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CRAZEOLOGY

K A L C I O M A R C I O! - Lo Schifo Continua -

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Italia Oggi 03-12-2013

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CALCIOPOLI SENTENZA IL 7 DICEMBRE

Moggi: «Le schede per

difenderci da chi spiava...»

«Presi Stankovic, dopo 2 mesi andò all’Inter.

Mai fatto illeciti. Paparesta? Nessun sequestro»

di VALERIO PICCIONI (GaSport 04-12-2013)

«Avevamo comprato Stankovic, il contratto da portare in Federazione era pronto. Dopo due mesi sono spariti il giocatore e il suo procuratore, li abbiamo ritrovati all’Inter». Così Luciano Moggi ieri a Napoli nella dichiarazione spontanea nella penultima udienza del processo d’appello di calciopoli. Parole per rispondere al cuore dell’accusa: la distribuzione di schede telefoniche svizzere ad arbitri e designatori nell’ambito del suo sistema di potere. L’ex d.g. juventino dice che quelle schede erano uno strumento difensivo nell’ambito del calciomercato per aggirare «chi ci intercettava pedinandoci con Telecom». Moggi racconta poi ai giornalisti di una «trattativa fasulla al telefono col Marsiglia per Domoraud, che non ci interessava e che fu poi preso dall’Inter». Nella dichiarazione spontanea, l’ex dirigente juventino se la prende pure con Collina, «che passava per essere un arbitro sopra le parti, salvo poi allenarsi sul campo del Milan ed essere sponsorizzato a fine carriera dalla stessa azienda automobilistica sponsor del Milan». Moggi spiega poi che «da parte mia ci possono essere stati atteggiamenti criticabili sotto il profilo etico ma che non hanno mai sconfinato nell’illecito».

Niente replica L’appuntamento con la sentenza è fissato per il 17 dicembre. Ci sarà l’ultima arringa della difesa di Moggi, con l’avvocato Paolo Trofino (ieri ha parlato l’altro legale Maurilio Prioreschi), prima della camera di consiglio. Il sostituto procuratore generale Antonio Ricci, infatti, ha rinunciato al diritto di replica.

CALCIOPOLI: PENULTIMA UDIENZA DEL PROCESSO D’APPELLO

Prove fantasma e cupola decimata

Il legale di Moggi piccona le accuse

Ieri in aula a Napoli dichiarazione spontanea dell’ex dg bianconero: «Possono essere stati atteggiamenti criticabili eticamente ma non certo reati». La sentenza il 17

di GUIDO VACIAGO (TUTTOSPORT 04-12-2013)

«Possono essere stati atteggiamenti criticabili eticamente ma non certo reati», la sintesi di Luciano Moggi riassume Calciopoli in una frase. Perché dopo tre processi penali e tre gradi di giudizio sportivi rimane davvero poco di realmente solido nell’impianto accusatorio. E ieri, a Napoli, l’avvocato Maurilio Prioreschi ha picconato nella sua lunga arringa le costruzioni dell’accusa. E’ stata una tappa cruciale del processo, perché il legale dell’ex dg bianconero ha analizzato tutta la vicenda, smontando dal suo punto di vista tutti i capi di imputazione. A questo punto si attende il 17 dicembre per l’ultima udienza nella quale dopo l’intervento dell’altro legale di Moggi, Paolo Trofino , il giudice Gentile emetterà la sentenza.

PAZZO? Nella sua dichiarazione spontanea Moggi ha ripercorso i punti più controversi di Calciopoli a partire dalle famose schede svizzere: «Se avessi voluto fare un traffico segreto e illegale perché le avrei acquistate attraverso la Juventus? Tutte le spese della società erano tracciabili, sarei stato uno stupido». E proprio intorno alle schede si è imperniato un passaggio importante dell’arringa di Prioreschi. Nel mirino del legale l’acquisizione dell’anagrafica delle schede da parte dei Carabinieri che attraversarono il confine per andare nel negozio di Chiasso dove Moggi faceva acquisire le sim svizzere. Tutto questo senza una rogatoria internazionale: «Che sia un’attività invasiva su questo non ci sono dubbi e questa attività è stata fatta in Svizzera senza alcuna assistenza giudiziaria. Questo rende inutilizzaibili tutte le prove riguardanti le sim svizzere, anche quelle ottenute in Italia come i tabulati con i contatti».

FALSO! E Moggi ha anche spiegato il perché aveva acquistato le sim straniere che, secondo una leggenda metropolitana non erano intercettabili dalla magistratura (è un falso clamoroso, si possono intercettare e qui c’è un altro dubbio sulle indagini: perché gli inquirenti non hanno intercettato quelle utenze sulle quali - secondo loro - si consumavano i reati?). «Quando sono stato interrogato a Roma, ho detto che c’era uno spionaggio industriale e dopo nemmeno un anno è venuto fuori l’affare Telecom. La Juve era una squadra grande ma piccola, perché non aveva televisioni, né compagnie telefoniche in casa». Effettivamente, il processo Telecom ha dimostrato che l’Inter aveva commissionato dei dossier illegali e che, per esempio, le utenze telefoniche della Juventus erano sotto controllo. Insomma, il sospetto di Moggi che fosse in atto dello spionaggio industriale poteva anche essere fondato.

ALTERAZIONE Prioreschi ha poi fatto due calcoli: «Questo processo è iniziato con 48 indagati per associazione a delinquere. Oggi, abbiamo 17 imputati. Di questi 4 arbitri e 2 designatori e 3 dirigenti (Moggi, Giraudo e Mazzini ), quindi ad oggi la famosa cupola conta 9 persone. Un po’ poco per condizionare interi campionati». Soprattutto alla luce del fatto che la giudice Casoria nel primo grado ha chiarito che nessun arbitro ha poi consumato l’effettivo reato di frode sportiva e che, sta scritto nella sentenza, «i campionati non risultano alterati».

FANTASMI D’altra parte la stessa giustizia sportiva non ha condannato Moggi per una partita truccata nello specifico, non essendoci prove di questo tipo di reato, ma per il rapporto privilegiato ed esclusivo con i designatori (che per altro le intercettazioni hanno dimostrato essere tutt’altro che esclusivo). E anche in questa piega si è insinuata l’arringa di Prioreschi, che ha poi rimesso in evidenza uno degli elementi più clamorosi delle indagini: la famosa prova fantasma che doveva dimostrare come fosse truccato il sorteggio. Fantasma perché il video filmato segretamente dai Carabinieri durante uno dei sorteggi arbitrali dimostrava l’esatto contrario (e numerose testimonianze in aula durante il dibattimento del primo grado lo hanno confermato). E curiosamente quel video è sparito dalle prove, sostituito da una sequenza fotografica tratta dallo stesso, ma sistemata non in modo prettamente cronologico, ma in modo da favorire l’accusa (e per altro con i protagonisti indicati nel modo sbagliato). Eppure il sorteggio rimane nell’appello dei pm: «Il tribunale nella sentenza ha detto chiaramente che non era stato truccato», dice Prioreschi: «Eppure il sorteggio truccato è ancora lì...».

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THE TIMES 04-12-2013

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Brazil taking no chances in final straight

The host nation is on high alert to ensure

the beautiful game is not overshadowed

by MATT DICKINSON (THE TIMES 05-12-2013)

The word of the taxi driver ferrying passengers to tomorrow’s World Cup draw is that “we Brazilians won’t protest next summer, we’ll be too busy enjoying the football”. He is optimistic that a country’s focus will be on victory, not violence, but government officials are taking no chances.

With anarchist groups threatening demonstrations during the World Cup finals, security forces spoke yesterday of preventative measures, including extensive exclusion zones around the stadiums, aimed at ensuring that the tournament is not disrupted.

Brazilian riot police have taken training from their French counterparts in case of repeats of the protests that took place during the Confederations Cup in the summer, which sent a tremor through World Cup organisers. Those demonstrations were aimed at wider concerns about civil service pay and rising prices, but football was dragged into the argument because of the cost of staging the World Cup.

Protests have continued, growing less frequent and populous, but occasionally more violent. Talking before the World Cup draw tomorrow, Andre Rodrigues, special adviser for leading events at the Ministry of Justice, said extra resources have been devoted to gathering intelligence to prevent rioting. He added that special courts would be established for the tournament so that there could be “an immediate response” in the event of trouble.

He might also have noted that a sense of unease takes hold before every top sporting event because of the magnitude of building projects, the expense and the profile. The months before London 2012 were dominated by debate about cost and security, yet it was a spectacular Olympic Games.

There were scare stories about supporters facing daily muggings at the World Cup finals in South Africa in 2010 but, thanks to unprecedented policing, the streets of Johannesburg had never been safer.

The scale, and fervour, of protests in Brazil in the summer shocked police, politicians and Fifa, but there is a hope that the majority of Brazilians will want a peaceful tournament, especially with the host nation among the main contenders. As long as Luiz Felipe Scolari’s side are chasing glory, there is confidence that the nation will be gripped by pursuit of a record sixth triumph. It is down to Neymar to win matches, and keep the peace, when the tournament kicks off in São Paulo on June 12.

Brazil is determined to show its best face. High robbery and murder rates are a fact of life that Aldo Rebelo, the Sports Minister, did not shy away from yesterday in a rambling speech that that is unlikely to lead to him being switched to a role in tourism. “The issue of violence, we know it exists,” he said. “We do not have the same safety conditions on the streets as in European cities.

“Nobody will feel comfortable with this violence, with the massed robberies, the rapes, that happen. But this is a horrible fact. We are trying to contain this violence.”

He talked of measures to prevent the recent outbreaks of “arrastão” in Rio de Janeiro, where thieves swarm along the beaches snatching bags. As in South Africa in 2010, there will be an unprecedented police presence on the streets in the hope of ensuring that the estimated 600,000 fans travelling to Brazil can visit in safety. Military police are being equipped with new uniforms to make them look less forbidding. The streets will be cleaner than at any other time.

It is in the interests of Dilma Rousseff, the President of Brazil, to ensure a successful World Cup given elections next October.

The embarrassing, and tragic, image of preparations is the footage of a crane collapsing during construction of the new stadium in São Paulo last month, killing two workers. The new ground in Curitiba is also months behind schedule — a spokesman for the venue was even late for a media briefing yesterday — and the aim now is not to finish the construction, but simply to make it usable for the World Cup.

“I have been to many weddings in my life and at 100 per cent of those weddings, the bride arrived late. But I’ve never seen the wedding not take place because of that,” Rebelo said when pressed on delays.

It is not as if such worries are new. In 1950, before the World Cup in Brazil, there were public complaints about the cost of the new Maracanã which, according to Brian Glanville, “resembled a builders’ yard”. That, though, is not how we remember the tournament. It is recalled for the remarkable Maracanazo, the defeat of Brazil by Uruguay in the final. It is remembered for the football. Brazilian security services are determined to ensure we say the same of the 2014 World Cup.

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Amaños en el fútbol modesto

Federbet, la empresa de alertas antitongos que ha contratado

la LFP, revela irregularidades en el Constancia-Nàstic, de

Segunda B, y en el duelo femenino Real Sociedad-Granada

En el partido femenino saltaron las alarmas al registrarse una apuesta de 50.000 euros

Federbet ve 51 fraudes en el fútbol europeo y asiático, dos en básquet y tres en tenis

por CARLOS ARRIBAS (El País 05-12-2013)

Los amaños de partidos en el fútbol español ya no se circunscriben a la categoría profesional, sino que, siguiendo una tendencia ya observada por los especialistas en otros países, se está desplazando hacia divisiones menores, menos escrutadas por los aficionados y más fáciles de manipular. Este epígrafe ligas menores incluye, sorprendentemente para muchos, a la liga femenina española, como informó ayer en el Parlamento Europeo Federbet, la empresa de alertas antiamaños que incluyó en su informe del primer trimestre de la temporada 2013-2014 el partido Real Sociedad-Granada de la liga femenina, en el que las donostiarras se impusieron por 3-0 en Zubieta el pasado 10 de noviembre. Este, y el Constancia-Nàstic masculino (1-1), de Segunda B, disputado el mismo fin de semana, constituyen la aportación española a la lista de 51 partidos de fútbol disputados principalmente en Europa, China, Indonesia y Uzbekistán cuyo resultado, según Federbet, estuvo determinado por un amaño. Además, según la empresa de alertas, también se manipuló el resultado de al menos tres partidos de tenis, dos de baloncesto de la liga báltica y uno de voleibol femenino de la liga Europea.

Federbet alerta desde la semana anterior a la celebración del encuentro de todos los movimientos de apuestas sorprendentes, que se salen de ojo por unos resultados determinados. Si posteriormente se produce el resultado ilógico por el que se apostó una cantidad desmedida, se considera que hubo amaño. “Tenemos una seguridad del 100% en nuestro sistema. Consideramos que las apuestas son como la bolsa y si un valor que debería bajar empieza a subir de repente sabemos que siempre hay algo raro por detrás. Y avisamos a nuestros clientes siempre antes de que se celebre el partido”, dijo Francesco Baranca, directivo de Federbet, empresa a la que la Liga Profesional Española (LFP) ha contratado el sistema de alerta. En el caso del Real Sociedad-Granada, que mantuvo el marcador a cero hasta el minuto 60 y en el que, según las crónicas, el árbitro concedió a las donostiarras un gol en fuera de juego y un penalti muy dudoso, lo que llamó la atención no fue la apuesta por la victoria de las locales, sino la gran cantidad de dinero que un solo apostante fio a ese resultado. “Llegó una apuesta de unos 50.000 euros que llamó la atención”, explican fuentes conocedoras del caso, que la LFP denunció a la Unidad de Delitos Económicos y Financieros de la Policía Nacional (UDEF). La voluminosa apuesta era a que la Real ganaría por más de un gol. “Hay que tener en cuenta que en ese tipo de partidos el monto total de las apuestas no pasa de 200 o 300.000 euros”. Aparte de estos dos partidos, el femenino y el de Segunda B, la LFP también ha puesto en conocimiento de la policía posibles irregularidades en varios partidos de fútbol más y alguno de balonmano.

En el Parlamento Europeo estuvo también informando sobre su trabajo contra los amaños Ricardo Resta, director de competiciones y del comité de integridad de la LFP, quien proclamó el gran compromiso de la liga en la lucha contra los amaños (“España es el país más comprometido del mundo”, dijo Baranca) y explicó cómo todas las semanas la LFP escruta los 21 partidos que se disputan (Primera y Segunda) con múltiples dispositivos de monitorización y con acceso casi instantáneo a los movimientos de apuestas que se van generando. “Si desde Federbet nos han advertido de un posible arreglo estudiamos todas las jugadas dudosas, como goles en propia puerta, fallos de porteros o así, que puedan contribuir al resultado extraño apostado, y viceversa, si observamos alguna de estas jugadas raras, inmediatamente comprobamos si se ha producido un movimiento extraño de apuestas. En los casos en que concluyamos que el amaño ha sido probable abrimos procesos disciplinarios y lo denunciamos a la policía, porque desde 2010 el amaño es delito en España. El amaño es el peor enemigo del fútbol porque mata la competición y en la LFP, con el apoyo absoluto del Consejo Superior de Deportes, le hemos declarado la guerra. Las mafias tienen que saber que este no será un territorio fértil para ellas”.

En la LFP intentan también trabajar con los futbolistas, identificar aquellos que podrían ser más proclives a dejarse enganchar por las mafias que desde Singapur usan las apuestas vía Internet para blanquear el dinero generado por el narcotráfico, la prostitución o el tráfico de armas. “Suelen ser o veteranos de vuelta de todo que han pasado por varios clubes o jovencitos que empiezan y se dejan deslumbrar a la primera”, dice Resta. “Estos son los que deberían entender que si se dejan comprar una vez están vendidos para siempre”.

“Papá, ¿cómo te lo puedes creer?”

por CARLOS ARRIBAS (El País 05-12-2013)

El momento más triste que ha vivido últimamente el fiscal de Bari Ciro Angelilli, gran aficionado al fútbol, lo sufrió justamente el día en que su equipo realizó una remontada épica para ganar por 4-3 un partido que perdía 0-3. “Y fui a abrazarme con mi hijo de 11 años para compartir la alegría por la victoria cuando este me dijo: ‘Pero, papá, ¿cómo puedes creerte eso?, seguro que el partido estaba amañado’. Y a mí me dejó helado, no porque dudara de mi equipo, sino porque estoy convencido de que mi hijo ya no podrá sentir la pasión del fútbol como la siento yo. La duda que se insinúa en el cerebro mata la pasión”.

Fue esta anécdota el detalle sentimental, y por lo tanto básico, fundamental, en una jornada en la que diferentes especialistas en la lucha contra los amaños relataron su experiencia. Para Angelilli, que ha abierto diversas investigaciones en Italia, la clave del fenómeno que amenaza las competiciones de todo el mundo es la necesidad del crimen organizado de blanquear el dinero obtenido ilícitamente. “Y las apuestas, como los casinos, son el medio ideal: lo que le da la casa de apuestas, que nunca pregunta por la procedencia del dinero que se apuesta, está limpio como una patena. Si anteriormente el coste del lavado estaba en un 30-40% de la cantidad que se blanqueaba, con las apuestas ha bajado a un 8%”.

Otro fiscal italiano, Roberto di Martino, de Cremona, que ha investigado más de 150 partidos amañados entre 2008 y 2013, aunque solo unos 20 de la serie A, describió esquemáticamente el modus operandi: Un gran patrón controla desde Singapur todos los movimientos, y por debajo de él ocho grandes padrinos han dividido el mundo en ocho grandes regiones en las que son ellos los que mandan. En Italia, sus intermediarios son una banda de eslavos y otra de húngaros, que son los que se acercan a los jugadores y eligen a los más corruptibles. Buscan normalmente defensas, centrales o porteros, que son los que más pueden influir en un resultado con un fallo, un penalti, un gol en propia puerta… También se reúnen con dirigentes y buscan antes de los partidos un acuerdo de las partes. Pactan un resultado e incluso les pagan por adelantado a los futbolistas cómplices. Luego, si no sale el resultado esperado, les obligan a devolver el dinero.

Solo 600 partite truccate all'anno

di STEFANO OLIVARI (GuerinSportivo.it 05-12-2013)

Più di 200 partite, quasi tutte di calcio, probabilmente truccate prendendo in considerazione solo 4 mesi di attività (600 all’anno, quindi, facendo una proiezione) e di fatto la sola Europa. “Così poche?”. Questa la domanda sorta spontanea dopo il convegno di Bruxelles voluto da alcuni eurodeputati (l’italiano Iacolino di Forza Italia, il belga socialista Tarabella), durante cui la Federbet ha presentato i risultati della sua indagine. Fra i relatori i pubblici ministeri di Cremona e Bari, Di Martino e Angelillis, oltre che il presidente del Parlamento europeo, l’antiberlusconiano Martin Schulz. In concreto, cosa si può fare? Secondo Schulz una legge penale europea con applicabilità estesa a tutti gli stati membri. Buona la teoria, ma impossibile la pratica visto che molte centrali di scommettitori hanno sede in Asia e in Europa hanno solo manovalanza addetta alla corruzione di calciatori. Interessante l’intervento di Angelillis, che ha ricordato la necessità delle intercettazioni, che per la frode sportiva non è consentita a meno che non sia ritenuta in abbinamento ad altri tipi di reato. Da persone della strada, nel vero senso dell’espressione, ci facciamo quindi la domanda: ma senza intercettazioni di cosa stiamo a parlare? Dobbiamo aspettare che il calciatore Tizio si penta dei suoi taroccamenti e mandi ai magistrati una lettera in cui confessa tutto? Abbiamo umilmente chiesto informazioni (gratis) ad alcuni avvocati penalisti e la sintesi delle risposte è stata chiara. Essendo un’attività invasiva, le intercettazioni (anche di e-mail) sono consentite solo per alcuni reati, indicati nell’articolo 266 del codice di procedura penale. Quindi delitti non colposi per i quali è prevista una pena superiore a 5 anni, delitti legati a droga, armi, minacce, usura, pornografia minorile, contrabbando. Traducendo dal legalese, la pena per frode sportiva è in Italia al massimo di due anni (con le aggravanti e solo in caso di alterazione di una partita legata a concorsi a pronostici) ed in molti stati della cosiddetta Unione Europa questo reato neppure esiste. Con la legge attuale bisogna quindi sperare, si fa per dire, che la frode sportiva avvenga insieme ad altri tipi di reato. Certo è che la semplice analisi dei flussi indicherebbe da sola quali campionati abolire, senza attendere l’intervento della magistratura. Ma ci sarebbe la rivolta di tante piccole e medie realtà, con piccoli ingaggi e una piccola etica sportiva, a colpi di ‘Giù le mani da’. Lo stesso calcioscommesse del 2011 ha riempito piazze di poveretti disposti a credere al loro campione anche contro l’evidenza.

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MARCA 05-12-2013

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Inter: la controllante sommersa dai debiti, Thohir non può fare mercato

Sabato 18 Gennaio 2014, 16:30 in Intermania

L'Internazionale holding, la controllante dell'Inter ha debiti per oltre 193 milioni di euro: Thohir non può fare mercato se non vende

L'Inter in difficoltà in classifica non potrà fare grandi sacrifici sul mercato, nonostante i tifosi nerazzurri li chiedano a gran voce al nuovo proprietario Erick Thohir. Il perché lo svela chiaramente il portale 'calcioefinanza.it' che riporta le drammatiche cifre che riguardano l'Internazionale Holding, la controllante dell'Inter e detenuta quasi interamente dall'ex presidenteMassimo Moratti fino alla cessione del 70% al magnate indonesiano

Al 30 giugno 2013 l'Internazionale Holding ha registrato una perdita a bilancio di 193 milioni di euro: cioè, mentre l'Inter segnava debiti per 79,8 milioni di euro, la sua controllante raggiungeva quasi il doppio, segnando la perdita più cospicua dal 2007-08. Non solo, come si legge nel documento datato 6 dicembre 2013 , "tenuto conto delle riserve di 38,9 milioni di euro e del capitale sociale di 186,1 milioni, la consistenza della suddetta perdita determina il ricorrere dei presupposti dell'articolo 2482 bis del codice civile, in quanto, al netto delle riserve, essa eccede il terzo del capitale sociale della Società".I dati sono impietosi e spiegano chiaramente perché Moratti è stato costretto a liberarsi dell'Inter, ma soprattutto perché Thohir non può spendere e spandere come fatto negli anni passati dall'ex presidente, e probabilmente sarà costretto ad abortire il progetto del nuovo stadio di proprietà, virando su una ristrutturazione di San Siro.

In buona sostanza, a causa delle perdite, è d'obbligo una riduzione del capitale societario. Thohir, dunque, si trova un po' con le mani legate, se si pensa che ha già investito 250 milioni di euro per diventare l'azionista di maggioranza dell'Inter e per farsi carico dei 175 milioni di esposizione con le banche, ha dovuto tenere contro delle perdite per 157 milioni negli esercizi 2011/12 e 2012/2013. Siamo attualmente su cifre più del triplo consentito dall'Uefa (il tetto è di 45 milioni a stagione) per l'iscrizione della squadra alle competizioni europee per l'anno 2014/2015.

Secondo le previsioni, dunque, il passivo a giugno 2014 sarà di circa 60-65 milioni, ragion per cui per poter acquistare sarà necessario assolutamente prima vendere.

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ma chi l'avrebbe detto

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Il Messaggero 14-02-2014

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E poi ci sono i neofolklorici

Il Mattino 14-02-2014

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GuerinSportivo.it 14-02-2014

Le molotov di Napoli e i cori degli altri

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Rosario, l’Argentina più violenta

dove la curva è in mano ai narcos

L’omicidio dello zio di Lavezzi è l’ultimo episodio

È un angolo di Sudamerica da 1000 omicidi in 10 anni

Lì hanno giocato Maradona e Messi

di FILIPPO FIORINI & PAOLO GALASSI (la Repubblica 14-02-2014)

La mattina di martedì scorso è stata l’inizio di una settimana di fuoco per gli agenti del 25° commissariato di polizia di Villa Gobernador Galvez, un sobborgo a sud della città argentina di Rosario. Pioveva da giorni e il procuratore Spelta li ha chiamati di buon ora per realizzare un sopralluogo nei pressi del fiume Paranà. Diverse telefonate avevano segnalato la presenza sospetta di un pick-up abbandonato con lo sportello aperto, accanto al quale i poliziotti avrebbero trovato il corpo di un uomo morto.

Il fascicolo di Jorge Lavezzi, detto Il Barba e ucciso con un colpo di pistola alla testa, sarebbe probabilmente finito nella pila dei casi archiviati come frutto della guerra tra narcotrafficanti, che dal 2004 a oggi ha portato a più di mille morti nella città di Rosario (38 dei quali solo quest’anno), oppure, come il gesto assurdo di un tossicodipendente, disposto a uccidere per rubare un cellulare (unico oggetto mancante nelle tasche della vittima). Tuttavia, quel pescivendolo senza precedenti, era lo zio del bomber di Napoli e Psg Ezequiel Lavezzi, e la notizia ha richiamato l’attenzione su una realtà drammatica. Rosario, la città in cui giocò Maradona, dove sono nati Lionel Messi, l’interista Mauro Icardi, l’ala del Real Di Maria e che ora ospita anche Re David Trezeguet, si è trasformata in un campo di battaglia tra cartelli della droga che, oltre a curare interessi nel mattone e nella finanza, stanno anche mettendo le mani sul mondo del calcio. In quella stessa Villa Gobernador Gálvez in cui è cresciuto Lavezzi e che oggi detiene il più alto tasso di omicidi di tutta la regione, è stato trovato nel 2012 il cadavere di Claudio Cantero, capobanda dei Los Monos (Le Scimmie), ovvero la cosca più potente sul territorio. Questo omicidio innescò una catena di vendette che dura tuttora e dalle cui indagini è emersa la presenza economica e politica dei Los Monos nelle due principali squadre cittadine: Newell’s All Boys e Rosario Central.

In una perquisizione a casa dei Cantero, sono state trovate fotografie di compleanni e altre baldorie in cui i vertici famigliari brindano con i capi ultrà del Central e del Newell’s. In due intercettazioni telefoniche, si sente uno dei loro picciotti parlare con Francisco Lapiana, un losco imprenditore con interessi in certe promesse del pallone: «Allora, com’è andato il pupillo?», chiede Lapiana. «Bene, ha talento », gli si risponde. Stanno parlando di Angel Correa, punta 19enne del San Lorenzo. La squadra di Papa Francesco ha appena battuto il Boca e il ragazzo ha segnato. Con questa e le altre intercettazioni, la magistratura decide il sequestro del cartellino, scoraggiando l’interesse dell’Atletico Madrid che l’aveva in agenda.

Secondo il giudice, i narcos di Rosario possiedono quote in almeno altri 100 giocatori. «Il narcotraffico nasce nella curva del Newell’s», ha detto il governatore, Antonio Bonfatti. In questa squadra arrivò nel ’94 Leo Messi. Era l’inizio della presidenza di Eduardo Lopez, un mandato segnato dalla corruzione e la prepotenza. Lopez usava un gruppo ultrà come braccio armato e i Los Monos ne tiravano le fila: «Controllavano i cartellini delle giovanili e negoziavano le cessioni — dice un vecchio cronista di Rosario, testimone di quei fatti — Leo fu portato in Spagna per curarsi, ma anche per strapparlo di mano al potere delle bande».

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Bentornato!

Ci mancavano tanto i tuoi aggiornamenti.

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toh mirà

chi si rivede

spero tu sia stato in vacanza

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Bentornato!

Ci mancavano tanto i tuoi aggiornamenti.

toh mirà

chi si rivede

spero tu sia stato in vacanza

Ciao!

Beh, ho lurkato il forum.

Vacanze no (anche se avrei potuto seguire i miei in Australia per qualche settimana).

Più prosaicamente, mi sono trasferito definitivamente a casa nuova; non ho ancora adsl (nessuna infrastruttura di rete al momento); mi devo accontentare di una 3g intermittente e spesso mi passa proprio la voglia.

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EL PAÍS 16-02-2014

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Il sogno infranto dei baby campioni

feriti al checkpoint dagli israeliani

Erano due promesse del calcio palestinese: non giocheranno più

Il borsone sportivo e la camminata dei due giovani hanno insospettito la pattuglia di militari

Molte partite saltano perché ai giocatori vengono negati i permessi di circolare fra le città

di FABIO SCUTO (la Repubblica 16-02-2014)

Due giovani promesse del calcio nazionale palestinese non potranno mai più scendere in campo; sarà un miracolo – dicono i medici palestinesi – se potranno riprendere a camminare. I dottori dell’ospedale di Ramallah dicono che i due ragazzi – Jawhar Nasser Jawar di 19 anni e Adam Abd al-Rauf Halabiya di 17 – avranno bisogno di almeno sei mesi di trattamenti prima di poter sciogliere la diagnosi, che sembra però lasciare poche speranze.

Il loro sogno si è infranto il pomeriggio del 31 gennaio, mentre tornavano a casa dopo una sessione di allenamento dallo Stadio Feisal Husseini di Al-Ram, quello dove gioca e si allena la nazionale palestinese nei pressi di Gerusalemme, appena oltre il Muro di sicurezza. La tuta sportiva, le scarpe da ginnastica e un borsone a tracolla con gli scarpini e la divisa dentro, hanno allarmato una pattuglia israeliana, che ha giudicato sospetta la loro camminata nei pressi di un checkpoint militare e ha aperto il fuoco a raffica contro la coppia senza preavviso. Poi ha liberato i cani-poliziotto mentre i due ragazzi crollavano a terra in un lago di sangue. Semi-incoscienti per ferite sono stati ammanettati e portati via da un’ambulanza militare e trasportati in un ospedale israeliano di Gerusalemme dove sono stati sottoposti a una serie di interventi chirurgici, prima di essere trasferiti all’ospedale palestinese di Ramallah.

I rapporti medici indicano che Jawhar è stato ferito da 11 proiettili - sette nella gamba sinistra, tre in quella di destra e uno nella mano sinistra - ad Adam un solo colpo ha maciullato un piede. Non ci sono centri specialistici in Cisgiordania, così tra le lacrime delle famiglie sono stati trasferiti al “King Hussein Medical Centre” di Amman, in Giordania, che ha la reputazione di un ospedale di eccellenza.

È furibondo Jibril Rajub, il presidente della Football Association palestinese, che ha durissime parole di condanna della sparatoria: «È la dimostrazione della brutalità dell’occupazione israeliana, del desiderio di distruggere lo sport palestinese». Giocare al calcio in una terra sotto occupazione militare non è facile né semplice, ci vuole motivazione, impegno e tanta, tanta, pazienza. Ambasciatore di una Palestina diversa, il calcio qui è molto più di uno sport. È accaduto nel passato che calciatori siano stati arrestati – il caso di Mahmoud Sarsak, 24 anni, mezzala della nazionale per 3 anni in cella senza un accusa e liberato nel 2012 solo dopo uno sciopero della fame di 95 giorni, quand’era uno scheletro di 45 chili e mezzo cieco – ma nessuno era mai stato ferito da un’arma da fuoco.

Il problema per gli atleti palestinesi è sempre lo stesso: per spostarsi hanno bisogno dei permessi israeliani per circolare in Cisgiordania fra le varie città, così come per andare all’estero se giocano nella Nazionale. Spesso hanno perso a tavolino perché il team non era completo visto che a tre-quattro giocatori non veniva dato il permesso di espatrio. Le partite della Lega A, spesso, il venerdì saltano perché la squadra di Betlemme non ha il permesso di andare a Nablus o viceversa. Il presidente della Fifa Sepp Blatter promette da anni il suo impegno presso le autorità israeliane per superare queste restrizioni ma finora sono rimaste parole. Hossam Wadi, per esempio, ala della Nazionale palestinese, è di Gaza dove ha la famiglia ma da quattro anni non torna a casa: ha paura che una volta rientrato nella Striscia, Israele non gli dia più il permesso di uscire e tornare in Cisgiordania dove si allena e gioca. «Concentrarsi sullo sport, sul calcio, è stata la scelta più razionale che l’Anp potesse fare», aveva detto qualche tempo fa Jibril Rajub a Repubblica, «la lotta non violenta è certamente la più proficua per la causa palestinese e lo sport ne è parte integrante».

«Ogni volta che un ragazzino prende a calci qualcosa per strada, lì ricomincia la storia del calcio», ha insegnato il grande Jorge Luis Borges. Perché la Palestina dovrebbe essere diversa? Lo tenga a mente Blatter, quando nelle foto-opportunity si circonda di star che guadagnano milioni di euro l’anno.

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Il Mondiale degli schiavi

“Già morti 400 operai”

Rapporto shock sui cantieri 2022, Qatar sotto accusa

Fifa preoccupata: Blatter ora chiede ispezioni sul rispetto dei diritti umani

di FRANCESCO SAVERIO INTORCIA (la Repubblica 17-02-2014)

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Il Mondiale degli schiavi ne ha già uccisi almeno 400, il contatore corre veloce e spietato. Il Qatar ha otto anni per prepararsi alla coppa del 2022 e undici stadi ancora da fare: spreme gli immigrati privati della libertà da un sistema di tipo feudale. Dopo l’inchiesta del Guardian a novembre, che parlava di 185 operai nepalesi morti nei cantieri, un nuovo allarme arriva dal Pncc, Pravasi Nepali Coordination Committee, l’associazione che tutela i lavoratori migranti («pravasi», in nepalese): i risultati del rapporto sono stati anticipati dal britannico Observer. Citando fonti di Doha, il Pncc parla di 400 nepalesi morti nell’emirato e stima che, se la Fifa e il Comitato organizzatore non interverranno per migliorare le condizioni di sicurezza, potrebbero diventare 4mila fino al 2022. Dal Nepal proviene solo un quinto della forza lavoro migrante del Qatar, che attinge anche da India, Bangladesh, Pakistan, Sri Lanka, Indonesia e Filippine.

I migranti rappresentano il 94% della forza lavoro di un Paese di 1,7 milioni di abitanti che importa 1,2 milioni di operai. Arrivano in Qatar nella speranza di mandare un po’ di soldi a casa. Pagano, per questo, cifre spropositate a mediatori senza scrupoli. Poi, però, si ritrovano in condizioni di semischiavitù, ammassati in case sovraffollate, spesso senza acqua corrente ed elettricità. Il sistema della kafala prevede che il datore di lavoro sia sponsor del migrante, che viene ammesso in Qatar su garanzia dell’appaltatore ma poi dipende totalmente da lui: senza la sua autorizzazione, non può cambiare lavoro né lasciare il paese, e neppure affittare una casa, ottenere la patente, sporgere denuncia. Al momento di tornare in patria, deve firmare una liberatoria, spesso sotto ricatto, per stipendi che forse non ha mai visto.

Subito dopo l’inchiesta del Guardian, Blatter è arrivato in Qatar e ha chiesto al Paese una relazione dettagliata. Il comitato organizzatore ha diffuso un documento di 50 pagine che fissa linee guida più severe per le imprese, regolando il pagamento dei salari, la dignità degli alloggi, la sicurezza sul lavoro. Tuttavia le norme riguardano la costruzione degli stadi, di fatto non ancora partita (le migliori garanzie, a oggi, tutelerebbero appena 38 operai): sono aperti solo i cantieri dell’impianto di Al-Wakrah, il discusso “stadio a forma di vagina” (il design in verità è ispirato alla barca dei pescatori di perle). Entro dicembre, via ad altre quattro opere: su 12 stadi, 9 saranno di nuova costruzione e 2 ampliati. La spesa complessiva stimata per la coppa è di 168 miliardi di euro, contro i 4 spesi dal Sudafrica. Il nodo principale, ora, è tutelare i lavoratori delle infrastrutture.

Da Londra, alla vigilia della visita ufficiale del principe Carlo, atteso a Doha dalla famiglia reale Al-Thani, il ministro ombra per lo sviluppo internazionale, Jim Murphy, accusa: «Non un solo operaio ha perso la vita per allestire i Giochi di Londra, mentre in Qatar si parla di 4mila possibili morti». Theo Zwanziger, dal Comitato esecutivo Fifa, chiede ispezioni per verificare il rispetto dei diritti umani. In Qatar il Ministero del lavoro assicura di aver incrementato del 30% gli ispettori e di aver effettuato 11.500 controlli in tre mesi. Ma Amnesty International parla di condizioni disumane e denuncia che all’ospedale di Doha nel 2012 sono arrivati oltre mille feriti da traumi nei cantieri. Molti erano senza casco. L’International Trade Union Confederation, a dicembre, ha collocato simbolicamente 30 elmetti all’Hotel Sheraton di Doha, per ricordare le trenta morti sul lavoro ogni mese in Qatar.

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WorldSoccer | March 2014

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Feng, il cinese errante da Soros a Totti

“Faremo della Roma una squadra globale”

IL PATRON DEL FONDO HNA, CHE INVESTE IN TURISMO ED ENTERTAINMENT IN TUTTO IL MONDO CON 58 MILIARDI DI DOLLARI IN ASSET, STA CHIUDENDO L’ACQUISTO DEL 30% DELLA SQUADRA ANCORA IN MANO A UNICREDIT. PARTE COSÌ LA GESTIONE CONDIVISA CON L’AMERICANO PALLOTTA

di EUGENIO OCCORSIO (la Repubblica | AFFARI & FINANZA 17-02-2014)

Chen Feng, il finanziere cinese che opera su tutti i continenti, è ad un passo dal rilevare la quota di minoranza nella Roma Calcio. La maggioranza resterà a James Pallotta. A quel punto la volontà esplicita della proprietà mista cino-americana è di fare del team giallorosso una squadra davvero globale, più ancora del Barcellona o del Manchesyer United, in grado di far lievitare audience e affari. Questa è la notizia, ma il retroscena riserva una coincidenza. Nel 2008, si fece un gran parlare dell’interesse di George Soros, il re degli speculatori in grado di sbancare la Banca d’Inghilterra (successe nel 1992), come possibile acquirente per la AS Roma che viaggiava in acque fallimentari dopo il disastro della gestione Sensi. Soros ama Roma, si disse, dove viene spesso e ha una suite fissa all’Hassler (tutto vero), e poi per un finanziere del suo calibro un investimento del genere è una nuance. Non se ne fece nulla, anche se Soros confermò l’interesse potenziale. Seguirono anni turbolenti, finché la squadra nel 2011 fu rilevata dal gruppo americano di James Pallotta, altro finanziere attivo negli hedge funds. Il 30% rimase in mano a Unicredit, il maggior creditore, che ricominciò la ricerca di un acquirente per quest’ultima quota. Ora l’ha trovato in un altro miliardario, appunto Feng, finanziere e imprenditore con partecipazioni in tutto il mondo.

Ecco la coincidenza di cui si parlava: all’inizio degli anni ’90, albori del capitalismo cinese, Feng rilevò la Hunan Airlines per farne la regina del low cost orientale. Ma aveva pochi fondi (l’investimento iniziale fu di 10 milioni di yuan, pari a 1,6 milioni di dollari) e al momento di concludere il leasing dei primi due Boeing 737 negli Stati Uniti capì di aver fatto il passo più lungo della gamba. Stava per fallire, e chi intervenne per salvarlo? Null’altri che Soros. Il quale rilevò il 25% della Hunan, dimostrando come sempre l’occhio lungo perché dopo quell’intervento la compagnia si risanò, crebbe, conquistò il voluto primato fra le low costdell’Asia (e la quarta compagnia della Cina), e garantì ai soci cospicui dividendi. Soros, secondo prassi, di quell’investimento si liberò negli anni con profitti stellari, e Hanan è stata addirittura consultata da Alitalia nella sua ricerca affannata di un partner internazionale.

A Feng è andata benissimo. Tanto che dall’inizio degli anni 2000 gira per il mondo alla ricerca di altri investimenti interessanti. La Hunan l’ha fatta rientrare nella holding Nha e con essa ha comprato, per esempio, il 20% della catena spagnola NH Hoteles, nota in Italia per aver rilevato dai Marzotto la Jolly Hotels e per aver costruito alberghi di prestigio a Milano, Napoli e Amalfi. Poi ha fatto una fitta serie di altri acquisti sempre nel settore viaggi, turismo e nel tempo libero. Un comparto in cui si inserisce alla perfezione la voce “Roma”. La città innanzitutto: anche Feng ci viene spesso e scende allo stesso Hassler dove incontra il suo amico Soros. Proprio Soros gli ha parlato di quest’idea calcisticoaffaristica, un modo per abbinare la potenza di un marchio planetario come Roma (la città) a un potenziale formidabile veicolo di pubblicità globale e diritti tv, la squadra, che non a caso è già stata protagonista (ci andrà anche l’estate prossima) di tornei in terra cinese, oltre che in America. La Roma, nei disegni di Feng e del suo mentore Soros, dovrà diventare la prima squadra di calcio italiano veramente globale, in grado di raccogliere ovunque contratti pubblicitari con sei-sette zeri, diritti televisivi a iosa, e - si spera successi sportivi degni di tal fama. Ma almeno da quest’ultimo punto di vista il lavoro di Rudi Garcia e Francesco Totti sembra garantire le migliori promesse.

Va risolta ora la partita finanziaria. C’è da perfezionare l’acquisto di questo benedetto 30% che ha ancora sul groppone Unicredit. La banca si ritrovò nel 2010, alla scomparsa del patriarca Sensi, proprietaria al 100% non solo della squadra ma di tutte le proprietà del gruppo del costruttore romano: dai depositi petroliferi di Civitavecchia ai beni immobiliari. Un pacchetto da 400 milioni: tanti erano i debiti dei Sensi. L'Unicredit anziché far fallire il gruppo come pure era plausibile, convertì i crediti (ereditati dalla Capitalia di Cesare Geronzi, generosa finanziatrice del costruttore e della 'sua' Roma) in quote sociali. E poi cominciò il meticoloso smantellamento delle partecipazioni: molte proprietà sono state vendute (ora c'è un accordo per le più pregiate, i terreni di Torrevecchia in possesso di licenze edilizie), per l'oil terminal c’è una short list di gruppi internazionali. Insomma le perdite finanziarie sono scongiurate, anche perché intanto nel 2011 l’Unicredit ha venduto a James Pallotta il 70% della Neep, la finanziaria che controlla l’AS Roma. Ora è sul punto di cedere, sempre con la mediazione della Rotschild (e l’assistenza a Roma dello studio legale Gianni Origoni Cappelli), l’ultimo 30% a Feng. Il quale dovrebbe comprare in tranches: subito il 20-25%, in un certo tempo (breve) il resto. Intanto la quota di circa il 5% che sarà tenuta garantirà all’Unicredit alcuni diritti come il veto su operazioni straordinarie, che comunque sono controllate da un comitato esecutivo di cui sono membri sia Pallotta che Paolo Fiorentino, numero tre della banca plenipotenziario per la faccenda Roma e presidente della Neep. La cifra che passerà di mano sarà di circa 100 milioni di euro: a quel punto Unicredit sarà riuscita nell’insperata impresa di chiudere una vicenda apparentemente inestricabile come quella della Roma, senza particolari perdite.

Quanto ai due “novelli sposi” cinese e americano, non è stato semplice far digerire a Pallotta il partner di Shanghai. Quando il nome venne fuori a novembre (a introdurlo fu la Rotschild ma Soros ha fatto la sua parte), Pallotta non la prese bene. Cominciò a riempire le pagine dei giornali sportivi con interviste tipo “Feng chi?” piene di rancore verso Unicredit e Rotschild per averlo tenuto all’oscuro. Anche se è stato il primo beneficiario del maxi-rialzo in Borsa conseguente alla fuga di notizie. Ci è voluta tutta l’abilità mediatoria da un lato della Rotschild e dall’altra di Fiorentino per normalizzare la situazione, sotto una coltre di riservatezza gestita con oculatezza dall’area comunicazione della banca. Ora il contrasto è stato risolto, e le dichiarazioni di Pallotta degli ultimi giorni sono di tutt’altro tenore. Ottimista e possibilista. Tanto che si comincia a ipotizzare una fase 2: dopo l’acquisto delle ultime quote da Unicredit, che a quel punto darà per chiusa la vicenda, Feng starebbe pensando a un ulteriore aumento della partecipazione.

Sempre lasciando a Pallotta la maggioranza, il magnate cinese è tentato di contare di più nelle decisioni operative, a partire da quelle inerenti la costruzione del nuovo stadio della Roma (l’area prescelta è quella di Tor di Valle), visto dal socio americano come il motore principale per l’espansione del business legato alla squadra. Un vero polo dello sport, con la partecipazione di colossi come Nike (che dall’anno prossimo sponsorizza la squadra), Disney (che controlla tra l’altro la tv Espn) e forse perfino Apple. Un mega impianto, hanno detto i dirigenti della Roma venerdì all’inaugurazione della mostra per gli 87 anni della squadra, «da 200mila visitatori al mese». Feng non vuole farsi mancare l’affare, che rientra a pennello nel suo focus d’investimenti. Potrebbe metterci ancora 40-50 milioni, e poi partecipare ad un aumento di capitale dedicato. Il tutto con l’obiettivo di salire al 40% nella Roma, lasciando a Pallotta il 60. A quel punto la quotazione potrebbe essere ritirata: ma per ora gli azionisti si devono ritenere fortunati a godere di tutti questi balzi connessi con i nuovi assetti finanziari della “magica”.

[LA BIOGRAFIA]

La passione per gli aerei e la vocazione per gli affari

Chen Feng è nato nel giugno 1953 a Huozhou, nella provincia cinese della Shanxi. Nel 1984 si è laureato presso il Lufthansa College of Air Transportation Management in Germania, una specie di accademia dell’aviazione civile. Nel 1995 ha conseguito l’Mba presso la Maastricht School of Management in Olanda, e successivamente ha seguito corsi avanzati, sempre in management, presso la Harvard Business School in America. Ma nel frattempo aveva cominciato ad investire in patria, partendo dal settore in cui più era esperto, le compagnie aeree. Con l’aiuto del governo della provincia dell’Hainan, creò la Hainan Provincial Airlines nel 1993, che il 2 maggio di quell’anno cominciò ad operare. Vennero presto però tempi difficili, e nel 1997 solo con una provvidenziale ulteriore iniezione di capitale da George Soros fu possibile ristrutturare la compagnia, che nel frattempo cominciava a puntare sul low cost. Nel 2000 fu creata la holding Hna Group Company, con la compagnia all’interno e poi tutta un’altra serie di investimenti che via via seguirono. Oggi la holding è diversificata con investimenti che vanno dall’airport management alle vendite al dettaglio, dai villaggi turistici e alberghi alla logistica. Il settore di indirizzo è comunque quello “viaggi ed entertaiment” ampiamente inteso. Fra le ultime acquisizioni, il 20% della Nh Hoteles in Spagna. Il totale degli asset ammonta a circa 58 miliardi di dollar e i dipendenti delle società con partecipazione di maggioranza sono 39mila. In tutto questo processo di crescita, Feng è stato particolarmente attento a mantenere stretti legami con l’establishment pubblico cinese, e ha partecipato come “standing committee member” agli ultimi quattro comitati centrali del partito. E’ inoltre vicepresidente della China Enterprise Confederation, la Confindustria cinese.

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SCACCO MATTO BOAVISTA

GIOCA IN SERIE C MA È GIÀ IN A

Lo storico club di Oporto promosso in tribunale.

Con un ex cantante (ed ex squalificato) come leader

di VALERIO CLARI (EXTRATIME 18-02-2014)

Boavista Futebol Clube, ovvero «della restaurazione». Ricordate la seconda squadra di Oporto, con la divisa a scacchi? Nel 2001 vinse il primo titolo portoghese, nel 2003 arrivò in semifinale di Uefa. Da un po’ non ne sentite parlare: sta in terza serie, retrocessa una volta per partite truccate, una seconda sul campo. In realtà dall’estate prossima la ritroveremo nel massimo campionato, a ricevere il Porto e le altre nel suo Estadio do Bessa (rifatto nel 2004, epoca d’oro, per l’Euro). A prescindere dai risultati delle prossime settimane.

Gli anni neri

Già, perché questa è una storia che piacerà a «trentunisti» e incrollabili «moggiani» juventini. I guai del Boavista cominciano nel 2004, quando parte l’inchiesta «fischietti dorati»: partite truccate, intercettazioni, squadre piccole coinvolte, ma anche Porto e Boavista, nelle persone dei loro presidenti, Pinto da Costa e Joao Loureiro. La sentenza si fa aspettare quattro anni: nel 2008 ecco «Fischio finale». Il Porto se la cava con 6 punti di penalizzazione, che nemmeno gli fanno perdere il titolo, il Boavista viene spedito in «B». L’anno dopo se la passa maluccio economicamente, in seconda divisione vende tutti, gioca con gli juniores, retrocede. Da lì in poi tenta la risalita, ma il peso dei debiti non permette troppi sogni: una cinquantina di creditori reclamano 65 milioni di euro. Siamo a un passo dalla scomparsa.

Il City chiama

Intanto, il club si rivolge alla giustizia ordinaria. Nel 2012 il responso: la retrocessione è stata ingiusta, o almeno ci sono pesanti vizi di forma. In piena «restaurazione» viene richiamato alla presidenza Joao Loureiro. Cantante pop in gioventù, è stato il presidente del ciclo vincente. Squalificato per quattro anni (partite truccate), poi per due (truffa economica), ha visto cancellate gran parte delle pene. Dal dicembre 2012 è di nuovo in sella. A giugno 2013 la Federcalcio si arrende: Boavista reintegrato dal 2014-15, con ampliamento della Liga a 18 squadre (da 16). Intanto si lotta coi debiti: il passivo è ora di 32 milioni, spalmati in 10 anni con l’accordo dei creditori. Tutto pare pronto per il ritorno: in panchina c’è Petit, vecchia gloria scesa in 3° divisione per fare il giocatore-allenatore. E alla porta c’è il City, che ha bussato per una collaborazione (utile agli inglesi per il mercato dei brasiliani). Insomma, un trionfo: tornerete a vedere le divise a scacchi. txMAd2N.jpg

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FOLHA DE S.PAULO 19-02-2014

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EL PAÍS 19-02-2014

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Forum sulle scommesse a Malta

S’pore lauded for
anti-online gambling effort

Policing mobile, Internet betting can
help fight transnational crime: Expert

by WALTER SIM (THE STRAITS TIMES 20-02-2014)

With new online gambling laws on the cards here, a global industry expert has hailed Singapore’s moves to fight transnational crime and gaming addiction.

The proposed laws follow steady growth of remote gambling – which includes mobile and Internet gambling – here, estimated at more than $370 million in 2012 and poised to grow by 6 per cent to 7 per cent annually.

Mr Christian Kalb, who runs Paris-based gaming consulting firm CK Consulting, told an Institute of Policy Studies forum on Tuesday that the largely anonymous nature of remote gambling makes it difficult to police.

This has led to a rise in “more sophisticated” global match-fixing activity, primarily in football, but also increasingly in sports such as basketball and rugby.

Mr Kalb, 49, said: “Today, you can bet on everything. At the next World Cup, some operators may offer more than 250 different bets for one single game.”

These include bets that are “easy to influence”, such as the number of yellow cards awarded between the 10th and 20th minute of a football match.

He added: “We can look at all the best practices in the world but there is no one ideal solution.”

The Ministry of Home Affairs said last November that it is looking to introduce measures to curb online gambling in Singapore.

These include blocking access to illegal gambling websites, preventing payments to operators and banning advertisements, but the ministry said it may grant certain exemptions.

Speaking to The Straits Times after the forum, Mr Kalb gave suggestions on the planned measures.

Rather than a blanket ban, he proposed a “practical” ban of the top 50 betting operators.

He said: “You do not need to target a small bookmaker based in Central America. You choose the targets, and it is not 1,000 companies.”

Exemptions, if granted, should only be for Singapore-based operators which can be subject to regulatory control and financial audits.

To curb addiction, restrictions such as limits on bets could be imposed.

But Mr Kalb acknowledged that operators can still circumvent the rules through ways like creating virtual private networks and advertising in football matches, be it on billboards or logos on players’ shirts.

He suggested tougher punishments to deter would-be offenders, lured by potentially steep rewards disproportionate to the risks of arrest.

Mr Kalb said he was pleased with the detention without trial of Dan Tan Seet Eng – who Interpol labels as “the leader of the world’s most notorious match-fixing syndicate” – under the Criminal Law (Temporary Provisions) Act.

Speaking about the modus operandi, Mr Kalb said Tan sent his accomplices to Italy to convey bribes, transferring profits to a shell company in Panama.

The money was then funnelled to global syndicate members, from Croatia to China.

He said of Singapore’s global reputation: “I think it is no longer on the front of match-fixing. This is because the brain was in Singapore.”

On social gaming, Mr Kalb said it was too nascent a development to assess its risks.

Some games may offer exchange of in-game points for gifts or virtual currency bitcoin.

He said: “The definitions of gaming may change but today it is clear that this is not gambling.”

Relax alle Fiji

Match-fixing: protecting the beautiful game
26-27 February, Nadi, Fiji

INTERPOL NEWS

International organized crime groups are increasingly involved in match-fixing in football. As well as damaging the integrity of the sport, the huge profits that are generated are used to fund other illegal activities.

Match-fixing in football is a global challenge that requires a coordinated response from a variety of stakeholders on national, regional and international levels.

In this context, this INTERPOL-FIFA conference will bring together representatives from football, government, the betting industry and law enforcement, in order to raise awareness of the issues related to match-fixing in football today.

It will also help identify gaps in current international procedures and make recommendations on good practice and areas for development.

The conference is being organized in partnership with the Oceania Football Confederation (OFC), the Fiji Football Association (FFA), and the Fiji Police.

In Italia litigano invece di "lubrificarsi" a Capri.

Scommesse, guerra tra
Confindustria e Federbet

di GIUSEPPE CARUSO (l'Unità 20-02-2014)

Questa consulenza non s’ha da fare. È bufera su Sampdoria e Udinese, club che hanno sottoscritto un accordo di consulenza con la Federbet, società belga specializzata nello studio ante-post dei flussi di giocate anomale sulle partite. Una sorta di polizia delle scommesse, che rileva quali partite possono essere state “aggiustate”, il tutto sulla base del flusso del denaro che viene puntato.

Massimo Passamonti, presidente di Confindustria Sistema Gioco Italia (federazione di Confindustria che rappresenta le oltre 6000 aziende che operano nel settore del gioco legale ed autorizzato) ieri si è detto «esterefatto per questo tipo di accordi, visto che avevamo già chiaramente espresso la nostra posizione, pochi giorni fa, con una lettera inviata ai Presidenti di Lega Calcio e ai vertici di Agenzia Dogane e Monopoli. Avevamo espresso incredulità e preoccupazione per quegli accordi visto che i servizi di monitoraggio dei flussi anomali di betting presuppongono capacità tecniche e modalità di collegamento e controllo del mercato delle scommesse, che non riteniamo possano essere nelle caratteristiche di tale associazione.

«Per queste ragioni» ha continuato Passamonti «riteniamo che Federbet non abbia titolo per fornire servizi antifrode al calcio italiano. Evidentemente le nostre segnalazioni alle Autorità sono state vane. A questo punto Confindustria Sistema Gioco Italia valuterà con i propri legali ogni possibile azione a tutela dell’attività dei concessionari autorizzati e delle entrate erariali, pari a diverse centinaia di milioni di euro all’anno, che derivano dal mercato legale delle scommesse. E’ una battaglia nell’interesse di tutti, a partire dalle società dilettantistiche che ricevono fondi dal Coni provenienti proprio dalle entrate fiscali del gioco autorizzato. Intendiamo anche tutelare l’interesse della collettività tutta e quella dei giocatori ».

Insomma le società di scommesse minacciano di far venire meno il proprio sostegno economico a tutto il sistema calcistico, in un momento di grave crisi, con molte società che rischiano il fallimento. Anche perchè la Concessione ad operare nel mercato delle scommesse viene rilasciata dopo preventivi controlli di sicurezza economica e verifiche giudiziali sulle società concessionarie.

«I controlli vengono ripetuti con sistematicità e costanza» spiega Passamonti «per la durata della Concessione stessa. A tali controlli non sono, evidentemente, sottoposti coloro che operano senza l’autorizzazione dello Stato e che vengono rappresentati da Federbet. È una situazione inaccettabile e paradossale, che può avvenire soltanto in un Paese sempre più malmesso come è il nostro».

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Diritti tv per la Serie A

la Lega aumenta i prezzi

“Pronti a trattative private”

Faro dei Garanti sul progetto dei club

Salgono anche le tariffe per gli editori interessati agli estratti per il diritto di cronaca

di ALDO FONTANAROSA (la Repubblica 20-02-2014)

Dalla Rai, da Sky e Mediaset, dagli editori tv anche locali, i club del calcio pretendono adesso qualcosa in più. Chi vorrà trasmettere le immagini di quello che era il campionato più bello del mondo, della Coppa Italia, della Supercoppa italiana e delle competizioni Primavera dovrà fare i conti con un “prezzario” che è in aumento. Nel documento che invia ai nostri Garanti delle Comunicazioni (AgCom) e della Concorrenza (AgCm) — chiamati a un parere — la Lega Calcio rivela le tariffe di partenza per l’asta dei diritti televisivi. In ballo le prossime tre stagioni (dal 2015 al 2018). E se nel 2012 una partita della Serie A in diretta via satellite o via digitale terrestre costava fino a 29 mila euro (come base d’asta), dal 2015 questa stessa gara ne costerà fino a 31 mila 350. Una partita in replica o differita varrà ora fino a 1400 euro (base d’asta) mentre tre anni fa era quotata 300 (parliamo sempre di satellite e digitale terrestre).

E ancora. I vecchi 450 euro per le «immagini salienti» di una singola gara — se acquisite in esclusiva — schizzano adesso a 1570. Una tv satellitare o in digitale terrestre dovrà misurarsi, poi, con una spesa di 62 mila 500 euro per esercitare il «diritto di cronaca» tutto l’anno nei suoi telegiornali (per il piatto forte della Serie A). Nel suo lungo complicato tariffario, la Lega Calcio detta anche i prezzi per chi vorrà trasmettere le competizioni in alta definizione e addirittura, in un futuro non lontano, in 4k (quattro volte l’alta definizione). Sul piano dell’impegno produttivo, nessuna rete potrà impiegare meno di 12 telecamere per la ripresa di sfide della massima Serie (16, lo standard produttivo ideale).

Suggestivo il capitolo sui “Criteri editoriali”. Qui la Lega chiede che le riprese e il montaggio rispettino il «buon gusto ». Immagini di violenza e «striscioni offensivi» non sono inquadrabili, quindi, «se non negli stretti limiti del diritto di cronaca».

Al di là dei prezzi crescenti e delle opportunità editoriali, il governo del nostro calcio, la Lega, detta una condizione molto stringente all’asta (paletto su cui stanno ragionando gli uffici del Garante della Concorrenza). In sostanza la Lega punta a vendere, in esclusiva, le dirette di tutte le sue competizioni (cioè «dell’intero sistema»). Nel caso l’obiettivo di vendita “globale” non venga centrato, la Lega potrà passare «a trattativa privata sull’intera offerta», quindi su «tutti i pacchetti esclusivi». Questo percorso era già delineato nel vecchio documento del 2012 (Parte V, punto 40), ma con una formulazione molto — molto — più elastica.

La Lega mostra i muscoli in un altro punto. A pagina 4 del suo piano d’azione, pur senza citarli, se la prende con i big nazionali della tv che hanno ormai il “vizietto” di comprare ognuno un pezzo di diritti di trasmissione per poi scambiarseli (strategia che la Lega bolla come «preoccupante»).

Il documento della Lega Calcio è ora nel sito del Garante delle Comunicazioni (AgCom, Atti e provvedimenti, cliccare alla voce Comunicazioni 2014).

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IL MATTINO 20-02-2014

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