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CRAZEOLOGY

K A L C I O M A R C I O! - Lo Schifo Continua -

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Joined: 20-Apr-2009
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Cadetti? Gabetti semmai. 

O dei giornalisti un po' dilettanti hanno capito/riportato male il nome, oppure lui era alticcio.  

Oppure tutte e due.  sefz

 

 

Grande Cobollone mio! Grandeeeeeeeeeee!

E' sempre un piacere ascoltare l'originale, perché l'attuale vigile non ha lo stesso talento espressivo, bisogna ammetterlo.  

I miti non muoiono mai. 

Voleva dire Gabetti allora? Quello che insieme a Franzo Grande S. formano il duo del gatto e la volpe? .asd .asd

Mai possibile che ogni suo intervento sia contro la Juve e a favore di cio' che vuole sentire l'intervistatore di turno, di solito un granata, napolese, prescritto o riommanista?

Modificato da ClaudioGentile

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Joined: 07-Jul-2006
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Ma ha ancora la mandibola e la bocca per parlare quello là???? .oddio

Il primo presidente della juvinese o meglio della newholland juvedoria.... .oddio

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Joined: 10-Sep-2006
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Ma ha ancora la mandibola e la bocca per parlare quello là???? .oddio

........................................................

e lo fa per giustificare un personaggio come lotito. Puha!

 

:interxxx:  :interxxx:  :interxxx:

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Joined: 24-Oct-2006
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Voleva dire Gabetti allora? Quello che insieme a Franzo Grande S. formano il duo del gatto e la volpe? .asd .asd

Mai possibile che ogni suo intervento sia contro la Juve e a favore di cio' che vuole sentire l'intervistatore di turno, di solito un granata, napolese, prescritto o riommanista?

 

Cobolli è un uomo di Gabetti. All'epoca (fine 2005/primavera 2006) penso fosse stato scelto perché interista. 

Era il garante/mediatore ideale per dare certezze ai longobardi sui successivi campionati. 

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Altra cosa interessante è che nessuno del Clan dei Torinesi gli ha detto, fino ad oggi, di stare zitto e di non parlare più di calcio. 

Fate voi...

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Cobolli è un uomo di Gabetti. All'epoca (fine 2005/primavera 2006) penso fosse stato scelto perché interista. 

Era il garante/mediatore ideale per dare certezze ai longobardi sui successivi campionati. 

.oddio Ma davvero e' interista?

 

Altra cosa interessante è che nessuno del Clan dei Torinesi gli ha detto, fino ad oggi, di stare zitto e di non parlare più di calcio. 

Fate voi...

Sara' sicuramente cosi', a questo punto. Infatti viene intervistato solo da massmedia riommanisti e napolisti e dalla parte che e' la rivale della Juventus del momento. Forse lo usano per "riequilibrare" il campionato delle chiacchiere evidentemente.

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Joined: 01-May-2010
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Come diceva l'olandese naturalizzato, esperto in vicende torinesi, Nasin Der Kuul, "C'è del marcio nella Giovanni Agnelli & C. S.a.p.a."! sefz

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Joined: 10-Sep-2006
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IL PUNTO
Sotto la lente - Discrepanze
27.02.2015 01:00 di Carmen Vanetti Twitter: @@carmenvanetti1  
© foto di Stefano Porta/PhotoViews
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(Gli indagati) “si associavano fra loro e con altre persone in corso di identificazione, avendo già nel passato condizionato l’esito di campionati di calcio di serie A, con particolare riguardo a quello del 1999/2000, che fu sostanzialmente condizionato sino alla penultima giornata (quando si giocò Juventus-Parma, diretto da Massimo De Santis e terminato con il risultato di 1-0, e non riuscendo nell’intento di garantire alla Juventus la vittoria finale, in quanto gli accordi illeciti già stabiliti vennero compromessi dal clamore suscitato dall’arbitraggio apertamente favorevole alla squadra torinese da parte di De Santis).
Così l’atto di chiusura indagini, firmato il 6 aprile 2007 dai pm Beatrice e Narducci.
Ciò fa risalire la genesi di Calciopoli addirittura al campionato 1999/2000, l’anno dello scudetto annegato nella piscina di Perugia (e finito poi alla Lazio): era il 14 maggio 2000. E l’arbitro era  Pierluigi Collina, il fischietto, di fede laziale, che si intratteneva con Galliani nel ristorante, chiuso per turno, di Meani (e che ci parlava pure al telefono): quello tanto gradito da Facchetti e che ‘se sbaglia lui nessuno dice un c****’, parola di Carraro. Per la partita decisiva il sorteggio designò proprio lui. Ma, a quanto pare, a determinare il risultato dell’ultima giornata, assieme all’in-criticabile arbitraggio del calvo direttore di gara, fu anche il sentimento popolare, cioè quella vox populi, quelle chiacchiere da bar suscitate dal goal annullato al gialloblu Cannavaro in Juve-Parma dell’8 maggio 2005  (terminata poi appunto 1-0).
Chiacchiere da bar che avevano disturbato, inquinato oserei dire, le settimane precedenti la gara, che erano sfociate in una marcia dei tifosi laziali sotto la Figc (con annessa guerriglia) e che avevano particolarmente amareggiato Luciano Moggi che, a gara conclusa e scudetto annegato, avrebbe così commentato: "Quelli che mi attribuivano poteri straordinari sanno benissimo che quei poteri io non li ho ma fanno per condizionare e questa è la cosa brutta che mi ha fatto veramente male. Non vorrei dilungarmi ancora su questo argomento perché credo che la coscienza delle persone possa parlare da sola. Io sono convinto che il tempo è galantuomo e un giorno parlerà". E in effetti il tempo, tirato per la giacchetta, sta ancora gridando forte la verità.

Quel giorno a Perugia pioveva forte sul Curi, non una semplice pioggerellina primaverile ma un nubifragio, quasi una prova di diluvio universale: la partita non ebbe niente di regolare, né il campo di gioco su cui il pallone non rimbalzava né la chilometrica sospensione, 82’, un record pressoché imbattibile. Un’altra stranezza il misterioso colloquio telefonico tra Collina e un ignoto interlocutore.
Così, a posteriori, nel 2011, si rammaricava  Moggi:  "La Juve avrebbe dovuto andarsene, invece siamo rimasti lì alla mercé di chi decideva e quando siamo scesi in campo non c'eravamo più. Collina? Sicuramente parlò al telefono con qualcuno: di chi si trattasse, non lo sapremo mai. Dico solo che da regolamento la sospensione non può durare più di 45 minuti: Collina invece aspettò quasi il doppio".
E ci sono altre testimonianze inquietanti, per esempio quella del presidente del Perugia Gaucci:  "Prima della partita minacciai i miei giocatori che se non avessero battuto la Juventus, io sarei dovuto scappare da Roma, ma loro se ne sarebbero andati per 3 mesi in Cina in tournée. E al designatore durante il diluvio dissi: sia chiaro che se sospendete questa partita, io non la gioco mai più".
Dichiarazioni confermate da Olive, capitano degli umbri, che ricordava come l'anno precedente, quando avevano consegnato lo scudetto al Milan a discapito della Lazio, fossero stati "sbattuti in Giappone  e non avessero nemmeno ricevuto il premio salvezza".
La conclusione fu che una partita che mai si sarebbe dovuta giocare fu invece portata a termine e il goal di Calori "fece giustizia", per dirla col sentimento popolare e con i pm di Napoli. Collina avrebbe neutralizzato i malefici effetti dell'associazione a delinquere capeggiata da Luciano Moggi e che si avvaleva dei servigi, seppure a intermittenza, di Massimo De Santis.

Che la partita non fosse da disputare è evidenziato chiaramente dalle immagini (GUARDA QUI) che evidenziano come il pallone non rimbalzasse proprio, come previsto invece dal regolamento (del calcio non della pallanuoto).
Ma a Collina, a prescindere e vieppiù nella veste di raddrizzatore di torti, non si poté dire nulla.
Come però sarebbero dovute andare le cose ce lo ha mostrato Rocchi sabato sera a Genova.
Sorvoliamo sul fatto che a Genova si sia dovuta rimandare una partita per mezzo pomeriggio di pioggia, seppure intensa: sono le condizioni del calcio italiano dove non si è in condizione di proteggere adeguatamente i terreni di gioco almeno coi teloni, visto che i club non hanno i soldi per pagare le operazioni di rifacimento del sottofondo e di drenaggio.
Ma questa è la situazione e Gianluca Rocchi ne ha preso atto e ha rimandato tutti a casa, dopo l'ispezione documentata dalle immagini (GUARDA QUI).
Come si vede, la situazione a Genova sembra addirittura meno grave che a Perugia.
Ma Rocchi non aveva torti da raddrizzare, doveva solo arbitrare una partita di calcio garantendone il regolare svolgimento. Sempre parlando di calcio ovviamente, non di pallanuoto.

Un'altra discrepanza, che sottolinea l'unicità del fenomeno Calciopoli, è quella originata da un episodio che oggi ha fatto capolino sul web. Lo spunto è arrivato dalla designazione di Daniele Orsato quale arbitro per l'attesissima Roma-Juventus: quell'Orsato che il 18 ottobre 2013, dopo Roma-Napoli (vinta dai giallorossi), era stato visto (e immortalato) lasciare lo stadio con un borsone della Roma.
Ora, tanto per fare chiarezza, nessuno pensa che fosse pieno dei Rolex di sensiana memoria e tantomeno è mia intenzione fare della dietrologia o cercare alibi per eventuali passi falsi, la Juventus è abituata a lasciar parlare il campo (preferibilmente con un fondo erboso e non la piscina perugina o la porcilaia di Istanbul): certamente il borsone conteneva magliette, divise e gadget similari, quelli di cui non è raro, da sempre, che la squadra ospitante faccia omaggio ai direttori di gara al termine dell'incontro.
Giova però rilevare che, su poche magliette omaggiate a De Santis (nonché ad assistenti, quarto uomo e osservatore) dopo Lecce-Juve, in Calciopoli si è costruita una cupola e si è formalizzata un'accusa che, Narducci dixit, fa pensare "all'articolo 1 della legge Anselmi che fu pensata per la P2" ma anche "ai profili di un'associazione di tipo mafioso".
Sono queste solo due pillole, ispirate da altrettanti dettagli di cronaca, che dimostrano come in Calciopoli,  sin dall'embrione per arrivare agli sviluppi processuali, le regole e le prassi  siano sempre state forzate e asservite a dimostrare un teorema che esisteva solo nella mente di chi aveva bisogno di togliere dalla circolazione la Juve che vinceva sempre (con la conseguenza che poi la gente si allontanava, Petrucci dixit) e soprattutto la Triade, un modello di efficienza e competenza che per chiunque altro era impossibile anche solo da avvicinare.  Con tutto il groviglio di alleanze sotterranee che l'extracalcio forniva.
Però "chi sarebbe arrivato dopo avrebbe fatto rimpiangere il passato", disse Giraudo.
E le vicende presenti del nostro calcio non fanno che confermare questa triste profezia

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Oggi, dopo l'ennesima sconfitta, i giocatori del Catania sono stati chiamati sotto la curva per chiedere scusa ai tifosi, in ginocchio.

 

PUHAHH

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Inviato (modificato)

Domenica 01 marzo 2015

Juventus e Iodice: «Figc in tribunale» Il dg dell'Ischia: «Vado in procura e al Coni».

I bianconeri riaprono il caso Marotta-Lotito

ROMA - Il presidente Tavecchio ha comunicato venerdì di aver avocato a sé le deleghe per le riforme, togliendole a Claudio Lotito: ma il corto circuito tra la Figc e Lotito produce ancora bufera. Nella mattinata di venerdì il presidente della Lazio aveva querelato Pino Iodice, l'uomo che ha reso pubblica la famosa telefonata. "Clausola compromissoria? Se vieni denunciato non serve deroga, si va in automatico alla


giustizia ordinaria". Questa la risposta del presidente federale. Poi lo stesso Iodice ha fatto sapere di non aver mai denunciato Lotito, ma di aver solo risposto ad una convocazione della Procura di Napoli. In serata. il chiarimento della Figc: Lotito in realtà la deroga l'aveva chiesta e ottenuta, e la cosa trovava conforto nei legali del presidente della Lazio. 



EFFETTI - Ma si è aperto di nuovo il caso: il dg dell'Ischia Iodice ha parlato senza mezzi termini: "Sto preparando un esposto: chi non rispetta le regole deve andare a casa. Prima sento dire che a Lotito non serviva la clausola compromissoria e poi che gliela hanno data". La Federazione fa sapere che Tavecchio ha la delega sulla questione. E qui si innesta la Juve, di nuovo furiosa in queste ore, per la vicenda che a settembre coinvolse il dg Marotta e il presidente Lotito: stesso percorso ma disparità di trattamento evidente, dicono dai bianconeri. Marotta chiese la deroga alla clausola compromissoria, il no arrivò il 1' dicembre, due mesi dopo. Nello stesso giorno in cui informarono la Juve anche del termine del processo sportivo con il patteggiamento di Lotito e della Lazio. La Juve chiese la delibera del consiglio in cui al presidente veniva affidata la delega per la clausola compromissoria: a ieri non è mai arrivato nulla. 

E ADESSO - Anche Marotta voleva agire al di fuori della giustizia sportiva per diffamazione, esattamente come Lotito nei confronti di Iodice, ma al dg bianconero venne detto no in quando si era esaurito il percorso sportivo. Mentre lo stesso soggetto, Lotito, viene autorizzato con una pendenza sportiva ancora in corso per le considerazioni offensive nei confronti dei tesserato Abodi e Nicchi. Infine, delega o no, che un consigliere federale riceva la deroga direttamente dal presidente, non è il massimo del rigore procedurale: un passaggio in consiglio era quantomeno opportuno. Insomma: Iodice va avanti in tutte le sedi, la Juve è decisa a denunciare Figc e Lotito. Ma la Federcalcio si sente in una botte di ferro.
Modificato da totojuve

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più che federcalcio...federMARCIO dovrebbero chiamarla!

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Malagò: «Caso Lotito-Marotta? Grave se Figc usa due pesi»

Il n. 1 del Coni su Lotito: «Se ha questo tipo di consenso all'interno dell'assemblea, forse è giusto che diventi lui il presidente della Lega di Serie A»

(Tuttosport - 02-03-2015

 

ROMA - «Stiamo verificando se è vero che ci sono stati due pesi e due misure. Questo non è accettabile». Così il presidente Coni, Giovanni Malagò, sulla deroga che la Figc ha concesso a Lotito per violare la causa compromissoria e querelare il dg dell'Ischia Iodice. Deroga che invece non è stata concessa in passato a Marotta che voleva procedere contro Lotito. «Qui i discorsi sono due - aggiunge - o è stato sbagliato a suo tempo il discorso sul dg della Juve, e attenzione deve essere dimostrato, oppure non ho capito per quale motivo qui si è ritenuto di agire in modo diverso. Se c'è una cosa su cui noi, grazie a Dio proprio possiamo e dobbiamo intervenire è proprio quella della giustizia sportiva - sottolinea Malagò oggi all'Istitituto di Medicina e Scienza dello Sport all'Acqua Acetosa -. Ci siamo spogliati del merito dell'ultimo grado ma abbiamo il diritto dovere di capire se si parte tutti allo stesso modo oppure no».

SU LOTITO - «Se Lotito ha questo tipo di consenso all'interno dell'assemblea, forse è giusto che diventi lui il presidente della Lega di Serie A, così si esce fuori dall'equivoco una volta per tutte. Il mio è un ramoscello d'ulivo da una parte, ma una provocazione dall'altra». Così il presidente del Coni, Giovanni Malagò, in merito al peso politico del n.1 della Lazio in ambito della Lega. 

RUOLI - «Considerato questo nuovo modello di governance di cui parlano - aggiunge Malagò a margine di una presentazione svoltasi nell'Istituto di Medicina e Scienza dello Sport all'Acqua Acetosa - con il presidente che ha funzioni particolari, sarebbe giusto che il presidente della Lega lo facesse Lotito. Ora non può per un fatto statutario, ma cambiassero lo Statuto così non ci sono più interpretazioni dei ruoli». Malagò però non pone nessun veto alla partecipazione del laziale nella Commissione riforme, dopo la delega che gli è stata tolta per la telefonata con il dg dell'Ischia Iodice. Sarebbe meglio evitare una sua presenza? No, perché? Ognuno lì è padrone di farsi rappresentare da chi vuole». Il n.1 del Coni chiarisce quindi l'impegno del presidente Figc Tavecchio di avocare a sé la delega: «Si è impegnato nei miei confronti e di Delrio. Poi al tavolo delle riforme, se l'assemblea della Lega Pro o di Serie A, decidono che deve essere Lotito l'interlocutore nella Federazione, io questo non posso né impedirlo, né disconoscerlo. Ma bisogna specificare bene i ruoli»

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Joined: 24-Oct-2006
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Stamani sotto la doccia canticchiavo cose strane, robe d'altri tempi, robe che forse pochi di voi conoscono, e ad un certo punto ho avuto un'illuminazione. 

Ho notato una cosa a cui non avevo fatto caso fino ad ora. 

"C'erano tre cumpari sunatori, suonavano e sapevano cantà, parevano tre grande professure, Giuvanne, Francheschiello e Don Pascà"

(cit. I tre cumpari - Renato Carosone) 

 

 

 

malago-totti-montezemolo-639821.jpg

 

E così ora posso sorridere per tutta la giornata.  sefz

 

.rulez  .rulez  .rulez

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Stamani sotto la doccia canticchiavo cose strane, robe d'altri tempi, robe che forse pochi di voi conoscono, e ad un certo punto ho avuto un'illuminazione. 

Ho notato una cosa a cui non avevo fatto caso fino ad ora. 

"C'erano tre cumpari sunatori, suonavano e sapevano cantà, parevano tre grande professure, Giuvanne, Francheschiello e Don Pascà"

(cit. I tre cumpari - Renato Carosone) 

 

 

 

malago-totti-montezemolo-639821.jpg

 

E così ora posso sorridere per tutta la giornata.  sefz

 

.rulez  .rulez  .rulez

Quindi? Secondo te cosa significa monnezzemolo tra due riommanisti?

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Niente di particolare, semplicemente ho notato che i nomi corrispondevano abbastanza a quelli della canzone. La cosa mi faceva sorridere... 

Per quello che riguarda il trio in questione, Montezemolo, come ormai abbiamo capito tutti, non ha nessun legame preciso coi torinesi, o comunque non più.

Lui è sempre stato un uomo di mezzo, di quelli che cercano di essere amici di tutti per scopi esclusivamente propri. Un po' bolognese, un po' romano, un po' torinese, un po' milanese....  Si infila di continuo dove trova posto. 

Malagò invece è un uomo romano dei più classici. Legato a quelle robe lì, di quell'ambiente lì. 

Non è un caso che i due siano sulla stessa barca. Sono amici...

Totti è più che altro un uomo che in quel contesto fa colore. 

Ma sono anche fermamente convinto che Totti stia cominciando a pensare ad un dopo calcio; dirigente o robe così. Qualche amicizia dirigenziale di alto livello gli fa comodo e la coltiva volentieri. Sempre che non decida di buttarsi a fare l'allenatore, ma ne dubito. Mi sembra uno molto più furbetto di quello che sembra, e sa benissimo che è meglio essere un mito romano per sempre e continuare a fare soldi con pochi rischi, piuttosto che rischiare la fine di Inzaghi o gente così. 

Se ti butti nella mischia non sai mai cosa ti può capitare. Da dietro una scrivania invece è tutto molto più "gestibile" e meno rischioso... E se lo fai senza legarti ad un club specifico, come Riva, o Albertini, o Tommasi, è anche meglio. Hai più tempo per te stesso, per goderti la famiglia, e i soldi accumulati in questi anni. Vedremo cosa deciderà di fare quando smetterà... 

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Niente di particolare, semplicemente ho notato che i nomi corrispondevano abbastanza a quelli della canzone. La cosa mi faceva sorridere... 

Per quello che riguarda il trio in questione, Montezemolo, come ormai abbiamo capito tutti, non ha nessun legame preciso coi torinesi, o comunque non più.

Lui è sempre stato un uomo di mezzo, di quelli che cercano di essere amici di tutti per scopi esclusivamente propri. Un po' bolognese, un po' romano, un po' torinese, un po' milanese....  Si infila di continuo dove trova posto

Malagò invece è un uomo romano dei più classici. Legato a quelle robe lì, di quell'ambiente lì. 

Non è un caso che i due siano sulla stessa barca. Sono amici...

Totti è più che altro un uomo che in quel contesto fa colore. 

Ma sono anche fermamente convinto che Totti stia cominciando a pensare ad un dopo calcio; dirigente o robe così. Qualche amicizia dirigenziale di alto livello gli fa comodo e la coltiva volentieri. Sempre che non decida di buttarsi a fare l'allenatore, ma ne dubito. Mi sembra uno molto più furbetto di quello che sembra, e sa benissimo che è meglio essere un mito romano per sempre e continuare a fare soldi con pochi rischi, piuttosto che rischiare la fine di Inzaghi o gente così. 

Se ti butti nella mischia non sai mai cosa ti può capitare. Da dietro una scrivania invece è tutto molto più "gestibile" e meno rischioso... E se lo fai senza legarti ad un club specifico, come Riva, o Albertini, o Tommasi, è anche meglio. Hai più tempo per te stesso, per goderti la famiglia, e i soldi accumulati in questi anni. Vedremo cosa deciderà di fare quando smetterà... 

Grazie per la risposta. Tutto giusto cio' che hai scritto, secondo me, basandomi sulle cose e le persone che "osservo". Allora "Titty" fara' il dirigente parakulo come Ssssssssanetti...

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Joined: 24-Oct-2006
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Boh, non so. Impressione mia, ma magari sbaglio. Comunque non è che può giocare ancora per molto... 

Un altro che mi incuriosisce è Del Piero. Lui il dirigente alla Juve credo che lo avrebbe fatto volentieri (penso che ambirebbe alla Presidenza però).

Solo che al momento non è cosa. Non con Agnelli al comando. 

E non so nemmeno se senza Agnelli al comando gli sarebbe permesso. Bisognerebbe capire cosa si son detti JE e AA a riguardo. Cosa pensa davvero JE di Del Piero, insomma. 

E poi come già detto (lo so, sono un po' ripetitivo, giustamente sono pur sempre un vecchio, portate pazienza... ), io penso che se AA viene promosso ad altro incarico, JE potrebbe sedersi al suo posto. Non vedo altri nomi per ora. E prima o poi gli tocca... 

A mio avviso è solo una questione di "quando", e non di "se". Comunque per allontanare un po' calciopoli nel tempo potrebbero anche trovare un uomo che faccia da intercapedine temporale tra la presidenza AA e quella eventuale di JE. 

Ma ne dubito. Con la sentenza della Cassazione bene o male verranno prese delle decisioni, la questione in un modo o nell'altro va risolta... 

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Joined: 20-Apr-2009
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E' importante sapere cosa si siano detti JE e AA a proposito di Del Piero. Io sinceramente non lo capisco, che cosa vuole fare ancora, cosa vuole dimostrare. Pero' a me non piace che se la intenda con Fabio Grazio Cazzio Fazio, Crosetti, SSSanetti e tutti i radical chic di Milano.

Per quanto riguarda l'uomo che faccia da intercapedine tra la presidenza di AA e quella eventuale di JE, per caso potrebbe essere Pavel? Moggi dixit (Pavel alla Juve e AA alla Ferrari)...

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AA alla ferrari ha già un piede

le brutte figure in gara hanno fatto precipitare gli eventi

infatti luca ebbe a dire che lui sarebbe dovuto stare altri 3 anni

forse questi erano gli accordi

i tre anni servivano ad AA per portarci definitivamente in orbita europea

non può lasciare ora

deve finire il lavoro con noi

con la lega con lotito & c con il tar con ...........

 

vediamo

 

 

non so quale peccato abbia commesso adp ma lui alla juve non torna

pavel forse sta studiando da presidente

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In qualche modo chi fa il presidente della Juventus deve avere delle competenze.

 

ADP è stato un grande calciatore, ma queste competenze le ha?

 

Secondo me, uno non può improvvisarsi e assumere incarichi di certo spessore.

 

Certo, un presidente deve saperne di bilancio e Del Piero nella sua carriera l'aspetto finanziario l'ha sempre curato e bene  sefz

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Fondo pro-Parma: il voto contro della Juve e la guerra su cifre e cause del crac I club di serie A spaccati sul piano Tavecchio (che alla fine passa). Stanziati 5 milioni, ma in assemblea c'è chi chiede conto alla Figc

 

Non è stata una mattinata semplice quella trascorsa nella sala assemblea della Lega di Serie A. Chi ha assistito racconta di toni concitati e voci che si sono più volte alzate. Non fronti contrapposti, perché sulla scelta politica di aiutare il Parma la maggioranza era sufficientemente compatta e numerosa, ma una serie di posizioni e sfumature che ha finito col riproporre uno schema consueto dalle parti di via Rosellini. Se il presidente Tavecchio ha potuto mettersi in macchina a inizio pomeriggio in direzione Collecchio con un tasca proposte da lui stesso definite "ragionevoli" è perché la voglia di non consegnarsi a un finale a 19 squadre era prevalente e le pressioni di Sky e del Coni avevano fatto breccia anche nei più riottosi.

E' nata così la votazione con 16 sì, un solo contrario (Cesena) e 3 astenuti (Napoli, Parma e Sassuolo) alla prima delibera, quella sull'impegno della Lega a farsi carico della situazione del Parma fino al termine del campionato. Poi, però, è stato il momento di parlare di cifre e intorno alla quantificazione dei 5 milioni e al giudizio su quanto accaduto in questi mesi le voci in contrasto si sono moltiplicate. Non solo la Juventus si è dissociata, votando contro, ma altri club hanno chiesto apertamente conto a Tavecchio e alla Figc dell'operato degli ultimi sei mesi.

Caos Parma, la Lega trova 5 milioni per finire la stagione: vengono dal fondo multe

 

Se davvero la Covisoc in almeno tre occasioni nel 2014 aveva segnalato la situazione problematica dei conti del club di Ghirardi, perché nessuno è intervenuto? Come ha esercitato i propri poteri la Figc? Chi ha ricevuto, letto e considerato le relazioni dell'organo di controllo dei bilanci? Quesiti posti con forza da De Laurentiis, Lugaresi e Marino oltre che da Andrea Agnelli e che non hanno ricevuto una risposta adeguata. Si aspettavano, come del resto molti al di fuori di quella sala, una prima presa di coscienza di cosa non ha funzionato per cominciare a delineare un percorso di riforma del sistema e, invece, hanno dovuto incassare un poco gradito silenzio sul tema.

In assemblea non si è consumata una rivincita delle battaglie politiche estive, ma i toni non sono stati morbidi. E, soprattutto, una parte dei presidenti non ha accettato la posizione delle 'colombe', espressa in maniera diretta da Preziosi prima di salire in sala assemblea: "Mi sembra di assistere alla caccia al colpevole, al sistema e a quelli che nel passato hanno contribuito a questa situazione ma non è così che si risolve il problema. Non buttiamo fango su questo mondo che non è così brutto visto che dà da mangiare a tanti ed è la seconda industria d'Italia". Tesi condivisa anche da altri presidenti e sulla quale la discussione si è accesa.

Poi c'è stata la questione delle cifre. L'idea di attingere al fondo delle multe, che per statuto è destinata a scopi solidaristici e fin qui era stato usato per sostenere progetti di promozione, non è dispiaciuta; Tavecchio aveva anticipato di non voler ricorrere all'autotassazione dei club (Panorama ne aveva scritto lo scorso 4 marzo) e la soluzione va in questa direzione anche se è evidente che si opera ai limiti del regolamento creando un precedente pericoloso. Sulla quantificazione, però, si è consumato un secondo scontro perché alcune società, Juventus in testa, hanno fatto presente che l'udienza davanti al Tribunale fallimentare del 19 marzo potrebbe disegnare uno scenario diverso da quello immaginato.

Perché scrivere una cifra, dunque, prima che il giudice la certifichi? Un'obiezione che non ha fatto breccia anche se il presidente Beretta, con una certa dose di equilibrismo, alla fine ha parlato di generica "disponibilità" ad intevenire e con dei limiti "qualora ci siano gli estremi per proseguire nell'esercizio" e con "risorse limitate". Ufficialmente "senza esprimersi sulla cifra" che, però, Tavecchio ha voluto votata a maggioranza con 3 no (Juventus, Napoli e Cesena) e 2 astenute (Roma e Sassuolo). [Panorama.it]

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Riusciranno nel miracolo di resuscitare un cadavere? No di certo, tutto sto casino solo per accontentare SKY e creare un precedente, troppe squadre nelle stesse situazioni dei ducali.

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11 marzo 2015

 

Russia: prende a calci un ragazzino, licenziato il "peggior allenatore dell'anno" Immagini shock in un video che arriva dalla Russia e sta facendo il giro del web   12:23 - Si chiama Valentin Pavlov e grazie al video che vedete qui sotto è stato eletto dal web come "peggior allenatore dell'anno". Il signore in questione è il mister di una squadra di calcio giovanile russa e le immagini, che si riferiscono alla partita tra Lokomotiv e Brateevo Mosca, lo mostrano mentre richiama un suo giocatore (di soli 7 anni) e gli rifila un calcione facendolo volare gambe all'aria. In pochissimo tempo il video ha fatto il giro del web, facendo urlare allo scandalo gli appassionati di calcio e non solo. Pavlov, che si è scusato dicendo che voleva solo mostrare al ragazzino come si calcia, è stato licenziato.

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Agnelli attacca: “Lega debole, dalla Figc vogliamo 443 milioni”

 

Andrea Agnelli, presidente dellaJuventus, non molla, anzi raddoppia. Dopo mesi e mesi di silenzi e dribbling sulla guerra al ‘palazzo’, il numero uno bianconero fa il punto della situazione dalle colonne del giornale tedesco ‘Die Zelt’. Nemico giurato del nuovo corso targato Tavecchio-Lotito, Agnelli non le manda a dire: “Da noi non succede nulla senza l’Assemblea dei Presidenti. La Lega è debole. Questo porta ad una situazione meno trasparente e a conflitti di interesse. Con poche eccezioni – sottolinea – i presidenti hanno 60-70 anni”.

Il caso Parma, secondo Agnelli, è solo la punta dell’iceberg di un sistema ormai allo sbando e che non sarà salvato dalle riforme promesse dal nuovo presidente federale:

Ci sono pochi quarantenni. E il caso del Parma è solo la punta dell’iceberg: il fatto che un club possa arrivare fino a questo punto è frutto della cattiva gestione del calcio italiano. Non mi preoccupa quello che l’Italia pensa dell’Italia – rivela – , mi preoccupa tanto quello che gli altri pensano di noi, con i relativi danni all’immagine dovuta ai vari scandali.

Il modello da seguire, secondo il presidente della Juve, è quello della Premier League: un pensiero condiviso anche da James Pallotta, presidente della Roma e “alleato” dei bianconeri.

Secondo me la Serie A in Italia dovrebbe essere gestita come la Premier League in Inghilterra, da persone che portano avanti l’intera Lega come prodotto con una strategia per lo sviluppo e l’esportazione del nostro calcio. In James Pallotta, il presidente della Roma, abbiamo trovato un alleato. Investitori stranieri in altri club? Non importa da dove arrivino gli investimenti – prosegue – , ma posso assicurare che la Juve resterà italiana.

Dopo tre scudetti consecutivi, l’obiettivo di Agnelli è quello di riportare la Juventus nell’olimpo del calcio europeo e mondiale:

In questo momento ci sono quattro squadre che non hanno concorrenti in termini di fatturato: Real Madrid, Manchester United, Bayern Monaco e Barcellona. Sono seguiti da PSG e Manchester City, che però operano un doping finanziario, con i quali non posso concorrere. Se tolgo questi due club dalla classifica la Juventus sale all’ottavo posto. Il mio obiettivo è raggiungere il quinto posto in tre, quattro anni.

Infine due battute veloci sulla prossima sfida contro il Borussia Dortmund e su Calciopoli:

Siamo la Juventus. Dobbiamo vincere ogni partita. Calciopoli? Abbiamo presentato una domanda di risarcimento alla Figc di 443 milioni. Aspettiamo l’udienza.

[JUVEMANIA.it]

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Nemici amici 
Juventus e Roma hanno disdetto il contratto con Infront per i diritti d'archivio. 
La prima mossa di una battaglia politica? 


13 MARZO 2015 - FULVIO PAGLIALUNGA

Quando nel calcio irrompe Infront, qualunque sia la notizia, non è sufficiente leggerla. Va interpretata, compresa, resa circolare e senza angoli nascosti. In sintesi, non è mai solo la notizia. Per questo, quello che è successo negli ultimi giorni non sembra banale: Juventus e Roma hanno disdetto il contratto con Infront per i diritti d’archivio (valeva fino al 2018), e quel che sembra un semplice ragionamento economico appare in realtà come una mossa che apre una battaglia politica all’interno della Lega e della FIGC. Intorno ai diritti tv, e a quei soldi su cui le società fanno affidamento a volte come unica fonte certa di ricavi, si sta giocando una partita delicata, che è solo agli inizi.

Cosa sono i diritti d’archivio
Prima di andare avanti, bisogna capire cosa sono i diritti d’archivio e perché c’entrava Infront: sono le immagini che hanno otto giorni di vita, quindi non più considerate cronaca in senso stretto. A ritroso, fino al 1954. Più pomposamente l’archivio viene definito in molti casi “library” e rappresenta una parte di immagini che le società possono gestire individualmente perché non rientra nell’accordo per la vendita centralizzata dei diritti tv. È uno stratagemma della legge Melandri che vale come una sorta di risarcimento per le grandi società, che con la contrattazione collettiva hanno perso qualcosa sui diritti tv. Vendi l’archivio e recuperi denaro, perché se sei un club importante vale di più. Ogni società li gestisce da sé e anche in questo caso (e qui il problema dell’assenza di un management capace di trattare argomenti ormai fondamentali per i club si manifesta, ma è un’altra storia) quasi tutte avevano affidato il compito a un advisor. Infront, naturalmente. Che aveva in pugno questo asset per diciannove società di Serie A su venti, Sassuolo a parte. Ora Juve e Roma vanno verso Sky (anche se mancano conferme), senza advisor (come ad esempio hanno tenuto a precisare i giallorossi). La partita però è politica. Proviamo a spiegarla in cinque punti. 

1. Togliere risorse a Infront
Abbiamo detto cosa sono, ora vediamo quanto valgono i diritti d’archivio. Ad esempio per la Juventus basta dare uno sguardo al resoconto intermedio di gestione al 30 settembre scorso: 9,96 milioni di euro (alla pari o quasi ci sarebbero Inter e Milan). Per la Roma il valore si aggira intorno ai 4 milioni (contratto di sei anni per 23,9 milioni più iva) per «la digitalizzazione dell’archivio dell’AS Roma dal 1954; la commercializzazione dell’Archivio in tutto il mondo; la produzione audiovisiva delle partite casalinghe della squadra (Serie A e Coppa Italia); la fornitura di immagini degli allenamenti della squadra o, in alternativa, la concessione dei relativi diritti di accesso, riprese e diffusione». Certo, non è la mancanza di queste risorse (che non sarebbero direttamente di Infront, ma che chi gestisce come intermediario può ovviamente far fruttare anche nel suo interesse) che potrà indebolire economicamente un colosso appena venduto ai cinesi di Dalian Wanda per un miliardo di euro, ma è comunque una minaccia. È una mossa in cui Sky (approdo non dichiarato delle due società) ha una parte in commedia, certificata dalla risposta fatta trapelare all’Ansa dopo che la notizia della rottura del contratto era venuta fuori: «Negano—scrive l’Ansa—che siano già stati stipulati accordi ma confermano “l’ovvio interesse” per i diritti d’archivio di squadre come Juventus e Roma. Interesse che, spiegano fonti di Sky, “vale anche per club come il Napoli”, legato contrattualmente a Infront». Sky, cioè, si dice pronta: ha preso due colossi, ne accarezza un terzo (nonostante le recenti schermaglie, che però c’erano state anche con Infront per la gara di Coppa Italia con l’Inter). Entra in campo un competitor, almeno per un asset solo, ma l’unico possibile in questo momento. E Infront non se l’aspettava. 

2. Togliere forza alla comunicazione di Infront
Con l’elezione di Tavecchio è diventato chiaro il ruolo potente di Infront: sono state le squadre in affari con il colosso svizzero ad aver deciso il posizionamento di Beretta in Lega di A e del nuovo presidente della FIGC. A quel punto Infront è venuto allo scoperto. A quel punto Bogarelli, l’uomo di Infront Italy, ha deciso di esporsi e iniziare a venire allo scoperto, giocando la sua partita anche dal punto di vista comunicativo. Un modo per evitare di essere schiacciato dal sospetto di essere il grande padrone del pallone: ponendosi come un partner e basta, uno che ha interesse a far fare soldi ai club e al calcio italiano per fare business a sua volta. L’intervista più significativa, per le domande sottoposte, per i messaggi lanciati, e anche perché esclusiva, l’ha fatta Marco Iaria sulla giornalaccio rosa dello Sport. Qui Bogarelli lancia un messaggio: «Con la Juve abbiamo un contratto per la library». Sembra una cosa raccontata mentre si sta spiegando il proprio mestiere, ma prima Bogarelli dice che «questo è business, non me ne frega niente della politica sportiva» e gli viene obiettato che non si può certo dire che tutte le società sotto contratto siano funzionali al business. E lui tira fuori la Juventus, che è invece una mossa politica, perché la Juve, appunto, è all’opposizione del fronte-Infront in Lega e FIGC. Nei giorni scorsi, poi, Bogarelli è stato a Trigoria per parlare con i plenipotenziari della Roma: Zanzi e Baldissoni. Frasi e mosse per mettere tutti dentro. Cioè: Juve e Roma sono all’opposizione? No, la Juve ha un accordo con noi e sono pure stato a Trigoria. 

3. È più di un contratto rescisso
Fa rumore in questa operazione il fatto che non si stia parlando di un contratto scaduto e non rinnovato, quindi con libertà di affidarsi ad altri per l’uso dei diritti d’archivio. Si parla di una rescissione di un contratto che sarebbe durato ancora tre anni. E fatta in contemporanea da Juve e Roma è a sua volta una contromossa politica: le due società vanno alla prova di forza, cercano la rottura evidente. E infatti hanno creato la notizia da una mossa che poteva sembrare semplice e che così non lo è. La Juve aveva firmato il contratto nel 2012 (dopo l’elezione di Beretta, ma in un periodo di relativa pace con il gruppo di Philippe Blatter, visto che nel 2013 Agnelli fu protagonista nella task force per i diritti tv, assegnati a Infront) con «ricavi addizionali netti per circa 4,5 milioni all’anno» e la Roma con Infront aveva anche un contratto da seicentomila euro all’anno con l’impegno delle parti (spiegato nel prospetto informativo depositato alla Consob a giugno) a «rinegoziare in buona fede il contenuto e il corrispettivo del Media Package ove AS Roma dovesse diventare proprietario di, o la Prima Squadra dovesse iniziare a giocare le proprie partite casalinghe in, un nuovo stadio inclusivo di una nuova area ospitalità». Peraltro la Roma poteva rescindere il contratto al termine di questa stagione (come sarà), altrimenti non avrebbe più avuto la possibilità. Perché Juve e Roma lo fanno ora e in modo tanto eclatante? Per far arrivare il messaggio, creare brecce improvvise nel quasi monopolio di Infront, che gestisce i diritti tv della Lega di Serie A, è advisor della Lega e anche della FIGC, ha contratti di marketing e sponsorship con dieci club di A e i diritti d’archivio di diciassette società su venti. Il colosso abbandonato da due grandi, nello stesso momento: peraltro, la prima e la seconda del campionato, quelle dunque con la maggiore visibilità internazionale. 

4. Si ufficializza l’opposizione
Juve e Roma non sono nel gruppo di potere del calcio italiano. Non volevano Beretta nel 2012 e nemmeno Tavecchio nel 2014. Hanno Lotito, uomo ombra di tutte le operazioni che fanno capo a Infront, come avversario dichiarato, al punto di essere quelle che contro il patron della Lazio hanno avuto le parole più forti, dopo ormai la celebre telefonata a Iodice dell’Ischia. Marotta aveva invocato l’intervento del governo e Pallotta lo aveva declassato da dirigente federale a “individuo”, attribuendogli anche colpe per la crescita troppo lenta del calcio italiano. Sono insomma due grossi granelli di sabbia che cercano di inserirsi nell’ingranaggio per far saltare tutto. Quando accadrà? La deadline è il 2018, ma occorre muoversi con anticipo per creare una fazione solida: se subito dopo sono state messe tra le probabili “seguaci” della mossa di Roma e Juve squadre come Fiorentina (pure nel fronte minoritario) e Napoli (che insieme alla Juve è tra le società che non fanno gestire la produzione delle immagini televisive girate nello stadio, e che pur avendo sempre votato con la maggioranza non è nel portafoglio clienti di Infront) indica in qualche modo la strategia. Muovere le più grosse, per poi trascinarsi le altre. Con il tempo, tirare ad esempio dentro la Sampdoria, altro club dato per pronto a togliere i diritti d’archivio a Infront, che non ha una linea precisa, perché in Lega nel 2012 aveva votato contro (ma c’era Garrone), in FIGC (con Ferrero) a favore, ma inizialmente era firmataria dell’appello a fare un passo indietro indirizzato a Tavecchio. Da qui al 2018 c’è il tempo per aprire altre brecce e capire chi sta con chi. 

5. La battaglia sui diritti tv e sulla FIGC
Cosa accade nel 2018? Scade la prima parte del contratto di Infront come advisor della Lega per la vendita dei diritti tv. O meglio: l’azienda svizzero-cinese ha un accordo per la commercializzazione dei diritti per il triennio 2015-2018 con un minimo garantito annuo a favore della Lega Calcio di 980 milioni di euro, rinnovabile automaticamente fino al 2021 nel caso in cui l’incasso nei primi tre anni sia superiore a 1,04 miliardi di euro all’anno. Ma è una data in cui andranno rivisti i conti e arrivarci con uno schieramento forte potrebbe essere uno degli obiettivi, dando anche il tempo a eventuali competitor di crescere o attrezzarsi. E poi scade l’ultimo degli accordi che Infront ha sottoscritto con il calcio italiano: quello come advisor commerciale della FIGC, firmato a novembre, apparso come il passo finale della strategia politica di Bogarelli e i suoi. Il resto è tutto da valutare (anche l’accordo da ottanta milioni in quattro anni tra Inter e Infront, quello che ha spinto i nerazzurri a passare dall’opposizione in Lega alla maggioranza in FIGC, scade nel 2018), ma intanto togliere pezzi e riequilibrare il potere è quello che cercano Juve e Roma. Proprio Andrea Agnelli lo ha detto senza giri di parole, in una lunga intervista al settimanale tedesco Die Zeit: «Abbiamo bisogno di persone che vogliano realizzare progetti a lungo termine. In James Pallotta, il presidente della Roma, abbiamo trovato un alleato. La sua squadra è nostra rivale nella lotta allo scudetto, ma Palotta e noi abbiamo una filosofia molto simile su come gestire un importante club europeo». Primo: le alleanze e un progetto a lungo termine. Secondo: l’avversario. Eccolo: «C’è una situazione poco trasparente, come ad esempio nel caso dei diritti tv. Di essi e del marketing della Serie A, si occupa Infront, azienda attiva nello sport marketing. Allo stesso tempo Infront si occupa anche dei diritti e del marketing di alcuni club di Serie A e della Nazionale. Questo porta inevitabilmente ad un conflitto di interesse». 

Non è solo la rescissione di un contratto. Siamo alla prima mossa forte di una battaglia all’inizio. Forse. 

http://www.ultimouomo.com/nemici-amici/

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