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K A L C I O M A R C I O! - Lo Schifo Continua -

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SENTENZA D'APPELLO

Ifil-Exor, Grande Stevens e Gabetti

condannati a un anno 4 mesi

L'avvocato della famiglia Agnelli e l'ex presidente di Ifil condannati dalla V sezione della Corte d'appello di Torino

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Gianluigi Gabetti e Franzo Grande Stevens sono stati condannati a un anno e quattro mesi nel processo d'appello, a Torino, per l'equity swap di Ifil-Exor, l'operazione finanziaria che nel 2005 permise a Ifil di restare l'azionista di riferimento della Fiat. «Una sentenza inimmaginabile, non me lo aspettavo proprio» ha detto Franzo Grande Stevens subito dopo la condanna.

CONSOB - Nel processo sono state assolte le due società chiamate in causa come persone giuridiche, Ifil e Giovanni Agnelli Sapaz. Alle parti civili (la Consob e un piccolo azionista) non è stato accordato alcun risarcimento. «Non so come il giudice abbia potuto ignorare la nostra posizione e con quale motivazione abbia rifiutato la nostra richiesta risarcitoria. Vedremo in Cassazione», ha dichiarato l'avvocato Emanuela Di Lazzaro, legale della Consob, che aveva chiesto il risarcimento del danno.

MULTA - Per Gabetti e Grande Stevens, a cui è stata comunque concessa la sospensione condizionale, c'è anche la pena accessoria dell'interdizione per un anno dai pubblici uffici, alla quale si aggiunge, per Grande Stevens, l'interdizione dall'esercizio dell'avvocatura. Gli imputati sono stati condannati inoltre a pagare una multa di 600mila euro ciascuno. La sentenza è stata pronunciata dalla corte d'appello di Torino presieduta dal giudice Roberto Pallini.

Redazione online

http://www.corriere.it/economia/13_febbraio_21/ifil_exor_condanne_b4f9700c-7c2e-11e2-9e78-60bc36ab9097.shtml

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TempoReale

Ifil-Exor, condannati Gabetti e Grande Stevens

img688811.jpg Franzo Grande Stevens

Gianluigi Gabetti e Franzo Grande Stevens sono stati condannati a un anno e quattro mesi nel processo d'appello, a Torino, per l'equity swap di Ifil-Exor, l'operazione finanziaria che nel 2005 permise a Ifil di restare l'azionista di riferimento della Fiat. Nel processo sono state assolte le due società chiamate in causa come persone giuridiche, Ifil e Giovanni Agnelli Sapaz. Alle parti civili (la Consob e un piccolo azionista) non è stato accordato alcun risarcimento. Per Gabetti e Grande Stevens, a cui è stata comunque concessa la sospensione condizionale, c'è anche la pena accessoria dell'interdizione per un anno dai pubblici uffici, alla quale si aggiunge, per Grande Stevens, l'interdizione dall'esercizio dell'avvocatura. "Inimmaginabile. Non me lo aspettavo proprio", è stato il commento di Grande Stevens.

http://www.italiaoggi.it/news/dettaglio_news.asp?id=201302211502054544&chkAgenzie=ITALIAOGGI&sez=newsPP&titolo=Ifil-Exor%2C+condannati+Gabetti+e+Grande+Stevens

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Ifil-Exor, condannati Gabetti e Grande Stevens

In Appello un anno e quattro mesi

http://www.repubblica.it/economia/2013/02/21/news/ifil-exor_attesa_la_sentenza_da_torino_gabetti_no_a_onta_di_una_condanna-53089707/?ref=HRER1-1

L'avvocato della famiglia Agnelli e l'ex presidente di Ifil sospesi per un anno dai pubblici uffici. Grande Stevens: "Sentenza inimmaginabile". Nel mirino della Corte d'Appello di Torino l'operazione che permise alla holding della famiglia Agnelli di mantenere il controllo sulla Fiat. Assolte le società Ifil e Giovanni Agnelli Sapaz, nessun risasrcimento alle parti civili

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Gabetti e Grande Stevens

MILANO - Si conclude con una condanna a un anno e quattro mesi per Franzo Grande Stevens e Gialuigi Gabetti il processo del tribunale di Torino, presso la V sezione della Corte d'Appello, sulla vicenda Ifil-Exor. Sono state assolte le due società chiamate in causa come persone giuridiche, Ifil e Giovanni Agnelli Sapaz; alle parti civili (la Consob e un piccolo azionista) non è stato accordato alcun risarcimento, mentre per entrambi i professionisti, ai quali è stata è stata comunque concessa la sospensione condizionale, è stata attribuita la pena accessoria dell'interdizione per un anno dai pubblici uffici (un anno di sospensione dall'attività forense per Grande Stevens) e una multa da 600 mila euro ciascuno.

L'avvocato della famiglia Agnelli e l'ex presidente di Ifil, imputati per aggiotaggio informativo, si sono visti attribuire una pena inferiore a quella proposta dalla procura generale di Torino, rappresentata dal magistrato Giancarlo Avenati Bassi, che chiedeva per Grande Stevens una condanna a due anni e sei mesi e per Gabetti a due anni. Le richieste erano già state fatte in primo grado, quando i due imputati erano stati assolti. A presiedere la corte, il giudice Roberto Pallini. "E' una sentenza inimmaginabile. Non me l'aspettavo proprio", è stato il commento laconico a caldo di Grande Stevens. "Avrei sperato in un risultato diverso", il commento di Gabetti. "Diamo il tempo ai professionisti di leggere le motivazioni e poi ci consulteremo sul da farsi", ha aggiunto. Emanuela di Lazzaro, legale della Consob, ha invece lamentato la negazione di un risarcimento: "Vedremo in Cassazione".

Gli imputati erano accusati di aggiotaggio informativo in occasione dell'equity swap che nel settembre del 2005 consentì alle finanziarie degli Agnelli di mantenere il controllo della Fiat. Per l'accusa il comunicato stampa del 24 agosto 2005 sull'operazione era falso. La Corte di Cassazione il 20 giugno del 2012 aveva annullato l'assoluzione pronunciata dal giudice Giuseppe Casalbore del tribunale di Torino il 21 dicembre 2010 perché "il fatto non sussiste". La procura di Torino aveva fatto ricorso direttamente in Cassazione ed era stato "saltato" così il procedimento di secondo grado. Assolto, invece, Virgilio Marrone, ex direttore di Ifi.

"Non pensai neppure lontanamente che il comunicato non fosse corretto ed esaustivo. Non so veramente che altro avrei potuto fare o dire sulla base delle informazioni a me disponibili", ha detto Gabetti nelle sue dichiarazioni spontanee davanti ai giudici della Corte d'Appello di Torino. In particolare, Gabetti ha ricordato che "il 24 agosto del 2005 mi trovavo negli Stati Uniti (e precisamente a East Hampton) dove mi ero recato ai primi del mese per trascorrere le vacanze estive con la famiglia", aggiungendo che "quando ero partito dall'Italia mi ero lasciato con l'avvocato Franzo Grande Stevens con l'intesa che egli avrebbe incominciato a verificare la possibilità di utilizzare azioni costituenti oggetto di una operazione di equity swap, che sarebbe scaduta nel 2006 e in corso tra Exor e Merrill Lynch, allo scopo di evitare una diluizione della quota di Ifil nel capitale Fiat e che di tutto ciò avremmo poi parlato al mio rientro in italia".

Quindi, ha continuato Gabetti, "fino al giorno 24 non ebbi alcun contatto con l'avvocato Grande Stevens e non seppi quindi nulla di suoi incontri e colloqui con dirigenti e funzionari della Consob". Poi il giorno in cui fu pubblicato il comunicato oggetto del processo, "seppi della richiesta di comunicato da parte della Consob e della risposta che era stata già preparata. Appresi anche in quella occasione che la risposta era stata approvata dall'avvocato Grande Stevens. Mi misi quindi in contatto con lui; appresi molto sommariamente dei rapporti che egli aveva avuto con la Consob ed ebbi la rassicurazione che il testo del comunicato era già noto alla Consob ed era coerente con quanto aveva costituito oggetto dei suoi contatti con tale istituto".

Dopo questo colloquio, "fui rassicurato dalla costatazione che il comunicato avrebbe contenuto un chiaro riferimento alla determinazione di Ifil di rimanere azionista di riferimento di Fiat. Questo concetto mi apparteneva in modo particolare ed era stato reso pubblico da me in più di una occasione. La sua riproposizione nel comunicato costituiva per me una indicazione chiara e incontrovertibile dell'obiettivo che Ifil si era proposta anche in riferimento alle problematiche connesse alla scadenza del convertendo e mi sembrò quindi che informazione più eloquente al mercato non potesse essere data". E proprio per questo, ha aggiunto Gabetti, "a tutto ho pensato quella mattina meno che il comunicato, così come formulato, potesse far sorgere il pericolo di sensibili alterazioni del prezzo dei titoli Fiat e, a maggior ragione, non sono stato mosso da alcuna intenzione di influire in modo forviante sull'andamento del prezzo dei titoli, né sono stato sfiorato in alcun modo dal dubbio che un tale evento potesse verificarsi". Ad aprire il dibattimento odierno sono state le dichiarazioni spontanee. "Ho educato i miei figli e un gran numero di dirigenti - ha detto Gabetti - al rispetto della legge. Non posso accettare di concludere la mia esistenza sotto l'onta di una condanna tanto estranea al mio operato". Grande Stevens si è detto "mortificato" dal fatto di ritrovarsi "dopo 60 anni di vita professionale imputato di questo reato".

Il fatto. L'equity swap era stato acceso da Ifil nel mese di aprile del 2005 con Merril Lynch, attraverso Exor. Allora Fiat - secondo l'accusa - avrebbe saputo che a settembre sarebbe scaduto il prestito convertendo contratto con 8 banche all'inizio del duemila. Un prestito da tre miliardi di euro, che gli Agnelli potevano o restituire a settembre, oppure convertire in azioni, da consegnare sempre alle banche. Così facendo però le banche avrebbero acquisito più quote degli Agnelli che avrebbero perso il controllo di Fiat scendendo sotto il 30 percento di azioni detenute. Tra luglio e agosto, Grande Stevens come avvocato suggerì agli Agnelli un metodo per mantenere il 30 percento delle azioni senza trasformare in azioni il debito: acquistare da Merril Lynch le azioni Fiat per l'equity swap.Quando la Consob a fine agosto chiese spiegazioni a Ifi e Ifil, le società risposero con un comunicato che diceva che non c'erano manovre in atto sul titolo ma anche che le finanziarie volevano mantenere il controllo su Fiat. Secondo Consob gli imputati non furono trasparenti a sufficienza e fu ingannato il mercato. La Commissione di controllo sulla Borsa condannò in via amministrativa Grande Stevens, Gabetti e Marrone. Quest'ultimo però, all'epoca direttore di Ifi, è stato assolto sia in primo grado che dalla Cassazione.

(21 febbraio 2013)

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Il tifo violento e le zone grigie delle cosche

di MASSIMILIANO VIRGILIO (IL MATTINO 21-02-2013)

Qualche anno fa, accompagnando un reporter austriaco per la città che intendeva scrivere un articolo sulle frange più calde del tifo napoletano, ci imbattemmo (un po’ ingenuamente, per la verità) negli esponenti di alcuni sedicenti gruppi ultras che, dataci una rapida occhiata, decisero di non rispondere alle nostre domande. Non era una questione personale, dissero dalle selle dei loro scooter. Semplicemente parlare di calcio, del Napoli, della forma fisica dei calciatori, perlopiù rispondendo alle domande di due giornalisti, non gliene fregava nulla. «Solo mentalità» ripeteva come un mantra uno dei capetti, invero senza mai chiarire in cosa consistesse questa mentalità. A un certo punto, uno di loro chiuse una canna e la offrì in segno di pace al mio amico che, invece, dall’alto della sua teutonica professionalità, rifiutò. Più tardi qualcuno ci disse che avevamo appena finito di conversare con il rappresentante di uno dei gruppi ultras più violenti, responsabili di un pestaggio a un ufficiale di pubblica sicurezza e dell’accoltellamento di un tifoso veronese, nonché uno dei clan camorristici più agguerriti in città. L’amico austriaco scosse la testa: «Che c’entra la camorra con gli ultras?».

In questi giorni, a compimento di una saldatura i cui segni, soprattutto a livello giudiziario, sono ben visibili da anni, abbiamo assistito alla notizia del blitz verso il gruppo delle “Teste Matte” con l’accusa di traffico di stupefacenti. Quelle che un tempo era considerata la frangia estrema del tifo (anche se in Curva occupa da sempre la parte centrale delle gradinate) sarebbe, secondo le ipotesi degli investigatori, parte di un cartello che da anni gestisce lo spaccio di droga in alcune zone.

Ciò non può non destare scalpore proprio nei giorni in cui dai media rimbalzano di continuo notizie che riguardano, con sfaccettature diversissime, i rapporti tra calcio, tifoseria violenta e criminalità. I sospetti sulla rapina subita dall’immenso Marek Hamsik, senza dimenticare l’inquietante episodio di un boss latitante a bordo campo durante una partita qualche tempo fa, oltre a mettere in secondo piano le imprese sportive della squadra, rischiano ingiustamente di offuscare l’immagine di una delle poche eccellenze imprenditoriali in città. In ogni caso, val la pena ribadirlo, la faccenda delle “Teste Matte” è tutta un’altra storia, che con il Napoli, inteso come società e oggetto dell’amore incondizionato di migliaia di napoletani, non c’entra niente. È cosa nota. Ai camorristi piacciono il calcio, i talent show e la religione. Se con Padre Pio non possono farsi fotografare, possono però farsi immortalare con la mezzala di turno. O cercare di corrompere il televoto. Invece questa è una storia che attiene, per quanto finora emerso, alla sfera criminale tour court e alla complessa mutazione, avvenuta oltre vent’anni fa, della classe dirigente e della manovalanza camorristica, anch’essa vittima, come l’intera società italiana di una plebeizzazione dei costumi. E che nella nostra città assume sempre toni leggendari e risvolti da copertina. Che il gruppo di tifo violento e il clan possano coincidere, in una o più parti, c’è da aspettarselo. A Napoli la camorra è quasi ovunque, dove non direttamente impegnata con capitali, armi e minacce, lo è con la mentalità, con il disprezzo per il merito e la legalità. Detto ciò, come libri e inchieste da più parti dimostrano, il calcio in città, non solo ai più alti livelli, finisce spesso sotto l’assedio di gruppi e interessi criminali. Non è una novità e non smetterà di essere così fintantoché, alle doverose operazioni di polizia e magistratura, non si accompagnerà la rottura culturale di quella zona grigia fatta di grandi e piccole connivenze, esattamente come in qualsiasi altro settore economicamente attraente. D’altronde, sarebbe assurdo e oltremodo retorico aspettarsi sempre singole denunce o atti eroici da parte di qualcuno. Le zone grigie germogliano laddove la presenza dello Stato ha smesso di arrivare.

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I don’t care that Rogers is gay.

Why does anyone else?

by RORY SMITH (THE TIMES 21-02-2013)

I don’t care that Robbie Rogers is gay, just as I don’t care that Frank Lampard is straight. That is not to say that Rogers’ candid, heart-felt post on his blog almost a week ago, in which he spoke of the secret he had harboured and the relief he felt in finally presenting himself, as he is, to the world, did not trigger any emotions.

Of course it did: admiration, and the profoundest respect, that he had bared his soul in such a public way, when he could not be certain of the reaction his statement would receive. There was sadness, too, that he had felt the need to conceal his sexuality for so long, that he had not thought he could be himself until the age of 25, and regret that he believes he needs to draw his football career – a career that has brought him 18 caps for the United States – to a close after coming out.

There was fear of what the response might be, and then relief and delight at the immediate support from his former team-mates, in England and back home; Ross McCormack, Adam Drury and Robert Snodgrass, among others, all issued statements on Twitter expressing their pride, insisting they stood by him as they always did.

That was replaced, though, by unease: unease that a player has to announce his sexuality at all, unease at being surprised, almost, that his immediate footballing family had been so quick and so clear in offering him their backing, unease at the – only very occasional – barbs that were directed at Rogers in the hours that followed his post.

All of that, though, that flood of emotions and thoughts, is secondary. They are meta-feelings; feelings about his feelings, born of sympathy or empathy or just basic human understanding. To the matter at the heart of his statement, to the issue which has no doubt caused him so much confusion and pain, there was only apathy.

That is not meant to sound harsh. I don’t care that Robbie Rogers is gay. It’s none of my business what he does with whom. It’s nothing to do with me whether he’s gay or straight or has a proclivity for blonds or brunettes or pensioners or the fat or the thin or the bald or the furry. As long as it’s legal, and the object of his affection is consenting, then I couldn’t care less. I don’t care if you’re gay, either. I’ve got stuff on. I can’t go around worrying who’s putting what in whom. I’d never get anything done.

If the desperation of the search for an openly gay footballer is anything to go by, that singular indifference is relatively rare. The idea that there “must” be a host of players in the Premier League who prefer men to women and that it would be great for everyone if they came out and told the world of their sexual orientation have become truisms. That seems a little unsettling.

Not because I don’t want there to be any gay footballers. As previously established, I don’t care if there are. It does not interest me. If there are, fine. If there aren’t, that’s fine too.

Writing that feels homophobic. It is not meant to be. Let me explain.

Cold, hard mathematics suggest there should be no shortage of gay footballers. There are – let’s say, for argument’s sake – about 10,000 professional players in Britain. As I understand it – and I’m no expert – if you take a random sample of the population, around 10 per cent are homosexual. That should mean that there are 1,000 gay players. Isn’t it terrible, then, that this thousand feel compelled to conceal their sexuality? It’s the 21st century, in most places. Surely, as a society, we’ve moved on to a place where they can come out in their fabulously cut, perfectly tailored suits and tell us who they are and who they love?

There is a problem with this. Professional footballers are not a representative sample of the population.

This is proved rather neatly by looking at other issues that make the British distinctly uncomfortable: class and education. In the country as a whole, 20 per cent of us have a degree, mostly in media studies. In football? Well, Nedum Onuoha has three A levels, and is thus referred to as a “brainbox” despite the fact that he signed for QPR. Very few footballers are drawn from the middle-classes – Simon Kuper and Stefan Szymanski covered this in Soccernomics – at a time when 43 per cent of the United Kingdom would describe itself as such.

There is a higher percentage of black footballers than there are black people in Britain, and a lower percentage of Asian players than Asian citizens. Football is a demographic all of its own, drawn almost exclusively from traditional working-class areas and then boiled down yet further so that it includes only the preternaturally driven and the naturally athletic. To suggest that the proportion of gay footballers must be the same as that of gay people is as presumptuous as it is misleading.

That is not to say that gay people cannot play football, or should not play football, or that there are no gay players. But it is to acknowledge that struggling as a teenager with your sexuality is enormously difficult. In football’s relentlessly macho, brutally conformist environment, many would be forgiven for finding it almost impossible; not because players are intolerant, but because it is a cut-throat world, trying to be a footballer, and anyone who is different is perceived as weak. It is not unrealistic to think that a good number of gay players drift away from the game because of that, long before turning professional. They have more important things to think about, after all.

But it is not just the wilfully misrepresentative maths that make this determination to out gay players so undignified. It is the witch-hunt element of the process, this demand from a largely straight media that gay players reveal themselves so we can hold them up as icons of our own tolerance.

The tone of much of the coverage of Rogers’ announcement last week was that he had been inordinately brave in going public, but that it was a shame that he had also decided to retire; not just for his own sake, but because we would be left waiting for our first openly gay, fully active professional player.

We need a pioneer, the theory goes, someone to light the way for others. This is flawed, too, in countless ways. It does not work, for a start. Gareth Thomas, Steven Davies and John Amaechi have all shown the same courage as Rogers, but they have not blazed a trail for dozens of others. Coming out is a deeply personal thing. Just because someone else, a few years ago, did it, does not mean it’s a breeze for everyone else.

Also, it is not so much a demand for an icon as a guinea pig. As if coming out to your friends, family and fans were not enough, any gay player must run the gauntlet of rival supporters who feel that anonymity grants a licence to vent their most atavistic rages. We like to think football fans, like everyone else, have moved on, but quite a few of them do their best to disabuse us of that notion every week. Would you put yourself through that for some intangible benefit for someone else somewhere down the line? I wouldn’t.

Besides – and this is the key question – why does it matter what a player’s sexual orientation is? As long as they’re scoring goals or making saves or pretending the ball’s gone out for a corner when it was actually a goal kick, who cares?

Is it not dangerous to ascribe to sportsmen and women a significance beyond that of their sheer talent, to force someone to stand for something, to shoehorn everything – sexuality, personality, sporting ability – into one grand story arc? We want our sportspeople to transcend sport, to become symbols of something else, something more universal; we do not want a gay footballer, we want a King of the Gay Footballers, someone who can help lead all of his people out of the darkness. We do not want this because it is good for him. We want it because it is good for us, because it proves how much we have all changed.

But this, surely, is a fundamental misunderstanding of the idea of tolerance? Tolerance is accepting the lives others lead, the choices they make, the feelings they have. It is not creating symbols of otherness, or highlighting differences so as to proffer approval. It is letting everyone get on with their existence as they see fit. Good luck to Robbie Rogers. I don’t care that he’s gay. But I hope he’s happy.

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Una Liga ante el abismo

Un informe solicitado por 10 clubes de Primera y uno de Segunda a

una consultora revela “dudas razonables” sobre la viabilidad de la

mayoría de equipos y aboga por una reforma integral del sector

Los auditores proponen una venta centralizada de los derechos televisivos

También sugieren que se puedan rebajar los salarios en los clubes que desciendan

por AMAYA IRÍBAR (EL PAÍS 22-02-2013)

La admiración que despierta el fútbol español es directamente proporcional al escalofrío que generan sus cuentas económicas. Si desde hace casi una década se habla de la crisis del sector, expresada por esa veintena de clubes que, incapaces de lograr hacer frente a sus deudas, se han acogido a la ley concursal, desde que en 2008 la economía española se metió en el pozo del que todavía no ha salido, la situación se ha agravado hasta hacer saltar todas las alarmas. ¿Puede entrar en liquidación algún club? Ni siquiera el presidente de la federación, Ángel María Villar, lo descartó el pasado lunes en una entrevista a EL PAÍS: “Me temo lo peor”.

El Deportivo, con una deuda de 100 millones de euros según Augusto César Lendoiro y último en la Liga; el Málaga, castigado por la UEFA por impagos; el Valencia, en manos de la Generalitat y el Guadalajara, denunciado por la misma Liga de Fútbol Profesional (LFP) por supuestos trapicheos en la última ampliación de capital, son solo los últimos ejemplos, los más extremos, pero el mal es generalizado: el sector arrastra una deuda de unos 3.600 millones de euros (600 con Hacienda), según el Consejo Superior de Deportes (CSD).

Hay “dudas razonables sobre la viabilidad de muchos clubes”, advierten los expertos de la consultora KPMG Sports que han analizado durante tres meses el modelo de negocio del fútbol español a petición de 11 equipos (10 de Primera y uno de Segunda) que, como el Atlético, Athletic, Real Sociedad y Valencia, cuestionan el reparto de derechos televisivos. También tienen dudas sobre la fiabilidad de las cuentas que presentan la mayoría de los clubes: “La información financiera actual es inferior por lo general a los parámetros exigibles”, escriben.

Estos expertos creen que la recuperación del sector exige un cambio radical del modelo de negocio, que han plasmado en un informe de casi 150 páginas. KPMG Sports ve el fútbol como un puzle de seis piezas y aboga por cambios en todas ellas: desde los operadores de televisión y los derechos audiovisuales, al control económico de los clubes y la estructura de la LFP, pasando por las relaciones entre esta y la federación española. Encajar de una forma diferente de la actual todas estas piezas permitiría no solo hacer viable el sector sino atraer nuevas inversiones y explotar mejor el negocio que las une, dicen. Para ello es necesario centralizar los derechos de televisión y modificar el sistema de reparto para hacerlo más equitativo, aun reconociendo la preeminencia que deben seguir teniendo Madrid y Barça como motores del negocio, siempre según el informe.

Al contrario que en el resto de Europa, los clubes españoles subastan sus derechos, lo que ha provocado no solo una inflación insostenible sino una explotación deficiente. Para KPMG Sports la centralización, que tendría que ser al finalizar los actuales contratos en 2015, permitiría vender mejor el producto. El espejo en el que mirarse es la Premier, que recauda 1.828 millones de la televisión, según sus datos.

La centralización de derechos es el camino lógico para gran parte del sector, aunque encuentra algunas resistencias. Otra cosa es el reparto de ese dinero. Hoy, casi la mitad de la tarta acaba en las arcas de los dos grandes clubes, lo que hace muy difícil que el resto pueda competir con ellos. La consultora propone acercarse de forma gradual a lo que ocurre en Europa, donde las diferencias no son tan grandes, y reservar un pedazo para la Segunda.

Esa reforma debería completarse con la elaboración de planes de viabilidad económica para cada club y el fortalecimiento de los órganos de control económico que les vigilan, que además deben ser independientes. Entre las medidas que proponen para la Segunda está la posibilidad de que el descenso permita reducir los salarios de la plantilla.

El informe de KPMG es un intento, no el único, de buscar una solución al túnel en el que se ha metido el fútbol. El Gobierno, a través del CSD, hace tiempo que se dio cuenta de que todos los males de la crisis económica se concentraban multiplicados en este negocio peculiar. En abril firmó un protocolo con los clubes para que se pusieran al día con Hacienda, que se había convertido en una fuente más de financiación para el sector. Estranguladas las habituales —operaciones inmobiliarias, subvenciones públicas, crédito y venta de jugadores— por la crisis, a muchos clubes les salía más barato aplazar y renegociar la deuda con la Agencia Tributaria. Pero el Gobierno se plantó.

El siguiente paso ha sido el nuevo reglamento de control económico, presentado como un ejercicio de autorregulación, pero en el que se ve también la mano del CSD, y que implica el examen previo del presupuesto de los 42 equipos de Primera y Segunda. Los que no presenten equilibrio financiero no podrán fichar el próximo verano. “Las medidas son poco certeras e insuficientes”, añaden en la Asociación de Futbolistas Españoles. Para ambos, como para la Federación de Accionistas y Socios del Fútbol Español el hecho de que el control lo haga una comisión de la propia LFP supone un problema de independencia.

El punto de partida es pésimo. Solo seis equipos pueden presumir de equilibrio económico, según varias fuentes consultadas. Cuatro de ellos son aquellos que sortearon hace más de dos décadas la obligación de convertirse en sociedad anónima: Real Madrid y Barcelona, que se benefician de buena parte de la tarta de los derechos televisivos —140 millones cada uno de un total que este año asciende a 785 millones de euros— y que a efectos económicos están en otra Liga, y Athletic y Osasuna. Los otros dos están en Segunda: Numancia y Huesca. El resto sobrevive como puede.

Y lo hace en un mercado donde las principales vías de ingresos están a la baja. La asistencia a los estadios bajó esta temporada un 3,58% en Primera y el 8,1% en Segunda en la primera vuelta, según la LFP. El año pasado la Liga ya se vio superada por la Bundesliga y la Premier en este terreno. Es también el torneo con las entradas más caras (50 euros de media). Además, el mercado de fichajes va a la baja, el de patrocinios es dramático, y las televisiones no parecen dispuestas a inflar los presupuestos de los clubes al ritmo que lo han hecho hasta ahora.

Por debajo de la Premier y la Serie A

por AMAYA IRÍBAR (EL PAÍS 22-02-2013)

En el modelo de ingresos y gastos que presentan los equipos españoles, la televisión se ha convertido en “la principal fuente de ingresos” de los clubes, asegura el informe de KPMG Sports. Si en la temporada 2006/2007 los clubes ingresaban 378 millones de euros de los operadores, en la actual la factura se eleva a 785 millones y en la que termina en 2015, cuando expiran la mayoría de los contratos el desembolso comprometido es de 855 millones, según los datos de las operadoras.

Estas cifras contrastan con una economía en recesión y con un mercado publicitario en contracción. Las televisiones han pasado de ingresar algo más de 3.000 millones en 2008 a 1.835 millones el año pasado. Y la estimación es que siga cayendo en 2013. La televisión de pago no es ajena tampoco a la crisis económica y también sufre una pérdida de abonados constante desde el año pasado, de hasta el 7,5% entre todos los operadores, agravada por la subida del IVA (del 8% al 21%) el pasado septiembre.

El resultado es que el coste de emisión de los partidos se ha disparado. Para los expertos de KPMG Sports la solución exige que los clubes negocien en conjunto sus derechos audiovisuales, como ya hacen sus colegas de las otras grandes Ligas, con mejores rendimientos económicos: la Premier es la que más recauda de las televisiones (1.828 millones anuales por la venta dentro y fuera de Inglaterra), pero también la italiana Serie A (1.000).

Esto permitiría aumentar los ingresos conjuntos de forma considerable, asegura el informe, que también aboga por un reparto más equitativo.

El acuerdo no es sencillo. La viabilidad del modelo vigente, tampoco.

MUNDO DEPORTIVO 22-02-2013

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PER IL PORTIERE SI PROFILA L'OMESSA DENUNCIA

Gillet ammette solo i sospetti

Il belga ha negato qualsiasi coinvolgimento nelle combine del Bari, ma avrebbe intuito l' accaduto

Agli 007 federali ha spiegato come, dopo la sfida con la Salernitana avesse percepito qualcosa di strano dal "chiacchiericcio" dei compagni sul pullman

SIMONE DI STEFANO - Tuttosport -22-02-2013

ROMA. Due ore per ribadire quanto già detto: «Lo ripeto, non ho partecipato ad alcuna combine». Il concetto è chiaro, anche ieri negli uffici della procura federale Jean-Francois Gillet ha confermato quanto detto in magistratura il 3 agosto scorso. Con alcuni dettagli che non alterano quelle dichiarazioni in ambito penale, ma che possono cambiare la natura dell'accusa nel prossimo processo sportivo. Accompagnato dall'avvocato Antonio D'Alesio e dal segretario del Torino Pantaleo Longo, Gillet è uscito alle 17 in punto. Provato lo è da tempo, ma per le accuse penàli di frode sportiva. A Bari è indagato per le due presunte combine, Treviso-Bari del 2008 e Salernitana-Bari del 2009: «Siamo solo all'inizio", trapela dall'entourage dell'ex barese. «E' andata benissimo», il laconico commento del legale del portiere. Le domande dei procuratori federali si sono concentrate sui fatti già noti.

OMESSA DENUNCIA Per la gara con il Treviso, a Gillet è stato chiesto dei rapporti con la sua ex squadra, in particolare con due suoi ex compagni, Pianu (che era appena tornato al Treviso dopo la parentesi al Bari), e Santoruvo, che secondo l'accusa fecero da "gancio" per l'accordo che prevedeva la sconfitta dei pugliesi. Il Treviso si doveva salvare, il Bari era salvo: «Ricordo - disse Gillet ai pm - che il Treviso era una squadra un po' discussa, noi facemmo una partita normale ma siamo rimasti in dieci poiché fu espulso Donda». Anche ieri il portiere belga ha ribadito questa tesi, che solleverebbe piuttosto una possibile accusa di omessa denuncia. A rafforzare questo indirizzo, è arrivato anche un particolare relativo a Salernitana-Bari, gara che secondo la tesi accusatoria sarebbe stata "fatta" praticamente da tutti ad eccezione di Gazzi, Ranocchia e Barreto.

IL PULLMAN Mercoledì Marco Esposito aveva scagionato il portiere circa la gara con il Treviso («Fu uno di quelli che disse no»), ma in merito a Salernitana-Bari, si disse certo: «Li ha presi, è sicuro». Gillet ha respinto l'accusa: «Non ho neanche giocato quella partita..». In effetti giocò il secondo portiere Nicola Santoni. Ieri Gillet avrebbe anche precisato come in pullman, sulla via del ritorno a Bari dopo la gara, dal chiacchiericcio di alcuni suoi compagni avrebbe intuito che qualcosa di strano c'era stato. Anche qui, l'illecito si trasformerebbe in omessa denuncia. Diverse le domande degli 007 federali in merito a Antonio Conte, l'allora tecnico del Bari. Sapeva della combine? In prima battuta il portiere disse in magistratura: «Durante la riunione tecnica prima della partita, Corrado Colombo disse di non voler giocare se la squadra fosse entrata in campo moscia. Alla riunione tecnica c'era anche Conte, che ascoltate quelle parole, non lo schierò». A dicembre però con un fax spedito alla procura di Bari, Gillet ha rettificato quanto detto: «L'allenatore non è mai stato presente a nessun incontro fra i giocatori». Versione ribadita anche ieri, che da un lato non migliora la sua posizione, ma attenua di molto quella del tecnico bianconero.

SULIJC Si è costituito ieri lo sloveno Admir Suljic, uno degli "zingari" inseguiti da mandato di cattura internazionale nell'ambito dell'inchiesta Last Bet, che dopo un anno e mezzo di latitanza si è consegnato agli uomini del Servizio Centrale Operativo ieri mattina a Malpensa. «Dalle indagini in corso - recita il comunicato della Polizia - è emerso il suo diretto coinvolgimento nel gruppo criminale transnazionale, composto da singaporiani e da soggetti dell'area balcanica, dedito, tra le altre cose, alla alterazione dei campionati 2009-10 e 2010-11». Suljjic è considerato "l'azionista" della cupola delle scommesse, sarà sentito sabato dal pm di Cremona Roberto Di Martino.

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CALCIOSCOMMESSE

Gillet, due ore da Palazzi

Intanto ieri mattina si è costituito Sulic uno dei principali collaboratori del boss di Singapore

e.pi. - Corrriere dello Sport - 22-02-2013

ROMA - Due ore davanti agli 007 di Palazzi. Un atteggiamento collaborativo nei confronti di chi lo interrogava. L'attuale portiere del Torino, ex del Bari, doveva rispondere delle presunte combine di Treviso-Bari (01) del 10 maggio 2008 e Salernitana-Bari (3-2) del 23 maggio 2009. «E' andata benissimo» si è limitato a riferire l'avvocato Marco D'Alesio. Gillet ha annesso di essersi accorto che qualcosa stesse succedendo, in particolare sul pullman che riportava a casa il Bari dalla trasferta di Salerno. Dunque, a cose fatte. Una strada che potrebbe portarlo a schivare l'illecito e a patteggiare un'omessa denuncia (anzi, doppia omessa denuncia). A Gillet i federali hanno chiesto anche se Conte, all'epoca tecnico del Bari, fosse a conoscenza delle combine. Il portiere a ribadito anche quanto dichiarato tramite un fax alla Procura di Bari: l'allenatore era all'oscuro di tutto.

ARRIVATO A MALPENSA - Dalla Procura federale a quella di Cremona. Lunedl prossimo il gip Guido Salvini interrogherà Admir Sulic, uno dei componenti del cosiddetto gruppo degli zingari, nei cui confronti era stata emessa un'ordinanza di custodia cautelare, nel dicembre dell'anno scorso, arrestato ieri mattina alla Malpensa dagli uomini dello Sco della Polizia di Stato. Nei suoi confronti c'era un mandato di cattura internazionale per associazione a delinquere e frode sportiva nell'ambito dell'inchiesta sul calcio-scommesse. Dopo il serbo Amir Gegic, costituitosi un paio di mesi fa, ieri è stato dunque il turno di Admir Sulic, sloveno, che ultimamente si era rifugiato a Singapore. Perché Il, per i reati dei quali è accusato non c'è trattato d'estradizione. E perché Singapore è anche il paese del grande burattinaio delle scommesse illecite: quel Tan Seet Eng, detto Dan, ancora latitante, ritenuto il capo dei finanziatori dell'intero sistema. Proprio Dan, stando alle accuse della Procura di Cremona, si avvaleva «di una rete di connazionali ed altri personaggi delll'Est Europa per incidere illecitamente sulle competizioni calcistiche». E Sulic figura «tra i suoi principali collaboratori»: un gradino sotto Gegic che, a sua volta, sarebbe un gradino sotto Hristian Ilievski, macedone che, invece, da quasi due anni rimane latitante. Il gruppo utilizzava come referente per avvicinare i giocatori italiani disposti alla combine l'ex giocatore del Piacenza Carlo Gervasoni. Il ruolo di Sulic emerge poi da una rogatoria in Croazia e altri tre zingari arrestati in precedenza (Vinko Saka e Alija Ribic e Dino Lalic) avevano già spiegato che «erano Carlo Gervasoni e Filippo Carobbio a darci informazioni sulle partite truccate in cambio di denaro». Sulic sarà interrogato lunedì prossimo dal gip di Cremona Guido Salvini.

ALLARME SPAGNA - E dalla Spagna arriva il grido d'allarme del vice presidente della Lega, Javier Tebas: «Ci sono delle partite truccate in Spagna. Gare di fine stagione, che non rientrano nel giro della criminalità. Però ci sono, ed è molto grave».

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Calcioscommesse

Accordi per perdere

I sospetti di Gillet al ritorno da Salerno

Sulic si costituisce

Accuse

Il portiere: dubbi nati sul pullman «ma io non ho mai preso un soldo»

Andrea Arzilli - Claudio Del Frate - CorSera - 22-02-2013

In pullman, viaggio di ritorno da Salerno dove, secondo gli inquirenti, il Bari ha appena perso 3-2 a pagamento l'ultima partita della stagione zoo8/09: è lì che Jean Francois Gillet ammette di essersi reso conto che c'era qualcosa sotto, che le squadre avevano raggiunto un accordo sottobanco per aggiustare il risultato. «Ma i soldi no, quelli non li ho mai visti. Non ho mai preso un euro perché non ho mai partecipato ad alcun accordo, riunione o incontro per combinare le partite», ieri ha confermato il portiere, ora del Torino, davanti ai tre sostituti di Palazzi che ieri l'hanno interrogato per un paio d'ore. E, in effetti, nessuno dei suoi ex compagni ha fatto mettere a verbale negli interrogatori in Procura penale di averlo visto con la mazzetta in mano, né per la Salernitana né per il Treviso (2007/08). C'è solo qualcuno che ha ipotizzato un suo coinvolgimento più profondo in quanto capitano e uomo di maggior carisma nello spogliatoio. Cambia tutto, come tra illecito e omessa denuncia.

L'episodio del pullman è l'unico arricchimento di Gillet rispetto alle deposizioni rilasciate a Bari. Ma può essere determinante per capire dove il portiere del Torino può andare a parare e chi si può trascinare dietro. La teoria secondo cui Gillet sarebbe stato al centro dell'illecito è ancora tutta da dimostrare, ma l'ammessa consapevolezza acquisita di ritorno dalla trasferta di Salerno potrebbe portare ad un deferimento (atteso per fine aprile) per omessa denuncia.

Che potrebbe essere doppia, vista anche la combine col Treviso. In pratica, non solo non poteva non sapere, ma, in parte, ha confessato di essersi accorto a cose appena fatte. Ma solo lui? E gli altri sul pullman? D tutto in un clima collaborativo che gli 007 federali hanno cavalcato per approfondire la posizione di Antonio Conte, il tecnico di quel Bari. E anche le parole su Conte sono state le stesse che Gillet ha fornito agli inquirenti baresi nella versione definitiva, quella contenuta nel fax inviato ai pm di Bari prima di Natale con cui il portiere ha precisato quel «tutti sapevano» che potrebbe causare danno al suo ex tecnico. «Conte non sapeva, ci ha chiesto il massimo impegno come sempre», le sue parole in sintesi. Ma se sul pullman la yenta intuita da Gillet fosse diventata di pubblico dominio per tutta la squadra? Si capisce come la questione possa interessare le posizioni di tutto quel Bari e, di sicuro, sarà approfondita nei prossimi interrogatori. Intanto a Cremona ieri si è costituito Admir Sulic, ufficialmente un commerciante di orologi, in pratica uno della «cupola» degli zingari, stando alle parole di Perumal, su cui c'era un mandato di cattura internazionale per associazione a delinquere e frode sportiva. E arrivato in mattinata su un aereo proveniente da Singapore (ovviamente non è un caso) all'aeroporto di Malpensa dove gli agenti dello Sco (Servizio centrale operativo della polizia) e della Squadra mobile di Cremona l'attendevano per portarlo in carcere. Sarà interrogato tra domani e lunedì, gli inquirenti hanno iniziato ad aspettarlo appena Sulic ha comprato il biglietto per l'Italia. Chissà, magari aveva appena salutato il latitante Tan Seet Eng, detto Dan, ritenuto il capo dei finanziatori dell'intero sistema delle combine in cui Sulic, secondo la ricostruzione della Procura, figura «tra i suoi principali collaboratori'», uno dei cinque-sei «azionisti» che taroccavano partite in mezzo mondo.

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L'INCHIESTA L'EX CAPITANO DEL BARI

Gillet in Procura Figc

«Mai presi soldi per perdere a Salerno»

IL RUOLO DI CONTE

Il tecnico cercò di motivare la squadra, spingendo perché arrivasse prima

r.sp. - La giornalaccio rosa del Mezzogiorno -22-02-2013

ROMA. «Si, ero perfettamente consapevole dell'intenzione di tutta la squadra di andare a Salerno in gita, per tutta una serie di ragioni. Ma non ho mai partecipato ad alcuna combine per denaro, né in quella occasione né in occasione di Bari-Treviso un anno prima». Jean-Francois Gillet ha raccontato ieri pomeriggio per due ore la sua verità alla Procura federale. Ed ha confermato le dichiarazione rese a Bari alla Procura ordinaria. Il portiere belga si è assunto in pratica la responsabilità di non aver denunciato lo «scarso impegno» dei trionfatori del campionato sul campo di una squadra coinvolta nella lotta per non retrocedere.

Il portiere contesta con decisione anche l'ipotesi che possa essere stato tra i promotori della combine della partita che il Bari perse 3-2 e nega di aver partecipato in alcun modo alla spartizione dei soldi. «Non sono mai andato a casa di Esposito nella mia vita, nessuno mi ha mai consegnato denaro né in quei giorni né tantomeno successivamente in altre circostanze» avrebbe detto l'ex capitano, ribadendo di aver espresso a chiare lettere la sua intenzione di non partecipare in alcun modo alla divisione di alcuna «torta», di non aver mai sollecitato alcun versamento. E nessuno - nell'inchiesta della Procura di Bari - afferma mai di aver visto Gillet intascare denaro.

Assistito dall'avvocato barese Antonio D'Alesio, Gil avrebbe anche aggiunto di non aver denunciato quanto era nella sua conoscenza per evitare ripercussioni sulla squadra, su una stagione trionfale dopo annidi campionati tribolati, per non rovinare in alcun modo il clima di incredibile festa ed euforia che la città viveva in quei giorni, una città con la quale avrebbe ribadito di sentire un legame profondo tanto da aver scelto di continuare a vivere in Puglia, una volta finita la carriera professionistica.

Quanto alla decisione di recarsi a Salerno in gita, Gillet - che tra l'altro non giocò - avrebbe raccontato delle pressanti richieste della curva perché la squadra aiutasse i «fratelli» salernitani in ambasce. Un legame, quello tra le due tifoserie, del quale era perfettamente a conoscenza proprio per la sua lunga permanenza a Bari. Più volte, diversi gruppi di tifosi si recarono al campo di allenamento nei giorni precedenti la partita per invitare i giocatori espressamente a perdere. Non minacce, ma inviti chiarissimi, ribaditi anche il giorno della gara - lo dicono diversi giocatori nei verbali - al pullman biancorosso in viaggio a passo d'uomo verso l'Arechi tra gruppi di tifosi mescolati e festanti già prima dell'inizio.

Quanto a Conte, obiettivo attorno al quale la Procura si muove sempre molto alacremente, l'attuale portiere del Torino immagina che, vista la sua lunghissima esperienza di calciatore, possa aver intuito un certo disimpegno della sua squadra, di aver provato a motivarla con l'obiettivo (poi raggiunto) della vittoria del campionato sul Parma che inseguiva, ma nega qualunque indicazione «equivocabile» da parte del tecnico salentino.

Prossimo a comparire davanti alla Procura federale sarà, lunedì, Alessandro Gazzi.

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A Cremona sotto tiro dirigenti e tecnici di A.

Indagini prorogate e nuove rivelazioni: anche tesserati davano informazioni sicure agli scommettitori della malavita

Francesco Ceniti - Gasport - 22-02-2013

Nuovi indagati, una rogatoria in via di traduzione, un maxi incidente probatorio su oltre 200 telefoni e computer, i contatti tra dirigenti e tecnici di A col Mister X (sono due in realtà) riconosciuto da Gegic, l'esame approfondito dei tabulati per inchiodare chi è già indagato. E' questo l'atto finale dell'inchiesta di Cremona, iniziata nel giugno 2011. L'offensiva è «svelata» dal pm Roberto di Martino nella richiesta di proroga delle indagini inviata nei giorni scorsi a 44 indagati (tra cui Signori, Doni, Bellavista, Bettarini). Sono però le motivazioni a far notizia.

La partita ungherese Punto primo: «Si indaga - si legge nel documento - sulla manipolazione di almeno 40 partite. Gli indagati sono oltre 150. Le indagini sono in corso: si sta svolgendo la traduzione di una rogatoria ungherese che dovrà essere integrata con la richiesta di nuove attività. Ed è in corso anche una rogatoria in Svizzera». Questi atti serviranno a spiegare cosa è accaduto in Lazio-Genoa 4-2 e Lecce-Lazio 2-4: i magistrati sono sicuri che zingari e ungheresi (per la seconda partita) alterarono i risultati grazie ad alcuni giocatori corrotti, compreso Stefano Mauri (capitano della Lazio) e Omar Milanetto (Genoa). Punto secondo: gli inquirenti analizzeranno «circa 200 apparecchiature informatiche nella disponibilità degli indagati» ed effettueranno «accertamenti fondamentali sui tabulati» per avere ulteriori prove e chiudere il cerchio sulle accuse di frode sportiva e associazione per delinquere.

Caccia grossa Ma il brutto deve ancora venire. Punto terzo: «Sono avvenute di recente - scrive Di Martino - nuove iscrizioni. E' ancora in corso di identificazione un personaggio che teneva i contatti tra il sodalizio e dirigenti e tecnici delle squadre di A e che pretendeva per le sue prestazioni somme dell'ordine delle centinaia di migliaia di euro a partita». Il personaggio è Mister X ormai individuato dal servizio centrale operativo (Sco) della Polizia. Così come è stato rintracciato il secondo Mister X suo complice. Personaggi svelati da Erodiani e Gegic (in una intervista alla giornalaccio rosa) che avevano contatti con giocatori, dirigenti e presidenti (una novità importante) di mezza Serie A. Erano loro, secondo gli investigatori, a dare «informazioni sicure» sugli Over che Mister X rivendeva per 600 mila euro. In cambio del favore l'uomo (gli uomini) che «sussurrava tarocchi» in un hotel di Milano piazzava le scommesse (proibite ai tesserati). Ecco perché i contatti sarebbero stati frenetici, specie a ridosso delle partite, e avrebbero lasciato tracce nei tabulati telefonici. L'elenco dei sospettati è già in mano alla Procura: per il «botto» finale non bisognerà attendere a lungo.

Sulic Intanto da ieri è nel carcere di Cremona anche lo sloveno Admir Sulic. Lo «zingaro» si è consegnato allo Sco proveniente da Singapore. Sarà interrogato lunedì dal gip Guido Salvini. Potrebbe dare indicazioni utili sulle combine, ma soprattutto spiegare le mosse del «boss dei boss»: Tan Seet Eng detto Dan, ancora latitante e ritenuto il capo dei finanziatori dell'intero sistema scommesse.

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I segreti delle combine in 200 computer

Le nuove carte dei pm di Cremona: anche tecnici e dirigenti vendevano le partite

40 incontri sotto inchiesta, si studiano i tabulati telefonici dei due Mister X.

Giuliano Foschini - La Repubblica - 22-02.2013

Ci sono duecento tra computer e telefoni che potrebbero raccontare le ultime verità su come gli Zingari abbiano fatto a truccare partite del campionati di serie A dal 2009 al 2011. Soprattutto, «quei quattro sfigati» di cui parlavano i vertici del calcio italiano dopo i primi arresti sono diventati un po’ più di quattro. E non sembrano esattamente degli sfigati: nell’inchiesta sul calcioscommesse entrano per la prima volta dirigenti e tecnici delle squadre di A con l’accusa di aver collaborato (e guadagnato) con l’associazione, truccando almeno 40 partite. Lo scrive la procura di Cremona nella nuova richiesta di proroga delle indagini preliminari notificata nei giorni scorsi a 44 indagati. Un documento che testimonia come le indagini non siano affatto finite. E come, nonostante l’indifferenza della Federcalcio, sul tavolo dei magistrati siano finite nuove telefonate, nomi, cognomi e tabulati che rischiano di inchiodare definitivamente le persone già coinvolte nell’inchiesta (tra le quali Stefano Mauri, arrestato a giugno e per il quale non è cominciata nemmeno l’inchiesta sportiva) ma soprattutto di allargare notevolmente il giro.

«Si indaga – scrive il procuratore Roberto Di Martino – sulla manipolazione di almeno 40 partite. Gli indagati sono oltre 150. Le indagini sono ampiamente in corso e, in particolare, è in corso di valutazione l’esito della rogatoria ungherese che dovrà essere integrata con la richiesta di nuove attività. Ed è in corso una rogatoria in Svizzera». I due atti servono per capire cosa è accaduto in Lazio-Genoa e Lecce-Lazio dove i magistrati sono convinti che Zingari e Ungheresi presero accordi con i giocatori, partendo dal capitano della Lazio, Stefano Mauri, perché si verificasse l’over (come poi effettivamente accadde). Per dimostrarlo verranno analizzate «circa 200 apparecchiature informatiche nella disponibilità degli indagati» e «sono in corso accertamenti fondamentali sui tabulati». Fin qui, gli atti necessari per sostenere le attuali accuse. Ma c’è di più.

«Sono avvenute recentemente – dice Di Martino – delle ulteriori nuove iscrizioni. È ancora in corso di identificazione un personaggio che teneva i contatti tra il sodalizio e dirigenti e tecnici delle squadre di serie A e che pretendeva per le sue prestazioni somme dell’ordine delle centinaia di migliaia di euro a partita». È il mister X. Anzi i due mister X che ormai gli uomini del Servizio centrale operativo (Sco) della Polizia hanno individuato: sono gli uomini di cui ha parlato Erodiani ai magistrati, di cui ha raccontato il latitante Ilievsky a Repubblica e che è stato riconosciuto da Gegic in carcere a Cremona.

I due avevano contatti con i giocatori e con i dirigenti e presidenti (questa una novità importante) di parecchie squadre di serie A. Lavoravano come allibratori (piazzavano per conto loro le scommesse) e in cambio rivendevano su piazza le informazioni dietro pagamenti in contanti di centinaia di migliaia di euro. I nomi sono sulla scrivania dei magistrati. Da qualche giorno ci sono anche i loro tabulati telefonici degli ultimi due anni, con i nomi di tutte le persone con cui hanno avuto rapporti. Tanti, soprattutto nel weekend.

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IN PROCURA FEDERALE PRESUNTA COMBINE DI DUE GARE

Interrogato Gillet

L'avvocato sereno: «Andata benissimo»

Maurizio Galdi -Gasport - 22-02-2013

«È andata benissimo», solo questo dice l'avvocato di François Gillet, Marco d'Alesio, dopo le circa due ore di audizione del portiere del Torino davanti alla Procura federale. Gillet è arrivato presto in via Campania, la nuova sede degli uffici federali, ma ha dovuto attendere una decina di minuti per l'arrivo del viceprocuratore Marco Squicquero prima di cominciare. Al termine il portiere, che era sentito nell'inchiesta scaturita dopo la chiusura del secondo filone barese sulle combine di partite del Bari, appariva provato.

Davanti ai magistrati François Gillet è indagato (e la Procura della Repubblica dovrebbe chiederne il rinvio a giudizio) per concorso in frode sportiva relativamente alle partite Bari-Treviso e Salernitana-Bari. Il principale accusatore del portiere è stato Andrea Masiello, ma anche l'audizione di mercoledì di Marco Esposito (e prima ancora quella di ottobre davanti ai magistrati baresi) aveva dato un colpo alla credibilità di Gillet che, comunque, ha sempre negato con vigore di aver saputo di combine e dice alla Procura di Bari: «Nego di aver ricevuto danaro al fine di compromettere il corretto svolgimento delle due partite oggetto della contestazione».

La sua posizione Ieri Gillet probabilmente ha dovuto ammettere che l'aria che si respirava nello spogliatoio del Bari, prima delle due partite nel mirino, era quella «di fine stagione». Bari-Treviso si giocava con i pugliesi salvi e il Treviso in cerca di punti salvezza ma aveva ammesso ai magistrati baresi: «Ricordo che il Treviso era una squadra un po' discussa». In merito a Salernitana-Bari l'atmosfera era diversa: Bari promosso e Salernitana «gemellata». «Prima della partita Salernitana-Bari c'era un clima particolare in quanto noi eravamo già promossi e le tifoserie gemellate. Ci dicemmo, noi calciatori, di giocarci la partita senza esagerare».

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Gillet e il Bari dei sospetti: c'era uno strano clima

Il portiere del Toro ai pm sportivi: "Mai partecipato a combine"

2 partite nel mirino

L'inchiesta penale, sulle cui basi si muove ora la procura sportiva, riguarda Bari-Treviso 0-1 (2008) e Salernitana-Bari (2009) di B

27 avvisi

Sono i giocatori destinatari dell'avviso di chiusura indagini per quelle 2 gare, vendure secondo i pm per 7 mila euro a testa

Due ore di interrogatorioIl giocatore collabora e descrive l'atmosfera particolare sul pullman al ritorno da Salerno

Le possibili conseguenze: Rischia una doppia omessa denuncia. E ribadisce: "Conte totalmente estraneo"

Guglielmo Buccheri - La Stampa -22-02-2013

"Qualche voce, un po’ di rumore e stanchezza e il pullman che imbocca la strada del ritorno. Il Bari ha appena perso 3-2 a Salerno, sfida, secondo i pm della procura della Repubblica del capoluogo pugliese, taroccata così come quella del maggio dell’anno prima (stagione 2007/08) fra i pugliesi e il Treviso: è in questo momento che Jean François Gillet si sarebbe accorto che qualcosa nell’impegno dei compagni di squadra non era andato come sempre. Il portiere granata, ieri, ha ribadito davanti ai tre sostituti procuratori federali che lo hanno interrogato nel nuovo palazzo di giustizia della Federcalcio come «non abbia mai preso parte ad alcun incontro o riunione per alterare i risultati delle due sfide incriminate», tantomeno di «aver preso soldi...». Unica nota stonata proprio questa strana sensazione, o meglio atmosfera, vissuta dal capitano di quel Bari nell’immediato dopo gara di Salerno. Gillet non viene mai accusato direttamente dagli ex compagni rei confessi di aver partecipato alle spartizioni di denaro prima o dopo Bari-Treviso o Salernitana-Bari. Qualcuno ipotizza un coinvolgimento del portiere granata in quanto volto simbolo e più anziano di quella comitiva nelle stagioni 2007/08 e 2008/09. Non poteva non sapere: potrebbe essere, comunque, questo il teorema accusatorio della procura della Federcalcio. Un’ipotesi investigativa che, se confermata negli attesi deferimenti per il mese di aprile, potrebbe comportare per Gillet il rischio di una doppia omessa denuncia che terrebbe conto dell’atteggiamento collaborativo del portiere del Toro.

Nelle due ore di audizione negli uffici federali nel cuore di Roma, a Gillet gli investigatori hanno più volte chiesto chiarimenti sul possibile ruolo o coinvolgimento di Antonio Conte nella vicenda. Conte, all’epoca dei fatti, era l’allenatore del Bari e il pool del pm del pallone Palazzi potrebbe decidere di ascoltare l’attuale tecnico della Juve, mai indagato dalla procura della Repubblica pugliese, per acquisire nuovi particolari sul clima che si respirava nello spogliatoio della squadra sotto accusa. «Conte è sempre stato estraneo a tutto...», in sintesi quello che Gillet ha confermato agli uomini della procura federale. Il portiere del Toro già in sede di inchiesta penale, prima di Natale, aveva inviato una nota ai pm baresi non per cambiare la propria versione, ma semplicemente per ribadire proprio l’estraneità a ogni possibile coinvolgimento del tecnico bianconero. «Anzi, Conte, come al solito, ci chiese di impegnarci al massimo...», il pensiero di Gillet, ribadito ieri ai tre sostituti procuratori di Palazzi.

Le audizioni federali per il cosiddetto filone d’inchiesta Bari-bis andranno avanti, per ora, fino al prossimo giovedì. Fra gli altri, verranno ascoltati l’ex difensore biancorosso Stellini, il centrocampista granata Gazzi e Lanzafame. Il lavoro degli investigatori della Figc andrà avanti per tutto marzo, poi Palazzi trarrà le sue conclusioni: il processo sportivo di primo grado non prenderà il via se non alla vigilia dell’estate. Due sono le sfide in esame, due gare del Bari di Antonio Conte di cinque e quattro anni fa. La procura della Repubblica del capoluogo pugliese non ha dubbi: queste due partite sono state combinate dai giocatori con giro di soldi".

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Spurs need to end silence and

speak out over anti-Semitism

by GARY JACOB (THE TIMES 22-02-2013)

Tottenham Hotspur have been quiet in the wake of another allegedly anti-Semitic attack on their fans this week. The club have almost taken on the role of those Jews who have historically wanted to keep shtum about incidents for fear that raising their voice will provoke copycat incidents.

But that’s a strategy that does not work in today’s world of social media, where few are unlikely to have heard about the incidents in Rome and Lyons before Europa Cup games this season and you can be sure that some groups will be waiting to cause trouble when they visit Milan for the game against Inter in the round-of-16 next month.

And almost certainly the club’s fans, those that were attacked and injured at the pub in the centre of Lyons, would want to hear something from the club in support of them.

There may be plenty to fear in Milan. Three weeks ago, Giorgio Napolitano, the Italian President, said that “racist, anti-Jewish ideological junk” was circulating in Italy. Anti-Semitic episodes such as graffiti and online attacks were up 40 per cent in 2012, according to the Observatory for Antisemitic Prejudice, based in Milan.

“We observed approximately 70 cases so far this year [2012],” Stefano Gatti, the researcher from the Observatory, said. “It is a trend where essentially anti-Semitism is not violent, but rather ideological. The boom might be due to more efficient data-gathering, but the episodes have undeniably increased. Also, certain attitudes were no longer perceived as anti-Semitic. The joke that used to be whispered after one glass too many, is now shamelessly told out loud.”

Far sooner and closer to home is Tottenham’s visit to Upton Park on Monday. When the teams met at White Hart Lane in November, some West Ham fans appeared to mock both the gassing of Jews in the Holocaust and the knife attack on Tottenham supporters in Rome in November. The FA launched an investigation into the vile chanting but will not act until the police finish their inquiries and any charges.

West Ham have two Jewish directors and some fans of the same faith and the club’s owners will use the programme notes to underline that there will be a zero-tolerance policy towards discrimination. Whether it will have an effect is debatable. Those who have walked through the concourses at Upton Park and travel on trains with their supporters have heard the anti-Semitic songs sung by some West Ham fans. Some Chelsea fans are as uneducated and ignorant, just singing different songs.

It is not a resurgence; scratch the surface and you find that anti-Semitism has never gone away in society and football, where people in the game just as easily find ammunition to bring up old prejudices about Jews having money and power, based on the actions of agents and club owners who are of the faith. “Only a joke,” they will say to me when they make reference to a Jewish agent involved in a transfer deal. It’s like the saying, “You’re all right, it’s just the other blacks I don’t like.”

Tottenham has been targeted because of a perceived connection to the Jewish community that stems from Jews supporting the local team after moving to North London from the East End of London. Yet those that were targeted in Lyons and Rome were probably not even Jewish, which is the irony of the actions.

How can the attackers tell? There is no difference in colour or look? Arsenal can count upon just as many Jewish fans and Manchester United have a large contingent. It was perhaps no surprise that there was an incident in Lyons, a beautiful and elegant city where people are nearly all white and a sizeable contingent have right-wing views. Just last week, an estimated group of between 2,000 and 3,000 people marched against the far right in the streets of the city.

There have been some signs that the south stand of the stadium has been a breeding ground for the expression of ideas of the extreme right. A year ago, a conference in France picked Bordeaux, Lyons, Montpellier, Nice and Saint-Etienne as clubs where there was a degree of racism. The researchers highlighted that some Lyons supporters shouted monkey chants while six pseudo-Lyons supporters were arrested after swastikas were tagged on vehicles and buildings in 2012. They also showed a video in which some members chanted “White Power, one colour” facing Montpellier fans.

Jean-Michel Aulas, the Lyons president, has always been very clear that there is no political message other than support for the team. Racism at the Stade de Gerland is not new. In the early 1990s, some supporters from the north stand exhibited a Nazi flag in the stands. Bad Gones, the main fans’ group of Lyons, had a Celtic cross at the time and a fanzine group took up the martial vocabulary of the Third Reich.

Patrick Kahn, president of the Rhône-Alpes International League against Racism and Anti-Semitism, said. “There is a real problem with the extreme right in the Stade de Gerland. Under the guise of supporting the team, it is recruiting boys aged 16 to 17 who are fascinated by everything in the folklore.”

Tottenham fans have questioned why the club’s security team were not present at the pub when they had been told that about 300 fans had congregated on Wednesday. The pub landlord questioned why the police were slow to react when he had told them that there could be trouble and knows the attackers, some of whom even drink in his establishment.

There will be many more questions to be asked if there are incidents at Upton Park and the San Siro.

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l'Espresso | 28 febbraio 2013

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Lo sceicco di Perugia che vuole la Roma

Chi è Adnan Adel Aref al Qaddumi al Shtewi

di FEDERICO DE ROSA (CorSera 23-02-2013)

Ai tifosi non è sembrato vero. Dopo Manchester e Parigi gli arabi finalmente sono arrivati a Trigoria. Inutile raccontare cosa girava ieri per le radio e nelle fantasie dei tifosi. E anche in Borsa, dove l'arrivo dei petroldollari ha fatto esplodere le quotazioni della Roma fino a costringere Piazza Affari a sospendere il titolo per eccesso di rialzo. La Consob ha acceso i riflettori per capire cosa ci sia davvero dietro. Il rischio è che sia tutta un'illusione. Un altro castello di carte, a cui ahimè la Roma ha fatto il callo. Fioranelli, Flick, George Soros. L'elenco di chi ha giocato al rialzo su Totti & co. è lungo. Adesso pare sia arrivato il turno di Adnan Adel Aref al Qaddumi al Shtewi, lo sceicco che vuole da James Pallotta un pezzo dell'As Roma.

Di lui si sa poco. Ma quel poco basta ad alimentare qualche dubbio sulla solidità finanziaria di questo arabo che all'improvviso si è materializzato all'orizzonte di Pallotta. Arabo di Perugia, dove risiede da oltre mezzo secolo, insieme alla moglie e due figli. Più di preciso vive a Cordigliano, minuscola frazione tra Montelaguardia e Ponte Pattoli. È una delle poche certezze. Qualcuno racconta che non solo il legame con le famiglie reali saudite e giordane è inesistente, ma che le stesse origini dello sceicco sarebbero piuttosto modeste. Normali. Il figlio è appuntato dei carabinieri. Anche le foto circolate ieri sui giornali non sono le sue. Al Qaddumi, nato a Nablus secondo alcune fonti, in Qatar secondo altre, è quello ritratto in questa pagina. Cercando negli archivi è spuntata fuori un'altra istantanea, della Tribuna dell'Olimpico, che lo immortala con l'ex juventino Michele Padovano, una vita consumata tra campi di calcio ed eccessi, finito nei guai per una storia di spaccio di stupefacenti che gli costò l'arresto e una condanna a otto anni e otto mesi.

Sarebbe stato proprio Padovano a fare da tramite con gli intermediari di Pallotta. Un primo passo al Qaddumi l'ha già fatto, firmando due giorni fa un accordo preliminare per entrare nella cassaforte che controlla Neep Roma Holding Spa, a cui fa capo il 78% della squadra. Un preliminare. Che dovrebbe trasformarsi in qualcosa di concreto «al verificarsi di determinate condizioni» ha fatto sapere il presidente del team capitolino. Tra le condizioni la più importante, a quanto risulta, è l'arrivo dei soldi. Una formalità, secondo lo sceicco. E, sembra di capire, anche per gli americani.

Peccato che il canovaccio somiglia molto, forse troppo, alla sceneggiata andata in scena due anni fa quando al Qaddumi si presentò all'Acqua Marcia per comprare la società. Allora si era parlato di un emiro dell'Arabia Saudita interessato agli alberghi e agli immobili di Francesco Bellavista Caltagirone. A Roma era arrivato insieme al superconsulente americano Sean Deson. I movimenti vennero monitorati (forse qualche sospetto già c'era) e i rapporti dello sceicco non erano esattamente quelli tipici di un arabo di alto lignaggio in trasferta nella Città Eterna. Puntate in via della Magliana Nuova, giri notturni alla Borghesiana — una zona non proprio residenziale — su una Opel, incontri in bar di periferia. Anche con Bellavista Caltagirone, non proprio un finanziere di primo pelo, firmò un preliminare il cui perfezionamento era condizionato all'arrivo dei soldi su un conto vincolato. Una prima tranche dei 700 milioni pattuiti al preliminare. Li stanno ancora aspettando.

Roma, lo «sceicco fantasma»

Dubbi e misteri su al Qaddumi

Casa alla Borghesiana, frequenta un bar vicino Capannelle

La famiglia La moglie impiegata e il figlio carabiniere vivono a Perugia

Il precedente Un’offerta per rilevare la Roma giudicata irricevibile da Unicredit

di GIANLUCA PIACENTINI (CorSera - Roma 23-02-2013)

Possibile che uno sceicco arabo, che vive in Italia da quasi quarant'anni e con un portafoglio di circa due miliardi di dollari, non abbia mai lasciato nessuna traccia dietro di sé? Forse se lo sarebbero dovuto chiedere i dirigenti della Roma, prima di annunciare - giovedì sera - di «aver siglato un accordo preliminare» per l'ingresso in società dello sceicco in questione. Peccato che lo sceicco non sembrerebbe proprio essere chi dice di essere. Magari il nome, Adnan Adel Aref al Qaddumi al Shtewi, sarà pure quello ma tutto il resto sembra davvero non trovare riscontri concreti.

Due anni fa, ad esempio, al Qaddumi si era lanciato in un'altra impresa, quella del «salvataggio» della società Acqua Marcia, sull'orlo del fallimento. Presentato da un intermediario, fu accolto a braccia aperte dietro la promessa di un acconto di 30 milioni di euro su 700 pattuiti. Promessa, non mantenuta, che inizialmente gli spalancò le porte della sede, alle spalle del Circo Massimo, che l'arabo ha usato per ricevere «clienti», fare pubbliche relazioni e svolgere addirittura colloqui per valutare le persone che avrebbero dovuto diventare i suoi futuri dipendenti. Viaggiava su una Porsche con un autista personale che a tempo perso lavorava pure come facchino in una società con sede sull'Ardeatina, il cui titolare è proprietario di un ristorante sulla via Portuense. Ma non era quella l'unica stranezza: lo sceicco aveva infatti scelto come «residenza» un casale in zona Borghesiana, estrema periferia sud-est.

Da uno con patrimonio (presunto, viene da sospettare) come il suo ci si aspetterebbe altro. Sicuramente non di incontrarlo a fare colazione in un bar di via Casilina o in un altro fuori dall'ippodromo delle Capannelle, tappa intermedia tra casa e la sede dell'Acqua Marcia, dove ha organizzato il suo (finto?) compleanno ricevendo anche in regalo un costosissimo orologio. Tra Perugia (altra sua residenza, dove vivono la moglie impiegata e il figlio carabiniere) e Roma si spostava in treno, regionale. E a suo tempo, insieme con il consulente Sean Desor, aveva provato a rilevare la Roma attraverso un'offerta ritenuta irricevibile da Unicredit.

Per gran parte della giornata di ieri sono circolate voci in base alle quali al Qaddumi avrebbe usato come tramite l'ex attaccante juventino Michele Padovano, il cui curriculum non è proprio immacolato (è stato condannato a 8 anni e 8 mesi di reclusione per una vicenda di droga). In serata invece fonti vicine alla società giallorossa hanno escluso che Padovano abbia avuto un ruolo nella vicenda.

La Roma cambia film

Dai cowboy allo sceicco

CHI È IL MAGNATE GIORDANO PRONTO A ENTRARE NEL CAPITALE

OK AMERICANO Già firmato un accordo preliminare per

l'ingresso di Adel Aref Qaddumi. E in Borsa il titolo prende il volo

di CAMILLA CONTI & MALCOM PAGANI (il Fatto Quotidiano 23-02-2013)

Se sarà una Roma lisergica, si vedrà. Per ora lo sceicco di Ponte Pattoli, Adnan Adel Aref Qaddumi, 54 anni, promesso sposo della società di James Pallotta con ricca dote (100 milioni di euro) la osserva dall’alto scambiando pareri tecnici a tempo perso con Mi-chele Padovano, ex attaccante di Juventus e Nazionale, incidentalmente condannato in primo grado nel 2011 a nove anni per associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti. Sabato notte per osservare le magie di Totti, il magnate ipergarantista e l’ex calciatore erano seduti l’uno a fianco all’altro. Immortalati dal fotografo Ferdinando Melezzani in scatti che al mistero sulla biografia del socio arabo di cui da un anno la partecipata Neep, proprietaria del 60 per cento della Roma, attraverso i suoi advisor americani controlla la solvibilità, aggiungevano il brivido western dell’eversione. Una nuova frontiera, la vicinanza tra Qaddumi e Padovano (né referente di mercato né mediatore, ma solo carissimo amico e consigliere senza galloni sul variegato mondo del pallone) che alle ombre sui pregressi dell’imprenditore (si sussurra di tre tentativi falliti, l’acquisto della scuderia Toro Rosso, dell’Acqua Marcia da Caltagirone e quello dell’Hotel Eden) regalavano ulteriore magia allo ‘scatto’ d’insieme. Una società, la Roma, che aspetta la ricapitalizzazione dal lontano giorno in cui si insediarono gli americani (per ora al necessario e al superfluo ha provveduto chi vorrebbe evadere dell’equivoco, Unicredit). Un presidente all’estero. Due dirigenti (Baldini e Sabatini) a tessere un complicato filo oltreoceano fitto di referenze, sinergie, aspettative e illusioni.

In questo quadro, l’arrivo di Adnan Qaddumi è un ritorno. Tramite un intermediario italiano, l’avvocato Maurizio Scuderi, Qaddumi si era già avvicinato alla Roma prima che la stessa finisse in mani Usa. Un’offerta di cento milioni e un piano industriale di altri cento che con grande dispetto del suo entourage non venne presa in considerazione perché si disse (e si scrisse) del denaro sarebbe mancata la tracciabilità. Dei bambini, come degli sceicchi non si sa niente. Qaddumi non fa eccezione. È nato a Nablus. Ha una nazionalità in bilico tra Giordania e Arabia Saudita (qualcuno si è spinto a considerarlo membro della famiglia reale), ha una srl di proprietà, l’Amyga. Una carriera imprenditoriale di medio profilo tra Roma e Perugia, una grigia casa di ringhiera con la parabola in terrazzo, molto distante da una reggia, scovata ieri da due curiosi giornalisti di Umbria 24. A meno di un caso di clamorosa omonimia o del tocco felliniano della copiosa, sconfinata eredità ricevuta e solo di recente sbloccata (che ieri ne proiettava la figura nei dintorni di tutti gli sceicchi bianchi visti ultimamente nel calcio italiano), Qaddumi, una moglie impiegata al comune, un figlio carabiniere, conduce un’esistenza molto parca, ordinaria. Nel 2005 scambiava mail sul sito del Corriere post 11 settembre con Magdi Cristiano Allam. Lontana anni luce dalle follie che pure in zona, con Al Saadi Gheddafi protagoniste delle notti all’Hotel Brufani, avevano accumulato una fitta aneddotica sulla voluttà del ricco principe in trasferta.

Ora, una volta terminati i controlli, se per gli americani andrà bene, l’uomo di origini palestinesi alle prese con un’inedita alchimia tra America e mondo arabo sbarcherà a Roma. Liberando l’istituto bancario da un peso, facendo come già accaduto altrove con cocenti delusioni, sognare la piazza. Lo sceicco nel calcio è un cine-panettone. Un serial. Una saga. Può finire bene (fino a quando?) nel complice silenzio e nell’aggiramento costante del fairplay finanziario tra Parigi e Manchester. O regalare incubi. Zamparini attese per mesi che i soci arabi e i 300 milioni da investire “per vincere lo scudetto in tre anni” uscissero dalla lampada di Aladino. Niente mille e una notte. Palermo oggi ultimo in serie A. Tim Barton, quasi omonimo del regista, a Bari diede vita a un sublime film da dopoguerra con bagni di folla e promesse di grandeur: “Andremo in Champions” e poi fuggì mestamente a Dallas, dove il bravo Foschini di Repubblica scoprì che in città il rosso profilo dell’uomo che si proponeva di interrompere 25 anni di dominazione matarresiana non somigliava a Gei Ar e la vita di Barton e il suo “straordinario” patrimonio scorrevano in 40 metri quadri di periferia. Poi Joseph Cala, Salerno e tutti gli altri zii d’America dalle molteplici nazionalità arrivati con la valigia piena di proclami. Càpita. Il paradosso è che la Roma di stanza a Trigoria e la banca italiana tra una contestazione e una risalita inattesa in classifica di questo processo non possono controllare né decidere nulla.

Ogni valutazione è altrove, le voci si rincorrono (la Roma smentisce, ma la partecipazione di Parnasi sarebbe più di un’ipotesi) e anche le prime parole di Qaddumi: “Siamo in fase di trattativa, ma la stessa è molto seria e con Roma c’è un legame speciale” rimandano ad altri interlocutori. Che ci sia ancora un indizio di prudenza, nonostante si voli in borsa (+ 9,7%), ci sia l’accordo preliminare e siano alle viste due aumenti di capitale da 50 milioni l’uno si intuisce dal comunicato ufficiale: “L’efficacia di tale accordo è subordinata all’avveramento di determinate condizioni, secondo una tempistica a oggi non prevedibile”. Fiducia sì, ma con il paracadute nell’angolo.

La Procura scende in campo

per lo «sceicco» di Perugia

che vuol prendersi la Roma

Verso l'inchiesta Il procuratore aggiunto Nello Rossi sta «monitorando» la situazione e

domani chiederà alla Consob informazioni più dettagliate. Il primo passo verso l’inchiesta

di FLAVIO HAVER (CorSera 24-02-2013)

ROMA — Il nome è altisonante, ma le parentele con le famiglie reali giordane pare siano inesistenti. Adnan Adel Aref al Qaddumi el Shtewi, il sedicente sceicco — secondo alcune fonti nato a Nablus, per altre originario del Qatar, comunque con il passato avvolto nel mistero — vorrebbe da James Pallotta un pezzo della Roma. L'annuncio ha fatto inizialmente salire alle stelle l'entusiasmo dei tifosi giallorossi — delusi dall'ennesimo campionato vissuto sul filo degli insuccessi e della precarietà — e ha proiettato a dismisura all'insù le quotazioni delle azioni del club: tra diverse sospensioni al rialzo, hanno chiuso venerdì con un +9,7%, a quota 53 centesimi (passato di mano il 2,1% del capitale). Ma adesso su questa flottazione sospetta del titolo che tanto ricorda la scalata (e il successivo burrone, con tanto di manette) dell'ex pretendente a Totti & C., l'agente Fifa Vinicio Fioranelli, si è acceso il faro della Procura. Il procuratore aggiunto Nello Rossi sta «monitorando» la situazione e domani chiederà alla Consob informazioni più dettagliate. Il primo passo verso l'inchiesta che potrebbe portare grossi guai all'arabo, sposato, un figlio carabiniere, che ha vissuto a lungo nell'ombra a Cordigliano, piccola frazione di Perugia. E che è stato fotografato sugli spalti dell'Olimpico accanto all'ex calciatore Michele Padovano, anche lui «stangato» dalla giustizia con una maxi condanna a più di otto anni di reclusione nel novembre 2011 per una storiaccia di traffico di stupefacenti. Al Palazzo di giustizia di piazzale Clodio c'è il massimo riserbo sugli sviluppi. La lettura dei giornali — con il repentino e frustrante cambio d'umore della tifoseria giallorossa — suggerisce prudenza, anche perché la Roma è quotata in Borsa e qualsiasi «spiffero» può condizionare pesantemente il titolo. Ma detto ciò — e mentre il consigliere d'amministrazione della società Giuseppe Marra ritiene che sia necessario «uscire con chiarezza e decisione da queste incertezze e notizie non chiare» — sulla Rete rimbalzano i dubbi e le perplessità della piazza: «Questo sceicco giallorosso farebbe la gioia di Fellini», è la considerazione che richiama al film «Lo sceicco bianco», protagonista Alberto Sordi. «Tutto vero, solo che il nostro è lo sceicco (in) bianco», è la risposta che si legge sui social network. Evidente il riferimento al patrimonio (ancora oscuro) di cui disporrebbe il potenziale socio degli americani. Giorni, forse addirittura una manciata di ore, e se ne saprà di più. Almeno dalla Procura.

Il caso Un ex dirigente della società: «Riconosciuto nella foto»

«Vi racconto al Qaddumi

Così ingannò Acqua Marcia»

Le indagini «Facemmo fare indagini sul suo conto e scoprimmo delle abitudini quantomeno bizzarre»

I capitali «Quando arrivò il momento di presentarsi con i soldi, non si fece più vivo»

di GIANLUCA PIACENTINI (CorSera - Roma 24-02-2013)

«Quello che mi sfugge è il motivo delle sue azioni, nella migliore delle ipotesi siamo di fronte a un mitomane...». A parlare in questo modo di Adnan Adel Aref al Qaddumi al Shtewi, il presunto sceicco che ha siglato un accordo preliminare con la Roma per entrare nella società giallorossa, è un ex dirigente della società Acqua Marcia, che preferisce rimanere anonimo. A tradire Qaddumi è stata la foto, finita sui giornali e su tutti i siti internet, che lo ritrae in tribuna allo stadio Olimpico. «Appena l'ho visto, l'ho subito riconosciuto. È la stessa persona con la quale anche noi di Acqua Marcia avevamo siglato un accordo preliminare per la cessione della società, ma poi al momento di concludere i soldi non sono mai arrivati».

Anche in quel caso, come in quello della tentata acquisizione dell'Hotel Eden, lo sceicco aveva adoperato più o meno lo stesso modus operandi: si era fatto presentare da un intermediario e poi aveva usato il nome di un socio, all'oscuro di tutto, per accreditarsi agli occhi degli interlocutori. Quella volta toccò a Sean Deson, a capo di una società di investimenti che lavora a livello mondiale, lo stesso che presentò un'offerta - reputata irricevibile da UniCredit - per l'acquisto della Roma. «A presentarci il fantomatico sceicco fu un piccolo imprenditore romano che conosceva un dirigente interno alla nostra società. Deson era all'oscuro di tutto. Fu fatto venire a Roma per circa due settimane in cui gli furono fatti spendere un bel po' di soldi: costituì un fondo di investimenti per l'acquisizione di Acqua Marcia e firmammo il preliminare di accordo, ma i capitali che avrebbe dovuto mettere lo sceicco non arrivarono mai».

Secondo Al Qaddumi i soldi erano stati bloccati dal Credit Suisse, ma nessuno all'interno dell'istituto di credito aveva mai sentito parlare di lui. A dare la notizia ai dirigenti di Acqua Marcia fu lo stesso Deson, che se ne tornò in patria arrabbiato e sconsolato per il raggiro. «Noi avevamo fatto fare delle indagini sul conto dello sceicco ed avevamo scoperto delle abitudini quantomeno bizzarre per uno che diceva di avere quel tipo di disponibilità economica. Avevamo visto dove viveva e che posti frequentava». Posti dove non sono abituati ad incontrare sceicchi e dove la sua presenza non sarebbe passata inosservata. Al bar di fronte alla casa in cui abitava - all'inizio di via della Borghesiana, estrema periferia della capitale - nessuno ha mai avuto la percezione che a pochi metri potesse abitare un personaggio di quel calibro. Stesso discorso per la gelateria di via Casilina e per il bar di via delle Capannelle. «Possibile che sia passato - i commenti dei frequentatori abituali - ma qui c'è un gran viavai di gente. La Porsche? Sapesse quante ne vediamo tutti i giorni».

A commento della vicenda, sulla quale ha aperto un'indagine la Procura, sono arrivate le parole del consigliere d'amministrazione (in quota UniCredit), Pippo Marra. «Il progetto futuro è ancora sconosciuto. Non si comprende chi intende scendere e chi restare a bordo e in che misura si voglia investire per puntare a traguardi che sono nel dna della società giallorossa”. La Roma ha deciso di non replicare.

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Dan Tan super boss di Singapore collabora

di FRANCESCO CENITI (GaSport 23-02-2013)

Anche i boss si pentono. La notizia, arriva da Singapore, è questa: Tan Seet Eng, conosciuto come Dan Tan, starebbe collaborando con la polizia locale. Il condizionale è d’obbligo anche se il fatto è stato ufficializzato con un fax recapito nella sede romana dell’Interpol. Non è un caso: su Dan Tan pende un mandato di cattura internazionale spiccato dalle procure che stanno indagando sul calcioscommesse, Cremona in primis. Il pm di Martino lo considera il numero uno dell’organizzazione in grado di gestire il vorticoso (e milionario) giro. Dal Paese asiatico la piovra criminale ha esteso in buona parte dell’Europa il virus di partite combinate, Over, giocatori corrotti e puntate sicure. Per farlo si serviva di gruppi fidati: in Italia la longa manus erano gli Zingari, ma anche gli Ungheresi (attivi per Lecce-Lazio 2-4: per gli inquirenti sono stati loro a mettere i 600 mila euro per alterare la sfida).

Stretta o farsa Negli ultimi mesi il cerchio si era però stretto anche intorno al super latitante: il pericolo scommesse, sottovalutato per lunghi periodi da diverse Federazioni compresa la nostra, è diventato il nemico numero uno per Fifa e Uefa (come dimostrato dal recente convegno di Kuala Lumpur). La discesa in campo della magistratura ordinaria ha fatto il resto. Dan Tan si è sempre sentito al sicuro a Singapore, ma di fatto non poteva più muoversi liberamente. Forse per questo ha deciso di consegnarsi. Resta da capire se la mossa è stata studiata per allentare la morsa (le autorità asiatiche non sono molto disponibili a mettere sotto accusa i propri cittadini) oppure se si tratta del primo passo verso una vera collaborazione che potrebbe persino portare all’estradizione in Italia, come è avvenuto questa settimana con lo sloveno Sulic. Sarebbe un vero colpo di scena.

L’uomo dei segreti vacilla

Dan Tan pronto a collaborare

di GIULIANO FOSCHINI & MARCO MENSURATI (la Repubblica 23-02-2013)

Un fax inviato all’Interpol per annunciare quella che potrebbe essere davvero la svolta nelle inchieste di tutto il mondo: Dan Tan, il grande del calcioscommesse, ha deciso di collaborare. Lo annuncia la polizia di Singapore anche se molti investigatori, a partire da quelli italiani, nutrono dubbi sulla bontà delle dichiarazioni di Dan. Le autorità di Singapore sono da mesi in forte imbarazzo e affanno, pressate dalle polizie di tutto il mondo affinché mettano appunto fine alla latitanza di Dan (il primo mandato di cattura internazionale è stato proprio firmato dalla giustizia italiana quasi due anni fa) e dei suoi sodali. «Dan Tan must be arrested», Dan Tan deve essere arrestato, ha tuonato il generale Fabrizio Lisi, capo dell’Interpol italiano, nella maxi riunione sul fenomeno del calcioscommesse che si è tenuta a Roma nelle scorse settimane.

Dan conserva i segreti di tutti i campionati truccati: sa chi, come e soprattutto per quanto, ha truccato le partite dalla Finlandia all’Africa, dai campionati più piccoli sino alle gare valide per i Mondiali. Un giro di miliardi di euro riciclati sotto l’ombra di migliaia di stadi di calcio. I tentacoli dell’organizzazione criminale erano finiti anche in Italia dove — stanno dimostrando le indagini della procura di Cremona condotta dalla Squadra mobile e dai poliziotti dello Sco — sono state truccata almeno 40 partite degli scorsi campionati di serie B e A con la collaborazione di giocatori, allenatori e dirigenti delle squadre. La Polizia è ora a caccia dei nomi e cognomi dei tanti complici di Dan. Ed è a buon punto: da un lato c’è il gruppo dei bolognesi, in diretto contatto con Singapore, che tramite conti correnti cifrati in Svizzera faceva girare denaro per il mondo. Dall’altro la banda degli Zingari, guidata da Hrystian Ilievsky (anche lui latitante), che girava per i ritiri delle squadre di A a spaventare calciatori e comprare da loro informazioni sulle partite truccate o truccabili. In mezzo gruppi di allibratori che piazzavano le scommesse per conto dei giocatori e rivendevano le informazioni ai gruppi di criminali come quelli di Dan: il nome di due di loro, i mister X del calcio italiano, sono sul tavolo del procuratore Roberto Di Martino insieme con i loro tabulati telefonici. E accanto decine di nomi di calciatori e personaggi di primo livello del calcio italiano.

Se Dan davvero decidesse di raccontare la verità sarebbe soltanto l’inizio della fine.

S’pore mystery fixer is mere

ikan bilis’: veteran journalist

by JUSTIN ONG (YAHOO! SPORTS SINGAPORE 19-02-2013)

The year was 1981. Favourites Singapore had just suffered a 4-0 defeat to Selangor in the Malaysia Cup football final. Days later, the New Nation newspaper reported Singapore coach Jita Singh being informed before kick-off that “five Singapore players had sold the match.”

12 squad members -- including a 19-year-old Fandi Ahmad -- and Singh were questioned by the Corrupt Practices Investigation Bureau (CPIB). Also investigated were spouses of the players and sports reporters. The probe, however, could find no evidence of bribery. Later that year, the Football Association of Malaysia expelled Singapore from the Malaysia Cup.

This was to be Singapore’s first large-scale brush with match-fixing, brought to light by New Nation’s page one exposé. In reward for breaking the story, veteran journalist Suresh Nair was hauled out of bed at 2.00am and whisked to the CPIB headquarters, as he enthusiastically recounts over email. Thirty-two years on from a night of lost sleep, the former hack and Football Association of Singapore (FAS) Class One referee bears no grudge against the CPIB. In fact, he stands by the agency’s widely-criticised stance on the match-fixing saga currently engulfing Singapore.

My sources tell me that Dan Tan is a mere ikan bilis in the underworld match-fixing empire," said 58 year-old Nair, referring to the mystery match-fixer that European law enforcement agency Europol believes is hiding out in Singapore.

Earlier this month, after years of simmering allegations, Europol pinpointed Singapore as a nexus of worldwide football rigging activity and Tan as one of the masterminds. According to The New York Times, investigators believe Tan is responsible for a sizeable chunk of nearly 700 "suspicious" matches worldwide.

Singaporean police have since been goaded by the likes of Interpol to clamp down on betting syndicates and active riggers supposedly based in the country. But Nair argues that the local authorities are right to demand hard proof.

“In my view, the revelations were premature as they refused to name any suspected matches, players, officials or match-fixers. So it remains unclear how much of the information divulged is new or has already been revealed in trials across the continent.”

"It's easy to point an accusing finger (at Singapore). Just because Europol cries foul... doesn't mean that we’re overnight the bad boys," he said.

What about the bad boy on every wire agency’s lips now -- Tan?

Tan was first fingered by fellow Singaporean Wilson Raj Perumal, a convicted match-fixer last detained in Hungary. Nair describes the two of them as "low-rung guys... squealing their trade-secrets just to take a crack at each other."

With a blow of his whistle, Perumal has sent European authorities scuttling down Tan's trail for the last few years. Interpol also has an international warrant out for his arrest.

But Nair is dismissive.

"If Europol offers concrete evidence that’s sustainable in a court of law, Singapore, in my view, will hand over Dan Tan, to a country with a proper extradition treaty. None of these criteria, as I understand, have been met.” He thinks local police are more interested in "the big boys” rather than “ikan bilis” like Tan.

One man who agrees with Nair is Ralf Mutschke, security director of football’s governing body FIFA.

“Everyone is talking about Dan Tan, and Dan Tan syndicates, and Dan Tan here and Dan Tan there," Associated Press reported Mutschke as saying. "If we kill Dan Tan, then you will have no match-fixing? No, I think it's not as easy as this."

Football fraud: a many-headed snake

Nair, too, thinks it’s impossible to wipe out match-fixing altogether.

“Match-fixing has run for decades, if not centuries. The widespread nature of the organised crime syndicates involved makes them hard to track down and prosecute... a single fixed match can involve up to 50 suspects in 10 different countries.”

He contends that till this day, global policing institutions have yet to find a foolproof solution. Nair recalls a conversation with a “convicted bookie”, who told him if “you cut off one ugly head, many others keep springing up. It is an uncontrollable disease."

It is a disease that feeds another. Mutschke’s predecessor, Chris Eaton, is convinced that match-fixing serves as a means to an end – feeding the Southeast Asian gambling market.

“There’s no will to regulate gambling houses in (the region). There’s a lack of commitment... government oversight is almost non-existent,” he told Reuters.

Ex-Singapore national goalkeeper Eric Paine tells Yahoo! Singapore that gambling is a worldwide disease, but concedes it is more rampant in Asia.

Recalling an incident at a local coffeeshop, he said: “Two Chinese men who were at a table in the front saw two sparrows perched on a phone cable. They then took out S$10 each and bet on which one would fly off first. I couldn’t help myself laughing.”

Will Singapore ever be

rid of ‘kelong’ scourge?

by JUSTIN ONG (YAHOO! SPORTS SINGAPORE 21-02-2013)

Is football fraud so pervasive in Singapore that commonplace fan chants of “kelong” and “referee kayu” at matches could mean much more than taunts from the gallery?

With the recent probe which has put Singapore at the heart of a supposed global match-fixing empire, veteran journalist and former Football Association of Singapore (FAS) referee Suresh Nair doesn’t think so.

Nair, who is also an Asian Football Confederation-licensed coach, thinks such chants are little more than phrases “uttered, rather unconsciously, as Singaporean behaviour when things go wrong in the field of play.”

Former national youth football team coach Koh Boon Long agrees, but he believes the cynicism expressed by football fans belies the assumption that “something is there”. Match-fixing, he argues, is “not a way of life in Singapore… but it is a fact of life that it exists here”.

“This is an intractable problem that keeps cropping up every few years,” 67 year-old Koh observes. “I don’t know how some of the fixers manage to avoid detection altogether - but they can be very creative and intelligent.”

In a recent phone interview with Yahoo! Singapore, Nair speaks vividly of bookies cunning enough to recognise the soft spots of footballers: high-maintenance wives and girlfriends for players to support; exposed ankles for hockey stick-wielding thugs to take aim at.

He also relates a recent incident of a player from Singapore's top football league parading a million-dollar house contract. Suspicions were rife yet “nobody could do anything... there was no evidence.”

The culture of gambling is “entrenched” in this part of the world, says Koh – a situation further exacerbated by Singapore’s sanctioning of two mega-casinos in recent years. He jokes that the legalisation of betting by Singapore Pools, back at a time when Singapore was among the first Asian countries to do so, made match-fixing seem more like an “open” affair.

“Temptations are far more likely,” concurs ex-Singapore national goalkeeper Eric Paine.

But Nair, on the other hand, sees legalised football gambling as a positive “money-spinner”, churning out millions yearly that go “straight back to” supporting Singapore’s football S.League.

“Illegal bookmakers were rampant before Singapore Pools waded into the market and to institutionalise gambling as a legal-beaver is, in my books, commendable and for the good of the game,” he argues.

Still, he doesn’t deny that at least seven previous cases of corruption, involving officials, coaches, players and match-fixers alike, have “stained the S.League” since its inception.

‘S.League serious about match-fixing scourge’

To completely eradicate match-fixing is nigh impossible, but it may be minimised through consistent enforcement, said Nair.

Currently involved with the S.League as a match commissioner and referee assessor, he believes it to be “one of the most stringently-managed.” As for the league’s chequered history with fraud, he points out that the Corrupt Practices Investigation Bureau (CPIB) has “without remorse, taken the errant parties to court.”

“The FAS works very closely with the CPIB in tackling match-fixing woes,” Nair adds. “Regular pre-season talks are given to the S.League clubs... and without the media being in the fray, I know several players are called up if the slightest hint of kelong comes to the fore.”

Koh similarly attests to the efforts of authorities during the 1970s.

“The CPIB have always been aware. They came in even during those early years, to brief us coaches and players.” Citing the “professionalism” of the FAS today, he suggests that “match-fixing will not go away but I don’t believe we are not doing anything. A lot of things are being done behind the scenes.”

The question, then, is whether Singapore’s football fans should be made aware of such ‘closed-door’ enforcement, particularly in the wake of the global allegations. Nair sees no reason for concern. He believes that local fans know a rumour when they hear one.

Outside of Singapore, however, word seems to have travelled far and wide and the country’s squeaky-clean reputation has been somewhat tarnished in recent years.

Last year, when Koh, who is now an educator, took a trip to Finland, he was asked at a conference by a Finnish teacher, “Oh, you’re Singaporean? We hear that Singapore has a lot of people who fix games all over the world.” (Finland was where Singapore match-fixer Wilson Perumal was arrested back in 2011).

So what, then: Will the spectre of ‘kelong’ be ever-present in the modern game, and especially so in Singapore?

Koh offers a glimmer of hope. Having once served in Singapore’s Special Constabulary along with former football legend S. Rajagopal of ‘banana kick’ fame, he said all it takes is for one to say ‘no’.

“Rajagopal used to tell me that it was no joke, getting harassed by people who approached him (to fix matches). He was frightened… he felt they were trying to get to him. But he never wanted to get involved. To him, it was not worth it. He was honest and he never wanted to explore what he could gain from fixing.”

Koh says that it is simply a matter of being involved for the right reasons. Paine, 63, agrees.

“During my playing days, there were no salaries (for footballers). We all had a day job. We played football due to a burning passion and our overwhelming pride to don national colours and play for our country. As far as I can remember, being ‘on the take’ never once crossed my mind.”

Perhaps one day, these words will ring true for every player marching onto a football field in this country. Only then can we take heart in Nair’s bold stake that “at the end of the day, Singapore football will not be ruined by all this. Absolutely not.”

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Lo sceicco «Roma io ti amo»

Ecco lo sceicco: «Roma seguimi»

«Mi piace il calcio e quando si dice Italia si parla subito della squadra di Roma»

E dall'entourage emergono dati sul suo patrimonio: palazzi porti e aeroporti

Sul preliminare stipulato nei giorni scorsi dice: «Siamo ancora in una fase di trattativa»

Ma vi assicuro: la mia passione è stata decisiva» Adesso si aspettano i passi successivi

di Roberto Maida - Corsport -23-02-2013

ROMA - Perché uno sceicco vuole la Roma? Risposta semplice: «Perché mi piace il calcio. E perché mi piace moltissimo la squadra. Quando si parla dell'Italia si parla subito della squadra di Roma». Ecco le prime parole dell'uomo che Pallotta ha individuato come «potenziale» socio del club. Adnan Adel Aref al Qaddumi al Shtewi si è detto «stanco» per le giornate «particolarmente intense» specificando che l'accordo preliminare stipulato nei giorni scorsi è una base su cui costruire il contratto definitivo. «Siamo ancora in una fase di trattativa - ha detto all'Adnkronos - ma ammetto che senza la mia passione non sarebbe stato possibile fare questo passo».

IL PIANO - Entro marzo, salvo intoppi o ripensamenti, potrebbe arrivare l'annuncio del nuovo organigramma della Roma. A.A.A.Q.S. (acronimo che useremo per comodità) ha messo sul piatto 50 milioni per entrare nell'azionariato e altri 50 per l'aumento di capitale. II problema - si fa per dire - è che lo sceicco non investirà tutti questi soldi senza avere voce in capitolo. E cosl è possibile che, se «l'affare non salterà, gli venga affidata la poltrona di vicepresidente, con due o tre uomini di fiducia nel consiglio di amministrazione e anche nel management di Trigoria. Si è parlato di Michele Padovano, ex calciatore della Juventus coinvolto in una brutta vicenda giudiziaria e fotografato allo stadio in compagnia di A.A.A.Q.S., accostato alla trattativa in veste di intermediario. Ma la Roma garantisce che Padovano non ha avuto alcun ruolo nella negoziazione.

IL PROFILO - Chi è questo misterioso signore, immigrato oltre vent'anni fa dalla Cisgiordania? Come ha accumulato una fortuna che è stata stimata in due miliardi di dollari? Perché nessuno lo conosce? Perché non presenta il suo curriculum? Assicurano che abbia sempre lavorato nell'ombra, coperto da un nutrito gruppo di collaboratori e dalla riservatezza dei governi. Una prassi nel mondo mediorientale. E la discrezione sarebbe ancora più indicata in questo momento, con la Consob che segue passo dopo passo le mosse della Ro *** ma e il titolo in Borsa incontrollabile. Questo spiegano fonti a lui vicine. A.A.A.Q.S. sarebbe sceicco di Giordania, proprietario di un fondo personale chiamato Philadelphia Capital, dove Philadelphia non è la città americana ma è l'antico nome della capitale giordana Amman, con un giro d'affari smisurato su scala internazionale. E suo business non è legato solamente alle raffinerie di petrolio, che comunque gli frutterebbero parecchi quattrini, ma anche all'attività di engineering: palazzi, porti e aeroporti. Grazie ai contatti con il governo saudita, ad esempio, il nostro uomo avrebbe varato un investimento pazzesco per costruire il principale porto del paese arabo nella regione di Aseer, sul Mar Rosso: uno scalo prezioso per le navi mercantili sulla rotta della Cina, con cui A.A.A.Q.S lavora spesso, che darebbe vita a una nuova città da due milioni di abitanti.

IL PRECEDENTE - Lo sceicco già due anni fa aveva provato a comprare la Roma, in concorrenza con Pallotta, attraverso una delle sue società. Ma l'offerta era stata rigettata da Unicredit in quanto .irricevibile»: la banca aveva faticato a reperire informazioni attendi bili e la tracciabilità dei soldi. .Ma adesso è auspicabile che lo scenario sia diverso» dicono a Unicredit. Stavolta l'arabo è stato accettato proprio dalla cordata di Boston. E qui sta l'ultimo mistero: cosa è cambiato rispetto al 2011? A Perugia, dove lo sceicco possiede un'abitazione "normale", sussurrano abbia appena ereditato una fortuna da investire. La Roma gli ha creduto, ma subordina ,-all'avveramento di determinate condizioni» la firma del contratto finale. In questa strana e complicata trattativa servono evidentemente ulteriori passaggi. Non secondari.

la curiosità

Era in tribuna a godersi Roma-Juve

Era in tribuna a godersi Roma-Juventus, la rinascita giallorossa e iI bellissimo gol dl Francesco Totti. Eccolo, lo sceicco giordano Adnan Adel Aref al Qadduml al Shtewi, 54 anni, nato nell'ex Cisgiordania, da un anno era in contatto con la Roma prima di concretizzare l'Ingresso In società, ufficializzato con Il comunicato di ieri. Lo sceicco ha messo sul piatto 50 milioni per entrare nell'azionariato e altri 50 per l'aumento del capitale.

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Qui Perugia dove vive lo sceicco della Roma

Viaggio in Umbria tra la casa di 2 stanze e il Castello delle Regine che vuole acquistare

Andrea Pugliese - Gasport -23-02-2013

Due camere, cucina e bagno. Non proprio una reggia, come verrebbe in mente pensando a uno sceicco. È la casa, invece, dove ha vissuto a lungo Adnan Adel Aref Qaddumi Al Shtewi, esattamente a Cordigliano, frazione di Perugia (8 chilometri dal capoluogo umbro, a metà strada con Ponte Pattoli), meno di 50 abitanti. In tutto, però. Da lì parte la storia del futuro della Roma, sempre che lo sceicco alla fine entri davvero nel club giallorosso. A metterlo in contatto con il d.g. Franco Baldini, nei giorni scorsi, è stato Michele Padovano, ex attaccante di Juventus, Genoa e Crystal Palace, ma ancora alle prese con la giustizia italiana, visto che nel 2011 è stato condannato in primo grado a 8 anni e 8 mesi di carcere per associazione per delinquere finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti (nel 2006 l'ex attaccante fu arrestato, in una vicenda che coinvolse inizialmente anche Vialli e Caricola).

Trattativa «Con Roma c'è un legame speciale — ha detto ieri lo sceicco —. Siamo ancora in una fase di trattativa. Sono giornate particolarmente intense, sono un po' stanco. La squadra? Mi piace moltissimo e la mia passione per il calcio mi ha spinto a tutto ciò. La prima cosa che uno pensa quando sente l'Italia è proprio la Roma». Al Qaddumi dovrebbe entrare nel club entro fine marzo, con un paio di cospicui aumenti di capitale (40-50 milioni di euro l'uno, il primo per permettergli l'ingresso nella compagine azionaria di AS Roma SPV LLC, il secondo per rafforzare il patrimonio di NEEP Roma Holding Spa). In cambio, però, vuole voce in capitolo: la carica di vicepresidente, con l'ingresso anche di un uomo di sua fiducia (forse lo stesso Padovano, ma la Roma nicchia e fa sapere che non è Padovano il tramite). A Trigoria aspettano i prossimi passi, anche perché Al Qaddumi si era avvicinato già due anni fa, prima dello sbarco degli americani. Unicredit, all'epoca, però non si fidò, perché (si sussurra) considerato «poco affidabile» come solvenza. Fattispecie smentita dall'entourage dello sceicco, che ha sempre sostenuto come la propria offerta fosse migliore di quella del gruppo presieduto da Di Benedetto e come siano stati proprio gli americani ora a cercarlo, per dare fiato alle asfittiche casse giallorosse.

Cambiamenti Eppure, a Perugia, Al Qaddumi è praticamente uno sconosciuto. «Uno sceicco? Magari, servirebbe a noi, non alla Roma», è un po' il leit motiv nella città del Grifo. Ed invece Adnan, 54 anni, ha la testa ai giallorossi. Trasferitosi in Italia giovanissimo (per l'invasione israeliana in Cisgiordania) e persi i genitori in guerra, ha messo le mani sul capitale di famiglia solo negli ultimi due anni. E ha deciso di comprare Castello delle Regine, una proprietà di oltre 400 ettari tra Narni e Amelia, fatta di vigneti (sangiovese, merlot e cabernet sauvignon), olivi, allevamenti di chianina e una lussuosa country house (Podernovo, zona San Liberato). La trattativa sembra in dirittura d'arrivo. «È una persona cordiale, che vive qui da anni - dicono a Montelaguardia, dove hanno studiato i figli -. Lo zio era un parlamentare palestinese, la famiglia ha sempre vissuto in modo semplice». Ed infatti Al Quaddumi ha vissuto per anni a casa della moglie, Maria Grazia (a lungo impiegata al comune), da cui ha avuto due figli: Adel che fa il carabiniere in Toscana e Jasmine, studentessa, che ora lavora con il padre. In paese, però, giurano di non vederlo da un po'. Del resto, due camere, cucina e bagno non è proprio una reggia da sceicco. Meglio cambiare.

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Qaddumi, futuro azionista del club di calcio, ha quote in Amyga, Amyga Oil & Gas, Technofin

Roma, le manovre dello sceicco

Una società petrolifera e due holding alle prime mosse

Stefano Sansonetti -Italia Oggi - 23-02-2013

Uno sceicco dei ministeri per il calcio romano di sponda giallorossa. Sotto di lui una rete di tre società che in Italia stanno muovendo le prime mosse. La prima si chiama Amyga, si occupa di petrolio e dintorni, ma negli archivi della camera di commercio non c'è traccia dei suoi bilanci.

La seconda è la Amyga Oil & Gas, giovanissima holding di partecipazioni di cui si conosce solo un'investimento di due milioni di dollari per rilevare il 54% di una società di diritto saudita. La terza si chiama Technofin, un'altra holding di partecipazioni che, sebbene sia nata nel 2003, risulta oggi inattiva, anche in questo caso senza traccia di un bilancio. Insomma, gli elementi del mistero ci sono tutti. Dietro tutto questo c'è Adnan Adel Aref Qaddumi, lo sceicco giordano che è in fase di avanzata trattativa per entrare nella As Roma Spv Llc, ovvero la finanziaria americana di James Pallotta che controlla la Neep Roma holding e quindi a cascata la società calcistica.

Certo, non è proprio agevole capire chi sia Qaddumi. Cominciamo dall'ultima sua creazione italiana. Nel 2011, infatti, ha costituito a Roma la Amyga Oil & Gas srl con buona parte dei componenti della sua famiglia. L'oggetto sociale parla di una holding di partecipazioni, ma la vita della società è talmente breve che l'unico bilancio depositato racconta poco. Con un curioso dettaglio. Il 16 maggio del 2011, infatti, è stato sottoscritto un contratto preliminare per la costituzione e di una società di diritto saudita, la «Assir Hi Tech International Group for Commerce Industry and Contracting Ltd». Ebbene, il documento contabile, approvato nel corso del 2012, riferisce che il preliminare prevede la partecipazione futura al 54% del capitale della nuova società, con versamento da parte della Amyga Oil & Gas di 2 milioni di dollari. Operazione che, a questo punto, potrebbe essersi completata. Nel capitale della Amyga Oil & Gas, dopo tutti i componenti della famiglia Qaddumi, troviamo con l'1% la Ipe - Italiana produzione energia, società che fa capo al commmercialista Gualtiero Giannini, al cui indirizzo romano di trova la sede della holding. E con un altro 1% c'è la Global Service International, società di consulenza detenuta al 95% da Giuseppe Deiana.

Poi c'è la Amyga srl, nata nel 2005 sempre a Roma (con sede secondaria a Perugia dove lo sceicco ha la residenza) per effettuare tutte le attività di raffinazione, trasformazione e trattamento del petrolio. Questo, almeno, dice l'oggetto sociale. Nonostante i sette anni di vita, però, presso gli archivi della camera di commercio non risulta depositato alcun bilancio. Qualche curiosità spunta fuori nell'azionariato. Nella Amyga, infatti, il 60% è in mano allo stesso Qaddumi, mentre il restante 40% fa capo a Gerardo Catelotti, nato in provincia di Varese, che è anche consigliere di amministrazione della società. A carico di Catelotti, sempre sulla base dei dati di conservatoria, emergono ben quattro decreti ingiuntivi per importi che variamo tra i 34 e 205 mila euro, tutti a favore di istituti bancari (Hypo Alpe Adria Bank, Credito bergamasco, Banca popolare di Intra e Intesa Sanpaolo). Ai quali si aggiunge la registrazione di due verbali di pignoramento immobiliare, entrambi a favore del Credito bergamasco.

Infine Qaddumi risulta essere titolare del 50% di un'altra holding, la Technofin, costituita nel 2003 a Gallarate, in provincia di Varese. Anche nel caso della Technofin, che risulta inattiva, è impossibile trovare traccia di bilanci depositati. L'unico dettaglio che si può aggiungere riguarda i soci di Qaddumi: Sandro Toffoletto al 30%, Angelo Attolini al 15% e Roberto Bedendo al 5.

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ROMA, FARO CONSOB SULLO SCEICCO

Chiesti agli americani le sue referenze

I dubbi di Unicredit espressi a Pallotta e i dettagli dell'operazione annunciata

Balzo del 9,7% del titolo in Piazza Affari

ENTRO LUNEDÌ MATTINA DOVRA ESSERE INFORMATO IL MERCATO. LA BANCA HA SAPUTO IL SUO NOME SOLO 10 GIORNI FA DOPO INSISTITE RICHIESTE

IL CASO

Si tinge di giallo l'arrivo dello sceicco alla Roma. Ieri la Consob ha acceso un faro sull'identità di Adel Aref Qaddum Al Shtewi e sulla struttura dell'operazione che verrebbe realizzata in esecuzione dell'accordo preliminare ufficializzato due sere fa da As Roma SVP LLC. E ha chiesto alla newco di James Pallotta di fornire queste spiegazioni al mercato entro l'apertura della Borsa di lunedì 26, dopo che ieri il titolo del club è stato oggetto di forti acquisti balzando del 9,7% a quota 0,538 euro.

IL PRECEDENTE DEL 2010 Dubbi sulle referenze dell'uomo d'affari arabo sarebbero stati manifestati anche da Unicredit agli americani, attraverso i rispettivi legali, dopo aver raccolto informazioni. Dalle quali sarebbe scaturito che il personaggio non ha una consistenza patrimoniale. Ancora ieri sera, però, da parte del team di Pallotta si confermavano le garanzie sulla solvibilità dello sceicco. Il nuovo investitore della Roma calcio sarebbe residente a Perugia ed è lo stesso che in passato ha corteggiato Acqua Marcia, il gruppo immobiliare schiacciato da 1 miliardo di debiti. Inoltre Adnan Adel Aref Al Qaddumi Al Shtewi, assistito dalla banca d'affari americana De-son, aveva già corteggiato la As Roma. Alla fine del 2010, durante il processo di selezione del nuovo acquirente effettuato da Unicredit attraverso Rothschild, lo sceicco aveva presentato una delle manifestazioni di interesse. Non andò avanti nel processo e alla fine fu scelta la cordata di Tom DiBenedetto, di cui faceva parte Pallotta, ora presidente. Le responsabilità, dunque, su credenziali e affidabilità di Al Qaddumi ricadono sulle spalle di Pallotta. L'imprenditore di Boston, che è affiancato dall'avvocato Mauro Baldissoni, ha gestito l'operazione che dovrebbe aprire le porte dello sceicco nella newco Usa e «potrebbe portare a un aumento di capitale di Neep e di As Roma in misura maggiore di quanto determinato dai patti e deliberato dall'assemblea». Cioè 80 milioni, di cui 50 versati sotto forma di finanziamento soci in attesa di trasformarli in capitale (il prospetto non sarebbe stato ancora consegnato alla Consob). La Neep, tuttavia, controllata al 60% dagli americani e al 40% da Uni-credit, nella sua totalità, quindi comprendendo anche piazza Cordusio, sempre due sere fa, su sollecitazione Consob, ha invece affermato «di non avere informazioni di trattative volte a modificare la propria compagine azionaria nè quella della Roma Calcio». La banca quindi è estranea alla trattativa con Al Qaddumi.

LE IPOTESI SULLA GOVERNANCE L'avrebbe saputo tre settimane fa, quando è stata sondata sulla disponibilità a modificare i patti relativi ai posti nei cda della Roma e di Neep nella prospettiva di un nuovo investitore. Nel consiglio del club, Unicredit dispone di cinque posti di cui un vicepresidente (Roberto Cappelli): secondo le richieste, dovrebbe scendere a tre. Nella Neep vanta invece quattro posti e dovrebbe scendere a tre. A metà febbraio ha poi conosciuto il nome dell'investito- re, ma avrebbe subordinato la modifica del patto nella holding alle garanzie sulla sua reputazione e al versamento dei 50 milioni promessi. Questa somma, aggiunta ai 12 milioni della quota spettante a Unicredit nella nuova tranche dell'aumento deliberato (30 milioni), avrebbe costituito l'ammontare della futura ricapitalizzazione ipotizzata per un totale di circa 62 milioni. Secondo questo piano, Unicredit si sarebbe diluita al 25%, salvo scendere ancora al 15% qualora si chiudessero i negoziati con Luca Parnasi. Ma ora tutto è sub judice, riportando suspence sugli assetti della squadra che, già nell'estate 2009, sembrava venisse acquistata da Vinicio Fioranelli, agente Fifa, poi arrestato per aggiotaggio.

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Calcio & finanza. Il titolo balza del 10% sulle notizie dell'arrivo del socio arabo

Lo sceicco fa volare l'As Roma

Carlo Festa - Il Sole 24 Ore -23-02-2013

Sulla As Roma è pronta a sventolare, oltre alla bandiera americana, anche quella della casa reale saudita.

Il presidente James Pallotta sta infatti studiando il riassetto in casa giallorossa e l'obiettivo è quello di portare lo sceicco Adnan Adel Aref al Qaddumi al Shtewi, della famiglia reale saudita, nel capitale del club calcistico entro la fine di marzo.

Una notizia che ha avuto un effetto immediato sulle quotazioni borsistiche della As Roma, i cui azionisti su richiesta della Consob hanno ieri confermato le indiscrezioni sull'accordo preliminare con lo sceicco. Visto anche il flottante limitato del titolo, l'As Roma è così volata a Piazza Affari con una crescita di oltre l'n per cento. Sul tavolo di James Pallotta ci sarebbero due aumenti di capitale, ciascuno da 5o milioni circa, riservati al nuovo socio arabo. Il primo aumento dovrà permettere l'ingresso del petroliere nella compagine azionaria di AS Roma Spv Llc. Il secondo aumento servirà invece per rafforzare il patrimonio di Neep Roma Holding, la scatola compartecipata da UniCredit, che consentirebbe alla banca di Piazza Cordusio di scendere dal zio al 20 per cento circa di Trigoria, come auspicato al momento del riassetto con la cordata americana di James Pallotta.

Quest'ultima ricapitalizzazione servirà a dotare la società delle risorse necessarie allo sviluppo del progetto stadio. Su quest'ultimo fronte, inoltre, non ci sarebbe alcuna novità sull'eventuale ingresso nella As Roma di Luca Parnasi, il costruttore romano incaricato di realizzare sui terreni di Tor di Valle il nuovo impianto di proprietà del club giallorosso. Tornando all'ingresso dello sceicco nel club, allo stato attuale le parti starebbero studiando i dettagli del piano finanziario, dei patti parasociali e dei nuovi equilibri in consiglio d'amministrazione.

Allo sceicco dovrebbe andare infatti la vice presidenza dell'As Roma. Da segnalare anche i diversi pesi all'interno della holding Usa, As Roma Spv Llc: oggi partecipata da Pallotta, Thomas DiBenedetto e Richard D'Amore. Con l'ingresso dello sceicco infatti Pallotta diventerebbe capofila della compagine a stelle e strisce con una quota del5o-6o%, mentre al nuovo azionista andrà la parte restante.

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L'ASSEMBLEA

Lega di A, restano le divisioni a partire dal ruolo di Beretta

Tutti gli argomenti rinviati al Consiglio del 4 marzo.Il neo presidente Coni in visita ufficiale

Pietro Guadagno - Corsport - 23-02-2013

Oltre una decina di punti all'ordine del giorno, tra Consiglio e Assemblea di Lega, ma il risultato è che nessuno è stato veramente affrontato e risolto, A iniziare dalle date della prossima stagione - due le ipotesi: partenza il 18 agosto e ripresa post-natalizia il 12 gennaio, oppure via il 25 agosto e ripresa il 6 gennaio,in ogni caso la finale di Coppa Italia sarà anticipata ad aprile - fmo ad arrivare all'elezione di un nuovo consigliere al posto di Lo Monaco, nel frattempo finito fuori dal Palermo. I motivi dell'ennesimo nulla di fatto sono sempre i soliti. Vale a dire le infinite guerre intestine dentro via Rosellini, ma anche un Consiglio di fatto dimezzato, visto che, alle obbligate assenze di Preziosi e Cellino, si sono aggiunte pure quelle di Cairo e Pozzo.

PREZIOSI - E pensare che poco dopo l'ora di pranzo c'era stata la visita ufficiale di Malagò, appena eletto presidente del Coni, che ha promesso impegno per la legge sugli stadi. Ma il suo intervento non è comunque servito per rasserenare gli animi, anzi. Al centro del dibattito è finito Preziosi, visto che, secondo la Corte di Giustizia Federale, non può fare il consigliere di Lega, avendo subito sanzioni superiori ad un anno nel corso dell'ultimo decennio Ancora una volta, i club si sono divisi tra pro e contro Beretta. Con Inter, Juventus e Sampdoria ferme e decise nel sostenere che a un dirigente nelle condizioni di Preziosi debba essere consentito di partecipare all'Assemblea, così da rappresentare il proprio club, mentre non è accettabile che possa anche assumere la carica di consigliere, che sia di Lega o federale. Le società pro Beretta, invece, vorrebbero che la Figc modificasse le Noif e allo scopo è stato chiesto un parere ai legali di via Rosellini. Intanto, sembra che anche il Palermo abbia fatto il salto, nel senso che Zamparini avrebbe deciso di passare all'opposizione. E, non a caso, Perinetti, tornato al club rosanero, avrebbe respinto la proposta di prendere il posto di Lo Monaco in Consiglio.

PROPOSTE - Insomma, tutto rinviato al prossimo Consiglio, già fissato per il 4 marzo, mentre quello ancora successivo si terrà il 22 a Roma («Venite all'Aniene», ha proposto Malagò), nell'ottica di convocarne uno nella Capitale ogni 3 a Milano. Nell'ambito delle mille discussioni delle giornata di ieri, da registrare anche la curiosa proposta di De Laurentiis, secondo cui il prossimo torneo avrebbe dovuto partire il 1 agosto. Saltato pure un documento programmatico stilato da Lotito, ancora una volta attivissimo.

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Malagò in Lega.

Fronte comune per rifare gli stadi

Marco Iaria -Gasport -23-02-2013

Scena mai vista dalle parti di via Rosellini. Il presidente del Coni, appena eletto, che varca la porta della Lega, sale al quarto piano e saluta i presidenti di Serie A riuniti in assemblea. Il blitz di Giovanni Malagò, che ha colto al volo la trasferta milanese per il Candido Day e l'invito di Maurizio Beretta, è carico di significati politici, soprattutto pensando alle staffilate della campagna elettorale. «Se dovessi essere eletto — aveva annunciato Malagò - posso assicurare che il calcio non entrerà nella giunta Coni. Quello delle scommesse è un problema solo del calcio, il danno d'immagine che questa disciplina sta facendo gravare sull'intero impianto sportivo nazionale è mostruoso». Giancarlo Abete è entrato lo stesso nell'esecutivo del Comitato olimpico, e comunque Malagò ha spiegato ai club del massimo campionato i motivi di quell'attacco: «La Figc non era tra i miei grandi elettori».

Stadi Tutto chiarito, quindi. Tant'è che durante la visita in Lega, Malagò si è impegnato a fiancheggiare il calcio nella battaglia che, con l'insediamento del nuovo Parlamento, dovrà essere intrapresa per condurre finalmente in porto la legge sugli stadi. «Non è solo questione di scenografia e di stadi vuoti, è un discorso legato allo sviluppo: lo stadio può essere traino e speranza per le nuove generazioni. Lo stadio può essere un elemento di traino in termini di progettualità e speranza per le nuove generazioni». Con queste parole il numero uno dello sport italiano ha fatto breccia sui dirigenti del calcio, che gli hanno tributato un applauso. «Si è parlato del ruolo del grande calcio e dello sport in generale nella consapevolezza che serve l'apporto della Serie A così come quello di tutto lo sport», ha spiegato Beretta. Insomma, si sono gettate le basi per una stagione di concordia, nella quale il Coni e il calcio possano lavorare assieme al rilancio. In un'affettuosa telefonata, Malagò ha riferito al presidente federale Abete l'esito dell'incontro, sottolineandone il clima positivo.

Nomine saltate Peccato che una volta andato via Malagò, la Lega si sia nuovamente accartocciata su se stessa. Il consiglio è andato a vuoto per l'assenza di 5 membri su 10 (l'inibito Preziosi, Cellino in carcere, Lo Monaco decaduto, Pozzo e Cairo) e non ha partorito nemmeno le date della prossima stagione: il campionato 2013-14 si concluderà il 18 maggio, la partenza dovrebbe essere il 25 agosto (o una settimana prima) e la sosta natalizia dal 23 dicembre al 5 gennaio (ma c'è anche l'ipotesi di allungarla). La successiva assemblea non ha approvato nessun punto all'ordine del giorno. Saltate la sostituzione di Lo Monaco, le nomine della fondazione per la mutualità, l'elezione del presidente dei revisori. Non ci si è messi d'accordo nemmeno sui rappresentati della Lega nelle commissioni Figc per le riforme (dalle seconde squadre alla giustizia). Sul tavolo resta il parere della Corte di giustizia sulla compatibilità di Enrico Preziosi con la carica di consigliere di Lega, equiparato a dirigente federale e quindi soggetto all'articolo 29 dello statuto Figc. La Lega non ci sente e vuole che la Federazione riconosca una «specificità» per quel ruolo, aggirando così le sempre più frequenti inibizioni in cui incorrono i dirigenti di società.

Zamparini svolta Fumata nera sui nuovi business da sfruttare collettivamente. In particolare, ha suscitato l'obiezione del Napoli, oltre che di Juve e Inter, il progetto che Panini sub-licenzi alla Giochi Preziosi i diritti per lo sfruttamento multimediale delle figurine (con un'app su smartphone e tablet). L'opposizione gongola: «Lotito e soci si sono impantanati da soli». E si fa forte di un nuovo, vecchio alleato: quel Maurizio Zamparini che, dopo aver votato la rielezione di Beretta, ha appena fatto sapere di non volerlo più.

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• VISITA DEL PRESIDENTE DEL CONI MALAGO'

Lega: Preziosi a rischio eleggibilità

E il Palermo volta le spalle a Beretta

STEFANO SCACCHI - Tuttosport -23-02-2013

Vi ospito all'Aniene-, scherza Giovanni Malagò in visita ieri all'assemblea della Lega Serie A da neo-presidente del Coni. La battuta sul circolo, presieduto dal successore di Petrucci, è nata perché d'ora in poi un consiglio di Lega ogni quattro si svolgerà a Roma (il primo e terzo venerdì di ogni mese a partire dal 4 marzo). Adesso bisognerà trovare una sede nella Capitale. Malagò ha anche annunciato che cercherà di impegnarsi a favore della legge sui nuovi stadi di proprietà. Dopo questo saluto istituzionale, l'assemblea è stata condizionata dal parere della Corte di giustizia federale contraria all'eleggibilità di Enrico Preziosi come consigliere di Lega.

Una posizione fondata sul divieto delle Noif nei confronti di chi ha subito inibizioni o squalifiche superiori a un anno nell'ultimo decennio. Il blocco che ha determinato la rielezione di Beretta, con Lotito in testa, vuole chiedere alla Figc di modificare questa norma. Tutti favorevoli a non escludere un presidente dall'assemblea dove sono in gioco interessi economici rilevanti. Ma le società finite in minoranza a gennaio non ci stanno. Inter, Juventus e Sampdoria si oppongono a un colpo di spugna generalizzato che parifichi la posizione del proprietario a quella di chi ha un incarico rappresentativo.

E hanno chiesto ai legali della Lega di pronunciarsi. Intanto qualcosa si sta muovendo all'interno degli opposti schieramenti. II Palermo, dopo la partenza di Lo Monaco, non fa più parte dei sostenitori di Beretta. Zamparini sta modificando il suo orientamento. Al punto che ieri il neo componente del oda rosanero, Giorgio Perinetti, non ha accettato di occupare la casella di consigliere di Lega lasciata libera da Lo Monaco. Sono cool saltate anche le altre nomine: il presidente del Collegio dei revisori dei conti (rinviata la riconferma di Ezio Maria Simonelli) e i rappresentanti della massima divisione nella Fondazione perla mutualità generale negli sport professionistici.

SUBITO DOPO FERRAGOSTO Si è iniziato a delineare il calendario per la prossima stagione. Due le opzioni: inizio del campionato il 18 agosto con ripresa dopo la sosta natalizia il 12 gennaio o la giornata il 25 agosto con 1° turno del 2014 il 6 gennaio. In entrambi i casi la finale Coppa Italia sarà anticipata, in vista del Mondiale, a marzo o aprile. De Laurentiis ha proposto una partenza della prossima Serie A il 1° agosto, ma non ha raccolto molti consensi. Nessuna decisione definitiva anche perché il Consiglio di Lega è stato praticamente cancellato visto che molti sono arrivati in tarda mattinata dopo aver presenziato a un evento. Indispettiti, per non essere stati avvisati in anticipo, i consiglieri che si sono presentati alle 10.30 in Via Rosellini.

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DOPO IL PARERE NEGATIVO DELLA CORTE FEDERALE

«NO A PREZIOSI CONSIGLIERE»

E LA LEGA SI SPACCA DI NUOVO

Discussione con rinvio in assemblea: si studia modifica alla normativa

Enrico Preziosi non era presente ieri in Lega calcio a causa dell'inibizione prevista dalla giustizia sportiva per il caso Genoa-Siena. La sanzione scade il prossimo 13 marzo: quello delle inibizioni e del divieto di partecipazione ai lavori della Lega calcio è uno degli aspetti che l'assemblea vuole affrontare per introdurre sostanziali modifiche. L'idea è quella di permettere ai presidenti e ai dirigenti inibiti di poter partecipare a Consiglio eAssemblea, per non compromettere un diritto.

Il presidente rossoblù, peraltro, è al centro di un caso che riguarda la sua elezione a consigliere. Il parere inviato dalla Federcalcio al presidente della Lega, Bere tta, riguardo ai requisiti necessari per fare i consiglieri, infatti, esclude Preziosi. «Possono essere eletti o nominati alle cariche previste dal presente Statuto e dalle norme da questo richiamate i cittadini italiani che non siano stati colpiti negli ultimi 10 anni, salva riabilitazione, da provvedimenti disciplinari sportivi definitivi per inibizione o squalifica complessivamente superiore a un anno», ricorda la Corte federale. facendo poi riferimento alle Noif che «equiparano ad ogni effetto i dirigenti delle Leghe ai dirigenti federali».

La Lega calcio ha preso atto del parere prodotto dalla sezione consultiva della Corte di giustizia federale, ne ha discusso e l'idea è quella di portare in Consiglio federale una serie di modifiche ai regolamenti sull'argomento. Però non c'è accordo tra le società, l'assemblea è spaccata dopo quanto è avvenuto qualche settimana fa con la rielezione di Beretta alla presidenza.

La discussione è andata avanti ma si è poi deciso di rinviare tutto alle prossime assemblee e a due consigli di Lega che si terranno il 4 marzo a Milano e il 22 dello stesso mese a Roma. Ieri dei dieci consiglieri erano assenti in cinque, cioè Cairo, Cellino (ancora in carcere a Cagliari per lavi-cenda Is Arenas), Pozzo, Preziosi, oltre naturalmente a Lo Monaco che è stato licenziato dal Palermo e che deve quindi essere sostituito.

A sorpresa, poi, è arrivato il neo presidente del Coni, Giovanni Mala-gò. Della visita di Malagò, che è riuscito a passare evitando taccuini e telecamere, si è saputo solo in tarda serata quando il presidente della Lega, Maurizio Beretta, è sceso in sala stampa per la conferenza. «Malagò, che stamattina ha partecipato a Milano ad un appuntamento alla giornalaccio rosa dello Sport insieme a diversi esponenti della Lega Calcio ha raccolto al volo l'invito a partecipare e ha di fatto aperto la riunione col suo intervento». Secondo quanto hanno raccontato diversi presidenti Malagò è stato accolto con un applauso fragoroso. «Si è parlato del ruolo del grande calcio e dello sport in generale nella consapevolezza che serve l'apporto del calcio di Serie A così come quello di tutto lo sport ai vari livelli», ha aggiunto Beretta. Malagò, nella sua visita che è durata circa un'ora, ha anche assicurato il suo impegno perché sia realizzata una legge sugli impianti sportivi. Pace fatta tra il presidente del Catania, Pulvirenti, e Andrea Agnelli, dopo gli insulti di qualche mese fa. «Tutto chiarito, ci siamo incrociati, tutto bene ma sono cose che capitano, non abbiamo fatto pace perché non c'è mai stata guerra tra di noi», ha detto Pulvirenti.

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IL CASO I CAMPANI PROVANO INVANO A RINVIARE L'ANTICIPO FISSATO PER IL 1° MARZO. BERETTA AMBASCIATORE DELLA RICHIESTA DI MAZZARRI

Contro il Napoli il 2 marzo? No bianconero

De Laurentiis: «Mi spiace il giorno di recupero in meno per la gara-scudetto».

Carlo Laudisa - Gasport -23-02-2013

Ancora scintille per Napoli-Juventus. Il club campano ha chiesto ufficialmente che la partita-scudetto slitti di un giorno: cioè da venerdì 1˚ marzo al giorno successivo, sabato 2. Ma il club bianconero ha già respinto quest'ipotesi e tutto lascia credere che la vicenda non possa avere un seguito. Il calendario di anticipi e posticipi è stato varato per tempo: non possono esserci cambiamenti senza l'assenso dei club interessati.

Mediazione Ma il club di Aurelio De Laurentiis non demorde. E le prova tutte per far valere le proprie ragioni. L'ultimo tentativo l'ha fatto Maurizio Beretta in concomitanza con il Candido Day. Il presidente della Lega di Serie A ha fatto da ambasciatore e ha chiesto a Beppe Marotta, a.d. della Juventus, se ci sono spazi per venire incontro alla richiesta degli azzurri. Niente da fare: il «no» è stato secco. Del resto non è casuale che l'intervento sia avvenuto in trasferta, con De Laurentiis, poche poltrone più in là, nella sala Buzzati in casa giornalaccio rosa. Come si sa il club bianconero è sull'Aventino in Lega, mentre il Napoli è entrato nel governo della Confindustria del calcio. E in questa fase i rapporti sono ai minimi storici. Tanto è vero che poco dopo in Lega il presidente azzurro appoggia la linea del suo tecnico: «Contento di giocare lunedì a Udine con un giorno di riposo in più? No, semmai penso che ho un giorno di recupero in meno per la Juve».

Tesi Napoli Per il rinvio spinge proprio Walter Mazzarri, entrato in polemica con Antonio Conte proprio sulla gestione del calendario. Una contrapposizione, poi, stemperata dall'allenatore juventino: «Quando ho chiesto una tutela per chi gioca in Europa non mi riferivo solo alla Juve, ma anche al Napoli».

Gli squilibri Di sicuro ora il Napoli contesta l'anticipo al venerdì in considerazione dell'eliminazione dall'Europa League. E fa leva sul fatto che la Juve giocherà il ritorno con il Celtic in virtù di una qualificazione ormai in tasca. Va anche detto, però, che la scelta del 1˚ marzo per la sfida-scudetto avrebbe tutelato i campani dell'eventuale partita negli ottavi di Europa League. E il pacchetto di anticipi e posticipi era stato stilato in via Rosellini proprio in funzione dei molteplici impegni all'orizzonte per le nostre squadre impegnate nelle competizioni Uefa.

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CALCIOSCOMMESSE

Lunedì tocca anche a Gazzi

Insieme con Belmonte sarà ascoltato dal pm Palazzi. Rischia pure lui l'omessa denuncia. Intanto a Cremona il pm Di Martino ha chiesto la proroga delle indagini per 40 indagati

Simone Stenti -Tuttosport -23-02-2013

. Il pm federale Stefano Palazzi può sorridere, il filone Bari-Bis è iniziato con il botto. Esposito e Gillet sono solo l'antipasto, succulento per le conferme e in parte per nuove e parziali ammissioni. Dopo la pausa week end lunedì si riparto: oltre a Nicola Belmonte, sarà ascoltato un altro torinista, Alessandro Gazzi. La sua posizione fu archiviata dalla procura di Bari in quanto «le dichiarazioni accusatorie di Andrea Ma-gallo non hanno trovato alcun riscontro e anzi, secondo le dichiarazioni di Lanza-fame, Esposito e del faccendiere Iacovelli, risulta estraneo all'accordo». La procura federale potrebbe però ipotizzare anche per lui l'omessa denuncia, se dovesse dar retta alle parole di Stellini: «Ricordo di aver chiesto a Gazzi e Donda - disse ai pm l'ex vice di Conte, all'epoca calciatore - cosa volessero fare per la partita con il Treviso e loro mi risposero che l'avrebbero senza dubbio giocata per vincere». Convocato la scorsa estate a Bari, con un fax Gazzi fece sapere di non voler parlare, poi la magistratura lo ha archiviato. Lunedì ci sarà.

TERMINI Intanto da Cremona, su circa 130 nomi iscritti sul suo registro, il pm Di Martino ha disposto la proroga delle indagini per una quarantina di indagati. Ancora in corso di identificazione anche un personaggio (il famoso "mieter X"?), che «teneva i contatti tra il sodalizio e dirigenti e tecnici delle squadre di A e che pretendeva per le sue prestazioni somme dell'ordine delle centinaia di migliaia. di euro a partita». Il pm sostiene di aver iscritto anche «nuovi indagati.,e quindi non va esclusa la pista di nuovi nomi da legare alle combine "infinite" di Lazio-Genoa e Lecce-Lazio, al momento ferme sui nomi di Milanetto e Mauri. Dunque, l'agenda di Di Martino è destinata ad arricchirsi di nuovi interrogatori nei prossimi mesi. Anche perché su Mauri e Milanetto siamo già alla seconda proroga di indagini e il prossimo giugno scadranno i termini. Lunedì sarà interrogato dal Gip di Cremona, Guido Salvini, lo sloveno Admir Sulle, che potrebbe fornire interessanti elementi sulle combine. Sulic figura «tra i suoi principali collaboratori» del gruppo degli zingari, un gradino sotto Gegic e due sotto Hristian Ilievaki. Il suo ruolo figura in una rogatoria croata connesso ad altri "zingari" arrestati in precedenza (Saka, Ribic e Lalic), ai quali la magistratura ha ordinato lo scortisi anno il divieto di • transito nelle regioni in cui erano avvezzi operare.

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DIRITTI TELEVISIVI Le pay-tv vedono calare gli abbonati e tagliano i budget In questo scenario non è da escludere che prima o poi la Serie A possa fare gola a Youtube di Google. Oppure ai canali di Infront Italy

Il pallone finisce in Rete

di Andrea Montanari - Milano Finanza -23-02-2013

Lo sport, ma soprattutto il calcio, è la principale calamita per le pay-tv satellitari e digitali di tutta Europa. Tanto che nei singoli mercati le gare per l'acquisto dei diritti per la trasmissione in esclusiva dei campionati hanno visto una costante impennata dei prezzi. Rincari che hanno permesso alle varie leghe di prosperare e contemporaneamente alle squadre iscritte delle competizioni più rilevanti (dalla Serie A alla Premier League, dalla Liga alla Bundesliga) di sostenere gli ingenti costi di campagne acquisti faraoniche e di mantenersi in piedi nonostante i rilevanti debiti. Valgano per tutti i debiti monstre di Barcellona (a fine 2011, 570 milioni) e Real Madrid (584 milioni), che dominano il campionato locale e tra i leader della ricca Champions League, grazie al minor carico fiscale sui redditi. Ma se in Inghilterra, Germania, e Spagna - il caso della Francia resta confinato al solo fenomeno del Paris Saint Germain - i campionati fanno il tutto esaurito negli stadi e il pieno di ascolti e abbonamenti in tv, in Italia la situazione da alcuni anni è cambiata. Complici i risultati non sempre esaltanti su scala continentale dei dub e il calo degli investimenti pubblicitari, che hanno pesato sulle politiche commerciali dei network. La Rai ha abbandonato la corsa all'esclusività del calcio e le uniche due pay tv esistenti (il progetto Dahlia è durato dal 2009 al 2011) hanno registrato una diminuzione sensibile del parco abbonati. Sky Italia, leader del satellite, nell'arco di alcuni trimestri è scesa dal picco dei 5 milioni di clienti agli attuali 4,83 milioni nonostante trasmetta la Serie A e la B in esclusiva e abbia le partite degli altri principali campionati nazionali. Mentre la piattaforma digitale Mediaset Premium non riesce a sfondare quota 2,2 milioni di abbonati riportando ingenti perdite e rinviando anno dopo anno il raggiungimento del break even. E se La7 si è già chiamata fuori dai giochi, solo Sportitalia punta sulla nicxhia• ha l'esclusiva della Liguel francese in attesa che, dopo lo sceicco Tamim Bin Hamad Al Thani, patron del Psg, altri magnati investano nel campionato transalpino.

Ora c'è chi ipotizza che la prossima asta per i diritti della Serie A, prevista per il primo semestre del 2014 (l'ultima, gestita da Infront Italy, ha garantito introiti che vanno dagli 866 milioni del 2011-2012 al miliardo del 2014- 2015), potrebbe riservare delle sorprese. A partire dai pretendenti. Perché, visto l'incremento dei mezzi d'informazione e il boom del web, non è da escludere che si presenteranno gli operatori delle tic o gli stranieri. Come Discovery Channel, che in Italia si è rinforzata con l'acquisto dei canali di Switchover e su scala europea ha rilevato il 24% di Eurosport (con un'opzione per salire al 51%). Ma la vera novità potrebbe essere l'interesse per il business di Youtube (che fa capo a Google), pronto ad aggredire il mercato Ue della pubblicità. L'ingresso di un player di questo calibro spariglierebbe le carte garantendo capitali notevoli alla Lega e ai vari team.

In tale scenario non vanno trascurate le ambizioni di Infront Italy (nel 2011 il fatturato consolidato della holding è stato di 204 milioni), che grazie alla forte ramificazione di mercato (gestisce i diritti di basket, volley, sci, superb& e altri) potrebbe scendere in campo direttamente lanciando canali tematici da piazzare sulle varie piattaforme multimediali. Il modello, individuato dal ceo Marco Bogarelli, è quello della Nba, il campionato di basket visibile anche sulla Playstation. Si inquadra in questo senso lo sviluppo della divisione Digital Media & Post-produzione che realizza format tv ad hoc, ma anche portali web e mobile, applicazionii per il mobile e internet tv.

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. Il pm federale Stefano Palazzi può sorridere, il filone Bari-Bis è iniziato con il botto. Esposito e Gillet sono solo l'antipasto, succulento per le conferme e in parte per nuove e parziali ammissioni. Dopo la pausa week end lunedì si riparto: oltre a Nicola Belmonte, sarà ascoltato un altro torinista, Alessandro Gazzi. La sua posizione fu archiviata dalla procura di Bari in quanto «le dichiarazioni accusatorie di Andrea Ma-gallo non hanno trovato alcun riscontro e anzi, secondo le dichiarazioni di Lanza-fame, Esposito e del faccendiere Iacovelli, risulta estraneo all'accordo». La procura federale potrebbe però ipotizzare anche per lui l'omessa denuncia, se dovesse dar retta alle parole di Stellini: «Ricordo di aver chiesto a Gazzi e Donda - disse ai pm l'ex vice di Conte, :| all'epoca calciatore - cosa volessero fare per la partita con il Treviso e loro mi risposero che l'avrebbero senza dubbio giocata per vincere». Convocato la scorsa estate a Bari, con un fax Gazzi fece sapere di non voler parlare, poi la magistratura lo ha archiviato. Lunedì ci sarà.

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Ma questo non ha un nome e cognome?

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Il personaggio

Juve, droga e Moggi

La vita di Padovano

L'uomo di Al Qaddumi e un mondo "non idoneo" a quello giallorosso

Andrea Pugliese - Gasport Roma - 25-2-2013

Quando a dicembre del 2011 è stato condannato a 8 anni, 8 mesi e 15 giorni per associazione e delinquere per traffico internazionale di stupefacenti, Michele Padovano ha reagito così: «Ho fiducia nella giustizia, aspetto l'appello. Ora voglio solo tornare a lavorare nel mio ambiente. È difficile, per i miei amici del calcio è come se avessi la lebbra. Certe cose ti logorano dentro, ma non mollo per me e per la mia famiglia». Quella porta di servizio nel calcio Padovano la cerca nella Roma (dopo aver provato per due volte con la Reggiana), ora tramite lo sceicco Al Qaddumi.

Chi è Guai con la giustizia a parte (non poco), Padovano non ha il profilo «ideale» per entrare nel cuore della tifoseria giallorossa, non fosse altro per i suoi trascorsi nella Juventus di Lippi (con cui vinse scudetto, Champions ed Intercontinentale) e la sua amicizia (e stima) per Luciano Moggi. «Il Direttore era il numero uno, il migliore in un mondo di squali», è il pensiero dell'ex attaccante bianconero. Quello del pm Giovanni Cotillo, invece, è che Padovano abbia finanziato a lungo il traffico di droga (dal Marocco, via Spagna) gestito da Luca Mosole (amico di infanzia, condannato a 15 anni di carcere). «Siamo cresciuti insieme, io nel calcio e lui nella cronaca nera, ma per me conta l'amicizia — ha detto Padovano —. Gli ho prestato dei soldi per una cavalla, sono stato ingenuo». Non la pensa così Alfredo Iuliano, padre di Mark, che dopo la condanna lo definì «un trovatello cresciuto in orfanotrofio, un cancro da espiare che forniva la droga a mio figlio, Vialli e Bachini». Papà Iuliano, però, non finì qui: lo tirò in ballo pure per la morte di Bergamini, suo amico al Cosenza, su cui Padovano rivelò cose nuove solo dopo le verità del libro di Petrini.

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Al Qaddumi

Quanti dubbi, ma lo sceicco ora prepara le garanzie.

Massimo Cecchini -Gasport -25-02-2013

«Impresentabile». È questo l'aggettivo che ieri è stato più comunemente associato allo sceicco giordano Adnan Adel Aref al Qaddumi al Shtewy — candidato a diventare co-proprietario della Roma — dopo che i media hanno passato al setaccio vita pubblica e privata, oltre che le frequentazioni del proprietario del fondo Philadelphia Capital. Sotto i riflettori è passato di tutto: le abitazioni poco chic, le vetture proletarie, l'amicizia col discusso Michele Padovano. Tre dati però sono scolpiti nella pietra, e con questi si dovrà fare i conti: 1) James Pallotta ha sottoscritto un accordo preliminare per la cessione ad Adnan di quote della Svp Llc, ovvero la controllante della Neep Roma, per 50 milioni; 2) UniCredit, potente socio di minoranza del club (al 40%) — dopo aver bocciato lo sceicco già due anni fa — per bocca del suo vice ceo Paolo Fiorentino ha preso apertamente dalle distanze dalla operazione con queste parole: «Siamo scettici e agli americani l'abbiamo detto»; 3) oggi la Procura di Roma, per mano del procuratore aggiunto Nello Rossi e del sostituto Giorgio Orano, aprirà un'inchiesta sulla vicenda per «verificare l'esistenza di illeciti». I due, tra l'altro, sono gli stessi magistrati che indagarono e misero spalle al muro Vinicio Fioranelli, per il suo tentativo di scalata al club del 2009.

48 ore La dirigenza della Roma, che pure parla già dell'esistenza di patti parasociali che la blinderebbe, appare in grande imbarazzo e rimbalza la palla alla proprietà. «Hanno fatto tutto loro». Pallotta, però, appare il più tranquillo, forse perché pecunia non olet. Ecco, il nodo ormai è proprio questo: le garanzie. Lo sceicco dice che da due anni è entrato finalmente in possesso di una eredità che attendeva, e a questo punto il dado è tratto. UniCredit dice che «nel giro di 48 ore» Adnan dovrà presentare i soldi e l'interessato conferma che le fidejussioni sono già pronte. Il tornado mediatico però non ha lasciato indifferente lo sceicco, tant'è che ieri ha fatto sapere: «Sarei tentato di gettare la spugna, ma siccome passerei per uno che non ha i soldi andrò avanti. Io ho in mano le carte, voglio vedere come ne usciranno». Proprio per questo da parte dei suoi portavoce filtra grande irritazione con UniCredit («per loro la Roma è un giocattolo politico») e grande scetticismo sulla volontà di Pallotta di continuare a investire sulla Roma («a differenza nostra»). Una cosa è certa: la pressione sul club è destinata solo a crescere, per questo tutti aspettano solo la svolta, in un modo o nell'altro. Anche se, in attesa delle mosse della Procura e di Pallotta, a ghignare per ora è solo il principe giordano: «Visti i risultati, almeno io porto fortuna», fa sapere. Il problema, però, è che la fortuna bisogna anche possederla in banca. E il tempo stringe.

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«Roma fidati di me».

Intervista esclusiva: lo sceicco Adnan Adek Aref Qaddumi Al Shtewi pronto a entrare nel club si racconta

Non ama la mondanità. Preferisce vivere in un paese con solo sei case. È stato ricco, poi ha dovuto lavorare come barista e imbianchino per mantenere la sua famiglia italiana. Adesso invece ha intenzione di investire in Italia un ingente patrimonio ereditato poco tempo fa. Non solo nella As Roma, ma anche all’estero. È lo sceicco Adnan Adel Aref Qaddumi Al Shtewi, 54 anni tra 13 giorni, a raccontare la sua vita e i motivi che lo hanno convinto a restare in Italia e a cercare di concretizzare una serie di progetti nel mondo dello sport. E non solo.

Sceicco Adnan, da giorni si parla del suo ingresso nella Roma come azionista. Perché questa scelta?

«Sono stato sempre un tifoso della Roma e ho sempre avuto intenzione di investire in Italia».

Cosa pensa dei giallorossi?

«La Roma è una grande squadra, è composta da molti giovani che hanno un gran futuro. Hanno bisogno di conoscersi e capire come lavorare insieme. Il management ha trovato la giusta direzione».

In questi giorni la sua vita privata è finita su tutti gli organi di informazione per il suo possibile ingresso nella società. Ci spiega com’è arrivato nel Belpaese e alla scelta di investire nella squadra?

«Sono arrivato nel 1980 in Italia per studiare la lingua italiana all’università di Perugia. Quando sono arrivato qui ero già laureato in chimica farmaceutica. Gli studi e il soggiorno li pagava mio padre, mi inviava mille dollari al mese».

Tanti per quegli anni.

«Sì erano molti, infatti facevo una vita agiata».

Poi cos’è accaduto?

«Ho conosciuto mia moglie Maria Grazia, mi sono innamorato. Quando ho detto alla mia famiglia che volevo sposarmi mi hanno chiesto di tornare a casa, ma ho rifiutato. È a questo punto la mia vita è cambiata, mi sono stati chiusi i rubinetti nell’81, mi hanno ripudiato e tolto i miei diritti e il sostentamento».

Come ha fatto a quel punto?

«Ho iniziato a lavorare come barista, imbianchino e carpentiere. Poi negli anni ho scoperto di avere disponibilità di conti correnti all’estero ma che non potevo toccare. Si trattava di soldi che mi spettavano come erede».

Quando ha preso la cittadinanza italiana?

«Nel 1985. L’anno successivo ho fatto il militare e ho cominciato a fare lavori nell’amministrazione pubblica per sei anni».

Quando ha ripreso i contatti con la sua famiglia di origine?

«Nel 1990 muore mio padre e nel 1995 cambiano i vertici della mia famiglia e ho cominciato a lavorare nel petrolio restando in Italia».

A questo punto la sua vita è di nuovo cambiata.

«Sì, economicamente è migliorata di nuovo e sono risalito a una parte dell’eredità depositata presso banche arabe ma la mia vita è rimasta la stessa perché non mi piace ostentare i miei titoli. Non serve e voglio sempre salvaguardare la mia famiglia italiana».

Ha fatto investimenti che non sono andati a buon fine?

«Nel ’96 alcuni consulenti mi hanno consigliato di acquistare un’azienda di abbigliamento investendo 2,5 miliardi di lire. Dopo tre mesi ho scoperto che l’azienda aveva bilanci falsi e un buco da 22 miliardi. Sono finiti sotto processo i proprietari ma io non sono mai entrato in questo processo e non ho mai recuperato nulla».

Nella vita ha dunque avuto un’altalena economica.

«Sì, ho conosciuto con orgoglio la fatica e cosa significa guadagnarsi il pane ogni giorno. Dopo l’11 settembre 2001 la parte di eredità presente in America è stata congelata come tutti i conti arabi presenti in tutto l’Occidente».

Come ha fatto?

«Grazie all’aiuto di pochi amici che hanno sempre creduto in me e che mi hanno aiutato a lottare per avere ciò che mi spettava di diritto».

Quando è di nuovo cambiata la sua posizione?

«Nel 2011, quando ho siglato un accordo con una società che appartiene alla famiglia reale saudita, la Hi-tech International Group».

Qual era lo scopo?

«Costruire una città industriale in Arabia Saudita. Per questo progetto ho costituito una società italiana».

Di che cifre parliamo?

«Dieci miliardi di dollari. Verranno realizzati una raffineria, un porto industriale, uno petrolchimico e intorno una città residenziale».

Investimenti in Italia?

«Amo questo Paese, mi sento italiano al 100% e per questo voglio investire anche in Italia. Non c’è solo la As Roma. Nel progetto in Arabia, ad esempio, ho voluto che entrasse la società Acquamarcia e mi era stata proposta la sua totale acquisizione. Ho fatto controlli con miei consulenti e revisori che mi hanno sconsigliato di prendere la società».

Ci descrive un po’ la sua famiglia d’origine?

«Dal 1950 ha una fondazione che aiuta gli studenti che non hanno fondi per finire gli studi all’università. Ora ho ripreso il mio ruolo nella famiglia e sto creando con professori universitari e medici una fondazione in Italia che farà ricerche su malattie rare di bambini e staminali etici: hanno aderito università europee, americane e asiatiche».

Oltre al calcio ama altri sport?

«Ho una grande passione per l’automobilismo».

Quando il suo ingresso ufficiale nella società giallorossa?

«Il più presto possibile».

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Sceicco, la Procura indaga per aggiotaggio La Procura di Roma aprirà oggi l'inchiesta sulla trattativa tra lo sceicco Al Shtewi e la cordata americana: l'ipotesi è quella di aggiotaggio.

INCHIESTA PER AGGIOTAGGIO

Nel mirino la trattativa tra Al Shtewi e la Roma: per oggi

Gli inquirenti attendono la documentazione dalla Consob prevista l'apertura del fascicolo da parte della Procura Poi, probabilmente, procederanno con l'iscrizione del reato

IL CLUB GIALLOROSSO DEVE FORNIRE ENTRO OGGI ALL'ORGANO DI VIGILANZA DELLA BORSA I DETTAGLI DELL'OPERAZIONE

IL CASO

Sara Menafra -Il Messaggero - 25-02-2013

Il fascicolo sarà aperto solo questa mattina e al momento senza ipotesi di reato. Ma una volta arrivata la documentazione chiesta alla Consob, è probabile che nell'indagine avviata sulla vendita delle azioni della Roma allo sceicco Al Shtewi al Quaddumi venga iscritta una ipotesi di reato: aggiotaggio, oppure manipolazione del mercato.

Il procuratore aggiunto Nello Rossi e il pm Giorgio Orano lavoreranno prima di tutto sulle variazioni in Borsa del titolo sportivo. Le informazioni circolate finora sulla presunta trattativa tra la società americana che controlla la squadrae lo sceicco mezzo arabo e mezzo perugino Adnan Adel Aref al Quaddumi al Shtewi hanno già fatto oscillare e di molto il titolo azionario della squadra capitolina, venerdì ha chiuso con un 9,7% e un passaggio di mano del 2,1% del capitale. E dunque il problema ora è capire se questa variazione era basata su una trattativa fondata su basi solide oppure no.

I COMUNICATI DIVERGENTI Prima ancora che arrivino a piazzale Clodio i documenti ufficiali, c'è già un elemento che insospettisce gli investigatori. E cioè che se da un lato la As Roma Spy Llc, società presieduta da James Pallotta, Camite la As Roma Spa ha comunicato alla Consob l'esistenza di un accordo preliminare, in seguito la As Roma Spa (che contiene la Neep, partecipata da Pallotta e dunque da As Roma Spy Llc e da Uni-credit, insieme a tutti gli altri pacchetti azionari) ha in qualche ma do preso le distanze, mentre Uni-credit ha detto di non essere ancora stata informata. Dunque, una prima discrepanza c'è. Se questa differenza risultasse anche dalla documentazione raccolta dalla Consob, l'iscrizione del reato sarebbe praticamente inevitabile.

A favore degli inquirenti giocano anche le scadenze fissate dalla Consob, che proprio per oggi ha chiesto ad As Roma Spa e i di consegnare notizie più dettagliate sull'offerta ricevuta e sul valore della ricapitalizzazione, che dovrebbe essere di almeno 50 milioni di euro. Oltre alle chiacchiere sulla casa modesta in cui vive, il figlio carabiniere, gli spostamenti in treno regionale e la presenza al suo fianco del chiacchierato ex attaccante juventino Michele Padovano, a pesare negativamente sull'immagine di Adan Adel Aref al Quaddumi al Shtewi c'è il precedente di due anni fa con Acqua Marcia. Anche allora lo sceicco promise di salvare l'azienda e di essere disposto a versare immediatamente 30 milioni su 700 pattuiti. Ma i soldi non sono mai arrivati.

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Com’è grigio quello sceicco bianco

FACCIATA A PARTE, CRESCE IL SOSPETTO CHE DIETRO IL MISTERIOSO ACQUIRENTE DELLA ROMA SI CELINO ALTRI NOMI

LA CONFERMA Un comunicato ufficiale ribadisce le trattative con Adnan Al

Qaddumi e fissa la data del 14 marzo come ultimo termine per la transazione

di CAMILLA CONTI & MALCOM PAGANI (il Fatto Quotidiano 26-02-2013)

Civitavecchia, dove il suo grande amico Luciano Moggi nei primi anni 60 recitava da capostazione, è stata solo una tappa intermedia vista dal finestrino di una macchina tra un viaggio e l’altro. Perché Michele Padovano, in attesa di arrivare a Roma come nell’allucinazione cantata da Venditti, negli ultimi due anni ha incasellato chilometri e frequentato misteriosi finanziatori con buen retiro maremmano e attività di famiglia nel cuore della Capitale. Non Francesco Angelini, l’imprenditore farmaceutico di casa in zona, 3000 dipendenti, un capitale solido. Il signor Tachipirina, come con poca fantasia era stato soprannominato ai tempi in cui aveva detto di sentirsi pronto a intervenire per dare una mano alla squadra della sua vita. Angelini, nonostante l’entusiasmo di UniCredit fu persuaso dalla sua famiglia a rinunciare e si fece da parte. Padovano, invece, è emerso dal nulla, trovando tra i butteri un anonimo benefattore dalla tasca generosa pronto a finanziare un’avventura nel pallone che vede l’ex attaccante al centro della tela. Ora che il momento sembra arrivato, Padovano non ha mostrato impreparazione.

PROMETTENDO “bombe” e lavorando sottotraccia per rientrare nel mondo che – lamentava dopo la recente condanna in primo grado per associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti – lo trattava da lebbroso . Ingaggiando per lo sceicco un portavoce, il vivace Gigi Moncalvo che a tarda sera dice: “Sono un professionista e un uomo libero, e nella mia vita non sono stato solo amico di Moggi o direttore de La Padania, per ora aspetto di vedere il seguito della vicenda. Da juventino dico forza Roma e poi faccio una domanda, siete sicuri che Moggi e Padovano si vogliano così bene?”. Il progetto di Padovano, legarsi allo sceicco Adnan Al Qaddumi, colpito da improvviso benessere e passato grazie a un’eredità miliardaria da squattrinato imbianchino perugino a Pinturicchio dei sogni dei tifosi, è un’iperbole che lascia senza parole. La As Roma Spv Llc che dagli Usa sta trattando con Qaddumi protetta dalle larghe, paradisiache oasi del Delaware, studia le carte da un anno, ritiene che i soldi ci siano e non sembra esserne impressionata. E anche l’emissione di un comunicato ufficiale: “il potenziale partner è stato oggetto di un’attività di due diligence con riferimento alla disponibilità di risorse finanziarie idonee...” e la data del 14 marzo come ultimo termine fanno pensare che i passi maldestri dello sceicco e i dubbi dei media non abbiano imposto nessun reale stop alla transazione.

IN QUESTA storia fumosa e di non semplice lettura l’apparenza inganna in proporzione contraria al nervosismo dei protagonisti. I soci italiani, ad esempio. La banca che continua a pagare, vorrebbe sfilarsi e fa sapere a gamba tesa di non aver gradito il colpo di scena in salsa araba. L’intervento del direttore operativo di UniCredit Paolo Fiorentino (sorprendentemente netto se si pensa ai concetti felpati dell’istituto): “Siamo scettici e agli americani l’abbiamo detto” e la notizia dell’apertura di un fascicolo in Procura, a Roma, con Orano e Rossi (gli stessi magistrati che indagarono sul tentativo di scalata di Fioranelli) a chiedere delucidazioni alla Consob per verificare l’eventuale sussistenza di illeciti dopo il rialzo in Borsa dei giorni scorsi, hanno impresso accelerazioni, anche scomposte, al quadro d’insieme. Con lo sceicco di Ponte Pattoli che giura la sua buona fede, glissa sui bilanci delle sue società, nega che la modesta abitazione di Cordigliano crudamente mostrata al mondo da Umbria 24 sia davvero il suo rifugio, promette buoni esiti per la squadra, si reca in noti studi di notai per (sic) far controllare i conti della Roma, rilascia interviste, fa sospettare che dietro la sua ambigua figura si nascondano altri nomi. Strani soci (l’addetto di una società di security). Incerte nazionalità. Sul tema, disegnando un passato di cui non si trova traccia, lo sceicco si è confuso più volte. Prima era giordana, poi palestinese, infine diretta discendenza della famiglia reale saudita (di solito si chiamano Al-Saud).

UNO SCEICCO che discetta di fondazioni che portano il suo cognome ignorando come le brochure deputate mostrino nomi di eredi di un lontano patriarca di Nablus, Nabil e Sa’ad. Ma non Adnan. Dimenticato. Cancellato. Alla fondazione Qaddumi sostengono di non conoscerlo. Uniti, nel destino, ad altri 4 milioni di romani.

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IL CASO STADIO - DE LAURENTIIS: «IL CARCERE E' ABERRANTE»

Il sindaco: «Attenti a Celiino»

MARIO FRONGIA - Gasport - 25-02-2013

«Pierpaolo Gessa era un accentratore. Faccio il sindaco, la mia attività è solo politica. Il resto spetta ai tecnici». Dopo Massimo Cellino anche il sindaco di Quartu, Mauro Contini scarica le responsabilità sul dirigente comunale, ora ai domiciliari. È questa la sintesi dell'interrogatorio del primo cittadino con il pm Lussu e il gip Casula. Ma il sindaco non difende il presidente del Cagliari: «Stiamo attenti, in tutti i comuni dov'è andato a fare gli stadi sono sorte delle grane. Io non ho mai visto la bozza di concessione, non sapevo cosa fosse la main stand, voleva sempre firmare Gessa, non sapevo che Masala fosse il direttore nel cantiere Pia (Piano integrato d'area: la Procura sospetta siano stati dirottati fondi pubblici allo stadio dato in concessione al Cagliari, ndr). Gessa aveva totalmente in mano l'operazione». Intanto, i legali di Cellino (che incassa la solidarietà di De Laurentiis: «In carcere? È aberrante») hanno reiterato l'istanza di scarcerazione. Il gip Casula l'ha negata. Il tribunale del Riesame si riunisce giovedì. Oggi è previsto un nuovo interrogatorio per Gessa e Masala. Infine, è nelle mani del pm Porcu il fascicolo aperto per le visite in carcere al presidente rossoblù. Il parlamentare Mauro Pili e l'editore Sergio Zuncheddu sono indagati per falso. Pare che non sia iscritto nel registro degli indagati Gigi Riva, che, sempre con Pili, aveva visitato Cellino a Buoncammino.

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L’INCHIESTA DI CREMONA

Singapore, nuovo arresto:

rivelazioni in arrivo?

Fermata una persona vicina al boss Tan Seet Eng. Poco produttivo l’interrogatorio di Suljic

di ANDREA RAMAZZOTTI (CorSport 26-02-2013)

CREMONA - La notizia arrivata ieri da Singapore dell’arresto di una persona vicina a Tan Seet Eng, il boss che finanziava e alimentava il mercato delle partite truccate in tutto il mondo, fa ben sperare gli inquirenti. Gli investigatori hanno le idee chiare (le posizioni di alcune delle persone coinvolte a breve saranno definite e stralciate), ma l’arrivo di novità dall’estero può essere una delle poche opzioni per gettare luce sulle zone d’ombra che rimangono. Gli interrogatori di Gegic, ancora in carcere a Cremona, non hanno arricchito il quadro e quello andato in scena ieri di Admir Suljic, se possibile, è stato ancora meno produttivo. Lo sloveno, ex centrocampista professionista fino al 2008 (è stato bloccato da un grave infortunio a una gamba), ha intrapreso la carriera di agente di commercio e vende, soprattutto a calciatori, orologi di grande valore per la società Yafriro. Gli inquirenti hanno certezza che prima del suo arresto in Slovenia nel maggio 2010 per frode sportiva (10 mesi di carcere), sia venuto più volte in Italia, insieme a Saka, Lalic e all’autista Ribic, per combinare partite sotto la regia di Gegic e di Tan Seet Eng. Lui, pur non negando di aver scommesso su partite “taroccate" (Cittadella-Mantova, Ancona-Grosseto, Grosseto-Mantova, Grosseto-Reggina ed Empoli-Grosseto), ha spiegato di aver conosciuto il boss di Singapore non per le scommesse, ma perché gli aveva proposto attraverso 10 dvd dei giocatori croati, bosniaci e sloveni che lui aveva in procura. Suljic ha inoltre spiegato di aver comprato, da Gegic, solo delle informazioni, ma di non aver mai corrotto giocatori. La sua linea difensiva, analoga a quella degli altri appartenenti al gruppo degli “zingari", naturalmente non ha convinto il gip Salvini, mentre il pm Di Martino lo sentirà lunedì prossimo. Vanno intanto avanti gli accertamenti telefonici per individuare i dirigenti, i calciatori e le persone a loro vicine che hanno parlato con il Mister X e il Mister Y in grado di truccare per 600.000 euro partite di A. Conferme infine sull’ultimo interrogatorio di Gervasoni che ha appesantito la posizione di Mauri con un racconto circostanziato dell’attività di Ilievski, Zamparini e Tan Seet Eng nelle ore precedenti a Lazio-Genoa e Lecce-Lazio.

Scommesse Si stringe il cerchio attorno a Dan, il capo di Singapore

Nuove accuse a Mauri. Interrogato Suljic

di GABRIELE MORONI (Quotidiano Sportivo 26-02-2013)

UN ARRESTO a Singapore. Quello di un personaggio che fonti investigative definiscono “limitrofo” a Tan Seet Eng, il potente Dan, capo del gruppo di Singapore, presunto finanziatore, neppure troppo occulto, delle combine delle partite di calcio al centro dell’inchiesta della Procura di Cremona.

C’è invece chi assicura di avere conosciuto Dan soltanto come manager e di avere intrattenuto con lui unicamente rapporti di lavoro. E’ lo sloveno Admir Suljic, 32 anni compiuti sabato scorso nel carcere di Cremona. Suljic ha alle spalle una carriera di centrocampista in squadre slovene e ungheresi interrotta sei anni fa per un grave infortunio e una lucrosa occupazione come rappresentante per l’Europa di costosi orologi costruiti in Svizzera con diamanti americani per conto di una ditta di Singapore. Oggi vive nella città asiatica con la compagna e un figlio. Nell’interrogatorio di garanzia davanti al gip Guido Salvini, assistito dai difensori Marcello Cecchini e Ugo Carminati,Suljic sostiene di avere conosciuto Dan in Slovenia quando si occupava di medizioni di calciatori da fare giocare in Asia.

E’ Viktor Saka a presentare all’inizio del 2010 Almir Gegic, calciatore nel Canton Ticino, che formula la proposta di fornire informazioni che gli arrivano da calciatori italiani disposti a orientare i risultati degli incontri. Il gruppo formato da Suljic, Dino Lalic, Aljia Ribic, Vinko Saka chiede un rapporto diretto e non solo telefonico. Così, a turno qualcuno di loro si reca in Italia. Non comprano i giocatori ma le “dritte” sulle partite manipolate: Grosseto-Mantova, Brescia-Mantova (40 o 50mila euro dati a Carlo Gervasoni), Cittadella-Mantova (15 0 20mila euro a Gervasoni), Ancona-Grosseto (10 o 15mila euro a Filippo Carobbio per l’informazione sul pareggio), Grosseto-Reggina (i soldi vengono restitituiti, ma il gip contesta una chiamata tra Dan e Saka, in realtà diretta a Suljic), Empoli-Grosseto (accordo sfumato).

Nella cittadella giudiziaria di Cremona viene confermato che il “pentito” Gervasoni ha circostanziato le sue accuse al capitano della Lazio Stefano Mauri a proposito di Lazio-Genoa e Lecce-Lazio del maggio 2011.

‘Influence of underworld on clubs is underestimated’

by FIFPro News 26-02-2013

Europol recently presented the results of a lengthy investigation into match-fixing in pro football. FIFPro secretary general Theo van Seggelen responds to the investigation in an interview with the Dutch newspaper Trouw.

At the start of this month Europol presented the results of a lengthy investigation into match-fixing in the football sector. For FIFPro, the world trade union of footballers, the figures were not news. ‘We had advanced knowledge,’ says Theo van Seggelen, secretary general of FIFPro. It may not have been a surprise, but that does not mean that the organisation is not concerned about the grip the criminals are gaining on the sport.

There has been very close contact for a long time between the European investigation department, which concentrates on combating criminal organisations, particularly in the drug world, and FIFPro. ‘That contact arose because Europol has a completely different idea about how to address the problem than the football world. The sport administrators want zero tolerance: players must be dealt with as quickly and as severely as possible. Europol has a different approach and that appeals more to us. You mustn’t tackle the footballers but the people who organise things. Europol sees the approach to match-fixing as an act in the fight against organised crime because it also involves laundering criminal money. They are not interested in football but in organised crime.’

According to Van Seggelen, Europol wants to come into contact with players who are already involved in manipulating matches. ‘They want to infiltrate and then you have to make use of the knowledge of the fixers. That is the opposite to the zero tolerance that the football world wants. The second major difference is that the football world does not realise that organised crime has already infiltrated football.’

‘The cooperation between Europol and the football is, in my view, not good. The football world underestimates what influence the underworld has on clubs or football organisations. The

president of the Serbian football association started cheering when the Europol investigation showed that no arrests had been made in his country. He thinks that proves that there is no match-fixing in Serbia. Well, we know from the players that Serbia is the country where it is most prolific.’

According to Van Seggelen, reports of the European Union show that the football sector is a good sector for laundering money and he adds his own experience in this. ‘I have been in this world for years and I regularly ask myself what football is used for. Look, the mobility of employees in the European Union is three percent. Among footballers it is thirty percent. It has been proved that mobility makes it easier to allow money to roll, around the whole world. Amounts are paid for players which make you think: that cannot only be for sport arguments. The transfer system is used to launder money.’

FIFPro’s own investigation has shown that players are intentionally paid too late so that they are weakened and forced to participate in match-fixing. ‘I heard the Cypriot minister of sport say that he knew that presidents of clubs did not pay players so that, after five months, they could say: you’ll get your money but you’ll have to fix that match. It is usual in those countries, unthinkable in the Netherlands.’

The situation is, according to the trade union man, deteriorating. The position of players in Eastern Europe was mapped in 2012. Comparable research must now also show how great the problem is in West and Central Europe. ‘That is in the interests of the players. We must offer them protection. That zero tolerance policy of the UEFA and the FIFA will lead nowhere. With that policy, players will come into a lose-lose situation. If they voluntarily report that they have taken part in match-fixing, they are then prosecuted by the public prosecutor of the FIFA. They have nowhere to go. We have to get the players to talk. Now talking means punishment and end of story, end of career. There is no possibility of telling a story with a reduced punishment in return, as the case is with doping in cycling.’

Van Seggelen is afraid that the football world is becoming a ‘shady world to which criminals are getting increasingly easier access.’ An example? ‘In Romania during discussions, I was told: I own half of Bucharest. What are you doing here? I’ve nothing to do with you. In the Ukraine, I was once thrown out of a meeting after five minutes. And the guy I had spoken to in Romania was later murdered. And I have sat with people who, not much later, were arrested. If that type of person has a leading function in football, we really do have to be worried. If I look at clubs with foreign backers, I ask myself what motive they have. The combination of facts and experiences makes me very nervous about the future of football.’

A major thorn in the eye of FIFPro is that increasingly players are becoming the property of persons, the so-called third party ownership. ‘That leans towards the criminal world. In my own circle, I have never met anyone who was owner of a player. That has become a vague circuit and in Europe it is even exploding. In this way, you increase the chances of criminals in football. Their interest really does go further than just the game.’

The Interrogation of Dan Tan

by DECLAN HILL (Match fixing, soccer and organized crime 26-02-2013)

Thanks to my contacts in Singapore’s law enforcement community (CPIB and the Police), I can bring you the following exclusive transcript of last weekend’s interrogation of Dan Tan:

Scene:

A cell inside Singapore police headquarters. Long table. Two policemen in crisp, white shirts on one side of the table. Across from them sits the charming (and Dan Tan is many things if not charming) and intelligent Dan Tan. The atmosphere is tense.

Policeman 1:

Okay, la. I want to bet on games in Serie A. Do you know any good fixes that I can make some money on?

Dan Tan:

Hmm, let me see, la. Okay. Last game of the season in Serie A, usually a lot of fixes, la. So make sure you bet on the rich teams not to go to down to Serie B – you know their second division. Same thing in that division, lot of rich teams pay for the results to go up to Serie A.

Policeman 2:

(Slams table with fist) Are you kidding me? It is Italy! Look, la, in Italy, everyone knows those games are fixed. Newspapers announce the scores before the games are played! Stop fucking around and give us good gambling tips or you will be in trouble, la.

Dan Tan:

Okay. Why you look so much at Italy? Go Germany. Take Bayern Munich above the spread. No fixing, but good gambling. The bookies will make you try to forget, but go long-term with the favourites. Make money, la!

Policeman 1:

Good idea. I like this plan.

(3-hour conversation follows on successful betting strategies for sports gambling. Finally…)

Policeman 2:

Okay, good talk. I like this, Mr. Tan. You got good ideas. But if we arrest you and send you to Italy, you won’t tell them about X, Y and Z? (Names three well-known former Singaporean national team players who most people on the island think have been involved in fixing for years, but no one wants to arrest as they are so popular).

Dan Tan:

Don’t know what you are talking about.

Policeman 1:

Very good, la. Okay. If you don’t say anything about certain people in the Singaporean or Indonesian businesses community we can make a deal. You do time in Italy, then come back here, eat good food, family still here – no problem!

Dan Tan:

Don’t know what you are talking about.

Policeman 1 & 2:

(laughing) Very good! We like you. We can do business, la!

**

Do not understand the cultural references? Check out the blog post below. And remember Dan Tan’s alleged activities have surprised only the naïve in Singapore’s law enforcement. There is a reason why he was not arrested before the arrest warrant from Interpol. There is a reason why he was not arrested after the arrest warrant from Interpol. There is a reason why he still has not been arrested. Understand that reason (and it is in the fictional transcript above) and you understand the story of Dan Tan and all of the international match-fixing scandals.

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Palazzi «chiama» Conte e Ranocchia

Filone di Bari: il tecnico sarà sentito l'11 marzo come testimone, poi toccherà all'interista

MAURIZIO GALDI

Quando il 14 febbraio la Procura federale stilò il primo calendario delle audizioni sul secondo filone barese per le presunte combine di Bari-Treviso 0-1 (maggio 2008) e Salernitana-Bari 3-2 (maggio 2009) lo avevamo messo tra le possibilità che aveva Stefano Palazzi per la sua inchiesta: Antonio Conte (1'11 marzo) e Andrea Ranocchia (il 7, ma ]'Inter gioca in Europa League: l'udienza sarà rinviata), i nomi più «pesanti» che erano usciti dalle carte della Procura di Bari, sono stati convocati. Con loro altri 31 tra dirigenti, calciatori e tecnici saranno sentiti nei nuovi uffici federali di via Campania. Posizioni diverso Conte è stato sentito dalla Procura di Bari solo come persona «informata dei fatti». Ma il capo della Procura, Antonio Laudati, e i sostituti Ciro Angelillis e Giuseppe Dentamaro hanno pensato a un suo coinvolgimento. Anzi ne hanno apprezzato la collaborazione «a capire la filosofia dello spogliatoio» per poter valutare con maggior attenzione le posizioni dei singoli calciatori. La Procura federale dovrebbe avere nei suoi confronti la stessa posizione. Nessun calciatore in questi documenti (e parliamo innanzitutto delle dichiarazioni ai magistrati baresi) ha mai detto che Conte sapesse o fosse stato in qualche modo informato delle due presunte combine. Anzi uno dei principali pentiti, Marco Esposito, aveva anche inviato ai magistrati pugliesi un fax con cui spiegava la totale estraneità di Conte, dopo alcune voci trapelate sui giornali di sue dichiarazioni. Lo posizione di Ranocchio Sempre la Procura di Bari, che in un primo tempo aveva iscritto nel registro degli indagati Ranocchia, ha chiesto l'archiviazione della sua posizione, ma l'interista potrebbe dover spiegare una eventuale omessa denuncia. Ranocchia a Bari si era avvalso della «facoltà di non rispondere», ma erano stati i suoi stessi ex compagni a escludere che abbia mai partecipato a un'eventuale combine. E la testimonianza di Conte, anche se non si riferiva direttamente a Ranocchia, ha aiutato i pm a capire come «l'ultimo arrivato anche se talentuoso» non poteva di certo godere delle «confidenze» dei senatori dello spogliatoio.

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IL GIOCATORE DEL TORINO

Interrogato anche Gazzi: si è parlato delle lacrime

ma.gal. - Gasport - 26-02-2013

Ieri a Roma è stato sentito Alessandro Gazzi (Torino), accompagnato dall'avvocato Fusco. La sua audizione davanti alla Procura federale è durata circa un'ora, ma probabilmente non ha raccontato molto ai sostituti di Palazzi che lo hanno sentito. Gazzi a Bari non è stato iscritto nel registro degli indagati e non è stato mai ascoltato neanche come «persona informata dei fatti». Psr ohé è sentito Palazzi ha deciso di sentirlo, però, dopo l'esame accurato delle carte e degli interrogatori di Lanzafame e Andrea Masiello davanti ai magistrati pugliesi. Entrambi hanno parlato di lui. Lanzafame (che era stato anche sentito a luglio dal vice di Palazzi Carlo Loli Piccolomini) aveva parlato di un Gazzi «in lacrime al cinema il giorno prima di Bari-Treviso». Masiello ai magistrati baresi aveva invece parlato di Salernitana-Bari per dire che anche se in un primo tempo Gazzi era favorevole (al momento di lasciare la partita ai campani gratuitamente), in seguito si sarebbe tirato indietro, ma «avrebbe avuto un computer in regalo». Per lui potrebbe scattare un eventuale deferimento per omessa denuncia se saranno ritenute credibili queste dichiarazioni.

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SCOMMESSOPOLI

Palazzi vuole sentire Conte come «informato sui fatti»

Inchiesta Bari-Salernitana, giocatori d'accordo: «Lui non sapeva»

SIMONE DI STEFANO - Tuttosport - 26-02-2012

ROMA. Si sapeva e c'era da aspettarselo. Lo staff legale di Antonio Conte non sembra spiazzato dalla convocazione in procura federale del tecnico bianconero, la seconda davanti a Palazzi dopo quella che ha anticipato la squalifica estiva. Era lui il tecnico del Bari nel biennio 2007/09 e per questo è atteso nei nuovi uffici della procura federale lunedì 11 marzo. «Un atto dovuto», dice convinto l'entourage del tecnico salentino, che si ripresenta al cospetto dei federali. Dallo spauracchio di "Pippo" Carobbio si passa ora a un quadro più frammentato senza un vero pentito che lo tira in ballo.

GIA' SENTITO Conte è stato sentito già a Bari, il 6 settembre, come persona informata sui fatti. E scoppiò in un lamento: «E' una vergogna. Se io avessi saputo una cosa del genere - disse ai pm - ad uno ad uno gli staccavo la testa. Se dietro una partita del genere c'è un accordo in denaro così importante a me viene da piangere, mi viene da piangere a sapere che ci stanno dei soldi dietro. Da parte mia c'è grandissima amarezza». Ora la pratica passa alla procura federale, secondo un modus operandi comune al passato. Una convocazione, questa, che somiglia molto a quella di Giampiero Ventura, chiamato a discutere di Udinese-Bari la scorsa estate e poi uscito indenne dal calderone Scommessopoli. Tanto per intenderci, il 6 marzo è chiamato a deporre anche Bepi Pillon, allora tecTreviso nico del Neanche lui rischia molto. Stavolta anche Conte entra dalla porta riservata allo spettatore inerme agli avvenimenti, potenziale testimone.

ESTRANEO In assenza dei Carobbio della situazione, siamo fermi a scampoli di «credo», «presumo», «deduco» di quei pochi calciatori che hanno preferito non avvalersi della facoltà di non rispondere. «Conte è sempre stato estraneo», ha detto Jean-Francois Gillet ripetendolo anche in procura federale pochi giorni fa «Conte ritengo non sapesse nulla, ci riunimmo in palestra proprio per rimanere da soli», aggiunge il suo ex vice Cristian Stellini. E si procede per passi. «Conte non si accorse di nulla», precisò Lanzafame, che in merito a Treviso-Bari ricorda però come «Conte ci parlò uno per uno per ammonirci a comportarci correttamente e per avvisarci che se si fosse accorto di comportamenti anomali, sicuramente in riferimento alle voci che circolavano, avrebbe provveduto ad opportune sostituzioni». Il tecnico bianconero la parò co-si: «Drizzai le antenne sia perché eravamo salvi, sia perché nel Treviso c'erano tanti ex. Dissi a tutti di giocare con serietà». Non è una prova neanche la dichiarazione di Vitali Butuzov (sarà sentito il 1 marzo) su Salernitana-Bari: «Conte ci disse che sarebbe stato con noi anche se non avessimo giocato con il massimo impegno contro la Salernitana. Disse questa cosa a tutta la squadra perché credo avesse sentito qualche voce che circolava negli spogliatoi sul non giocare al massimo». Siamo alle deduzioni: «Tra le due tifoserie - rispose Conte ai pm - c'era un gemellaggio e io prima di quella partita dissi ai giocatori di stare molto attenti onde evitare del chiacchiericcio». Ora lo ripeterà ai federali, poi conta di mettere la parola fine a una vicenda che dura ormai da quasi un anno.

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Conte, altro giorno in Procura

Filone di Bari, si presenterà l'11 marzo: non rischia una nuova omessa denuncia

E' un atto dovuto dovrà dare soltanto dei chiarimenti Tra i 31 convocati c'è anche Ranocchia

Antonio Barillà - Corsport - 26-02-2013

-Lunedì 11 marzo, day after di Juventus-Catania, Antonio Conte dovrà presentarsi davanti alla Procura Federale. Il tecnico bianconero figura infatti tra i convocati per le audizioni sul filone Bari-bis dell'inchiesta sul calcioscommesse: in tutto, fino al 12 marzo, sono stati fissati trentuno nuovi interrogatori che si aggiungono a quelli già in agenda fino a giovedì 28 febbraio.

ESTRANEITA' - Nessuna sorpresa. La convocazione di Conte è un atto dovuto da parte del pool di Stefano Palazzi che, studiati i fascicoli dell'indagine condotta dalla procura pugliese, sta valutando chi dovrà risponderne dal punto di vista sportivo. Nel mirino le partite Bari-Treviso 0-1 dell'11 maggio 2008 e Salernitana-Bari 3-2 del 23 maggio 2009: ci sono conferme sugli illeciti perpetrati, ma non risulta alcun coinvolgimento da parte del tecnico, che al tempo sedeva sulla panchina del Bari, la cui estraneità è stata per altro ribadita da diversi calciatori ascoltati in precedenza.

CHIARIMENTI - Conte sarà invitato a fornire chiarimenti sui suoi trascorsi ed elementi utili, in generale, sull'ambiente barese, però non aleggia lo spettro di una nuova omessa denuncia dopo quella che è costata quattro mesi di squalifica, finiti di scontare l'8 dicembre, per le vicende del calcioscommesse legate al periodo in cui allenava invece il Siena. Il tecnico, naturalmente dispiaciuto di essere suo malgrado nuovamente coinvolto, ma collaborativo con la Giustizia sportiva che deve fare il suo corso, ribadirà negli uffici di via Campania - li scoprirà per la prima volta: la precedente deposizione avvenne nella vecchia sede di via Po - quanto già dichiarato sei mesi fa agli inquirenti di Bari: Quello che sto scoprendo è una vergogna - le parole pronunciate davanti al procuratore Antonio Laudati -: se lo avessi saputo (riferito ai calciatori, ndr), gli staccavo la testa uno alla volta. Ma un allenatore come fa, come fa? Uno mi dice: "Hai avuto Doni, Carobbio, Masiello e non ti sei accorto?" Io gli dico: "Sono un cogl..."r. Da ricordare che Conte a Bari non è mai stato indagato, ma semplicemente ascoltato come persona informata dei fatti.

AUDIZIONE - Prima di Conte, la Procura Federale ha convocato Andrea Ranocchia: il difensore dell'Inter, che al tempo vestiva la maglia biancorossa, dovrà dimostrare a sua volta di non essere stato a conoscenza della combine con la Salernitana, decisa in una riunione di spogliatoio a cui il tecnico non partecipò. L'audizione è fissata per giovedì 7 marzo, ma sarà sicuramente chiesto di spostarla poiché l'Inter in quella data sarà impegnata a Londra contro il Tottenham nella gara d'andata degli ottavi di finale di Europa League. Ieri, intanto, è stato ascoltato un altro ex barese, Alessandro Gazzi: il centrocampista del Torino, accompagnato dall'avvocato Fusco e dal segretario granata Pantaleo Longo, avrebbe negato ogni suo coinvolgimento, mentre oggi sarà la volta di Cristian Stellini, ex calciatore del Bari poi diventato collaboratore di Conte. Seguirà una carrellata di interrogatori a personaggi più o meno noti del pallone, che si concluderà martedì 12 marzo quando saranno sentiti Ettore Setten, ex presidente del Treviso, e i calciatori Corrado Colombo e Vincenzo Sommese.

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Calcioscommesse- Arrestato un personaggio «limitrofo» al grande capo: l'Interpol riferirà al pm Di Martino

Suljic non parla, la svolta è a Singapore

A volte ritornano. I pentiti e i tabulati inguaiano Mauri. Conte convocato l'11 marzo dalla Procura della Figc

Arianna Ravelli - CorSera -26-02-2013

«E quella telefonata del 23 maggio 2010 — chiede a un certo punto dell'interrogatorio il giudice delle indagini preliminari Guido Salvini — durante Grosseto-Reggina, tra Tan Seet Eng e Saka Vinko, ma in realtà diretta e lei, in cui si parla in modo inequivoco di scommesse?». L'interrogato, Admir Suljic, prova a difendersi. È un bel ragazzo di 31 anni che parla un perfetto inglese e si è appena costituito in Italia dopo quasi due anni vissuti a Singapore, dove ha una bella casa in centro e un lavoro come rappresentante di orologi superlusso (50 mila euro l'uno): «La telefonata non mi dice nulla, io ero in Slovenia». Ecco persa l'occasione per far fare un salto di qualità all'inchiesta sul calcio scommesse e intaccare la testa dell'organizzazione internazionale che, come si sa, sta proprio a Singapore e risponde al nome di Tan Seet Eng.

Arresto a Singapore Però nella città asiatica qualcosa finalmente si muove: un personaggio, definito dagli investigatori «limitrofo» al grande capo, è stato arrestato ieri. E le autorità locali hanno deciso di collaborare con l'Interpol. Alla procura di Cremona aspettano: può essere una svolta. Il pm Roberto di Martino e il gip Salvini non sono soddisfatti di quanto hanno ascoltato ieri. Suljic ha ripetuto la ricostruzione degli altri slavi transitati di qui, compreso Almir Gegic, ancora in carcere. «Ha ammesso di aver comprato dritte da alcuni calciatori per le partite Grosseto-Mantova, Brescia-Mantova, Cittadella-Mantova, Ancona-Grosseto, Grosseto-Reggina e Empoli-Grosseto», spiegano gli avvocati Marcello Cecchini e Krsnik Kresmir. Suljic, secondo il pentito Wilson Perumal, era però uno dei sei «azionisti» dell'organizzazione: lui dice che, avendo più soldi degli amici, ha solo anticipato i soldi delle giocate. Quanto ai suoi rapporti con Tan Seet Eng (nel 2009 vengono fermati assieme in macchina a Gorizia), dice di averlo conosciuto perché entrambi manager di calciatori. Una tesi giudicata poco credibile.

Riscontri su Mauri La procura pensa di avere ricostruito la struttura dell'organizzazione. Grazie ai pentiti (soprattutto Gervasoni) e ai tabulati telefonici. Per esempio, c'è una frequenza quasi ossessiva di telefonate, almeno 70-80, sull'asse Tan Seet Eng-Ilievsky-Zamperini-Mauri che secondo di Martino spiega bene quel che è successo prima di Lazio-Genoa e Lecce-Lazio. E ora, dall'analisi dei tabulati di mister X e mister Y — i due faccendieri in contatto con dirigenti e giocatori di A — gli investigatori si attendono nuove conferme.

Conte convocato A Roma prosegue il lavoro della procura Figc, che si sta occupando del secondo filone di Bari. Ieri è stato interrogato Gazzi, il giocatore ricompensato con un computer per la sconfitta con la Salernitana (ha detto di esserselo trovato nell'armadietto), oggi tocca a Stellini, il 7 marzo all'interista Andrea Ranocchia e l'11 all'attuale allenatore della Juve Antonio Conte. Per gli ultimi due il punto è capire se ci sono gli estremi per un'omessa denuncia.

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Tutte le pallonate di Padovano

L’EX ATTACCANTE, FOTOGRAFATO ALL’OLIMPICO CON LO “SCEICCO” DELLA ROMA, NEL 2005 TENTÒ DI

FAR ACQUISTARE IL TORINO DA UN OSCURO IMPRENDITORE CIOCIARO. FURONO CACCIATI DAI TIFOSI

COCAINA Molte disavventure nella sua carriera post calcistica, su tutte una

condanna in primo grado a 8 anni e 8 mesi per traffico internazionale di droga

di PAOLO ZILIANI (il Fatto Quotidiano 28-02-2013)

Un briciolo d’attenzione in più e le vagonate di articoli scritti nei giorni scorsi sullo Sceicco straccione che vuole acquistare la Roma i media italiani avrebbero potuto risparmiarseli: e risparmiarli ai lettori. Bastava guardare chi c’era, seduto accanto a lui, allo stadio di Roma: nientemeno che Michele Padovano, 47 anni, ex attaccante di Juventus, Napoli e Genoa e ora sedicente dirigente, non proprio il personaggio calcistico più affidabile su piazza. Eh sì. Perchè quando a tirare la volata a sceicchi o imprenditori, nell’acquisto di una società di calcio, c’è lui, Padovano, una condanna di 8 anni e 8 mesi per associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di droga (Tribunale di Torino, 12/12 2010), potete star certi che la bufala è dietro l’angolo.

Ai tempi belli della Juve, Padovano visse un quarto d’ora di gloria la sera del 22 maggio 1996 all’Olimpico di Roma: entrato al 77’ al posto di Ravanelli nella finale di Champions League Juventus-Ajax , al termine dei 120 minuti realizzò, con freddezza, il terzo dei 4 rigori che permisero alla Juve di conquistare il trofeo. Nessuno pensò di proporlo per il Pallone d’Oro, ma oggi, a distanza di 17 anni, un premio gli andrebbe dato: il Pataccaro d’Oro. Perché come rifila le patacche lui – nel calcio e fuori -, non le rifila nessuno.

ESTATE 2005. Il Torino fallisce e il titolo sportivo viene rilevato, a sorpresa, dall’imprenditore ciociaro Luca Giovannone, presidente della cooperativa “Vita Serena” di Ceccano (Frosinone), già sponsor del Sigma Olomuc, club della Repubblica Ceca, che per due stagioni gioca portando sulle maglie la scritta “Magic Noleggio srl” (Giovannone è un imprenditore eclettico). Il nostro versa un acconto di 180 mila euro con cui s’impegna a rilevare, per 5 milioni, il 51% del Torino.

Ma la puzza di bruciato si sente lontano un miglio: il sindaco Sergio Chiamparino getta sinistre ombre sul Gatto e la Volpe e i tifosi del Toro, che pure non batterono ciglio ai tempi dei presidenti Guglielmone (1955-56) e Filippone (1961-63), al solo sentir parlare di Giovannone – e del suo apripista Michelone, alias Padovano - vanno in bestia. A Moncalieri, davanti all’hotel Campanile che ospita i malcapitati, l’auto di Padovano viene data alle fiamme. Scampato al linciaggio, Giovannone scrive una lettera aperta al procuratore generale di Torino Gian Carlo Caselli: “Al tifoso Caselli dico che andrò avanti senza retrocedere di un passo per combattere la delinquenza che impera nel mondo del pallone”. Risultato: Giovannone resta in sella 9 giorni, dal 23 agosto all’1 settembre. Il 2 , presidente diventa Urbano Cairo, accolto dalla folla sotto il balcone di Palazzo di Città e per questo ribattezzato dalla tifoseria - prima di dilapidare in pochi anni il capitale di stima e affetto - “papa Urbano I”.

Ma le imprese calcistiche di Padovano non sono nulla in confronto alle performances extra-sportive. Il 28 ottobre 2004, dopo il posticipo Juventus-Roma, Padovano è intercettato al telefono con Gianluca Vialli, al quale fornisce cocaina come a un altro ex juventino, Nicola Caricola. Vialli si fa chiamare Besson, che di nome fa Luc. “Ci vediamo dopo?”, chiede Besson. “Va bene, va bene”, risponde Padovano. Besson: “Abbondante, eh?” . Padovano: “Sarà fatto, ragazzaccio!”. Besson: “Eh ragazzaccio! Perché poi me le porto a Milano… le scarpe!”.

IL 16 DICEMBRE Padovano e Vialli parlano di Caricola – che vive in Sudafrica – che verrà a Torino. Padovano: “Senti, ho pensato di lasciargli qualcosina in modo che quando vai a Genova non rompi più i ċoglioni e sei a posto”. Besson: “Sarebbe perfetto”. Padovano: “Ho già fatto”. Besson: “A chi, a Nick? Grande, grandissimo, perfetto!”. Padovano: “Pensatemi quando siete insieme”.

Ad accusarlo su Facebook è anche Alfredo Iuliano, padre di Mark, il difensore della Juve che a fine carriera, a Ravenna, viene squalificato per 2 anni per cocaina. “Padovano forniva la droga ai giocatori della Juventus – scrive papà Iuliano -: Vialli, Bachini, mio figlio Mark e ad altre decine di giocatori. Era un trovatello cresciuto in orfanatrofio, spacciava già da ragazzo. Mio figlio Mark è un ragazzo mite e dolce. É stato facile abbindolarlo”. Non è finita. Padovano giocò nel Cosenza dal 1987 al 1990 assieme a Donato Bergamini, travolto da un camion in circostanze mai chiarite il 18 novembre 1989. Disse nel 2001 il padre di Bergamini: “Donato mi aveva confidato che Padovano fumava spinelli ed era stato fermato dalla polizia, e poi rilasciato grazie all’intervento della società, che aveva fatto in modo di non far finire la cosa sui giornali. Sono convinto che Padovano sa tante cose che potrebbero essere collegate alla morte di Donato, ma non vuole dirle. Forse ha paura”.

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El Lazio o el racismo interminable

La UEFA cierra dos partidos el estadio Olímpico por los saludos fascistas de sus hinchas

El equipo romano, sancionado cuatro veces este curso, jugará sin público con el Stuttgart

Italia ha mirado con cierta condescendencia la simbología fascista del club romano

por CAYETANO ROS (EL PAÍS 28-02-2013)

La UEFA vuelve a sancionar al Lazio, por cuarta vez este curso, por la simbología racista de sus aficionados. En concreto, cierra su estadio al público, el Olímpico de Roma, durante dos partidos como castigo por los saludos fascistas de unos 300 de sus aficionados antes del duelo de dieciseisavos de final de la Liga Europa ante el Borussia Mönchengladbach. El Lazio jugará sin público en la vuelta de los octavos de final de la misma competición ante el Stuttgart, el próximo 14 de marzo. “Es un grave perjuicio económico”, se ha quejado el presidente de club, Claudio Lotito. “No podemos ser sancionados por los errores de unos pocos”. El Lazio recurrirá la sanción, que va acompañada de una multa de 40.000 euros.

La UEFA había enviado a dos de sus hombres a Roma para que siguieran a la hinchada lazial frente al Mönchengladbach. El informe de estos dos enviados ha sido determinante. Al terminar el himno, unos 300 tifosi de la Curva Nord levantaron sus brazos derechos en el saludo fascista. En ese mismo encuentro, las pancartas de la Curva Nord, la grada de extrema derecha, honraba a las víctimas fascistas de la segunda guerra mundial. “Onore ai martiri delle foibe”, en alusión a los fascistas sepultados en las fosas. Los hinchas alemanes introdujeron y encendieron bengalas en el estadio y y tres hinchas fueron apuñalados por ultras locales sin consecuencias graves. El Lazio ya había sido advertido por la UEFA tras los dos encuentros de la fase de grupos ante el Tottenham y el Maribor, este en Eslovenia. Los ultras locales profirieron cánticos antisemitas contra el Tottenham inglés, un club de raíces judías. Y también gritos despectivos hacia los futbolistas negros de los Spurs: Defoe, Lennon y Townsend.

En Italia, las simpatías fascistas de la hinchada del Lazio es vista con cierta condescendencia, a pesar de estar su simbología está prohibida por la ley. Hay manga ancha con las alusiones a Mussolini, las banderas con esvásticas y los saludos al estilo nazi, sobre todo si vienen de un referente en el club como Paolo Di Canio, el exdelantero que celebraba los goles brazo en alto.

Europa, sin embargo, lo sanciona una y otra vez. Ya en 2005, el Lazio jugó a puerta cerrada contra los finlandeses del Tampere en la Copa Intertoto. En la campaña precedente de la UEFA, el club fue castigado por los gritos racistas contra los jugadores del Partizán de Belgrado. En 2001, actuó la Federación italiana de fútbol, que clausuró el estadio olímpico tras la exhibición de una pancarta de contenido racista en un derbi frente al Roma. Durante el descanso, los seguidores laziales mostraron un enorme cartel en el que se leía: “Equipo de negros. Tribuna de judíos”. Durante el encuentro, no se ahorraron silbidos racistas Zebina, Cafú y Aldair, los jugadores negros del Roma.

La herencia fascista del Lazio nació el 6 de octubre de 1929, el día que Benito Mussolini se hizo socio del club al pagar 1.000 liras. El Duce contagió el grito de “¡Boia chi molla!” [verdugo el que abandone la lucha] que todavía se escucha en el Olímpico cuando se miden al Roma y al Livorno, simpatizante con el comunismo. Todo eso lo defendió el delantero Giorgio Chinaglia, héroe lazial de 1969 a 1976, fascista redomado. En el derbi romano de 1998, una pancarta rezaba: “Auschwitz es vuestra patria; los hornos, vuestras casas”. En 2000, la grada aplaudía al defensa Mihajlovic, de ideología xenófoba. Y en 2001, cuando el Roma ganó la Liga, se leyó: “Equipo de negros, grada de hebreos”.

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