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CRAZEOLOGY

K A L C I O M A R C I O! - Lo Schifo Continua -

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Claudio Tavecchio, chi è il potente del calcio

L'impresentabile che piace tanto a destra

Il brianzolo, diventato celebre per le sue sparate su neri mangiatori di banane e donne handicappate, rischia di diventare il padrone della Figc. Grazie a un piano che unisce affari e politica e ad amicizie influenti. Come quella con Galliani e Lotito

di GIANFRANCESCO TURANO (l'Espresso 31-07-2014)

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Cubature e trasporti, doppio ostacolo

Tor di Valle, slitta a martedì il parere della Conferenza dei servizi

Critiche dei tecnici sui metri cubi destinati agli uffici e sulla viabilità

Marino: «Perplessità sulle costruzioni e sul piano mobilità»

Sull’area del nuovo stadio ci sono dubbi anche della Regione

CELLI, COMMISSIONE SPORT: COMPENSAZIONI FUORI MISURA, MANCA UN PROGRAMMA AFFITTI. C’È IL PERICOLO DI UNA CATTEDRALE NEL DESERTO.

IL COMUNE VUOLE ACCERTARE L’EFFETTIVA TITOLARITÀ DEI TERRENI

DICHIARATI DA PARNASI SUI QUALI C’È IL RISCHIO DI UNA REVOCATORIA

di LORENZO DE CICCO (Il Messaggero 01-08-2014)

Cubature e trasporti. Ecco i due macigni che pesano sul progetto del nuovo stadio a Tor di Valle e soprattutto sull’«Ecomostro» (definizione di Legambiente) che il costruttore Parnasi vorrebbe edificarci accanto: una colata di cemento da un milione di metri cubi da destinare a uffici e alberghi. Su questi temi ieri il progetto ha ricevuto una sfilza di critiche da parte delle istituzioni che partecipavano alla Conferenza dei servizi preliminare (oltre a Comune, Provincia e Regione, c’erano i Municipi XI e IX, le soprintendenze archeologiche del Ministero, l’Autorità di Bacino, Asl Roma C, Atac e Acea).

COLATA DI CEMENTO

Cubature che nello studio di fattibilità sarebbero «sproporzionate del 50% rispetto alle infrastrutture di pubblica utilità proposte», spiegano alcuni enti che hanno partecipato al tavolo. Lo stesso Marino ieri, incontrando il costruttore Parnasi e l’architetto Daniel Libeskind, ha parlato chiaramente di «perplessità di tipo costruttivo e sui trasporti». Sul rischio speculazione è intervenuta la presidente della Commissione Sport, Svetlana Celli (Lista Marino) che ha scritto all’assessore all’Urbanistica Caudo, il grande fan del progetto di Parnasi, per cui già in passato ha dimostrato particolari simpatie. «Parsitalia preventiva una spesa di 270 milioni per opere urbanistiche - dice Celli - e ha chiesto 220 milioni di compensazioni. Ma la legge sugli stadi specifica che queste siano mirate alla valorizzazione del territorio. Le cubature richieste rispettano queste condizioni? Preoccupa poi l’assenza di un piano gestionale delle palazzine del Centro direzionale. C'è il rischio di una cattedrale nel deserto». Per rendere l’opera più sostenibile, la Commissione Sport propone «di impegnare Parnasi a realizzare 4 nuovi impianti sportivi comunali, con un investimento di 8 milioni». Bocciato in Conferenza anche il piano viabilità: manca il prolungamento della Metro B mentre la Roma Lido sarebbe rafforzata solo nei giorni delle partite. «In questo modo la viabilità andrà in tilt», denuncia il presidente del IX Municipio, Andrea Santoro. «Come andrebbero a lavoro i 15mila dipendenti dei tre grattacieli di uffici che vorrebbero far nascere?». Il Municipio XI invece ha cassato il piano di interventi stradali. «Il collegamento della Roma-Fiumicino con la Via del Mare non funziona», dice il minisindaco Maurizio Veloccia. Non superano l’esame neanche i parcheggi, troppo limitati gli spazi. E ancora: grande scetticismo su cubature e trasporti arriva dalla Regione. Non è un caso se gli uffici della Pisana hanno chiesto tempo per analizzare l'interferenza del progetto con il piano paesistico, mentre l’Autorità di Bacino ha messo in allerta sul pericolo di esondazione del Fosso di Valleranello.

I DEBITI

Sul tavolo rimane anche un’altra questione, che è il motivo per cui la Conferenza iniziata ieri è stata prorogata fino a martedì: il Comune vuole esaminare nel dettaglio le particelle catastali. Parnasi sostiene di averne il 50,4%, con l’8% di proprietà pubblica e il 41,6% che arriverebbe da terreni espropriati. Ma l’amministrazione vuole essere sicura che il costruttore, detenga effettivamente oltre il 50% dei terreni. «Altrimenti - spiegano dallo staff del sindaco - non potrebbe più essere il soggetto proponente dell’operazione, ma avrebbe bisogno di un consorzio». Di quel 50,4% poi fanno parte poi i terreni che una società fallita, la Sais, ha venduto a Parnasi prima del crac. E proprio per via del fallimento ora la vendita potrebbe essere annullata: la sentenza arriverà il 14 dicembre prossimo. L’ennesimo ostacolo. Ecco perchè ieri un dirigente regionale uscito dalla Conferenza dei servizi diceva: «Se avessi in tasca l’ultimo euro, non lo scommetterei sulla realizzazione dello stadio».

Un progetto che lascia a desiderare (non ancora la magistratura, il famigerato porto delle nebbie: ma verrà il tempo). Per la viabilità, i progettisti buontemponi prevedono pure che ad ogni partita della AS Roma saranno almeno 15000 (fino ad un massimo di 19000) i tifosi che raggiungeranno il nuovo stadio in moto.

Si fa prima a costruire lo stadio a Boston ed organizzare collegamenti da Testaccio in dirigibile.

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Nuova stagione Il decreto del ministro Alfano e le indicazioni dell’Osservatorio per il campionato

Daspo di 8 anni, sorveglianza speciale

le misure del governo contro i violenti

Sarà il Viminale ad avere il potere di vietare le trasferte ai tifosi

Biglietti più facili Alfano chiede di attivare la «vendita di biglietti on line fino a pochi minuti prima della partita»

di FIORENZA SARZANINI (CORSERA 01-08-2014)

ROMA — Prolungamento del Daspo fino a otto anni, misure di prevenzione in caso di recidiva, potere di divieto di trasferta assegnato al ministro dell’Interno: sono le principali novità contenute nel decreto sulla sicurezza del calcio che sarà portato la prossima settimana all’esame dell’intero governo da Angelino Alfano. Alla vigilia della prima riunione dell’Osservatorio che dovrà diramare le linee guida in vista dell’avvio del campionato, al Viminale si mette a punto il provvedimento. Ci si muove su un doppio binario, perché sottolinea lo stesso Alfano «il nostro obiettivo è tenere i violenti lontani dagli stadi per incentivare la presenza delle famiglie». E dunque si cerca di spezzare anche il legame perverso che — come si è dimostrato in occasione della finale di Coppa Italia tra Roma e Napoli del maggio scorso — esiste tra le società e i capi ultrà.

Il Daspo prolungato

Per i tifosi violenti il divieto di ingresso negli stadi potrà durare fino a otto anni. Nel caso di recidiva scatteranno però provvedimenti ben più drastici come l’obbligo di firma in commissariato e addirittura la sorveglianza speciale, proprio come avviene per chi compie gravi reati. Si allarga la «rosa» dei comportamenti che consente l’emissione del Daspo e una norma inserita nel decreto impedirà — a chi ha subìto il provvedimento — di poter ottenere licenze di attività di merchandising legata alla propria squadra. È un modo per allontanare i capi delle tifoserie dai vertici dei club: accade spesso che la commercializzazione dei gadgets originali venga infatti affidata proprio a chi guida il tifo delle curve.

Nel decreto sono previste modifiche al codice penale per aggravare le sanzioni in caso di frode sportiva e si è deciso di inserire un articolo che obbliga le società di ridurre l’ampiezza dei settori dello stadio in modo da consentire un controllo più serrato degli spalti.

Il «codice rosso»

Sarà il ministro dell’Interno, in caso di episodi gravi, a poter disporre il divieto di trasferta anche per diverse giornate di campionato. L’Osservatorio, che da questa mattina è affidato alla guida di un poliziotto esperto come Alberto Intini, valuterà ogni settimana l’indice di rischio degli incontri in una scala da 1 a 4 e in caso di valore più alto scatterà il «codice rosso» con la sospensione di ogni agevolazione per i tifosi, il divieto di giocare la sera e infine le porte chiuse.

«Seguiremo — chiarisce Intini — quattro indicatori: la sicurezza dello stadio, i rapporti tra le due tifoserie, il comportamento di ogni tifoseria nella partita precedente, l’importanza del risultato. Negli incontri che riterremo più pericolosi potremo anche stabilire che l’ingresso degli ospiti nello stadio avvenga fino a due ore dal fischio di inizio, in modo da poter tenere sotto controllo la situazione interna, ma anche ciò che avviene all’esterno degli impianti». Fondamentale viene ritenuto il ruolo degli steward che dovranno seguire le tifoserie anche in trasferta.

Agevolazioni alle famiglie

Si procede con la linea repressiva, ma si incentiva anche quella ricettiva. Le società dovranno prevedere sconti e agevolazioni per chi, dice Alfano, «vuole restituire dignità al calcio». E dunque dovranno attivare la «vendita di biglietti on line, anche attraverso smartphone e tablet proprio come già avviene per i treni, consentendo l’acquisto anche pochi minuti prima della partita e non come avviene adesso soltanto fino al giorno precedente».

È Intini a chiarire che «sarà incentivata al massimo la fidelizzazione alla squadra con riduzioni di prezzo per gli under 16 e gli over 60. Chi ha la tessera del tifoso e non ha alcun precedente può portare allo stadio altre due persone, anche se non sono possessori della tessera. Ci saranno «pacchetti» speciali per le famiglie e per gli stranieri. pur se allo stadio anche senza tessera del tifoso. Ancor più incisiva dovrà essere la lotta al razzismo «con un monitoraggio speciale alle interno delle tifoserie e e campagne di comunicazione che coinvolgeranno anche le scuole. Ma soprattutto con sanzioni pesanti nei confronti di chi non rispetta i codici».

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Un progetto che lascia a desiderare (non ancora la magistratura, il famigerato porto delle nebbie: ma verrà il tempo). Per la viabilità, i progettisti buontemponi prevedono pure che ad ogni partita della AS Roma saranno almeno 15000 (fino ad un massimo di 19000) i tifosi che raggiungeranno il nuovo stadio in moto.

Si fa prima a costruire lo stadio a Boston ed organizzare collegamenti da Testaccio in dirigibile.

:haha: :haha: :haha:

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TAVECCHIO CONVOCATO DA MOGGI

E QUELLE TRAME PER CARRARO

NELLE CARTE DI “CALCIOPOLI ”, CHE NON HANNO AVUTO

CONSEGUENZE DI GIUSTIZIA PENALE E SPORTIVA: I CONTATTI

CON L’EX JUVE E LE ACCUSE DI AVER SALVATO IL SENATORE DI FI

TELEFONA LETTA Verbale di Punghellini (capo della serie D): “È stato Tavecchio a

confidarmi di aver ricevuto una chiamata da Gianni Letta dopo la condanna di Carraro”

INCONTRO IN HOTEL Nel dicembre 2006, già sospeso, Moggi ordina un colloquio a

Tavecchio a Milano, che risponde solerte: “Ci vediamo quando vuoi. Il mondo è brutto”

di CARLO TECCE (il Fatto Quotidiano 02-08-2014)

Carlo Tavecchio non si ritira, non s’arrende a un micidiale uno-due tra razzismo (Optì Pobà mangia banane) e maschilismo (le donne handicappate), convinto di poter guidare il calcio italiano. Ci vogliono ancora dieci giorni di resistenza, poi ci sarà la votazione per la Figc. Tavecchio non s’arrende neanche a due tifosi non proprio comodi, se non scomodi: Luciano Moggi, dirigente radiato e condannato a 2 anni e 4 mesi in Appello (processo di Napoli) e Franco Carraro, oggi senatore di Forza Italia, ex presidente Figc che mollò la poltrona appena furono svelate le trame di Calciopoli. Moggi fa l’opinionista e sostiene Tavecchio. Carraro fa il politico: è molto riservato, ma per il brianzolo Carlo s’è speso sui giornali e in televisione. Cos’è che unisce la coppia Moggi-Carraro al candidato (favorito) per la Figc? Premessa: questi rapporti non hanno mai avuto rilevanza per la giustizia ordinaria e sportiva.

Luciano: “Col ċazzo che mi hai cercato”

Per ricostruire questi incroci vanno riletti i documenti di un’inchiesta sportiva e giudiziaria che un po’ ha smantellato il vecchio calcio e un po’ l’ha salvato. Il 26 dicembre 2006 ore 13:06, un martedì in mezzo a un periodo festivo, il potente presidente di una potente Lega Nazionale Dilettanti - 700.000 partite a stagione, 1,5 miliardi di fatturato – riceve una telefonata. Tavecchio dice soltanto “pronto”, annotano i carabinieri di Roma. E l’interlocutore scherza: “Indovina chi è? Vediamo un po’ se indovini?”. Tavecchio ridacchia, appuntano sempre gli inquirenti, intuisce che quella voce nasale non può essere che quella di Luciano Moggi, all’epoca già ex diesse della Juventus (si dimise a maggio) e già sospeso da incarichi sportivi per 5 anni e con un’incombente proposta di radiazione che verrà ratificata nel 2011. Luciano rimprovera l’amico Carlo perché non gli è stato vicino mentre veniva cacciato a suon di sentenze dal pallone italiano: “In tutte queste disgrazie manco per il ċazzo ti sei fatto sentire”. Tavecchio non interrompe la chiamata: “Eh guarda io sono stato a vedere senza fare riflessioni, perché il mondo è difficile, è un mondo brutto questo”. Senza fare troppe chiacchiere, Moggi lo convoca per un incontro: “Io avrei bisogno di vederti in questo mondo brutto!”. E Tavecchio, nonostante sia assalito da un pessimismo cosmico, rispetta l’ordine: “Quando vuoi”. I due s’accordano per un appuntamento a Milano, in un albergo, il giovedì seguente, 28 dicembre. La mattina di quel giovedì, Moggi comunica l’impegno in agenda con Tavecchio anche a uno dei pezzi della triade bianconera, Antonio Giraudo, ex direttore generale della Juventus, radiato sempre nel 2011.

Il 6 marzo 2007, a meno di un mese dal plebiscito per Giancarlo Abete in Figc dopo l’anno dei commissari Guido Rossi e Luca Pancalli, i carabinieri registrano un secondo contatto tra Tavecchio e Moggi. L’ex juventino vuole organizzare, e di fretta, un nuovo colloquio con il brianzolo dei Dilettanti, che poi sarà nominato vice di Abete. Solito giochino: “Indovina chi sono?”. Tavecchio, arguto: “Capisco solo la voce io!”. E aggiunge: “Io so... Gli amici e le persone che si conoscono, si capiscono da questo, ricordatelo!”. Non c’è la necessità di essere nostalgici, perché Moggi gli chiede subito: “Bravo! Domani ho bisogno di vederti a Milano”. Stavolta, Tavecchio non può essere efficiente perché, da buon interista, si trova a Valencia per una partita dei nerazzurri. Moggi comprende: “Facciamo lunedì della prossima settimana, non ti preoccupare”.

Ma per illustrare l’intreccio Tavecchio-Carraro-Moggi va citata una telefonata del 26 dicembre 2006 tra lo stesso Lucianone e William Punghellini, allora capo del comitato interregionale (la serie D, provincia dell’impero Dilettanti cioè di Tavecchio), che due anni più tardi verrà squalificato per sei mesi e deciderà di lasciare spontaneamente la Federazione. In quei giorni, Punghellini contesta le modifiche allo statuto federale; prima accenna al ruolo di Carraro e poi si confida: “Adesso cercano in mille maniere, in sintonia con Gianni Petrucci (Coni, ndr) e Tavecchio di zittire me”. Moggi ha voglia di sfogare la propria delusione: “È incredibile, guarda. Io che ci fosse Carraro non avevo mai avuto dubbi, infatti vedi s’è fatto togliere la squalifica. (…) Da Sandulli”. Punghellini annuisce. Il professor Pietro Sandulli ha presieduto il collegio giudicante della Figc, organo di secondo grado, composto anche da Salvatore Catalano, Silvio Traversa, Mario Sanino, Mario Serio, che ha eliminato l’inibizione a 4 anni e 6 mesi inflitta a Carraro in primo grado. Moggi insinua che la riabilitazione di Carraro sia stata studiata bene. Punghellini argomenta e menziona Tavecchio: “Mi fa specie, però”, commenta Moggi. Punghellini non si trattiene più, e racconta: “(Tavecchio) È abituato a giocare su tre tavoli... di cotte e di crude. Per esempio ci ha messo del suo per cercare addirittura di aumentare la pena su Innocenzo (Mazzini, vicepresidente Figc, ndr). Perché tieni conto che Catalano... tutta questa gente qui ... è il suo avvocato”. Moggi domanda: “L’avvocato di Tavecchio?”. E Punghellini spiega: “Sì! Nel periodo in cui c’era la Caf (la Corte Federale per l’appello, ndr) le settimane precedenti Catalano è più il tempo che ha passato nell’ufficio di Tavecchio che coso, poi addirittura sono andati da Carraro. Addirittura gli ha telefonato Gianni Letta! Per salvare Carraro naturalmente!”. Moggi: “A chi hanno telefonato, a Catalano?”. Punghellini precisa “a Catalano e a Tavecchio” e poi rilancia: “Adesso ti raccomando il presidente dell’arbitrato del Coni. Sai anche questo è un amico di Tavecchio. Sono andati fuori a cena tremila volte. Hanno parlato e riparlato”.

L’interrogatorio e gli sconti all’ex capo della Figc

Il 13 dicembre 2007, Punghellini viene interrogato dal pm Giuseppe Narducci a Napoli, dove si svolge il processo a Calciopoli.

Il capo della serie D viene interpellato anche per le rivelazioni offerte a Moggi sulle presunte interferenze per attenuare la posizione di Carraro: “In effetti – mette a verbale Punghellini – ho ricevuto confidenze da parte di Tavecchio. Devo innanzitutto precisare che Tavecchio è sempre stato una delle persone più legate a Carraro all’interno della Federazione e che di questa rete di rapporti facenti capo a Carraro faceva parte certamente Gallavotti dell’ufficio giuridico. Dopo la vicenda di Calciopoli, ritengo che Tavecchio rimanesse il più solido punto di riferimento per Carraro”. Punghellini non smentisce: “È stato Tavecchio a riferirmi che lui si stava adoperando perché riteneva che Carraro fosse estraneo agli addebiti che gli erano stati contestati e per i quali era stato riconosciuto responsabile con la sentenza di primo grado. Fu lui a dirmi che Gallavotti era andato da lui e da questo io ho desunto che Tavecchio, come riferisco a Moggi, si era mosso attraverso Gallavotti”.

Punghellini rammenta le lamentele di Carraro a Tavecchio per il contenuto della sentenza di secondo grado (gli lasciarono una multa e una diffida) e conferma pure l’attivismo del candidato alla Figc: “È vero che Catalano è l’avvocato personale di Tavecchio ed è sempre stato Tavecchio a confidarmi che, nelle settimane precedenti la decisione del Caf (l’appello, ndr), Catalano aveva trascorso molto tempo nel suo ufficio e poi insieme erano andati da Carraro. È sempre stato Tavecchio a confidarmi di aver ricevuto una telefonata da Gianni Letta, il quale aveva chiesto a Tavecchio se la decisione di primo grado per Carraro era da ritenersi ormai definitiva ovvero se vi erano speranze di una possibile assoluzione. Tavecchio mi disse che lui, per parte sua, aveva risposto a Letta che riteneva Carraro estraneo ai fatti. (…). Nella telefonata con Moggi non sono stato preciso perché la verità è che fu sempre Tavecchio a dirmi che aveva telefonato a Catalano per informarlo che Letta chiedeva notizie sulla sorte giudiziaria di Franco Carraro”.

Carraro, 75 anni, è stato nel comitato esecutivo dell’Uefa fino al 2009, dall’82 fa parte del Comitato olimpico internazionale, dal 2011-2012 ha presieduto la Federazione degli sport invernali, nel 2013 è stato confermato al vertice dell’Accademia Nazionale Olimpica, da un anno è responsabile per lo sport di Forza Italia. Moggi, 77 anni, scrive su Libero , ha elogiato l’amico Carlo che, quattro anni fa, disse che il ritorno di Lucianone nel calcio era legittimo. Tavecchio, 71 anni, per 19 è stato sindaco di Ponte Lambro, dal 1999 è presidente della Lega Nazionale Dilettanti, dal 2007 è vicepresidente vicario della Figc. Quest’uomo è il più adatto a guidare il calcio italiano?

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Ok, vien da sorridere.

Moggi è stato bellamente raggirato dall'interista e carrarista Tavecchio ed anche qui vien portato come esempio negativo per antonomasia.

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LOTITUS TUUS

di IVAN ZAZZARONI (Il calcio è un cartone animato per adulti 01-08-2014)

Ab uno disce omnis. (Da uno, capisci come sono tutti).

Lo scrivo disordinatamente: ma è tutto vero.

Il presidente part-time (?!) della Legacalcio, Maurizio Beretta, l’ha messo e in seguito confermato Claudio Lotito.

Quando una decina di anni fa Lotito si presentò le prime volte in Lega divenne subito la barzelletta dei suoi colleghi: per ogni cosa, per ogni problema lui offriva una soluzione, un aiuto personale, e il consiglio lo applaudiva ironicamente. Gli faceva la ola. Il fatto è che poi il problema di uno e/o di tutti Lotito lo risolveva veramente.

Oggi se chiedi un intervento anche piccolo a un presidente di Serie A ti senti rispondere: “Ne hai parlato con Claudio?”.

Lotito ha effettivamente salvato la Lazio dal fallimento (tecnicamente e non solo era saltata) e grazie agli ottimi rapporti con una parte politica, l’Agenzia delle Entrate e Equitalia ha ottenuto lo “spalmadebiti”, una cosa fuori da ogni regola europea.

Lotito ha subito rotto con la Curva Nord della Lazio sfidando i poteri forti del tifo.

Lotito vanta e millanta amicizie particolarissime.

Lotito ha praticato il fuori-rosa ed è stato accusato – a parole – di mobbing da alcuni calciatori.

Lotito ha ridiscusso in prima persona il contratto collettivo inventandosi addirittura un sindacato calciatori (ipotesi Oddo) pronto a indebolire l’Aic di Tommasi.

Lotito possiede la Lazio e la Salernitana e c’è chi sostiene che insieme a Bogarelli di Infront sia dentro il Bari di Paparesta. Pertanto, ha un piede in A, uno in B e il terzo in Lega Pro. Insomma, è un fenomeno: ha tre piedi.

Lotito lavora 25 ore al giorno.

Lotito ha pagato una commissione monstre agli agenti di Zarate e tutto e filato via liscio.

Lotito ha voluto e ottenuto la morte delle comproprietà.

Lotito alla riunioni di Lega arriva preparatissimo, dopo aver letto tutto. A differenza degli altri 19 presidenti, ovviamente.

Lotito ha in qualche modo “salvato” il Bologna, il Varese e aiutato il Parma.

A gennaio Lotito ha venduto Hernanes all’Inter trovando addirittura le coperture finanziarie per far sì che Thohir lo prendesse entro i termini consentiti.

Lotito è il grande sponsor di Carlo Tavecchio e punta alla vicepresidenza federale.

Io non ce l’ho con Lotito che fa i suoi interessi e li fa benissimo. Ma con chi per insipienza, superficialità, incapacità e pigrizia, gli ha consegnato il calcio italiano.

Lotito ha un solo “nemico dichiarato”: il tifoso della Lazio. Fino a quando – immagina – la Lazio non tornerà a vincere qualcosa.

Lotito non vuole che il non-sistema cambi: ha fatto tanto per portarlo a questo punto.

Sospetto che il nostro calcio si salverà soltanto se e quando Lotito si metterà dalla parte dei buoni. Della gente.

Le quattro leghe stanche

delle ingerenze di Lotito

Poltrone a rischio Nel gioco delle poltrone rischia di saltare proprio il numero 1 della Lazio

di ANDREA ARZILLI (CORSERA 02-08-2014)

L’accusa mossa a Damiano Tommasi, cioè i calciatori, e a Renzo Ulivieri, ovvero gli allenatori, da parte di Claudio Lotito, il grande tessitore della candidatura di Carlo Tavecchio al vertice della Figc, è stata diretta: «Avete strumentalizzato tutta questa faccenda, l’avete data in pasto ai media», detto ieri con tono acceso e polemico nel pieno del Consiglio federale. Il fatto è che la gaffe sulle banane rischia di far deflagrare i piani del presidente della Lazio, anima della Lega di A che punta anche allo scranno in Figc. Siccome ora si è costretti a lavorare su un nuovo equilibrio e su nuove condizioni, nel valzer delle due poltrone da vice di Tavecchio potrebbe essere proprio Lotito a dover restare in piedi. Del resto il peso della Lega Pro è consistente (17%), in teoria un posto è suo. Mentre l’Aic di Tommasi e Albertini potrebbe anche accontentarsi dell’altro scranno. Nuovi scenari sui quali insistono i rapporti sempre più tesi tra Lotito e le quattro Leghe. Il motivo è semplice: da giorni il presidente biancoceleste smentisce, rettifica e lancia proclami a leghe unificate attraverso la sua responsabile della comunicazione. Interpretando, sì, il pensiero comune dell’appoggio a Tavecchio, da vero «spin doctor». Ma bypassando sistematicamente gli uffici stampa delle varie leghe che si ritrovano, come ieri la Lega Pro e la scorsa settimana la Lega di A, ad apprendere della propria posizione dagli organi d’informazione. Un’ingerenza che genera tensione proprio all’interno del fronte che Lotito era riuscito con grande fatica a rendere compatto.

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SCOMMESSE

L’Asia gioca sporco

L’allarme Una piaga senza confini e senza fine: il Palermo vittima

inconsapevole di una probabile combine orchestrata dai lettoni

dello Jurmala in una recente amichevole. L’Uefa vigila, ma a fatica

di IVO ROMANO (AVVENIRE 02-08-2014)

Il rischio sempre dietro l’angolo. Le “combine”, il cancro del calcio. L’Asia, l’epicentro del malaffare. Come una piovra che abbraccia mezzo mondo, senza risparmiare nessuno (o quasi), Italia compresa, come l’ultimo scandalo scommesse testimonia.

Non solo Asia, comunque. Quella è la terra dei bookmaker che muovono somme vertiginose, dei betting-syndicate che piazzano scommesse da capogiro, dei gruppi in odore di criminalità che corrompono e guadagnano, di intere nazionali (perfino di ragazzini) che combinano partite prendendo in giro chi governa il calcio mondiale. Un’onda lunga che arriva ovunque, minando la credibilità del calcio, inquinando interi campionati (anche in Europa, soprattutto a Est), evitando le trappole di chi è chiamato a contrastarla.

L’Asia è la punta di un iceberg, il continente dove la corruzione regna sovrana, di Paesi le cui nazionali giocano solo perché i criminali possano lucrare sulle loro partite. L’Europa non arriva a certi livelli, ma presenta sacche di corruzione a dir poco preoccupanti: i casi più recenti, in Europa League, con il coinvolgimenti di Celik Niksic (Montenegro), Daugava Riga (Lettonia) e Laci (Albania).

Il rischio è dietro l’angolo, per tutti. Anche per i più onesti, talvolta protagonisti, seppur inconsapevoli. E poco importa se si tratta di gare ufficiali o semplici amichevoli. Anzi, le amichevoli sono facile obiettivo, perché impongono rischi minimi, fanno meno rumore. Sempre sul chi va là, non ci si può distrarre un attimo. Meglio ancora, sarebbe il caso di affidarsi ad esperti, anche nella scelta degli sparring-partner.

Il Palermo ne sa qualcosa. Meglio, dovrebbe ma non sa. Un’amichevole, la seconda di questa estate, 6 gol segnati, nessuno subito. Una specie di “passeggiata”, che poi è pure nella logica delle cose: una squadra di Serie A contro la peggior compagine del campionato lettone, che non vince quasi mai, perde spesso e volentieri, incassa valanghe di reti. Il problema è che si tratta dello Jurmala, il cui nome alla Uefa (dove, grazie a Sportradar, si monitorano le scommesse di tutti i campionati europei) compare in una lista lunga così di gare quanto meno sospette, l’ultima non più di un mese fa.

Solito canovaccio, anche l’altro giorno, contro il Palermo. Perdere deliberatamente – valanghe di soldi puntati su uno scarto di almeno 3 gol, poi su almeno 4, e ancora, fino a 6 – garantendo un certo numero di gol (almeno 5 in totale nelle forti puntate iniziali, poi soldi a cascata su un totale di non meno di 6): è la prassi più comune nelle combine. Prassi che non sfugge all’occhio allenato di chi per mestiere va alla ricerca del marcio nel calcio.

Se n’è accorta Federbet (che collabora con la Liga spagnola, oltre che con alcuni club di casa nostra), che ha allertato la Lega lettone. Come al solito, scommesse (in modalità live) a dir poco anomale, valanghe di quattrini puntati in Asia (su Sbobet, l’unico bookmaker a quotare Palermo-Jurmala), incasso robusto quanto sicuro. E il Palermo a far da inconsapevole attore, vittima (e non complice) del raggiro. Il calcio è questo, a certi livelli. La cronaca lo testimonia: non solo i succitati casi in Europa League, ma pure (per dar conto del caso più clamoroso) la doppia sfida di qualificazione mondiale tra Cambogia e Laos, in barba ai silenzi della Fifa. Serve uno scatto in avanti, per starne alla larga. Competenza, la parola magica.

L’Italia ha pagato dazio, agli scandali legati alle scommesse. C’è chi ha reagito e chi no. La Federcalcio (ora in ben altre faccende affaccendata) non s’è mossa, affidandosi alla Uefa, che spendendo cifre considerevoli si fa carico di ciò che avviene ai livelli più alti di tutti i campionati europei). La Lega Pro lo ha fatto, in cooperazione con Sportradar: informazione, educazione, prevenzione e controllo sono i capisaldi di un progetto che i suoi frutti li ha dati (il germe non è stato debellato, ma il numero dei casi è diminuito in maniera sensibile). La Lega di A pare si appresti a fare altrettanto, ma rischia di incamminarsi sulla strada di un conflitto di interessi. Quella di B ha fatto poco o nulla.

Meglio cautelarsi, meglio per tutti. Sampdoria, Udinese e Atalanta ci hanno pensato per tempo: si sono affidate a Federbet, che monitora le scommesse (anche sulle competizioni giovanili) e tiene incontri con calciatori, tecnici, dirigenti. Progetti che, peraltro, aiutano i club a difendersi dai possibili eventuali effetti della responsabilità oggettiva. È la strada giusta, che tutti dovrebbero seguire. Anche per evitare incontri ravvicinati con squadre a rischio. Il caso Palermo-Jurmala insegna.

Chissà se saranno quotate ufficialmente le prossime amichevoli della Juventus

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Giochi finanziari Stessa proprietà e «trucchi» per i giocatori

Il monopoli dello sceicco: 30 milioni per chiamarsi City

Tanto incassa il Manchester da New York e Melbourne. Un modo per aggirare il fair play?

di DAVIDE PISONI (il Giornale 05-08-2014)

Frank Lampard dopo David Villa. I due colpi firmati New York City non hanno fatto in tempo a sbarcare in America e già hanno fatto le valigie per andare in prestito: lo spagnolo da giugno al Melbourne City, mentre l’inglese da domani si allenerà con il Manchester City. Il giro del mondo in tre City non è un nuovo gioco, ma l’ultima trovata dello sceicco Mansour bin Zayed Al Nahyan che dei tre club è il proprietario. Arsene Wenger ha subito insinuato il dubbio: «Non so se è un modo di aggirare il fair play finanziario...». L’allenatore dell’Arsenal l’ha buttata lì, la preoccupazione c’è: «Ho sentito che vogliono comprare cinque società in tutto il mondo». Volendo completare il giro del mondo mancherebbero una squadra asiatica e una africana.

Scherzi a parte in realtà c’è un giochetto da milioni di euro ideato dallo sceicco mentre l’Uefa gli staccava una multa da 60 milioni di euro per aver infranto il fair play finanziario. Anche perché il megacontratto di sponsorizzazione da 400 milioni di euro della Etihad, fondata e guidata da familiari di Mansour, è stato ritenuto un artifizio contabile che nelle intenzioni avrebbe dovuto far rientrare il City nel limite massimo di indebitamento consentito dalla Uefa (45 milioni).

Ma lo sceicco è già andato oltre creando i fratelli dell’originale Manchester City (investimento da oltre un miliardo di sterline dal 2008 a oggi), dopo aver testato l’esperimento con l’acquisizione della squadra al femminile dei citizens nel 2012 che fino ad allora era solo omonima di quella maschile. L’anno successivo fonda i New York City e lo scorso gennaio ha comprato i Melbourne Heart subito ribattezzati City. Perché non è questione di cuore, ma solo di affari che fanno rima con città. Due operazioni che vengono contabilizzate nel bilancio dei campioni d’Inghilterra con un introito di 30 milioni di euro per la vendita della proprietà intellettuale del nome City. Manovre legali anche se nei fatti venditore e compratore sono la stessa persona. E come se non bastasse ad amministrare le tre società in questione è la medesima persona: Ferran Soriano.

Dal nome della squadra ai calciatori, il giochetto cambia ma non nella sostanza. Se Villa in prestito al City australiano è soprattutto una mossa di marketing, quella di Lampar dal City originale è un potenziale affare anche perché in base alle sanzioni Uefa il Manchester City non può aumentare il suo monte ingaggi rispetto all’ultima stagione e inoltre l’esborso tra entrate e uscite di mercato è stato limitato a 60 milioni di euro. Più di Lampard, arrivato negli Usa a parametro zero, è Villa il caso che potrebbe fare scuola: comprato dal City americano per dieci milioni di euro e girato in prestito a quello australiano. Il discorso funzionerebbe più o meno così: «Io non posso spendere, comprami quel giocatore e poi me lo presti». Che poi sia la stessa persona a dire e fare è solo un particolare dell’ultimo giochetto dello sceicco con i City replicati.

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Amburgo in rosso?

C’è il tifoso miliardario

Kühne «comprò» Van der Vaart, adesso mette altri 17 milioni

di PIERFRANCESCO ARCHETTI (GASPORT 05-08-2014)

Quando anticipò 12,5 milioni, nel 2010, fu vista come una speculazione, non un atto d’amore verso la squadra per cui tifa, perché ottenne in cambio una percentuale sui diritti di sei giocatori. Ma era solo precauzione, non un possibile guadagno. Due anni fa però Klaus-Michael Kühne, allora al 95° posto fra gli uomini più ricchi sulla terra, «ricomprò» Van der Vaart, sborsando gli 8 milioni necessari per far tornare all’Amburgo l’olandese: conquistò più simpatie e consensi. Non era un regalo, era un prestito, ma il miliardario nato in città e residente in Svizzera, per ricerca di una fiscalità più leggera e non dei panorami alpini, sapeva che non avrebbe più rivisto i soldi. Però anche se è un dottore e professore ad honorem, quando agisce da tifoso il raziocinio si fa da parte. Dunque a quegli 8 milioni ieri Kühne ha annunciato di averne aggiunti altri 17, totale 25, come investimento per sistemare le perenni perdite del glorioso Hsv, unico sempre presente in Bundesliga ma di recente troppo precario. A maggio l’Amburgo si è salvato solo agli spareggi, qualche giorno dopo ha sospirato per la concessione della licenza, nonostante un centinaio di milioni di debiti.

Acquisti? Ostrzolek e Nicolai Müller «Con questo impegno sottolineo la mia fiducia nel nuovo assetto societario nella speranza che si riesca anche a rinforzare la squadra», ha detto ieri il «benefattore». Non che si aspetti Messi: è già tanto se, dopo Valon Behrami, arriveranno Nicolai Müller del Mainz e Matthias Ostrzolek dall’Augsburg. È già tanto se si farà un campionato tranquillo e magari con lo stesso allenatore visto che Mirko Slomka, preso in febbraio, è il dodicesimo negli ultimi 10 anni e sono serviti 16 milioni di buonuscite a tecnici e d.s.

Pura razza tedesca Kühne, 77 anni, proprietario del colosso della logistica «Kühne+Nagel», scivolò qualche anno fa in una frase che fece infuriare l’associazione degli ebrei, e dovette scusarsi: «Vogliamo mantenere la pura razza tedesca», disse a proposito di possibili partner stranieri nella sua ditta. L’Amburgo però rimane multiculturale e il tifoso miliardario sarà probabilmente ripagato in azioni: sfrutta la rivoluzione societaria di maggio che ha scorporato la sezione calcio dalla polisportiva, sull’esempio del Bayern, permettendo che il 24,9% delle quote vada sul mercato. Un’operazione che ha scontentato molti tifosi, rappresentati anche nel direttivo: alcuni hanno fondato una nuova società (Hfc Falke), altri hanno protestato contro «un magnate che vorrebbe prendersi tutto». Anche se è sceso al 119° posto dei ricconi mondiali, Kühne, patrimonio di 7,7 miliardi di euro, potrebbe comprare il club ma le regole tedesche non lo permettono. Allora ha mantenuto la promessa fatta prima del voto: «Se diventerà una s.p.a., metterò 20 milioni». Sono 25.

Insomma, non è che il modello tedesco sia privo di pecche... con queste regole, una società come il Bayern Monaco che ha raggiunto l'optimum finanziario e sportivo, dalla sua posizione dominante riesce a debellare sul nascere la concorrenza, almeno in patria: infatti riesce a cogliere tutte le opportunità possibili in Germania (l'ultima occasione persa è stata quella di Vidal).

Spanish giants back collective bargaining

by RORY SMITH (THE TIMES 04-08-2014)

Spain’s top-flight clubs are close to securing an agreement to sell their TV rights collectively from the start of the 2016-17 season in an attempt to mirror the success of the Barclays Premier League and prevent another decade of dominance by Real Madrid and Barcelona.

Between 2004, when Rafael Benítez led Valencia to the title, and 2014, when Atletico Madrid were champions, Real and Barcelona won every title and signed a raft of the world’s best players.

In no small part that disparity was down to La Liga’s clubs selling their broadcast rights on an individual basis. Real and Barcelona earn about £120 million each per season, more than twice as much as their nearest challengers, Atletico.

That imbalance has enabled both clubs to bring in a succession of superstars, but Josep Maria Bartomeu, the Barcelona president, has told The Times that he expects Spain to adopt a Premier League-style model in time for the start of the season.

“Barcelona and Madrid sell [their rights] individually and we negotiate with a lot of success,” he said. “That helps us to have as many of the best players in the world as possible. But we know the problem: the Premier League is very competitive. You never know who will win. In Spain, between 2004 and 2014 it has been just Barcelona and Madrid, mainly Barcelona.”

Bartomeu insists Barcelona have led the way in the campaign to sell the rights collectively, even if it would not benefit them in the short term.

“We are leading the attempt to find a consensus,” he said. “It has been our objective for a long time to convince all of the clubs in La Liga to sell the rights as a competition. Not all of them have been helpful. We will make the same, but the increase [in revenue] will go to the other clubs.” but in the game you are not as sharp. He has worked very hard this week and not recovered.”

In Spagna si aprono adesso, forse, alla democrazia pallonara

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Malagò prepara il finale “Tavecchio, troppe

cambiali ma in questa corsa l’epilogo sarà a sorpresa”

A sei giorni dall’elezione si infiamma la sfida alla presidenza Figc

Il n.1 del Coni: “Il commissariamento sarebbe un’ipotesi positiva”

POSSIBILE DEFERIMENTO Questo è un argomento del quale si deve occupare la Procura di Palazzi. Quell’espressione era inaccettabile

I CALCIATORI In Germania hanno dato il pallone a grandi ex. Da noi, salvo eccezioni, appena i calciatori vedono i soldi pensano non serva altro

LE COLPE Oggi il calcio è un mondo isolato nello sport italiano: mi sento in imbarazzo. Ma la colpa è di un paese che non ha cultura sportiva

di MARCO MENSURATI (la Repubblica 05-08-2014)

Da questa storia, che ormai è diventata un thriller, mi aspetto un finale a sorpresa. Magari entro l’11 agosto, magari subito dopo. Di certo il calcio italiano va resettato».

L’inno di Mameli, la suoneria dell’iphone di Giovanni Malagò, riempie i saloni del palazzo H del Foro Italico a intervalli regolari. Più o meno ogni cinque minuti. Del resto, il numero uno del Coni, in un momento come questo, con la poltrona di presidente della Figc in bilico tra “Carlo Tavecchio l’impresentabile” e “Demetrio Albertini l’outsider dei poteri forti”, deve essere sempre sul pezzo. C’è di mezzo l’immagine internazionale del calcio italiano, uno degli ultimi prodotti d’esportazione del paese.

Di buono c’è che quando chiude la telefonata, Malagò riesce quasi sempre a ripescare il punto esatto in cui si era interrotta la conversazione. «Dicevamo? Ah sì, del finale a sorpresa. Non posso dire altro. Solo che mercoledì stacco tutto e vado in ferie, ma ho pronto un piano b: se serve rientro subito a Roma. Il senso di responsabilità prima di tutto».

Ecco, presidente Malagò. La responsabilità. Dopo i mondiali, il calcio è un’azienda tecnicamente fallita. Sparatorie davanti agli stadi, curve in mano agli ultrà, procuratori padroni, pagamenti in nero, dichiarazioni farneticanti. Quest’anno tra Serie A e Serie B ci saranno tre squadre con i capitani coinvolti nel calcioscommesse. E l’unica risposta che il movimento ha saputo dare è “Tavecchio”. Lei, da presidente del Coni, non prova un po’ di vergogna?

«Tutto quello che sta succedendo mi imbarazza moltissimo».

E quindi?

«Resettiamo tutto».

Con Tavecchio 71 anni passati nel sottobosco del calcio o Albertini, già vice presidente di Abete?

«Il programma di Tavecchio è coraggioso e innovativo. Io però gli ho detto che non riuscirà ad attuarlo. Gli ho detto che ha troppe cambiali da pagare».

Si riferisce ai rapporti con i suoi sponsor? Galliani e Lotito?

«Gli ho detto che le sue idee non sono conciliabili con queste cambiali. Lui mi ha giurato che non ha vincoli con nessuno, stiamo a vedere. Per ciò che riguarda Albertini, la sua candidatura e la sua vittoria sarebbero di per sé una grande novità. Ma ritengo difficile il suo successo».

Dunque, resetteremo con Tavecchio, quello dei “negri mangiabanane”. Provi a dare una risposta all’obbiezione di Daniele De Rossi (“quindi il prossimo anno quando voglio insultare un ragazzo di colore posso dargli del mangiabanane”).

«Premesso che in questa fase le parole pronunciate da un giocatore della Roma o della Juve (grandi sponsor di Albertini, ndr) hanno un sapore diverso da quelle pronunciate da un giocatore della Lazio o del Milan (elettori di Tavecchio, ndr), non posso che ammettere che quanto detto da De Rossi è da incorniciare nella cassazione della giustizia sportiva».

Ritiene che Tavecchio debba essere deferito per il bananagate?

«Direi che se ne deve occupare Palazzi».

Quindi il capo della procura della Federcalcio. Il tenore delle parole di Tavecchio era discriminatorio?

«Il concetto espresso da Tavecchio era assolutamente sensato, l’espressione era del tutto inaccettabile. Il contenuto discriminatorio era in linea con le frasi lette la scorsa stagione su alcuni striscioni delle curve che hanno generato dibattito».

Non pensa che sia ridicolo ridurre il tema della presidenza della Figc alla sola frase sulla banana. O alla rete di Godin, il giocatore dell’Uruguay il cui gol ha eliminato l’Italia dai mondiali?

«Credo che occorra parlare di tutto quello che c’è stato prima del campionato del mondo. C’erano le premesse per fare cose importanti per il movimento. Ma si è persa l’occasione. Comunque ritengo che Abete si sarebbe di messo comunque per motivi personali. Non per questo il suo gesto è stato meno nobile, però».

Dica la verità, lei tifa per l’ipotesi commissariamento?

«Sarebbe un’ipotesi positiva perché potrebbe realizzare cose che un presidente eletto non riuscirebbe nemmeno a proporre. Sarebbe invece negativa perché creerebbe un precedente pericoloso nel non rispettare l’autonomia della Federazione».

Non crede che questa storia dell’autonomia sia ormai diventata un modo per non assumersi la responsabilità di dire: “Siete incapaci”, oppure: “Abbiamo fallito”.

«Io la devo comunque rispettare».

Grazie all’”autonomia” gli ultimi presidenti eletti sono stati Carraro (Calciopoli) e Abete (Calcioscommesse), e ora, a sentire lei, con ogni probabilità Tavecchio.

«A parte che secondo me nemmeno un veggente riuscirebbe a prevedere l’esito di questa partita e che secondo me succederà qualcosa di grosso subito dopo le elezioni. A parte questo, il calcio deve porsi il problema della complessità del ruolo di presidente federale. Vi chiedo, fatemi voi il nome di un buon presidente. Ma attenzione, deve essere uno che viene a Roma a lavorare 12 ore al giorno in cambio di 36mila euro lorde. Con tutta la pressione del caso, e con l’obbligo di trovare il consenso di un movimento vastissimo».

Non è il caso di riformarlo un sistema del genere? All’estero, in fondo, non sarà così diversa la realtà. Eppure ce l’hanno fatta.

«In Germania hanno messo il sistema in mano a grandi ex calciatori che dopo l’attività sono diventati grandi dirigenti. Calciatori-dirigenti sono l’ideale, non hanno bisogno di soldi e conoscono il sistema. Da noi i calciatori sono diversi: salvo rare eccezioni appena vedono i soldi pensano che non serva altro. Negli altri sport non è così. Gli atleti studiano, si creano percorsi paralleli. I calciatori no. Restano ignoranti».

Lei da presidente del Coni che cosa ha fatto per migliorare questa situazione?

«Sto cercando di favorire in tutti i modi la double career, che sta sfondando in tutte le federazioni tranne che nel calcio. Cammarelle (boxe) sta studiando management olimpico, e anche la Quintavalle (judo) e la Sensini (surf) studiano management sportivo. I calciatori nemmeno si laureano».

Insomma è colpa loro, non dei dirigenti che hanno creato un mondo retto da regole selvagge.

«La colpa è di un Paese che non ha cultura sportiva».

Dal primo giorno del suo mandato ad oggi il calcio non è migliorato di una virgola, anzi è peggiorato. Che senso ha un presidente del Coni con le mani legate dalla burocrazia?

«Il calcio non è migliorato, è vero. Ma io ho fatto presente che doveva migliorare. E, laddove potevo, sono intervenuto: giustizia sportiva, contributi alle federazioni, politica sportiva. Oggi il calcio è un mondo isolato nello sport italiano».

Il finale a sorpresa è il commissariamento?

«Non posso dirlo».

Ha già la squadra pronta?

«No. Ma sarei un pazzo se non ci stessi pensando».

Allure presidenziale, direttamente dai Parioli.

Malagò: “A elezioni prevedo una sorpresa”.

Sky: “Tavecchio? Troppe condanne”

Il presidente del Coni in un'intervista a la Repubblica e a Il Messaggero ha ribadito che il programma del favorito "è coraggioso, ma lui ha troppe cambiali

da pagare". Intanto continuano gli attacchi al presidente della Lega nazionale dilettanti. Agnelli, presidente della Juve: "Finora si è parlato solo di banane".

E in un documento interno, riportato dall'Adnkronos, l'azienda televisiva si schiera contro il favorito "non è un buon esempio, servirebbe un nome di rottura"

(il Fatto Quotidiano.t 05-08-2014)

Il memorandum interno di Sky assomiglia al programma di AA (per i malpensanti)

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E Lotito fa litigare la LegaPro per i gironi

Contestato il tentativo di spostare dal Sud la sua Salernitana

di FABIO MASSIMO SPLENDORE (CORSPORT 05-08-2014)

I gironi del campionato di Lega Pro erano attesi come uno snodo cruciale. Con un grande protagonista sugli scudi, Claudio Lotito, nonostante alla fine della giornata abbia voluto sfilarsi dal palco principale tenendo a precisare: «Non ero io ad aver chiesto qualcosa per la Salernitana». Quando però il giro di lancette è entrato nella seconda ora di discussione del direttivo appena insediato, i presidenti e i dirigenti delle squadre del girone sud, il C, hanno cominciato a innervosirsi. «Ora il problema del Sud è la Salernitana, solo la Salernitana», il commento rabbioso di più di qualcuno. In realtà si è consumato davvero una battaglia... “navale” di nervi in quelle due ore. Fino al trionfo del criterio di divisione orizzontale dello stivale, la territorialità. E Lotito, che verso tre si era allontanato per un pasto frugale: «Tavecchio? Il fronte è assolutamente unito e lui dice cose giuste nel modo sbagliato. Il Benevento contro? Poi vediamo... Il Messina vuole il commissario? Una rondine non fa primavera». Quando è tornato il patron della Salernitana sbandierava sorridente l’autonomia della Lega Pro. «I gironi? Io non influenzo nessuno, torna ora... La Lega lavora, autonoma di decidere».

NERVI E URLA. In realtà le cose non sembrano essere andate così. Anzi: non sono andate così. Lotito, dall’esterno, perché una sua presenza nel direttivo non poteva essere prevista, ha “vegliato” sulla scelta dei gironi, ha provato a piegarla al suo pensiero che era quello di portare la Salernitana nel girone centrale. E a un certo punto ci era riuscito: L’Aquila e Teramo nel Sud, dove erano prima che ripescassero Martina e Aversa, Salernitana e Ischia al centro. «E certo, un’altra campana a traino per non farla proprio sporca», il commento di qualche interessato. Si è accesa la battaglia nel direttivo, con la presidenza (Macalli e il consigliere federale Pitrolo) che in qualche modo pare cercassero una soluzione pro-Salernitana. E Lotito scatenato al telefono. Si sono alzati i toni, ma alla fine la Salernitana è rimasta nel girone sud con l’Ischia.

IL RETROSCENA. All’uscita il nervosismo si respirava forte nell’aria. Qualcuno aveva fatto notare anche a Lotito che vincere una battaglia per i gironi avrebbe messo a rischio la vittoria della “guerra”, pro Tavecchio. E il patron della Salernitana, uscendo e tradendo la tensione ha detto: «Io non ho chiesto niente per la Salernitana, è il Viminale che lo ha fatto. Ora qualcuno si prenderà la responsabilità se accadrà qualcosa». Macalli ha confermato: una lettera che consigliava, dopo segnalazioni di questore e prefetto di Salerno, di mettere in gironi diversi Salernitana e Paganese. «Ora faranno intervenire Alfano e ricambieranno tutto», la paura di alcuni presidenti. Bene, quella lettera un paio di mesi fa partì dal Viminale, è vero. Così come sempre dal Viminale fanno sapere che un intervento di Alfano in questa storia pare un timore fuori posto. Ma nessuno toglie dalla testa di molti che la comodità di un girone meno agguerrito e le ragioni di sicurezza, si siano fuse creando un incrocio favorevole a Lotito. «E perché non spostare la Paganese?». Ops, dubbio lecito. «Abbiamo scelto il male minore - la chiosa di Macalli - pur considerando situazioni importanti come quella che riguarda la Campania. Ma allo stesso tempo uno non può prendere le squadre e spostarle di quà e di là. Il consiglio ha deciso così anche senza l’unanimità di consensi».

IL CALCIO ESCA DA QUESTO INCUBO

di PAOLO DE PAOLA (CORSPORT 05-08-2014)

La dimensione del calcio italiano è la dimensione di Claudio Lotito che ritiene di essere il migliore di tutti. Gli altri presidenti lo lasciano fare perché fa comodo e per quieto vivere. Il caso Tavecchio non è altro che il riflesso di questa situazione paradossale ed emanazione diretta del potere di Lotito. Ieri il presidente della Lazio non ha perso occasione per dare battaglia anche in Lega Pro. Voleva fare i suoi interessi, in questo caso della Salernitana. Urla, baruffe e una momentanea sconfitta di Lotito. Vincerà pure questa battaglia? Può darsi, ma non è il punto. Lotito si sente sempre aggredito e dunque necessariamente obbligato a reagire. Soprattutto quando si parla del suo regno principale: la Lazio. Territorio nel quale esalta la sua sindrome da accerchiamento. E’ persuaso che potenti forze delinquenziali (che sicuramente esistono come attorno a tutte le grandi società) avrebbero plagiato con minacce e una subdola manovra capillare tutta la tifoseria biancoceleste. Insomma cinquanta/sessantamila sostenitori completamente soggiogati e condizionati. Ci sembra esagerato. Sia chiaro, nessuno intende negare che la battaglia contro il tifo violento non sia determinata anche e soprattutto dal coraggio dei presidenti che la intraprendono come Lotito ma la realtà è un’altra, per nulla semplice, ma un’altra.

Tocca diversi argomenti, estremizzarla non conduce da nessuna parte. Come è un’altra realtà quella che vede lapidato un Tavecchio inconsapevole prodotto di questo ristretto gioco di potere. Il calcio italiano è il condominio dell’amministratore Lotito che ritiene di battersi (lo ha detto più volte) per l’interesse di tutti. Gli possiamo anche credere, ma quali sono i risultati? Siamo retrocessi in B anche nell’Europa calcistica, la nostra Nazionale esce da un’esperienza penosa in Brasile, la presidenza della Figc sta diventando un caso internazionale per il ridicolo a cui ci espone, la delinquenza organizzata è capillarizzata nei nostri stadi. Un disastro. Determinato da chi? Forse da chi, da Milano, tira le fila guardando all’unica torta che c’è da dividersi: i diritti tv. Alla faccia di tutte le riforme. È questo ciò che vuole realmente Lotito? Farsi dire che è il più bravo e prestarsi al gioco di qualcun altro? Apra gli occhi Lotito, ma li aprano anche gli altri presidenti che si sono disinteressati del loro stesso mondo. Il commissariamento della Figc è l’unica strada per risalire da questo abisso.

Quotare De Paola... agghiacciante!

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Recupero di questo splendido pezzo

Il calcio e i cori razzisti contro il
Napoli: ecco il Tavecchio che avanza

di MAURIZIO DE GIOVANNI (IL MATTINO 01-08-2014)

Se il buongiorno si vede dal mattino, allora il sole, per il calcio italiano, non sorgerà affatto. Il pallone non ha cominciato ancora a rotolare stancamente sull’erba, trascinando il solito carico di polemiche e veleni, che già siamo tristi testimoni di un andazzo che minaccia di portare a fondo il gioco più amato del paese, sempre più simile alla parte deteriore del paese stesso. In un delirio di onnipotenza che ha preceduto la stessa nomina, l’annunciato presidente di Lega, il Tavecchio che avanza, ha dato fiato ai suoi pensieri facendo vedere a tutti di non averne affatto.

L’intero mondo del calcio, da Blatter in giù, ha mostrato prima imbarazzo e poi indignazione per frasi traboccanti di idiozia, pregiudizi e perfino razzismo. Il dopo Abete, la rinascita di un italcalcio mortificato e preso a pallonate ai Mondiali, in progressiva costante decomposizione tecnica, fuori dalle finali di coppe continentali da anni, invece di produrre almeno una ventata d’aria nuova ha emesso il puzzolente peto di una perfetta triste continuità col passato.

Quel che è peggio è che l’ineffabile Tavecchio, inizialmente sostenuto dall’intero mondo delle federazioni (in pratica tutte le società), vantava una schiacciante maggioranza di voti rispetto a pochi sostenitori dell’altro candidato, Albertini, proposto però da arbitri, calciatori e allenatori. Quindi, la contrapposizione era tra i padroni del vapore, quelli che dal pallone tirano fuori l’impresa, e i frequentatori del terreno di gioco, quelli che il calcio lo fanno in pratica: questo dovrà pur dire qualcosa. Per fortuna la dirompente intempestività delle sue parole pubbliche ha almeno creato una spaccatura nel fronte dei suoi supporters, anche se probabilmente vincerà lo stesso la corsa alla presidenza di lega.

Non sorprende perciò, se questa è l’aria che tira, che alcuni tifosi della Juventus si siano già distinti per stupidità con cori inneggianti al Vesuvio e al colera nel corso della prima amichevole della propria squadra, dimostrando di essere più avanti della stessa, che ha squallidamente pareggiato per zero a zero, nella preparazione. E’ ovvio a tutti che, se il presidente in pectore espresso dalla federazione si dimostra razzista e ottuso, non si può pretendere correttezza e fair play dalla curva.

Insomma, non si presenta sotto buoni auspici la stagione calcistica italiana. Su queste pagine abbiamo sostenuto fino alla noia che i cori beceri e imbecilli di discriminazione territoriale sono un fatto gravissimo, espressione di un sentimento sociale che monta nel buio e che non va sottovalutato; la normativa che potrebbe proteggerci da questo fenomeno anacronistico e feroce esiste, e prevede la penalizzazione in classifica della squadra i cui tifosi si rendono protagonisti di questo atteggiamento. Se si applicasse questa regola, sancita nella normativa e purtroppo mai messa in pratica con la connivenza colpevole dei presidenti delle società che vedono messi a rischio i propri investimenti e gli incassi, c’è da star certi che gli idioti verrebbero isolati e zittiti dagli stessi tifosi di maggioranza, altrimenti silenziosi e indifferenti. Invece si continua a minimizzare, dicendo in trasmissioni televisive e sui giornali che si tratta di semplici sfottò, che non c’è nulla di particolarmente malevolo, che è solo ironia, magari un po’ pesante. Come se fosse un ironico sfottò augurare un genocidio, una catastrofe naturale o un’epidemia a un’intera incolpevole città.

Attaccare Napoli e i napoletani, in maniera indiscriminata, è così nella totale impunità diventato un malcostume a tutte le latitudini; scontri armati come quello che ha portato alla morte del povero Ciro Esposito, la cui memoria indirettamente è stata calpestata dalla frangia della tifoseria juventina nell’amichevole col Cesena, sono figli del silenzio col quale le istituzioni sportiva accettano che sui campi imperversi la discriminazione territoriale.

Quel che sorprende e lascia attoniti è come alcuni uomini nuovi che dicono di voler cambiare il calcio, ricostruendolo dalle fondamenta, si schierino poi a sostegno di personaggi come Tavecchio che rappresenta il passato perdente e pressappochista, la difesa di interessi meschini e di divisioni di potere che assomigliano tragicamente al peggio di quella prima repubblica che stiamo cercando così faticosamente di dimenticare.

Davvero, mi son commosso mentre lo leggevo... vien voglia di trasformarsi in Aurelio De Laurentiis e prendere in giro i napolistani

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L’intervista Il grande sostenitore di Tavecchio esclude l’esistenza di cambiali: «Giuro di non aver mai parlato con lui di mie vicepresidenze»

Ma Lotito lo boccia: «Demé, di bilanci che ne sai?»

«Albertini che ha gestito in vita sua? Sette anni in Figc e che cosa ha fatto?»

Banali gaffe Quelle frasi? Banali gaffe. Concetti sacrosanti, perché gli stranieri che vengono a giocare in Italia devono essere bravi

De Rossi un dipendente Qui si rovescia il mondo, ora parla pure De Rossi. I dipendenti facciano i dipendenti

di FABRIZIO RONCONE (CORSERA 06-08-2014)

«Aho’, ce stai ancora? O sto a parlà da solo?».

(È passato al tu quasi senza accorgersene. La telefonata va avanti da dieci minuti, ma il presidente della Lazio Claudio Lotito non si decide a scivolare dentro il ritmo normale dell’intervista: parla solo lui, s’interroga e si risponde, polemizza, immagina, profetizza. Poi gli viene un dubbio, rallenta. «Dimme la verità: perché t’hanno chiesto de sentì proprio me sulla storia di Tavecchio?»).

Perché lei, insieme ad Adriano Galliani, è uno dei suoi due grandi sponsor.

«Io sponsorizzo il cambiamento del calcio italiano, punto! E Carlo Tavecchio può fare del bene al calcio, altro punto! Potremmo chiuderla qui. Solo che Tavecchio lo state perseguitando. Siete pretestuosi, cattivi. E forse qualcuno è pure pagato per seminare odio intorno a lui».

Il suo candidato alla presidenza della Federcalcio dice cose inaccettabili: giocatori negri che mangiano banane, donne handicappate.

«Banali gaffe».

No: incidenti gravissimi.

«Bah... Ha espresso concetti sacrosanti: gli stranieri che vengono a giocare in Italia devono essere bravi... poi, certo, concordo, ha certamente sbagliato la formulazione della frase. Però...» (Pausa, tira su con il naso).

Però?

«Tre minuti dopo ha chiesto scusa. Non è come lo descrivete. Io mi sono informato: ha aperto due ospedali in Togo, ha adottato due o tre bambini, ha persino...».

Il passato di Tavecchio non è limpidissimo. Ha avuto qualche problema con la giustizia.

«Ma che discorsi sono? Per me contano i fatti! E di Tavecchio due cose si possono dire con assoluta certezza: il programma con cui si è candidato è solido e moderno e da presidente della Lega dilettanti non ha fatto bene, ma benissimo. Tu l’hai mai letto Kant?».

L’ho studiato a scuola, presidente.

«Ecco, bravo... Allora sai quello che dice Kant: dice che c’è il noumeno e c’è il fenomeno. Il noumeno è la realtà, il fenomeno è ciò che appare. Perciò, se vogliamo dirla in un modo che piacerebbe al nostro filosofo, Tavecchio è il noumeno, Albertini il fenomeno».

Cosa non le piace di Albertini?

«Gliel’ho detto anche a lui: Demé, sei giovane e carino, ma tu, il bilancio di una società, sai cos’è? Hai mai gestito qualcosa in vita tua? Sono sette anni, che stai lì, in Federcalcio: e che puoi dire di aver fatto? Niente, zero. Anzi, essendo stato il capo spedizione in Brasile, hai pure contribuito al terrificante naufragio della nostra povera nazionale. No, dammi retta, Demé, lascia stare».

E lui?

«Sa che non ha i numeri per farcela».

Veramente, il fronte di coloro che prendono le distanze dalla candidatura Tavecchio si allarga: oltre a Juve e Roma, ci sono Fiorentina, Sampdoria, Sassuolo...

«Embé? Sono minoranza, sono. No, dico: la democrazia è chiara. Per ora, nonostante l’imponente operazione di killeraggio mediatico, sono pochini ad essere contro Tavecchio. E poi... no, vabbé, lasciamo stare, se no dicono che so’ il solito Lotito...».

La prego, presidente.

«Mi tiri per i capelli e allora lo dico, sia pure senza fare nomi: ma dobbiamo star qui a prendere lezioni da quelli che ogni anno chiudono in perdita di 50-60 milioni? Sono questi geni che dovrebbero spiegarci come far rinascere il nostro calcio?».

(Gli squilla un altro telefonino. «Chi sei? Sto’ a parla’ con il Corriere della Sera. Chiama dopo»).

«Mhmm... Dicevamo?».

Anche molti calciatori sono indignati con Tavecchio: Daniele De Rossi si chiede se, quando vorrà insultare un giocatore di colore, potrà dargli del «mangiabanane».

«Ah, beh, allora qui si rovescia il mondo! Ora parla pure De Rossi! I dipendenti dovrebbero fare i dipendenti, no?».

Senta: Giovanni Malagò sostiene che il programma di Tavecchio è coraggioso e innovativo, ma impossibile da attuare, perché Tavecchio ha troppe cambiali da pagare.

«No, su, parliamo d’altro...».

Malagò è il presidente del Coni.

«E sarà pure presidente del Coni, ma io non ne parlo!».

Numerosi osservatori ritengono che stia lavorando a una soluzione di commissariamento.

«Ah ah ah!... Malagò, che è una persona intelligente, sa perfettamente che non ha gli strumenti giuridici per procedere con un commissariamento... e sa pure che il commissariamento è previsto solo per situazioni estreme: ma non mi sembra che ci siano gravi illeciti o che la Federcalcio sia sull’orlo del default... Quindi...».

La voce che gira è che una delle cambiali, qualora fosse eletto, Tavecchio dovrà pagarla proprio a lei.

«A me?».

Esatto: nominandola vicepresidente.

«Ma proprio no! Ora: io sono cattolico, praticante e cristiano, e davvero non dovrei mettermi a giurare... però, ecco, lo faccio: giuro di non aver mai parlato di questo con Tavecchio, mai!».

(Altra telefonata sul secondo telefonino: «Ti richiamo, sto chiudendo un concetto con il Corriere...»).

«Un’ultima cosa: se pensano di piegare Tavecchio con menzogne e fango, sbagliano. Quell’uomo ha una tempra eccezionale. E sai perché?».

No, perché?

«Perché è un alpino!... No, non ridere, sul serio: ha fatto il militare nel corpo degli alpini...».

Anche Demetrio Albertini ha fatto il militare, a Cuneo.

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IL REGNO DI TAVECCHIO

FONDI, ISCRIZIONI E FAVORI

DOSSIER IN PROCURA (DENUNCIA PER CALUNNIA): DALLA GESTIONE FINANZIARIA

DELLA LEGA DILETTANTI AI CONFLITTI D’INTERESSE. E QUEI SALVATAGGI IN D

A VARESE Danilo Filippini, ex dirigente di calcio, replica a una

querela per diffamazione del ragioniere e deposita numerosi documenti

di TOMMASO RODANO & CARLO TECCE (il Fatto Quotidiano 06-08-2014)

Ogni giorno che passa, e ne mancano cinque all’annunciata investitura in Federcalcio, il ragionier Carlo Tavecchio arruola dissidenti, smarrisce elettori: resiste però, faticosamente resiste. Nonostante le perplessità di Giovanni Malagò (Coni), dei calciatori più famosi e di qualche squadra di serie maggiore o inferiore. Il padrone dei Dilettanti, che dal ‘99 gestisce un’azienda da 700.000 partite a stagione e da 1,5 miliardi di euro di fatturato, com’è da dirigente? Dopo aver conosciuto le sue non spiccate capacità oratorie, tra donne sportive handicappate e africani mangia-banane, conviene rovistare nel suo passato. E arriva puntuale una denuncia per calunnia contro Tavecchio, depositata in Procura a Varese due giorni fa, a firma Danilo Filippini, ex proprietario dell’Ac Pro Patria et Libertate, a oggi ancora detentore di un marchio storico per la città di Busto Arsizio. Per difendersi da una querela per diffamazione – su un sito aveva definito il candidato favorito alla Figc un “pregiudicato doc” – Filippini ha deciso di attaccare: ha presentato documenti che riguardano il Tavecchio imprenditore e il Tavecchio sportivo, e se ne assume la responsabilità. Oltre a elencare le cinque condanne che il brianzolo, già sindaco di Ponte Lambro, ha ricevuto negli anni (e per i quali ha ottenuto una riabilitazione) e i protesti per cambiali da un miliardo di lire dopo il fallimento di una sua azienda (la Intras srl), Filippini allega una lettera, datata 24 ottobre 2000, Tavecchio era capo dei Dilettanti dal maggio ‘99.

Il “private banking” e il vice si dimette

Luigi Ragno, un ex tenente colonnello dei Carabinieri, già commissario arbitrale, vice di Tavecchio, informa i vertici di Lega e Federazione di una gestione finanziaria molto personalistica del presidente. E si dimette. “Mi pregio comunicare che nel corso del Consiglio di Presidenza –si legge– è stato rilevato che la Lega intrattiene un rapporto di conto corrente presso la Cariplo di Roma, aperto successivamente al Primo Luglio 1999 (…). L’apertura del conto corrente appare correlata alla comunicazione del Presidente di ‘avere esteso alla Cariplo, oltre alla Banca di Roma già esistente, la gestione dei fondi della Lega. Entrambi gli Istituti hanno garantito, oltre alla migliore offerta sulla gestione dei conti, forme di sponsorizzazione i cui contenuti sono in corso di contrattazione”.

Quelle erano le premesse, poi partono le contestazioni a Tavecchio: “Non risulta che alcun organo collegiale della Lega sia mai stato chiamato a esprimere valutazioni in ordine a offerte formulate dagli Istituti di credito di cui sopra”. “Risulta che non sono state prese in considerazione dal presidente più di venti offerte di condizione presentate in busta chiusa da primarie banche che operano su Roma, le quali erano state contattate dal commissario”. “Non risulta che né la Banca di Roma né la Cariplo abbiano concluso con la Lega accordi di sponsorizzazione”.

“Nella sezione Attività della situazione patrimoniale del bilancio della Lega non appare, nella voce ‘banche’, la presenza del conto corrente acceso presso Cariplo”. “Nella sezione Attività della situazione patrimoniale, alla voce ‘Liquidità/Lega Nazionale Dilettanti’ risulta l’importo di Lire 18.774.126.556, che non rappresenta, come potrebbe sembrare a prima vista, il totale delle risorse finanziarie dei Comitati e delle Divisioni giacenti presso la Lega, bensì è costituito da un saldo algebrico tra posizioni creditorie e posizioni debitorie nei confronti della Lega”.

Segue una dettagliata tabella dei finanziamenti ai vari Comitati regionali, e viene così recensita: “Il presidente della Lega ha comunicato che ai suddetti ‘finanziamenti di fatto’ è applicato il tasso di interesse del 2,40%, la cui misura peraltro non è stata stabilità da alcun organo collegiale”.

Il vice di Tavecchio fa sapere di aver scoperto anche un servizio di “private banking”, sempre con Cariplo, gestito in esclusiva dal ragionier brianzolo: “Nessun Organo collegiale della Lega ha mai autorizzato l’apertura di tale rapporto (…) e mai ha autorizzato il presidente a disporre con firma singola (…) Trattasi di un comportamento inspiegabile e ingiustificabile, anche in considerazione della consistenza degli importi non inferiore ai venti miliardi di lire”. Ragno spedisce una raccomandata alla Cariplo, e si congeda dai Dilettanti di Tavecchio: “Di fronte all’accertata mancanza di chiarezza, di trasparenza e di correttezza e di gravi irregolarità da parte del massimo esponente della Lega, non mi sento di avallare tale comportamento gestionale e comunico le immediate dimissioni”.

Gli occhi chiusi sul Messina per due volte

Per comprendere la natura del consenso costruito minuziosamente da Tavecchio nella gestione della Lega Dilettanti, un caso esemplare è quello del Messina calcio. La società siciliana approda in Lnd nella stagione sportiva 2008-2009. La famiglia Franza è stufa del suo giocattolo, vorrebbe vendere la squadra, ma non trova acquirenti. Il Messina è inghiottito dai debiti. Dovrebbe militare in serie B, ma il presidente Pietro Franza non l’iscrive al campionato cadetto: deve ricominciare dai dilettanti. Il problema è che il Messina è tecnicamente fallito (la bancarotta arriverà dopo pochi mesi) e non avrebbe le carte in regola nemmeno per ripartire da lì. E invece Tavecchio, con una forzatura, firma l’iscrizione dei giallorossi alla Lega che dirige. L’uomo chiave si chiama Mattia Grassani, principe del foro sportivo e, guarda caso, consulente personale di Tavecchio e della stessa Lnd: è lui a curare i documenti (compreso un fantasioso piano industriale per una società ben oltre l’orlo del crac) su cui si basa l’iscrizione dei siciliani. In pratica, si decide tutto in casa.

Nel 2011 il Messina, ancora in Lega dilettanti, è di nuovo nei guai. Dopo una serie di vicissitudini, la nuova società (Associazione Calcio Rinascita Messina) è finita nelle mani dell’imprenditore calabrese Bruno Martorano. La gestione economica non è più virtuosa di quella dei suoi predecessori. Martorano firma in prima persona la domanda d’iscrizione della squadra alla Lega. Non potrebbe farlo: sulle sue spalle pesa un’inibizione sportiva di sei mesi. Non solo. La documentazione contiene, tra le altre, la firma del calciatore Christian Mangiarotti: si scoprirà presto che è stata falsificata. Il consulente del Messina (e della Lega, e di Tavecchio) è sempre Grassani: i giallorossi anche questa volta vengono miracolosamente iscritti alla categoria. Poi, una volta accertata l’irregolarità nella firma di Mangiarotti, la sanzione per il Messina sarà molto generosa: appena 1 punto in classifica (e poche migliaia d’euro, oltre ad altri 18 mesi di inibizione per Martorano).

Il catering di Mambelli e il matrimonio col timbro

Tavecchio, come noto, è l’uomo che istituisce la commissione “per gli impianti sportivi in erba sintetica” affidandola all’ingegnere Antonio Armeni, e che subito dopo assegna la “certificazione e omologazione” degli stessi campi da calcio alla società (Labosport srl) partecipata dal figlio, Roberto Armeni. Non solo: la Lega Nazionale Dilettanti di Tavecchio ha un’agenzia a cui si affida per l’organizzazione di convegni, cerimonie ed assemblee. Si chiama Tourist sports service. Uno dei due soci, al 50 per cento, si chiama Alberto Mambelli. Chi è costui? Il vice presidente della stessa Lega dilettanti e lo storico braccio destro di Tavecchio. Un’amicizia di lunga data. Nel 1998 Tavecchio è alla guida del comitato lombardo della Lnd. C’è il matrimonio della figlia di Carlo, Renata. Mambelli è tra gli invitati. Piccolo particolare: sulla partecipazione c’è il timbro ufficiale della Figc, Comitato Regionale Lombardia. Quando si dice una grande famiglia.

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Secondo me, Tavecchio vincerà perchè non ci sono alternative.

Albertini... mh

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Secondo me, Tavecchio vincerà perchè non ci sono alternative.

Albertini... mh

C'è ancora tempo per altre gaffe di Tavecchio, successivo ed ulteriore killeraggio, astensione di Albertini, commissario... almeno questa è la speranza

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C'è ancora tempo per altre gaffe di Tavecchio, successivo ed ulteriore killeraggio, astensione di Albertini, commissario... almeno questa è la speranza

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C'è ancora tempo per altre gaffe di Tavecchio, successivo ed ulteriore killeraggio, astensione di Albertini, commissario... almeno questa è la speranza

Anche se le altre esperienze di commissariamento non sono certo state positive.

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Inviato (modificato)

Sto str**** di Taormina e' stato condannato, noi quando catzo lo citeremo in giudizio?

Carlo Taormina condannato per frasi omofobe

Le affermazioni contro gli omosessuali pronunciate lo scorso 16 ottobre durante la trasmissione radiofonica “La zanzara” sono costate all’avvocato Carlo Taormina una condanna per discriminazione. La sentenza è stata emessa dal giudice del lavoro di Bergamo Monica Bertoncini che, inoltre, ha ordinato a Taormina «a titolo di risarcimento del danno» il pagamento di 10mila euro a favore dell’ associazione Avvocatura per i diritti Lgbt-Rete Lenford, che aveva presentato il ricorso.

http://milano.repubblica.it/cronaca/2014/08/06/news/dichiarazioni_contro_i_gay_alla_zanzara_l_avvocato_taormina_condannato_per_disciminazione-93261461/?ref=HREC1-22

Modificato da ClaudioGentile

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IL TEMPO 07-08-2014

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SPORT 07-08-2014

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Inviato (modificato)
Il decreto di Alfano

«Violenti da stadio. Li tratteremo come i mafiosi»

«Prevenzione, daspo di gruppo, lotta al razzismo

Vogliamo ridare finalmente gli stadi alle famiglie»

Molto probabile che Napoli-Roma e Roma-Napoli si giochino senza tifoserie ospiti

di VALERIO PICCIONI (GASPORT 08-08-2014)

A 46 giorni dalla morte di Ciro Esposito, oggi pomeriggio il Consiglio dei ministri approverà il nuovo decreto antiviolenza per stadi e dintorni. Il ministro Angelino Alfano è soddisfatto, si capisce che il lavoro di stesura non è stato semplicissimo. «Da domani mettiamo alla prova queste norme. L’obiettivo è chiaro: fuori i violenti dagli stadi, restituiti alle famiglie».

Il daspo è ancora una volta il cardine della strategia repressiva e preventiva.

«Abbiamo scelto la linea dura per i recidivi, per cui è previsto il divieto di stadio dai cinque agli otto anni. E scatteranno i provvedimenti anche in caso di esposizione di striscioni violenti e di istigazione all’odio, e di atti che avvengono fuori dallo stadio. Poi c’è il daspo di gruppo».

Ma se io resto sul pullman e i miei compagni di viaggio sfasciano un autogrill...

«Le responsabilità andranno poi valutate sul piano personale».

L’istituto del daspo però è stato messo in crisi da alcune recenti sentenze. Sarà inattaccabile?

«Noi riteniamo di sì. Tantevvero che anche la Giurisprudenza fornisce suggerimenti ai Questori affinché motivino meglio i loro provvedimenti da renderli difficilmente attaccabili in sede giurisdizionale».

In alcuni casi scatterà l’obbligo di firma durante la partita.

«Vogliamo che i violenti non si avvicino neanche allo stadio».

Basterà il Questore o ci vorrà il magistrato per disporlo?

«Rientra fra i poteri del Questore».

Nel Decreto non c’è lo scioglimento dei gruppi ultrà. Non volete penalizzare tutto quel mondo, ma come fare perché il sopravvento non lo prendano sempre i violenti?

«Il rigore delle sanzioni nei confronti di coloro che commettano atti di violenza può arrivare alla misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale, misura fino a oggi prevista per i criminali più pericolosi, che appartengano ad associazione mafiose e non. E il rischio di vedersi impedite le trasferte per due anni dovrebbe ridurre i comportamenti violenti e vessatori».

Il ministro dell’Interno potrà vietare le trasferte.

«Non sarà un divieto generalizzato, si procederà caso per caso».

Il provvedimento riguarderà uno stadio o una tifoseria?

«Una o più tifoserie».

Purtroppo viene subito in mente la morte di Ciro Esposito e il rischio che a violenza si aggiunga violenza nonostante i coraggiosi appelli della famiglia. Dei segnali preoccupanti ci sono stati.

«La situazione è tenuta sotto controllo, inoltre il messaggio della mamma di Ciro e la serenità che l’attività investigativa ci deve dare, lascia ben sperare».

Ma come fare perché Napoli-Roma o Roma-Napoli non siano le partite del coprifuoco?

«Da un lato sarà molto probabile che gli organismi preposti decidano che queste partite si svolgano con il divieto delle trasferte della tifoseria avversaria. Poi confidiamo nella prevenzione che le società esercitano nelle relazioni con le tifoserie».

Intanto avete ampliato la flagranza differita.

«É prevista per gli autori di manifestazioni esteriori di discriminazione razziale. Striscioni, emblemi, simboli»

L’istigazione comprende anche la famosa discriminazione territoriale che tanto fece discutere per le decisioni della giustizia sportiva?

«No, l’istigazione scatta quando incita alla violenza o alla discriminazione razziale».

Ministro, a guidare il calcio nella lotta al razzismo ci potrebbe essere però Carlo Tavecchio, che ha pronunciato l’assurda frase su stranieri e banane.

«Vedo troppi interessi in campo perché io possa, nella mia posizione governativa, esprimere un qualcosa che non venga male interpretato. L’autonomia dello sport è un valore imprescindibile e a questo rispetto ci dobbiamo attenere».

Mancano nel Decreto alcuni temi: settorializzazione degli stadi, formazione degli steward, ticket elettronico.

«Sono cose che rientrano nelle conclusioni della task force e fanno già parte delle determinazioni adottate con le società e le istituzioni sportive».

Ora che cosa chiede al calcio italiano?

«Di dare un calcio alla violenza. Attraverso ogni sforzo possibile per cacciare i violenti dagli stadi, restituendoli alle famiglie e ai bambini».

“Un deterrente per le combine

so che la mia inchiesta è servita”

Misure in linea con la Ue: in futuro ci penseranno due volte prima di vendersi una partita

di MATTEO PINCI (la Repubblica 09-08-2014)

Fino a 9 anni di pena per la frode sportiva se produce l’alterazione dei risultati nel concorso pronostici: il decreto sicurezza di Alfano riguarda anche le “combine”, e fa sorridere Roberto Di Martino, procuratore di Cremona e pm che ha condotto il filone d’inchiesta più noto sul calcioscommesse.

«Ora so che la mia inchiesta ha già ottenuto un risultato».

A che si riferisce procuratore?

«Sono soddisfatto di aver sollevato il coperchio su un fenomeno come l’alterazione delle partite. Ovviamente le novità non saranno utilizzabili nel mio processo, ma in futuro i giocatori ci penseranno due volte prima di vendersi una partita».

In che modo migliora l’attività d’indagine sul fenomeno grazie a queste norme?

«Intanto le misure sono più pesanti, prima la pena massima era un anno. O due con le aggravanti. Per questo sarà possibile arrestare i responsabili e indagare utilizzando le intercettazioni: non bisognerà più andare alla ricerca di un’associazione a delinquere molto difficile da accertare. Posso dirle la verità?».

Prego...

«Pensavo la mia indagine sarebbe rimasta l’unica condotta con le intercettazioni. Per noi fu possibile perché le bottigliette dei giocatori della Cremonese vennero alterate con altre sostanze e da lì scoprimmo il resto. Fino a oggi indagare su fenomeni analoghi era più difficoltoso».

Quindi valuta positivamente queste misure.

«Soprattutto, sono conformi a quanto si dice sul tema al parlamento europeo. Ero stato ospite a dicembre a Bruxelles e si discuteva proprio di misure analoghe. Ora posso pensare di aver dato con la mia indagine un contributo».

Modificato da Ghost Dog

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TUTTA LA ROMA A PALLOTTA

Il presidente a un passo dall’acquisto del 31% di Neep detenuto da Unicredit: a breve potrà salire al 100. Prezzo: circa 55 milioni

Anche il 5% ancora inmano a DiBenedetto potrebbe essere ceduto alla Starwood, già alleata con il numero uno di Trigoria

CON QUESTA OPERAZIONE SI CONCLUDE LA MISSIONE DELLA BANCA GIÀ DETERMINANTE NEL SALVATAGGIO DELLA SOCIETÀ

di ROSARIO DIMITO (Il Messaggero 09-08-2014)

Tre anni dopo averla traghettata agli americani, Unicredit si fa da parte avendo concluso il suo compito. La banca guidata da Federico Ghizzoni sta definendo la cessione del 31% di Neep holding, azionista con il 78% della As Roma, alla As Roma Spv, cassaforte facente capo a James Pallotta e ai suoi vecchi compagni di cordata. L’operazione sarebbe alle battute finali. Anche se Unicredit, interpellata, preferisce non fare commenti, al Messaggero risulta che proprio nelle ultime ore i legali che seguono il deal - Roberto Cappelli, vicepresidente della squadra, in quota Unicredit e lo studio Tonucci per Pallotta - si sarebbero scambiati alcune mail che spianano la strada verso l’accordo. Il prezzo dovrebbe attestarsi attorno a 55 milioni, comunque tra 50 e 60. L’intesa potrebbe essere perfezionata e annunciata nei primi giorni della prossima settimana.

AGOSTO MESE CRUCIALE

Un bel colpo, un successo che porta il nome soprattutto di Paolo Fiorentino, vicedirettore generale della banca, presidente di Neep e membro del consiglio della Roma che da almeno quattro anni segue costantemente la società giallorossa. E ha sempre concluso nel mese di agosto le principali operazioni riguardanti il club. Fiorentino è stato l’artefice nella primavera 2010 del salvataggio del club che rischiava di naufragare sotto il peso degli oltre 350 milioni di debiti accumulati dalla famiglia Sensi, di cui 325 con Unicredit.

Ma il riassetto del gruppo potrebbe riguardare anche la compagine societaria della As Roma Spv, titolare del 60% della Neep di cui Raptor Capital Management, fondo direttamente controllato dal presidente della Roma detiene il 9% da agosto dello scorso anno. As Roma Spv sarebbe controllata con una larga maggioranza da Pallotta, ma nel capitale dovrebbero essere ancora presenti gli alleati storici: Richard D’Amore, Michael Ruane e, soprattutto Tom DiBenedetto che era a capo del pool di investitori che si aggiudicò, non senza traversie e colpi di scena (si ricordi lo slittamento di una settimana della concessione dell’esclusiva perchè mancavano le garanzie bancarie), la Roma calcio, al termine dell’asta organizzata da Rothschild. DiBenedetto & c acquisirono ai primi di agosto 2011 la maggioranza per 67 milioni, più l’opa: totale circa 100 rastrellato attraverso un aumento di capitale. Quando avvenne la firma, Neep era controllata al 60% dagli americani e al 40% da Unicredit.

DiBenedetto, imprenditore di Boston con genitori nati a Siano (provincia di Salerno), dovrebbe avere ancora una quota di circa il 5% della cassaforte americana.

Due anni fa, sempre di agosto, l’allora patron lasciò la presidenza della Roma calcio a Pallotta iniziando la marcia indietro dall’impegno nell’avventura calcistica italiana sembra per ragioni economiche. Per questo da tempo, l’imprenditore italo-americano era in pressing su Pallotta per monetizzare l’ultimo pacchetto. E adesso, contemporaneamente all’acquisto del 31% indiretto nel club, Pallotta avrebbe mediato la cessione del 5% nella As Roma Spv a Starwood, il gruppo immobiliare già alleato del presidente della società giallorossa nella costruzione del nuovo Stadio. Se anche questa operazione dovesse concretizzarsi, si apre una nuova era per la Magica, tutta nel segno di investitori americani. E si chiude anche l’interregno di Unicredit cui comunque i tifosi giallorossi devono essere grati perchè il suo intervento è stato provvidenziale, oltre per tutelare le proprie ragioni di credito, per mantenere in vita la società calcistica, scongiurando l’inferno toccato da Piacenza, Triestina, Taranto, Spal, Lucchese, Foggia che hanno portato i libri in tribunale. O senza andare lontano, alla Tevere Roma.

Accordo sullo stadio

Roma Intesa Comune-Parnasi: i costi raddoppiano in cambio dell’ok sulle cubature aggiuntive

Pallotta atteso nella Capitale per l’incontro decisivo. Ma attenzione ai tempi e al nodo espropri

Le richieste Saranno unificate la via del Mare e l'Ostiense. Più parcheggi e treni oltre alla stazione di Tor di Valle

di FERNANDO MAGLIARO (IL TEMPO 09-08-2014)

Fine agosto italiano per il presidente della As Roma, James Pallotta. A Trigoria lo aspettano per chiudere la partita sullo stadio, per assistere il 28 agosto al sorteggio di Champions League a Montecarlo e il 30, per la prima di campionato contro la Fiorentina. Sullo stadio Pallotta dovrebbe vedere prima Luca Parnasi per poi, insieme, andare dal sindaco Marino. In quell’occasione si dovrebbe dare il via libera alle modifiche richieste dal Comune, in Conferenza dei servizi, al progetto dell’impianto di Tor di Valle.In sostanza, l’accordo sarà modifiche contro cubature. E tutti contenti.

Le principali richieste del Comune sono su viabilità, trasporto pubblico, parcheggi, Riserva naturale. Alla fine la via del Mare e la via Ostiense saranno unificate fra Marconi e Raccordo, e si interverrà sulla Roma-Lido di Ostia. Non sarà necessario acquistare nuovi convogli, ma l’investimento di 10-12 milioni di euro sarà destinato a creare la nuova stazione Tor di Valle, con parti impiantistiche, per raddoppiare l’attuale frequenza dei treni portandola da 6 a 12 l’ora in occasione delle partite. Sui parcheggi, il Comune ha richiesto che siano aumentati. Una parte dovrà essere a servizio delle aree commerciali e l’altra servirà allo stadio e dovrà eliminare il rischio «sosta selvaggia» in occasione degli incontri. Infine: la Riserva naturale della Tenuta dei Massimi che dovrebbe essere espropriata e sulla quale si dovrebbe realizzare la rotatoria di svincolo dalla Roma-Fiumicino a servizio dello stadio. Date le difficoltà tecniche emerse è probabile che il progetto definitivo cancelli l’intervento con conseguente spostamento del futuro svincolo. In cambio di tutte queste modifiche, che dovrebbero portare il costo delle opere pubbliche intorno al mezzo miliardo di euro, il Comune dovrebbe accettare le cubature aggiuntive proposte da Parnasi che, a questo punto, rientrerebbero nell’equa compensazione. Solo al momento dell’incontro fra Marino, Parnasi e Pallotta, verrà dato il semaforo verde al progetto, attraverso la delibera che andrà votata dall’Assemblea capitolina. Il passaggio in Giunta, quindi, avverrà proprio a ridosso della scadenza del 27 agosto. Visto l’accordo tecnico-politico fra Comune e Parnasi, è difficile ipotizzare un ricorso a Palazzo Chigi anche perché, a quel punto, il testo andrebbe per primo in Aula Giulio Cesare appena al rientro dalle ferie. Sarà poi, proprio alla chiusura dell’accordo, che verranno fornite tutte le documentazioni integrative richieste dai vari uffici comunali per procedere agli espropri. Proprio questo è l’aspetto che ancora può nascondere insidie. Gli uffici hanno deciso di interpretare la norma sugli stadi (la legge finanziaria 147/2013) come legge speciale che, quindi, deroga alle norme precedenti.

Questa interpretazione consente di aggirare alcuni problemi normativi sulla proprietà delle aree. Tuttavia, è difficile ipotizzare che i proprietari delle aree da espropriare - metà delle quali appartiene a tre società ritenute in Campidoglio riconducibili al Gruppo Armellini - staranno buoni. Quindi, sono prevedibili parecchi ricorsi giudiziari. Saranno, alla fine, i giudici a stabilire se l’interpretazione «legge speciale» data dal Campidoglio è quella giusta. Non lo fosse, come al gioco dell’oca, si tornerebbe alla casella di partenza.

Modificato da Ghost Dog

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