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K A L C I O M A R C I O! - Lo Schifo Continua -

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Mani avanti, mani indietro, mani in alto: tipico sport dei giornalisti assennati

*****E!

Questo è tornato nientemeno che al 1972.

Rigore al Cagliari per favorire la Juve!

Ecchecatzo!

Per quello del Tempo, credo che Pavel possa benissimo querelarlo

Modificato da totojuve

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Questo è tornato nientemeno che al 1972.

Rigore al Cagliari per favorire la Juve!

Ecchecatzo!

Magari squalficano anche Totti per qualche mese.

Ma non succede (o magna tranquillo - interessante intercalare dei tifosi laziali)

Per quello del Tempo, credo che Pavel possa benissimo querelarlo

Pavel è apparso il più risoluto finora: la speranza è quella.

Magniamo tranquilli

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IL TEMPO 09-10-2014

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Tra le altre delicatezze, identifica i tifosi juventini come "certe specie animali del sottosuolo"

(però ha azzeccato il plurale di specie, per caso).

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Se il calcio resta senza giustizia

di FERDINANDO CAMON (Ġazzetta di Mantova 09-10-2014)

Martedì al senato è scoppiato un putiferio, e i Cinque Stelle insultavano il presidente Grasso gridandogli: “Sei come Rocchi!”. Rocchi è l’arbitro che ha appena diretto Juve-Roma. Una partita che dunque vien caricata nella memoria come “truccata”, e da chi? Dall’arbitro. C’è chi la commenta così: “La trattativa Stato-Juve”. Vuol dire che lo Stato è in combutta con la Juve, come con la mafia. Ivan Zazzaroni è un mite ed elegante giornalista sportivo romano, ora lancia questo titolo (che gl’invidio assai): “Rocchi Horror Picture Show”. Luca Telese è più esplicito: “Aveva ragione Peppino Prisco: quando stringo la mano a uno juventino mi conto le dita”. Maurizio Gasparri ha un’idea: “Non disputare il ritorno Roma-Juve, si danno i 3 punti alla Juve anticipatamente”. Pierluigi Battista risponde da nordico: “I romanisti pèrdono sempre e danno sempre la colpa all'arbitro. Patetici”. Perché? Perché “Son tre pere. Stacce”. Travaglio è più nobile: “Da juventino, non mi vergognavo così tanto dai tempi di Moggi”.

Fermiamoci. Se una partita di calcio arriva al Parlamento, se continua a restare sui giornali anche stranieri, se fa crollare una società quotata in Borsa, allora non è soltanto una partita di calcio. Se l’arbitraggio non è stato giusto, deve trattarsi di una mancanza di giustizia che non riguarda soltanto il calcio. Lo scontro Juventus-Roma è lo scontro fra Nord e Capitale, due Italie, due società. E che la giustizia in Italia sia oggetto di sospetti, è un nostro problema. Anzi: “il” nostro problema. Perché giudicare bene vuol dire premiare chi merita e punire chi non merita, cioè applicare la meritocrazia. Se riuscissimo a farlo, la casta politica sarebbe meno dannosa e il lavoro crescerebbe. Ditemi voi se è poco. Domandiamoci anche noi: l’arbitro ha condizionato il risultato? Onestamente, anche chi non tifa Roma deve rispondere di sì. Perché è corrotto, perché è comprato? Questo non si può dire, non c’è nessuna prova, e dirlo significherebbe uccidere il campionato.

Purtroppo il capitano della Roma lo ha detto: “Loro vincono sempre così”, cioè in maniera ambigua. Se è “sempre” ambigua, allora è chiarissima: godono di favori arbitrali permanenti. Tanto che, conclude il capitano: “Dovrebbero giocare in un campionato a parte”. Questa frase lede una squadra di calcio? Certamente sì. Lede un campionato? Certamente sì. Lede la giustizia sportiva? Certo, come no. Va dunque Totti deferito, punito, squalificato? È un problema. Perché tutti i critici sportivi riconoscono che l’arbitro ha sbagliato. L’errore è evidenziato da strumenti obiettivi, come le riprese tv. Se le riprese tv mostrano che un fallo avviene fuori-area, non è che l’arbitro ha la facoltà soggettiva di giudicarlo dentro l’area e assegnare il rigore. Con un rigore puoi decidere una partita, cioè un campionato, cioè il bilancio di una società quotata. E le emozioni di una massa di tifosi per una settimana, un anno, una vita. Il tifo è una passione che si può apprezzare o non-apprezzare (ci sono cose più importanti nella vita), ma chi governa sbaglia se lo trascura, perché è un instrumentum regni: se lo sai manovrare, ti aiuta a governare, tifo vuol dire voti, assorbe nervi e menti di milioni di cittadini. Ci sono state gravi crisi politiche evitate per un grande evento sportivo. Quando Pallante sparò a Togliatti, chissà cosa succedeva se Bartali non avesse vinto il Tour.

Se Machiavelli rinascesse oggi, tra le altre cose insegnerebbe al Principe come “governare” il tifo. L’Italia lo governa male. Malissimo. Il tifo può essere un valium, una dose alla domenica ti tiene buono e ti fa lavorare e produrre per una settimana. Ma così, con questi arbitraggi indifendibili, due rigori inventati, due gol cervellotici, l’Italia ne fa un eccitante. E il popolo, con la crisi che non finisce mai, non ha bisogno di cocaina per infuriarsi. È già infuriato di per sé. Adesso anche l’arbitro ammette di avere sbagliato. Abbiamo i mezzi per correggere immediatamente una decisione sbagliata dell’arbitro, che perderebbe però un briciolo di autorità. Ma no, meglio che sbagli, ma con l’autorità intatta. C’è chi li ama, arbitri così. Dieci anni fa Moggi chiedeva: “Come arbitro, mandatemi Rocchi”. Moggi è caduto. Ma viene ancora obbedito. Sic est.

BISOGNA QUERELARE, p***o il mondo che c'ho sotto i piedi, QUERELARE.

Quest'articolo è passato su tutte le testate locali del Gruppo Espresso.

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Non li avevo mai sentiti nominare, ma sia il mannucci che questo camon devono essere delle *****e liquide.

Si sente il fetore.

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hanno ragione

contro qualcuno deve scaricarsi il popolo

ed in italia non esiste più nulla

capendo che in politica finanza industria (?) son tutti cialratani cialtroni

se la prende con l'ultimo baluardo vero o presunto di potere di funzionalità di qualcosa che funziona

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hanno ragione

contro qualcuno deve scaricarsi il popolo

ed in italia non esiste più nulla

capendo che in politica finanza industria (?) son tutti cialratani cialtroni

se la prende con l'ultimo baluardo vero o presunto di potere di funzionalità di qualcosa che funziona

A Roma c'è sempre il Colosseo, pure in fase di restauro: fanno sempre in tempo....

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IL TEMPO 10-10-2014

07PFuWyc.jpg

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Quindi abbiamo una data: 25 gennaio 2015!

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Oriali, quella lattina di Borussia-Inter 7-1

e la nuova sfida a Vogts: «Te la ricordi?»

Il team manager azzurro, il c.t. dell’Azerbaigian e un’epica partita di 43 anni fa

di SEBASTIANO VERNAZZA (GASPORT 10-10-2014)

Il filo rosso di una lattina di Coca Cola: tra le pieghe di Italia-Azerbaigian è nascosta una storia immortale. Lele Oriali, ora team manager dell’Italia, e il tedesco Berti Vogts, oggi c.t. dell’Azerbaigian, furono avversari in Borussia Mönchengladbach-Inter 7-1, la famosa partita della lattina sulla testa di Roberto Boninsegna, gara giocata nell’allora Germania Ovest il 20 ottobre 1971 e valevole per gli ottavi di Coppa dei Campioni. «Qualche giorno fa ho incontrato Vogts a San Siro per Inter-Qarabag di Europa League – racconta Oriali –. Era lì per vedere alcuni suoi giocatori nazionali dell’Azerbaigian. Gli ho chiesto del 7-1: “Do you remember, Berti?”. E lui: “Yes, I remember”. Sono passati quasi 43 anni, ma come si fa a dimenticare?».

Prima parte Ventinovesimo di Borussia-Inter, sul 2-1 per i tedeschi Boninsegna, autore del gol interista, cade a terra stordito e non si rialza, lo portano via in barella: lo ha colpito un oggetto «piovuto» dalla tribuna. Sandro Mazzola consegna all’arbitro una lattina di Coca Cola. In successive interviste il Baffo chiarirà: «La lattina che colpì Bobo la nascose un tedesco sotto un cappotto, io al direttore di gara ne diedi un’altra, vuota, ricevuta da uno spettatore (italiano, sembra, ndr)». La partita resta sospesa per sette minuti, Bonimba viene sostituito da Ghio. L’arbitro, l’olandese Jef Dorpmans, si consulta col capo della polizia locale e col delegato Uefa, che è Matt Busby: lui, la leggenda del Manchester United. Si riparte e il Borussia dilaga, al riposo sul 5-1. «In spogliatoio all’intervallo – racconta Oriali – l’avvocato Prisco (scomparso nel 2001, ndr) ci disse di stare tranquilli, perché quell’incontro l’avremmo quantomeno rigiocato. La cosa ci scaricò ulteriormente». Nella ripresa altri due gol dei tedeschi e cartellino rosso per Mario Corso, reo di un calcio nello stinco dell’arbitro. Viene arrestato il presunto lanciatore, Manfred Kirstein, 29enne autista. Dirigenti e giocatori del Borussia accusano Boninsegna di aver fatto scena. Qualcuno dice: «Monetina, non lattina».

Seconda parte Il giorno dopo comincia la partita dell’avvocato Peppino Prisco. Il mitico vicepresidente nerazzurro vince la causa nel «tribunale » Uefa: 7-1 annullato, ripetizione della gara in Germania. Il ritorno a San Siro si trasforma così nell’andata e l’Inter in casa si impone per 4-2. A Berlino, il 1° dicembre, il «rifacimento» dell’incontro del 7-1 . «Una gara epica – rammenta Oriali –, resistemmo a furiosi attacchi, Bordon parò un rigore. Quel Borussia era fortissimo. Oltre a Vogts, c’erano Netzer, Wimmer, Bonhof, Heynckes, tanti campioni. Netzer aveva il 48 di piede, però metteva il pallone dove voleva». Clima ostile. «I tedeschi ce l’avevano con me – racconterà l’avvocato Prisco –, mi chiamavano il “mafioso”. Un quotidiano titolò: “L’arma in più dell’Inter è un mafioso”». I nerazzurri resistono, finisce 0-0. L’Inter arriverà alla finale di Rotterdam, contro l’Ajax all’apice del suo del calcio totale. La partita in cui Oriali marcò Cruijff: «Più che altro lo guardai giocare. Era immarcabile. Perdemmo 2-0». Tre anni fa Dorpmans, l’arbitro di Borussia- Inter 7-1, si confidò con un giornale tedesco: «Non voglio insinuare nulla, ma l’Inter ebbe le persone giuste ai momenti giusti. (...) Il giorno dopo davanti a casa mia c’erano diversi giornalisti». Uno era l’inviato della Ġazzetta, Franco Mentana, papà di Enrico, direttore del Tg di La7. E la lattina? «Quella notte me la diede un ispettore tedesco. L’ho donata al museo del Vitesse, la squadra olandese in cui da giovane giocai». Dorpmans è morto sette mesi fa, a 88 anni.

Conclusioni Oriali oggi tiene il punto: «Boninsegna la botta in testa la prese sul serio». E rende omaggio a Vogts, di nuovo rivale per una sera: «È stato un grandissimo terzino, uno dei migliori di sempre. Era difficile andargli via. Al suo livello, Burgnich e Gentile». Anche il mediano Oriali non era niente male. Malgrado Cruijff.

Corsi e ricorsi storici.

Non ci si crede, a leggerlo sulla rosea

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Ridateci il vecchio Lucky Luciano

LUCIANO MOGGI ERA IL BOSS DEL CALCIO, REGNAVA E INCUTEVA TIMORE. ORA, COME SE NULLA FOSSE ACCADUTO, DISCETTA DI TUTTO

DA GIORNALI, RADIO E TV: PASSA DA EBOLA ALL’IS, DAL VALORE DI TEVEZ ALL’ACCENTO LIVORNESE DI MAZZARRI. UNA NOIA ASSOLUTA

TORNA PER FAVORE Ci racconti di come si condizionavano i campionati,

di come si faceva il mercato per mezza Serie A. Cose così, molto più divertenti

di MALCOM PAGANI (il Fatto Quotidiano 10-10-2014)

Il nobile rivoluzionario che si ribellava alla composizione dei calendari: “Eravamo teste di serie, siamo stati trattati come teste di cązzo”. Il faro di una società che costringeva il suo contabile a imitare De Sade sui libri mastri: “Ieri si è presentata una certa Riva, faccia, fisico e abbigliamento da puttąna di alta classe, voleva 6 milioni e 300 mila lire per le prestazioni sue e di colleghe per gli arbitri Aek Atene”.

Il dirigente che spingeva Jesus Gil, padre-padrone dell’Atletico Madrid e massima autorità in bancarotte e schiavettoni, a delicati ritratti d’occasione: “Moggi è un despota con gli atteggiamenti di Humprey Bogart nei panni di un gangster, è venuto qui con l’idea che fossimo tutti coġlioni”. Il maestro del sottinteso dipinto da Aldo Grasso: “Moggi è inquietante: per questo tutti lo temono, per questo gode di grande rispetto. Lui non parla, allude. Non discute, attacca. Non interviene, intimorisce. Sembra il fratello di Tano Cariddi, il faccendiere mafioso della Piovra”.

E ancora, l’entità dall’influenza sovrumana che molti anni prima di Totti, un altro dieci di talento, Pietruzzo Maiellaro, aveva descritto con parole semplici: “Qui le gare si perdono prima di entrare in campo” o il cantore di uno stile che non lasciava nulla al caso e dettava legge persino sulle scarpe della divisa sociale: “Perché so’ democratico, ma me piace che se fa come dico io”. Se solo fosse ancora vivo, dell’usurpatore che con sandali e saio parla a nome suo, il vero Moggi saprebbe come liberarsi. Lo schiaccerebbe come i “bacherozzi” di qualche indimenticabile telefonata del tempo che fu, lo esorterebbe a una sincerità terrigna: “Facciamo a pigliarci per il ċulo?”, ristabilirebbe l’antico ordine del focolare toscano di Monticiano: “Lo sculaccio” intimando al suo gemello, al ladro di identità, di “non rompere i coġlioni”. Speranza vana. Nella parodia dello statista di oggi, del Moggi di ieri non c’è più traccia. E i suoi discepoli, proprio come i tre galeotti disegnati dai fratelli Coen, gridano la loro solitudine: “O fratello, dove sei?”. Luciano non veste più divise a strisce. Nell’ora d’aria, moltiplicata come gli incassi di certe trattative d’annata, Moggi ara più campi. Si applica. Studia. Motteggia. Parla, scrive, discetta dell’universo mondo. Passa da Ebola all’Is, dal reale valore di Tevez all’accento livornese di Mazzarri. Costeggia i sentimenti, arringa la platea flautando di giustizia e ingiustizia, filosofia e arte varia. Perso per un deprecabile malinteso l’ultimo treno per Montecitorio (Stefania Craxi, con intenzioni alate: “È il simbolo di una persecuzione”, nel 2013 l’aveva anche candidato: “È stato il più grande manager sportivo italiano e la sua vita è stata distrutta da un’operazione giustizialista”) per recitare da vergine laica, Moggi ha trovato comunque altri scranni. Lo chiamano a votare da radio, tv e quotidiani su qualsiasi argomento a giorni alterni e il senatore Luciano Moggi, 77 anni, non si tira indietro. Da ex caudillo, è diventato gregario di un’altra parata. Un po’di oblio, un po’ di abiura mascherata, ed ecco pronto il Luciano opinionista. A orchestrare, come all’epoca bella, non è più lui e si vede. Noia generalizzata, richiami a un’indefinita età dell’oro, buon senso alternato al consiglio su come cucinare a dovere lo spaghetto. Luciano preme il bottone. Innesta la marcia. Urla indignato “Sciacquatevi la bocca” come già Renzi con Grillo a proposito di Berlinguer, ma gli scenari sono mutati e il nostro sembra farlo a comando. Gli hanno trovato un ruolo. Gli hanno disegnato uno spazio. E lui ha patteggiato.

In cantina tutte le brutte storie che ne hanno lordato la fedina e in cambio dell’assoluzione, Don Luciano Moggi, parroco della anime prave a sua volta redento, ha rinnegato il suo passato western e si è calato sul volto la ripugnante maschera del buono a tutti i costi. Anche se i muri sono caduti e i miti imbiancano, il profilo senile di Paletta, vicecapostazione alla stazione di Civitavecchia nei Sessanta, avrebbe meritato più di questa pantomima al sapor di caminetto. Moggi i treni li prendeva e li faceva prendere. Comprava. Vendeva. Teneva inganno e mezze verità in equa considerazione e non faceva sbadigliare mai. Conosceva il ritmo dello show e ci sguazzava felice. Truccava il mazzo delle carte e minacciava alla bisogna, Lucky Luciano, certo. Almeno quanto oggi strania l’uditorio. Perché al giocatore d’azzardo che ammonisce le generazioni future sul demone del vizio, si fatica a dare retta. Moggi è diventato prevedibile. Scontato. Il disco della vergogna di Calciopoli, la dietrologia del complotto per “il processo farsa”, la negazione di un quarantennio di potere che nel ricordo stinge a bagattella. All’epoca d’oro, quando saltava da un club all’altro scendendo sempre dal taxi a tempo debito, nessuno sapeva davvero cosa facesse il Moggi originale. Non i calciatori, non Agnelli (che della cessione di Vieri fu ad esempio l’ultimo a sapere) e nemmeno gli allenatori, perché Moggi era uno e trino e qualche volta, faceva la formazione della Juventus e dei suoi mille satelliti in assoluta libertà. Aveva indirizzato i destini di Paolo Rossi, Gentile, Scirea e Roberto Pruzzo.

Era il più bravo, il più spregiudicato e se gli dicevi mascalzone ti pagava anche da bere. Adesso legge i Vangeli, ma non agita il randello e non li interpreta più a modo suo: “Chi fa del male si ritroverà in mezzo al male”. Sbadigli. Lacrime. Amen.

E tra la posta del giorno

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Non è un comportamento normale quello del condirettore di questo giornale: è un coniglio

il Fatto Quotidiano 13-10-2014

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Davvero, non è normale. S'è trasfigurato in una macchietta (di M***A)

Se allo JS (dis)onoreranno anche le 50 m e r d e dei tifosi sono prontissimo.

Modificato da Ghost Dog

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Tra le altre delicatezze, identifica i tifosi juventini come "certe specie animali del sottosuolo"

(però ha azzeccato il plurale di specie, per caso).

Incredibile.

Questo Mannucci (confesso di non averlo mai sentito nominare prima d'ora) deve avere la carnagione gialla tendente al verde. Un povero cristo che delira senza freni inibitori in virtù di anni e anni di umiliazioni patite sul campo dalla squadra per la quale fa il tifo, e di atroci sofferenze epatiche ( è lui stesso a confessarlo). Un poveraccio che attraverso i suoi deliri cerca di esorcizzare la realtà fingendo di credere ancora che quel gol di Turone fosse davvero valido e non invece frutto di un taroccamento avvenuto negli studi di RaiRomaChannel, e di non sapere che il suo presidente di un tempo comprò per davvero (altro che l'orco Moggi.....) un arbitro in occasione di una partita di Coppa Campioni.

Gente così non puoi querelarla perchè non ha nemmeno il coraggio di affermare in maniera chiara, diretta e inequivocabile che "la Juve ruba".

Gente così è solo cattiva dentro, e fondamentalmente vigliacca.

Gente così dovrebbe solo vergognarsi se ne fosse capace.

Modificato da Marmas

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Se il calcio resta senza giustizia

di FERDINANDO CAMON (Ġazzetta di Mantova 09-10-2014)

Martedì al senato è scoppiato un putiferio, e i Cinque Stelle insultavano il presidente Grasso gridandogli: “Sei come Rocchi!”. Rocchi è l’arbitro che ha appena diretto Juve-Roma. Una partita che dunque vien caricata nella memoria come “truccata”, e da chi? Dall’arbitro. C’è chi la commenta così: “La trattativa Stato-Juve”. Vuol dire che lo Stato è in combutta con la Juve, come con la mafia. Ivan Zazzaroni è un mite ed elegante giornalista sportivo romano, ora lancia questo titolo (che gl’invidio assai): “Rocchi Horror Picture Show”. Luca Telese è più esplicito: “Aveva ragione Peppino Prisco: quando stringo la mano a uno juventino mi conto le dita”. Maurizio Gasparri ha un’idea: “Non disputare il ritorno Roma-Juve, si danno i 3 punti alla Juve anticipatamente”. Pierluigi Battista risponde da nordico: “I romanisti pèrdono sempre e danno sempre la colpa all'arbitro. Patetici”. Perché? Perché “Son tre pere. Stacce”. Travaglio è più nobile: “Da juventino, non mi vergognavo così tanto dai tempi di Moggi”.

Fermiamoci. Se una partita di calcio arriva al Parlamento, se continua a restare sui giornali anche stranieri, se fa crollare una società quotata in Borsa, allora non è soltanto una partita di calcio. Se l’arbitraggio non è stato giusto, deve trattarsi di una mancanza di giustizia che non riguarda soltanto il calcio. Lo scontro Juventus-Roma è lo scontro fra Nord e Capitale, due Italie, due società. E che la giustizia in Italia sia oggetto di sospetti, è un nostro problema. Anzi: “il” nostro problema. Perché giudicare bene vuol dire premiare chi merita e punire chi non merita, cioè applicare la meritocrazia. Se riuscissimo a farlo, la casta politica sarebbe meno dannosa e il lavoro crescerebbe. Ditemi voi se è poco. Domandiamoci anche noi: l’arbitro ha condizionato il risultato? Onestamente, anche chi non tifa Roma deve rispondere di sì. Perché è corrotto, perché è comprato? Questo non si può dire, non c’è nessuna prova, e dirlo significherebbe uccidere il campionato.

Purtroppo il capitano della Roma lo ha detto: “Loro vincono sempre così”, cioè in maniera ambigua. Se è “sempre” ambigua, allora è chiarissima: godono di favori arbitrali permanenti. Tanto che, conclude il capitano: “Dovrebbero giocare in un campionato a parte”. Questa frase lede una squadra di calcio? Certamente sì. Lede un campionato? Certamente sì. Lede la giustizia sportiva? Certo, come no. Va dunque Totti deferito, punito, squalificato? È un problema. Perché tutti i critici sportivi riconoscono che l’arbitro ha sbagliato. L’errore è evidenziato da strumenti obiettivi, come le riprese tv. Se le riprese tv mostrano che un fallo avviene fuori-area, non è che l’arbitro ha la facoltà soggettiva di giudicarlo dentro l’area e assegnare il rigore. Con un rigore puoi decidere una partita, cioè un campionato, cioè il bilancio di una società quotata. E le emozioni di una massa di tifosi per una settimana, un anno, una vita. Il tifo è una passione che si può apprezzare o non-apprezzare (ci sono cose più importanti nella vita), ma chi governa sbaglia se lo trascura, perché è un instrumentum regni: se lo sai manovrare, ti aiuta a governare, tifo vuol dire voti, assorbe nervi e menti di milioni di cittadini. Ci sono state gravi crisi politiche evitate per un grande evento sportivo. Quando Pallante sparò a Togliatti, chissà cosa succedeva se Bartali non avesse vinto il Tour.

Se Machiavelli rinascesse oggi, tra le altre cose insegnerebbe al Principe come “governare” il tifo. L’Italia lo governa male. Malissimo. Il tifo può essere un valium, una dose alla domenica ti tiene buono e ti fa lavorare e produrre per una settimana. Ma così, con questi arbitraggi indifendibili, due rigori inventati, due gol cervellotici, l’Italia ne fa un eccitante. E il popolo, con la crisi che non finisce mai, non ha bisogno di cocaina per infuriarsi. È già infuriato di per sé. Adesso anche l’arbitro ammette di avere sbagliato. Abbiamo i mezzi per correggere immediatamente una decisione sbagliata dell’arbitro, che perderebbe però un briciolo di autorità. Ma no, meglio che sbagli, ma con l’autorità intatta. C’è chi li ama, arbitri così. Dieci anni fa Moggi chiedeva: “Come arbitro, mandatemi Rocchi”. Moggi è caduto. Ma viene ancora obbedito. Sic est.

Per fortuna, mai sentito nominare prima d'ora neppure questo Camon. L'ennesimo "fenomeno" evidentemente in preda ai deliri da "sconfitta sul campo" che dopo essersi illuso che gli effetti di Farsopoli potessero essere definitivi ha dovuto fare i conti con la dura realtà.

Un poveretto. Nient'altro che un poveretto magari convinto di essere davvero un giornalista, che usa la penna per elargire odio sportivo e veleni a piene mani ad una platea mai sazia di antijuventinità. Un poveretto che come moltissimi suoi colleghi di sventura dovrebbe avere almeno la capacità di capire che, a volte, il voler essere troppo "sopra le righe" può rendere davvero ridicoli.

E d'altra parte i Zazzaroni, i Telese, i Gasparri, i Travaglio (e chi più ne ha più ne metta.......) sono i giusti e degni riferimenti per chi non prova il minimo imbarazzo ad affermare, tra le tante s********e, che ".....giudicare bene vuol dire premiare chi merita e punire chi non merita, cioè applicare la meritocrazia" (e non invece sanzionare le infrazioni che si ritengono commesse a prescindere da chi le commetta).

Perdenti cronici, gonfi di astio e di livore nei confronti di chi li umilia, da sempre, sul campo. Perdenti cronici che non hanno ancora capito come Farsopoli abbia rappresentato la loro sconfitta più grande.

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Io non leggo i giornali e non seguo le trasmissioni "sportive" (sic!),

leggo solo su questo e su qualche altro forum.

Chiedo: c'è stata dopo Juve- roma qualche trasmissione che ha discusso della partita sotto l'aspetto tattico, emotivo, ecc?

Ho l'impressione (certezza) che l'unico argomento è: la Juve ruba!

E di questo argomento si sono interessati anche giornalisti (?) che generalmente non trattano il calcio.

O sono io che che non seguo?

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visto che l'itaglia è un paese del genere io propongo una soluzione: basta con pd, forza italia, udc, cinque stelle....invece avremmo "Partito Juventino", "Partito Romanista", "Partito Milanista"....e tutto sarebbe risolto!

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Incredibile.

Questo Mannucci (confesso di non averlo mai sentito nominare prima d'ora) deve avere la carnagione gialla tendente al verde. Un povero cristo che delira senza freni inibitori in virtù di anni e anni di umiliazioni patite sul campo dalla squadra per la quale fa il tifo, e di atroci sofferenze epatiche ( è lui stesso a confessarlo). Un poveraccio che attraverso i suoi deliri cerca di esorcizzare la realtà fingendo di credere ancora che quel gol di Turone fosse davvero valido e non invece frutto di un taroccamento avvenuto negli studi di RaiRomaChannel, e di non sapere che il suo presidente di un tempo comprò per davvero (altro che l'orco Moggi.....) un arbitro in occasione di una partita di Coppa Campioni.

Gente così non puoi querelarla perchè non ha nemmeno il coraggio di affermare in maniera chiara, diretta e inequivocabile che "la Juve ruba".

Gente così è solo cattiva dentro, e fondamentalmente vigliacca.

Gente così dovrebbe solo vergognarsi se ne fosse capace.

Mannucci ha un pedigree normale (anzi, grande esperto di musica e omaggi per la conduzione passata di Raistereonotte) finché non intravede altri animali di tifo giallorosso.

Onestamente, s'arriva a comprendere solo fino ad un certo punto il clima che ammorba l'ambiente romano a causa di radio e media faziosissimi. E comprendo bene che i non residenti abbiano meno affinità con queste manifestazioni.

Al Tempo è caporedattore centrale da anni, ormai.

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Per fortuna, mai sentito nominare prima d'ora neppure questo Camon. L'ennesimo "fenomeno" evidentemente in preda ai deliri da "sconfitta sul campo" che dopo essersi illuso che gli effetti di Farsopoli potessero essere definitivi ha dovuto fare i conti con la dura realtà.

Un poveretto. Nient'altro che un poveretto magari convinto di essere davvero un giornalista, che usa la penna per elargire odio sportivo e veleni a piene mani ad una platea mai sazia di antijuventinità. Un poveretto che come moltissimi suoi colleghi di sventura dovrebbe avere almeno la capacità di capire che, a volte, il voler essere troppo "sopra le righe" può rendere davvero ridicoli.

E d'altra parte i Zazzaroni, i Telese, i Gasparri, i Travaglio (e chi più ne ha più ne metta.......) sono i giusti e degni riferimenti per chi non prova il minimo imbarazzo ad affermare, tra le tante s********e, che ".....giudicare bene vuol dire premiare chi merita e punire chi non merita, cioè applicare la meritocrazia" (e non invece sanzionare le infrazioni che si ritengono commesse a prescindere da chi le commetta).

Perdenti cronici, gonfi di astio e di livore nei confronti di chi li umilia, da sempre, sul campo. Perdenti cronici che non hanno ancora capito come Farsopoli abbia rappresentato la loro sconfitta più grande.

Anch'io conoscevo solo la Camon ditta produttrice/distributrice di prodotti per animali.

Ho buttato l'occhio mentre leggevo il mio quotidiano regionale (il Centro) ed ho poi scoperto che il commento era distribuito su tutti i quotidiani locali del network Espresso. Giusto l'operazione di diffusione mi fa ribrezzo, come se fosse necessario distribuire la m***a fino alle più piccole e tranquille comunità del globo, senza ritegno.

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Io non leggo i giornali e non seguo le trasmissioni "sportive" (sic!),

leggo solo su questo e su qualche altro forum.

Chiedo: c'è stata dopo Juve- roma qualche trasmissione che ha discusso della partita sotto l'aspetto tattico, emotivo, ecc?

Ho l'impressione (certezza) che l'unico argomento è: la Juve ruba!

E di questo argomento si sono interessati anche giornalisti (?) che generalmente non trattano il calcio.

O sono io che che non seguo?

Ed hai ragionissima.

Sfogliando diversi quotidiani a me è capitato di trovare molti più articoli, anche dall'estero, che puntavano il dito solo su quella menzogna colossale. E la prima pagina del CorSport con la scritta "Campionato Falsato" ha fatto ahinoi il giro del mondo seminando nuovamente il dubbio che la Juventus sia il male assoluto del calcio non solo italiano.

In alcuni casi, la querela è necessaria per interrompere questo circolo vizioso.

Due quotidiani romani sono responsabili in massima parte della guerra di malignità ed insulti in atto: CorSport e Tempo. Gli altri si sono accodati per non perdere la scia delle tirature.

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visto che l'itaglia è un paese del genere io propongo una soluzione: basta con pd, forza italia, udc, cinque stelle....invece avremmo "Partito Juventino", "Partito Romanista", "Partito Milanista"....e tutto sarebbe risolto!

La politica italiana è già abbastanza disastrata

In alternativa

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Nel 2014 dovremmo essere abbastanza civili per non discriminare niente e nessuno.

Eppure molti giornalisti, commentatori, politici, addetti ai lavori stanno discriminando da giorni la categoria dei tifosi juventini come se fossero un popolo alieno o una razza sudicia.

Altro che discriminazione territoriale e cori vesuviani.

Una reazione a questa valanga di oscenità non può partire dai soli tifosi innamorati inc-azzati.

Modificato da Ghost Dog

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IL GRANDE GELO

Lotito evita Marotta

e attacca i giornalisti

di PIETRO GUADAGNO (CORSPORT 11-10-2014)

MILANO - Uno da una parte della sala e uno dall’altra. Lotito e Marotta, ieri, si sono ritrovati in Lega dopo il rovente litigio del 26 settembre e hanno finito per ignorarsi. Ma, soprattutto, il presidente della Lazio si è ben guardato dallo scusarsi per la “battuta” dedicata proprio all’ad della Juventus: «Il suo problema è che con un occhio gioca a biliardo e con l’altro conta i punti...». Del resto, era difficile aspettarsi un atteggiamento diverso dopo che, al suo arrivo in via Rosellini, il massimo dirigente biancoceleste aveva apostrofato i giornalisti presenti con un eloquente «categoria non apprezzabile». Come se fosse stata una colpa aver riportato l’episodio, poi diventato oggetto di un’indagine della Procura Federale. L’Assemblea di ieri è stata tutta dedicata al Disegno di Legge sugli stadi. Nemmeno sfiorata, invece, durante la discussione la squalifica appena comminata dall’Uefa al presidente Federale Tavecchio. «La mia posizione l’ho già espressa ad agosto votandolo», si è limitato a dire Galliani, lasciando gli uffici della Lega. «E’ stata una frase infelice. Chi sbaglia però deve pagare», aveva spiegato Ghirardi al suo arrivo.

SIDDI: L’ordine intervenga su Lotito

Sulla frase di Lotito contro la stampa è intervenuto il segretario Fnsi, Franco Siddi: «La prima questione che si pone è se Lotito sappia che si riferisce anche a se stesso dal momento in cui risulta, ahinoi, pubblicista iscritto all’Ordine professionale. Lotito viene meno ai doveri di lealtà e dignità verso la professione e i colleghi. Finché esiste l’Ordine, di questo dovrà dare conto. Nessuno potrà mettere a tacere la stampa libera e lo spirito critico che la deve sempre animare accanto alla doverosa informazione sui fatti».

Ma vergognatevi, tutti!

Non è mai trapelato il nome dell'operatore tv che collaborò fattivamente alla battuta insultante di Lotito. Ed in questi ultimi giorni la categoria non apprezzabile sta proprio informando doverosamente sui fatti, anche quelli che comunicano ai lettori le coordinate gps dell'arbitro Rocchi.

Modificato da Ghost Dog

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Le undici virtù di un leader

di PASQUALE COCCIA (ALIAS 11-10-2014)

Jorge Valdano ha giocato a calcio ad alti livelli, nel 1986 è stato campione del mondo con l'Argentina, e come se non bastasse ha giocato nel Real Madrid. Finita la carriera è stato allenatore del club madridista e poi direttore sportivo, il ruolo di chi con l'allenatore pianifica acquisti e decide la rosa dei calciatori che compongono la squadra. Conosce come pochi il calcio latinoamericano e quello europeo, e in virtù della sua esperienza in più campi, che pochissimi calciatori possono vantare, è in grado di avere una visione a 360 gradi sul mondo del calcio, non solo quello giocato sul campo, ma anche nei suoi aspetti economici, etici, sociali e politici. Jorge Valdano da calciatore leggeva molto, e questo nell'Argentina dei generali golpisti lo rendeva sospetto, ma anche all'interno del mondo del calcio. Non parco delle sue variegate letture, Valdano da tempo si è messo a scrivere, una vera onta per il calcio del Bar Sport, perché non si è lasciato andare a descrivere come si calcia una punizione, un rigore, come si entra in area e si segna, lui che con la nazionale argentina indossava la maglia numero undici, o svelare i tanti segreti per diventare grandi calciatori per libri da cassetta. Valdano scrive racconti di sport, scrive di un calcio migliore, quello da sognatore, e soprattutto scrive bene, un vero sovversivo.

Le undici virtù di un leader (Isbn, euro 19), un libro il cui titolo contrasta con la concezione del calcio collettivo di Valdano, ma l'argentino non cade nel tranello del singolo che fa il capo e comanda. Elenca, sulla base della sua esperienza internazionale di grande calciatore e dirigente sportivo del club più famoso del mondo, quali sono le caratteristiche che deve avere un leader: la credibilità, la speranza, la passione, lo stile, la capacità di parlare agli altri, la curiosità, l'umiltà, il talento, la capacità di tenere tutto nello spogliatoio, la semplicità e il successo. Non sono cose da poco, ma Valdano tiene a precisare che in ogni gruppo c'è un leader, nel calcio, nella politica, tra gli operai, nelle aziende, tutti dovrebbero avere quelle qualità. Certo contano le qualità naturali, ma non sono sufficienti, occorre altro per essere un leader, in qualsiasi ambito. Quello di Jorge Valdano non è un libro di consigli per diventare leader, è innanzitutto un libro scritto bene, semplice e chiaro, con tante citazioni, frutto delle sua numerose e varie letture, è principalmente un libro di riflessioni ad ampio raggio, da leggere prima e dopo ogni partita di calcio, da quella tra scapoli e ammogliati alla finale di Champions League. Dopo averlo letto, è un libro da tenere sul comodino e aprire una pagina a caso: «Lo spogliatoio è popolato di personaggi che rappresentano l'intera umanità: furbi, stupidi, gentili, ombrosi, buoni, cattivi, coraggiosi vigliacchi, vanitosi, leader, gregari...ma il cemento che unisce quei tasselli così diversi è la generosità di alcuni. Quel tratto è imprescindibile perché la squadra richiede sempre un tributo personale».

Valdano da dirigente del Real Madrid ha vissuto la crisi che dal 2008 attanaglia l'Europa e ha visto cambiare il calcio, anche se a capo di un club che si permette di comprare calciatori del valore di 100 milioni di euro: «È nei momenti difficili che l'unità della squadra viene messa alla prova. Nell'attuale panorama imprenditoriale spagnolo, ma potremmo riferirci all'Europa in generale, la crisi è un fenomeno relativamente nuovo. Nell'arduo mondo del calcio le crisi fanno parte della quotidianità...però continuano a confondere. I risultati negativi e le critiche spesso devastanti che li accompagnano sono terribili produttori di ansia, un grande nemico per qualunque squadra. In quei momenti l'ambiente richiede un intervento, ed è proprio allora che i club comprano male e a caro prezzo, l'allenatore prende decisioni solo perché lo aiutano a sopravvivere e i giocatori fanno le cose alla rovescia». Valdano ricorre agli innumerevoli aneddoti di cui è stato protagonista per rendere chiaro alcuni concetti, come la dedizione agli allenamenti. Ricorda il lamento di buona parte dei nazionali argentini per alcuni allenamenti duri ai quali erano sottoposti sotto la direzione di Luis Menotti, che dopo le rimostranze non esitò a ordinare ai calciatori argentini di salire sul pullman alle cinque del mattino. Dove li portò a quell'ora El Flaco? In pieno anonimato nella metropolitana di Buenos Aires, dove migliaia di lavoratori ancora assonnati andavano a lavorare, loro sì, disse Menotti, che avevano tutto il diritto di lamentarsi, ma i calciatori argentini proprio no. Jorge Valdano non risparmia citazioni, mai sopra le righe e sempre a proposito, dal poeta greco Kostantinos Kavafis a Bertrand Russell, alla fine però è lui che spiega perché occorrono quelle undici virtù per un leader: «Ho deciso di classificarlo in undici virtù, che rafforzano la quotidianità, ma guardano lontano con una sana prospettiva. Perché la capacità ultima di comando del leader si misura osservando ciò che lascia in eredità. È lì che si dimostra se la sua influenza è stata costruttiva o distruttiva. Se è stato Mandela o Attila». Un soggetto pericoloso Jorge Valdano, calciatore campione del mondo in quell'Argentina di Maradona capopopolo, oggi scrittore di qualità. Un sognatore, come quel Socrates fautore della Democrazia Corinthiana, dal quale stare lontani il più possibile.

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La frase "categoria non apprezzabile" è validissima,

Dipende però da chi lo dice,

o, meglio, dalla bocca che la vomita

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IL CENTRO 11-10-2014

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Magari anche per Totti ci sarà una lunga squalifica, magari anche Totti chiederà scusa, magari anche Totti donerà un mazzo di fiori alla Vecchia Signora per sancire il sincero pentimento.

Magniamo tranquilli

p.s.

Per i più burloni, gli abitanti di Rapino sono i rapinesi.

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Carte che scottano in Lega Pro

Macalli va da Palazzi

di RUGGIERO PALOMBO (GASPORT 11-10-2014)

C’è un dossier che scotta, non si sa quanto propriamente attribuito al direttore generale uscente della Lega Pro Francesco Ghirelli, che è finito sul tavolo del Procuratore federale Stefano Palazzi. Ce lo ha portato in tutta fretta Mario Macalli, che della Lega Pro è presidente e che con la Procura federale ha altre poco piacevoli frequentazioni, visto come sarebbe ormai imminente il suo deferimento sul «caso Pergocrema», vecchia storia in cui si parla di marchi dai quali Macalli avrebbe fatto meglio a girare alla larga. Tornando al dossier, il contenuto è secretato ma Palazzi, che entro la fine del mese sarà confermato nella carica fino al termine del quadriennio olimpico nonostante nel frattempo sia diventato a Napoli presidente del Tribunale d’appello militare (complimenti), è già al lavoro per vederci più chiaro. Per la Lega Pro, dopo liti e divorzi, sono giorni difficili: c’è una grana affiorante che riguarda la sontuosa sede di Firenze, acquistata a suo tempo tra squilli di fanfare e fiore all’occhiello della gestione Macalli, che non si capisce bene se per superficialità, disattenzione o dolo, sarebbe al centro di un problema i cui contorni sono ancora tutti da definire. Ci sarebbe di mezzo un precedente fallimento, evidentemente sottovalutato all’atto dell’acquisto, e un curatore fallimentare che ora intenderebbe battere cassa. Balla qualche milione di euro, che per quel calcio non sono bruscolini. Quanto a Palazzi, qualche cambiamento dovrebbe intervenire nell’organico dei suoi vice, con la speranza che le pratiche prendano a marciare con maggiore speditezza rispetto al passato. La prova del nove a stretto giro di posta: l’indagine su Lotito, che in Lega aveva riservato a Marotta una battutaccia offensiva, è stata completata, si aspettano solo le sue controdeduzioni nel rispetto dei diritti della difesa rinforzati dal nuovo codice di giustizia, poi le conclusioni. Deferimento scontato e si spera rapido. Con buona pace dei giornalisti «categoria non apprezzabile» (ma dall’udito finissimo), come dichiarato ieri dal presidente della Lazio.

«Sono felicissimo che il presidente Tavecchio abbia mandato questa lettera ufficiale alla Fifa, dal giorno in cui sono stato eletto ho sempre sostenuto che bisogna portare la tecnologia nel mondo del calcio». Così Malagò (ieri a Caserta, poi a Napoli, poi a Bergamo, oggi e domani a Milano, lunedì a New York!) l’altra sera sulla moviola in campo e l’importante disponibilità della Figc a fare del campionato italiano terreno di sperimentazione per il 2015-16. Il presidente del Coni, che chissà perché gode di maggiore visibilità quando di Tavecchio sembra parlare maluccio, ha mostrato di essere al fianco del numero uno del calcio sulle cose che contano davvero. Fino a che punto, lo diranno la doppia Giunta Coni e il Consiglio Nazionale del 28 ottobre che metteranno la parola fine alla questione contributi Coni 2015. Chi si aspetta la spoliazione della Federcalcio dovrà probabilmente rassegnarsi a un «prelievo» non superiore ai 15 milioni (dei 62 attuali), meno della metà di quanto auspicavano i più golosi e rumorosi tra gli altri presidenti di federazione. E se alla fine il maggiore beneficiario della redistribuzione fosse la pallavolo del silente Magri?

I soliti gattopardi

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