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CRAZEOLOGY

K A L C I O M A R C I O! - Lo Schifo Continua -

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MARCA 20-02-2014

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Chi càca sotto la neve, pure se fa la buca e poi la ricopre, quanno a neve se scioje a ***** viè sempre fori

Tomas Milian

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ci pensa no narducci e auricchio

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è una guerra politica

tra madrid e barcellona

e noi salviamo le loro banche

purtroppo

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è una guerra politica

tra madrid e barcellona

e noi salviamo le loro banche

purtroppo

Oltre che una vendetta per gli attacchi ricevuti dopo il contratto di G.Bale (caso simile per cui non si conoscono ufficialmente le cifre esatte per l'acquisto dal Tottenham e per gli emolumenti del gallese) era in corso anche una faida tutta interna ai barcellonisti: Rosell era a dir poco malvisto causa relazioni pericolose con loschi figuri come R.Teixeira.

Comunque l'UEFA dorme...

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A ban of third-party ownership

would not be good for the game

by GABRIELE MARCOTTI (THE TIMES 24-02-2014)

Once this whole Financial Fair Play malarkey is sorted, Uefa’s next target is third-party ownership. Despite being outlawed in a number of European countries, including England — where it will always be associated with Carlos Tévez, right — the phenomenon is growing around the world. According to a KPMG report, there are more than 1,000 third-party owned players in Europe alone. Clubs such as Atlético Madrid and Porto routinely sell stakes in their players and acquire others by putting up a portion of the cash and letting third-party owners fund the rest. It is a widespread practice in Eastern Europe, as well as Spain, Portugal and the Netherlands.

Uefa wants to do something about it. The hope is that rather than an instant blanket ban, it will study the issue and come up with something viable, credible and enforceable.

The basic concept with third-party ownership is borrowing against the value of an asset, in this case a player. Imagine — purely hypothetically — that Southampton needed some cash, say to pay wages or renovate a stand at St Mary’s.

They could sell, say, Luke Shaw for £15 million. Or, they could sell half of Luke Shaw for £7.5 million and keep him. Of course, when it comes to selling Shaw, Southampton would have to split the proceeds.

(Naturally, the third-party owner will hope that Shaw goes for more than £15 million, other wise there is no money to be made. Equally, they will hope that he doesn’t suffer a careerending injur y. Or, that he stays at St Mary’s for the rest of his career, because then there’s no transfer fee and no profit.)

There are variations. In some cases, third-party owners acquire the “economic rights” to young players before they sign professional contracts, usually by slipping family members some cash. Then they find a “friendly” club where they register them, but, in real terms they remain 100 per cent owners, getting all the proceeds when the players move on. In other cases, a player might move with the third-party owner retaining their stake.

Defenders of the system say it is the only way smaller clubs in poorer nations can compete. In South America, it is the way things have worked for ages. And, increasingly, in Europe, it is a necessity. You have only to look at the likes of Benfica and Porto — where the vast majority of players are third-party owned, wholly or partially — to understand how different (read: weaker) the clubs would be without it.

That may well be true. But while third-party ownership, in its present incarnation, allows them to compete (at times), it also creates colossal opportunities for conflicts of interest and fraud. This is especially so when the third-party owner also acts as a player’s agent, or has ties to the agent. That is how you end up with players extending contracts or accepting transfers against their best interests.

Throw in some third-party owners who own or control clubs who do their bidding, and you have a scenario where some teams exist as little more than incubators for someone else’s players. The endgame is always the same: sell them to the dozen or so clubs who actually have money.

You can see why Uefa, the players’ union, FIFPro, and others want to change this. But simply banning it probably isn’t the answer. Not only would it widen the gulf — and make it objectively difficult for some to survive, let alone compete — it would drive the practice underground. Given the lack of transparency in the game, keeping the same arrangements “off the books” would not be difficult.

A comprehensive approach, centred on regulation and vigilance, is needed. First and foremost, there must be “Chinese walls” between third-party owners and agents. One solution might be to allow clubs to sell stakes in players via some kind of regulated public offering, whereby only, say, a third of the economic rights could be sold and where nobody could own more than 1 per cent of the player.

The other issue, of course, is transparency. Thiever y and conflicts of interests would decline if ever ything was public, if only because there would be more crowd-sourced vigilance. That, of course, is a long and difficult battle, though Uefa, with FIFPro and — why not Fifa as well? — has the power to make it happen.

Visione peculiare di un commentatore sportivo che arriva a giustificare una vera e propria forma di schiavitù per salvare il salvabile.

Ecco un esempio lampante di kalciomarcio, pienamente giustificabile secondo alcuni

EL PAÍS 12-01-2014

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Il Real Madrid da sempre nega anche gli amanti arbitri nascosti negli spogliatoi del Bernabeu, figurarsi le calunnie sul doping (anno 2006).

Invece la Juve dorme sonni tranquilli sopra tutto: dalle tempeste in un bicchier d'acqua ai nuvoloni che periodicamente passano dalle parti di Torino. Il silenzio degli innocenti imbecilli.

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la Repubblica 25-02-2014

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D'altronde noi anonimi fruitori di calci in c**o generici non ci meritiamo questi giornalisti

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la telefonata a...

Sandro Mazzola

«Che vergogna quei cori su Superga:

dovevano chiudere lo Juve Stadium»

di ANDREA RAMAZZOTTI (CorSport 27-02-2014)

Sandro Mazzola, che idea si è fatto della multa da 25.000 euro fatta alla Juventus dopo gli striscioni esposti dai suoi tifosi nel derby di domenica?

«Ne parlavo con mia moglie proprio stamani (ieri mattina, ndr) e le ho detto che è una vergogna. La Juventus non c’entra niente, ma quella curva e quello stadio andavano chiusi. Se non dai un segnale quando accadono cose tanto gravi...».

E invece è arrivata solo una multa da 25.000 euro.

«Così l’errore diventa doppio perché quella la pagherà la Juve. E la società bianconera cosa ha fatto per dover tirar fuori quei soldi? Non avrebbe controllato agli ingressi cosa veniva introdotto nello stadio? Vero, ma i club purtroppo non riescono a fare certi controlli e le leggi non li aiutano. La multa è stato un segnale inesistente da parte della Federazione».

Per lei che a Superga ha perso il padre, quanto è stato doloroso leggere quello striscione?

«Mi ha fatto molto molto male, ma penso che abbia ferito parecchio anche i tifosi del Torino, compresi tanti giovani che hanno conosciuto dai libri e dai racconti ciò che è successo a quella grande squadra dove giocava mio padre».

Andrea Agnelli su Twitter ha condannato duramente lo striscione.

«La sua presa di posizione mi è piaciuta, ma conoscendo la famiglia Agnelli non avevo dubbi. L’Avvocato mi ha detto più volte che il mio errore più grande era stato quello di non andare mai alla sua Juve che mi voleva, ma gli ho sempre risposto che con il padre del Toro non potevo indossare la maglia bianconera».

C’è il rischio che tra qualche giorno questa vicenda sia dimenticata e che striscioni simili continuino ad essere esposti negli stadi italiani?

«Lo striscione di domenica è l’esempio di come non devono comportarsi i tifosi. Ecco perché questo episodio non va dimenticato. Adesso, però, è arrivato il momento di prendere decisioni forti, anzi drastiche».

Quali?

«Anche chiudere un intero stadio per un anno. I segnali vanno dati quando succede qualcosa di grave e questa sarebbe stata l’occasione giusta. Mi sarebbe dispiaciuto per la Juventus, ma c’è un unico modo per risolvere il problema. Altro che multe da 25.000 euro...».

L’INTERVISTA

«La Figc indaghi sugli arbitri»

Parla Domenico Rossi (Popolari per l’Italia): «Il campionato deve tornare a essere credibile, chiedo un’indagine conoscitiva della Federazione. Più che l’errore arbitrale di Torino, come si fa a dire poi che era difficile vederlo?»

di PIETRO ANDREA COLETTI (IL ROMANISTA 27-02-2014)

La politica non ci sta. A due giorni dall’appello di Marco Miccoli del PD, che chiedeva l’intervento di Renzi per vigliare sulla regolarità del campionato, anche Domenico Rossi, deputato di Popolari per l’Italia e segretario dell’UTR (Unione Tifosi Romanisti), dice a Il Romanista che «il campionato deve tornare a essere credibile» ed invoca «un’indagine conoscitiva della FIGC sul mondo arbitrale».

Da tifoso e da segretatrio dell’UTR, alla luce degli ultimi errori arbitrali, qual è il suo giudizio sul campionato italiano?

Il campionato di calcio deve essere innanzitutto credibile per i tifosi. Perché altrimenti non si disamorano solo i tifosi della Roma ma si disamorano i tifosi di qualsiasi squadra di calcio. È evidente che nel momento in cui ci sono delle squadre che lottano per un titolo come quello di Campione d’Italia qualsiasi tipo di errore arbitrale viene giudicato sotto un’altra veste, che è quella che ti porta a pensare che i torti vadano a favorire la squadra in competizione con te. Da questo punto di vista non si può non prendere atto che le sviste arbitrali a favore della Juventus in questo campionato iniziano a essere veramente troppe. Io da tifoso romanista sono d’accordo con Garcia, che chiede ai tifosi di star vicino alla squadra e allo stesso tempo chiede ai suoi giocatori di lasciar perdere le polemiche arbitrali per continuare dritti verso l’obiettivo.

Due giorni fa l’onorevole Miccoli ha detto che siamo di fronte a «una nuova Calciopoli». Secondo lei c’è questo rischio?

Anche qui la base di tutto è la credibilità del campionato. Quello che a noi manca, come tifosi ma anche come aspetto istituzionale, è che ci sia qualcuno o qualche cosa a cui poter chiedere quale sia il giudizio sulla conduzione arbitrale di una certa partita. Cioè sarebbe giusto se io potessi accendere la mia televisione due gioni dopo la partita e potessi assistere alla seduta del colleggio giudicante della FIGC che esamina tutte le partite del fine settimana ed esprime un giudizio sull’operato degli arbitri. Premetto che sono certo che gli arbitri siano tutti in buona fede perché altrimenti non andrei più allo stadio, però ritengo che sia giusto che il tifoso, che non riesce a capire perché succedono determinate cose, sappia quantomeno che sulla catena arbitrale certe situazioni vengano poi stigmatizzate e in parte punite. Cioè non si può dire su un rigore come quello non dato al Torino nel derby di domenica scorsa che c’erano difficoltà nel vederlo, perché se tali difficoltà sono reali allora bisogna fare in modo di creare delle condizioni per cui gli arbitri possano anche avvalersi di ulteriori situazioni per non sbagliare. Perché se non evolviamo verso un concetto di esclusione della malafede da parte degli arbitri, anche avvalendosi di più guardalinee o della moviola in campo, c’è il rischio di falsare i campionati.

Miccoli ha chiesto un intervento del presidente Renzi ipotizzando anche un’interrogazione parlamentare rivolta ai ministri competenti. Che ne pensa?

Noi in ambito parlamentare facciamo tante indagini conoscitive che arrivano a determinate conclusioni e magari possono permettere o a noi o al governo di prendere dei provvedimenti. Allora io ritengo che la FIGC dovrebbe fare un’indagine conoscitiva partita per partita e arrivare a delle conclusioni pubbliche che per ogni campionato dovrebbero poi andare a dire prima di tutto il dato oggettivo, e cioè "questo campionato lo ha vinto tale squadra", poi il dato non oggettivo e cioé "questo campionato sarebbe stato diverso se questi errori tecnici non si fossero verificati". In sostanza, al di là del fatto che l’indagine conoscitiva potrebbe portare a delle conclusioni su come migliorare il sistema, potremmo avere due campioni d’Italia, uno sul campo e uno a titolo onorifico per premiare quelli che sarebbero stati i veri campioni senza errori arbitrali.

Cosa può e deve fare la politica per il calcio italiano?

Io credo che la politica deve scendere in campo con dei dati di fatto. Allora quell’indagine conoscitiva a cui accennavo prima deve essere fatta da un organo istituzionale. È la FIGC che deve dire al politico se ci sono o meno degli errori da correggere. Altrimenti andremmo a giudicare non da parlamentari ma da tifosi, rischiando di cadere in facili errori. Deve essere un organo istituzionale, come la Federazione, ad arrivare a delle conclusioni per cui ci sono delle situazioni di carattere legislativo da cambiare, allora a quel punto è la politica che prende la situazione in mano per deliberare.

Che idea si è fatto della tanto contestata norma sulla discriminazione territoriale, per cui la Roma si è vista chiudere le curve, e sugli striscioni offensivi verso le vittime della tragedia di Superga esposti a Torino per cui la Juventus ha ricevuto solo una multa da 25 mila euro?

Innanzitutto mi sembra importante il fatto che l’Alta Corte del Coni, che ha respinto il ricorso della Roma per la chiusura delle curve e i Distinti Sud contro l’Inter, abbia di fatto detto che la norma così com’è non va bene. Il punto nasce proprio da qui. L’articolo 11 del Codice di Giustizia Sportiva dice che "le società sono responsabili per l’introduzione o l’esibizione negli impianti sportivi da parte dei propri sostenitori di disegni, scritte, simboli, emblemi o simili, recanti espressioni di discriminazione. Esse sono altresì responsabili per cori, grida e ogni altra manifestazione espressiva di discriminazione". Nel momento in cui si vanno a vedere le ammende è evidente come ci siano due diverse possibilità di sanzione. Quindi c’è da cambiare la norma su questo punto per poter poi dire che striscioni come quelli di Torino sono assolutamente molto più offensivi e discriminatori, e anche molto più gravi, rispetto a quello che può essere successo da parte dei tifosi della Roma.

A proposito, i tifosi giallorossi, o almeno una parte, hanno fatto la scelta provocatoria di continuare a cantare i cori contro i napoletani. È l’atteggiamento giusto?

Ognuno di noi quando compie un’azione ne è responsabile. Se però dall’azione di singoli derivano delle responsabilità di altri, questo non è giusto sotto nessun punto di vista. Non lo è non solo nei confronti della società e dei giocatori ma non lo è nemmeno nei confronti di tutti quei tifosi che si trovano costretti a non poter seguire la propria squadra per responsabilità di altri. Mi sembra un atto di masochismo continuare con queste rivendicazioni. Condivido e faccio mio l’invito che Totti ha fatto ai tifosi di star vicino alla squadra per aiutarla nella rincorsa alla Juventus.

Io ricordo ancora un luogo comune secondo cui i politici rubano lo stipendio (e votano compatti per aumentarselo) ma probabilmente sto invecchiando.

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INTERNATIONAL NEW YORK TIMES 27-02-2014

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io non riesco a capire tutto questo odio

è una frase fatta

ma è vero

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io non riesco a capire tutto questo odio

è una frase fatta

ma è vero

Per buona o buonissima parte è colpa dei media: tanti anni fa non erano così pervasivi ed orientanti

Ad es. ci sono incredibili maestri di nonsense nel giornalismo: hanno calcato la mano per una abbondante settimana contro gli striscioni insulsi dell'ultimo derby torinese e cosa ti combinano, tra le righe di un articolo macroeconomico, all'improvviso? Stomachevole mimetismo.

la Repubblica 01-03-2014

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La Ġazzetta dello Sport 01-03-2014

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Il Messaggero 01-03-2014

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Per buona o buonissima parte è colpa dei media: tanti anni fa non erano così pervasivi ed orientanti

Ad es. ci sono incredibili maestri di nonsense nel giornalismo: hanno calcato la mano per una abbondante settimana contro gli striscioni insulsi dell'ultimo derby torinese e cosa ti combinano, tra le righe di un articolo macroeconomico, all'improvviso? Stomachevole mimetismo.

Uno dei tanti articoli fatti senza capo nè coda.

La parte che hai evidenziato non ha nulla a che fare con quello che stava cercando di dire.

Parlare della Juve attira l'attenzione del lettore.

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Empty seats becoming filled with affection

by MATTHEW DICKINSON (THE TIMES 04-03-2014)

Jackie Wild has already set me off crying when she wells up herself, recalling the night she went with her son Elliot to Anfield. Elliot was not just a Red, she explains, but a fanatical one, so obsessed with his team that when he was picked to play for Everton’s development squad, he could not bring himself to pull on the blue shirt.

“He was crying his eyes out saying, ‘Mum, I can’t wear it,’ ” Jackie says. “He wouldn’t play. I said, ‘Right, put your Liverpool shirt on underneath, the Everton one over it and then the Liverpool crest is closest to your heart.’ It was the only way I could get him on the pitch.”

She asks us to imagine how thrilled such a Liverpool obsessive must have been to go to Anfield, to sit in a box in one of the best seats, and to watch Luis Suárez climb off the bench to score on his home debut against Stoke City.

She invites us to imagine a scene back home that night, Elliot lying in bed, surrounded by the posters of his Kop heroes, beaming like a boy who had just scored the winner in the FA Cup Final. “That was the best night of my life,” he smiled.

Life for Elliot could not get any better than that. Within weeks he died of acute lymphoblastic leukaemia. He was 9.

That memory of tucking her son into bed, the face of pure delight, sustains Jackie through the tough days. It is how she remembers her son; not the trauma of chemotherapy, long weeks on hospital wards, the agonising waits for transplants that never happened.

“Three years on, that one memory sticks in my mind: ‘the best night of my life,’ ” she says. And she owes it to a charity set up by Barrie Wells, a millionaire philanthropist who went to bed one night with a problem but woke up with a simple solution. As he puts it, “the best idea I’ve ever had”.

Another Liverpool fanatic, Wells wanted to buy a corporate box at Anfield with friends but was not sure how to fill the seats every week. He worried that a pleasure might become an aggravation.

Then it came to him: why not buy the box and pack it not with occasional friends or business contacts who could take or leave the invite, but people who would be desperate to be there? Why not give those seats to sick and terminally ill children craving some relief, 90 minutes of joy, a day out?

Wells, who has also funded many British Olympians, had not taken up the idea for long at Anfield when another thought struck him. He would look along the stadium and see half-empty boxes where companies, sponsors, or even players had not bothered to fill their seats.

It was the same wherever he looked, some of the best seats going to waste at football grounds, rugby stadiums. He would see empty boxes even at Wembley and knew that something should be done about it.

So he expanded Box 4 Kids to fill those wasted places, and any boxes anyone wants to donate, with deserving cases. The charity is starting to gain the national momentum it deserves.

Wells contacted the Premier League, which loved the idea, circulating it among the 20 clubs. A few immediately grasped it: Stoke, Fulham and especially Manchester City, who handed over a 20-seat box for one game, arranged VIP access and refused to take a penny even for the half-time sandwiches.

City also contacted all box-holders to inform them that if they were ever going to stay away, there was a long list of sick children eager to step in.

On Sunday, Box 4 Kids went to Wembley, the true home of the prawn sandwich brigade where it sometimes seems that the match is incidental to the three-course lunch.

Alerted to the charity by the FA, Wembley laid on a box for the Capital One Cup final for 20 children and parents, half supporting City and half from Sunderland. There was a teenage City supporter who has had multiple cardiac and plastic surgeries. His parents were so blown away when they received the invitation that they called back to check it was genuine.

Delighting as Fabio Borini scored was Rebecca Burnett, 17, a Sunderland fan for whom this was a rare day out after 18 months battling severe anorexia.

And, no, the final result could not begin to spoil an unforgettable occasion away from the hospitals and the treatments.

Several empty boxes were still detectable at Wembley on Sunday, but this was a start and the charity will be back for England against Denmark tomorrow.

Rugby league has stepped forward to offer tickets. HSBC has offered spare boxes for Disney on Ice.

It costs these companies very little to give up seats that may not be used, or taken up by those for whom it is just another corporate jolly. The upsides are inestimable, as Jackie Wild explains. She so treasured that night with Elliot that she has volunteered to work for the charity.

“My friends ask how I can do it after what happened to Elliot, but there’s nothing better than for me to see the kids’ faces today,” she said at Wembley. “Money can’t buy what Barrie is doing.

“These normal families wouldn’t in a million years be able to buy this box at Wembley. And they leave with a memory for ever.”

Wells has a growing stack of cards from families expressing similar sentiments, but he hopes this is just a beginning.

“The sad fact is we will always have a lot fewer seats than we will have sick children we want to help,” he says.

Which is why there should never be another empty box, or bored corporate guest, at a sporting occasion. There is a boy, like Elliot, waiting to enjoy the best night of his life.

Il calcio che vogliamo...

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Apparently footballers are vain and

overpaid (and just look who says so)

by PATRICK KIDD (THE TIMES 05-03-2014)

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Footballers can be vain and overpaid but they will never make a success of their career if their prime motivation is fame and celebrity. So says José Mourinho, the Chelsea manager and self-styled Special One, who is trying to teach young players that winning is the only thing that matters.

“You have to find the boy who wants to succeed, has pride and passion for the game,” Mourinho says in an interview in Esquire magazine. “His dream is not one more million, his dream is to play at the highest level, to win titles, because if you do these things you’ll be rich the same at the end of your career.

“We are working hard to give the best orientation to young players, to follow examples of guys from the past — the [Frank] Lampards, the [John] Terrys — who were always fanatical for victories.”

The average weekly wage in the Premier League is about the same as the average annual salary of £26,500, but those at the very top earn huge amounts. Wayne Rooney’s new w five-year contract at Manchester United is worth £300,000 a week, more than the Prime Minister r earns in two years, while international stalwarts such as Lampard and Terry at Chelsea have earned about £150,000 a week.

Twenty years ago Chris Sutton became the first footballer to earn a five-figure sum each week when he joined Blackburn Rovers. In 2001 Sol Campbell became the first to earn £100,000 a week.

Mourinho’s reported salary of almost £8.5 million puts him behind only Pep Guardiola l at Bayern Munich, but Mourinho said id last year that he had turned down better offers to return to Chelsea last June. He managed the club for just over three years from 2004. In his Esquire interview, Mourinho concedes tthat wages in football may have got out of control. “I cannot comppare my job with the doctor who is doing heart surgery,” he says. “That’s why I sometimes feel that we earn too much money compared to people who do much more than us to benefit humanity.” He admits, though, that he doesn’t lose any sleep over it.

The 51-year-old Portuguese manager also said that footballers are too vain. In his former job at Real Madrid, he said, “the players would be queueing in front of the mirror before the game while the referee waited for them in the tunnel. But that’s how society is now.”

Nearly ten years after saying on arrival in Britain that he thought himself “a special one”, Mourinho believes that he can spin most players who come under his wing into gold.

“My percentage of players who reach the best years and the best moments of their career with me is huge,” he says. “Of course, there are a few where the connection was not good, because the personalities couldn’t find each other or because I don’t enjoy working with them.”

At home, though, he is able to influence his teenage son, José Jr, but not his wife or daughter, both called Matilde. “It’s two for football and two who are more intelligent,” he lamented.

Così tuonò fra' Peppe dei Tronisti evangelici, indossatore di costumi altrui per una rivista patinata

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Il Messaggero 05-03-2014

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Insulti allo stadio, se il pm surroga i club

di FRANCESCO DE LUCA (Il Mattino 05-03-2014)

Tre tifosi della Juve sono stati denunciati per aver esposto nell’unico stadio italiano di proprietà di un club, appunto lo Juventus Stadium, in occasione del derby con il Toro striscioni con vergognose ironie sulla tragedia aerea di Superga, che provocò il 4 maggio del ’49 trentuno morti e la fine della breve e appassionante storia del Grande Torino capitanato da Valentino Mazzola. È stata applicata dalla Procura di Torino una legge del 2007 sull’esposizione di striscioni offensivi negli stadi. Per la prima volta, secondo i pm. Eppure, in questi sette anni, negli stadi è entrato di tutto: coltelli, bastoni, bombe-carta e striscioni sui morti di Superga, la lava del Vesuvio e i camorristi, questi ultimi esposti nelle curve del San Paolo.

Controlli? Zero. Interventi? Zero. Negli stadi ci sono sempre più steward, ma il loro compito qual è, indicare il posto agli spettatori, come si fa al cinema?

Grazie ai magistrati torinesi, quei tre stupidi tifosi smetteranno di scherzare sulla più grande tragedia accaduta nello sport italiano, uno schianto che ammutolì l’intero Paese perché il Grande Torino aveva saputo restituire i primi sorrisi alla fine della Seconda guerra mondiale. Non si può offendere in maniera così squallida la memoria, né tantomeno invocare l’eruzione del Vesuvio. Ci vorrebbero sanzioni dure dalla cosiddetta giustizia domestica, dal giudice sportivo della Lega (che ha multato la Juve per soli 25mila euro dopo quelle scritte infamanti) alla Corte di giustizia federale, e invece dev’essere la magistratura ordinaria ad intervenire perché i club continuano a coprire, a non indignarsi per certi striscioni e certi cori e per scene che non vorremmo mai più vedere. Due recenti esempi in Campania. La Nocerina è stata cancellata dal calcio professionistico perché i suoi giocatori finsero infortuni nel derby con la Salernitana dopo le minacce ultrà. I calciatori della Turris, come i loro colleghi del Padova 48 ore prima, sono stati costretti a togliersi le maglie dopo l’ultima partita: ordine degli ultrà, che non li ritenevano degni di indossare le casacche rosso corallo.

Sono necessari un differente approccio culturale all’evento sportivo e una vera presa atto di questo problema, presente in varie forme, da parte dei club. Che, invece, fanno continue pressioni affinché venga modificata la sanzione sulla chiusura dei settori degli stadi da dove partono cori offensivi, discriminazione razziale o territoriale. «Bisogna punire i cori contro Napoli, ma anche quelli contro altre città: è una questione di buonsenso», dice il presidente del Coni, Giovanni Malagò, che è tifoso della Roma e frequentatore dell’Olimpico. Ma in tutta Italia si ascolta sempre e solo il coro su Napoli.

A parte il campanilismo imbecille (ved. discriminazione territoriale) tra le stesse testate giornalistiche italiane che si può agevolmente notare sfogliando quotidiani di Napoli, Roma, Firenze, Milano, Torino etc. a questo punto mi domando come mai non siano vagliate e punite pesantemente le violenze fisiche all'interno degli stadi.

Probabilmente stanno solo aspettando che a distruggere latrine e lanciare tubi rubinetterie piastrelle petardi e piscio addosso ad altri tifosi siano supporter bianconeri di una certa squadra. Dunque - da malpensante imbecille - che si diano da fare: un piccolo lancio per il tifoso bianconero, un gigantesco passo per la civiltà sportiva.

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Inviato (modificato)
CALCIOMERCATO L’ASSOCIAZIONE DEI CLUB EUROPEI PRESENTA UN RAPPORTO SUI TRASFERIMENTI E CHIEDE ALLA FIFA REGOLE DIVERSE

Allarme Eca: «Troppo alte le commissioni agli agenti»

Nel 2011-13 spesi 185 milioni per le intermediazioni in Europa. Escludendo i parametri zero...

di FABIO LICARI (GaSport 05-03-2014)

Una volta, per indicare agenti e procuratori, si diceva «mister 10%», con riferimento alle commissioni. Sarà l’inflazione, ma il soprannome andrebbe aggiornato a «mister 15%». Secondo lo «Studio sul sistema dei trasferimenti del calcio europeo», presentato ieri all’assemblea Eca, 15% è infatti il valore delle commissioni d’intermediazione sul valore dei trasferimenti. Una cifra enorme – 254 milioni di dollari (185 milioni di euro) – e da rivalutare perché si riferisce solo ai passaggi di giocatori sotto contratto, non quelli senza: il totale finale è ben superiore. Da questa cifra riparte l’Eca per chiedere alla Fifa regole diverse: perché mercato e stipendi sono una voce insostenibile dei bilanci.

Cinque leghe top Realizzato da Emanuele Grasso (Pwc) e dall’ex d.g. Inter Ernesto Paolillo (Università Liuc), lo studio esamina tutti i trasferimenti dei club europei nel biennio 2011-13. Dice Umberto Gandini (Milan), primo vice presidente Eca: «È una fotografia della situazione. Per capire ed, eventualmente, trovare soluzioni. Il mercato in sé funziona, rispetta le richieste della commissione Ue, ma necessita di qualche revisione». Nel biennio 201113 i club europei hanno effettuato 14.322 trasferimenti internazionali, per un valore di 3,8 miliardi di euro. Per i 5 campionati top (Inghilterra, Italia, Spagna, Germania e Francia) i dati sono altissimi: 5.491 trasferimenti internazionali e interni, per un valore di addirittura 3,5 miliardi di euro.

Tanti prestiti C’è una discreta redistribuzione di denaro verso Leghe e club minori, ma il problema è sempre uno: il costo degli stipendi, dal 2007 aumentato dell’8,5% all’anno, mentre i ricavi solo del 5,6%. Abbassare le commissioni aiuterebbe i bilanci: anche perché quel 15% si riferisce solo ai trasferimenti dei giocatori sotto contratto, il 13% del totale, e non ai passaggi dei «non contrattualizzati» (il 73%). Dice Paolillo: «Comprare giocatori liberi fa aumentare gli stipendi, e le commissioni degli agenti, perché non ci sono club da pagare». In Italia percentuali opposte: 15% i senza contratto che si trasferiscono, 34% i contrattualizzati e però 51% i prestiti. Troppi. Anche perché solo l’11% dei prestiti ha compensazione economica: «Un’anomalia».

Come fair play Malgrado tetti sulle commissioni esistano già, le percentuali finali delle intermediazioni sono alte e vengono pagate dagli stessi club che ora lanciano l’allarme. È come il fair play: i club spendono troppo, non riescono a fermarsi e chiedono misure restrittive all’esterno. «Il fair play – ricorda Pedro Lopez Jimenez del Real Madrid – è stato un modo per tutelarsi: così i club possono resistere alla pressione dei tifosi che chiedono acquisti rispondendo “non possiamo”». Il fair play che incombe. Gandini: «L’Eca sostiene totalmente il fair play e tutti ne conoscono le conseguenze in caso di mancato rispetto». Psg e City lo sanno?

Modificato da Ghost Dog

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A parte il campanilismo imbecille (ved. discriminazione territoriale) tra le stesse testate giornalistiche italiane che si può agevolmente notare sfogliando quotidiani di Napoli, Roma, Firenze, Milano, Torino etc. a questo punto mi domando come mai non siano vagliate e punite pesantemente le violenze fisiche all'interno degli stadi.

Probabilmente stanno solo aspettando che a distruggere latrine e lanciare tubi rubinetterie piastrelle petardi e piscio addosso ad altri tifosi siano supporter bianconeri di una certa squadra. Dunque - da malpensante imbecille - che si diano da fare: un piccolo lancio per il tifoso bianconero, un gigantesco passo per la civiltà sportiva.

La risposta al sedicente giornalista si trova nell'intervista al questore che dice che deve ringraziare la Juventus per la disponibilità a consegnare i filmati.

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La risposta al sedicente giornalista si trova nell'intervista al questore che dice che deve ringraziare la Juventus per la disponibilità a consegnare i filmati.

Lo stesso questore segnala però che per le altre città non può garantire gli stessi risultati. Ci si attiva in maniera tifosa o civile? Molti addetti ai lavori son prontissimi ad invocare e denunciare l'imbarbarimento ma quando si tratta di affondare i colpi son bravissimi a porre l'accento su problemi burocratici, logistici o prudenziali.

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Lo stesso questore segnala però che per le altre città non può garantire gli stessi risultati. Ci si attiva in maniera tifosa o civile? Molti addetti ai lavori son prontissimi ad invocare e denunciare l'imbarbarimento ma quando si tratta di affondare i colpi son bravissimi a porre l'accento su problemi burocratici, logistici o prudenziali.

Mi sembra di seguire, correggimi se sbaglio, la vicenda dell'inchiesta sul doping.

Guariniello esaminò, con analisi e controanalisi, il comportamento dei giocatori juventini e le pratiche del medico della società. I risultati furono quelli che sappiamo. Nulla.

Delle altre società non si è saputo mai niente, perchè nessun altro ha indagato. Come se non si sapesse che tutti i medici curano con i farmaci!

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Inviato (modificato)

Mi sembra di seguire, correggimi se sbaglio, la vicenda dell'inchiesta sul doping.

Guariniello esaminò, con analisi e controanalisi, il comportamento dei giocatori juventini e le pratiche del medico della società. I risultati furono quelli che sappiamo. Nulla.

Delle altre società non si è saputo mai niente, perchè nessun altro ha indagato. Come se non si sapesse che tutti i medici curano con i farmaci!

ma chissa chi lo sa

http://www.youtube.com/watch?feature=player_detailpage&v=zG9O-MiL98s

Modificato da wmontero

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Mi sembra di seguire, correggimi se sbaglio, la vicenda dell'inchiesta sul doping.

Guariniello esaminò, con analisi e controanalisi, il comportamento dei giocatori juventini e le pratiche del medico della società. I risultati furono quelli che sappiamo. Nulla.

Delle altre società non si è saputo mai niente, perchè nessun altro ha indagato. Come se non si sapesse che tutti i medici curano con i farmaci!

Esatto! A Torino ci sono autorità talmente ligie al dovere che potrebbero essere accusate di discriminazione territoriale da omologhe nullafacenti: vedremo a breve come si rapporteranno con quelle di Firenze notoriamente più dedite alla goliardia.

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Esatto! A Torino ci sono autorità talmente ligie al dovere che potrebbero essere accusate di discriminazione territoriale da omologhe nullafacenti: vedremo a breve come si rapporteranno con quelle di Firenze notoriamente più dedite alla goliardia.

A Firenze?

Lì, tifosi, presidenti, sindaci, oops presidenti del consiglio, uomini politici in genere e uomini di cultura (ma quale cultura, non si sa. Ricordi il regista?), sono un tutt'uno.

Tutti da mettere dentro.

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