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CRAZEOLOGY

K A L C I O M A R C I O! - Lo Schifo Continua -

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repubblica non ha fatto nemmeno finta di mettere la notizia dell'inter che doveva essere incriminata, che sporchi che sono

Ho finito adesso di sfogliare la mazzetta.

La notizia è stata trattata in tono minore da un po' di quotidiani. A parte, il solito G.Vaciago su Tuttosport.

Prevedo che la Repubblica ne parlerà se e quando recensirà il libro di Lepore e secondo me avverrà a breve termine.

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Joined: 10-Sep-2006
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Ho finito adesso di sfogliare la mazzetta.

La notizia è stata trattata in tono minore da un po' di quotidiani. A parte, il solito G.Vaciago su Tuttosport.

Prevedo che la Repubblica ne parlerà se e quando recensirà il libro di Lepore e secondo me avverrà a breve termine.

Sperando, almeno io lo spero, che chiarirà anche la ricusazione (mi pare pure reiterata) della giudice Casoria, probabilmente non allineata.

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Joined: 20-Apr-2009
40693 messaggi

Ho finito adesso di sfogliare la mazzetta.

La notizia è stata trattata in tono minore da un po' di quotidiani. A parte, il solito G.Vaciago su Tuttosport.

Prevedo che la Repubblica ne parlerà se e quando recensirà il libro di Lepore e secondo me avverrà a breve termine.

Capisco. Grazie della precisazione.

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Joined: 07-Jul-2006
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Eh già....diciamo che è una "memoria promozionale", la sua...

e dico sinceramente: se non sapessi che non bisogna generalizzare...non avrei NESSUNA FIDUCIA nella giustizia itagliana!

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Joined: 14-Jun-2008
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VIPERETTA

mordi e fuggi

È la nuova star tv del calcio. Ma ha preso

la Sampdoria senza pagare nulla. Tra

cinema e crac, ecco chi è Massimo Ferrero

di GIANFRANCESCO TURANO (L'ESPRESSO 06-11-2014)

Nel calcio si è subito trovato a suo agio. Il ritmo vertiginoso della serie A non poteva essere un problema per Massimo Ferrero, 63 anni. È una vita che il nuovo proprietario della Sampdoria fa esattamente lo stesso tipo di gioco con le sue aziende: cessioni, liquidazioni, passaggi di mano che coinvolgono familiari e amici, garanzie bancarie spostate da qui a là, niente bilanci consolidati per aumentare le possibilità di contropiede alle banche creditrici. Soldi veri ne girano pochissimi. E certo non ne sono girati nell’acquisto del club blucerchiato.

I Garrone stavano per finire come il collega petroliere Massimo Moratti dell’Inter. La holding di famiglia San Quirico ha bruciato oltre 300 milioni di euro in dodici anni e mezzo di gestione segnati da scarse soddisfazioni sportive. Soltanto negli ultimi tre anni Sampdoria holding, il gradino societario intermedio fra San Quirico e l’Unione calcio Sampdoria (il club), ha messo assieme perdite aggregate per 99 milioni di euro. Il giocattolo che i petrolieri usavano come bara fiscale per abbattere le tasse ha rischiato di diventare la bara tout court del gruppo Erg ed è già da un pezzo che i Mondini, eredi della sorella di Riccardo Garrone e comproprietari della San Quirico, avevano chiesto ai cugini di uscire dal calcio. Ma ci sono voluti due anni perché Edoardo Garrone, figlio di Riccardo, riuscisse a vendere. Il verbo suona eccessivo. In serie A non si vende più. Si regala, come dimostra proprio il caso dell’Inter. E si regala con la formula del pieno per vuoto: i debiti se li accolla chi li ha fatti.

Zero euro è il prezzo ideale per Viperetta, come Ferrero è soprannominato dai tempi in cui si faceva le ossa distribuendo i cestini pranzo ai divi di Cinecittà. Il produttore e gestore di sale cinematografiche ha rilevato la controllante diretta del club (Sampdoria holding), l’ha ribattezzata Sport spettacolo holding, ha mantenuto il capitale sociale lasciato dai Garrone (950 mila euro) e infine, al posto della San Quirico, ha piazzato la sua personale e nuovissima Holding Max, che controlla la Sport spettacolo holding con mille euro di capitale sociale interamente versato.

Come omaggio dai Garrone-Mondini, Viperetta si è tenuto la sede della Samp in piazza Borgo Pila, che sono sempre trenta vani in centro a Genova. I 37 milioni di euro di debito netto del club sono largamente coperti dagli asset immobiliari e dai versamenti in conto capitale fatti dai Garrone-Mondini prima di abbandonare la barca blucerchiata.

Se l’operazione è brillante sotto il profilo del business, forse nemmeno Ferrero poteva prevedere il boom di popolarità del personaggio Viperetta. Nei pochi mesi dall’acquisto, annunciato a grande sorpresa a giugno mentre iniziava il Mondiale brasiliano, il neopresidente della Samp è diventato il volto nuovo dei post-partita televisivi, consacrato dall’imitazione di un ex giocatore delle giovanili sampdoriane, Maurizio Crozza. L’ultima delle sue gaffe è diventata un caso, con tanto di indagine della procura sportiva. Parlando del neo proprietario dell’Inter, l’indonesiano Erick Thohir, ha sparato: «Io penso che Moratti sia un grande uomo mi sembra ingiusto che sia stato trattato così. Io gliel’ho detto a Moratti, caccia via quel filippino...».

Ma come sempre quando i risultati sono buoni, i tifosi hanno accolto con entusiasmo il presidente che dalla tribuna esibisce il gesto scaramantico delle doppie corna e che, in caso di vittoria, si abbandona a galoppate sul prato di Marassi drappeggiato di sciarpe con i colori sociali. Poco importa se, proprio nei giorni in cui rilevava la squadra genovese, Ferrero patteggiava un anno e dieci mesi per il crac della compagnia aerea Livingston, una delle sue avventure meno fortunate. La condanna non ha impressionato nessuno in Federcalcio. I requisiti di onorabilità, obbligatori per rilevare un club inglese, in Italia non hanno cittadinanza. Al contrario, il palcoscenico della serie A rimane un passaporto diplomatico tra i più efficaci per i presidenti con qualche pendenza giudiziaria. Per restare a Genova, il rivale diretto Enrico Preziosi è in appello contro una sentenza di diciotto mesi per mancato versamento dell’Iva con il Genoa, senza contare i problemi con il calcioscommesse, la retrocessione per illecito sportivo con condanna penale definitiva e il Daspo (divieto di entrare allo stadio) subito nel 2012. È un derby infuocato a Marassi, nel senso dello stadio, e il nuovo arrivato ha già avuto modo di scontrarsi con il fondatore della Giochi Preziosi. È accaduto prima in Lega calcio, la rissosa confindustria del pallone, e poi in campo.

La prima stracittadina, giocata lo scorso 29 settembre, se l’è aggiudicata Viperetta 1-0. Non serviva di meglio per diventare l’idolo della torcida doriana e trasformare la comparsata di Ferrero nel film Ultrà (1991) in un segno del destino. Eppure il folklore delle stornellate in diretta Sky a Ilaria D’Amico nasconde una vicenda imprenditoriale vissuta costantemente in zona retrocessione. Ferrero non entra nel calcio da sprovveduto e lo ha dimostrato già nel suo primo mercato, concluso con un saldo positivo di 4,6 milioni di euro fra cessioni e acquisti di giocatori. A questa plusvalenza vanno aggiunti i diritti televisivi. Il recente rinnovo dell’asta sulla serie A ha registrato l’ennesimo rialzo del jackpot a quota 1,15 miliardi di euro complessivi.

Gli incassi delle tv sono ossigeno puro per il produttore romano, in costante ricerca di liquidità. La panoramica sulle società in mano a Ferrero, ai figli Giorgio e Vanessa e alla moglie Laura Sini, non induce all’ottimismo. Ma Viperetta si muove con rapidità degna del suo soprannome. L’operazione più importante condotta dopo l’acquisto della Samp ha riguardato la vecchia capogruppo dei Ferrero, Eleven finance, messa sotto il controllo della Sport spettacolo holding (Ssh). In questo modo, gli incassi da diritti tv della Sampdoria, pure controllata dalla Ssh, potranno sostenere le sale cinematografiche in difficoltà.

I cinema rilevati da Ferrero hanno il pregio di produrre cassa come un casello autostradale, ma il mercato tende alla concentrazione e non tutte le multisale hanno il successo dell’Adriano in piazza Cavour a Roma. Il multiplex padovano di Due Carrare, per esempio, è fra quelli che hanno deluso le attese. A fine settembre Mediaport cinema, controllata da Eleven finance, ha esaurito le riserve e quasi tutto il capitale sociale per ripianare una perdita di 2,2 milioni. Quello che convince le banche a credere in Viperetta è l’aspetto immobiliare. Se un cinema non rende, si può sempre vendere e trasformare. È il caso del Volturno di Roma. Appena Ferrero ha concluso l’acquisto delle 15 sale appartenute a Vittorio Cecchi Gori, il 30 settembre del 2013, il Volturno abbandonato e occupato da sette anni è stato venduto alla famiglia napoletana Orofino (farmaceutica) che ha ottenuto lo sgombero dei collettivi. Ma l’affare vero è il megasconto ottenuto, dopo una trattativa durata tre anni, dai liquidatori del gruppo Cecchi Gori. Ferrero non ha mai voluto accettare il prezzo di 59,5 milioni di euro fissato per i cinema adducendo uno stato di gestione disastroso delle sale, soprattutto per il costo del lavoro.

Alla fine, un anno fa Ferrero ha chiuso l’accordo transattivo con 25 milioni. Poi ha creato una nuova società, la Vici, che ha assunto la proprietà dei cinema Adriano e Atlantic, ha ottenuto 25 milioni di finanziamento e ha girato le sale in affitto a un’altra società di famiglia, la Ferrero cinemas, che è stata messa in liquidazione per le perdite alla fine di luglio del 2014.

Sul fronte produzione, la stessa fine ha fatto la Blu cinematografica mentre la Ellemme group ha chiuso i battenti a fine 2013 con un sequestro giudiziario seguito alla lite con l’imprenditore napoletano Gianni Lettieri.

Per insistere sulla linea del rigore e salvare il gruppo, Ferrero ha anche assunto Giovanni Stella da Orvieto, tagliatore di teste rinomato. Maschere del cinema e idoli degli stadi sono avvertiti. Fra “er Canaro” e Viperetta sarà dura rinegoziare ingaggi.

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Proprio un calcio marcio...direi putrefatto, pure!

Genova è veramente "fortunata-privilegiata"...due clubs e non se ne salva manco mezzo...

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Accecato dall’odio, l’ultrà sbaglia maglia

di ROSSANO ORLANDO (IL CENTRO 31-10-2014)

Si può pestare a sangue un tifoso-rivale nel derby solo perché indossa una maglia la cui tinta richiama i colori sociali della squadra avversaria? Per le persone normali, il solo pensiero, si dirà, dovrebbe essere assurdo. Però è successo. Ma è accaduto pure che dopo quella gragnuola di colpi, l’aggressore abbia scoperto che la vittima dell’assalto era un tifoso della sua stessa compagine. Incredibile, si aggiungerà, ma c’è stato anche questo. Da quell’assalto, poi, il ferito ne uscì con fratture e lesioni che gli causarono un’invalidità permanente dell’11% e parziale del 50%. Inammissibile, si concluderà, ma si è verificato anche ciò.

Scenario di quell’idiozia è Lanciano, nella gara di cinque anni fa in Prima divisione tra i rossoneri e il Pescara calcio. Con l’ultrà frentano che, verosimilmente accecato dall’odio verso il colore celeste del Delfino, riempì di botte l’avversario senza rendersi conto che era lancianese come lui. Lo strascico giudiziario è di ieri: condanna a seimesi di reclusione, pena sospesa, e al pagamento della provvisionale di 10mila euro come risarcimento. Che dire? Viene in mente Pete Dunham che in Hooligans interpreta il capo tifoso del West Ham United quando dice: «Vedi, noi ci divertiamo a fare le risse, ma in realtà si tratta di reputazione». A Lanciano l’ultrà, di reputazione, ha umiliato la sua.

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Proprio un calcio marcio...direi putrefatto, pure!

Genova è veramente "fortunata-privilegiata"...due clubs e non se ne salva manco mezzo...

SAMPDORIA/L’ISOLA DEI FAMOSI VUOLE IL VIPERETTA

SORPRESA FERRERO

Il nuovo presidente chiede a Garrone 23 milioni

CONTI IN SOSPESO In ballo premi ai giocatori e spese impreviste

SEMPRE IN TV Striscia ha trasmesso la consegna del “Tapiro d’oro”

di DAMIANO BASSO (IL SECOLO XIX 31-10-2014)

Non sembra essersi ancora esaurita la trattativa per il passaggio della proprietà della Sampdoria da Edoardo Garrone a Massimo Ferrero. O meglio, sostanzialmente si è conclusa, il nuovo presidente della società blucerchiata è a tutti gli effetti Ferrero, ma tra le due parti ci sarebbero ancora delle pendenze economiche da risolvere. Emerse solamente nella fase terminale del closing. Spese non previste che a breve potrebbero portare Ferrero a bussare alla porta della San Quirico, la cassaforte della famiglia Garrone. I Garrone lo scorso 12 giugno hanno scelto di liberarsi della Sampdoria e di affidarla proprio all’imprenditore romano. Innanzitutto sarebbero saltati fuori un milione e mezzo di euro riferiti a premi individuali di calciatori (legati al numero di gol, di presenze...) che maturavano con la mensilità di giugno e che al momento della chiusura delle trattative erano stati erroneamente considerati già pagati dai Garrone. Cose che possono succedere in trattative complesse come questa. Ma non solo, si sarebbe aggiunta anche tutta un’altra serie di spese “impreviste” e di entrate “a rischio” che avrebbero portato Ferrero a rivedere un po’ tutta la base economica della trattativa. E in questo caso sul piatto ci sarebbero addirittura una ventina di milioni, 23 per la precisione, che a breve potrebbero diventare materia per i rispettivi avvocati e commercialisti. I rapporti tra i due imprenditori, peraltro, sono assolutamente buoni. Garrone allo stadio non si è più visto, ma viene spesso rappresentato da Franco Caldarulo, fidato uomo dei conti della San Quirico. Curiosità, non sarebbe la prima volta che Ferrero è coinvolto in un closing laborioso, gli era già successo quando rilevò Mediaport-Global Media (cioè le sale di diversi Multiplex) da Cinecittà Luce entrando in un secondo momento in contrasto con la società del ministero dell’Economia, per una serie di spese aggiuntive e passività impreviste.

Lo scorso 29 settembre in sede a Corte Lambruschini si è tenuta una seduta del consiglio di amministrazione dell’Unione Calcio Sampdoria spa. I consiglieri Marco Benucci, Vanessa Ferrero, Gaetano Sannolo e Giovanni Stella quel lunedì hanno approvato il bilancio semestrale, la cui comparazione con il semestre precedente (gestione Rinaldo Sagramola) ha messo innanzitutto in evidenza un aumento dei ricavi e una riduzione dei costi. Strada virtuosa. E nello stesso tempo ha anche sottolineato come la famiglia Garrone abbia praticamente lasciato nelle casse della holding il fabbisogno per coprire economicamente la stagione calcistica corrente, oltre alla copertura delle fideiussioni fino al 30 giugno 2015. Sui conti societari si era espresso così l’avvocato Antonio Romei, che si può considerare il dg della Samp anche se ufficialmente non ricopre nessuna carica in società, lo scorso 2 ottobre in un’intervista al Secolo XIX: «Il passivo semestrale al 30 giugno era di 17 milioni, già ripianati dalla vecchia proprietà. E la società, oltre a questi 17 milioni, vanta un patrimonio netto di 30 milioni. Siamo in regola con gli stipendi, il taglio dei costi ha come obiettivo quello di riportare la società in pareggio nel 2015-16»

La realtà dice che Ferrero è diventato un grandissimo personaggio mediatico. Ieri sera Canale 5 ha trasmesso il servizio della consegna del Tapiro d’Oro per il caso “filippino”-Thohir. Ferrero è stato al gioco e ne è uscito alla grande («non sapevo fosse indonesiano... »). Non è invece stata al gioco la Procura Federale (a proposito, pare che qualche ispettore al Ferraris sia rimasto incuriosito dal grande viavai di invitati e uomini del presidente a fine gara in zona spogliatoio Samp) che ha aperto un fascicolo: porterà all’archiviazione o al deferimento. E, notizia freschissima, al personaggio Ferrero nelle ultime ore si sta interessando anche Magnolia, la nota società di produzione televisiva specializzata nei format. Tra i quali, l’“Isola dei famosi”, la cui decima edizione dovrebbe partire, su Canale 5, il prossimo 26 gennaio. E la direzione di Magnolia ha individuato proprio nel presidente della Samp il profilo di un concorrente. Si vedrà. Ieri sera intanto, con Romei e il ds Osti, è stato ospite delle Toghe Blucerchiate a Villa Lo Zerbino: «Con l’Inter la prima sconfitta? Non capisco perché sconfitta, abbiamo avuto meno fortuna di altre volte, poi è successo quello che avete visto... bastavano due minuti e pareggiavamo. Battere la Fiorentina? Non è che qui abbiamo fatto la battaglia dei cannoni di Navarone, sconfitte, vittorie... è calcio, è sport, è gioia».

Certamente questo novembre è particolarmente delicato per il futuro del presidente, visto che presso il Tribunale di Busto Arsizio il gup Luca Labianca esaminerà la richiesta di patteggiamento a un anno e 10 mesi avanzata dagli avvocati di Ferrero (Giovine di Salerno e Ponti di Udine) per la bancarotta della compagnia aerea Livingston. E da questa decisione potrebbe anche passare il futuro da presidente di Ferrero, l’eventuale condanna rientrerebbe nell’articolo 22bis delle Noif, quello sulla onorabilità, e impedirebbe quindi a Ferrero di continuare a ricoprire una carica ufficiale all’interno della Samp.

La chiusura, per sorridere un po’, è sull’ormai mitico “closing”. Documento classificato “top secret” dalla nuova proprietà. Perché la domanda poi è sempre la stessa: ma quanto ha pagato Ferrero la Samp? Citazione di due risposte. La prima è Ferrero a Panorama: «Garrone non me l’ha regalata. L’ho pagata tanto: 25milioni di debiti, 15 di aumento di capitale più altre piccole cose. Circa 50 in tutto». La seconda il suo amico Ricky Tognazzi a La Zanzara. Ma i soldi per il calcio Ferrero li ha o no?: «Io non lo so, chiedete a lui. So solo che la Samp l’ha presa gratis».

Modificato da Ghost Dog

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una squadra GRATIS?Cavolo....se l'avessi saputo.....

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Fbi, microfoni, frodi e spie

Blazer fa tremare la Fifa

di FABIO LICARI (GASPORT 03-11-2014)

Può darsi che alla Fifa in queste ore qualcuno stia tremando. Almeno dopo lo scoop del New York Daily News: il quotidiano americano ha rivelato una storia che sembra uscita da un film thriller. Tra Fbi, microspie e reati fiscali che potrebbero mettere nei guai i vertici del calcio mondiale. Protagonista l’ex vicepresidente della Concacaf (Nordamerica) Chuck Blazer: già al centro delle cronache al tempo della crisi Blatter-Bin Hammam, Blazer ha «lavorato» dal 2011 per l’Fbi registrando le sue conversazioni private per incastrare sospetti di frodi fiscali e riciclaggio.

Ostaggio Fbi Tutto comincia quando Blazer, avvocato, un omone di circa centocinquanta chili, ricco e brillante, viene inchiodato nel 2011 dal fisco statunitense (Irs): non ha pagato tasse per quasi dieci anni, cosa che negli Usa è reato ben più grave che in Italia. Ma cosa fanno i «federali»? Invece di incriminarlo pensano che possa essere molto utile, visti i rapporti ad altissimo livello che possiede, e gli propongono di lavorare per loro. Di diventare informatore dell’Fbi. Anzi lo obbligano: quando Blazer obietta che sarebbe un «traditore», gli rispondono che «ora sono affari tuoi».

Registrazioni segrete Blazer viene fornito di microfoni e altri strumenti per registrare le conversazioni dei dirigenti Fifa, in totale 44, compreso Blatter. Secondo il NY Daily News ci sarebbero prove sufficienti per incriminare alcuni dirigenti. Magari in relazione alla controversa assegnazione del Mondiale 2022 in Qatar. Proprio pochi giorni fa il comitato etico Fifa ha negato, per motivi legali, la pubblicazione del rapporto Garcia che però evidenzierebbe numerose responsabilità interne: adesso chissà.

Registrazioni segrete Blazer viene fornito di microfoni e altri strumenti per registrare le conversazioni dei dirigenti Fifa, in totale 44, compreso Blatter. Secondo il NY Daily News ci sarebbero prove sufficienti per incriminare alcuni dirigenti. Magari in relazione alla controversa assegnazione del Mondiale 2022 in Qatar. Proprio pochi giorni fa il comitato etico Fifa ha negato, per motivi legali, la pubblicazione del rapporto Garcia che però evidenzierebbe numerose responsabilità interne: adesso chissà.

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El técnico del Cagliari habla claro, como piensa. Desgraciadamente su

osadía le convierte en sospechoso, pero él vive en paz consigo mismo

“Creo que hay dopaje en el ‘calcio”

“Han muerto futbolistas importantes que han tomado cosas”

“Me gusta el fútbol que divierte a la gente, nunca me adapto al rival”

“Recibí ofertas de España, hablé con el Barça, pero no se pudo cerrar”

por JULIO OCAMPO (MARCA 04-11-2014)

Cagliari es una isla que, por su posición estratégica en el Mediterráneo, estuvo mucho tiempo ocupada. Eso obligó a su población a refugiarse en el interior. El sardo es tímido, pero bondadoso. Hay algo de eso en Zdenek Zeman, un tipo singular, simpático y sarcástico.

¿Le gusta el fútbol?

Claro que me gusta, porque es algo que hago desde hace muchos años.

Usted, que es un romántico, ¿cómo sobrevive en un ‘calcio’ enfermo?

Creo que las enfermedades están fuera de este deporte, porque muchos jugadores y entrenadores lo hacen por pasión. No me siento único.

Erick Thohir (presidente del Inter) dice que otro ‘Calciopoli’ mataría a la Serie A. ¿Está de acuerdo?

Sí, pero yo creo que gran parte de la culpa la tienen los dirigentes y presidentes. Así sucedió con esta historia en 2006.

De Sanctis, portero de la Roma, sostiene que “el hincha violento es un problema institucional, pero he visto sociedades conniventes”. ¿No cree que hay más culpables?

Muchas sociedades son rehenes de sus tifosi, que amenazan y les hacen ceder. El problema es que si lo denuncian, ellos se rebelan y provocan el cierre de los estadios.

Según la Agencia Mundial Antidopaje (AMA), 31 millones de deportistas recurren a productos ilegales para incrementar su rendimiento. ¿Qué le parece?

Siempre he estado en contra. El deporte debe ser una cuestión de méritos. Hay que eliminar a todos aquellos que, no siendo tan buenos, se quieren ayudar así para mejorar sus prestaciones.

En 1998 reventó el ‘stablishment’ italiano al decir que la Juve abusaba de fármacos. ¿Cómo estaba tan seguro?

Todo comenzó en el Tour del 98, donde descalificaron a muchos ciclistas. Yo estaba convencido de que en el fútbol también sucedía esto. Muchos médicos de clubes provenían del ciclismo. Algunos jugadores cambiaban musculatura: en tres meses necesitaban tres tallas más. Además, se podía leer en los periódicos que un portero de 28 años tenía que cambiar de guantes porque le crecían las manos.

Tras un proceso largo, el juez dijo que había dopaje, pero el asunto prescribió. ¿Mereció la pena todo?

Me quedé mal porque no se hicieron las cosas bien. Pero yo duermo tranquilo, solo me preocupo por la salud de los jugadores. Creo que actualmente sigue habiendo dopaje. Han muerto jugadores importantes que han tomado cosas… Me sabe mal que se muera en el deporte solo por ganar un partido más. Evidentemente, los responsables no han ayudado a que el fútbol crezca.

¿Cree que hay un sistema de ayudas hacia la Juventus?

Los grandes siempre reciben más ayudas. Es normal, y sucede en todos sitios, también en otros deportes. No es justo, y no debería ser así. Hay gente condicionada por esto.

¿Por qué eligió el Cagliari?

Es un club que lleva muchos años en Serie A. Está en una isla, por lo que toda la región arropa. También influyó el cambio de presidente (Giulini sustituyó al díscolo Cellino).

Afirmó que su Cagliari movía el balón como el Barça, pero que no sabía muy bien qué hacer con él. ¿Ha encontrado ya el sentido?

Jugamos como equipo, nos movemos todos juntos. Es algo a los que nos tenemos que habituar poco a poco.

¿Ve una utopía emular el ‘Scudetto’ que lograron con Gigi Riva en el 70?

Es difícil, porque hoy hay mucha más diferencia económica. Antes cualquier club podía competir.

¿Puede repetir aquí los milagros realizados en el Foggia o Pescara?

¿Qué milagro? Este equipo juega en Serie A desde hace años. En Europa hay siempre espacio para entidades más pequeñas, como este año sucede con el Torino. Espero que el Cagliari en poco tiempo consiga meterse en Europa.

Usted no tiene títulos, pero ha sido clave en la carrera de jóvenes que luego triunfaron. ¿Es su gran éxito?

Es fácil ganar con Madrid, Barça, Milan o Juve. Yo, por ejemplo, creo no haber dirigido plantillas para ganar un título importante. Eso sí, todas ellas tenían siete u ocho internacionales por Italia.

¿Le sentó mal cuando Mou recordó su curríċulo?

Ganar no es importante. Un técnico debe mejorar los jugadores que tiene a su disposición. En esta faceta estoy feliz.

Dos de sus tres últimos pupilos [Verrati e Immobile] están fuera del país. ¿Cree que en Italia, más allá de la crisis, no se valoran los talentos?

Son decisiones de los equipos, y no sé si lo hacen por temas de merchandising. Immobile fue el pichichi de la Serie A, pero se tuvo que marchar. Ahora llegan extranjeros peores que él. No hay lógica en estas decisiones.

Dice que con las comisiones de los agentes se podrían construir los equipos B.

Los representantes nacieron para gestionar las ganancias del jugador, que en su día se gastaban todo el dinero con 30 años y no tenían para comer con 40. Hoy su trabajo es moverlos de un lado a otro… Su figura no tiene sentido. Si uno es bueno no necesita a nadie para cambiar de camiseta.

¿Es que usted no tiene representante?

No. Quien me quiera me llama, negocia y basta.

Sacchi dice que se necesitan 100 Zeman en Italia porque su equipo juega un fútbol ofensivo y divertido. ¿Qué fútbol tiene en su cabeza?

El que quiere hacer divertir a la gente, pero para eso hay que hacer sacrificios físicos, técnicos y tácticos. Cada día hay que aprender algo nuevo. Yo no quiero nunca adaptarme al adversario. Me gustaba la Holanda de Rinus Michels, porque tenía movimiento y participación de todos sus jugadores. No dependía solo de Cruyff. Para mí no es algo relacionado con el coraje. Construir es más difícil que destruir.

Violencia, apuestas ilegales, política… ¿Seguro que le gusta el ‘calcio’?

Solo me gusta el interno, el fútbol. Lo demás no lo puedo cambiar. Hay un gran problema de educación.

¿Existe el fútbol de verdad?

Si yo lo hago quiere decir que existe. Espero que dure todavía algún año más conmigo.

¿Ha tenido alguna oferta de España?

Muchas, pero no nos pusimos de acuerdo. Con el Barça hablé, pero no se pudo cerrar.

¿Qué entrenador estima?

Los que intentan construir. Admiro al técnico que hace el jugador, y no al revés. Hiddink siempre me ha gustado.

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La Procura di Cremona in pressing su Di Vaio

di ANDREA ARZILLI (CORSERA 05-11-2014)

Scrive Wikipedia sul 2010-11 del Bologna: «Nell’ultima parte una lunga serie di risultati fa chiudere la stagione al 16º posto». Una raffica di sconfitte crea danni alla classifica e, chissà, profitti per gli indagati dalla Procura di Cremona che entro l’anno chiuderà l’inchiesta sul calcioscommesse. Dall’analisi dell’ultima tranche di pc, tablet e smartphone, emerge l’attenzione particolare sul Bologna dell’ex capitano Marco Di Vaio, transitato dall’indagine per Bologna-Bari (0-4) ultima di quella stagione e che ora ha smesso con il calcio giocato. Ma allora, maggio 2011, il capitano giocava, segnava ed era uno dei temi caldi nelle chat di Manlio Bruni, commercialista di Beppe Signori legato al clan dei bolognesi.

Scrive Bruni il 6 maggio 2011: «Ho mandato sms a beppe. lui 10 giorni fa era col capitano e lui gli aveva detto...a 41 ci siamo già», dove 41 è la quota salvezza. La partita da sistemare è il derby col Parma dell’ 8 maggio, ma «beppe» non dà certezze fino al giorno prima, finché Bruni chatta: «Dice che ha parlato col capitano che lo ha rassicurato (...). tieni conto che anno scorso parma ha mollato bologna. quindi per me viene sicuro». Pari? «Certo, quello sicuro». E la partita è finita 0-0. Con ombre pure sul 2-1 del 2010.

In ogni caso a dicembre si chiude col calcio, ma si continua sul tennis. Giovedì Daniele Bracciali è stato interrogato a Cremona e gli inquirenti gli hanno chiesto conto della chat con il solito Bruni. Soffermandosi su uno scambio: «Mi sono arrivate voci strane su contratto di oggi, vabbe speriamo non siano vere», scrive «braccio». «Ma voci di chi?...Impossibile, tranquillo», replica Bruni. «Ma e gente che nn sa che io conosco il tipo. mi hanno detto che ha venduto appartamento per 300mila. pazzesco». In Procura sono convinti che per «appartamento » si intenda il compenso per perdere la finale del torneo di Casablanca, il soggetto in questione sarebbe Potito Starace.

«Bologna-Parma? Sì, si fa»

Spuntano nuovi nomi, “Toto” chiese del derby: «L’anno scorso il Parma ha mollato»

Sms fra tale Antonio e Bruni: «Il Chievo perde». «Signori? Il capitano (Di Vaio?) lo ha rassicurato»

di ANDREA RAMAZZOTTI (CORSPORT 05-11-2014)

La storia ormai è nota, ma ogni nuovo verbale delinea ancora di più i contorni dello scandalo e getta ombre su partite più o meno note. I riscontri dell’incidente probatorio depositati la scorsa settimana, dopo la seconda udienza a Cremona, hanno portato alla luce nei telefonini degli indagati un traffico di sms che gli inquirenti giudicano interessante e soprattutto evidenziano un paio di (nuove?) figure che meritano attenzione. Una di queste è “Toto” che di nome fa Antonio e ha grande dimestichezza con Bruni, uno dei punti di riferimento del clan dei bolognesi. Nell’aprile-maggio del 2011 lo scambio di messaggio tra i due è frequente e si evince chiaramente che, attraverso un paio di incontri tra Signori (negli atti ci sono sms che dimostrano la sua propensione alle scommesse, anche pesanti) e l’allora capitano del Bologna, Marco Di Vaio (già transitato nell’inchiesta cremonese e prosciolto alla Figc), hanno la certezza del pareggio tra i rossoblù e il Parma alla terzultima giornata del campionato 2010-11. Ma c’è di più: nei dialoghi è evidente che anche l’anno prima il Parma aveva «mollato» al Bologna la vittoria.

IL CHIEVO PERDE. Agli atti le conversazioni tra “Toto” e Bruni iniziano l’1 aprile del 2011. Il primo parla di un paio di combine che evidentemente non si sono realizzate («Vedendo partita Cagliari vuole vincere. Brescia aspettava segnali da Cagliari che non sono arrivati quindi Over non era possibile» scrive a proposito di Cagliari-Brescia finita 1-1 il 10 aprile, mentre su Lecce-Cagliari 3-3 del 17 aprile argomenta: «Alla fine è uscito Over cinque a Lecce»), ma i dialoghi più succosi sono relativi a Roma-Chievo 1-0 del 23 aprile e soprattutto a Bologna-Parma 0-0 dell’8 maggio. Per la prima gara il Civ, alias Francesco Bazzani, “pronostica” la sconfitta dei gialloblù all’Olimpico già il martedì, ovvero 5 giorni prima del match. «Il Civ dice che il Chievo perde» scrive Bruni a “Toto”. Il match sul quale però si concentrano le attenzione dei due è il derby emiliano.

BEPPE, IL CAPITANO E MORAS. “Toto” e Bruni lavorano per sapere se davvero tra le squadre esiste un accordo o se gli zingari stanno lavorando per pilotare il match. «Bologna sicura?» chiede il commercialista e l’amico gli spiega: «Domani mattina ti dico. Massimo (Erodiani, ndr) dice Lecce sicura (si tratta dell’Over su Genoa-Lecce che poi finirà 2-4, ndr). Per te?». «Per me vince Lecce ma non so se è sicura e a lui chi lo ha detto ancora non si sa» risponde Bruni. «Credo, ma non glielo dire, glielo ha detto Grosso. Che tu sappia lo conosce davvero?» si chiede “Toto”. «Anche a me ha detto che conosce Grosso ma non mi fido». Il Grosso in questione potrebbe essere Fabio, ex campione del mondo e attuale tecnico della Primavera della Juventus, ma è tutto da dimostrare sia che Erodiani lo conosca sia un eventuale coinvolgimento dell’ex terzino visto che non sarebbe il primo nome eccellente finito nell’inchiesta come una millanteria. Ma torniamo a Bologna-Parma: siamo al 6 maggio, a meno di 48 ore dal fischio d’inizio, e Bruni confida: «Ho mandato sms a Beppe. Lui 10 giorni fa era col capitano (la fascia a Bologna la portava Marco Di Vaio, ndr) e lui gli aveva detto... a 41 (punti, ndr) ci siamo già...». «Ok quindi è X, ma Beppe l'hai sentito?» ribatte l’amico. «Domani torna dal capitano in ritiro e ci dà l’ufficialità» sentenzia il commercialista che all’indomani toglie gli ultimi dubbi: «Dice che ha parlato col capitano che lo ha rassicurato. Con gli altri non si parlano da mercoledì quando si sono incontrati. Tieni conto che anno scorso Parma ha mollato al Bologna. Quindi per me viene (il pareggio, ndr) sicuro. Al Bologna va bene». Nel 2009-10 alla quart’ultima giornata i gialloblù avevano perso al Dall’Ara (2-1) e quei punti avevano messo al sicuro la salvezza del Bologna. A due ore dal fischio d’inizio l’ultima conferma. «Che faccio posso andare (intende scommettere, ndr)?» chiede “Toto”. «Sì. Non l’ho più sentito (Signori, ndr), ma ieri Moras ha confermato a un mio amico».

ALTRE PARTITE. I due parlano anche di un’altra partita di quel week end. «Il Siena? Penso proprio che facciamo pari domani mattina sappiamo» afferma “Toto”. La gara in questione è Siena-Torino 2-2, quella che vale la matematica promozione in A della formazione di Conte. E poi ci sono altri Over di fine campionato che saltano all’ultimo perché «il Civ chiede 300 (mila euro, ndr) e gli zingari non superano i 150». Il 23 aprile Bruni scrive amareggiato: «Dicono che è saltata. Era Palermo-Napoli over 3,5», mentre per il turno successivo la trattativa è su Catania-Cagliari, ma l’1 maggio arriva la fumata nera: «Era Over Cagliari 3,5 ma non si sono accordati giocatori» confida Bruni che ragguaglia anche Signori sulle trattative tra il Civ e gli zingari.

L’inchiesta a Cremona

Scommesse, le vecchie ombre che inseguono Di Vaio

di FERNANDO PELLERANO (CORRIERE DI BOLOGNA 06-11-2014)

Rientrato da poche ore dal Canada per affrontare la sua nuova avventura come dirigente rossoblù, Marco Di Vaio si ritrova improvvisamente nella cronaca sportivo-giudiziaria relativa nientemeno che al filone sul calcio scommesse portato avanti negli ultimi anni dalla Procura di Cremona. In realtà non ci sono novità preoccupanti per l’ex capitano, ma solo una serie di «citazioni» e «menzioni» che gli inquirenti informatici hanno trovato negli scritti (mail anche chat) dei vari device (smartphone, tablet, computer) sequestrati agli indagati dell’inchiesta partita alcuni anni fa e in particolare in quelli di Manlio Bruni, commercialista di Beppe Signori che risultò fra i protagonisti, negativi, della vicenda. Anche il Bologna entrò nell’inchiesta soprattutto per l’ultima gara del campionato 2010-2011, quel famoso Bologna-Bari 0-4. Partita sospetta secondo gli inquirenti che, quando partì l’indagine, sentirono sia Di Vaio sia l’ex centrale Portanova, in merito ad alcune telefonate intercorse fra loro qualche giorno prima di quel penoso ultimo match, ma che invece risultarono essere state effettuate per parlare della grigliata di fine campionato che si era appena svolta a Casteldebole e non della presunta combine sostenuta dalla Procura. Tant’è che in seguito entrambi vennero prosciolti. Adesso, ecco un piccolo «rigurgito» su cose scritte e riportate da terzi e con frasi abbastanza normali quando si parla di calcio. L’aspetto particolare, noto a tutti, che in un certo modo grava su Di Vaio è che in quegli anni ha abitato come locatario nell’abitazione di via Barberia di proprietà di Beppe Signori, per cui i due ex giocatori si sentivano abbastanza regolarmente, ma per la casa. Di Vaio non ha ricevuto alcuna comunicazione ufficiale da Cremona.

INDAGINE SCOMMESSE

Bruni collabora con il pm

Interrogato 6 ore, ha parlato anche di Bologna-Parma

di ANDREA RAMAZZOTTI (CORSPORT 06-11-2014)

Ormai si va avanti su binari paralleli. La Procura di Cremona in questi giorni si sta sdoppiando e, pur continuando a lavorare sui nuovi riscontri arrivati dalle chat e dagli sms sul calcio venuti a galla grazie all’incidente probatorio su pc, smartphone e cellulari degli indagati, la lente d’ingrandimento è puntata soprattutto sul tennis e sulla recente inchiesta aperta dal pubblico ministero Roberto Di Martino.

Il Coni ha chiesto gli atti al magistrato, che ieri intanto ha nuovamente sentito il commercialista bolognese Manlio Bruni, ascoltato anche la scorsa settimana (verbale secretato come quello di Bracciali).

Il professionista, uno degli esponenti di spicco del clan dei bolognesi, è stato tenuto sotto torchio dal pubblico ministero per altre 6 ore e quello di ieri non sarà il suo ultimo appuntamento a Cremona visto che nei prossimi giorni è nuovamente atteso per completare il racconto.

Indiscrezioni? Anche il verbale di ieri è stato secretato, ma Bruni è stato sicuramente più collaborativo rispetto al primo faccia a faccia quando, nonostante le chat abbastanza inequivocabili, aveva (al pari di Bracciali) provato a respingere quasi tutti gli addebiti.

Stavolta invece, filtra, è entrato nei dettagli di quelle conversazioni spiegando molte cose. Ha illustrato anche dello scambio di sms con “Toto” nel quale si parla dell’accordo tra Bologna e Parma per il pari nel match di ritorno del 2010-11 (finito 0-0) e dei gialloblù «che avevano mollato al Bologna» la stagione precedente.

Chiamato in causa in quegli sms anche Signori che aveva incontrato nei giorni precedenti al derby dell’8 maggio 2011 il capitano dei rossoblù, quel Marco Di Vaio non citato espressamente negli sms ma titolare della fascia.

Dopo l’interrogatorio di ieri gli investigatori hanno visto rafforzata la loro convizione che il problema delle scommesse nel tennis abbia un carattere non solo italiano, ma decisamente internazionale e che ci sia stato un ampio ricorso a comportamenti illeciti da parte di personaggi che si dividevano i proventi. Uno di questi è considerato l’ex tennista svedese Thomas Nydahl.

«E’ indagato? Su di lui non posso dire niente - ha spiegato Di Martino all’Associated Press - perché non so neppure dove sia. Bracciali? Ha ammesso alcune cose e ne ha negate altre. Nel tennis è stato raggiunto un livello analogo a quello del calcio e il fenomeno è internazionale».

L’Intervista Daniela Giuffrè manager Ufficio Integrità Sport di Interpol: «Il match-fixing è una piaga come la droga. Nel calcio italiano ne vedremo ancora delle belle»

SCOMMESSE

Una donna indaga

di IVO ROMANO (AVVENIRE 09-11-2014)

Arriva dall’Italia, è una donna. Mica quel che ti aspetteresti, considerato il ruolo che ricopre: Manager dell’Ufficio Integrità Sport di Interpol. Lavora a Lione, gira il mondo. In collaborazione con la Fifa, coinvolgendo le autorità (calcistiche e di polizia) di ogni angolo del pianeta. Un grande obiettivo: combattere la corruzione che rischia di uccidere il calcio. Prevenzione e repressione, le due fasi di una dura lotta. Perché se il germe del match-fixing sta infettando il calcio non si può perdere altro tempo nel tentativo di sconfiggerlo. Lei è Daniela Giuffrè, giovane ma esperta, che ha fatto carriera, passando da un ruolo all’altro.

È questo il suo approdo definitivo?

«No, non credo proprio. Nella mia professione, come nella vita in generale, non ci si può mai fossilizzare. Oggi faccio questo, domani farò altro: lo richiede il mio lavoro, ma pure la mia indole».

Una donna in prima fila a combattere la corruzione nel calcio: strano, in un mondo così maschilista?

«Strano, ma non troppo. Le donne hanno fatto grossi passi in avanti sotto tanti aspetti: magari a una effettiva parità tra uomo e donna non si arriverà mai, ma le cose sono cambiate».

È stato difficile essere accettata?

«No, non lo è stato. Se penso a tutto l’arco della carriera, però, mi trovo d’accordo con chi dice che una donna deve lottare più duramente per ottenere quel che merita. Poi dipende dai Paesi. Le racconto un episodio che oggi mi fa sorridere, ma allora mi fece arrabbiare molto. Ero per un workshop in un Paese del Nord Africa. Più di cento partecipanti Solo cinque donne all’evento, me compresa. Dall’Interpol avevo ricevuto io l’incarico a partecipare alla conferenza stampa perché ero l’unica della delegazione a poter rilasciare l’intervista in francese. Le autorità locali hanno fatto di tutto per impedirmi di partecipare, volevano un uomo. Non me lo dicevano ma era chiaro a tutti. Alla fine vinsi io e sedetti a quel tavolo rispondendo anche a diverse domande».

In questa battaglia, ha molte donne al suo fianco?

«Stranamente nel mio team siamo più donne che uomini. Ma è vero che nei Paesi dove andiamo a lavorare, in questo settore troviamo quasi esclusivamente uomini».

Lei guarda al problema globale, che però ha investito anche l’Italia: impressioni sulla situazione nel nostro Paese?

«Penso che ne vedremo ancora delle belle...».

Ancora guai?

«Non mi riferisco a fatti nuovi, ma ad altre rivelazioni dalle inchieste già in corso».

E la situazione attuale?

«Le cose sono migliorate, negli ultimi anni. Parlo dell’Italia, ma anche di tanti altri Paesi che avevano vissuto esperienze di corruzione a margine dello sport, soprattutto del calcio. C’è una nuova consapevolezza. E da più parti si stanno facendo sforzi enormi nel combattere questa battaglia».

In Italia si è fatto abbastanza?

«Si può sempre fare di più in qualunque campo. Ma se penso agli sforzi del Ministero dell’Interno, che ha varato Uiss e Giss, rispettivamente unità e gruppo di lavoro con componenti provenienti da tutte le forze di polizia, autorità sportive, i monopoli e altre realtà che si occupano di coordinamento, controllo e indagini, o di alcune Leghe che si stanno dando da fare con progetti interessanti, credo siano stati fatti concreti passi in avanti».

L’Uefa sta ottenendo successi importanti (arresti in Lettonia, per partite combinate nei preliminari di Europa League): collaborate anche con Platini?

«Certo. La Uefa è per noi un partner strategico. Anche se lavora di più con Europol, per motivi di competenza territoriale».

In cosa consiste il programma congiunto Fifa-Interpol?

«È un progetto che guarda soprattutto alla prevenzione, all’educazione, all’informazione. Insieme, teniamo workshop e training in ogni angolo del mondo: penso sia la strada giusta. Anche l’Italia sostiene questo progetto».

Non c’è bisogno anche di indagini e repressione?

«Non c’è dubbio: quello è il secondo passo. Ma con una buona prevenzione speriamo di diminuire le azioni repressive».

Che spetta a Interpol?

«In realtà l’Interpol ha poteri di coordinamento e sostegno delle polizie degli Stati membri, com’è accaduto mesi fa quando abbiamo coordinato sei Paesi asiatici in una serie di raid volti a smantellare una rete di bookmaker illegali. Nell’occasione sono state arrestate 1.422 persone e sequestrati più di 11 milioni di dollari. Possiamo, però, allertare le polizie dei vari Paesi, quando siamo in possesso di informazioni importanti».

E le polizie collaborano?

«Normalmente si. Comunque le indagini spettano a loro».

Capita che non ne facciano?

«Può succedere, certo. Ricordo che qualche volta non ci hanno nemmeno risposto ma si tratta di Paesi con grossi problemi interni. Anche se non lo dicono formalmente ti fanno capire che hanno ben altro a cui pensare. È così dove la corruzione è a livelli massimali e le questioni ad essa legate sono più rilevanti che non il match-fixing nello sport».

Dove?

«Un po’ in tutti i continenti. L’Asia, per esempio, è una zona difficile, ma anche alcuni zone dell’Africa e del Sud America. La Fifa sta facendo tanto ma non è facile, visto che in certe federazioni calcistiche il suo intervento non sempre è ben visto».

Ci sono di mezzo organizzazioni criminali importanti?

«Certo. La manipolazione delle partite di calcio e le scommesse si sono rivelate un nuovo business per la criminalità organizzata. Sono una nuova frontiera del crimine. Pensi a quanta importanza è stata data a Dan Tan, il cittadino di Singapore che ha operato in mezzo mondo inquinando il calcio: ma lui non è che uno dei tanti, la punta di un iceberg, alle sue spalle ci sono ricchissimi finanziatori, appartenenti alle più temibili organizzazioni criminali dell’Estremo Oriente».

Una battaglia dura, quindi: la si può vincere?

«Il match-fixing è una piaga, come lo può essere la droga o altro. Certe malattie è impossibile debellarle del tutto. Il nostro obiettivo è fare il massimo, fin dove riusciremo ad arrivare».

Modificato da Ghost Dog

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L’amichevole del 31 marzo, in una bozza la possibile sede

Dove si gioca Italia-Inghilterra?

Nello stadio del Toro. Sulla carta

Nei piani originari c’era lo Stadium, ma ora con Tavecchio... Il Comune: «Scelga la Figc»

di GUGLIELMO BUCCHERI (LA STAMPA 05-11-2014)

Il prossimo 31 marzo l’Italia di Antonio Conte giocherà contro l’Inghilterra a Torino. Un’amichevole di prestigio in un anno, il 2015, che vede la città «Capitale europea dello sport». Fino a qua, le certezze. Il resto, ovvero lo stadio dove gli azzurri incroceranno gli inglesi, è ancora avvolto dalla nebbia.

Tre sono gli attori in campo: Comune, Figc, Juve. Quest’ultima coinvolta perché proprietaria dello Juventus Stadium; un coinvolgimento però marginale in quanto la posizione del club è nota: se la sfida si dovesse giocare fra le sue mura ok, in caso contrario ok lo stesso. E allora dove nascono i dubbi? Il Comune, fra tre settimane in un gran galà per l’occorrenza, svelerà il programma per l’anno di festa in ogni suo dettaglio, compreso il luogo della sfida fra Italia e Inghilterra. Ad oggi, lo stadio indicato in una bozza è l’Olimpico, anche se la prossima settimana nel faccia a faccia con la federazione in visita in Piemonte agli uomini del presidente Carlo Tavecchio verranno offerti entrambi gli stadi cittadini. A chi la scelta, dunque? Il cerino dovrebbe così restare fra le mani di una Figc che allo Juventus Stadium c’è già stata, ma sotto la gestione Abete (10 settembre 2013, Italia-Repubblica Ceca 2-1). Oggi c’è Tavecchio, una nuova politica federale, una nuova governance dall’agosto scorso.

Legare il sì azzurro allo Juventus Stadium a un dietrofront bianconero nella causa pendente al Tar contro la Federcalcio appare illogico e infondato: si tratta di piani inconciliabili tra loro. Se la Figc sceglierà lo stadio della Juve, lo farà sapendo di giocare su un campo proprietà di un club che non condivide una virgola della svolta al vertice del palazzo del calcio italiano e senza ottenere in cambio niente. Abete, prima di uscire di scena, non ha avuto dubbi nell’indicare Torino come sede della gara degli azzurri di Conte contro l’Inghilterra e, all’epoca, lo Juventus Stadium era la sede ideale per il duello. La bozza degli appuntamenti per il 2015 della città racconta di una diversa soluzione: la prossima settimana la verità.

Nel Salone d’Onore del Coni, ieri, il sindaco Piero Fassino ha indicato le future tappe che porteranno all’inaugurazione di Torino punto di riferimento per lo sport europeo del 2015, a cominciare dal passaggio di consegne con Cardiff il 19 novembre a Bruxelles. Poi, l’incontro del 27 per svelare la lunghissima lista di eventi: prima di allora ogni imbarazzo sulla scelta dello stadio per l’Italia dovrà essere superato.

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È L’INVESTIMENTO COMPLESSIVO STIMATO SU BASE QUINQUENNALE PER IL NUOVO CANALE

Rcs: 60 milioni per Ġazzetta Tv

Target d’ascolto iniziale allo 0,7% ma l’obiettivo è l’1,5%

Se dopo un anno non saranno centrati gli obiettivi l’azienda

spegnerà il segnale. Anche De Agostini coinvolta nel progetto

di ANDREA MONTANARI (MF MILANO FINANZA 05-11-2014)

L’obiettivo dichiarato è sfidare la consolidata presenza sull’etere della Rai, di Mediaset sul digitale a pagamento, di Sky sul satellite e anche della rinata Sportitalia. Per questo il gruppo Rcs Mediagroup, secondo quanto appreso da MF-Milano Finanza da fonti del settore, è pronta a mettere sul piatto la cifra complessiva di 60 milioni su base quinquennale: 8-9 milioni per i primi due anni di lancio del progetto Ġazzetta Tv e 15 milioni annui per il triennio successivo. Sempre che le cose vadano come previsto. Altrimenti, dopo un anno di lancio, il canale digitale gratuito verrà spento.

In Via Rizzoli, quindi, tutto è pronto per il debutto, sul canale 59, del progetto al quale lavorano da mesi il manager Francesco Carione (direttore della business unit della giornalaccio rosa dello Sport), il direttore del quotidiano sportivo Andrea Monti e il responsabile editoriale del canale, Claudio Arrigoni. La redazione di giornalaccio rosa Tv sarà composta da 12 giornalisti, assunti con contratti a tempo determinato. La nuova emittente sarà gestita dalla Digital Factory, controllata di Digicast, nella quale dovrebbero entrare alcuni partner commerciali e industriali come il gruppo De Agostini che al momento gestisce il canale di poker proprio sul tasto 59 e sul multiplex gestito da Persidera, la joint venture tra TiMedia il Gruppo L’Espresso. Non avendo acquisito diritti tv esclusivi – tra l’altro Rcs di recente ha perso il ruolo di advisor commerciale della Figc che aveva da otto anni a favore di Infront – il progetto non farà leva sugli eventi live ma sulle news, gli approfondimenti e sull’intrattenimento (dai documenti ai docu-reality), facendo affidamento anche sull’apporto della redazione del primo quotidiano sportivo italiano.

E senza immagini in diretta non sarà facilissimo centrare il target d’ascolti stimato dal gruppo e dalla concessionaria di pubblicità, la Prs di Alfredo Bernardini de Pace (tra i tanti clienti gestisce 14 tv digitali e satellitari e altre emittenti areali e locali). I vertici di Rcs, a partire dall’ad Pietro Scott Jovane, hanno stimato uno share giornaliero medio per il primo anno di vita di Ġazzetta Tv dello 0,7%. Mentre il target a regime è assai più ambizioso: 1,5%. Un obiettivo non certo facile con l’enorme offerta televisiva se si pensa poi che Rai Sport1 viaggia allo 0,59% e Rai Sport 2 allo 0,37%, mentre il canale principale dell’offerta pay Mediaset Premium, il 370, arriva allo 0,47% mentre, sul satellite, Sky Sport24 fa lo 0,37% e i tre canali sport del bouquet della tv di Rupert Murdoch sommano lo 0,47%. Ascolti ai quali vanno aggiunti quelli assai più bassi di tutti i canali dell’offerta Calcio.

Insomma, per Rcs e il sistema-Ġazzetta non sarà facile battere le concorrenza, Sportitalia di Tarak Ben Ammar e Naguib Sawiris compresa.

Tanta fortuna!

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SOS ARBITRI

Aggressioni senza fine

Ottobre rosso: 30 casi

L’Aia ha dovuto creare un Osservatorio per monitorare il fenomeno

In 5 anni 2.323 episodi di violenza, ora spunta l’ipotesi di scioperare

di FRANCESCO CENITI (GASPORT 04-11-2014)

Il paradosso è questo: gli arbitri non sono arbitri del loro destino. Chissà se ci pensano mentre preparano la borsa prima di dirigere una partita qualunque su un qualunque campo italiano. Accadeva e continua ad accadere: ragazzi insultati, aggrediti e picchiati per non aver concesso un rigore, ammesso che il rigore ci fosse. Dovrebbe essere sport, ma diventa cronaca. E l’Aia è corsa ai ripari, dotandosi di un Osservatorio per monitorare il fenomeno. Non esiste un organismo simile negli altri Paesi, già questo fa capire quanto sia malato il nostro calcio. Questione di mentalità: l’arbitro diventa il nemico sul quale sfogare frustrazioni e istinti animaleschi. I numeri sono impietosi: dalla stagione 2009-2010 a quella conclusa lo scorso giugno ci sono stati 2323 episodi di violenza (fisica o morale) subita dai direttori di gara. Duemilatrecentoventitre: forse scritto così fa ancora più effetto.

In ospedale Un numero impressionante, come quello riferito alla sola stagione 2013-2014: 109 arbitri finiti in ospedale. Un allarme rosso reso più drammatico dalla tendenza dell’ultimo ottobre: circa una trentina i casi segnalati, compreso quello dell’arbitro «che avrei ucciso» per usare le parole del presidente (richiesto il daspo) dell’Atletico Cavallino, squadra pugliese di Seconda categoria diventata «famosa» dopo l’aggressione a un ragazzo con fischietto di 17 anni a opera di alcuni pseudo tifosi (e pure un calciatore) e soprattutto per le successive dichiarazioni di Rosario Fina (il numero uno del club) postate su Facebook. Il problema è proprio questo: si parla di questi fatti solo per alcuni episodi eclatanti, ma il fenomeno vergognoso continua la sua marcia e non trova ostacoli.

Sciopero promesso Anche per questa ragione Marcello Nicchi, presidente dell’Aia, sembra aver perso la pazienza: «Adesso basta. La Federcalcio deve fare qualcosa e dare risposte concrete. Siamo di fronte a una vergogna nazionale. Non siamo disposti a subire nuove violenza, possiamo anche arrivare a gesti concreti. Quali? Semplice, ci fermiamo a partire dalla Serie A...». Più che una minaccia, sembra una promessa. Questa dichiarazione è «vecchia» di una settimana. Nel frattempo le cose sono rimaste ferme ai blocchi di partenza e dalla Figc non è arrivato nessun segnale. Le aggressioni, invece, continuano: dalla Puglia alla Lombardia. E i dati dell’Osservatorio sono una ferita aperta per chi pensa al calcio come divertimento e svago. Si scopre, ad esempio, che nel 2013-2014 le partite più a rischio sono in Seconda e Terza (qui non ci sono retrocessioni...) categoria dove chi gioca è spesso over 30 e chi arbitra under 20. E il podio nero è completato dalle sfide nel settore giovanile, mentre non mancano incidenti anche in tornei e amichevoli. Insomma, più che un campo di calcio, quello dell’arbitro è un campo minato. Ci sono anche le regioni più a rischio: Sicilia (ben 98), Calabria, Campania, Veneto e Lombardia sono in testa alla classifica. E a picchiare gli arbitri ci pensano i calciatori nel 64% dei casi. Così non si va lontano: serve una nuova cultura sportiva, partendo dall’alto (basta risentire certi frasi sprezzanti di alcuni presidenti di A verso la categoria arbitrale oppure il putiferio scatenato per la direzione di Rocchi in Juve-Roma...) fino ad arrivare nelle scuole. Pierluigi Collina scrive: «Nessuno mi ha mai aggredito: sono stato fortunato». Ecco, facciamo in modo che non sia più una questione di fortuna.

«Sos arbitri? La Federcalcio interverrà presto»

Tavecchio dopo il grido di allarme lanciato da Nicchi: «Decisioni nel consiglio del 14»

di VALERIO PICCIONI (GASPORT 05-11-2014)

Sono numeri che fanno paura. L’ottobre rosso con i 30 casi di violenza, i 2.323 episodi in cinque anni, i 109 arbitri finiti in ospedale nella sola annata 2013-2014, con il grido di allarme del presidente dell’Aia, Marcello Nicchi, e l’appello di Pierluigi Collina, preoccupano pure il vertice della Federazione. Ma Carlo Tavecchio respinge le accuse di immobilismo. «É una situazione a cui guardare con estrema attenzione e da affrontare con grande determinazione», dice il presidente federale eletto lo scorso 11 agosto a Roma. «Tant’è che al grido di dolore di Nicchi nell’ultimo consiglio federale - spiega Tavecchio - da parte di tutti c’è stata una dichiarazione di volontà di prendere provvedimenti e di studiare nuove soluzioni, anche rispetto all’attuale sistema di sanzioni».

Prossimo Consiglio In ogni caso, non si può continuare così, come se per andare ad arbitrare fosse ormai necessario l’elmetto. Non c’è tempo da perdere. L’appuntamento, comunque, è fissato per il prossimo consiglio federale del 14 novembre, nonostante l’ordine del giorno sia già «assediato» dal caso che riguarda la risposta ai tagli delle risorse per il calcio decisi dal Coni, e dai primi punti dell’agenda delle riforme. «É una situazione non più tollerabile, ce ne rendiamo conto, e sono allo studio varie ipotesi». A quanto sembra, non si lavorerebbe soltanto sull’inasprimento delle sanzioni per i protagonisti di violenza, ma pure su norme «parallele», afflittive (punti) ma anche onerose (soldi).

«Non siamo fermi» Tavecchio non si esprime sulla possibilità di un clamoroso sciopero che bloccherebbe l’intero calcio italiano - ieri comunque, avrebbe sentito Nicchi cercando di rassicurarlo - ma ci tiene a sottolineare che la richiesta di aiuto degli arbitri e dei suoi dirigenti non è caduta nel vuoto: «la Figc non sta ferma. Bisogna trovare un sistema per reagire. E vogliamo farlo al più presto. Tutto il Consiglio federale condivide questa preoccupazione e io non posso che farmene interprete. Con convinzione».

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The rise of the Playstation footballer is a cause for celebration

by RORY SMITH (THE TIMES 06-11-2014)

Gary Neville meant it as an insult. Arsene Wenger did not. Both of them, though, may not quite have realised the significance of what they were saying. Both of them might have been rather more perceptive than they imagined.

The phrase both the former Manchester United defender and the perennial Arsenal manager used, of course, was “Playstation footballer.” Neville deployed it, pejoratively, of David Luiz, then still at Chelsea. He suggested the Brazilian’s defensive stylings had all of the control of a ten-year-old, his thumb pressed hard on the sprint button of his joypad, instructing his centre back to hare brainlessly around the pitch. The tag stuck. It haunted Luiz until he left England.

If that was the moment that made Neville’s punditry career – identifying him as hard-hitting, original, evocative, unafraid to speak his mind – then he owes a debt of gratitude to Wenger, who used the term first. The difference, of course, is that to Wenger, it was very much a positive.

The Frenchman, a couple of years previously, had called Lionel Messi a “Playstation footballer,” not because of his lack of control but because of his absolute abundance of it. Wenger saw it as a description of the Argentine’s balletic balance, his flawless technique, his ability to weave past players as though he was being guided by an external force.

In both instances, it sort of fitted.

Messi – that Messi, not the Messi of the present day, who seems somehow burned out at all times – did things so close to being impossible that there was a sense that, yes, he was almost unrealistic, an enhanced digital version, no more a depiction of a footballer than Sonic was an accurate rendition of a hedgehog.

Luiz, too, gave the impression – at times – that he was not really master of his own destiny, but where Messi was being directed by some beneficent deity, the Brazilian was under the spell of someone who did not really understand things like tactics, or positioning, or his role in the team, someone like a ten-year-old, or an idiot.

What both Neville and Wenger missed, though, is that both are Playstation footballers in a very real sense. Both will have grown up playing computer games; Messi, certainly, is so famous for his devotion to his consoles that he has probably spent as much time in front of a screen as he has on the training ground. There comes a point where, uncomfortable as many in football would be with it, those two worlds may collide, where one may inform the other.

It has been noted before that football and those video games which aim to depict it share not just a closer relationship now than at any point in the past, but a more reciprocal one, too. It is no longer the case that the games do their best to ape the sport; to some extent, the sport is starting to try and ape the games, too.

Times Sport revealed earlier this season that ProZone, the analysts, and the creators of Football Manager, the management simulation and powerful opiate, had struck up a deal which would give clubs access to the mountain of information upon which the game is based. It is, by pretty much any estimate, the most comprehensive scouting database in existence, containing the details of a quarter of a million players. Most clubs would struggle to monitor a few hundred.

That, though, was just the formal recognition of an informal reality that was already in place. Countless managers were already using Football Manager to aid and abet their scouting, including David Moyes, when that was a recommendation, rather than a warning.Sports Interactive, the company that makes the game, had long fielded calls from coaches wanting to see what they thought of one player or another; several people who started out scouting for the game ended up working for real-life clubs.

Off the pitch, clubs had realised the power contained within their digital depictions. There is no reason to assume that the same process had not started on the pitch, too.

In his excellent interview with Neymar in these pages last weekend, Andrew Anthony noted that the Brazilian, the most marketable footballer in the world, is the scorer not just of great goals, but of goals that seem familiar because we have all seen them in pixelated form. It is an insightful observation.

Andrea Pirlo, in his excellent book I Think Therefore I Play, revealed that he and Alessandro Nesta used to while away the hours at AC Milan locked in mortal combat on Pro Evolution Soccer. That is not unusual, even among the game’s elder statesmen: players described as veterans are only in their mid-30s; we think of them as old men, but in a non-sporting context they are young, children of the 1980s. Like most of their peers, they will remember Mario Kart and Tekken and Actua Soccer, with its glass goals.

But Neymar, like Messi, is of a subsequent generation, who grew up with computer games that were not just ubiquitous, part of the furniture of life, but, in the case of sports games, a half-decent simulation of real life. The same could not be said of Sensible Soccer and Striker!, for all their retro charms. Neymar, most likely, consumed virtual football as much – if not more than – he consumed the real stuff.

It is not beyond the bounds of comprehension, then, that when he went to training with Santos, he was not simply trying to act out the moves and magic of the stars he saw playing for the team’s senior side, but those he had seen, those he had made himself, on screen, too. The one informs the other.

Neymar does score goals from a computer game: all impossible angles and last-minute tricks and rapid-fire exchanges of passing. Messi does control the ball like a character in a simulation. David Luiz does roam about the pitch, trying, and sometimes succeeding, to barnstorm up the field from his position in the back four. They do all look like Playstation footballers.

But that is only natural, because that was such an intrinsic part of their education. The spread of satellite television, the globalisation of football, means that young players now can watch Messi every week. The course of football’s history tells us that progress means that, one day, what Messi does now will not seem so exceptional; those who follow us will engage in debates about whether he could have played the game in 2050, whether he would have stood out among players who make what he did look somehow ordinary, just as even the biggest cart-horse of a defender can now perform a Cruyff turn.

That is because of football is part of a macro-structure that allows the spread of best practice. But it would be an oversight to ignore the same process taking place in a microcosm, too. Young players taking charge of sides on Fifa and Pro Evolution Soccer will be influenced by what they see there, too. That will inform what they assume football to be, where they see the bounds of possibility.

Neville and Wenger were right. Messi and Luiz, like Neymar, are Playstation footballers. It is a source of constant angst in Europe that we are witnessing the slow death of the street footballer. That is a cause for sadness, of course. But we are seeing in their place something different arise: the screen footballer, one whose ideas come from the digital as much as from the real. That may yet be a cause for celebration.

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TOCCA A NARDELLA

I mille metri di Firenze e gli amici di Matteo

ZONA PERETOLA Lì si concentrano gli interessi di Carrai (aeroporto), Maestrelli (mercato) e signor Tod’s (nuovo stadio), ma qualcuno va scontentato

di DAVIDE VECCHI (IL FATTO QUOTIDIANO 06-11-2014)

A Peretola, alle porte di Firenze, c’è un pezzo di terra di appena mille metri che sta creando seri problemi a Matteo Renzi perché a contenderselo sono tre sostenitori e amici che per il premier è fondamentale tenere dalla propria parte: il fidato Marco Carrai, fundraiser delle fondazioni, poi i fratelli Della Valle, con quel Diego che a inizio ottobre apparve sugli schermi televisivi a criticare l'operato dell’ex sindaco di Firenze e dicendosi pronto a sfidarlo politicamente, infine, Egiziano Maestrelli, l’amico che lo ha ospitato nel suo albergo a Forte dei Marmi. I mille metri ora fanno parte dell’area del Mercafir, il mercato di Firenze. Il 27 ottobre Palazzo Vecchio nel corso della conferenza dei servizi ha sciolto il nodo del nuovo stadio cui tengono molto i Della Valle e ha previsto che deve sorgere proprio lì, dove c’è Mercafir. Ma l’area confina con l'aeroporto gestito dalla Adf, presieduta da Carrai, che deve costruire la seconda pista, fra l’altro già finanziata dal governo Renzi con 50 milioni di euro. L’Enac però sta valutando se approvare il tutto ma tre giorni fa ha svolto dei rilievi: pista e stadio sarebbero troppo vicini. È stato poi dato il via libera preliminare alla realizzazione di una pista lunga 2400 metri e non i duemila inizialmente previsti. Così facendo lo stadio sarebbe a 60 metri dalla pista. Il sindaco Dario Nardella non ne parla. E non risponde neanche ai comitati di quartiere sorti per protestare, come il comitato per la salute della Piana.

L’assessore alle Politiche del territorio e patrimonio Elisabetta Meucci ha così ribattuto: “Al momento della presentazione dello studio di fattibilità del nuovo stadio l’unico documento approvato era la variante al Pit della Regione, che prevede una pista di 2000 metri ma senza indicarne il posizionamento”. Ora è stato deciso: parallelo all’autostrada e al confine con quello che oggi è Mercafir. I tecnici del Comune stanno valutando, se ce ne fosse bisogno, come intervenire sull’altro versante per ridurre eventualmente l’area attorno allo stadio coinvolta dal progetto del nuovo centro sportivo: qui è infatti previsto un imponente parcheggio e la costruzione di alberghi e altre strutture, sempre targate Della Valle. Il rischio è dunque dover scontentare uno tra il presidente della Fiorentina e l'amico Carrai. E la pista dovrebbe avere la priorità, considerato anche lo stanziamento già deliberato dall’esecutivo Renzi. Ma anche il nuovo stadio è decisamente sentito. E atteso da ormai quasi dieci anni. E fu proprio l’allora sindaco a indicarne la collocazione impegnando il Comune a trasferire parte del mercato. Oltre a Carrai e Della Valle un altro problema è rappresentato da Maestrelli. Il grossista proprietario della Fruttival, infatti, nel 2007 ha ottenuto il diritto di superficie per 40 anni e ha così fatto un forte investimento costruendo in questa area capannoni e altre strutture. È disposto ad andarsene se, ovviamente, qualcuno gli risarcisce i soldi persi. Della Valle ha già fatto sapere che non è disposto a mettere un euro, quindi ora tocca al Comune valutare come intervenire. “Tenendo tutti all’oscuro di quanto sta accadendo”, denuncia il consigliere di Sel Tommaso Grassi. “Abbiamo chiesto in ogni modo di poter avere accesso ai progetti, di essere quanto meno informati: del resto noi siamo in consiglio comunale, sarebbe a dir poco scontato non dico aprire un dibattito o un confronto, per carità, ma almeno aprire due cassetti e mostrarci su quale idea stanno lavorando”. Ma la scelta è dura. Carrai e Maestrelli sono amici. Della Valle, un possibile avversario politico.

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It’s only cash that counts for Rummenigge

by MATT DICKINSON (THE TIMES 07-11-2014)

The deaths of hundreds of labourers. A voting process so rotten that the stench will linger for decades. Qatar’s connections with violent Islamist groups. Strangely enough, these topics have not featured in Karl-Heinz Rummenigge’s recent deliberations about the awarding of 2022 World Cup final to the tiny Emirate.

As the 2022 World Cup in Qatar heads inexorably towards an unprecedented winter scheduling, all that matters to the chairman of the European Club Association is whether there is any cash he can shake out of the political and logistical chaos.

The rights and wrongs of Qatar 2022 are piffling issues compared to his fight for compensation. But then this is how football always approaches the Emirate and its gargantuan sporting ambitions, wondering what petro-dollars might be handed down from Doha.

Perhaps Rummenigge is simply more blatant than most. When he talks of Fifa needing the goodwill of the European clubs if they are to make the switch to a winter tournament, he does not disguise that such goodwill is up for sale.

“We are ready to discuss changing the date under one condition — that there is no damage for club football — because if we change from summer to November or January it will affect our business,” he says.

His most recent position — an entirely impractical suggestion of an April-May 2022 World Cup — seems to have been the final negotiating stance in this fight for a financial sweetener for the clubs.

Those involved in the Fifa task force trying to make sense of a winter World Cup say that Rummenigge’s claim for money for the ECA, and its members, is almost certain to fail. Yet the point is less about the compensation than the former German international striker’s refusal to understand that Qatar is not a chance for a quick buck but a festering outrage.

Rummenigge is as depressingly silent as the rest of the game about the worst decision in the history of sport. The football family (to borrow Blatter’s nauseating phrase) is too busy with its nose in the trough.

No one wants to upset Qatar, because who knows what might be in the offing — perhaps just a junket, maybe something more substantial.

The big clubs are on board; Barcelona through sponsorship from Qatar, Paris Saint-Germain through ownership. Rummenigge’s club, Bayern Munich, take an annual sunshine break to Doha in January, playing lucrative friendlies.

Manchester United have flown out there to enjoy the winter warmth and Sir Alex Ferguson, sitting in a fivestar hotel in Doha in November 2010 enjoying the generous hospitality, enthusiastically talked up the 2022 tournament, seemingly oblivious to the mess about to unfold.

Pep Guardiola was apparently a paid ambassador during the bidding process alongside such notables as Gabriel Batistuta, the former Argentina striker, Zinedine Zidane, Ronald De Boer and Roger Milla.

All are on record as saying that Qatar is a fine place to stage a World Cup and there is no reason to doubt that these sentiments are genuinely held. But, as objections grow, it feels extraordinarily depressing that not one significant football figure has been willing to articulate the rage felt by millions of supporters who still fume at the decision, the secretive processes, the Fifa scandals that have brought us to this point.

Mark Schwarzer made headlines last month when he expressed his concerns, including the need to publish the report by Michael Garcia, the Fifa investigator, into the bidding process. Aside from Chelsea’s thirdchoice goalkeeper, the game itself has been as deliberately non-committal as Roy Hodgson, the England manager, who talked yesterday of “trusting the authorities to make the right decision”. Because trust in Fifa is, of course, not open to question at all.

Does no one in football feel the dismay, the anger? Perhaps they do but would prefer to head out to Doha, sitting in the sunshine between wellpaid stints of punditry for Al Jazeera.

It is the clubs who should be speaking out, given the upheaval that will be inflicted on them, but then many senior executives attended the ECA conference last year in Doha when their flights, luxury accommodation and three days of hosting were paid for by the 2022 organisers at a total cost of an estimated £500,000. This was the trip when Rummenigge departed with two new Rolex watches, said to be worth £84,000, and ran into trouble when he was stopped by customs officials at Munich airport as he passed through the “nothing to declare” channel.

He has declined to reveal who gave him the watches, saying only that they were a gift.

We constantly hear talk that football needs more former players in positions of power, but, of the most notable in administration, Michel Platini voted for Qatar, Franz Beckenbauer hides behind the secrecy of the ballot and Rummenigge thinks that the 2022 tournament is a negotiating opportunity.

To think that these are the “football men”, the leaders who are supposed to be in touch with supporters and the best interests of the game.

Modificato da Ghost Dog

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GASPORT 06-11-2014

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PANORAMA 12-11-2014

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Senza via d’uscita

Monza, rischio fallimento

Club messo in mora dai giocatori e clima teso: il Cda pensa ai libri in tribunale

di MATTEO DELBUE (GASPORT 06-11-2014)

I giocatori del Monza metteranno in mora la società. La decisione non è ancora stata ufficializzata, ma sarebbe già stata comunicata da una delegazione di calciatori al direttore generale, Mauro Ulizio. Nelle prossime ore Anghileri e soci parleranno con gli avvocati dell’Associazione Italiana Calciatori e poi faranno partire la raccomandata contenente la messa in mora. Una scelta che non giunge certo inaspettata. «Arrivare a Monzello per allenarsi e dover pensare a tutto fuorché al calcio è frustrante: parleremo con i nostri avvocati, ma non escludiamo la decisione della messa in mora», aveva spiegato Valerio Anastasi domenica pomeriggio, dopo aver steso il Lumezzane con una tripletta. A questo punto se la società non pagherà quanto dovuto, i calciatori potranno rivolgersi al Collegio Arbitrale e tra una quarantina di giorni potranno svincolarsi, giusto in tempo per diventare protagonisti della finestra di mercato invernale.

Caos generale «Io mi fido solo di chi suda al mio fianco: i miei compagni e lo staff tecnico». Parole del centrocampista biancorosso Marco Perini. Dopo aver rinunciato allo stipendio di agosto per evitare al Monza punti di penalizzazione, i giocatori brianzoli hanno dunque deciso di tutelarsi nel caso in cui la delicata situazione societaria non si evolva per il meglio: in questo senso le notizie provenienti dal Brasile sui problemi del presidente Anthony Emery Armstrong non fanno certo immaginare un futuro roseo. Le stesse divisioni tra la dirigenza biancorossa non aiutano a rasserenare l’ambiente: nelle stanze dei bottoni del Centro Sportivo Monzello sono all’ordine del giorno gli scontri tra chi vorrebbe portare subito i libri in tribunale e chi si oppone fermamente a questa opzione. Gli spifferi provenienti dal quartier generale biancorosso raccontano che il d.g. Ulizio stia seriamente pensando alle dimissioni.

Ipotesi fallimento La settimana prossima si terrà una riunione del Consiglio di Amministrazione per valutare il futuro del club. Non è da escludersi che venga ratificata la decisione di portare i libri al Palazzo di Giustizia e condurre così il club ad una sorta di fallimento volontario: la palla passerebbe così al tribunale che dovrebbe poi lavorare sulle strategie per permettere almeno di portare a termine la stagione. Tra il dire e il fare c’è però di mezzo il presidente Armstrong che, quale unico proprietario del Monza, avrebbe già fatto sapere di opporsi fortemente all’imbocco della via che porta al fallimento.

Domenica a Cremona In questo scenario ingarbugliato, l’unica certezza è che domenica pomeriggio il Monza scenderà in campo a Cremona. Mister Fulvio Pea, reduce da cinque risultati utili consecutivi e a tre punti da quella prima posizione che significa Serie B, ha dimostrato di saper gestire molto bene una situazione così delicata. La ricetta più volte ripetuta da Pea è molto semplice: «Dobbiamo vivere alla giornata: la squadra è unita e compatta e questa è la nostra vera forza, che ci permette sul campo di giocarcela sempre contro tutti e tutto».

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I COMPENSI ALLA SUPERPROCURA CONI

E COME «AMMORBIDIRE» TAVECCHIO

di RUGGIERO PALOMBO (GASPORT 08-11-2014)

Giancarlo Abete, con stile, aveva sollevato la questione nell’ultimo Consiglio Nazionale del Coni, quello dei parametri spazzacalcio. C’è un nuovo problema «giustizia sportiva». E nasce dalla delibera di Giunta che assegna al generale Enrico Cataldi un appannaggio annuale di 117 mila euro lordi quale capo, peraltro stimabilissimo, di quella Superprocura che Malagò ha fortemente voluto e che alcune tra le Federazioni più importanti (calcio, nuoto, in parte tennis) hanno mostrato di gradire assai poco. L’affare s’ingrossa nel momento in cui sarebbe in itinere una nuova delibera, relativa ai nove viceprocuratori del generale, ai quali verrebbero destinati 35 mila euro annui ciascuno. Non stiamo parlando di cifre trascendentali, ma giova ricordare che i membri del Collegio di Garanzia del Coni, come anticipò a suo tempo lo stesso Malagò, lavorano a titolo puramente gratuito. E che nelle Procure federali delle varie federazioni il volontariato è alla base di tutto: si va dai 90 euro gettone di presenza nel nuoto (il più alto in assoluto), ai 30 nel calcio, al semplice rimborso spese nel ciclismo. Somme che vengono riconosciute solo per i giorni in cui si agisce dentro alle rispettive Procure, e non quando ci si porta il lavoro a casa. Conseguenza perfino ovvia: i malumori si stanno diffondendo, col rischio di un effetto domino che potrebbe finire con l’avere pesanti ricadute economiche.

A parziale riprova di un clima che si va surriscaldando, la querelle in corso tra il generale Cataldi e il Procuratore federale del calcio Stefano Palazzi, oggetto del contendere gli atti provenienti da una Procura della Repubblica che sono da qualche settimana nella disponibilità di Palazzi e che Cataldi vorrebbe avere a stretto giro di posta sul proprio tavolo. Palazzi, che su quegli atti sta lavorando, si rifiuta di girarglieli e uno scambio di corrispondenze tanto per cambiare assai vivaci è ora fermo a una missiva in punta di diritto che Palazzi ha inviato a Cataldi con tanto di firme solidali di tutti i vice della Procura federale del calcio. Si attende controreplica di Cataldi, ma non osiamo pensare a cosa potrà accadere non appena Procura e Superprocura avranno visioni diverse di uno stesso procedimento.

Anche di questo, forse, finiranno col parlare Malagò, il suo capo di gabinetto Francesco Soro, Carlo Tavecchio e Michele Uva lunedì pomeriggio al Coni. L’incontro, in realtà, è per la questione contributi. Quei 22,5 milioni di euro di taglio (su 62,5) per il 2015 che il calcio non può digerire anche e soprattutto per motivi di tempistica. Sembra di capire che, senza dare troppo nell’occhio altrimenti Petrucci e peones insorgono, Malagò sia disposto a trovare qualche via per alleggerire Tavecchio di un po’ del suo fardello. Bisognerà vedere l’effetto che avranno sul tavolo del Foro Italico l’eco della (caldissima) assemblea della Lega Dilettanti, che in mattinata eleggerà Felice Belloli candidato unico alla presidenza, e i conti Figc che porterà Uva, fino all’altro ieri apprezzato direttore generale di Coni Servizi. Pronto a dimostrare che di quei 62,5 milioni (49 per gli arbitri, 5 per la giustizia sportiva, 1,5 per il settore giovanile e scolastico, 6 per tutte le nazionali, 1 per commissioni varie) non uno finisce direttamente nei bilanci delle Leghe professionistiche, al contrario di quanto ritenuto dal Coni. Staremo a vedere.

Ps. Dopo un tentativo di mediazione non andato a buon fine causa responsabilità reciproche, il nuovo capitolo della ormai stucchevole guerra Malagò- Barelli consta nella opposizione che Coni Servizi ripresenterà contro la seconda richiesta di archiviazione del pm Roberto Felici, sempre più convinto che Barelli non abbia commesso reati di sorta. L’ultima parola spetta ora al gip Gaspare Sturzo, che con Felici ha già mostrato chissà perché di non andare d’accordo. Se per Malagò son rose, fioriranno.

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PANENKA #35 | NOVIEMBRE DE 2014

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Magari la seconda maglia azul della Juventus serve per ammaliare i dirigenti della Gazprom.

(La Juventus qualche anno fa aveva lo sponsor primario diverso per prima e seconda maglia)

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