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K A L C I O M A R C I O! - Lo Schifo Continua -

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:|sefz

 

uno un più

avevi dubbi?

per ciro propongo di intitolargli una..........................via

no troppo poco

una ............... piazza

no

una città

si

ciropoli

o no, non avevo nessun dubbio quando vidi che dal povero Ciro gli tolsero i carabinieri che erano di guardia perche' aveva partecipato all'assolto per poi, grazie a tutto il gotha della politica e dello sport che era presente all'olimpico di Roma, farlo diventare quasi un Santo. Non capisco, ma avevano tutti paura degli ultra' napolisti? Perche' fecero quella pantomima. Ricordiamoci che c'erano Renzi, Grasso, Malago', Abete, Palazzi e.....Genny la Carogna ;)

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Si rischia troppo a screditare i napolisti, per offese alla napoletanità, al folklore ed a tutti quei vincoli di sangue con la città e la regione che hanno autonomamente prodotto come sacri ed inviolabili.

In pratica neanche il dubbio è permesso nel caso della morte di quel tifoso.

Modificato da Ghost Dog

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“Altri club dopo il Barcellona”

Fifa, caccia ai trucchi sul mercato

Puniti i catalani, nel mirino nuove irregolarità. Grazie a un metodo particolare

di GIULIA ZONCA (LA STAMPA 14-01-2015)

Davanti al fastidio del Barcellona la Fifa stavolta risponde con matematica precisione. Il presidente blaugrana Bartomeu non si è presentato alla cerimonia del Pallone d’oro perché offeso dalla squalifica sul mercato: i catalani non potranno comprare nessuno per un anno intero e il divieto li secca parecchio, soprattutto con le nuove elezioni presidenziali previste in estate. Le prime senza un «crac» al centro della campagna elettorale.

Operazioni illegali

Il lamento viene zittito da un sistema, il Tms, Transfer Matching System, inventato nel 2007, operativo dal 2011 e sempre più potente. Ed è proprio questa rete, progettata per monitorare il mercato, che ha scovato le magagne del Barça colpevole di aver contrattualizzato dieci minorenni con operazioni non registrate e quindi illegali. Se vogliono ridiscutere la loro posizione devono spiegare i casi, fornire la documentazione necessaria, ammettere l’errore. Per ora si limitano a dichiararsi offesi e il rigido bando è la prova che il sistema è democratico.

Transfer Matching System

Il Tms scannerizza più di 6500 società sparse nei 209 Paesi affiliati alla Fifa: parte dall’idea di controllare le trattative tra nazioni diverse, «il punto più oscuro del mercato» quello che secondo gli esperti «è stato per anni terreno torbido e che si vuole trasformare in scambio sicuro e certificato». L’obiettivo primario è ovviamente sradicare lo sfruttamento dei ragazzini, fermare la tratta di talenti, ma il passo successivo è creare un database sempre più attento, Mark Goddard, il direttore generale del Tms, avverte: «Ci sono altri club sotto osservazione».

Business per 4 miliardi

L’Olanda è il primo Paese che ha attivato un database interno e i lavori per dotare qualsiasi nazione di un Domestic transfer management system sono in «stadio avanzato». Ogni anno si registrano circa 4 miliardi di dollari spesi in trasferimenti e 236 milioni vanno agli intermediari, ai procuratori. L’Inghilterra investe più di chiunque altro e la Spagna incassa come nessuno, per ora le «Big Five» le superpotenze europee (Inghilterra, Spagna, Germania, Italia e Francia) comandano il movimento ma i Paesi in espansione ampliano anche gli orizzonti del calciomercato e l’India è la realtà che si muove più velocemente. Tutto catalogato. Non si capisce solo perché questo elevatissimo codice di trasparenza richiesto giustamente ai club non possa valere anche per le vicende interne alla Fifa. Il caso Barcellona dimostra che il mercato è più serio, il Qatargate che la trasparenza non è uguale per tutti.

 

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Joined: 20-Apr-2009
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Si rischia troppo a screditare i napolisti, per offese alla napoletanità, al folklore ed a tutti quei vincoli di sangue con la città e la regione che hanno autonomamente prodotto come sacri ed inviolabili.

In pratica neanche il dubbio è permesso nel caso della morte di quel tifoso.

Nel contesto napolista il dubbio non e' permesso, lo so bene io che ci sono nato e cresciuto ;)

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FAIR PLAY FINANZIARIO

Dal Psg al City che pressioni per... spendere!

Molti club dell'Eca vogliono cambiare la normativa per avere le mani

più libere sul mercato. Anche la Juve ha chiesto delle modifiche

di MARCO BONETTO (TUTTOSPORT 15-01-2015)

C’è grande fermento in Europa attorno al fair play finanziario, con le società dell’Eca (l’associazione che raggruppa i maggiori club del continente) al lavoro per promuovere un cambiamento della normativa. Normativa severa, rigida, che tra paletti e sanzioni sta cominciando a condizionare grandemente il raggio d’azione di più di una società sul mercato. Tra spinte e controspinte, con ovviamente tesi diverse anche all’interno della stessa Eca, a seconda delle squadre interessate, le nuove proposte potrebbero finire sui tavoli dell’Uefa (chiamate a vagliarle) già alla fine di gennaio, nella migliore delle ipotesi. In tale contesto, anche la Juventus ha suggerito più una proposta per modificare la normativa. Juventus che non è minimamente coinvolta dal punto di vista disciplinare, avendo i conti più che in ordine secondo i paletti attuali del fai play finanziario. Ma i problemi che il club bianconero ha denunciato anche pubblicamente per esempio in merito al costo del lavoro sono anch’essi finiti al tavolo delle discussioni. La Juventus (e non solo la Juventus, comunque) lamenta la negatività delle grandi differenze in essere quanto alla fiscalità del costo del lavoro.

Quelle polemiche

Si ricorderanno le polemiche e gli attacchi di Agnelli, anche pubblicamente nel corso dell’ultima assemblea dei soci, in riferimento al peso dell’Irap, che grava pesantemente sui costi dei club. Siccome pure il peso del lavoro è uno dei parametri utilizzati per stilare le tabelle da rispettare relative al fair play finanziario, la Juventus guarderebbe con favore a una nuova normativa che dovesse escludere le tasse proprio sul lavoro dal calcolo del costo del personale. Una tesi promossa anche da altri club italiani. I cambiamenti più grandi, tuttavia, sembrano stare a cuore soprattutto alle società già sanzionate per il mancato rispetto del fair play finanziario o sotto esame dell’Uefa. Con pesanti conseguenze sul mercato. Società come Psg e City, in particolare, stanno spingendo per riuscire a liberarsi le mani, in futuro, così da avere meno vincoli nel saldo tra mercato in uscita e in entrata. In particolare, le nuove proposte caldeggiate da molti club prevedono la richiesta di innalzamento della soglia di perdita massima, allorché nel capitale di un club siano entrati negli ultimi anni o entrino in futuro nuovi soci, nuovi investitori (e tali cambiamenti potrebbero trasformarsi in assist anche per l’Inter di Thohir e la Roma di Pallotta).

La rivelazione

Gli esperti di finanza applicata al calcio di calcioefinanza.it hanno per esempio rivelato che in discussione vi è la possibilità (di fronte a un cambiamento dell’assetto societario) di aumentare la soglia massima di perdite fino a 50 milioni nel primo anno, con riduzione progressive nelle stagioni successive (40 milioni nel secondo, 30 nel terzo e 20 nel quarto). Un’altra proposta su cui l’Uefa potrebbe essere chiamata a esprimere un parere è l’individuazione di un monte ingaggi da 200 milioni per le squadre impegnate in Champions e di 125 milioni per quelle in Europa League. Nel caso in cui l’Uefa applicasse queste proposte, anche questa misura alleggerirebbe le conseguenze del fair play finanziario. E quindi le società più colpite dalle sanzioni o con i conti meno in regola avrebbero dei benefici, perché potrebbero muoversi più liberamente sul mercato.

SPORT & BUSINESS Il fair play finanziario è considerato da alcuni club

europei eccessivamente rigido. E come il Fiscal compact per gli Stati

cristallizzerebbe i rapporti di forza disincentivando gli investimenti  

Quel rigore contestato

di ANDREA DI BIASE (MF MILANO FINANZA 17-01-2015)

Il fair play finanziario per le società di calcio come il Fiscal compact per gli Stati aderenti all’euro, con il ceo del Bayern di Monaco, Karl-Heinz Rummenigge, nel ruolo di alfiere del rigore in stile Angela Merkel (il cancelliere tedesco è tifosissima del club baverese), e il numero uno dell’Uefa, Michel Platini, nei panni del presidente della commissione Ue, Jean-Claude Juncker, stretto tra l’esigenza di garantire la sostenibilità economica del calcio continentale ma di favorire allo stesso tempi nuovi investimenti anche attraverso l’arrivo di capitali stranieri. Può essere riassunto in questo modo il dibattito in corso su una possibile riforma, in senso meno restrittivo, del fair play finanziario. Un regolamento fortemente voluto da Platini, ma anche dagli stessi club, per contenere gli effetti negativi sui bilanci delle società di calcio del vorticoso aumento delle spese per i calciatori legato all’ingresso sulla scena di sceicchi arabi e magnati russi, ma che ora rischia di cristallizzare i rapporti di forza esistenti sul campo, non consentendo a quei club che negli anni scorsi hanno accumulato ritardi sul fronte delle entrate di colmare il gap esistente con l’elite europea.

Il caso dell’Inter in questo senso è emblematico e può aiutare a comprendere le contraddizioni del regolamento. Il club nerazzurro sotto la gestione di Massimo Moratti, un po’ come l’Italia negli anni 80, ha finanziato i suoi successi sportivi, culminati nello storico triplete del 2010, facendo ampio ricorso al deficit (sempre prontamente ripianato dall’azionista mecenate) e al debito (garantito personalmente dallo stesso Moratti). Ora però, con il fair play finanziario a regime, il nuovo azionista di controllo, l’indonesiano Erick Thohir, pur non avendo responsabilità sulle gestioni precedenti al suo arrivo, ha davanti a sé spazi di manovra strettissimi per finanziare gli investimenti necessari a riportare l’Inter a essere competitiva in Italia e in Europa e avere allo stesso tempo i conti in ordine. Avendo superato di gran lunga i 45 milioni di perdita massima consentita nell’arco del triennio 2012-2013-2014, l’Inter, così come la Roma di James Pallotta, sta infatti negoziando con l’Uefa un piano di rientro quinquennale che dovrebbe legare la capacità di investimento del club all’andamento atteso dei ricavi. Ricavi che, almeno per ora, dipendono più dalla qualificazione alla Champions League che dallo sviluppo delle attività commerciali. Nonostante ciò, senza fare polemica, lo scorso ottobre Thohir, nel corso dello Sport Business Summit di Londra, ha voluto comunque sottolineare le rigidità del regolamento, colpevole a suo giudizio di congelare di fatto gli attuali rapporti di forza tra i club. Se Real Madrid, Barcellona, Manchester United e Bayern Monaco - è il ragionamento condiviso da molti osservatori - forti di ricavi caratteristici ampiamente superiori ai 400 milioni di euro, possono permettersi di investire e spendere nella rosa cifre considerevoli senza incorrere in perdite di bilancio, molti altri club, seppur blasonati, avendo accumulato, per diverse ragioni, importanti ritardi in termini di fatturato dai primi della classe, non possono più competere con questi ultimi, visto che il regolamento Uefa, non consente più di finanziare gli investimenti con il rosso di bilancio. Ma perché i ricavi di un club crescano in modo consistente, non bastano managerialità e programmazione, serve infatti anche un brand di successo, che contribuisca a massimizzare i ricavi derivanti dai diritti tv, dalle sponsorizzazioni, dal merchandising e dallo stadio. E per avere un brand di successo, specie sui mercati internazionali, bisogna vincere sul campo. Il blasone, su cui l’Inter, grazie alla sua storia di successi internazionali, può ancora contare, non è infatti sufficiente. Ma per vincere, specie in Europa, servono investimenti e se non ti puoi più finanziare in deficit, serviranno tempi lunghi e una strategia precisa per colmare il gap con i top club.

Thohir non è l’unico a pensarla in questo modo. Anche l’ex allenatore nerazzurro, José Mourinho, pur lavorando oggi per il Chelsea, un club che dopo essere stato per anni dipendente dal portafoglio di Roman Abramovic ora riesce ad autofinanziarsi e a competere ad altissimi livelli in Europa, ha sparato alla sua maniera contro il fair play finanziario. Secondo lo Special One le regole attualmente in vigore danno un vantaggio «sleale» ai club che da anni sono considerati i più importanti d’Europa. «Penso che il financial fair play», è il ragionamento di Mou, «sia una contraddizione. Quando il mondo del calcio ha deciso di seguirne le regole lo scopo era esattamente quello di mettere le squadre in parità di condizioni per competere». Anche secondo Mourinho, dunque, l’introduzione del financial fair play non consentirebbe ai club di proprietà di nuovi investitori di mettersi rapidamente allo stesso livello delle società di prima fascia, disincentivando dunque nuovi investimenti.

Non è un caso che anche un dirigente diplomatico come Umberto Gandini, vicepresidente dell’Eca e direttore dell’organizzazione sportiva del Milan, club che è ufficialmente alla ricerca di nuovi soci che affianchino la Fininvest, abbia sollevato delle perplessità sulle regola attualmente in vigore. «Il fair play finanziario», ha affermato Gandini nel corso dei Globe Soccer Awards di fine dicembre a Dubai, «ha portato un po’ di buon senso nella gestione delle società di calcio. È stato un successo in termini di riduzioni delle perdite complessive del calcio europeo. Dall’altro lato c’è però da considerare come alcuni club a causa di questo sono cristallizzati, ci sono investitori che vorrebbero entrare in gioco ma che vengono frenati proprio da questo meccanismo. In Europa in questo momento ci sono solamente 5-6 grandi club, quello a cui dovrebbe mirare l’Uefa è di avere come minimo 20 grandi club».

Tutti rilievi che Platini, pur tenendo la barra ferma sui principi che hanno ispirato il fair play finanziario, ha dato prova di voler ascoltare, tanto che lo scorso 13 ottobre il presidente dell’Uefa ha organizzato una riunione con i principali club europei, alcune federazioni nazionali e i rappresentanti dei calciatori (FIFPro) anche per discutere «di eventuali modifiche al sistema». Nel corso della riunione, come emerso dal comunicato diramato dalla Uefa, sono stati trattati vari temi, compreso quello della «cristallizzazione del sistema». Ciò non significa che il regolamento verrà modificato, anche se le pressioni in questo senso da parte delle proprietà arabe del Manchester City e del Paris Saint-Germain, i due club sanzionati dall’Uefa per aver aggirato le regole attraverso contratti di sponsorizzazione a prezzi non di mercato con parti correlate, sono innegabili.

A fare muro contro una revisione in senso meno restrittivo del fair play finanziario ci sono i club tedeschi, a partire dal Bayern Monaco guidato da Karl-Heinz Rummenigge, che è anche presidente dell’Eca. «Spero che il calcio tedesco mostri che c’è un’alternativa ai club che spendono più soldi di quelli che guadagnano, e per questo noi consideriamo l’iniziativa del fair play finanziario, lanciata dalla Uefa, come una parte vitale per garantire il futuro del calcio», ha affermato recentemente l’ex giocatore dell’Inter e della nazionale tedesca, aggiungendo: «Il fatto che il Bayern abbia raggiunto la semifinale della Champions League per quattro volte negli ultimi quattro anni, abbia vinto nel 2013 in una finale tutta tedesca con il Borussia Dortmund, è un messaggio chiaro. E non va dimenticato che la Germania ha vinto la Coppa del Mondo del 2014». Una posizione condivisa anche dal segretario generale dell’Uefa, Gianni Infantino. «Non è l’obiettivo del fair play finanziario quello di far giocare tutti allo stesso livello. È come con i sistemi politici in cui tutti sono allo stesso livello finanziario, ma che hanno dimostrato di non poter funzionare. Alla fine si tratta di creare una sana competizione e se si riesce a incrementare le entrate si potrà competere maggiormente. Il Dortmund è un buon esempio: era fondamentalmente in bancarotta pochi anni fa e due anni fa era in finale di Champions. Investendo nei giovani e nelle infrastrutture si possono generare più ricavi e si potrà essere in grado di competere. Si dovrebbe anche ricordare come la Champions League - negli ultimi 22 anni - non abbia mai visto la stessa vincitrice due volte di fila».

 

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Joined: 10-Sep-2006
5211 messaggi

 

Se andasse bene, proprio nulla non cambierebbe; se non altro darebbe la possibilità a noi tifosi di ribattere alle accuse dei vari travagli e compagnia bella...

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Joined: 24-Oct-2006
11409 messaggi

Guarda, voglio essere buono oggi.

Al massimo lo si potrebbe considerare un piccolo inizio (se proprio andasse come speriamo, ed è tutto da vedere), ma non ha nulla a che fare con il risarcimento di tutto quello che ci spetta. Ok, potrei/potremmo replicare qualcosetta in più, ma sono robe buone giusto per le discussioni da tifosi al bar. 

Senza contare che i nemici sarebbero tutti in grado di dire che abbiamo subito un processo giusto che ci vedeva condannati e che invece coi nostri imbrogli/poteri proprietari siamo stati in grado di condizionare la cassazione... La cassazione è quella che ha annullato il processo eternit, insomma, a torto o a ragione che sia, mediaticamente non è che abbia proprio una bella fama...  

Intanto i danni subiti da noi, per circa 20 anni e forse più, sono incalcolabili. 

E sappiamo tutti che nessuno dei responsabili per il 2006 pagherà per quello che ha fatto. 

E sappiamo tutti che nessuno dei responsabili dei due decenni di imbrogli calcistici fatti ai nostri danni pagherà per quello che ha fatto. 

A nessuna squadra imbrogliona verranno tolti punti o verrà retrocessa o gli verrà tolto qualche titolo.

Mica da domani il calcio sarà finalmente pulito... 

Mica quei quattro arruffoni di via Nizza pagheranno per quello che hanno fatto... 

Tutti i problemi restano lì sul tavolo, sentenza buona o sentenza cattiva che sia. 

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Joined: 14-Jun-2008
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Dutch press for refereeing revolution to end run of video nasties

by MATT DICKINSON (THE TIMES 22-01-2015)

“Welcome to the future,” Raymond van Meenen says, sliding open the door of a white Transit van. In a car park outside Feyenoord’s De Kuip stadium, we step inside football’s brave new world.

This nondescript van may end up in a museum one day given that it houses potentially one of the most notable changes to football in a century: the first serious exploration of refereeing by video.

A revolution? “Some people call it that,” Gijs de Jong, operations director of the Royal Dutch Football Association (KNVB), says. “We just think it’s common sense.”

He asks a simple question. When millions can see replays of gamechanging incidents on television, and thousands view it on a big screen or smartphone in the stadium, why deprive those in the middle who need that information more than anyone?

De Jong talks of video refereeing as “an inevitability” and “inescapable” because, if you can make football significantly fairer, why on earth not?

Ahyes, but it will ruin the game, some say. It will slow down football. Change it for ever. But how do they know? This is what makes the Dutch experiment so fascinating, because here they do not deal in conjecture but evidence, experience and the trial and error of 18 painstaking months.

Feyenoord against Twente on Sunday was the 32nd Eredivisie game in which the Dutch federation has run this trial. A senior referee sits in the van looking at screens and, while he is not yet allowed to communicate his advice to the man in the middle, he acts out the protocol that will be presented next month to the International Football Association Board (IFAB), football’s law-making body — and which has been seen by The Times.

  • The fifth official works like the other assistants in providing guidance, but the referee remains in charge and has the final say. The referee can ask for advice but it remains his game to run.
  • The video assistant’s role is limited to advice on key decisions — red-card incidents, penalties and goalscoring opportunities — within 15 seconds of them taking place. So, for example, offsides and dives are only relevant if directly involved in a goal.
  • The video assistant (VA) will only advise the referee if he believes the incident to be either clear-cut or that the main official has made an obvious mistake.
  • The VA can tell the referee if he has missed a key incident — such as a tackle that warrants a red card — but must do so within 15 seconds.
  • There will be no appeal system for managers. It was discussed but abandoned because of concerns that it would be used tactically.

The evidence of 24 matches last season was that 76 incidents fitted the protocol and the referee’s verdict would have been overturned in 24 cases. That is one big call a game — a red card, a penalty, perhaps a goal wrongly disallowed — when justice could have been much better served by simple use of television screens and software provided by Hawk-Eye, the British company, to enable instant replays.

In the Premier League this season, Jan Vertonghen’s “goal” for Tottenham Hotspur against Sunderland would not have been disallowed by a wretched offside decision. Sergio Agüero would have been awarded a penalty for Manchester City against Southampton rather than being booked fordiving. Aston Villa would have played with 11 men against Manchester United rather than losing Gabriel Agbonlahor to a red card that was subsequently overturned by the FA. We could go on.

“The way the protocol works, we are talking about only a few incidents per game on average,” Van Meenen, the project leader and a former referee, says. “But it is those two or three decisions that can change the game.

“At the moment, the referee makes around 95 per cent correct decisions in a match. Our goal is to make that 97 per cent. But in that 2 per cent you have the decisions everyone talks about.”

There are a few key points to understand. The system will not end arguments. It is still down to interpretation — of the referee, his video assistant, or both. A questionable penalty remains just that. A missed foul in the build-up to a goal will stay missed.

After many rewrites, and advice from different countries including England, the protocol needs proper testing under pressure. The KNVB is proposing a full experiment in up to 25 games in the Dutch Cup next season, including the final. It wants to see if behaviour changes. For example, will referees duck a difficult call on a penalty, passing the buck to the video official?

“The referee can ask for help like he already does from his assistants — ‘I have a bad angle, did you see that?’ ” Van Meenen says. “But it is important he does not lie back and wait for the video to intervene. That’s not refereeing, not what we want.”

This risk could particularly apply to linesmen. There is an incentive to keep their flag down because, if they miss an offside and it leads directly to a goal, the video assistant will call it back. But what if that missed offside does not lead to a goal but to a corner, from which a goal is scored? These scenarios need to be put under scrutiny.

“We need to see it work under real pressure, to see the human element,” Van Meenen says. “For example, the young referees who joined this project pushed the button say 25 times, the most experienced probably a maximum of five times. We identified that already, the need for experience and trust between the referee and video assistant.”

There will be glitches but the idea of stopping now seems unthinkable. “Everyone understands that it has to happen: it will happen,” De Jong says. “The biggest thing for us was simply saying, ‘Right, let’s make a start.’ ”

The logic seems so obvious that even if the IFAB refuses to allow a live trial, the KNVB says it will continue testing.

“The rules are there to make sure the game is played in a fair and attractive way and this only helps to implement those rules,” De Jong says. “Football can be conservative but, really, this is not so radical. There is nothing to be afraid of.”

Welcome to the future? You had better believe it.

 

‘If it saves us just one big mistake, then it’s worth it’

by MATT DICKINSON (THE TIMES 22-01-2015)

It is the 35th minute inside a freezing De Kuip stadium when Pol van Boekel points to the spot, awarding a penalty to Feyenoord for a trip on Karim El Ahmadi. Sitting in a van in a car park outside the stadium, Danny Makkelie has already seen the incident live on one monitor. “A close call,” he says, perking up.

Immediately he turns to his left where a bank of eight screens is showing the game on two-second delay. He watches the foul again at real speed.

A technician has already bookmarked the moment, scrolling back so that Makkelie can observe it in slow motion from numerous different angles. Within ten seconds, as the Twente players continue their complaints to the referee, the video assistant has already seen the challenge several times.

It is a 50-50 call. Contact is not obvious but it was a reckless tackle. Makkelie allows the penalty to stand, adding, intriguingly, that he would also have backed the referee if he had not pointed to the spot.

Inside the van, it is a tense, fascinating moment that highlights a few aspects of the video system, including that a grey zone will always exist. There will still be “soft” penalties, marginal calls.

The incident demonstrates, too, that the referee remains in charge. The video assistant would only intervene — via a buzzer and a radio to communicate — if the man in the middle was clearly wrong.

It also throws up a question. Would the referee have been less likely to give the penalty if he had known there was video back-up? Makkelie says it is an interesting discussion and why the tests need to be run in matches.

“We need to see this system work under real pressure, when there is a decision to make and the seconds are ticking away,” he says. It is not hard to imagine the stress for a video assistant who must decide, within 15 seconds, whether to intervene and make a big call.

A stress test is necessary but as one of Holland’s leading officials and, at 31, the youngest referee in the Champions League, Makkelie is already certain that the upsides will outweigh any reservations.

The part-time policeman talks of the confidence it will give to officials, knowing someone is watching their back. “That can be empowering for the referee,” he says. “Especially if you have someone in your ear saying, ‘Good decision, keep going,’ when they’ve watched replays. And it gives the public more confidence in referees.”

He talks of being saved from those horrible calls when even the best officials can be made to look foolish.

Already this season, in a game between Den Haag and Feyenoord, Makkelie missed a clear red card for a stamp because he had a bad angle. He spent the rest of the game trying to regain control. “A video assistant could have really helped me,” he says.

He still cringes at awarding a penalty against Utrecht for a foul clearly outside the box. Utrecht lost and “the media killed me”, he says. Another big error that could have been put right in seconds. “Any referee, even the best, will have incidents when he looks at the tape and says, ‘How did I miss that?’”

It is why he says the idea has the unanimous support of Dutch officials. “I can’t speak for all of Europe but every referee in Holland is waiting to see if it’s approved by Fifa and is ready to use it,” he says.

“It’s only good for us. If I miss a penalty, I’m all over the front page. If I’m at a tournament, I can be sent home. If it saves us just one big mistake, it’s worth it.

“As long as the media and the public understand that it’s not 100 per cent waterproof. There will still be arguments. This is only for black-and-white cases but we can solve many problems.”

Consider the biggest match on the planet, the World Cup final. In 2006, Zinédine Zidane was sent off for a headbutt seen only by the fourth official on a monitor — the first, highly unofficial, use of video assistance.

In the 2010 final, Howard Webb infamously failed to send off Nigel de Jong for his studs-up challenge on Xabi Alonso.

“This tackle of De Jong, we still talk about it now five years later,” Makkelie says. “We could have sorted it in five seconds. People want referees to be perfect. It’s not possible but we can help them. I’m sure Howard would have appreciated the help then.”

 

Time for Blatter to make right decision

by MATT DICKINSON (THE TIMES 22-01-2015)

 

The case for continuing the Dutch experiment is indisputable when you think of the help a video assistant can give to under-pressure referees and the injustices it could rectify.

Yet we should never underestimate the forces of conservatism in world football. Men walked on the Moon decades before football got around to showing whether the ball had crossed the line.

It is an obvious idea to pursue but we are back to guessing the political motives of Sepp Blatter, right, who is not only president of Fifa but has a controlling influence over the International Football Association Board, the rule-making body that will consider the Dutch proposal at its AGM in Belfast between February 27 and March 1.

Blatter has indicated that he is open-minded to some form of video assistance, specifically mentioning an appeal system, but he is not known for his consistency.

It leaves the Royal Dutch Football Association (KNVB) hopeful that its live trial will be approved for next season, but setting out a cautious protocol to soothe traditionalists, narrowing the system down to key incidents and leaving the referee as the man very much in charge.

Its protocol stresses that the “video assistant (VA) will not slow down the game” and claims, justifiably, that “the VA will reduce the pressure on the referee” as well as “increasing the respect for referees among the general public”, wwhich should be persuasive arguments. There is also a question of value for money. There is only one stadium with goalline technology in the Eredivisie because, at €330,000 (about £254,000), the KNVB could afford only one system.

The new system is cheap. The footage comes from broadcasters and Hawk-Eye software gives the video assistant the ability to scroll through the film for whatever he needs. Referees and their assistants are already connected by radio — this would simply be adding one more.

The most expensive element would be paying a fifth official, but that position could make good use of recently retired referees, harnessing their experience and extending their careers.

It is just another reason why the KNVB is so keen to press ahead with the live trial, and it will take stubbornness of ridiculous proportions to stand in the way of more testing. When it comes to use of technology, football is already years behind the curve.

 

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Moggi, prescrizione servita

L’UDIENZA IN CASSAZIONE RINVIATA AL 23 MARZO: IL PROCESSO PER I FATTI DI CALCIOPOLI È UFFICIALMENTE DEFUNTO

TUTTI SALVI Il giudice Aldo Fiale vuole che le carte siano esaminate bene e che la requisitoria sia udita bene. Ma l’ultima partita verrà disputata a tempo scaduto

di CARLO TECCE (IL FATTO QUOTIDIANO 23-01-2015)

Calciopoli è prescritta. Va salvata la memoria. Ieri è riapparsa in Cassazione per una fugace udienza, un tratto breve per il rinvio: la sentenza, per episodi che risalgono quasi a nove o dieci anni fa, è prevista il 23 marzo. Il giudice Aldo Fiale, che presiede la Terza sezione penale, vuole che le carte siano esaminate bene e che la corposa requisitoria sia udita bene. Ma l’ultima partita verrà disputata a tempo scaduto. Il processo Calciopoli, scorporato in ordinario per Luciano Moggi (2 anni e 4 mesi) e abbreviato per Antonio Giraudo (1 anno e 8 mesi), imputazioni per associazione a delinquere e svariate frodi sportive, è arrivato defunto in Cassazione. Il revisionismo s’impadronisce di un recente passato, infestato da avventori e spartizioni, pressioni e sistemi, che ha squartato il fatato pallone italiano: due campionati smontati, inesistenti per gli almanacchi. Ora non c’è soltanto da organizzare la tumulazione di un procedimento arenato, ma va scolpita la verità. Non ci sono effetti penali, restano i risarcimenti: le parti civili non s’arrendono, il Bologna e il Brescia, che furono danneggiate e spedite in Serie B, vogliono la rivincita e così, per motivi più tenui, l’Atalanta, il Lecce, la Federcalcio e l’Associazione Consumatori. Il Brescia, senza l’eventuale indennizzo di Calciopoli, rischia il fallimento. Impettito sui gradoni di un possente stabile che a Roma chiamano “Palazzaccio”, c’era il radiato Moggi, che spera di recuperare l'onore perduto. Ai supplementari. O peggio: a ricordi sconfitti, a indignazione scomparsa.

I tranelli di quelli che squalificano l’inchiesta su Calciopoli sono più insidiosi e, soprattutto, più efficaci di un verdetto definitivo, e prevalgono nel dibattito pubblico. La prescrizione ha stravinto. E festeggiano Pierluigi Pairetto (2 anni, ex designatore) e Innocenzo Mazzini (2 anni, ex numero due in Figc). Gli ex arbitri Massimo De Santis, Antonio Dattilo, Paolo Bertini, accusati di frode sportiva, vi hanno rinunciato, e affrontano la Cassazione. Non l’imputato Gianluca Rocchi, fischietto ancora in attività, sempre assolto, l’unico indagato mai sospeso. E la prescrizione ha cicatrizzato e sanato le posizioni (per le presunte frodi sportive, ndr) di un ampio gruppo di protagonisti di Calciopoli, dal laziale Claudio Lotito ai fratelli Della Valle. I difensori di Moggi e Giraudo, ex diarchi juventini, sono convinti che la Cassazione possa invalidare il processo, perché s'è tenuto a Napoli, non a Torino e Roma dove furono effettuate le prime indagini. Quel che conta sapere: il processo, che fu inaugurato a Napoli il 24 marzo 2009, ha subìto rallentamenti evitabili? Capire come s’è estinto non è facile, ma ci sono un paio di anomalie da evidenziare. Il 3 febbraio 2012, motivazioni di Napoli in primo grado, in dieci righe, il giudice Teresa Casoria stabilì che Moggi, direttore sportivo bianconero per dodici anni, non agiva per gli interessi della Juventus, non truccava le gare per la squadra degli Agnelli: “Sul versante passivo, il tribunale stima che non può essere accolta la domanda nei confronti del responsabile civile Juventus, sotto il profilo della frattura del rapporto organico con il datore di lavoro, generata dall'esercizio da parte dell'imputato Moggi di un potere personale avente manifestazioni esteriori esorbitanti dall'appartenenza alla società”.

In appello, il 17 dicembre 2013, l’ex ferroviere di Monticiano ottenne uno sconto di pena. Il dispositivo fu letto in aula quel giorno, ma poi non venne diffuso. Il 2 gennaio 2014 la Corte pubblicò un secondo dispositivo e revocò l’originale. Il 17 gennaio furono depositate le motivazioni che contenevano il primo dispositivo, mentre il 20 ne fu emesso un terzo.

In Cassazione, il relatore Grillo non ha nascosto un po’ di imbarazzo, perché costretto a districarsi in un ginepraio di dispositivi. A settembre 2014 in Cassazione sono pervenuti gli atti su Moggi, prescritto a marzo. Il percorso di Giraudo, che optò per il rito abbreviato (senza dibattimento), fu più rapido. La sentenza in Appello risale al 5 dicembre 2012. Il ricorso in Cassazione fu mandato il 18 aprile 2013. Per trasferire i documenti da Napoli a Roma, un’ora e mezza in treno e due in autostrada, furono necessari dieci mesi: sbarcarono al Palazzaccio il 21 febbraio 2014, a prescrizione già scoccata.

 

Questa storia dei dispositivi a giorni alterni per l'appello di Moggi (altra misera evidenza del marciume napoletano) mi era sfuggita.

Comunque, caro Travaglio (prossimo alla direzione del Fatto), SUKA!

 

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Questa storia dei dispositivi a giorni alterni per l'appello di Moggi (altra misera evidenza del marciume napoletano) mi era sfuggita.

Comunque, caro Travaglio (prossimo alla direzione del Fatto), SUKA!

 

Ma alla fine sto stlonzo che vuole. Ci hai capito qualcosa per caso, grazie?

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Questa storia dei dispositivi a giorni alterni per l'appello di Moggi (altra misera evidenza del marciume napoletano) mi era sfuggita.

Comunque, caro Travaglio (prossimo alla direzione del Fatto), SUKA!

 

 

Cioè?

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Ma alla fine sto stlonzo che vuole. Ci hai capito qualcosa per caso, grazie?

 

Lo str**** del Fatto vorrebbe insinuare che la colpa è di immaginari corrieri (pagati da Moggi e Giraudo, probabilmente) per ritardare la consegna dei documenti in Cassazione: è una roba da matti.

In realtà, si spiega meglio Catapano nell'articolo che segue.

 

IL PROCESSO

Cassazione rinviata al 23 marzo

Ma Calciopoli è già prescritta

Dal 2006 a oggi anomalie e ritardi. Moggi tranquillo: «Il 23 vi farò ridere e scrivere tanto»

L’ultimo mistero la «sparizione» del designatore Messina dal ricorso del p.g.

di ALESSANDRO CATAPANO (GASPORT 23-01-2015)

Teresa Casoria aveva capito tutto già quattro anni fa. E rilette oggi, a due mesi dalla sentenza della Cassazione — fissata ieri per il 23 marzo —, quelle frasi che il presidente della 9a sezione del Tribunale di Napoli rivolse ad un collega durante il processo di 1° grado (che qualche mese più tardi le costarono la censura del Csm), fanno capire tante cose anche a noi. «Vuoi fare le cose alla perfezione? Tanto qui finisce sempre tutto con dichiarazioni di prescrizione! Mi avete abboffato le palle». Disse proprio così, la Casoria. E del resto alcuni dei più clamorosi rallentamenti imposti a Calciopoli — in virtù dei quali, come dice qualche avvocato, in Cassazione sono arrivati «due cadaveri, non due processi (abbreviato e ordinario, ndr)» — sono scaturiti proprio dalla sua gestione, messa in discussione dalla Procura di Napoli e perfino dai giudici del suo stesso collegio. Ma le anomalie che hanno segnato Calciopoli sono tante, fin dal principio. Al punto che il 23 marzo la Cassazione giudicherà sentenze sostanzialmente già prescritte.

STRANEZZE Tante, troppe: l’iniziale diffusione sui media delle intercettazioni; l’«estraneità» della Juventus dal comportamento dei suoi stessi dirigenti, come sentenziato dalla Casoria; gli undici mesi trascorsi prima che il Tribunale di appello liberasse la sentenza del rito abbreviato (in cui Giraudo è l’unico condannato); i tre diversi dispositivi dell’appello ordinario, in cui la condanna al risarcimento dei danni alle società che si sono costituite parti civili — Bologna e Brescia, rappresentate da Bruno Catalanotti, uno dei protagonisti di questo processo — prima c’è, poi scompare, infine riappare di nuovo; l’improvvisa sparizione dall’elenco degli assolti su cui pende il ricorso del procuratore generale della Corte d’appello di Napoli del nome dell’attuale designatore arbitrale Domenico Messina.

RISATE In questo quadro, potrebbe non essere una battuta l’unica frase concessa ieri ai cronisti in tribunale da Luciano Moggi: «Ho fiducia nella giustizia — ha sorriso l’ex d.g. della Juve, condannato a 2 anni e 4 mesi per associazione a delinquere —: il 23 marzo vi farò scrivere e vi farò ridere». Può darsi. Ma il procuratore generale Gabriele Mazzotta, quello che chiese e ottenne la conferma della condanna dei quattro agenti per l’omicidio di Federico Aldrovandi, venderà cara la pelle: «Il 23 farò un intervento molto corposo», ha annunciato agli avvocati.

 

In pratica grazie a Teresina, secondo la rosea, la Cassazione decreterà la prescrizione per questi criminali che hanno osato ribellarsi ad una farsa gigantesca per difendere onore, famiglia e pregiudizio in un clima d'ostruzionismo e sentimento popolare avverso mai verificatosi prima.

 

P.s.

Mi sembra positivo che a scrivere per il Fatto e la rosea di queste facezie non siano più Travaglio, Ziliani, Pagani, Pisapia, Galdi o Piccioni. Hanno capito anche loro che è finita IMHO.

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Cioè?

 

E' spiegato meglio nell'articolo della rosea

 

i tre diversi dispositivi dell’appello ordinario, in cui la condanna al risarcimento dei danni alle società che si sono costituite parti civili — Bologna e Brescia, rappresentate da Bruno Catalanotti, uno dei protagonisti di questo processo — prima c’è, poi scompare, infine riappare di nuovo

 

Il tribunale di Napoli ha dimostrato la pochezza della giustizia in tutto il suo splendore.

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Lo str**** del Fatto vorrebbe insinuare che la colpa è di immaginari corrieri (pagati da Moggi e Giraudo, probabilmente) per ritardare la consegna dei documenti in Cassazione: è una roba da matti.

In realtà, si spiega meglio Catapano nell'articolo che segue.

 

 

In pratica grazie a Teresina, secondo la rosea, la Cassazione decreterà la prescrizione per questi criminali che hanno osato ribellarsi ad una farsa gigantesca per difendere onore, famiglia e pregiudizio in un clima d'ostruzionismo e sentimento popolare avverso mai verificatosi prima.

 

P.s.

Mi sembra positivo che a scrivere per il Fatto e la rosea di queste facezie non siano più Travaglio, Ziliani, Pagani, Pisapia, Galdi o Piccioni. Hanno capito anche loro che è finita IMHO.

Ma ci dobbiamo preoccupare di questo pg Mazzotta?

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Ma ci dobbiamo preoccupare di questo pg Mazzotta?

 

Mah, son tutti prescritti, anche Moggi.

 

Cosa vuol relazionare in maniera approfondita Mazzotta? Ci sono obbrobri giuridici sufficienti ad invalidare, normalmente, i processi.

 

La reale preoccupazione della Cassazione è quella di trovare e giustificare una via d'uscita anche per chi ha rinunciato, anormalmente, alla prescrizione senza sputtanare oltremisura i colleghi napolitani.

Modificato da Ghost Dog

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E' spiegato meglio nell'articolo della rosea

 

 

............................

 

Si, si non lo sapevo. 

 

La storia mi è nuova.

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Mah, son tutti prescritti, anche Moggi.

 

Cosa vuol relazionare in maniera approfondita Mazzotta? Ci sono obbrobri giuridici sufficienti ad invalidare, normalmente, i processi.

 

La reale preoccupazione della Cassazione è quella di trovare e giustificare una via d'uscita anche per chi ha rinunciato, anormalmente, alla prescrizione senza sputtanare oltremisura i colleghi napolitani.

secondo te, se lo sai, cosa deve sperare Moggi dalla Cassazione a questo punto per cavarsela bene?

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secondo te, se lo sai, cosa deve sperare Moggi dalla Cassazione a questo punto per cavarsela bene?

 

Beh, la soluzione ideale per Moggi sarebbe l'annullamento senza rinvio e senza prescrizione che ammazzerebbe i fautori di Farsopoli.

 

Ma la Cassazione, valutando in funzione anche della dignità di casta, potrebbe annullare con rinvio ad altra corte d'appello (lontana mille miglia da Napoli) per imputazioni minori.

 

La difficoltà sta proprio nel tutelare effettivamente chi ha rinunciato alla prescrizione, altrimenti questa pantomima si sarebbe conclusa pacificamente (per la magistratura) con l'annullamento senza rinvio per prescrizione dei reati.

 

In definitiva però il fatto che Moggi non abbia rinunciato alla prescrizione mi fa credere che lui voglia uscirne prima (in qualsiasi modo) per poi divertirsi a s*****are il sistema grazie al resto del materiale probatorio non utilizzato.

Modificato da Ghost Dog

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Beh, la soluzione ideale per Moggi sarebbe l'annullamento senza rinvio e senza prescrizione che ammazzerebbe i fautori di Farsopoli.

 

Ma la Cassazione, valutando in funzione anche della dignità di casta, potrebbe annullare con rinvio ad altra corte d'appello (lontana mille miglia da Napoli) per imputazioni minori.

 

La difficoltà sta proprio nel tutelare effettivamente chi ha rinunciato alla prescrizione, altrimenti questa pantomima si sarebbe conclusa pacificamente (per la magistratura) con l'annullamento senza rinvio per prescrizione dei reati.

 

In definitiva però il fatto che Moggi non abbia rinunciato alla prescrizione mi fa credere che lui voglia uscirne prima (in qualsiasi modo) per poi divertirsi a s*****are il sistema grazie al resto del materiale probatorio non utilizzato.

Grazie. Credi che in un modo o nell'altro noi potremo beneficiare dell'articolo 39, sempre se lo sai, non ti vorrei dare troppo fastidio?

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Grazie. Credi che in un modo o nell'altro noi potremo beneficiare dell'articolo 39, sempre se lo sai, non ti vorrei dare troppo fastidio?

 

JJ Elkann in origine espresse chiaramente la volontà di non riaprire i processi sportivi come se all'epoca ci sia stato un accordo.

Comanda lui... dopo aver visto AA ed il suo entourage di legali muoversi nei meandri della giustizia sportiva, non credo assolutamente in ripensamenti di quella portata e nell'eventualità d'accoglimento da parte dell'attuale autorità sportiva.

 

Solo con l'augurio di Craze, cioè che JJ Elkann voglia vestire i panni dell'imperatore juventino e farsi bello con boccoli e riccioli d'oro, ci sarebbero possibilità di riavere il maltolto.   

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JJ Elkann in origine espresse chiaramente la volontà di non riaprire i processi sportivi come se all'epoca ci sia stato un accordo.

Comanda lui... dopo aver visto AA ed il suo entourage di legali muoversi nei meandri della giustizia sportiva, non credo assolutamente in ripensamenti di quella portata e nell'eventualità d'accoglimento da parte dell'attuale autorità sportiva.

 

Solo con l'augurio di Craze, cioè che JJ Elkann voglia vestire i panni dell'imperatore juventino e farsi bello con boccoli e riccioli d'oro, ci sarebbero possibilità di riavere il maltolto.   

Beh, però le dichiarazioni di AA sono: "aspettiamo la fine dell'iter processuale ......" 

 

E, mi pare, ci sia pure una data per l'udienza al tar.

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Beh, però le dichiarazioni di AA sono: "aspettiamo la fine dell'iter processuale ......" 

 

E, mi pare, ci sia pure una data per l'udienza al tar.

 

L'udienza al Tar riguarda la causa per 444 milioni richiesti alla FIGC.

Per com'è strutturarata la Juventus oggi, AA è solo un mero esecutore. Ha promesso (al vento?) ma non decide.

 

E' più facile che siano altri imputati eccellenti, e non la Juventus, ad innescare l'art.39 del CGS per sanare le posizioni e ripristinare lo status quo ante bellum.

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