciata come un «mal riuscito espediente

dell´accusa». A Moggi viene contestato il rapporto «disinibito» con i

rappresentanti della Figc e «intollerabilmente confidenziale con i due

designatori», Bergamo e Pairetto, condannati rispettivamente a 3 anni e 8 mesi

e un anno e 11 mesi per associazione ma non come promotori. Nelle motivazioni

il presidente Casoria sottolinea che la difesa è stata «almeno in fatto molto

ostacolata dall´abnorme numero di telefonate intercettate, oltre 171 mila, e

dal metodo adoperato per il loro uso, indissolubilmente legato a un modo di

avvio e sviluppo delle indagini per congettura». Ciò nonostante, il Tribunale

ritiene che il processo, «confezionato con il ricorso a dosi massicce di

intercettazioni, non abbia patito totale disfatta nell´urto con il

dibattimento» da cui non sono emersi, «contrariamente a quanto sostenuto dal

coro delle difese, fatti di totale annullamento della portata probatoria del

discorso telefonico». Il fatto «che nella sostanza i difensori abbiano

incontrato ostacoli non è, ad avviso del collegio, circostanza tale da

procurare un effetto di processo ingiusto per violazione del diritto i difesa.

Pur se indubitabilmente sarebbe stato opportuno avere a suo tempo maggiore

considerazione per il principio di proporzione». Argomenti che adesso

passeranno al vaglio del processo di appello.

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Dossier / Il calcio malato

SENSO UNICO

Si è corso solo dietro a big Luciano

Né può essere trascurata. . . la

parzialità con la quale sono state

vagliate le vicende del torneo 2004/05,

per correre dietro soltanto ai

misfatti di Moggi

Motivazioni del tribunale di Napoli

“Calciopoli, una verità parziale”

Le motivazioni della sentenza: Moggi inchiodato dalle sim estere. Dubbi sulla gestione dell’inchiesta

di GUGLIELMO BUCCHERI (LA STAMPA 07-02-2012)

Il processo di Calciopoli racchiuso dentro un percorso di 561 pagine. Tante ne

ha scritte il collegio giudicante della nona sezione penale del tribunale di

Napoli per spiegare i perché delle condanne in primo grado di Luciano Moggi e

degli altri, più o meno grandi, accusati: l’utilizzo delle sim svizzere è la

principale colpa, la parzialità investigativa di chi ha costruito e portato

avanti l’inchiesta è la bacchettata, nemmeno tanto velata, dei giudici agli

inquirenti.

Le motivazioni del processo al calcio italiano per la pagina nera dello

scandalo più fragoroso hanno un filo conduttore e un punto di partenza. Di

«reato di tentativo di frode sportiva...» si parla più volte nell’atto perché

«questo non ha necessità della conferma, che il dibattimento in verità non ha

dato, del procurato effetto di alterazione del risultato finale del campionato

2004/05 a beneficio di questo o quel contendente. . . ». Pericolo di frode,

dunque. Non frode compiuta o concretizzata, ma, comunque, tale da configurare

un reato penalmente rilevante: questa la ragione delle condanne per

Calciopoli. Luciano Moggi ne è stato il gran capo, promotore dell’associazione

a delinquere in quanto, si legge, «vengono in rilievo gli incontri con i

designatori fuori dalle sedi istituzionali e in prossimità delle partite, a

casa Pairetto (più volte, ndr), a casa Giraudo, a casa Bergamo. . . viene in

rilievo il ben più pregnante e, nella visione del tribunale, decisivo,

elemento dell’uso delle schede straniere, delle quali è risultata la

disponibilità procurata da Moggi a designatori e arbitri...viene in rilievo il

continuo e prolungato chiacchierare sulla rete telefonica nazionale che, ad

avviso del collegio, effettivamente può configurare la trasmissione del

messaggio potenzialmente idoneo a spingere i designatori, e talora anche gli

arbitri, a muoversi in determinate direzioni piuttosto che altre.. . ». Moggi,

secondo il collegio, è il gran capo della cupola anche per i «suoi rapporti

disinibiti con i rappresentanti della Figc» e vista la sua capacità di

incutere negli altri «timore reverenziale nei suoi confronti» come nel caso

dell’arbitro Paparesta.

Moggi promotore unico dell’associazone a delinquere, dunque. Ma dalle 561

pagine di motivazioni i giudici fanno emergere crepe nell’impianto accusatorio

ed investigativo che faranno discutere. Per il collegio «le vicende del

campionato 2004/05 sono state vagliate dall’accusa con parzialità per correre

dietro soltanto ai misfatti di Moggi. . . ». Un duro colpo di assestamento

all’impianto inquirente, da sempre pronto a rispedire al mittente ogni ipotesi

sull’allargamento delle responsabilità anche a soggetti, comunque, fuori dal

processo. Parziale, l’inchiesta. Incomprensibile l’accusa quando, secondo il

collegio presieduto dal presidente Teresa Casoria, «si è ostinata a domandare

di sfere che si aprivano, sfere scolorite ed altri particolari» in quanto «il

sorteggio non è taroccato» perché l’influenza di Moggi sul mondo arbitrale,

sempre per i giudici, avvenica a livello di composizione di griglie arbitrali

e non, appunto, nel momento di sorteggiare quel singolo fischietto per quella

determinata partita.

Calciopoli, adesso, si prepara all’appello. Dai quartier generali delle

difese dei condannati in primo grado il pensiero è lo stesso. «Con queste

motivazioni, la sentenza si può ribaltare...», dicono. E, la Juve? Le 561

pagine consegnate venerdì dalla Casoria in cancelleria e rese note ieri danno

forza alla strategia del club bianconero, pronto ad accelerare la

calendarizzazione dell’udienza al Tar del Lazio (a settembre il verdetto) dove

la Juve si è rivolta chiedendo 444 milioni di euro di danni alla Federcalcio.

Moggi, condannato a cinque anni e quattro mesi, è stato il gran capo della

cupola che ha pilotato il campionato 2004/05 senza, però, alterarlo: questo

dicono i giudici. Per l’accusa e gli investigatori non sono mancati

inaspettati cartellini rossi.

2004-2005

Il risultato finale resiste al processo

"Trattandosi di reato di tentativo,

non c’è necessità di conferma, che il

processo non ha dato, del procurato

effetto di alterazione del risultato

finale del torneo"

Motivazioni del tribunale di Napoli

E la Juve pensa alla revisione

del procedimento sportivo

Per il giudice «rotto il rapporto organico di Moggi col datore di lavoro»

di MASSIMILIANO NEROZZI (LA STAMPA 07-02-2012)

Certa che faranno comodo nella causa contro la Federcalcio e, chissà, nella

richiesta di revisione del processo sportivo, ieri la Juve s’è annotata le

motivazioni del tribunale di Napoli. Quello che aveva condannato Luciano Moggi,

ma assolto da responsabilità civile il club bianconero. Bignamino del

provvedimento: il taroccamento del campionato 2004/05 non è stato provato, e

le sue vicende sono state analizzate «con parzialità». Guardando con occhi

juventini, la dimostrazione che non ci fu quella parità di trattamento davanti

alle regole sempre invocata dal presidente Andrea Agnelli.

Ieri la Juve s’è sigillata la bocca, non il cervello: quelle righe sono un

bel sostegno alla richiesta danni da oltre 443 milioni di euro contro la

Federcalcio davanti al Tar del Lazio e, forse, ce n’è abbastanza per chiedere

di rifare il processo sportivo che nel 2006 requisì due scudetti al club,

spedendolo in serie B, a meno nove. Quest’ultima era eventualità remota,

invece da ieri un’occhiata all’articolo 39 del codice di giustizia sportivo,

quello della revisione, la Juve la darà. Altro punto finito nel dossier

bianconero: Lucianone non era la Juve, e dunque le sue colpe non ricadono

sulla società. Per i giudici penali, «il rapporto organico con il datore di

lavoro» era rotto, a causa «dell’esercizio da parte dell’imputato Moggi di un

potere personale avente manifestazioni esteriori esorbitanti dall’appartenenza

alla società, noto come tale ai competitori, messi infatti in allarme, così

come ampiamente dimostrato dagli atti del processo». Una «frattura» che

ricalca, quasi passo a passo, la memoria difensiva del club, firmata dagli

avvocati Giuseppe Vitiello, Luigi Chiappero e Michele Briamonte, che da anni

coordina la strategia legale della società. «Andremo fino in fondo», aveva

avvertito Agnelli fin dal luglio scorso, quando scoppiò la guerra per la

revoca del titolo 2006, requisito alla Juve e consegnato all’Inter. E ora,

nell’analisi juventina, la sentenza e le motivazioni del processo napoletano a

Calciopoli hanno sconfessato le decisioni sportive contro i bianconeri. Detto

brutalmente: giudici dello Stato hanno stabilito che il club non è

responsabile civile per le condotte di Moggi, quelli della Figc hanno invece

detto l’opposto. Con quella responsabilità oggettiva che tanto somiglia agli

obblighi del responsabile civile. «L’obiettivo è fare danno a chi ci ha fatto

danno e andremo avanti sino a quando ci saranno strade legali percorribili»,

aveva detto Briamonte. Da ieri, oltre che percorribili, quei sentieri alla

Juve paiono anche un po’ più in discesa.

IL CAPO

L’esorbitante potere dell’ex dg

L’esercizio da parte dell’imputato

Moggi di un potere personale avente

manifestazioni esteriori esorbitanti

dall’appartenenza alla società noto

come tale ai competitori

Motivazioni del tribunale di Napoli

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Calciopoli depositate le motivazioni della sentenza del tribunale di Napoli

L’ex dg della Juve era stato condannato a 5 anni e 4 mesi di reclusione

«Moggi era capo dell’associazione

Lo prova l’uso delle sim straniere»

L’uso delle schede telefoniche estere regalate da Moggi ai

designatori, gli incontri fuori dalle sedi istituzionali e

i rapporti decisamente confidenziali con gli arbitri. Ecco

le prove che hanno inchiodato Luciano Moggi.

di VINCENZO RICCIARELLI (l'Unità 07-02-2012)

Le schede telefoniche estere fornite ad arbitri e designatori, le

intercettazioni e gli incontri con gli stessi designatori sono gli elementi

decisivi che hanno portato alla condanna dell’ex direttore generale della

Juventus Luciano Moggi e degli altri imputati nel processo a Calciopoli. È

quanto si evince dalla lettura delle 559 pagine delle motivazioni della

sentenza depositate ieri. È stato lo stesso presidente del collegio, Teresa

Casoria, a mettere nero su bianco le ragioni che portarono lo scorso 8

novembre al verdetto di condanna per Moggi (5 anni e 4 mesi), e per i

designatori Bergamo e Pairetto, nonché per arbitri e dirigenti di società. Per

il tribunale, dunque, l’elemento «ben più pregnante e decisivo» è

rappresentato «dall’uso delle sim straniere procurate da Moggi». Oltre a

questa circostanza si sottolineano gli incontri dello stesso Moggi «con i

designatori fuori delle sedi istituzionali, che emergono dalle intercettazioni

telefoniche in prossimità delle partite, l’uso delle schede straniere fornite

a arbitri e designatori, il continuo e prolungato chiacchierare che

effettivamente può configurare la trasmissione del messaggio potenzialmente

idoneo a spingere i designatori, e talora anche gli arbitri, a muoversi in

determinate direzioni piuttosto che in altre».

Il presidente Casoria si sofferma in particolare sul reato di associazione

per delinquere indicando «quelli che si ritengono gli elementi di prova della

responsabilità di Moggi, utili a conferirgli la qualifica di capo

dell’associazione ». E mette in risalto «il rapporto diffusamente amichevole

degli arbitri con Moggi, che non perde valore indiziante - si legge - solo

perché dagli atti emerge il rapporto di altri arbitri non imputati e

addirittura di taluno degli arbitri imputati, come De Santis». Un altro

elemento significativo, ad avviso del tribunale, è rappresentato dal

tempestoso dopopartita di Reggina-Juventus: «Pur se è risultato non vero

quello che lo spavaldo Moggi andava dichiarando in giro, e per telefono, cioè

di avere chiuso l’arbitro Paparesta nello spogliatoio nondimeno va valutata la

reazione di Paparesta di non inserire il comportamento furioso nel referto

arbitrale, reazione che va interpretata come un effetto di un timore

reverenziale».

Il tribunale parla inoltre del «rapporto disinibito con i rappresentanti

della Figc» citando una telefonata con l’ex presidente Franco Carraro da cui

emerge «l’alto livello dell’invadenza nelle soluzioni tecniche», in

riferimento alla Nazionale e alle scelte dell’allora ct Marcello Lippi.

Ma per il collegio ad integrare gli estremi di reato di frode sportiva «sono

sufficienti le parole pronunciate nelle conversazioni intercettate » e spiega

che «trattandosi di reato di tentativo questo non necessita della conferma del

procurato effetto di alterazione del risultato finale del campionato di calcio

2004/2005 a beneficio di questo o quel contendente». La sentenza si sofferma

anche sulle telefonate depositate dai legali di Moggi. Riconoscendo che la

difesa è stata «ostacolata nel suo compito dall’abnorme numero di telefonate

intercettate, oltre 171. 000, e dal metodo adoperato per il loro uso,

indissolubilmente legato ad un modo di avvio e di sviluppo delle indagini per

congettura, emerso al dibattimento».

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Il pallone di Luciano

Anche chi mi odia dovrà ricredersi

Mi hanno condannato senza prove

di LUCIANO MOGGI (Libero 07-02-2012)

Finalmente sono uscite le motivazioni del processo “Calciopoli”: sorteggio

degli arbitri regolare, campionato regolare, delle ammonizioni, come diceva

Auricchio, «mirate», neppure l’ombra. Praticamente un’assoluzione con sentenza

di condanna. Chiediamo così alla Federazione il processo sportivo del 2006 a

cosa è servito. Un amico mi ha detto che siamo finiti in una barzelletta, per

altro raccontata molto male dal maggiore dei carabinieri Auricchio; da Franco

Baldini, «dall’ondeggiante» così come viene chiamato nella sentenza, Massimo

Cellino e da altri. Non avendo davanti a me le motivazioni in questo momento

preferisco non dilungarmi ulteriormente, fermo restando che tutto quello che

era stato detto di malefatte neppure l’ombra e di conseguenza aspetterò con

tranquillità l’appello per dimostrare le mia innocenza per altro già descritta

nelle motivazioni.

Il caso Ibra

Se non ci fosse di mezzo Ibra, per cui ho una stima illimitata, direi che è un

caso classico di nemesi storica a parti invertite, stavolta a carico del

Milan. Nessuno avrà dimenticato la squalifica dell’allora juventino Ibra che

gli fece saltare Juve-Milan dopo che un filmato Mediaset (ahi, ahi) lo

pizzicò. Ora non c’è stata prova tv a carico di Ibra, ma un rosso diretto

deciso da Rizzoli su segnalazione dell’assistente Cariolato, a sua volta

imbeccato dal portiere del Napoli De Sanctis, scattato come una lepre per

denunciare il misfatto. Dal suo punto di vista una corsa andata a buon fine,

con Ibra espulso, Aronica graziato, e Galliani di corsa in tv a puntualizzare

che non c’era condotta violenta e che dunque le tre giornate di squalifica

erano da escludere. È qui la nemesi, con Galliani che si batte per evitare ciò

che anni prima aveva avuto come manna dal cielo: evitare l’assenza di Ibra

contro la Juve. Fatto importante per un Milan, attardato da una crisi

strisciante che sarà già tanto fronteggiare con le due (sicure) prossime gare

senza Ibra contro Udinese e Cesena in trasferta. A Zlatan dico che uno scatto

d’ira può esserci, ma non è scusabile, quando un giocatore, pur immenso come

lui, è nelle condizioni di doversi caricare quasi tutto il peso del Milan.

La svolta è a un passo, ma la Juve deve smettere di sprecare occasioni.

Contro il Siena è sì mancato un rigore ai bianconeri, ma la squadra aveva il

dovere di far sua la partita. Il campanello d’allarme del quarto pareggio in

casa è mitigato solo dalla lunga imbattibilità. Mi paiono stucchevoli i lazzi

e frizzi di rimando su chi sia più favorito per lo scudetto, l’intento di

Conte non mi pare quello di pungere un avversario in difficoltà, ma semmai

quello di operare ancora di coperta a dispetto del primo posto. Mi pare questo

anche il pensiero di Buffon, dire che sarebbe contento del secondo posto

finale non può essere una confessione di inferiorità, ma l’idea di agire sotto

coperta. È uscito allo scoperto invece Marotta, chiedendo più attenzione e

rispetto dagli arbitri.

Di solito fare la voce grossa rende di più, poi in un perfetto gioco delle

parti Braschi risponde che il rispetto c’è per tutti. Vecchi merletti, ma di

Braschi estrapolo il riferimento al Napoli, il gol di Pandev anti-Cesena non

era gol, e poi la botta, «Un dossier? Mai ricevuto». Qualcuno al Napoli dovrà

spiegare che fine ha fatto quel documento, o se era finalizzato solo a tv e

giornali.

Napoli ride

Il patron del Napoli può essere comunque soddisfatto, a San Siro non ha vinto,

ma ha fatto paura al Milan. La Juve ne tenga conto nella semifinale di domani

in Coppa Italia. La coppa assume importanza, perché sarebbe un buon trofeo di

consolazione per chi non la spunterà, o per chi come il Napoli è solo settimo

in campionato e pressato alle spalle, Mazzarri ha da vedersela giovedì al

Franchi con il Siena, che gli ha fatto paura in campionato. Alle spalle di

Juve e Milan non si è mosso nessuno, come colpite da black out hanno pagato

dazio Udinese, Lazio e Inter. La beneamata da Moratti non c’è più, senza

Sneijder si è dissolta contro la Roma, che ha avuto la sua giornata di grazia

e il rientro di De Rossi c’entra parecchio.

Chiudo con un grazie a Capello, che ha voluto ricordare anche lui il mio

lavoro alla Juve. L’apprezzamento di un grande allenatore mi tocca nelle

emozioni. E siccome non voglio citarmi, riprendo il commento di Ju29ro.

“Capello: Moggi, in assoluto il miglior dirigente, lui assieme a Giraudo”.

«Bravi, troppo bravi», la chiosa di Ju29ro. Per chi - aggiungo io - vuole

capire i fatti del 2006.

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Il “caso Moggi” e le colpe della stampa:

non fa inchieste,(di)pende dai verbali,

non sa leggere le sentenze

di OLIVIERO BEHA (tiscali : opinioni 07-02-2012)

Da tempo si lamenta da parte dell'informazione la scomparsa del giornalismo

d'inchiesta. La stampa aspetta solo i verbali delle Procure, ma guai a fare

indagini proprie. Non solo, ma il giornalismo schierato, direi neppure

"militante" perché ormai c'è poco da militare bensì appunto "burocraticamente"

schierato per chi conviene, chi ti paga, ti edita, ti favorisce, ti fa far

carriera ecc., ha invaso completamente il campo delle notizie e dei

commenti. Sembra teoria. Applichiamola a un caso oggi sui giornali, il "caso

Moggi". Sono uscite in extremis, al limite dei 90 giorni di legge, le motivazioni

del Tribunale di Napoli al famoso processo di "Calciopoli", che vedeva imputati

(e condannati in primo grado con reati dall'associazione per delinquere in giù)

Moggi e alcuni capataz del mondo del pallone. Nel frattempo da mesi e

soprattutto da settimane impazzano gli arresti e gli interrogatori di

calciatori coinvolti nell'altro, più recente e colossale scandalo

dell'ambiente, detto "Scommettopoli".

Se non li si tiene d'occhio insieme si perde la visione complessiva, come

vedremo: che cosa hanno in comune restando alla grana grossa? Lo stesso

ambiente, ovviamente, e appunto il fatto che in nessuno dei due scandali,

scoppiati rispettivamente nel maggio 2006 e nel maggio/giugno 2011, la stampa

abbia fatto il suo dovere d'inchiesta. Ha aspettato le indagini delle Procure,

i verbali, le sentenze (per ora solo per "Calciopoli"), a cominciare da quelle

della cosiddetta "giustizia sportiva" che per tempi, modi e caratteristiche fa

francamente ridere. Detto con chiarezza, c'è un "protezionismo" da parte del

giornalismo sportivo, nei confronti di istituzioni e club, che grida vendetta.

E' da sempre un gigantesco e ben irrorato "ufficio stampa", per

motivi "storici" e socioculturali che non approfondisco qui. Notate che questo

accade anche in giornali (rari, rarissimi) che ancora negli altri settori tentano

a volte con successo di fare inchieste. Per il calcio no, si tocca la franchigia,

il tifo, la "ricreazione" anche di chi invece magari va giù duro (pochi. . . )

sulla mafia/mafie. Come se non fossero vasi comunicanti in una società

globalizzata e interrelata come la nostra.

Veniamo alle motivazioni di Napoli. Senza indulgere su un fatto emerso come

notorio durante il processo, cioè che il Presidente del Collegio, Teresa

Casoria, riteneva tale processo penalmente una buffonata e invece i due

giudici a latere, con le quali era in conflitto, pensavano il contrario, con

l'esito di risultare maggioranza nella determinazione della sentenza, le

motivazioni in 558 pagine si riassumono così.

1) Campionati non alterati (quindi scudetti tolti ingiustamente alla Juve. . .),

partite non truccate, arbitri non corrotti, indagini condotte non

correttamente dagli investigatori della Procura (intercettazioni dei

carabinieri risultate addirittura manipolate nel confronto in Aula).

2) Le Sim, le schede telefoniche estere che Moggi ha distribuito a qualche

arbitro e ai designatori, sarebbero la prova del tentativo di alterare e di

condizionare il sistema, pur senza la dimostrazione effettiva del risultato

truccato.

3) L'atteggiamento di Moggi, da vero boss "telefonico", è invasivo anche

quando cerca di condizionare Federcalcio e Nazionale, vedi telefonate con

Carraro e Lippi.

4) Che queste telefonate e questa promiscuità "mafiosa" o "submafiosa" o tesa

a "fare associazione per delinquere" risultassero costume comune nell'ambiente

come risulta evidente, non assolve Moggi e C. : e dunque ecco la condanna.

Spero che anche un non addetto ai lavori capisca qualcosa di questi punti e

della loro contraddizione in termini. Sarebbe da ridere se non fosse da

piangere, anche perché tengo a ribadire che da due generazioni mi occupo del

settore e in piena solitudine ho scritto (articoli e libri) e parlato dove ho

potuto del marciume pallonaro. Ma il penale è il penale (come la giustizia

sportiva dovrebbe essere giusta, e non "marcia" come il sistema che giudica):

quindi o ci sono le prove oppure no. Ai 4 punti che ho riassunto dalla

montagna di pagine che i rei impugneranno ovviamente al volo faccio sintetici

appunti, che rimandano alla necessità che la stampa indaghi di suo, verifichi,

e giustapponga le cose per capire. Le Sim: mai sentito parlare dei dossier

Telecom, del caso Tavaroli, dell'Inter che faceva "spiare" Moggi (e Vieri)?

Forse i due casi sono collegati, ma il Tribunale non ha preso in esame la

montagna di altre telefonate emersa nel corso del dibattimento e in

particolare le deposizioni di Tavaroli e c. nel processo summenzionato. Lo

faccia la stampa, almeno. L'invasività di Moggi: ma come, c'è una telefonata

in cui l'allora presidente federale, Carraro, parla espressamente con il

designatore Bergamo di come aiutare la Lazio, e l'invasività è del "boss" e

non dell'uomo delle istituzioni? La stampa ve lo dice, questo? Lo facevano

tutti: dunque anche Facchetti (ahimé defunto) e Moratti (cfr. Tronchetti

Provera, Telecom, Tavaroli...), Meani per Galliani ecc. ? E Moggi era "solo"

più "invasivo"? Siamo alla graduatoria dei mafiosi?

Infine il punto 1), la cosiddetta parte positiva delle motivazioni, cioè nei

fatti tutto regolare. E allora lo scandalo di "Scommettopoli" in cui sta

uscendo che nel suo complesso il campionato 2010-2011 a colpi di trucchi è da

considerarsi davvero e decisamente irregolare? Lo dice per ora il Procuratore

Capo di Cremona, Di Martino, mentre la giustizia sportiva prende tempo come

sempre, ma temo che presto lo ribadiranno in parecchi, a meno che non venga

messo tutto a tacere. Con buona pace di chi vuole la verità e pensa che Moggi

sia oggettivamente diventato il "capro espiatorio". Il quadro

dell'informazione che non indaga, non analizza, non confronta e si schiera per

ignoranza o partito preso così vi sembra leggermente più chiaro?

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Povero Milan, ridotto a giustificare

il gesto antisportivo di Ibrahimovic

di MICHELE FUSCO (LINKIESTA 07-02-2012)

Se il Milan dovesse perdere lo scudetto per una «cazzata», come

il simpatico Ibra ha avuto il buon cuore di definire il suo ceffone, avremo

finalmente la percezione esatta di un’insensatezza, e cioè la sua tragica

conseguenza. Correre semplicemente dietro alle conseguenze senza esaminare

ciò che le ha ispirate, non farebbe di un allenatore un buon educatore, per cui si

può già concludere che se Allegri è un buon allenatore (ma è ancora tutto da

dimostrare), ciò non significa affatto che sia anche un buon educatore. Da qui

la domanda successiva: si può essere buoni allenatori, senza essere buoni

educatori? Probabilmente sì, anche perché il momento storico con contempla

affatto che la professionalità sia accompagnata anche da un certo senso etico.

Eviteremo il solito bla-bla su Ibrahimovic che rimanda alla sua personalità

e alla sua influenza all’interno della squadra, per esaminare invece l’aspetto

meno battuto di tutta la questione: in questi ultimi tempi, la società Milan

non è in grado di dettare la linea educativa ai suoi giocatori (Pato ne è

un’altra, plastica, dimostrazione). Ciò che non è consentito, e che al Milan

non è mai stato consentito, è farsi gioco dei principi che ispirano la

coesione di un gruppo di atleti. E per un motivo evidente e che Arrigo Sacchi

potrebbe spiegare meglio d’ogni altro, avendo teorizzato, sino al parossismo,

l’egualitarismo al potere. Sacchi era quello che si incazzava perche Van

Basten (mica Ibra, eh) non tornava a centrocampo per aiutare la squadra. Ma

questa è un’altra storia e sul punto l’Arrigo aveva ragione e anche torto.

Domenica scorsa, a partita conclusa, Massimiliano Allegri ha commesso

un peccato di subalternità gravissimo. Si è presentato in conferenza stampa e ha

biascicato – imbarazzatissimo – quattro parole sul fattaccio di Ibra

costantemente sul crinale giustificazionista, alimentando così il sospetto

ch’egli fosse completamente nelle mani del suo talento, succube sino alla

reticenza clamorosa. Un comportamento di questo genere, se sull’immediato ti

porta a non litigare con il primo della classe, a tempi più lunghi incrina

pesantemente il senso di giustizia all’interno della squadra. Per un

allenatore, un risultato catastrofico.

Non ci voleva molto per dire che Ibrahimovic aveva sbagliato,

bastava la chiarezza di parole semplici e dirette, rivolte magari anche con

dolcezza al tuo giocatore. Il quale avrebbe percepito la disapprovazione del

suo «educatore», evitando di considerarlo una preda di cui disporre a

piacimento. Non fa notizia, poi, il silenzio di Galliani, il quale non è mai

stato un cuor di leone.

La storia italiana del calcio moderno ci ha proposto nel passato molti

altri Ibra, e anche un Ibra all’ennesima potenza che era Diego Armando Maradona,

il cui allenatore si chiamava Ottavio Bianchi, un signore bergamasco molto

perbene e di una serietà senza pari. Capirete che mettere vicino un allenatore

superserio come Bianchi a quel vulcano del Pibe era un ghiribizzo del destino

destinato a lasciare il segno. E naturalmente la coppia non ha deluso, sotto

questo profilo.

Oggi, a distanza di tempo, possiamo anche tracciare un bilancio del

loro rapporto, esattamente sotto il profilo di cui si diceva prima. Intanto, la

prima impressione: mai Bianchi è stato nella disponibilità di Maradona e

neanche vogliamo parlare dell’ipotesi contraria. Non lo è mai stato perché

quel satanasso di un argentino aveva grande attenzione per la serietà del suo

allenatore, pur non amandolo e dicendogli magari di tutto alle spalle con

amici e compagni.

Bianchi aveva un compito al limite della resistenza umana. Gestire

le intemperanze (private) del fuoriclasse, dovendo tenere insieme la propria

onorabilità e la coesione del Napoli. Un’impresa titanica, a cui Bianchi ha

dedicato sforzi inimmaginabili. Epperò, non c’è stato un solo momento nel

quale l’allenatore ha lisciato il pelo alle «prodezze» del suo irrequieto

talento, opponendo la sua faccia a-sentimentale ogni qualvolta veniva

interrogato su un casino epocale prodotto dal Pibe. Questo era (anche) un modo

etico per marcare una differenza e insieme non mandare in vacca la squadra.

Allegri dovrebbe imparare da Bianchi (e Ibra da Maradona, visto che

non ha vinto una mazza fuori dall’Italia). Ma entrambi sono sulla cattiva strada.

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Motivazioni sentenza “farsopoli”:

dov’è finita la giustizia?

di FRANCESCO ALESSANDRELLA (SPAZIO JUVE 07-02-2012)

Premessa: il Direttore di questo sito mi aveva chiesto un articolo sulle

motivazioni della sentenza di Napoli. Lui ha scritto “di Calciopoli” ma sa

bene che per me è sempre stata “Farsopoli”. Il mio articolo è arrivato, caro

Direttore, con qualche ora di ritardo sul previsto, perché ho a cuore questa

esperienza editoriale e mi sarebbe dispiaciuto vederla finire a causa del

contenuto di un mio articolo, quindi ho preferito far sbollire un po’ la

rabbia.

Seconda premessa: chi scrive è un deficiente che per due anni e passa ha

abbandonato famiglia, lavoro e impegni sociali e il martedì mattina se ne è

andato a Napoli al Tribunale a seguire l varie udienze del processo per

capire effettivamente cosa fosse accaduto negli anni 2004 – 2005 per

giustificare la carneficina dell’estate 2006, e l’esito della sentenza,

l’8 novembre scorso, lo aveva lasciato nello sconforto più assoluto.

Terza premessa: il deficiente di cui sopra è laureato in giurisprudenza ormai

da 18 anni e la professione che lo aiuta a mangiare è quella di avvocato ormai

da 15 anni. Per questo, l’8 novembre era nello sconforto. Come juventino, come

avvocato. E anche come deficiente.

Ieri sono uscite le motivazioni, esattamente all’ultimo minuto utile.

E il deficiente, ricevuto il pdf delle circa 600 pagine ha mandato moglie,

figli e clienti a fare una passeggiata sulla neve e si è chiuso nel suo studio

a leggerlo. E man mano che andava avanti si rendeva conto di essere stato

troppo duro nei suoi confronti. Non era un deficiente, era solo stato

imbrogliato un’altra volta (per carità, nel senso tecnico del termine, quello

usato da Prioreschi – mamma mia chissà come sta in questo momento – nella

sua arringa finale!).

Leggendo leggendo ti imbatti in queste frasi che vi voglio copiare pari pari:

1) “Il dibattimento in realtà non ha dato conferma del procurato effetto di

alterazione del risultato finale del campionato di calcio 2004-2005 a

beneficio di questo o quel contendente”.

2) “Che il sorteggio non sia stato truccato, così come hanno sostenuto le

difese, è emerso in modo chiaro durante il dibattimento”.

3) “Incomprensibilmente il pubblico ministero si è ostinato a domandare ai

testi di sfere che si aprivano, di sfere scolorite, e di altri particolari

della condizione delle sfere, se il meccanismo del sorteggio, per la

partecipazione ad esso di giornalista e notaio, era tale da porre i due

designatori Bergamo e Pairetto, nell’impossibilità di realizzare la frode”.

4) “La difesa è stata, se non in diritto, almeno in fatto, molto ostacolata

nel compito suo proprio dall’abnorme numero di telefonate intercettate, oltre

centosettantunmila, e del metodo adoperato per il loro uso, indissolubilmente

legato a un modo di avvio e sviluppo delle indagini per congettura, emerso al

dibattimento”.

Insomma: il sorteggio non era truccato, il campionato 2004 – 2005

(l’unico, ricordiamolo, oggetto del processo, quello 2005 2006

trionfalmente vinto dalla seconda squadra di Milano finita terza a

15 punti dalla vetta non è mai entrato nell’indagine) era regolare,

le difese non sono state messe in grado di svolgere a pieno il

loro lavoro e le indagini sono state svolte “per congettura”, il

che non è il massimo della certezza del diritto.

Inoltre, i testi massimi dell’accusa, quel Manfredi Martino addetto ai

sorteggi, presentato trionfalmente dall’assessore Narducci come colui che

poteva far saltare il banco, e tale Nucini, di professione arbitro fallito,

vengono così descritti: “Le vane parole pronunziate da alcuni testimoni,

tra questi Martino e Nucini…”; “…inconsistenza di Nucini vagliata per

tempo dal PM di Milano” mentre riguardo alla vicenda Telecom Inter,

si parla di: “forme molto odiose di spionaggio“.

Bene, mi sono detto: allora l’8 novembre c’è stato un errore, queste sono le

motivazioni di una assoluzione.

E invece no: eccolo lì, l’imbroglio, nelle pieghe di una sentenza assurda,

nei risvolti più nascosti delle 600 pagine, piazzato lì come un ordigno che

prima o poi esplode… il reato di pericolo.

E allora ti senti di nuovo il deficiente di cui sopra, fai sforzo di memoria,

fai l’avvocato, certo, ma non penalista. Vai a ripescare un vecchio libro

dell’università, pagina 349: il reato di pericolo. “I reati di pericolo

costituiscono uno strumento di estensione e rafforzamento della tutela penale

in termini general-preventivi: la minaccia di una pena collegata alla (mera)

esposizione a pericolo di un bene sortisce, infatti, un effetto di

intimidazione/deterrenza ulteriore e, quindi, superiore a quello espresso

dalle fattispecie di danno”. Cioè, io ho perso 2 scudetti, la mia squadra ha

giocato con Rimini e Frosinone per quella roba lì???? E quelli che hanno

studiato archeologia paleolitica che avranno capito? Provo a dirglielo io,

sperando che non spacchino anche loro qualcosa. In soldoni: attraverso

la previsione dei reati di pericolo il legislatore avverte i destinatari

delle norme che essi saranno puniti non solo se danneggeranno un

determinato bene, ma anche – ed ancor prima – se lo porranno in

pericolo: attento, cittadino, che non solo non puoi danneggiare il

bene giuridico ma non puoi nemmeno metterlo in pericolo!

Quindi, tradotto in termini di processo di Biscardi, se Moggi aveva delle SIM

svizzere (e questo è dimostrato), se le aveva date ad alcuni arbitri (e anche

questo c’è), tale fatto da solo è potenzialmente in grado di mettere in

pericolo il bene giuridico rappresentato dalla regolarità dei campionati.

Ancora più biscardianamente: Udinese – Brescia, che precede

Juventus – Udinese, capo per il quale Moggi è stato condannato. Non

importa che il giocatore dell’Udinese Jankulowsky sia stato giustamente

espulso per aver dato un pugno ad un avversario; non importa se Dattilo

quel pugno non lo aveva nemmeno visto e il ceco è stato cacciato per

segnalazione del guardalinee; non importa se l’Udinese aveva dei diffidati

ma Dattilo riesce ad ammonire giusto quelli che non lo erano nella rissa che

contraddistinse quella gara; non importa se Moggi in una telefonata successiva

alla gara dimostra a Giraudo di non sapere nemmeno che cosa era accaduto in

campo. No, quello che importa alle tre giudicesse è che Dattilo possedesse una

sim e ciò, potenzialmente, può essere un fatto che mette in pericolo la

regolarità di quella gara. Dalle parti mie si dice: “cos’ ‘e pazz!”

Ancora più interessante è l’analisi riguardante il rapporto Moggi – Juventus

che già a novembre aveva dato modo ad Agnelli di ritenere positiva la

sentenza. Si disse nel dispositivo che la Juve non poteva essere condannata a

risarcire alcunché come responsabile civile non essendovi una sua

responsabilità nella commissione dei reati. Oggi scopriamo che “Sul versante

passivo, il tribunale stima che non può essere accolta la domanda nei

confronti del responsabile civile Juventus s.p. a. , sotto il profilo della

frattura del rapporto organico con il datore di lavoro, generata

dall’esercizio da parte dell’imputato Moggi di un potere personale avente

manifestazioni esteriori esorbitanti dall’appartenenza alla società, noto come

tale ai competitori, messi infatti in allarme, così come ampiamente dimostrato

dagli atti del processo, dalle caratteristiche del suo potere, da tutti

indistintamente i competitori primieramente collegato all’universo dei

calciatori rappresentati dalla GEA”. In pratica, come direbbe Moggi, il

Direttore della più importante e gloriosa Società italiana (si mettano l’anima

in pace gli altri, è proprio così), avrebbe agito da solo, sfruttando i suoi

poteri derivanti dal prestigio, dalla competenza e dalla posizione dominante

della società GEA.

Insomma ci permettiamo di dirlo, sicuri di rispondere delle nostre parole

personalmente: un procedimento farsa che ha portato ad una sentenza farsa e

quell’IMBROGLIONI gridato da Maurilio Prioreschi oggi risuona ancora

più forte. Una sentenza poco coraggiosa che avvalora sempre più la tesi di

una frattura in seno al collegio giudicante tra la Casoria e i due

giudici a latere che, ricordiamolo, erano testi contro di lei in un

procedimento innanzi al CSM. Sembra che si sia voluto per forza

condannare l’orco cattivo, salvando il salvabile e offrendo spunti per alcune

riflessioni successive.

Proviamo a farle. Moggi e i suoi validissimi avvocati sapranno senz’altro

farsi valere in sede di appello, ne siamo certi, ma intanto:

1) Se il campionato 2004 – 2005 (e ovviamente quello successivo)

non sono falsati, se i sorteggi non erano truccati, allora si restituiscano

IMMEDIATAMENTE i due scudetti sottratti alla Juventus F. C. 1897;

2) Se la Società bianconera è stata retrocessa in B sulla base di

elementi che la sentenza ha definito irrilevanti e poco chiari, si

condanni chi ha preso quella decisione al RISARCIMENTO DANNI

in suo favore;

3) Se rimane un po’ di dignità, si chieda scusa ai tifosi che in questi

anni sono stati ricoperti di insulti in qualunque stadio d’Italia

Come ci hanno detto in questi mesi, con un ghigno… lo dice la sentenza!

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La stagione di Moggi

di STEFANO OLIVARI (Blog Guerin Sportivo 07-02-2012)

Luciano Moggi era il capo di un’organizzazione che si proponeva

di alterare in maniera fraudolenta i risultati della serie A 2004-2005.

Questa la sintesi delle motivazioni della sentenza di primo grado del processo

Calciopoli, depositate ieri a Napoli. Non è superfluo ricordare le condanne

inflitte, per associazione a delinquere finalizzata alla frode sportiva, a

Moggi (5 anni e 4 mesi di reclusione) ma anche ad altri personaggi che vengono

ritenuti fondamentali per il futuro del nostro calcio come Diego Della Valle

(un anno e 3 mesi) e Claudio Lotito (un anno e 3 mesi anche a lui). Evitiamo

l’elenco arbitral-federale, da Bergamo-Pairetto in giù, per venire a quello

che di nuovo rispetto a ciò che si è scritto per anni indicano le motivazioni,

ripromettendoci di analizzarle condannato per condannato. Fondamentalmente

due cose.

1) Si tenta, in maniera un po’ tortuosa, di presentare Moggi come

una sorta di corpo esterno nella Juventus, come se all’epoca dei

fatti non fosse già da dieci anni direttore generale della società.

Non c’è dubbio che il sistema Moggi riguardasse mezzo calcio italiano, anche

con metodi legali, ma è altrettanto vero che non si può parlare di ‘frattura

con la proprietà’ quando nell’ambito dello stesso processo l’amministratore

delegato della Juventus Antonio Giraudo (uomo degli Agnelli e in particolare

di Umberto, ora del figlio Andrea) è stato condannato con rito abbreviato a

tre anni.

2) Si evidenzia che la condanna è avvenuta in base a un tentativo di

illecito, a prescindere dal fatto che gli illeciti siano stati perfezionati

o no, e all’uso delle schede telefoniche anti-intercettazione nelle

conversazioni (evidentemente non intercettate nei contenuti) fra Moggi e

altri imputati. Una considerazione che ci lascia perplessi sul piano del diritto

penale, dove la nostra competenza è vicina allo zero, ma che rafforza le

sentenze sportive dove il quadro regolamentare ci è più chiaro: tentativo di

illecito uguale illecito (i web-giuristi, ovviamente per puro hobby,

ricorderanno la telefonata fra Garonzi e Clerici che mandò in B il Verona).

Previsione penale: in appello molte condanne potrebbero essere ridotte.

Previsione sportiva: le motivazioni del processo di Napoli blindano le

sentenze sportive, dove il perfezionamento dell’illecito (da discutere caso

per caso in una logica giornalistica o da bar) è un elemento secondario. Qual

è il non detto della sentenza e delle sue motivazioni? Un gigantesco assist al

sistema calcio, che ha serviti sul piatto una serie di ‘cattivi’ quasi tutti

fuori dai giochi (tranne Lotito, Della Valle e pochi altri) e considerazioni

circostritte ad una sola stagione. Come se il sistema Moggi fosse nato il

primo luglio 2004 e morto nel giugno 2005. Sia i simpatizzanti, pay o free che

siano (quelli free sono i più inquietanti), che gli antipatizzanti sanno che

non è stato così. Previsione mediatica? Moggi, i suoi consulenti con l’hobby

della querela (archiviata) e i suoi giornalisti continueranno a coprirsi di

ridicolo annunciando prove decisive e rivelazioni che nemmeno Voyager. Al

massimo permetteranno (lo speriamo) di punire altri colpevoli, ma per loro è

finita.

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Joined: 14-Jun-2008
11014 messaggi

Calciopoli e una giustizia incompleta.

Ma le condanne restano condanne

di FABRIZIO BOCCA da Blooog! (Repubblica.it 07-02-2012)

Di Calciopoli ormai parlo malvolentieri, essendoci idee e fatti

(intesi nella loro interpretazione) ormai incancreniti da opinioni di

parte e quindi non credo sia ormai più possibile un dialogo. Ma se mi

si chiede un’opinione, non mi tiro indietro. A me sembra che la

motivazione ribadisca più o meno tutto quello che sappiamo. Secondo me

il punto chiave è quando la motivazione esprime il concetto che “il

tentato illecito sportivo” sia equivalente all’“illecito sportivo”

stesso. E’ un concetto che la giustizia sportiva ha ormai presente e

applicato da decine e decine di anni. No, non ci sono prove di partite

realmente manomesse da Moggi & C, non c’ è prova di un campionato

2004-2005 realmente alterato, ma c’è un’attività degli imputati – anzi

direi dei condannati – che comunque è penalmente e sportivamente

rilevante. Che l’inchiesta sia penale che sportiva sia stata lacunosa

– e secondo me quella sportiva più ancora di quella penale – tanto da

non fare completa giustizia è un qualcosa che avevamo già appurato.

Detto questo è la motivazione di condanne pesantissime, non è la

motivazione di un’assoluzione. E da qui non si scappa.

Modificato da Ghost Dog

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