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K A L C I O M A R C I O! - Lo Schifo Continua -

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La battaglia in Lega Calcio

I diritti tv spiegano il declino del nostro calcio

Tra olgettine e advisor di parte, i club vogliono vedere chiaro: il 60% dei bilanci dipende dalle tv

di ALESSANDRO OLIVA (LINKIESTA 18-09-2013)

«La legge Melandri? Un aborto». L’ennesima palata in faccia al sitema calcio italiano di Aurelio De Laurentiis è arrivata venerdì 13 settembre, sferrata all’ingresso della Lega Calcio. Da una semplice (per così dire) frase si può estrapolare l’intero status dei diritti tv della Serie A italiana. Una situazione che vede protagonisti due blocchi di squadre pronti a scontrarsi e in mezzo, come oggetto del contendere, un advisor che avrebbe a libro paga la consulenza di un’”Ape regina” (al secolo Sabina Began) e che sarebbe espressione dei poteri forti di metà Lega. Il tutto condito da una non chiarissima gestione della vendita di tali diritti al mercato estero.

Cerchiamo di fare ordine nella vicenda. Venerdì 13 settemnbre il meteo prevedeva tuoni e fulmini su via Rosellini, zona viale Zara, Milano. Qui sta la sede della Lega Calcio, dove i presidenti della massima serie si sono dati appuntamento per parlare della commercializzazione dei diritti tv nel triennio 2015/18. Un terreno favorevole alla guerra, di solito. E invece, per quanto l’accordo sia ancora lontano, su un aspetto si sono trovati tutti d’accordo: valorizzare al meglio il prodotto calcio visto in tv, cosa che in Italia vale ancora tra il 60 e il 70% degli introiti di una squadra di serie A. È un inizio, certo, ma sono diversi i nodi da sciogliere. Perchè resta ancora sul tavolo della Lega la lettera scritta da sette squadre (Inter, Juventus, Fiorentina, Roma, Verona, Sampdoria e Sassuolo) al presidente Maurizio Beretta, al quale hanno chiesto di rivedere il sistema di vendita attualmente affidato all’advisor Infront, il cui contratto è in scadenza proprio nel 2015. Le strade sono tre: prolungargli il contratto, cambiare advisor o passare alla gestione diretta del diritti tv da parte della Lega attraverso un proprio canale da hoc.

Ed è quest’ultima possibilità ad ingolosire i club, che dipendendo troppo dai soldi versati dai vari broadcaster televisivi vorrebbero la gestione diretta. Così Infront diventa advisor scomodo. Un advisor al quale la Lega ha staccato, nel triennio passato, un assegno da 30 milioni di euro di commissione. E che ne verserebbe a sua volta 370mila all’anno di consulenza a Sabina Began, passata da “Ape regina” delle olgettine a dipendente della società di marketing sportivo aperta nel 2006 da Marco Bogarelli. La società ha smentito di aver assunto la Began, ma vuoi o non vuoi, tutto ruota ancora una volta a Silvio Berlusconi, via Milan.

Bogarelli è legato da tempo alla Fininvest, nonché ai rossoneri: assieme a Riccardo Silva ha fondato Milan Channel, canale tematico del club. Come riportato dalla ricostruzione fatta nel 2008 dal Corriere della Sera, inoltre, Bogarelli si è già occupato della gestione dei diritti tv internazionale sia per il Milan che per la Juve e il suo vice, Andrea Locatelli, ha lavorato 8 anni per Fininvest proprio nel settore dei diritti sportivi. Tutte coincidenze che hanno fatto alzare il sopracciglio a qualcuno, quando Infront divenne advisor della Lega Calcio sbaragliando la concorrenza di corazzate come Mediobanca e Sportifive.

Infront è dunque rappresentante di una delle due metà del cielo in Lega. La società è al servizio di altre squadre di serie A: oltre al Milan, si occupa del marketing di Cagliari, Lazio, Palermo e Genoa. I cui massimi dirigenti sono stati sostenitori di Beretta durante le elezioni di Lega dello scorso gennaio. Con i battuti, che spalleggiavano Abodi, esclusi dal Consiglio del consorzio dei club. Va da sé che tra questi ci sono le grandi firmatarie della lettera anti–Infront, in particolare Juve e Fiorentina, ovvero Agnelli–Della Valle, che con l’ad del Milan Adriano Galliani non è che si vogliano proprio bene, per alcuni trascorsi sul campo che vanno dal gol fantasma di Muntari contro i bianconeri agli screzi in zona Champions con i Viola. Dopo il “volemose bene” dell’ultima riunione, ora resta da capire come mettere d’accordo tutti, vista la disponibilità di Beretta al dialogo. D’altronde ci sono in ballo 1 miliardo di euro: tanto sono valsi i diritti tv in totale nell’ultimo triennio. Un gruzzolo sul quale si starebbe muovendo, come possibile nuovo advisor, la Img. E questa sarebbe la terza via da praticare.

Ma c’è un altro nodo da sciogliere: quello dei diritti tv all’estero. Riavvolgiamo il nastro e torniamo a un nome associato a quello di Bogarelli: Riccardo Silva. Che con la sua MpSilva, società con sede in Irlanda per motivi fiscali, si occupa della vendita delle immagini del nostro calcio all’estero. Un’attività sulla carta non particolarmente redditizia, dato che la Lega ha incassato quest’anno 120 milioni dalla cessione delle partite della serie A fuori dall’Italia sugli oltre 900 guadagnati. Eppure Silva nel bilancio 2012, alla voce vendita diritti, ha dichiarato di averne incamerati 213: peccato che nella stagione 2011/12, alla Lega ne abbia girati solo 90.

Ecco spiegato perchè molti club vogliono vederci chiaro. Hanno paura di vedersi sfilare i soldi da sotto il naso. E di soldi il calcio italiano ne ha bisogno come il pane, incapace com’è di produrne altri che non siano quelli dei diritti televisivi. Così, per salvaguardare i bilanci, ecco che si cerca di capire come sopravvivere. Per il momento, lo si fa con la legge Melandri–Gentiloni, un apparato normativo che crea evidenti squilibri tra le grandi e il resto del gruppo. La legge prevede infatti che gli introiti incassati dalla Lega debbano essere suddivisi solo per il 40% in parti uguali. Un 30% viene distribuito alle squadre sulla base dei loro tifosi e dei residenti delle loro città, mentre un altro 30% in base ai risultati dell’ultima stagione, delle ultime 5 e di quelli compresi tra la sestultima stagione fino a quella del 1946. Un dato, l’ultimo, che fa capire più di ogni altro quanto sia vecchio il nostro pallone.

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Gravissima crisi in rosa. Per lo spumante e' ancora presto.

Lo spumante magari no, ma un mezzo bicchiere di vino....... che ne dici?

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Lo spumante magari no, ma un mezzo bicchiere di vino....... che ne dici?

Che va bene. Lo spumante lo riservo per quando lasceranno la redazione i responsabili dello scempio, a cominciare da Palombo (anche per raggiunti limiti d'età)

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Qatar vote under scrutiny

by OLIVER KAY (THE TIMES 19-09-2013)

Sepp Blatter, the Fifa president, has blamed “direct political influence” from European leaders for the controversy that is expected to lead to the World Cup finals being held in Qatar in the winter of 2022.

Having frequently defended the integrity of the Fifa executive committee, which voted in December for Qatar to host the 2022 tournament, Blatter has now admitted that the ballot was skewed by factors far removed from football.

When asked by Die Zeit, the German newspaper, if he felt that some members of the Fifa executive committee had voted for Qatar for reasons other than sport, Blatter said: “Yes, there was definitely direct political influence. European leaders recommended to its voting members to opt for Qatar, because of major economic interests in the country.”

Blatter’s comments seemed to be a thinly veiled criticism of Michel Platini, who is expected to challenge him for the Fifa presidency in 2015. Platini, the Uefa president, has said: “To believe that my choice to vote for Qatar 2022 was in exchange for agreements between the French state and Qatar is pure speculation and only the view of those who write these lies.”

Blatter added that Fifa “have just set up a new, independent ethics commission to re-examine the awarding of the World Cup to Qatar”, but Fifa officials clarified that he was referring to the commission that was set up earlier this year rather than a new inquiry.

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Allarme A sui diritti tv

Il miliardo è a rischio

Uno studio sul mercato fa scattare l’emergenza, con la crisi del

settore e i limiti del calcio italiano. Più opportunità all’estero

di MARCO IARIA (GaSport 19-09-2013)

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Quanto varranno in futuro i diritti televisivi della Serie A? Il miliardo tondo tondo di oggi sarà confermato nel nuovo ciclo di commercializzazione che scatterà nel 2015? È a queste domande che cerca di rispondere uno studio riservato di Value Partners, finito sulle scrivanie delle venti società del massimo campionato. I presidenti temono di incassare meno grana. Preoccupazione giustificata, almeno guardando al contesto nazionale. Dopo una fase espansiva, il mercato televisivo italiano ha invertito la rotta: dal picco del 2010 (7,289 miliardi di ricavi e 9,3 milioni di abbonati alla pay tv) si è scesi nel 2013 a un fatturato di 6,389 miliardi e a 8 milioni di tessere. Non se la passano granché i due principali «finanziatori» del pallone nostrano: Sky ha perso l’1% dei ricavi nel 2012, Mediaset addirittura il 13%, entrambi hanno visto una riduzione della clientela. È pur vero, tuttavia, che il calcio rappresenta il driver principale, anzi indispensabile, per chiunque voglia fare televisione a pagamento.

Paragoni Value Partners ha messo a confronto la Serie A con le due leghe di riferimento Premier e Bundesliga, tenendo giustamente conto delle differenti condizioni delle rispettive economie e, in particolare, dei mercati della pay tv (il prezzo dei pacchetti calcio base in Italia è di 24 euro contro i 35 della Germania e i 52 dell’Inghilterra, ciononostante gli abbonamenti in quei paesi sono in crescita). Certo, non è colpa solo del sistema Italia se altrove sanno valorizzare meglio il prodotto. Basti pensare agli stadi e alle loro percentuali di riempimento: 95% in Premier e 92% in Bundesliga contro il 52% in A. E al fatto che dal 2000 un solo impianto italiano sia stato costruito (quello della Juve) a differenza dei sette inglesi e dei nove tedeschi. Per non parlare di come siano gestite Premier e Bundesliga: lì i club hanno deciso di fare un passo indietro in nome del bene comune, da noi... Fatto sta che i contratti rinegoziati l’anno scorso hanno fatto registrare un +64% in Premier (2,188 miliardi di ricavi medi nel 201316) e un +52% in Bundesliga (698 milioni di ricavi medi nel 201317). Dal momento che nelle prossime settimane si discuterà di come vendere i diritti per il nuovo triennio, val la pena dare un’occhiata a cosa succede fuori confine. In Italia tutte e 380 le partite di campionato sono trasmesse in diretta televisiva. Succede lo stesso in Germania mentre in Inghilterra si tutela il tifo da stadio oscurando il 60% degli incontri. C’è poi il tema dell’esclusiva. Da noi Sky e Mediaset Premium fanno vedere (quasi) le stesse cose, altrove l’esclusiva è al 100%. Infine i diritti internazionali. La Premier fa storia a sé con quasi 900 milioni di ricavi dall’estero contro i 117 della Serie A e i 70 della Bundesliga. Una sproporzione che si riflette negli ascolti: in Indonesia il match più visto di Premier ha catturato 3,138 milioni di telespettatori, quello di A solo 441 mila.

Consigli Viste le ridotte probabilità che sbarchi Al Jazeera o che ci sia un interesse forte da parte delle società telefoniche, secondo Value Partners «è necessario aumentare i ritorni attesi per i potenziali offerenti, lavorando sull’articolazione dei pacchetti». Insomma, strutturare in maniera diversa i bandi in modo da accontentare Sky e Mediaset con l’alternativa della «distribuzione diretta ai consumatori», cioè il canale della Lega. All’estero «è essenziale investire con continuità sull’attrattività del prodotto per guadagnare popolarità sui mercati esteri più interessanti». Come? Aspettando i nuovi stadi, con iniziative promozionali più efficaci: le tournée usa e getta non bastano.

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Suspected leader of match-fixing gang

and 13 others arrested in Singapore

INTERPOL News 18-09-2013

LYON, France – The arrest by Singapore authorities of 14 individuals on suspicion of belonging to an organized crime group involved in match-fixing, including the suspected leader, has been commended by INTERPOL.

The 12 men and two women were arrested following raids across Singapore in the early hours of Tuesday 17 September. Among those taken into custody was the suspected leader and several other individuals who are the subject of ongoing investigations in other jurisdictions in relation to match-fixing activities.

The arrests were part of a joint operation led by the Singapore Police Force’s Criminal Investigation Department (CID) and the Corrupt Practices Investigation Bureau (CPIB) with support from the Police Intelligence Department.

In March this year, under the auspices of the INTERPOL Global Anti-Match-fixing Taskforce, officers from the CID and CPIB met with investigators from across Europe at the INTERPOL General Secretariat headquarters to review evidence of alleged match-fixing by a transnational organized crime group based in Singapore. The Taskforce also facilitated and coordinated additional contact between Singaporean authorities and European investigators.

“Singaporean authorities have taken an important step in cracking down on an international match-fixing syndicate by arresting the main suspects in the case, including the suspected mastermind; no person should doubt Singapore's commitment to fighting match-fixing” said INTERPOL Secretary General Ronald K. Noble.

“On behalf of INTERPOL, I would like to commend Singapore for building its own criminal investigation and for demonstrating its ability and determination to fight the match-fixing problem at home and abroad. Singapore put into action its commitment of collaborating with INTERPOL and its member countries in this important global fight by making these arrests.

Secretary General Noble added: “Singaporean authorities have demonstrated the positive results which can be achieved through close international police cooperation via INTERPOL and its member countries.

“I am confident that Singapore's thorough investigation and prosecution of match-fixing will continue and that Singapore will continue to share with INTERPOL evidence obtained by it to assist other countries where their laws permit,” concluded the INTERPOL Chief.

In a joint statement announcing the arrests, Singaporean authorities welcomed the assistance provided by the INTERPOL Global Anti-Match fixing Taskforce, and underlined their commitment to continue working with both the Taskforce and the global community in the fight against match-fixing and to bring the perpetrators to justice.

Five of the individuals, including the suspected leader, are currently being detained pending further investigation, with the other nine to be released on police bail. Further enquiries in relation to the arrests should be directed to the Singaporean authorities.

THE STRAITS TIMES 19-09-2013

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QUESTIONS TO ASK ABOUT

THE DETENTION OF DAN TAN

by DECLAN HILL (Blog 18-09-2013)

1) Why did it take so long?

2) The original arrest warrants were delivered to Singapore almost one year ago. Nothing was done. Why not?

3) Does this amount of warning to a suspect give them time to destroy potential evidence?

4) Tan, has according to my sources, been detained under an anti-terrorism law. If so, does this mean that he will not have a chance to testify in an independent court? Thereby not giving the public a chance to hear all that he can tell? Thereby not giving him a fair trial?

5) Ummm… why did it take so long? No, really, we still have not heard a credible reason why law authorities took almost one year to arrest a suspect when they had hundreds of pages of evidence presented to them. What have they been waiting for?

L’inchiesta Preso a Singapore insieme ad altre 13 persone: negli ultimi 4 anni si è recato 48 volte in Italia

La svolta: arrestato il boss delle scommesse

Tan Seet Eng per l’accusa avrebbe «taroccato» 600 match. Per Cremona è l’uomo chiave

di ANDREA ARZILLI & ARIANNA RAVELLI (CorSera 19-09-2013)

L’hanno preso, non potrà godersi il Gp dall’alto del lussuoso albergo sulla baia dopo il consueto giro alla roulette del casinò: Tan Seet Eng, detto «Dan», il boss delle scommesse illegali, è finito nelle mani della polizia di Singapore a seguito di una maxi operazione condotta nelle prime ore di martedì scorso. E che ha prodotto 14 arresti, tra i quali proprio quello del Grande Oriente della «Loggia del tarocco», l’uomo che da anni si è dato alla macchia perché ricercato dalle polizie di mezzo mondo, accusato di aver combinato oltre 600 partite in tutti i continenti, in ogni genere di campionato e competizione. Almeno 100 delle quali solo in Italia, prima da mandante dei «bolognesi» (i vari Signori e Sartor), poi da architetto delle scommesse sottobanco procacciate dagli «zingari» Gegic e Ilievski e messe in campo dai volti noti del nostro calcio. Dan infatti è l’uomo più ricercato dalla Procura di Cremona che, nelle varie ricostruzioni del metodo della combine, è sempre risalita al vertice della piramide constatando che lassù siede lui da almeno 4 anni. C’è già un atto di custodia cautelare internazionale emesso dal Tribunale cremonese che il boss finora ha schivato perché non c’è estradizione per la frode sportiva, ma presto potrebbe scattare una richiesta di rogatoria per cercare i tasselli che mancano all’inchiesta e completare il puzzle su cui lavora il procuratore Di Martino, magari trovando i collegamenti con i numerosi giocatori transitati nelle sale della Procura o nelle celle del carcere cremonese, o con gli enigmatici Mister X e Mister Y. Siamo alla svolta, insomma.

La notizia rimbalza da Singapore, Cremona usa cautela, ma la conferma arriva direttamente dall’Interpol. Che dà anche dei dettagli: sono 12 uomini e 2 donne, età che varia tra i 38 e i 60 anni, «tra le persone in custodia c’era il presunto leader dell’organizzazione e altri individui che sono oggetto di indagini in altre giurisdizioni in relazione alle attività di match-fixing», dice Ronald K. Noble, segretario generale della polizia internazionale. Cioè, 5 arrestati, compreso Dan, sono oggetto anche di inchieste multiple, tutte quelle raccolte in un documento riservato con cui la Fifa tiene aggiornato lo stato delle indagini sulle scommesse nei vari Paesi: lì c’è fotografata l’impressionante rete d’affari collegati alle combine che prendono corpo proprio a Singapore e, quindi, da Tan Seet Eng. È lui l’amministratore delegato di un business miliardario che passa dall’Italia (con tutti i giocatori che abbiamo visto passare nelle procure, ma tutto iniziò con l’AlbinoLeffe), dall’Ungheria, da Panama, la base per incontri d’affari, dallo Zambia che era scuola di formazione alla combine (si reclutavano giocatori da spedire in Finlandia a manipolare partite), dalla Colombia, dove c’è il sospetto legame con i cartelli locali. Ma anche Emirati, Costa Rica, Messico, si è taroccato e probabilmente si continua a taroccare ovunque, anche in Siria, dove è acclarato che la nazionale giocò un match contro una falsa rappresentativa dello Zimbabwe. E pure in Egitto dove l’ex numero due di Dan, Wilson Raj Perumal, ha vissuto un anno e fondato una società. Proprio l’ex braccio destro, arrestato in Finlandia nel febbraio 2011 e poi estradato in Ungheria, potrebbe aver avuto un ruolo determinante nella cattura del boss delle scommesse in «nero». Perumal era convinto di essere stato arrestato a causa di una soffiata di un uomo di Dan, una faida per il potere occulto, per questo aveva dichiarato di volersi vendicare. Ed è stato di parola, di sicuro ha cominciato a spifferare tutto quello che sapeva sul grande capo, a rivelare dettagli dell’organizzazione e del suo vertice, per esempio delle 48 volte in 4 anni che si è recato in Italia. Non in vacanza, ovviamente.

Calcioscommesse

Retata a Singapore:

preso anche il boss

di GABRIELE MORONI (Quotidiano Sportivo 19-09-2013)

IL BOSS SAREBBE in trappola. Fra i 14 arrestati dalla polizia di Singapore contro una organizzazione mondiale che truccava le partite di calcio, si troverebbe anche Tan Seet Eng, conosciuto come Dan, capo e finanziatore di una organizzazione che in dieci anni avrebbe truccato 500 incontri, anche in Italia. Dan era inseguito da una ordinanza di custodia cautelare da Cremona e da un provvedimento analogo dall’Ungheria. «I 12 uomini — è la nota dell’Interpol — e le 2 donne sono stati arrestati a Singapore in una operazione condotta dalle prime ore di martedì 17 settembre. Tre le persone in custodia c’erano il presunto leader e altri individui che sono oggetto di indagini in altre giurisdizioni il relazione alle attività di match-fixing».

Tan Seet Eng ha 49 anni. Anche se in patria risulta incensurato e nullatenente, dispone di un patrimonio valutato in 45 milioni di dollari e di una suite riservata per tutto l’anno al Marina Sand Bay Hotel di Singapore. L’organizzazione di Singapore avrebbe manipolato o tentato di manipolare decine di partite del campionato di serie A. Il boss è venuto di persona in Italia per 48 volte in due anni, alloggiando quasi sempre in un hotel di Malpensa.

Calcioscommesse senza fine.

«Partite truccate in Italia»

Arrestate a Singapore 14 persone. Fra loro

Tan Seet Eng, ricercato dalla procura di Cremona

di NICOLA LUCI (l'Unità 19-09-2013)

Quattordici persone sono state arrestate a Singapore in un’operazione destinata a smantellare un’organizzazione dedita al calcioscommesse. Tra le persone arrestate ci sarebbe anche Tan Seet Eng: il boss dell’organizzazione, conosciuto anche come «Den» è stato colpito da un atto di custodia cautelare internazionale emesso dal Tribunale di Cremona nell’ambito dell’inchiesta sulle partite «combinate» in Italia. «I 12 uomini e le 2 donne sono stati arrestati a Singapore in un’operazione condotta nelle prime ore di martedì 17 settembre. Tra le persone in custodia c’era il presunto leader e altri individui che sono oggetto di indagini in altre giurisdizioni in relazione alle attività di match-fixing», affermal’Interpol. «Gli arresti fanno parte di un’operazione congiunta, condotta dal Dipartimento investigativo di Singapore e dall’Unità anticorruzione con il sostegno della Polizia».

«Den» non sarebbe l’unico ricercato dalle autorità italiane finito in manette: proprio nei giorni scorsi il Servizio centrale operativo (Sco) della polizia ha inviato gli atti, grazie al prezioso lavoro di raccordo dell’Interpol, alla polizia di Singapore per documentare l’esistenza dell’associazione a delinquere.

«L’inchiesta è ancora lunga, è un pozzo senza fondo» aveva detto il Procuratore capo della Repubblica di Cremona, Roberto Di Martino, qualche mese fa, ricordando che «l’indagine è ampia e ha dei numeri tali che consente di dare uno spaccato del fenomeno del match fixing. Ci sono quasi cento partite di calcio sotto inchiesta, 160 persone indagate e 200 mila intercettazioni telefoniche tra le persone coinvolte».

Di Martino aveva anche spiegato il meccanismo con cui funzionavano lo scommesse: «Sono tanti i gruppi criminali che si sono occupati della manipolazioni di partite: l’indagine ha consentito di individuare l’esistenza di un’organizzazione che vede al centro - in posizione di vertice - i soggetti di Singapore (arrestati due giorni fa, ndr). Il sodalizio era costituito da un gruppo dirigenziale di 8-9 persone, ciascuna della quali si occupava di una zona del mondo. Tra il gruppo dirigente di Singapore e i calciatori corrotti si inserivano altre componenti come il gruppo di slavi - volgarmente chiamato clan gli zingari - successivamente sostituito dal gruppo di ungheresi. Questi soggetti avevano il compito di verificare la possibilità di manipolare le partite. L’altra componente era formata da una serie di giocatori corrotti per indicare e segnalare i calciatori disponibili a manipolare la partite». In Italia ce ne sono stati parecchi. Ma il conto potrebbe essere ancora più esteso.

Le indagini Svolta internazionale: ordine di custodia cautelare per il leader dell’organizzazione

Scommesse, colpo alla base di Singapore

Arrestate 14 persone tra cui Den, inseguito dai pm di Cremona

di DONATO SOLIMENA (IL MATTINO 19-09-2013)

MILANO. A Cremona investigatori e inquirenti ci vanno con i piedi di piombo, perché non è la prima volta che le voci si susseguono e poi non trovano conferma, ma questa volta lo stringato comunicato dell'Interpol, fatto giungere dalla polizia di Singapore, potrebbe davvero rappresentare una svolta nell'inchiesta cremonese sul calcioscommesse che ha portato nei mesi scorsi ad arresti eccellenti, tra i quali quello dell'ex capitano dell'Atalanta, Cristiano Doni e della Lazio, Stefano Mauri e a oltre 100 indagati, tra i quali anche giocatori della Nazionale, tecnici e presidenti anche di Serie A.

A Singapore sono state arrestate 14 persone, 12 uomini e due donne per partite truccate. E tra queste c'è anche «il capo dell'organizzazione». E il capo dell'organizzazione, per il procuratore Roberto di Martino e il gip Guido Salvini, che nel tempo ha disposto gli arresti, è Tan Seet Eng, detto Den, misterioso singaporiano che avrebbe avuto «il ruolo di capo e di organizzatore» nella «pianificazione degli interventi illeciti» diretti «ad influire sul risultato e ad alterare, in molteplici campionati di calcio, in coppe nazionali e non e in partite internazionali, il naturale esito delle partite medesime, per conseguire vincite in scommesse per milioni di euro che venivano effettuate prevalentemente sui siti asiatici».

In sostanza, i singaporiani ci mettevano i soldi, il gruppo dei cosiddetti zingari, uomini dell'Est europeo provvedevano a contattare e a dare i soldi ai giocatori italiani coinvolti, di tutte le serie. La «Primula ross» del calcioscommesse, capace di influire su partite di serie minori, ma anche di Serie A italiane e di Coppa potrebbe essere stato finalmente preso, grazie al coordinamento tra le autorità singaporiane e quelle europee.

Un risultato significativo secondo il segretario generale dell’Interpol Ronald K. Noble della cooperazione internazionale, che dice: «Le autorità di Singapore hanno compiuto un passo importante arrestando i principali sospettati, compreso il presunto leader dell'organizzazione. Nessuno dovrebbe dubitare dell'impegno di Singapore nella lotta al match-fixing. Le autorità hanno dimostrato che i risultati positivi possono essere ottenuti attraverso la stretta collaborazione internazionale favorita dall'Interpol e dai paesi membri».

A SINGAPORE, LEGATO ALL’INCHIESTA DI CREMONA

Caso scommesse

Arrestato il boss

di SIMONE DI STEFANO (TUTTOSPORT 19-09-2013)

ROMA. Svolta nell’inchiesta sul Calcioscommesse: è stato arrestato Tan Seet Eng, il boss singaporiano legata all’inchiesta italiana “Last Bet”. Tan Seet Eng, detto “Dan”, è finito in manette martedì a Singapore, nell’ambito di un’operazione congiunta, condotta dal Dipartimento investigativo di Singapore e dall’Unità anticorruzione con il sostegno della Polizia. Con lui sono finite dietro le sbarre altre 13 persone tra i 38 e i 60 anni, tra cui due donne. Per Dan c’è un provvedimento di custodia cautelare internazionale, emesso dal Tribunale di Cremona.

LEGAMI «Le autorità di Singapore hanno compiuto un passo importante arrestando i principali sospettati, compreso il presunto leader dell’organizzazione. Nessuno dovrebbe dubitare dell’impegno di Singapore nella lotta al match-fixing», ha commentato il segretario generale dell’Interpol, Ronald Noble. Un evento che il pm di Cremona, Roberto Di Martino, attendeva da tempo. Tan Seet Eng è infatti connesso all’inchiesta cremonese fin dai primissimi giorni, il suo nome compare già nell’ordinanza di custodia cautelare emessa l’1 giugno 2011. Per lui nelle prossime ore potrebbe scattare la richiesta di rogatoria internazionale da parte di Cremona. Potrebbe aiutare a far luce su alcuni punti rimasti oscuri dell’inchiesta. Tra questi, il ruolo del cosiddetto Mister X, del quale Cremona possiede già l’identità. Ma il singaporiano era legato anche al cosiddetto gruppo degli “zingari” (tra cui Ilievski e Gegic), che corrompevano i giocatori per passare poi le informazioni a Singapore, in modo tale da effettuare scommesse su circuiti illegali. Ecco perché “Dan” potrebbe essere al corrente anche di alcune combine ancora al vaglio della giustizia sportiva.

CASO-MAURI Tra queste, anche Lazio-Genoa e Lecce-Lazio, in cui è coinvolto Stefano Mauri. Il capitano della Lazio sarà ascoltato oggi in Corte di Giustizia federale, dopo che la sua posizione fu congelata dai giudici di secondo grado. Saranno audizioni singole: comincerà il grande accusatore, Carlo Gervasoni, poi sarà la volta di Zamperini (probabile che non si presenti), infine toccherà al laziale. Mauri era stato squalificato in primo grado a 6 mesi di stop, ma ora i giudici potrebbero rivedere la sua posizione. Ammesso che si decida, la sentenza non arriverà prima della settimana prossima.

Singapore: 14 arresti.

Cremona attende il boss

Tra i fermati anche Tan Seet Eng:

ricercato in Italia per le combine in A

di FRANCESCO CENITI (GaSport 19-09-2013)

Una conferma. E’ quella che attendono da Singapore gli investigatori italiani impegnati nella lotta al calcioscommesse: tra le 14 persone (due donne) arrestate martedì dall’Interpol dovrebbe esserci anche Tan Seet Eng, detto «Dan». Non è uno qualunque, ma il capo dei capi: su di lui pende dal 1 giugno 2011 un mandato di arresto internazionale emesso dalla Procura di Cremona. Il motivo è semplice: per il pm Roberto di Martino e il gip Guido Salvini (che negli ultimi due anni hanno affondato i colpi contro uno dei business più appetibili per la criminalità) è il grande burattinaio, quello chemuove i fili e i denari necessari per alterare nel mondo le gare di calcio (oltre 600) più importanti (compresa Serie A e Champions). Sono molti i Paesi dove l’organizzazione ha allungato i suoi tentacoli. L’Italia era terra di conquista fino al 2011, quando l’attività della Procura di Cremona ha permesso di evitare il peggio. Fino a quel momento nei ritiri arrivavano bande di stranieri (slavi e ungheresi) con mazzette in contanti da consegnare ai giocatori. E se come sembra in una cella di Singapore è rinchiuso Dan, allora potrebbe esserci la svolta completa di una storia iniziata con i fermi di Signori, Sartor e tanti altri. Se decidesse di collaborare, come ha fatto in Finlandia il suo ex socio Perumal, molti segreti avrebbero le ore contate.

L’operazione «Gli arresti fanno parte di un’operazione congiunta, condotta dal Dipartimento investigativo di Singapore e dall’Unità anticorruzione », ma sarebbe stato decisivo il materiale giunto nei giorni scorsi dall’Italia e inviato dal Servizio centrale operativo (Sco) della polizia. Al momento non sono state rese note le generalità dei fermati, ma il nome di Dan circola in ambienti investigativi («preso il capo» dicono all’Interpol). Cremona attende una conferma, poi deciderà il da farsi. E’ chiaro che vorrà interrogarlo, da capire se è possibile una estradizione (difficile), oppure toccherà agire per rogatoria. Non è da escludere un viaggio a Singapore del pm Di Martino. In questi due anni sono stati presi molti uomini considerati vicini al boss, compreso Gegic tuttora a Cremona con obbligo di firma. Ma nei 6 mesi di carcerazione, il serbo ha collaborato poco, negando di conoscere Dan.

Mauri Oggi intanto la Corte di Giustizia federale sentirà Stefano Mauri per la presunta combine in Lecce-Lazio (per gli inquirenti alterata proprio da Singapore). Il capitano della Lazio non può giocare per la squalifica di 6 mesi (omessa denuncia) inflitta in primo grado. Stop congelato perché la Corte vuole approfondire gli atti (l’accusa voleva l’illecito e 3 anni e mezzo di squalifica). Sentito anche il pentito Gervasoni, mentre non si presenterà Zamperini. In una memoria mandata alla Corte i suoi legali fanno sapere di non ritenere la Giustizia sportiva la sede giusta per approfondimenti così delicati.

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Arrest ‘spells end

of match-fixing ring’

Alleged leader’s group said to have

influence in most European leagues

by BRYNA SINGH, SANJAY NAIR & WANG MENG MENG (THE STRAITS TIMES 20-09-2013)

The “death knell” is sounding for a Singapore-linked match-fixing syndicate after the arrest of its suspected mastermind, said a former head of Fifa security yesterday.

Businessman Dan Tan Seet Eng’s alleged ring is said to have rigged over 150 matches in countries including Italy, Hungary, Finland and Nigeria. The 48-year-old and 13 other Singaporeans were arrested on Tuesday.

Former Interpol officer Chris Eaton, who headed the international football authority’s security arm, said this is a “major” and “eclectic” group, with hands in nearly every European league.

Tan, who is wanted in Italy and Hungary, was nabbed together with 11 men and two women in the islandwide crackdown, led by the Criminal Investigation Department (CID) and the Corrupt Practices Investigation Bureau (CPIB), with police support. Mr Eaton said: “I believe it’s the death knell to this particular group.”

Interpol chief Ronald K. Noble told The Straits Times that six of those arrested are linked to ongoing European investigations or prosecutions in countries including Italy, Germany and Finland.

Police here declined to reveal further details of the operation, although the paper understands that the authorities have kept close tabs on Tan since February.

Mr Eaton, currently director of sport integrity at the Doha-based International Centre for Sport Security, suggested that Tan’s arrest is related to tension between Tan and convicted match fixer Wilson Raj Perumal.

When Wilson Raj, 46, was arrested in Finland in 2011, he claimed Tan was at the helm of the match-fixing operations. Tan, however, told The New Paper in August 2011 that he did not know Wilson Raj personally. But he had a business dispute with him.

Mr Eaton believes that Wilson Raj and Tan have “fought internally” since 2011, “after Tan ordered (Wilson Raj) to surrender in Finland”. “This internal warring resulted in the first separation within the organisation,” he said.

Yet in the two years after Wilson Raj was arrested and ratted on Tan, the latter was still a free man. It appears that the net started closing in on him in February this year, when the European Union’s joint police body Europol said it had identified 150 suspicious matches played worldwide between 2008 and 2011, which were allegedly linked to Singapore. Tan was linked to them.

When The Straits Times asked Singapore police at the time why Tan had yet to be arrested, the answer given was that there was no hard evidence implicating him.

In March, CID and CPIB officers met investigators from across Europe at the Interpol General Secretariat headquarters, under the auspices of the Interpol Global Anti-Match-Fixing Taskforce. This was to review evidence of alleged match-fixing by an international crime group based here.

In May, match-fixing prosecutors in Hungary indicted Tan and 44 Hungarians suspected of being involved in an international ring.

Earlier this week, 10 people at Melbourne’s Southern Stars club were arrested on suspicion of match-rigging, linked to alleged South-east Asian fixers including Wilson Raj.

Mr Eaton praised Australia and Singapore, saying: “The two countries’ actions appear to be uncoordinated, but taken together, it’s a major blow to t he g l obal match-fixing industry.”

Interpol also commended the local authorities’ action, calling it “an important step” in the crackdown. Mr Noble said: “No person should doubt Singapore’s commitment to fighting match-fixing.”

DAN TAN:

THE ELUSIVE KING OF FIXERS?

Keeping low profile in S'pore helps

48-year-old stay under police radar

by SANJAY NAIR (THE STRAITS TIMES 20-09-2013)

A secondary school dropout who allegedly went on to head an international match-fixing syndicate, manipulating the results of more than 150 football matches across four continents.

He may be an average Joe to his friends, but Tan Seet Eng – also known as Dan Tan – led a more-than-average life, running a global match-fixing syndicate since 2009 at least.

He avoided capture until Tuesday, when he was among 14 Singaporeans nabbed on suspicion of being part of an organised group of match-fixers in an islandwide crackdown.

He is believed to have been just as elusive in managing his gang of match-fixing associates.

According to an insider, to avoid detection, he directed an associate to fix football matches in Switzerland from the Malaysian town of Penang.

He also reportedly avoids fixing S-League games, which are closely watched by the Corrupt Practices Investigation Bureau, for the same reason.

Nicknamed “Ah Blur” by close associates for his unaffected nature, the 48-year-old Tan met buddies at neighbourhood coffee shops even after his name was brought up by Italian authorities two years ago.

Tan – who was also fingered by Interpol and Europol earlier this year – dressed simply in T-shirt and jeans, and was said to be a salaried employee in a local company.

Apart from his frequent travels across the globe, he displayed no trappings of wealth, refusing to flash jewellery or even an expensive watch.

Only when reporters began staking out Tan’s home did he react. With his wife – a Chinese national – and young son in tow, Tan moved out of his Rivervale Crest condominium unit in Sengkang to a HDB flat in an undisclosed location.

Most friends lost touch after he disconnected his home and mobile numbers.

Besides investing considerably in shares over the years, Tan was known to be an avid gambler, punting several thousands of dollars a time on horse-racing and football, though he was said not to be a keen follower of the game.

He also frequented casinos, with friends describing him as a high-roller whose bets the millions each year.

Gambling had landed Tan in jail in the early 1990s. He served time for less than a year after falling foul of the law for being an illegal horse-racing and football bookmaker.

He was also said to have fled Singapore in 1994 after losing more than $1.5 million betting on that year’s World Cup. But he returned after his creditors agreed to let him pay off his debt in instalments.

Tan is believed to have bounced back quickly from this setback, commuting up till recently in a BMW 7 Series saloon.

Those who know him say Tan does not drink alcohol or smoke, and spends most of his free time watching television at home and monitoring the stock market on his laptop.

Friends surmised that Tan’s excessive gambling may have ran into hooked him up with the wrong crowd, kick-starting his rise to infamy.

Singaporean match-fixer Wilson Raj Perumal, now on house arrest in Hungary, was said to be one of those who supplied betting tips to Tan. The duo reportedly went on to become business partners.

However, they fell out over an investment deal with Finnish football club Tampere United, in which Perumal planned to use the club ownership to manipulate the team’s results.

Their subsequent split eventually led to Perumal’s arrest in Finland in 2011. Perumal has insisted that he was betrayed by Tan.

With Tan’s arrest on Tuesday, authorities are hoping that this spells the end of the major match-fixing syndicate which he had painstakingly hidden from public view.

QUESTIONS TO ASK ABOUT THE DETENTION

OF LORD VOLDEMORT ERRR... I MEAN DAN TAN

by DECLAN HILL | Blog 18-09-2013 updated

What is it about this man? Why will the authorities never mention his name? For nine months now, I have been standing on public stages, giving interviews and talking opening about how the international arrest warrants against Dan Tan must be served. Tan must stand trial in an open court and give his side of the story.

Yet no official authority - not Interpol, not ICSS, not FIFA, not the Singaporean government, not the Council of Europe, called out for his arrest. Why not?

Heck! Some of these people would not even mention his name in public. They would start doing that bizarre, twisty dance that bureaucrats of all kinds do when they are trying to skirt controversy.

Others in these 'guardians of the credibility of sports', if absolutely pressed, would try to downplay the significance of having two international arrest warrants against someone. Or try to insinuate that the Italian police had not done a good job in their investigation against Tan's alleged gang of fixers or the Hungarian police had not done a good job or that the German police had not done a good job or .... (etc, etc).

Now we are facing a barrage of press releases where again these officials are twisting about not mentioning his name.

It is all like something out of the great Harry Potter novels. Where the bureaucrats will not mention the name of Voldemort - thereby giving him far more power than he deserves. BTW - Tan is certainly not a Capo or a gang leader, rather he is alleged to have lots of connections with the Asian business and political establishment leaders, which is a possible reason for the protection he has received so far.

Anyway - to repeat -

The arrest of Dan Tan is massive. It is huge. It is incredibly important.

Another thing that worries me is that my sources, who are close to the investigation, tell me that they are considering charging Tan under the 1950s anti-terrorism laws, which means that he might not stand trial in public. Which means that the rest of you will not get to hear what I, and readers of The Fix know. These guys have been fixing massive amounts of games for years.

I have been getting the statement/question - the arrest of Dan Tan won't make a difference, because someone else will just take his place - from a lot of journalists today.

Oh please! This is Interpol/FIFA spin and it truly is embarrassing how many of my media colleagues are falling for it.

Imagine any other crime - drug dealing, rape, murder - the authorities in half-a-dozen different countries accumulate hundreds of pages of evidence against one person.

Then people say, 'oh no point in arresting that person, because other people will deal drugs, rape or murder.'

To repeat the arrest of Dan Tan is hugely important.

Here are some real questions for my media colleagues to start asking Interpol/FIFA and the Singaporean Government?

1) Why did it take so long?

2) The original arrest warrants were delivered to Singapore almost one year ago. Nothing was done. Why not?

3) Does this amount of warning to a suspect give them time to destroy potential evidence?

4) Tan, has according to my sources, been detained under an anti-terrorism law. If so, does this mean that he will not have a chance to testify in an independent court? Thereby not giving the public a chance to hear all that he can tell? Thereby not giving him a fair trial?

5) Ummm… why did it take so long? No, really, we still have not heard a credible reason why law authorities took almost one year to arrest a suspect when they had hundreds of pages of evidence presented to them. What have they been waiting for?

Modificato da Ghost Dog

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LA GARA IN PROGRAMMA IL 19 OTTOBRE

Arrivano i No Tav

Roma-Napoli slitterà a Natale

Le autorità hanno chiesto alla Lega di cambiare data: prima possibilità il 18 dicembre

di ANTONIO MAGLIE (CorSport 20-09-2013)

ROMA - La sfida tra Roma e Napoli slitterà a Natale. La decisione non è ufficiale ma tanto le società quanto la Lega danno per scontato che la partita in programma sabato 19 ottobre verrà rinviata. A data da destinarsi perché il puzzle è veramente complicato visto che il calendario, tra campionato, Champions, Coppa Italia e Nazionali offre la prima data per il recupero ben oltre la metà di dicembre, precisamente il 18. Per sfruttarla, inoltre, bisognerà rivedere il quadro degli anticipi e posticipi dato che, ad esempio, la Roma lunedì 16 dicembre dovrebbe scendere in campo a San Siro contro il Milan (mancherebbero i tre giorni di riposo previsti tra un impegno agonistico e un altro).

La scelta, peraltro, non è “contrattabile”: alla base della richiesta già prospettata da Viminale e prefettura di Roma ma non ancora ufficializzata, la manifestazione dei No Tav che si svolgerà nella Capitale sabato 19 ottobre. Per gli uomini che sovrintendo all’ordine pubblico, la manifestazione No Tav è un evento dalla gestione non semplice che sconsiglia la sovrapposizione con altri appuntamenti delicati (e che soprattutto richiedono l’impiego di molti uomini).

INVITO - La Lega è stata invitata dal Ministero dell’Interno e dalla Prefettura di Roma a valutare l’ipotesi di un anticipo o di un posticipo della partita. Le soluzioni individuate non sono, però, realizzabili. Milano aveva pensato a un anticipo a venerdì 18 ottobre ma ha ottenuto un rifiuto dal Viminale: i manifestanti No Tav cominceranno a calare su Roma già da venerdì. La partita, però, non può essere posticipata neanche a domenica 20 perché il Napoli, impegnato in Champions, affronterà in trasferta il Marsiglia martedì 22: non sarebbero rispettati i tre giorni di riposo.

Da quel momento in poi, il calendario è intasato. Un turno infrasettimanale, il 30 ottobre, il quarto turno di Coppa Italia, il 4 dicembre, una sosta per consentire alla Nazionale di giocare due amichevoli (una con la Germania) fra il 15 e il 19 novembre, tre appuntamenti di Champions (5 e 6 novembre, 26 e 27 novembre, 10 e 11 dicembre). A questo punto, non vi sono alternative visto che il primo varco sul calendario è quello a ridosso di Natale. Sarebbe anche l’unico buco visto che dopo il turno del 21 e 22 dicembre, le squadre di serie A si concedono una quindicina di giorni di vacanza. Conclusione: non sembrano esserci alternative a meno che non si punti sull’ipotesi di recuperare a gennaio quando la Champions sarà ferma e il calendario decisamente più libero.

Calendario regolarissmo e Stato di melma

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Quelli che “Arbitro non conti un c...”

DALLA REAZIONE DI KLOPP ALLE INTEMPERANZE DI BALOTELLI OGNUNO FA QUEL CHE GLI

PARE, A PARTIRE DAI “FISCHIETTI” CHE PUNISCONO SECONDO L’UMORE E NON LE REGOLE

PAZIENZA ADDIO Montella, tecnico della Fiorentina, ha perso l’aplomb:

“Non c’è uniformità di trattamento, ai giocatori più noti tutto è permesso”

di ANDREA SCANZI (il Fatto Quotidiano 20-09-2013)

In una trasfigurazione che sarebbe parsa eccessiva persino per il più volgare degli imitatori, Jürgen Klopp ha minacciato con faccia da sgherro incazzoso il quarto uomo dell’arbitro Poenca. Secondo l’allenatore del Borussia Dortmund, l’assistente si era macchiato del reato supremo di avere ritardato l’entrata in campo del suo difensore Subotic, a bordo campo per medicarsi una ferita alla testa. Durante quel lasso di tempo, Higuain ha portato mercoledì sera in vantaggio il Napoli. Klopp ha perso prima l’aplomb e poi la panchina. Al di là della portata comica del suo sfogo, che sta furoreggiando in Rete quasi come gli sfoghi di Malesani in Grecia, il tema è calcisticamente di grande attualità: fin dove può spingersi la protesta? La giurisprudenza in materia fornisce una risposta chiarissima: ognuno fa quello che gli pare. A partire dagli arbitri, che con navigata umoralità alternano pugno durissimo a permissivismo spinto. Con buona pace della tanto vagheggiata, e mai raggiunta, “uniformità di giudizio”. Coi pianti dei tifosi della Fiorentina si potrebbe riempire l’Oceano Pacifico, ma sono spesso lacrime motivate. Di sicuro domenica scorsa all’ora di pranzo, quando il garbato Vincenzo Montella ha lamentato la giornata stortissima dell’arbitro De Marco in Fiorentina-Cagliari. Un rigore gigantesco non dato per fallo su Rossi, una protesta tanto motivata quanto normale – a meno che la frase “Che ċazzo fai?” non sia diventata d’un tratto incendiaria – punita con espulsione e due turni di squalifica a danno di Pizarro.

MONTELLA, più che per il rigore, in via teorica derubrica-bile alla voce (un po’ ipocrita) “errore umano”, se l’è presa proprio per quel cartellino rosso. “Non c’è uniformità, ad altri giocatori più noti tutto è permesso”. Allusione neanche troppo velata a Balotelli, a cui in effetti molto è concesso, per esempio durante Torino-Milan quando ha inveito contro chiunque. Galliani si è piccato per tale affronto, fingendo di dimenticare come il Milan sia arrivato terzo la stagione scorsa (a danno della Fiorentina) e stigmatizzando il comportamento del tecnico viola. Per quegli strani casi della vita, si è dimenticato di condannare anche la perdurante assenza di fair play della sua squadra, dal lampione flebile di Marsiglia al menefreghismo riservato al fratturato Larrondo. La spiegazione più facile è quella dei due pesi e delle due misure: i più forti si salvano e i più deboli no. Nello specifico, il barracuda Balotelli mangia il pesciolino Pizarro. Ma è una mezza verità, o comunque una semplificazione, perché lunedì sera il cartellino rosso non è stato sventolato a Lucarelli (non proprio Messi) che per giunta gioca nel Parma (non proprio il Barcellona). Dopo essere stato giustamente ammonito, il difensore parmense ha protestato con particolare veemenza contro l’arbitro Guida. Generoso di esternazioni, non si è fatto mancare nemmeno un vibrante bestemmione.

SE PIZARRO meritava il rosso, Lucarelli rischiava l’ergastolo. Macché: niente secondo cartellino, nonostante l’aggravante di Cassano, che nel frattempo era arrivato per “difendere” il compagno e ricordare al direttore di gara che “tu non lo devi toccare”. Sì, perché Guida, tra il rosso e il finger nulla, aveva scelto teatralmente la terza strada: quella della sfida all’Ok Corral, o anche solo al Tardini. Si è avvicinato a Lucarelli e gli ha gridato di calmarsi, quasi toccandolo con la bocca, in un curioso remake timido de I segreti di Brokeback Mountain. In tema di protesta non si è mai capito quale sia la prassi da seguire. Il regolamento punirebbe col rosso qualsiasi parolaccia gridata ad arbitro o avversario, ma se fosse così il primo Totti e tutto Materazzi non avrebbero finito mezza partita. Si è quindi deciso di non decidere, fingendo di non sentire e ritenendo normale lo scazzo, fatti salvi casi estremi come quello del tecnico del Borussia Dortmund. Montella ha messo il dito in una piaga antica, che nessuno neanche prova a curare. I cartellini, più che dalla gravità della protesta, dipendono dall’umore dell’arbitro: un giorno ti va bene, quello dopo paghi per tutti. Il caos totale, e pure disorganizzato.

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Il Sole 24ORE 20-09-2013

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Arresti a singapore la juve trema

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Arresti a singapore la juve trema

Stavolta non credo proprio. C'è solo il fronte penale ancora aperto a Cremona.

Tisci rivela: «Incontri per truccare le gare»

A Cremona si lavora sempre su Mister X: l’ex

dell’Avellino ha svelato fatti non emersi un anno fa

di FRANCESCO CENITI (GaSport 21-09-2013)

Con il boss del calcioscommesse in cella a Singapore, la Procura di Cremona non resta con le mani in mano. Le indagini su Mister X (il personaggio in grado di fornire risultati sicuri delle gare diAe in stretto contatto con dirigenti e giocatori di diverse squadre) e i suoi soci sta per arrivare al punto di svolta.Nelle prossime settimane si tireranno le somme e non sono esclusi colpi di scena. In mezzo ci sono altri tasselli che vanno ad aggiungersi. Ieri, ad esempio, è stato interrogato per oltre 5 ore Ivan Tisci, ex calciatore di Pescara, Avellino e Modena, arrestato il 28 maggio 2012. È stato Tisci a chiedere di essere sentito. Il motivo? Proprio Mister X.

Il prezzo non è giusto L’indagato era accompagnato dai suoi legali: l’avvocato Mari che lo assiste dall’inizio più Antonio de Rensis «ingaggiato» in questi ultimi mesi. Tisci ha raccontato fatti nuovi, non svelati negli interrogatori di un anno fa. In particolare ha ammesso di aver incontrato un uomo sulla sessantina ben informato sull’andamento dei match di A tanto da chiedere molti soldi in cambio di risultati sicuri. La sede di queste riunioni sarebbe stata il solito hotel milanese. Al pm Roberto Di Martino ha poi detto che avrebbe avuto questi contatti attraverso Bellavista. Mister X trattava solo gare pomeridiane (non anticipi e posticipi) e voleva molti soldi in contanti perché la corruzione richiedeva il coinvolgimento di dirigenti e giocatori. Sconti non erano possibili: tra gli episodi messi a verbale c’è un passaggio significativo. Allettati dalla prospettiva di sapere in anticipo una gara combinata di A, anche Ilievski e Gegic hanno incontrato Mister X a Milano. L’esito fu una fumata nera, con conseguente ira di Ilievski che si era presentato all’appuntamento con una borsa a tracolla nella quale c’erano 300 mila euro in contanti. Tutte banconote da 500. Il pm ha poi passato in rassegna una serie di gare ritenute manipolate, sulle quali Tisci è chiamato a dare spiegazioni. Ci sarà un secondo interrogatorio e non sarà l’unico. Cremona vuole chiudere in fretta la partita di Mister X.

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Sky: più soldi se la A

va in onda in esclusiva

L’emittente invita la Lega a vendere diversamente i diritti tv

dal 2015. I paletti delle authority e i timori di un quasi monopolio

di MARCO IARIA (GaSport 21-09-2013)

Una full immersion di un giorno per capirne di più sul mondo delle tv, quello stesso mondo che contribuisce per due terzi al fatturato del calcio italiano. Destini stretti e indissolubili, ecco perché i presidenti di Serie A hanno deciso, su input delle «sette sorelle», di ascoltare i licenziatari dei diritti televisivi e di farsi un’idea del mercato, dei fattori di rischio, delle opportunità, insomma dello scenario che attende la Lega in vista della commercializzazione del triennio 2015-18. Così in via Rosellini si sono presentati, uno dopo l’altro, gli amministratori delegati di Rai, Mediaset e Sky e il capo di Mp&Silva che rivende il campionato all’estero.

Crisi La domanda chiave, rimasta silente perché si trattava solo di una ricognizione (la Legge Melandri impone passaggi ben precisi), è sempre la stessa: riuscirà la Serie A a mantenere nel prossimo ciclo, in tempi di crisi, il miliardo annuo di ricavi incassato attualmente? Con una sottodomanda che è in realtà un temerario auspicio: si potrà mai fare di più? Qui bisogna distinguere nettamente due piani: i diritti domestici e quelli internazionali. In Italia il mercato televisivo vive una fase di contrazione pubblicitaria e, nel caso dell’offerta pay, un’emorragia di abbonamenti, a differenza per esempio di Inghilterra e Germania. Si gioca soprattutto in difesa per garantirsi almeno gli 829 milioni che arrivano oggi da Sky e Mediaset Premium. Le due emittenti, tuttavia, hanno visioni differenti. Finora il campionato italiano a parte l’oscuramento sul digitale terrestre delle otto squadre con minor bacino d’utenza è andato in onda, tutto intero e con la medesima copertura di partite, sia su Sky sia su Mediaset. Per il futuro, però, Sky spera che la Lega metta in vendita pacchetti di gare esclusive, visibili su una sola piattaforma. È ciò che l’a.d. Zappia ha chiesto ai club, facendo capire di essere disposto ad alzare l’asticella dell’offerta, e quindi a pagare più degli attuali 561 milioni, con una valorizzazione del prodotto. L’esclusiva per l’intero campionato verrebbe stoppata da Antitrust e Agcom, ma anche facendola rientrare nei confini normativi questa è la preoccupazione di una fetta consistente delle società non si possono lasciare le briciole al competitor più debole. «Non vorremmo - sussurra qualcuno - che Mediaset Premium faccia la fine di Dahlia». In Lega c’è pure un fronte che si riconosce nella visione di Sky: d’altronde la lettera di Juve & company chiedeva di valutare strade alternative. Di sicuro, un’alternativa può essere il canale della Serie A. Qualche presidente ha chiesto a Zappia cosa ne pensasse e il manager è stato netto: nessun’altra grande lega lo fa, e comunque servirebbero 6,5 milioni di abbonati per far quadrare i conti perché il calcio da solo non attrae così tanto. Nell’assemblea del 7 ottobre Infront presenterà la sua proposta (c’è da prolungare il mandato che scade nel 2016), inclusa l’idea del canale autonomo con costi da 72 milioni. Tutti gli operatori hanno chiesto alla Lega di migliorare l’immagine degli stadi per una più alta resa tv: dall’illuminazione al manto erboso alle prime file delle tribune (tristemente vuote). Mediaset ha esposto uno studio di McKinsey per dimostrare che i giovani si annoiano a restare incollati alle tv per le due ore dell’evento. Da qui la necessità di stimolarli col second screen: guardo la partita e la commento con gli amici.

Estero Riccardo Silva , dopo le polemiche sui presunti margini dalla A, ha tirato fuori le cifre: nel 2011-12 pagò i diritti 91 milioni e li rivendette per 120, con un incasso effettivo di 115 e, tolti 78 milioni di costi di accesso al segnale, un netto di 107-108. «Bisogna essere bravi a rivenderli, noi abbiamo 85 persone in 17 uffici in tutto il mondo».

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Ricchi e poveri

Real e Barça spendono

10 volte più di mezza Liga

Le due grandi di Spagna arrivano a quasi 200 milioni per gli ingaggi

Almeria, Rayo, Valladolid, Levante, Elche e Celta a 13: mezzo Messi

di FILIPPO MARIA RICCI (GaSport 21-09-2013)

Sempre più divisi. La Lfp, Liga de Futbol Profesional, pubblica la classifica del tetto salariale delle 20 squadre del campionato spagnolo per la stagione in corso e autorizza Real Madrid e Barcellona a spendere per i salari dei propri giocatori quasi 10 volte tanto rispetto ad altre 10 squadre dello stesso campionato.

Disparità Le due protagoniste del Clasico possono arrivare quasi a 200 milioni di euro («E non lo fanno», dicono alla Lfp), Almeria, Rayo Vallecano, Valladolid, Levante, Elche e Celta devono fermarsi a una quota compresa tra 11 e 14 milioni. Più o meno al livello dello stipendio, netto, di Leo Messi, calcolato in 13 milioni (più 3 di incentivi). Osasuna, Getafe, Granada, Espanyol e Betis devono attestarsi tra i 14 e i 23. Ovvero molto meno o poco di più di quanto percepisce, al netto delle tasse, il solo Cristiano Ronaldo dopo il super rinnovo. Poi si sale ai 30-40 milioni di Malaga, Villarreal, Real Sociedad e Athletic Bilbao, ai 45-50 di Sevilla e Valencia, ai 65-67 dell’Atletico Madrid. Quindi il salto, quasi triplo: 190 milioni di euro per Madrid e Barça. In Segunda, la B spagnola, tutti i club devono stare tra i 2 e i 3 milioni di euro con 4 eccezioni: il Las Palmas può arrivare a 4, Saragozza, Maiorca e Sporting Gijon tra i 7 e i 10. Anche in questo caso, il terzetto di privilegiati viaggia a velocità tripla rispetto agli altri.

Debiti enormi L’intervento della Lfp è stato dettato dalla necessità di calmierare, e provare a ridurre, l’enorme debito che soffoca il calcio spagnolo: 2700 milioni di euro accumulati nel recente spregiudicato passato dai 38 club di prima e seconda divisione. Esclusi dal conto Real Madrid e Barcellona (e le loro squadre b, che partecipano al campionato di Segunda): includendo le due grandi il debito nel 2012 era di 3600 milioni ma per la Lfp «Madrid e Barça hanno una grande capacità di generare introiti»: entrambe incassano oltre 500 milioni di euro all’anno, oltre ad avere enormi asset. Il debito dei 38 dovrebbe ridursi a 2400 milioni il prossimo anno e a meno di 2000 entro il 2017. Non esattamente un crollo drastico.

Oltre 600 milioni al fisco Sempre in tema di debiti, le squadre spagnole continuano a dovere cifre importanti al fisco nazionale: i 660 milioni del 2012 sono scesi oggi solo a 620. L’Atletico Madrid deve 180 milioni, il Deportivo (retrocesso in Segunda) 140. Il Malaga per i debiti col fisco è stato escluso dall’Europa da una sanzione Uefa, la squadra di Simeone no perché è al passo coi pagamenti. La Lfp per stilare la sua classifica ha analizzato i fatturati e i bilanci dei vari club, e ha fissato in 660 milioni di euro il tetto salariale per le 38 squadre di cui sopra: 90 milioni in meno di quanto hanno pagato nella stagione scorsa. Chi sgarra sarà multato o addirittura escluso dalla competizione. Stipendi contenuti e vendite in aumento: dalla Lfp hanno lodato il fatto che un’estate fa i club spagnoli avessero incassato 120 milioni dal mercato e che in quest’ultima finestra di vendita la cifra abbia superato i 300 milioni. Si va dunque verso una Liga sempre molto indebitata, ma allo stesso tempo sempre più povera e sempre più monopolizzata da Madrid e Barça, che già hanno vinto gli ultimi 9 titoli e si prendono da sole il 54% dei diritti televisivi. Prima di vedere un altro nome nell’albo d’oro spagnolo rischia di passare un’eternità.

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Showing support,

with a little vulgarity

Obscene chant by crowds comes

under microscope of a burgeoning M.L.S.

The three-word chant, known as the Y.S.A. chant,

is a slightly stronger expression of ‘‘You suck, jerk.’’

by ANDREW KEH (INTERNATIONAL HERALD TRIBUNE 21/22-09-2013)

For decades, soccer officials in the United States simply wanted some fans in their stadiums. Now they have them, and some of those fans have brought an unexpected problem: a vulgar chant, in the vein of more notoriously rabid soccer fans in other countries.

Hardly clever, it is only three words — an insult directed at the opposing goalkeeper — but enough to give M.L.S. officials fits as they hear it spill over into live television broadcasts. The chant’s simplicity is what makes it appealing or appalling, depending on your perspective.

It has been heard this season at Major League Soccer games in Kansas, New Jersey, Ohio, Utah and Washington State, among other places. It has been shouted by thousands of fans at men’s national team games, too.

“Sport is spontaneous, it’s passionate, and I don’t think any of us would want to remove that from the game,” said Evan Dabby, senior director of supporter relations at M.L.S. “That’s what makes it beautiful. That’s what makes it enticing.”

But there are boundaries around that beauty, the league has decided. Dabby this season has overseen a new, focused initiative to get clubs to eradicate the chant, which, according to him, “is neither passionate nor spontaneous.”

The sentiment behind the effort is not new. Commissioner Don Garber spoke out publicly against the chant last year. Before that, teams like the Portland Timbers and the New England Revolution, among others, engaged in something like fan diplomacy, behavioral psychology or motivational tactics — or perhaps all three. Their efforts have revealed how a fledgling sports league tries to nurture and shape an emergent fan base.

It appears to be succeeding, partially. The league said the chant was no longer done in organized fashion at any M.L.S. stadiums, though it remains a delicate situation.

“What anyone can witness is progress,” Dabby said.

It is deployed in one specific game situation: when the opposing team’s goalkeeper prepares to restart the game on a goal kick, there is a crescendo of percussive noise and swelling voices. When the player then puts his foot through the ball, the fans yell out the phrase in unison.

The three-word chant, known as the Y.S.A. chant, is a more vulgar expression of “You suck, jerk.” It has deep but unclear roots, dating back at least a decade. Its form and usage are similar to ones used in South America, Central America and Europe, suggesting that early M.L.S. fans — who borrow heavily at first from international fan cultures — adopted the structure and added their own choice words.

“It was a way to be antagonistic, in a tongue-in-cheek way,” said Dave Hoyt, a former president of Portland’s fan group, Timbers Army. “It gets people’s attention.”

Timbers fans used the chant from about 2007 to 2009 (when the club played in a minor league), Hoyt said, before deciding as a group that it was overused. Hoyt said it was not about censorship. “We still have plenty of chants that have blue language, or whatever you want to call it,” he said.

Its obscenity is the chief concern for its harshest critics. Others, like Hoyt, simply find it played out. And some, particularly those exposed to overseas soccer stadiums, may wonder what the fuss is about.

Anti-Semitic chants last season at a Premier League stadium in England caused a scandal. Racist chants directed at black players continue to be a scourge for many European leagues. Set against these examples, the American chanting may seem harmless.

But Jerome de Bontin, a former president of the French club Monaco, who was hired last year as the general manager of the Red Bulls, said residual European hooligan culture was nothing to aspire to. He said he appreciated that American fans seemed interested in games rather than creating a ruckus and was disappointed when he heard the chant for the first time.

“I thought it was absurd, that it really didn’t belong and that, if we didn’t take some action, it would probably get worse because, as more fans come to the games, they would develop this false idea that it’s accepted, that it’s encouraged,” de Bontin said.

M.L.S. headquarters in Midtown Manhattan has told teams facing the issue to solve it on their own. There has been an understanding, though, that a failure to do so would spur league intervention and possible punishment. The assumption has been that the increased urgency to eradicate the chant is related to the league’s national broadcast deals, which all expire after next season.

As in the past, teams this year are appealing to their official fan groups, asking for cooperation and in some cases threatening to remove the special privileges they enjoy, like storage space at stadiums, permission to use smoke devices and musical instruments, or assistance organizing and financing travel to away games.

Letters that Real Salt Lake and the Red Bulls sent to their supporters groups warning about such action were made public this summer. Gradually, the chant has faded from both stadiums.

“I don’t want it to become a sterile place,” de Bontin said about Red Bull Arena. “When you’re into sports and competition, you want to be intense. That’s fine. That’s part of the experience.

“What I don’t want is organized profanity. That’s the undertaking here.”

Even that undertaking, though, seems to pose some underlying philosophical problems — about the inherent subjectivity of language, for instance, and about where hard lines can be drawn to regulate it.

The Seattle Sounders engaged their fans, too, passing out fliers at home games earlier this season asking them not to use the chant. But last Friday, when they were hosting Real Salt Lake at CenturyLink Field, a different organized and profane chant was clearly audible over the TV broadcast and Internet streams. During the game, some Salt Lake fans took to social media to point out that this seemed problematic.

In the New York area, the issue led to other minor friction, even as all fan group leaders seemed to agree that the specific chant was not worth keeping. The Red Bulls went a step further than other clubs, offering an incentive if fan groups showed positive and cooperative behavior.

They told their three official supporters groups that they would receive $500 for every game in which they displayed progress. It was not a cash award; the money would essentially be credit the fans could use toward game paraphernalia and travel. Still, some characterized the offer as a bribe, which the club has rigorously disputed.

Two groups, the Empire Supporters Club and the Viking Army, publicly supported the initiative and have since qualified to receive $4,000 each. Another, the Garden State Ultras, was less enthusiastic at the start. At one game over the summer, it unfurled a sign — written on four twin-size bedsheets — that read, “Not for sale.” The group, unlike the others, did not make a public statement on social media supporting the effort, and at the same time, a message appeared on the group’s Facebook page that maligned the effort. In response, the club barred the group from taking its banners and flags to the games.

“We find it a stupid chant,” said a 33-year-old fan named Stephen, who is a Garden State Ultras leader. He declined to provide a surname, noting most knew him as Terror. Still, he said, some members were uncomfortable about regulating language inside the stadium and uneasy about being offered incentives — however anyone wanted to characterize them — to control their behavior.

“We don’t do the chant,” he said, “but we don’t want money to be told not to do something.”

Negli USA hanno cominciato a ricompensare gruppi ufficiali di tifosi per evitare che ci siano cori soltanto osceni durante le partite di soccer: o sono geni o ingenui.

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L’ECONOMISTA, IL PROFESSOR BOERI

«L’Italia ha ancora appeal

ma serve un cambio totale»

«Thohir cerca un ritorno d’immagine

Il segnale che il nostro calcio sta cambiando»

di ANTONIO MAGLIE (Corsport 21-09-2013)

«Perché un imprenditore indonesiano acquista una società italiana? Per un ritorno di immagine». Tito Boeri insegna alla Bocconi ed è il fondatore de Lavoce.info, autorevole sito economico all’interno del quale il calcio ha uno spazio ampio e privilegiato.

Professore, lo sbarco di Thohir a Milano quali considerazioni sollecitano?

«La prima considerazione riguarda il dibattito sulla quota dell’Inter che l’imprenditore indonesiano avrebbe acquistato. Era evidente che Thohir puntasse alla maggioranza: non si acquista una società di calcio per non averne il controllo».

Il motivo di questo investimento?

«Il ritorno di immagine. In fondo è stata quella la molla che ha indotto Roman Abramovich ad acquistare il Chelsea: acquistando quella società ha acquisito popolarità e quella popolarità ha avuto conseguenze positive sul suo core business. L’Inter, e non solo per il nome che porta, ha una dimensione internazionale».

Non lo ha fatto per guadagnare...

«La redditività è bassa: guadagnare con le squadre di calcio è difficile. Si può lavorare sul merchandising, puntare sulla costruzione e la valorizzazione dello stadio. Ma i margini, al momento, sono quelli. Sono risposte che avremo, comunque, nei prossimi mesi quando capiremo quali investimenti Thohir intende fare»

Qual è, a suo parere, l’aspetto più confortante di questa vicenda?

«Si è detto per molto tempo che nella serie A gli stranieri non volevano investire. L’Inter ha dimostrato che un appeal sugli investitori il nostro calcio lo ha ancora».

Gli stranieri si tengono alla larga dall’Italia perché col pallone non si guadagna?

«Penso che ci fossero anche altri motivi: l’opacità delle strutture di controllo, i rapporti pericolosi che i presidenti intrattenevano con le tifoserie organizzate. Il fatto che Thohir abbia rotto gli indugi può essere il segnale che qualcosa, soprattutto nel rapporto tra tifoserie e società, è cambiato».

Ci sono segnali positivi che vanno colti.

«E’ positivo che il calcio italiano venga visto come un settore in cui investire. Il pallone, d’altro canto, nel nostro Paese raggiunge livelli di popolarità difficilmente riscontrabili in altre parti del mondo».

Ciò non toglie che nel tempo abbiamo perduto qualche colpo. Come recuperare il ritardo?

«Sicuramente gli altri sono più avanti di noi dal punto di vista della diversificazione dei ricavi. Il calcio italiano, invece, ha puntato tutto sui ricavi tv. E questo ha avuto anche delle conseguenze sulle presenze negli stadi».

Come si può recuperare il ritardo?

«Ci vorrebbe un processo di distruzione creativa. In Italia abbiamo troppe squadre. I nostri club hanno bisogno di essere ricapitalizzati perché l’indebitamento è troppo elevato. Dobbiamo cambiare atteggiamento: non bisogna pensare solo a incidere sui costi ma bisogna costruire una nuova cultura dei ricavi. Dovrebbe cambiare la governance dei club. Vorrei capire se è stato l’imprenditore indonesiano a rivolgersi all’Inter o se è stato Moratti che ha deciso di vendere trovandosi in una situazione particolarmente complicata. Secondo me ci sono altre vie d’uscita, ad esempio una soluzione alla tedesca dove c’è una partecipazione dei supporters, bisognerebbe imboccare la strada di un’azionariato diffuso. In Italia, invece, prevale la logica del proprietario unico».

DIRITTI TV

La Lega, Sky e quei

pacchetti in esclusiva

di ANTONIO MAGLIE (CorSport 22-09-2013)

Si confidava da anni in una Lega “pacificata”, capace di pensare come una azienda e non come una associazione di “litigiosi padroni” e le ultime riunioni, in particolare quella di due giorni fa sembrano dare sostegno all’impressione che la crisi (che comincia ad avere effetti anche sul calcio) abbia prodotto un salto di qualità. La Lega litiga meno e sembra intenzionata a programmare di più, soprattutto a interrogarsi sul futuro. Come ha detto Tito Boeri, economista di chiara fama, in una intervista al nostro giornale, il calcio italiano avrebbe bisogno di una buona dose di shumpeteriana «distruzione creativa». Semmai, non una distruzione totale, da guerra atomica, ma qualcosa di più soft che consenta di voltare pagina. E da questo punto di vista un contributo positivo in tal senso lo hanno dato le famose Sette (Juventus, Inter, Roma, Fiorentina, Samp, Verona e Sassuolo) che non si sono arroccate in una posizione di ostile minoranza ma hanno scelto l’atteggiamento di una produttiva opposizione. D’altro canto, era questo l’intento delle Sette, sin dall’inizio: nessuna rivoluzione giacobina, tra ghigliottine e teste tagliate, ma un sano confronto sul futuro.

Il calcio italiano sembra intenzionato a vivere una stagione di rinnovamento e rilancio. I risultati europei (come abbiamo sottolineato ieri) dicono che il nostro campionato, per quanto impoverito dalla partenza di importanti campioni, ha una sua competitiva vitalità. Questo turno di campionato dovrebbe garantire al botteghino incassi da record (che si aggiungono a quelli di Inter-Juventus e di Napoli-Borussia Dormund). Lo stadio torna ad affascinare. Non solo in Italia. La Lega spagnola ha fatto sapere che nelle prime quattro giornate le presenze sulle tribune sono aumentate del 5,20 per cento sfiorando il milione di spettatori. Nonostante quello iberico non sia un torneo così equilibrato come quello italiano. Insomma, questo è il momento buono per lavorare e per provare nel lungo periodo a diversificare i ricavi (come ha sottolineato Boeri) e semmai a rinnovare le governance dei club rendendole più aperte e moderne; nel breve, invece, a difendere quel che si ha. In particolare i ricavi televisivi che continuano a essere la principale fonte di sostentamento. E anche su questo terreno, il clima sembra essere cambiato in Lega. Tutti si attendevano, venerdì pomeriggio, una riedizione della sfida all’Ok Corral, invece, c’è stata una riflessione attenta. Anche da questo punto di vista è stato benefico il sasso nello stagno lanciato dalle Sette. Perché tutti sanno che a livello nazionale il valore dei diritti fatica ormai a crescere. Allora, da un lato bisogna difendere il patrimonio attuale e dall’altro creare le condizioni perché in futuro quel patrimonio torni a crescere. E’ evidente che la strategia maturata agli inizi degli Anni Duemila che prevedeva il rastrellamento della maggiore quantità possibile di quattrini attraverso la vendita per “piattaforme” (digitale satellitare, digitale terrestre, web e chi più ne ha più ne metta) è stata superata dal tempo. Ormai tutti lavorano su tutto, il sistema ha raggiunto un livello di integrazione tale da imporre un cambio di strategia. Che è stato già compiuto in Inghilterra e in Germania dove la vendita non è per piattaforme. Sky da tempo insiste sulla questione delle esclusive che non significa acquistare tutto ma, semmai, acquistare per “pacchetti”: l’esclusiva delle partite del sabato o della domenica o dei posticipi. Si tratta percorrere una strada che nell’immediato consenta di salvare il valore creando le condizioni per una crescita successiva accompagnata, però, da altri interventi che devono riguardare il resto del pianeta calcio. La famosa “distruzione creativa” di cui parla Boeri.

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Il sondaggio

Addio al calcio per due italiani su tre

e in curva restano solo gli ultras

Indagine Demos-Coop: il tifo in Italia al minimo storico

Scandali, crisi e stadi considerati pericolosi allontanano dalla squadra del cuore

Nel 2013 un crollo di altri sette punti Resiste la fascia più “calda” degli irriducibili

di ILVO DIAMANTI (la Repubblica 22-09-2013)

Più che di un calo, si tratta di un crollo. Parliamo dei “tifosi”. In Italia, fino a pochi anni fa, erano la maggioranza. Quasi il 56 per cento, nel 2009. E il 52 per cento, l’anno seguente. Poi è iniziata la diminuzione, rapida e sensibile: il 45 per cento nel 2011 e il 43 nel 2012. Un anno fa. Oggi sono il 36 per cento. Sette punti in meno nell’ultimo anno. Quasi dieci negli ultimi due. E venti rispetto al 2009.

È quanto emerge dal sondaggio Demos Coop pubblicato oggi sulla Repubblica.

In quattro anni, dunque, coloro che si dicono tifosi di calcio si sono ridotti da oltre metà della popolazione a poco più di un terzo. E oggi sono una minoranza, per quanto larga. All’interno della quale è cresciuta la componente più calda. Anzi “militante”. Gli “ultratifosi” (non necessariamente ultras) sono ormai saliti al 47 per cento della popolazione (tifosa). Quasi metà. L’anno scorso erano il 43 per cento. Parallelamente, si è ridimensionato il tifo “tiepido”. Ormai poco più del 20 per cento. In altri termini, la passione per il calcio, in Italia, coinvolge una quota di persone sempre più ridotta, ma sempre più accesa. Sempre più attiva e reattiva. Vi sono diverse ragioni, dietro a questa tendenza, già visibile l’anno scorso, ma divenuta, oggi, più evidente. Tre, fra le altre, sembrano particolarmente importanti.

1. La prima riguarda la credibilità del calcio e dei campionati. Logorata dagli scandali, che si ripetono e si ripropongono, da tempo. Senza soluzione. Tanto che il calcio appare, ai più, viziato dagli interessi. Mentre gli arbitri diventano “sospettati speciali”. A nove tifosi su dieci capita, infatti, di pensare che siano in malafede. In fondo si tratta di “giudici”…

2. La seconda riguarda il contesto. Sappiamo bene che, da molto tempo, il calcio ha smesso di essere un gioco. Ma il problema è che, ormai, viene considerato fonte di insicurezza. Gli stadi sono percepiti come luoghi a rischio, più che di gioco. Dove il razzismo non smette di farsi sentire. Con i “buuu” odiosi, rivolti ai giocatori di colore, presenti in tutte le formazioni. Un fenomeno deprecato da quasi tutti i tifosi, d’accordo sulla necessità di assumere provvedimenti più duri, pur di scoraggiarlo.

Anche per questo è divenuto difficile recarsi allo stadio per trascorrere un pomeriggio o una sera di svago, alle famiglie e, in generale, alle persone “comuni”. Non “contagiate” dal tifo. D’altronde, solo la Juventus ha costruito uno stadio che tenga conto di esigenze di socialità e sicurezza. Mentre la legge da tempo annunciata, per agevolare la costruzione di altri stadi di proprietà e responsabilità delle società, non è ancora stata approvata.

3. La terza ragione riguarda direttamente l’appeal delle squadre italiane e del nostro campionato. Che è in declino. Sei tifosi su dieci, infatti, ritengono che altri campionati siano molto più interessanti del nostro. E la metà dubita, comunque, che le squadre italiane possano vincere la Champions.

Il declino del tifo, in fondo, riflette il declino economico del Paese. Che, fra le conseguenze collaterali (tutt’altro che irrilevanti, non solo per i tifosi), ha prodotto il declino del calcio italiano. Soprattutto delle squadre di club, che non dispongono più di risorse adeguate ad attirare i campioni. A differenza del passato, infatti, i giocatori migliori, compresi quelli che militano nel nostro campionato, oggi vengono reclutati dai club di altri Paesi europei. Anche in questo modo si spiega il successo dei club tedeschi nelle Coppe europee. La Germania. Signora dei mercati — economici, finanziari. E (quindi) calcistici.

L’altra faccia della stessa medaglia è costituita dall’ingresso degli investitori stranieri, interessati alle nostre società di calcio. Già avvenuto alla Roma, si sta realizzando anche all’Inter. Un fenomeno guardato con sospetto e con ostilità da oltre il 60 per cento dei tifosi.

La riduzione dei tifosi, il crescente peso della componente militante, ha accentuato due tendenze, molto evidenti, negli ultimi anni.

A. La prima riguarda la rilevanza del “tifo contro”. Dichiarato esplicitamente dal 56 per cento dei tifosi.

B. La seconda riguarda la partecipazione alle partite di calcio. Che, ormai, avviene, in misura dominante, attraverso i media. Tradizionali (Tv in chiaro e radio), ma anche nuovi. Attraverso le reti satellitari e, sempre più, su internet. Mentre allo stadio ci vanno in pochi. Una quota minoritaria, fra i tifosi. Poco più del 20 per cento.

Così, non sorprende che la mappa del tifo, dal punto di vista delle appartenenze e delle bandiere, riproduca in modo fedele la gerarchia e la geografia degli ultimi anni. Caratterizzata dalla netta prevalenza della Juventus, sulle due concorrenti milanesi. Mentre il Napoli e la Roma confermano una presenza significativa, ma delimitata, anche dal punto di vista dei confini. Questa graduatoria riflette, infatti, la diversa distribuzione territoriale del tifo.

La Juve si conferma come squadra “nazionale”. L’unica a primeggiare nelle principali aree territoriali. Mentre le altre squadre hanno una geografia molto più definita.

L’impressione di fondo che emerge dal sondaggio Demos-Coop è che siamo giunti alla fine di una storia. Durante la quale il calcio ha offerto rappresentanza alle passioni e alle identità locali, ma anche a quella nazionale. Per questo il richiamo di Berlusconi a Forza Italia, a differenza di quel che avvenne nel 1994, oggi non evoca la “Nazionale” di calcio. Perché il legame fra il calcio e gli italiani è cambiato rispetto ad allora. Evoca i nostri vizi, più che le nostre virtù. Visto che il mondo del calcio raffigura, in modo fin troppo esplicito, le pulsioni che attraversano la nostra società. L’intolleranza etnica, la corruzione politica (e non solo), il localismo ultrà, l’insicurezza, la sfiducia negli altri e nelle istituzioni. Le polemiche contro i “giudici”, pardon: gli arbitri. La crisi economica. Così, rispetto a vent’anni fa, il (video) messaggio indirizzato da Berlusconi agli elettori è cambiato. Almeno, dal punto di vista dell’effetto. Della percezione. Perché, in video, c’è un uomo invecchiato e incupito. Che non si rivolge agli “italiani”. Ma ai militanti e agli ultrà. In generale, ai “tifosi”. Che sono in declino. Come il Paese.

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Le squadre si rivolgono ai legali per risolvere questioni che vanno oltre lo sport

Calcio, cercasi avvocati esperti

Non solo per il calciomercato ma anche per gli stadi

di ANTONELLO DI LELLA (ItaliaOggi 23-09-2013)

Dal calciomercato al calcioscommesse, senza dimenticare quella che è una fetta di business fondamentale come la ripartizione dei diritti televisivi. Società di calcio e grandi studi legali: un binomio oramai inscindibile che richiede una specializzazione sempre maggiore. Affari che fanno gola, che hanno fatto sì che anche le grandi law firm abbiano messo in piedi dei team di lavoro dedicati esclusivamente ai club sportivi. Con il calcio ovviamente in prima linea a farla da padrone. Si tratta di avvocati che d’estate devono lavorar sodo, anche perché è proprio nella calda stagione che si costruiscono le squadre e con il calciomercato estivo l’apporto dei team legali risulta di fondamentale importanza. Altro versante che vede le toghe in prima linea viene dalle vicende penali del calcioscommesse, con faldoni di inchieste che hanno inondato le procure di mezza Italia.

Tornando però a vicende strettamente legate ai club un capitolo nuovo è quello legato agli stadi di proprietà. A dire il vero è da qualche anno che se ne parla. Il primo in Italia è stato inaugurato nel 2011: lo Juventus Stadium. E su quel modello d’importazione anglosassone stanno lavorando tantissime società attraverso vari studi di fattibilità del progetto. Perché uno stadio proprio vuol dire prima di tutto avere più introiti.

Il modello Udinese. Quando il calcio non è necessariamente perdita. Un caso quasi unico quello della società friulana che, oltre alle numerose plusvalenze effettuate tramite la valorizzazione e poi la vendita di tante giovani scoperte, dalla prossima stagione potrà contare anche sul proprio stadio di proprietà. Una gestione finanziaria a dir poco perfetta, che fa da contraltare alla situazione di profondo rosso in cui versano la maggior parte delle società della massima serie. Ma veniamo all’accordo: l’Udinese avrà a disposizione per i prossimi 99 anni lo stadio Friuli e l’intera area in cui sorge lo stadio. La società guidata da Giampaolo Pozzo ha ottenuto dal comune di Udine guidato dal sindaco Furio Honsell la concessione del diritto di superficie su l’intera area dello stadio. L’accordo prevede la valorizzazione attraverso la ristrutturazione dell’impianto (che dovrebbe essere finita entro settembre 2014) e tramite la gestione dello stesso. Costo complessivo dell’operazione 25 milioni di euro circa a carico della società: 4,5 milioni più 21 di obbligo da investire in opere di ristrutturazione. L’importo è stato finanziato grazie a un mutuo di una ventina d’anni erogato dal Credito Sportivo.

Legge sugli stadi. Il modello Udinese adottato per avere il proprio stadio di proprietà fa riflettere e pone una nuova domanda: è davvero necessaria una legge ad hoc per agevolare le società affinché abbiano degli stadi di proprietà? Udinese e Juventus ce l’hanno fatta anche senza una legge di cui si discute ormai da troppo tempo senza che se ne venga a capo. «La nuova legge comunque non potrà risolvere la criticità di fondo del nostro sistema in cui resta l’interpretazione soggettiva delle norme, per il vero non solo sugli stadi», commenta Giorgio Altieri uno degli specialisti in materia dello studio Tonucci & Partners, law firm che vanta un’esperienza ultra trentennale nel mondo del soccer. La nuova legge intanto è ancora bloccata in Parlamento e non è possibile prevedere se e quando verrà approvata. Dovrebbe essere utile a finanziare e semplificare le procedure amministrative per la costruzione di nuovi stadi e per agevolare la ristrutturazione di quelli esistenti. Ma potrebbe essere utile per superare il decreto Pisanu: «Se quel provvedimento venisse applicato alla lettera dovrebbero pressoché chiudere tutti gli stadi italiani», sostiene Altieri, «che sono perlopiù fatiscenti e inadeguati, ma aperti per motivi di ordine pubblico. Occorre favorire un sistema che eviti ci siano enormi disparità di trattamento nell’applicazione della legge finanche da comune a comune».

Ma i dubbi sono ancora tanti: «C’è chi sostiene che la nuova legge sugli stadi non verrebbe addirittura approvata perché dovrebbe prevedere deleghe amministrative di particolare rilievo a tutela dell’interesse di qualche nuovo stadio su aree che non sarebbero altrimenti idonee. Altri», continua il legale di Tonucci, «osservano che gli unici casi nei quali è stato possibile costruire nuovi stadi è stato grazie a procedure che potrebbero esporre a critiche oppure è stato necessario ricorrere a certificazioni che in altre occasioni non sarebbero state ammesse. Nella nostra esperienza è capitato che chi aveva costruito uno stadio definito modello si è determinato a smantellarlo per contenere gli sviluppi di un confronto giudiziario senza fine incompatibile con l’esigenza di avere uno stadio immediatamente a disposizione. Così come è capitato di assistere alla propaganda alla tutela dell’incolumità pubblica rispetto all’iniziativa tutta privata per la costruzione di un nuovo stadio in un’area per la quale è stato poi avviato da chi afferma la tutela dell’incolumità pubblica un procedimento di esproprio. È allora legittimo domandarsi se serve una nuova legge e soprattutto se poi le applicazioni concrete delle norme sono così differenti ed anche soggettive e se non sia più semplice e rapido prevedere unicamente dei finanziamenti agevolati per i nuovi stadi, senza però dimenticare la necessità di istruire un meccanismo che consenta un trattamento uniforme di controllo delle norme vigenti su tutto il territorio nazionale, senza influenze del campanilismo o dell’ostracismo locale».

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IL FOGLIO 23-09-2013

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Il retroscena

Pronta la legge sugli stadi

senza speculazioni edilizie

di FULVIO BIANCHI (la Repubblica 24-09-2013)

Una legge contro i furbetti del quartierino, contro quei presidenti che con la scusa del nuovo stadio vorrebbero anche costruire mini-appartamenti da mettere sul mercato. Il testo della proposta di legge “per la costruzione e ristrutturazione di nuovi impianti” è pronto: presto verrà presentato alla Camera. L’iniziativa nasce dai deputati del Pd, Filippo Fossati e Dario Nardella. Che ora stanno raccogliendo le firme, “saranno una trentina alla fine, e bipartisan”. Già due volte la legge è stata “impallinata”, fra Camera e Senato. L’ultima volta è caduta sotto il fuoco amico, dei senatori ambientalisti del Pd. «Ora — spiega Fossati — sappiamo che ci sarà qualche critica perché c’è chi ha chiesto di mettere anche le case, ma il testo è chiaro: “non è prevista la fruizione residenziale...”. Non si sfugge. Niente quindi appartamenti ma al limite la foresteria, la sala per la fisioterapia.

Qualcosa di attinente all’attività sportiva, non ad eventuali speculazioni ». E anche l’iter della legge, sarà «garantista. Decideranno Comuni, conferenza regionale dei servizi, valutazione impatto ambientale, eccetera. Nessuna volontà di saltare i passaggi e nessun onere per lo Stato ». Ora il nuovo testo potrebbe incontrare un consenso bipartisan e viaggiare spedito verso l’approvazione. Con la benedizione del ministro Delrio, di Malagò e Abete. «Vediamo di incardinarlo in Commissione Cultura, così i tempi dell’iter si abbreviano», spiega Fossati. Juventus e Udinese ce l’hanno fatta da sole, senza legge, ma gli altri club aspettano. E poi ci sono i palazzetti da sistemare o costruire, abbiamo un’impiantistica sportiva da paese arretrato. «Ma non chiamatela leggestadi, noi abbiamo pensato anche agli sport meno praticati».

Ecco il testo integrale, in esclusiva, della proposta di legge.

Disposizioni per favorire la costruzione e la ristrutturazione

di nuovi impianti e di complessi sportivi multi-funzionali

Capo I NORME GENERALI

Art. 1. (Finalità).

1. La presente legge ha lo scopo di favorire e di incentivare la realizzazione di nuovi impianti e complessi sportivi ovvero la ristrutturazione di quelli già esistenti, secondo criteri di sicurezza, fruibilità e redditività dell'intervento e della gestione economico? finanziaria, attraverso la semplificazione e l'accelerazione delle procedure amministrative, in modo che sia garantita, nell'interesse della collettività, la loro fruibilità e sicurezza.

2. Per le finalità di cui al comma 1, le opere oggetto della presente legge sono dichiarate di preminente interesse sociale e nazionale, di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza.

Art. 2. (Definizioni).

Ai fini della presente legge si intende per:

a) "impianto sportivo": l'impianto sportivo omologato, purché di almeno 1.500 posti a sedere per impianti al coperto e 4.000 posti a sedere per impianti scoperti comprensivo delle aree tecniche previste dalle normative vigenti e dai regolamenti del CONI e delle federazioni nazionali e internazionali, delle parti destinate alle attività culturali e commerciali fra le quali le attività di vendita di prodotti e servizi, dell'eventuale sede legale e operativa della società sportiva, del museo sportivo ed altri locali destinati ad attività di ristoro, di ricreazione e di commercio con relative pertinenze, degli ambulatori medici e della foresteria necessari alla sua sostenibilità economica finanziaria;

b) "complesso multifunzionale": il complesso di opere comprendente uno o più impianti sportivi e ogni altro insediamento edilizio purché a destinazione non residenziale, ritenuto necessario ed inscindibile purché congruo e proporzionato ai fini del complessivo equilibrio economico e finanziario dell'intervento di costruzione e gestione dell'opera ai sensi dell'art. 1 comma 1;

c) "società o associazione sportiva": la società o l'associazione sportiva riconosciuta dal CONI, in possesso di specifici requisiti quali la dimensione sociale, il titolo sportivo, il marchio, l'esperienza gestionale, il radicamento sul territorio.

d) "comune": il Comune nel cui territorio deve essere realizzato il nuovo impianto sportivo o il complesso multifunzionale ovvero nel cui territorio è ubicato, alla data di entrata in vigore della presente legge, l'impianto sportivo o il complesso multifunzionale oggetto di ristrutturazione o di trasformazione.

Capo II PROCEDIMENTO AUTORIZZATORIO PER LA REALIZZAZIONE DI NUOVI IMPIANTI SPORTIVI E DI NUOVI COMPLESSI MULTIFUNZIONALI E LA VALORIZZAZIONE DI IMPIANTI SPORTIVI E COMPLESSI MULTIFUNZIONALI ESISTENTI

Art. 3. (Procedimento autorizzatorio).

1. Il soggetto proponente che intenda realizzare un impianto sportivo o un complesso multifunzionale oppure valorizzarne uno esistente deve presentare al Comune una proposta di intervento contenente:

a) un progetto dell'opera con l'indicazione dell'area sulla quale il proponente intenderebbe realizzare l'opera;

b) uno studio di fattibilità, comprensivo delle valutazioni di ordine sociale, ambientale, paesaggistico, urbanistico e infrastrutturale e di uno studio in tema di accessi e viabilità;

c) un piano finanziario con l'indicazione delle eventuali risorse pubbliche necessarie e delle eventuali entrate previste per il Comune;

d) indicazione di eventuali opere compensative da realizzare.

2. Il Comune valuta, entro 45 giorni dalla presentazione, il contenuto della proposta e la sua rispondenza al pubblico interesse. Il Comune può invitare il soggetto proponente ad apportare le modifiche ritenute necessarie.

3. All'esito positivo della valutazione della proposta da parte del Comune territorialmente competente, ai fini della realizzazione degli interventi di cui alla presente legge, il progetto corredato di quanto previsto dal successivo art. 5, nonché, ove sia necessaria VIA, dello studio di impatto ambientale e della prova delle intervenute pubblicazioni, è presentato alla Regione competente che nei successivi 10 giorni nomina il Responsabile Unico del Procedimento (R. U. P.) II R. U. P., verificata la completezza della documentazione e se del caso previa richiesta di integrazione della medesima, da assolversi entro 30 giorni dalla relativa comunicazione, convoca nel termine dei successivi 60 giorni apposita conferenza istruttoria per l'esame alla quale sono chiamati a partecipare tutti i soggetti ordinariamente titolari di competenze in ordine al progetto presentato.

Ove nel corso della stessa conferenza il proponente intenda apportare modifiche o migliorie al progetto, anche per aderire alle eventuali indicazioni emerse nel corso della conferenza, lo stesso vi provvede entro un termine non superiore a 60 giorni assegnato dal R. U. P.

All'esito della conferenza istruttoria che deve concludersi entro e non oltre 180 giorni dalla sua indizione, salva la maggiorazione di cui al comma precedente, il R. U. P. conclude il procedimento nei successivi 45 giorni ed il relativo provvedimento sostituisce ogni autorizzazione o permesso comunque denominato e necessario alla realizzazione dell'opera e, ove occorra, comporta variante agli strumenti urbanistici.

In caso di inerzia o di superamento dei termini rispettivamente assegnati per gli adempimenti di cui ai commi precedenti la parte proponente può chiedere l'esercizio del potere sostitutivo alla Presidenza del Consiglio dei Ministri.

L'ingiustificato ritardo è valutato ai fini della responsabilità amministrativa dei funzionari preposti e comporta, sussistendone i presupposti, danno risarcibile.

Art. 4. (Interventi su aree pubbliche o su impianti pubblici preesistenti).

1. In caso di interventi da realizzare su aree di proprietà pubblica o di interventi di valorizzazione di impianti pubblici esistenti, l'esecuzione del progetto autorizzato è affidata previo esperimento di gara comunitaria. Si applica la disciplina sul cd. Project? financing.

2. Il progetto definitivo autorizzato è posto a base di gara, entro 60 giorni dalla sua approvazione, per l'affidamento della realizzazione dell'opera e per la concessione di un diritto di superficie o di un diritto d'uso per una durata di almeno cinquanta anni, o per un periodo superiore in ragione di comprovate esigenze di sostenibilità e redditività degli investimenti. Alla gara è invitato anche il soggetto proponente che assume la denominazione di "promotore".

3. Nel bando viene specificato che il promotore, nell'ipotesi in cui non risultasse aggiudicatario, può esercitare il diritto di prelazione entro 15 giorni dall'aggiudicazione definitiva e divenire aggiudicatario se dichiara di impegnarsi a pareggiare, alle medesime condizioni, l'offerta.

Art. 5. (Intesa con la società sportiva interessata).

La realizzazione dell'intervento resta subordinata alla previa presentazione alla Regione competente di apposito documento attestante l'intesa raggiunta con la società sportiva fruitrice prevalente dell'impianto sportivo, con la quale viene consentito a quest'ultima di utilizzare l'impianto e/o il connesso complesso multifunzionale.

Art. 6. (Contenuto essenziale dei progetti per la realizzazione di nuovi impianti sportivi e complessi multifunzionali o per la ristrutturazione o trasformazione di impianti e complessi multifunzionale già esistenti).

1. Il soggetto proponente, che intenda procedere alla realizzazione degli impianti sportivi, eventualmente inseriti in complessi multifunzionali, nella predisposizione del relativo progetto e dello studio di fattibilità si attiene ai seguenti criteri:

a) garantire l'equilibrio economico e finanziario della gestione dell'impianto sportivo o, se inserito, del complesso multifunzionale;

b) prevedere locali da adibire ad attività sociali ad uso della cittadinanza, anche mediante convenzioni con istituti scolastici, associazioni sportive dilettantistiche, federazioni sportive nazionali ed enti di promozione sportiva;

2. Il progetto per la realizzazione di complessi multifunzionali può prevedere ambiti da destinare ad attività direzionali, turistico ? ricettive, commerciali, e a servizi, purché la loro realizzazione comporti una comprovata valorizzazione da attestare tramite studio di fattibilità, in termini sociali e di occupazione del territorio di riferimento dell'impianto sportivo e/o del complesso multifunzionale.

3. Il soggetto proponente prevede l'uso di materiale e tecnologie ecosostenibili.

Capo III

DISPOSIZIONI FINALI E TRANSITORIE

Art. 7. (Ambito di applicazione).

1. Le disposizioni di cui alla presente legge si applicano anche alle regioni a statuto speciale ed alle province autonome compatibilmente con gli statuti di autonomia e le relative norme di attuazione e costituiscono comunque norme fondamentali di grande riforma economico e sociale.

2. Le società sportive non in regola con i versamenti contributivi e fiscali non possono stipulare le intese di cui all'art. 5.

3. Le disposizioni di cui alla presente legge si applicano anche ai progetti di costruzione o ristrutturazione degli impianti sportivi in corso di esecuzione alla data della sua entrata in vigore.

Art. 8. (Entrata in vigore).

La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Ġazzetta Ufficiale.

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Interpol chief slams critics of

S'pore's fight against match-fixers

by BRYNA SINGH (THE STRAITS TIMES 24-09-2013)

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Interpol chief Ronald K. Noble has defended Singapore's efforts in fighting match-fixing, saying critics like Canadian investigative journalist Declan Hill should "simply open their eyes and look at the facts".

Mr Hill alleged in a BBC radio report last Friday that the Singapore authorities had offered “protection” to suspected global match-fixing syndicate ringleader Dan Tan.

The police arrested Tan, 48, last Tuesday as well as 13 other Singaporeans who are also believed to be involved in the syndicate.

Mr Hill claimed that the Government had known about the syndicate’s activities for “at least 20 years”, but had “tolerated them”.

Mr Noble, who attended the topping-out ceremony of the Interpol Global Complex for Innovation here yesterday, dismissed those claims.

“Those who do not recognise the commitment and resources that Singapore has devoted to identifying those believed to be responsible for match-fixing cases, or who seek publicity simply by criticising every positive development that occurs in fighting match-fixing, should simply open their eyes and look at the facts,” he said in a speech at the event.

Speaking later to reporters, Mr Noble said the arrests were significant because Tan’s match-fixing syndicate is “considered the world’s largest and most aggressive”, with “tentacles reaching in every continent”.

Tan’s ring is said to have rigged over 150 football matches in countries including Italy, Hungary, Finland and Nigeria.

The arrests were an outcome of successful cooperation between Singapore and Interpol’s Global Anti-Match-fixing Task Force, Mr Noble added.

He told The Straits Times that the remarks in his speech were in reference to Mr Hill’s allegations.

He praised Mr Hill for writing a “great book” exposing global match-fixing crime syndicates, in a reference to the journalist’s book, The Fix: Soccer And Organised Crime, published in 2008.

But Mr Noble added that “ever since that book, it seems that all he can do is just criticise, criticise, criticise and not recognise that it’s different to write an article where you accuse someone as compared to bringing charges against him”.

“I wish he would tell the story from both sides,” added Mr Noble.

The Singapore police have refuted Mr Hill’s allegations.

They said in a statement yesterday that it was “regrettable” that the BBC allowed its interviewee to make false and baseless allegations.

The statement added that the arrests were a result of concerted efforts made since 2011 and that the police “have invested significant resources into building up a case backed by evidence across multiple jurisdictions”.

A BBC spokesman told The Straits Times that it had received a complaint from the police and is investigating.

“The BBC strives for balance and impartiality and in line with our editorial guidelines, we asked the Singapore Police Force for comment but were not granted an interview. A similar request in March was also declined,” the spokesman said.

Senior Minister of State for Home Affairs Masagos Zulkifli, who was also a guest of honour at the event, echoed the need for transnational cooperation in combating global criminals.

The Interpol Global Complex will look into emerging crimes such as cybercrime, said Mr Masagos.

"Police can no longer be fully effective by operating within national borders, but must collaborate across multiple jurisdictions," he said.

SO WHY DID IT TAKE YOU SO LONG?

by DECLAN HILL | Blog 24-09-2013

Oh those poor people! One has to spare a moment of sympathy for the poor lads and lasses at the Singaporean police forces. It has been a rough last couple of months for them. This summer, they had to endure the embarrassment of a Singapore police officer being arrested in Malaysia with the help of the local police for the murder of a father and son businessmen in Singapore.

Then in July, an assistant director of their anti-corruption bureau was arrested for a multi-million-dollar alleged gambling-linked fraud. Now these sensitive souls have expressed themselves to be shocked and outraged that anyone in the international community could doubt their commitment to arresting well-known match-fixers in their jurisdiction.

Last week, in the light of the Dan Tan arrest, I did an interview with the BBC World Service. In the interview, I pointed out the obvious - that Dan Tan’s alleged match-fixing activities have been widely-known for years. The Italian, Hungarian, German and Finnish police have repeatedly asked Singapore for their help in apprehending fixers. The Singaporeans when confronted with an international arrest warrant for Dan Tan did not move in a speedy and timely fashion.

Yesterday, the Singaporean police issued a statement claiming to be deeply disappointed in my comments.

Okay. Let us compare the Singaporean police actions with almost any other police force involved in the match-fixing investigations of the last few years.

The Finnish police, in a small town north of the Arctic Circle, made a dozen arrests, completed an entire investigation on Dan Tan’s purported lieutenant and got a series of convictions in less than six months.

Helped by this case, the Italian police and prosecutors were able to produce close to four-hundred pages of their own evidence on Dan Tan’s alleged activities in their country in seven months. This evidence has produced dozens of arrests and convictions in Italy where Dan Tan has been labeled as ‘the number-one wanted man’.

The Italians then handed over much of their evidence to the Singaporean authorities and an international arrest warrant asking for Tan’s extradition to Italy.

Even with all this documentation and court room testimony the Singaporeans still could not bring themselves to arrest Mr. Tan for close to eleven-months.

Crikey! Even the Zimbabweans managed to work more quickly than the Singaporeans, when honest administrators and policemen investigated fixers infiltrating their Football Association.

Four months ago, the Hungarian police joined their Italian colleagues and also submitted an international arrest warrant for Dan Tan. Did that produce his immediate arrest?

Nope.

Now the Singaporean police are also making the outrageous claim that they are the only jurisdiction that could arrest match-fixers properly.

“[using lots of resources] … has enabled us to arrest the 14 suspects, including the suspected mastermind, using Singapore laws as no other jurisdictions could have done likewise using their laws.”

In making this bizarre claim, they ignore the hard and more timely work of the Finnish, Zimbabwean, Chinese, South Korean, Italian, German, Turkish, Greek, Maltese, Israeli, Czech, Slovak and Hungarian police forces – to name just a few more efficient police forces.

Let us be very clear, Singaporean police: do not try to shift the focus to people who are reporting the story. The world is saying to you, ‘One of your people is accused of coming to our countries and fixing our sports. Last year, you were presented with an international warrant for his arrest. You did not arrest him for over-eleven months. If he continued to fix our sports during that time than the fault is yours. If he did not fix any games since the international arrest warrant was issued – then what have you been doing?’

Given the Singaporeans slowness to move. The best thing that we can do now is get Dan Tan on a plane to a jurisdiction where the world can hear his full testimony. Then we can determine why he was such a lucky recipient of all this time.

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CURVE CHIUSE,

STADI PIÙ APERTI

di GIGI GARANZINI (LA STAMPA 24-09-2013)

Quattro giornate di campionato, quattro curve chiuse per indegnità tifoidea. Prima la Roma, per meriti maturati nella stagione scorsa.

Poi la Lazio, per discriminazione razziale nella finale di Supercoppa ai danni di Pogba e Asamoah, poi ancora l’Inter, bersaglio sempre Pogba e Asamoah, evidentemente i più amati dagli italiani dementi, adesso il Milan ma per discriminazione non più razziale bensì territoriale nei confronti dei napoletani. Un salto di qualità dal punto di vista sanzionatorio, un tuffo nel passato da quello invece del costume, visto che questo genere di cori – che evocano colera e terremoti invocando nientemeno che lavacri vesuviani – risale alla metà degli Anni 80. Di matrice veronese, adottata poi su vasta scala, tant’è che la Napoli di allora reagì con un memorabile «Giulietta è ‘na z*****a», ultimo tentativo che si ricordi di riportare gli sfottò da stadio entro i confini dell’ironia.

L’inedita severità del giudice sportivo sta facendo discutere. Chi la ritiene sacrosanta, e non più differibile, chi la giudica eccessiva soprattutto in rapporto ad altri episodi di superiore gravità: l’assalto degli ultras romanisti al pullman del Verona, roba di tre settimane fa, ma anche lo stillicidio di pestaggi, agguati, coltellate che fanno da sfondo ad ogni sfida di cartello che si rispetti. Ultimo, il derby romano dell’altroieri.

A me pare che il calcio italiano, non a caso (e opportunamente) sensibilizzato dall’Uefa, stia finalmente cominciando a fare la sua parte. Su quel che accade al di fuori degli stadi non ha giurisdizione, in quanto materia di ordine pubblico. È dentro, soltanto dentro che può permettersi di intervenire. E se dopo anni, macché anni, decenni di lassismo ritiene che la misura sia colma e sia venuto il tempo di ripristinare un minimo di civiltà, la sua tardiva battaglia va comunque sostenuta.

Spiace per i curvaioli per bene, e ce ne sono, eccome se ce ne sono. Spiace perché in molti casi il tifo dei colletti bianchi delle tribune d’onore non è migliore del loro. Ma se le curve sono diventate fogne, è da lì che deve cominciare l’opera di disinfestazione. E se non c’è stato verso in tutti questi anni di civilizzarle con le buone, è venuto il tempo di provare con le cattive. Uno stadio non è il collegio delle Orsoline. Ma non può nemmeno essere il luogo in cui la persona educata e perbene deve misurare le parole, e gli atteggiamenti, e le esultanze, per evitare che le sue due ore d’aria quindicinali finiscano al pronto soccorso.

Una dozzina di anni fa commisi l’errore di andare a San Siro per diporto, non per lavoro. Erano i primi tempi della coppia Totti-Cassano, mi intrigava vederla dal vivo. A guardia abbassata, privo di quella difesa immunitaria che ti impermeabilizza dal pubblico, prima ascoltai e poi feci mente locale a quel che la curva nerazzurra vomitava sui due. Dopo venti minuti ero fuori, rischiando di vomitare a mia volta. Da allora gli stadi si sono progressivamente svuotati, come le cifre di paganti e abbonati stanno impietosamente a testimoniare. Se vogliamo provare a ripopolarli è da qui che dobbiamo ripartire. Da un po’ di gentaglia in meno e da tanti appassionati in più.

Stavo perdendo questa perla di giornalismo.

Colui che si rese protagonista di una tra le peggiori manifestazioni tifoidee - ripreso a libro-paga da "LA STAMPA" degli Elkann - si permette pure di distinguere... tra tifoso chic e becerume #SlowFool

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PROCESSO MAURI

La Corte di Giustizia rinnova

a Zamperini l’invito a comparire

di FABRIZIO PATANIA (CorSport 25-09-2013)

Il processo d’appello a Stefano Mauri, capitano della Lazio, vivrà la prossima e probabile ultima udienza mercoledì prossimo. La Corte di Giustizia Federale non ha ancora concluso l’istruttoria e ha invitato di nuovo Alessandro Zamperini a presentarsi. L’ex giocatore cresciuto nelle giovanili della Roma, amico di Mauri e ritenuto personaggio chiave di collegamento con gli zingari, attraverso il suo legale giovedì aveva fatto sapere di non volersi confrontare con la giustizia sportiva. Aveva scritto una lettera alla Corte Federale e si era astenuto dal presentarsi alla convocazione. Mauri e Gervasoni, il suo grande accusatore, erano invece stati interrogati. Il 2 ottobre potranno intervenire, nel contraddittorio delle parti, gli avvocati Melandri e Buceti, difensori del capitano laziale. Ma è tutta da verificare l’ipotesi che Zamperini si convinca e accetti di essere ascoltato. I giudici della Corte di Giustizia, con o senza Zamperini, mercoledì prossimo potrebbero entrare in Camera di Consiglio ed emettere la sentenza di secondo grado. La Disciplinare aveva contestato a Mauri l’omessa denuncia per la partita con il Lecce (maggio 2011) infliggendo sei mesi di squalifica. Il procuratore Palazzi ha fatto ricorso chiedendo che venga condannato per un doppio illecito.

Una pagliacciata... ormai senza nuove carte da Cremona Mauri rischia la riduzione della squalifica.

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L’ultima vergogna di Italia ’90

cade a pezzi lo stadio di Piano

Crepe, sporcizia e costi folli: Bari non lo vuole più

Costruito ex novo per i mondiali come il Delle Alpi di Torino, che è stato già demolito

di GIULIANO FOSCHINI (la Repubblica 25-09-2013)

Magari non due millenni come il Colosseo. Ma era lecito aspettarsi che lo stadio San Nicola di Bari - «monumento dell’architettura contemporanea», come lo ha classificato il Ministero - almeno un po’ più di 20 anni riuscisse a durare. E invece 23 anni dopo i mondiali del 1990 (e 140 milioni di euro all’incirca spesi tra costruzione, manutenzione e cause legali) il capolavoro di Renzo Piano è quasi ridotto a un rudere, con i calcinacci e coperture che volano, nessuno che lo vuole prendere in carico per non sopportare le spese e il Comune che addirittura parla di demolizione. «Andiamo a giocare ad Andria» minaccia da mesi la società. A vuoto. Il sindaco Michele Emiliano, per tutta risposta, chiede ai Matarrese soldi per la manutenzione. «Per ristrutturarlo servono 15 milioni di euro - dice - significa non aprire 15 asili. Se lo scordino».

Resta così, in mezzo a una campagna desolata, quella navicella abbandonata che doveva essere il vanto dell’impiantistica sportiva italiana e che invece è il simbolo più efficace dello scandalo politico ed economico di Italia ’90. Complessivamente furono spesi 1.248 miliardi di lire (620 milioni di euro circa), soldi che ancora oggi l’Italia paga, come fosse la rata di un mutuo, ad ogni Finanziaria. Due furono gli impianti costruiti ex novo: il Delle Alpi di Torino, che è stato raso al suolo. E, appunto, il San Nicola. Quasi inutile dal punto di vista calcistico (appena 10 campionati di serie A, un paio di partite internazionali, i Giochi del Mediterraneo e poco altro), era per lo meno un fiore all’occhiello da un punto di vista architettonico.

Era, appunto. Cinque teloni di quelli che componevano la copertura “a petali” disegnata da Piano sono volati via. Per sostituirli servono 150mila euro (costo a petalo). Ma il Comune non ci pensa nemmeno a sobbarcarsi la spesa. Fin qui, infatti, l’amministrazione - come prevedeva il contratto stipulato con l’As Bari ha curato la manutenzione straordinaria, mentre la società (che non versa alcun canone) quella ordinaria. Il risultato è che il Comune in questi anni ha speso una cifra vicina ai 10 milioni di euro, a fondo perduto. A un certo punto, mossa dalla disperazione, l’amministrazione ha persino provato a mettere in vendita la struttura, con una variante edilizia che dava la possibilità a chi la acquistasse di realizzare centri commerciali su terreni che oggi sono agricoli. Era persino stato contattato Piano in persona, l’unico che possa mettere mano al progetto (per via del vincolo architettonico), che aveva abbozzato un progettino di ristrutturazione. Ma niente, lo stadio è rimasto invenduto. E le spese continuano a gravare sul Comune, recentemente beffato da una sentenza che lo condanna a risarcire (quasi 15 milioni di euro) le ditte che costruirono all’epoca lo stadio. Chi sono? I capofila sono i Matarrese, gli stessi che oggi pretendono dal Comune soldi per la manutenzione di un bene che loro hanno costruito, loro usano, e venti anni dopo perde pezzi. L’ultimo è volato via qualche mese fa: in cima al terzo anello s’è staccata una recinzione che ha quasi travolto una famiglia con bambini che eroicamente era andata a vedere una partita.

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Tempo Scaduto di ALIGI PONTANI (Repubblica.it 25-09-2013)

Giampaolo come Capello:

"Comandano gli ultra"

Lo disse Capello, per primo, tanti anni fa: "In Italia comandano gli ultrà". Lui se n'era andato altrove, potendoselo permettere. E visto che era Capello, la critica lo trattò con cortesia, bollando il suo come uno sfogo o al più una provocazione estrema. Ora ci si può dividere solo tra quelli che considerano quell'uscita una preveggenza e quelli che la giudicano invece una lucida e inascoltata denuncia. Di certo oggi quella frase è la didascalia di un mondo, e si può sperare soltanto che non ne diventi l'epigrafe funeraria.

Lasciando il Brescia, Marco Giampaolo ha mostrato molto più coraggio che smarrimento - che i suoi datori di lavoro hanno provato a spacciare per confusione mentale - usando più o meno le stesse parole: qui comandano gli ultrà. Lo ha fatto nella settimana in cui per la quarta volta è stato deciso di chiudere una curva per razzismo - o discriminazione territoriale: c'è differenza? - e in molte stanze cominciano a prendere tono i sussurri che vogliono i cori razzisti un'arma potente in mano agli ultrà. Non mi dai il potere che rivendico? Io faccio buu e ti faccio chiudere la curva, e poi lo stadio intero, così vediamo appunto chi comanda.

Ma qui siamo solo nel campo dei sospetti, delle dietrologie, delle ipotesi di scuola. È un fatto, invece, che Osvaldo sia andato via dall'Italia dopo essere stato martellato di insulti, minacce, scritte con la vernice sotto casa; è un fatto che proprio il vice di Giampaolo a Brescia, Fabio Gallo, sia stato costretto a rinunciare al suo incarico perché considerato indegno dagli ultrà bresciani (era stato all'Atalanta); è un fatto che, maglie fatte sfilare ai genoani a parte, si moltiplicano in tutti i campionati i "confronti" chiesti (e ottenuti, spesso con il via libera della Digos, come nel caso di Giampaolo) dagli ultrà dopo una sconfitta giudicata disonorevole; è un fatto che gli ultrà di una squadra come la Lazio possano decidere di lasciare vuota la curva - tutta la curva, anche i posti in cui forse qualche non ultrà che ha pagato l'abbonamento vorrebbe sedersi - per protesta contro il presidente che non compra il centravanti; è un fatto che perfino nel miglior stadio italiano - e di gran lunga - la società più moderna e vincente, la Juventus, non riesca ad estirpare la minoranza rumorosa che ha fatto scattare decine e decine di multe negli anni scorsi, multe che quest'anno diventerebbero squalifiche.

E' un fatto, infine, che pochissimi dirigenti e allenatori abbiano avuto il coraggio di denunciare gli abusi degli ultrà delle loro squadre. Ora lo ha fatto Giampaolo, che non è Capello. Lui non è andato via dall'Italia, ma solo da un posto dove il calcio era secondo lui "selvaggio", malato. La prima medicina è il coraggio di dire no. Avanti, chi lo usa la prossima volta?

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