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CRAZEOLOGY

K A L C I O M A R C I O! - Lo Schifo Continua -

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Marco Iaria - Gasport - 16-02-2013

Omar Natami ha 14 anni, è nato in Italia da genitori marocchini, indossa la maglia numero 10, quella dei fantasisti, gioca nei Giovanissimi della O'Range Chimera Arezzo. Per lo Stato è un cittadino straniero, come i 700 mila figli di immigrati che hanno visto la luce nel nostro Paese e che attendono una legge più moderna e più giusta. Lo era pure Mario Balotelli, prima di ottenere la cittadinanza al compimento della maggiore età. Omar ama il calcio, lo pratica da quando aveva 8 anni e vorrebbe che questo microcosmo, almeno questo, lo facesse sentire italiano, in attesa di un pezzo di carta. E invece ogni estate è la stessa storia: il tesseramento è una via crucis fatta di documenti che non si trovano, di file negli uffici, di disguidi e attese deluse. Con la conseguenza di perdere le prime partite del calendario perché, per esempio, manca il certificato d'iscrizione scolastica. E di svolgere la preparazione nel terrore dei suoi dirigenti: senza tesserino non c'è copertura assicurativa, e se succede qualcosa...

I compiti del Parlamento La legge sulla cittadinanza è del 1992: preistoria, se guardiamo ai flussi migratori. Nel frattempo l'Italia è cambiata, i luoghi dell'aggregazione — scuole in primis — si sono convertiti al melting pot, e non si capisce perché il calcio, inteso come le sue istituzioni, debba rimanere a guardare. È vero, il peccato originale è quella legge basata sullo ius sanguinis: se sei nato in Italia ma da genitori stranieri, puoi diventare italiano dopo i 18 anni, a patto di essere stato subito registrato all'anagrafe e di avere sempre soggiornato qui. Le forze politiche paiono (quasi) tutte concordi nell'allargare le maglie dell'accoglienza. La speranza è riposta nel nuovo Parlamento che uscirà dalle elezioni, pensando a ciò che già avviene in Francia, Germania o Inghilterra. Una battaglia portata avanti, tra gli altri, dalla rete G2 (www.secondegenerazioni.it): «L'Italia è uno dei pochi Paesi europei — spiega il portavoce Mohamed Tailmoun — a rendere difficile, se non impossibile, per i figli di immigrati partecipare all'attività agonistica nazionale. Si tratta di un vero e proprio trattamento discriminatorio: il ragazzo che vuole fare sport si sente un ospite, e ciò lede il senso più profondo della pratica sportiva, quella condivisione di diritti e di doveri».

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Se non è la burocrazia ci pensa il razzismo

Stranieri per legge, stranieri per ignoranza. Gli episodi di razzismo fanno il paio con l'ottusità della burocrazia. L'Orac (Osservatorio su Razzismo e Antirazzismo nel Calcio) guidato da Mauro Valeri monitora da tanti anni la situazione e ci invita a tenere sempre l'alta la soglia d'attenzione. In questa stagione si sono verificati 29 casi nelle serie professionistiche (incluse Primavera e amichevoli) per un totale di 179.750 multe comminate: il più clamoroso a Busto Arsizio, con l'abbandono del campo da parte del Milan di Boateng. Ma Valeri ha notato ultimamente un'escalation preoccupante nella categorie dilettantistiche. A porte chiuse Il Seregno (Serie D) ha giocato una partita a porte chiuse dopo che i suoi tifosi avevano ricoperto di insulti e sputi Isoken Guobadia, difensore ventenne del Voghera che fino all'anno prima giocava a calcio nei playground di Udine. Nel torneo Primavera, Giacomo Benedini del Siena è stato squalificato per tre giornate per aver offeso un giocatore del Torino. «Cosa succederà — si chiede Valeri — quando avremo in Italia un arbitro nero?».

La burocrazia federale La legge, però, non può essere un alibi per gli organismi sportivi che dovrebbero impegnarsi di più a favore di politiche inclusive, anche per un motivo di convenienza: nell'Italia a crescita zero, la natalità è sempre più sostenuta dagli immigrati; un serbatoio di potenziali talenti da cui il calcio, come altre discipline, potrebbe attingere. Attualmente, sono 33mila gli under 16 stranieri tesserati nella Figc, di cui quasi 8 mila minorenni al primo tesseramento (albanesi, romeni e marocchini i più numerosi). L'iter burocratico è stato sottoposto negli ultimi anni a una stretta per fronteggiare il fenomeno della tratta dei baby calciatori. «Ma così per colpire una potenziale vittima se ne discriminano cento. Le indicazioni della Fifa potevano essere gestite con maggiore attenzione», interviene il sociologo Mauro Valeri, profondo conoscitore della materia, autore dei libri Black Italians e La razza in campo. «Il risultato è che i ragazzi di seconda generazione fino a 14-15 anni giocano a calcio, poi scompaiono. Quelli che riescono ad avere successo sono molto pochi». Balotelli, Ogbonna, Okaka. L'elenco è striminzito. I problemi, comunque, non riguardano solo chi è nato in Italia, ma anche chi ci arriva da piccolo o chi viene senza i genitori. È il caso di un minore senegalese in affidamento che si è visto rifiutare il tesseramento sulla base degli articoli 19 e 19 bis del regolamento Fifa. Rete G2, Asgi e Save the Children hanno fatto notare alla Figc che privando il ragazzo di un'occasione di «inclusione nella società italiana» si correva il rischio «di un'ulteriore marginalizzazione sociale del minore anziché di una sua maggiore protezione». La commissione federale dell'Abruzzo ha dato loro ragione.

Proposte d'inclusione Riflettendo sulla sua esperienza di mamma, Stefania Magi, assessore all'integrazione del Comune di Arezzo, è passata all'azione. «Mio figlio giocava con due bambini marocchini che, a un certo punto, non hanno più potuto disputare il campionato». Così è nata l'idea di un convegno che ha sfornato una serie di proposte per la Federazione. Gli adempimenti richiesti ai minori stranieri possono essere una montagna dura da scalare: il ragazzo perde almeno 3 mesi l'anno, la società fatica a definire gli organici e si perde nel dedalo della burocrazia. Ecco, dunque, i suggerimenti: equiparare il tesseramento dei nati in Italia (o di chi ci è arrivato entro i 5 anni d'età) a quello degli italiani, al massimo rendendo obbligatoria la presentazione di un certificato storico di residenza; niente più attestazione d'iscrizione scolastica; deroga al termine del 31 marzo; permesso di soggiorno presentato una sola volta, purché sia ancora valido. Così quei ragazzi, tirando calci a un pallone, si sentiranno davvero italiani.

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Ma a Torino la Figc dice no ai bambini rom

L'associazione benefica «Nessuno fuorigioco» ha creato la New Team che gioca i tornei Uisp

C'è un problema di integrazione: non si trovano bimbi italiani per le due squadre

La Federazione non concede l'iscrizione perché i tesserati devono avere la residenza

MATTEO BREDA - Gasport - 16-02-2013

A Torino, nella città della capolista di Serie A, c'è chi non vince una partita da due anni a questa parte. E a essere precisi nemmeno pareggia. Solo sconfitte. Ma i sorrisi non mancano, lo sguardo non s'abbassa e le polemiche non esistono. È la storia della New Team (come la squadra di Holly&Benji), una società di promozione sociale e sportiva che aiuta i bambini rom a integrarsi attraverso il calcio. -

Nessuno fuorigioco L'associazione è in piedi a Torino ormai da due anni e oltre a fornire assistenza nei campi abusivi di lungo Stura Lazio e di via Germagnano ha creato prima una formazione pulcini e ora, vista il successo, un'altra maschile e una anche femminile. I problemi però ci sono. E sono di doppia natura. Innanzitutto i volontari che allenano e aiutano non riescono a trovare bambini italiani disposti ad aggregarsi. Logico che a quell'età (tra i 9 e i 13 anni) ci sia una scelta famigliare a monte di tutto. E così per il momento, tra le due squadre, una di pulcini e una di esordienti, vi è soltanto un bambino torinese. «È un peccato perché si tratta di un progetto educativo gestito dalla nostra associazione "Nessuno fuorigioco" — spiega Timothy Donato, uno dei volontari più attivi —. Si tratta di un laboratorio di coesione sociale, vorremmo portare i diritti dove non ce ne sono». Perché i campi rom in cui l'associazione interviene sono abusivi, senza i servizi igienici primari. Al progetto ha più obiettivi — continua Donato —. Puntiamo a creare una sorta di vita normale per questi bambini e il calcio secondo noi è lo strumento migliore per ottenerla. Noi riusciamo a sopravvivere grazie al volontariato e alle donazioni di vari enti». Il gruppo di volontari comprende anche Marina Pace, Emanuele La Ferla, Enrico Giovannone (curiosità: ha vinto un David di Donatello per il montaggio), Sara Meloni e Mirko Corli. In campo (calcio a S) i bambini si divertono, non finiscono in mezzo a una strada e imparano le regole dello stare in gruppo. Anche se perdono tutte le partite. Compresa l'ultima squadra nata, quella femminile (composta da 4 bambine rom e 4 italiane tra i 12 e i 14 anni, età nella quale solitamente le ragazzine rom possono già essere sposate) che tanto per iniziare sta disputando la Coppa Carnevale in vista magari dell'iscrizione al prossimo campionato.

Problema Figc Il secondo problema dell'associazione è che la Figc non permette alle loro squadre di iscriversi ai campionati. Ecco perché hanno optato per i tornei Uisp (Unione italiana sport per tutti). Ma perché la Federcalcio ha detto no? Perché i bambini devono possedere la residenza italiana, ma questo documento non lo possono richiedere visto che risiedono in un campo abusivo. E così nonostante i genitori vivano a poche centinaia di metri dal campo di allenamento, i bambini non sono accettati dalla Figc. Un fatto che stride con una delle «mission ' del calcio, il quale dovrebbe includere e non escludere. ' Per quanto possano stridere con la realtà — spiega Ermelindo Bacchetta, presidente del comitato dilettanti del Piemonte — noi recepiamo queste norme emanate dalla Fifa che sono volute per frenare il traffico di minorenni. Certo, serve il buon senso in certi casi e non essere troppo rigidi. Abbiamo già avanzato una serie di proposte per snellire le pratiche burocratiche». «Noi abbiamo contattato anche il Coni per porre l'attenzione sul nostro problema — riprende Donato —. Noi andiamo al di là del campo di calcio, entriamo in contatto con le famiglie rom, li aiutiamo a sostenere visite mediche specialistiche, li aiutiamo a portar fuori dal campo i bambini». Anche perché i bambini frequentano le scuole italiane e condividono i banchi con italiani.

Volontariato La New Team, in attesa di poter disputare un campionato Figc, si autofinanzia. E come per il Barcellona è nato un azionariato popolare per sostenere le attività. Si può aiutare l'associazione con quote che vanno dai 5 ai 50 euro. «E poi abbiamo una curva di tifosi caldissimi — aggiunge in chiusura Donato — che ci seguono anche se non hanno i figli in campo. Perché i genitori dei bambini rom purtroppo sono impegnati con le loro attività proprio il sabato, il giorno delle partite»

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Forces driving idea of ‘Superleague’ wield considerable power

by GABRIELE MARCOTTI (THE TIMES 18-02-2013)

Periodically, someone in Scotland or the Netherlands ruffles feathers by dusting off Atlantic League proposals.

Versions of the idea vary, but fundamentally it is about taking the top sides from four or five small-to-medium nations and having them compete in a transnational league, presumably with promotion and relegation back to their own countries. I think it is a great concept and necessary to achieve the critical mass to enable these clubs to compete with Europe’s five biggest leagues who, by an accident of geography, have a huge inherent advantage.

Uefa, of course, officially balks at the notion, but what is interesting is that there is a growing push for something similar coming from the opposite end of Europe, and there are some heavy hitters behind it.

Russian clubs such as Zenit St Petersburg, Rubin Kazan, Anzhi Makhachkala and CSKA Moscow have discussed the creation of a regional “Superleague” to include top clubs from former Soviet Republics, such as Shakhtar Donetsk and Dynamo Kiev, of Ukraine, BATE Borisov, of Belarus, and perhaps a few other nations who want to participate.

The blueprint, in part, comes from the successful Kontinental Hockey League. Founded in 2008, the KHL features 26 teams from seven nations and, in its sport, is widely regarded as second only to North America’s National Hockey League.

As with the Atlantic League, the rationale is not hard to understand.

You raise the level of competition, you increase the size of the market — thereby making it more attractive to sponsors — and you put yourself in a position to compete with the traditional big leagues.

Compared with the Atlantic League, there are pluses and minuses. On the plus side, most of these clubs were playing each other 20 or so years ago, so there is a historical basis there (though one which, you might think, for obvious reasons some might rather forget). On the minus side, unless you’re a minor oligarch with access to your own private aircraft, following your team will be tough.

Yevgeni Giner, chairman of CSKA Moscow, may have jumped the gun somewhat when, last month, he was quoted as saying that Uefa “has said it will allow the unification of championships”. That’s news to me and to Uefa as well. What they have done is allow the Netherlands and Belgium to merge the top tiers of their women’s league, but only on an experimental basis for three years.

Yet, at the risk of giving conspiracy theorists more ammunition, you cannot ignore the original source of the former-Soviet Superleague proposal. Aleksey Miller is the chief executive of Gazprom, the company that owns Zenit St Petersburg, the folks who shelled out £80 million plus on Hulk and Axel Witsel last summer.

Gazprom also happens to be one of the world’s largest companies and a big sponsor of both the Champions League and Europa League. There is more, of course. Sepp Blatter is on the record as being an opponent of transnational leagues. But hey, guess who is hosting the 2018 World Cup? Russia. It is not hard to see how that might make for a tasty bargaining chip.

Make no mistake, the links between Gazprom, Miller and the folks running Russia are pretty strong. When Vladimir Putin, the president of Russia, worked in the St Petersburg’s mayor’s office promoting foreign investment, Miller was part of his team. Guess who was chairman of Gazprom for eight years, until 2008? That’s right, Dmitry Medvedev, now Prime Minister of Russia.

What all this suggests is that, if they want to go through with this, Fifa and Uefa will have a fight on their hands to stop them.

A former-Soviet Superleague would be no tragedy. But the real threat will come with the enforcement of Financial Fair Play and whether Uefa can apply its own rules when dealing with folks used to getting their own way. Especially when they are footing part of the bill for Uefa’s top two club competitions.

Modificato da Ghost Dog

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Cellino torchiato «Se esco dal carcere lo farò da uomo libero»

Il presidente del Cagliari interrogato per 9 ore: «lo innocente, non voglio i domiciliari. Le minacce? Inesistenti, sono fatto così» Domani gli avvocati presenteranno l'istanza di scarcerazione

I magistrati sono stati clementi: al patron una pausa sigaretta ogni mezz'ora

Francesco Velluzzi - Gasport - 17-02-2013

«Non voglio andare ai domiciliari, voglio uscire libero. Perché sono innocente». C'era da aspettarselo. Massimo Cellino ha dato battaglia ai magistrati. È stato protagonista, ha lottato, parlato, discusso, soprattutto fumato davanti al gip Giampaolo Casula e al pm Enrico Lussu. Assistito dai suoi avvocati «Bebeto» Ballero e Giovanni Cocco. Che domani presenteranno l'istanza di scarcerazione.

Dalla mattina L'estenuante giornata davanti al carcere di Buoncammino è cominciata alle 8.30 con l'arrivo dei legali. Alle 9 ecco il gip e via all'interrogatorio dell'assessore ai Lavori Pubblici di Quartu Stefano Lilliu. È durato mezzora perché l'indagato, assistito dall'ex presidente del Cagliari Mariano Delogu e da Roberto Nati, si è avvalso della facoltà di non rispondere. Ma ha voluto fare tre dichiarazioni: «Sono tifoso e abbonato al Cagliari e la tessera me la sono comprata per il settore distinti. Mio fratello Fabio è un omonimo di quello che lavora per Cellino, che non conoscevo prima della vicenda stadio». Pure per Lilliu verrà presentata istanza di scarcerazione.

Maratona Poco dopo le 10 è cominciata la lunga audizione di Massimo Cellino, che all'interno del carcere è un assoluto protagonista. Che diverte i detenuti e racconta aneddoti agli agenti. A patto che lo facciano fumare. Cosa che hanno fatto anche i magistrati: ogni mezz'ora gli concedevano una pausa sigaretta. Cellino in mattinata ha incontrato il cappellano del carcere al quale ha parlato della sua profonda fede. Poi ha ricevuto cioccolatini e merendine. E una busta dal fratello Giorgio: «Gli ho portato una felpa, un cambio biancheria e le arance. L'arresto è una bufala, tutti sanno che persona è. Fa beneficenza. Una volta andai in Africa e scoprii che dietro un ospedale appena costruito c'era proprio Massimo. E anche in carcere fa beneficenza». Vero. Cellino, rivolgendosi agli agenti, ha detto: «Ogni anno vi mando il panettone, appena uscirò ve ne manderò di più». Applausi.

Forza Cagliari Un po' meno durante l'interrogatorio, durato fino alle 17 (le tre ore successive sono state necessarie per secretare i verbali). Il presidente ha ribadito la sua innocenza e il fatto di aver speso tutti i soldi del Cagliari calcio per il sogno dello stadio. «Le minacce a Gessa? Inesistenti. Sono fatto così, è il mio carattere. Spero solo in una cosa: che i ragazzi vincano a Pescara». Ma durante l'audizione è emerso un altro dato: il presidente è preoccupatissimo per lo stadio di Is Arenas. Teme che il Cagliari non possa più utilizzare l'impianto in cui ha giocato 10 partite. Compresa l'ultima contro il Milan, grazie alla mediazione delle forze del calcio e al ricorso vinto dallo studio Ballero. L'avvocato «Bebeto» è uscito esausto dal carcere col telefonino che riportava parecchie chiamate della moglie del presidente, Francesca. Oggi prenderà fiato. Poi comincerà a rileggere gli allegati dell'ordinanza dai quali emergerebbero parecchie telefonate con alcuni dirigenti, in particolare Claudio Lotito e Adriano Galliani. Alle 20 su Buoncammino è scesa la sera. La piccola folla che si è radunata davanti e che sperava in una clamorosa scarcerazione è andata via un po' delusa. Il consigliere regionale Pdl Edoardo Tocco ha già prenotato una visita al presidente rossoblù per le 10 di oggi. «Da amico». La gente tifa per lui. Questo pomeriggio alcuni tifosi ascolteranno la partita alla radio davanti al penitenziario. Se non è amore questo... In una città che stenta, la squadra di calcio in Serie A è vista quasi come unico modo per sorridere. E il merito, per i cagliaritani, è di Massimo Cellino. Tutto quello che sbaglia gli viene perdonato.

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Margherita Rubino - Il secolo XIX - 17-02-2013

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Ipotesi sequestro Is Arenas resta ancora un rebus

Incerto il futuro dello stadio: molto difficile che domenica si giochi la gara con il Torino

Francesco Velluzzo - Gasport - 17-02-2013

Il trittico degli interrogatori si chiude domani. Dopo Massimo Cellino, presidente del Cagliari, e Stefano Lilliu, assessore ai Lavori Pubblici, tocca al sindaco di Quartu Sant'Elena Mauro Contini. Che è tuttora ricoverato nel reparto di cardiologia dell'ospedale Brotzu di Cagliari dopo il malore accusato in seguito all'arresto di giovedì. Contini è cardiopatico, ha dei pacemaker, ma domani dovrà rispondere alle domande dei magistrati che vogliono chiudere il cerchio. E capire anche i rapporti che lo legano a Cellino. Infatti il sindaco quartese avrebbe agevolato il presidente del Cagliari nell'acquisto per 6 milioni di euro del terreno di Santa Caterina a Elmas per il primo progetto di stadio, poi abbandonato in seguito ai reclami dell'Enac. Casula e Lussu vorranno soprattutto vedere chiaro sui soldi distratti per lo stadio di Is Arenas e inizialmente destinati ad altro Pia (progetto integrato d'area). Da tempo pare che i rapporti tra i due si fossero logorati. Celino insisteva per avere le autorizzazioni per giocare e Contini non voleva più firmarle. Ora il delicato compito spetterà al vicesindaco Fortunato Di Cesare, già denunciato per abuso d'ufficio. Abbastanza improbabile che si prenda la responsabilità. Intanto, anche ieri, dalla Prefettura non sono arrivati segnali sul futuro di Is Arenas. La sensazione è che difficilmente il Cagliari ci giocherà con il Torino, domenica prossima. L'ipotesi del sequestro dell'impianto resta in piedi. Ma bisogna anche tener conto della possibile rivolta dei tifosi rossoblu, stufi di subire. E sui social network le proteste abbondano.

Altre telefonate La settimana prossima vivrà, oltreché delle repliche del dirigente comunale Pierpaolo Gessa, 'minacciato da Celino., delle altre intercettazioni che riguardano il presidente in merito alle conversazioni con Lotito, Gallia-ni e altri personaggi di calcio e politica. Ai suoi colleghi Celino parla di una polizza per la salvezza. Ma il presidente da una vita le stipula con i Lloyd's di Londra. E con tanta fortuna. Per lui.

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Juve got to be kidding: Why Champions League wrestling match embodied everything wrong with modern football

Brian Reade

http://www.mirror.co.uk/sport/football/news/brian-reade-column-juventus-cheating-1712041

There are not enough trees on earth to provide the amount of paper needed to list all the faults in modern football.

Ticket prices, kick-off times, cheating, the grotesque sums paid to players and agents, 15 minute half-times to benefit the couscous-scoffers in the glass boxes and the TV advertisers, mega-rich owners buying success, the cowardice of the game’s rulers, the inconsistency of the officials... (you take over for the next half-hour now, my fingers are aching).

But there was a blatant disgrace screened across Europe this week that pulls many of those sins together. Something that sums up the cheating, the fear that match officials and the game’s rulers have of upsetting the big boys and the sheer disregard for the rules of the game and the wishes of the paying fans.

Something which shows that at its core football is a bent game run by gutless yes-men: The wrestling match staged by Juventus players during the Champions League game at Parkhead.

Or rather the refusal of the officials to do anything about it for fear they would upset so many people in authority they might never be paid to work again.

It didn’t happen once or twice, it happened whenever Juventus had to defend a set-piece. And it wasn’t simply a personal duel between Stephan Lichtsteiner and Gary Hooper aimed at shielding the Juve keeper. At one point I counted four Celtic players being held or blocked by defenders who were looking at the man not the ball.

And the cheating was allowed to happen because the Spanish referee bottled it.

He saw the continual bear hugs and clinches, and thought booking one player from each side would be enough. Then allowed it to happen again and again because he didn’t have the courage to pull out a red card or give a penalty.

It meant Juventus were safe to carry on illegally ruining every set-piece and thus Celtic’s chances of getting anything from the game. The fact the Italians were the better team and would probably have won anyway, doesn’t excuse it. If anything it makes it worse.

And it all leads back, as most things do, to the men at the top.

Everyone in football knows that the extra two goal-line officials are about as pointless as a pair of balls on a chemically castrated eunuch. Everyone except the man who introduced them three years ago. This is what President Platini said at the time:

“With the five referees every area of the pitch is covered. There will be near zero tolerance with respect to the referee because with the help of his assistants he should see everything. Now, if a referee cannot see, it means he is no good and must find another job.”

So I’m guessing the Parkhead ref, Alberto Mallenco will soon be receiving his P45. Or maybe not.

Because if Platini took action against Mallenco he would have to take it against most referees from Italy and Spain where cheating through man-handling is ingrained.

If he instructed Champions League referees to punish persistent use of these dark arts with penalties and sending-offs (which would stop it at a stroke) he would face anarchy from the powerful southern European UEFA delegates who keep him in his lucrative job.

The biggest joke is that in the same week wrestling was kicked out of the Olympics its place in football has never looked more assured.

But I don’t see too many Celtic fans laughing.

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Tutta colpa di... Sanremo

L'anticipo che ha fatto infuriare Conte legato alla guerra di audience con il Festival

Juve-Celtic meno invasivo: venerdì Napoli, domenica il Catania. Come il Milan

FABIO RIVA e STEFANO SCACCHI - Tuttosport - 18-02-2013

E VISTO che Antonio Conte direttore d'orchestra imbufalito ha parlato "di spartiti suonati male e di stonature, mettiamola così: la Juventus, sabato sera; ha.. steccato contro la Roma anche per "colpa" del festival di Sanremo. Spieghiamo... .

PERCHE'?.. Il tecnico a fine gara - e per la verità pure prima, diversi giorni prima - ha molto insistito sul fatto che la squadra sarebbe stata svantaggiata dal fatto di dover tornare in campo, all'Olimpico, a così pochi giorni di distanza dal match giocato a Glasgow contro il Celtic. «Perché non ci hanno fatto giocare domenica? Perché addirittura non lunedì?», si chiedeva, e chiedeva, in conferenza stampa. Ebbene: lunedì (ieri) no, perché "spettava" a una squadra reduce dall'Europa League, giocata al giovedì. Domenica sera neanche, per lo stesso motivo. E domenica pomeriggio? Neppure, per esigenze televisive. Appunto: le televisioni auspicavano che la gara di cartello - Roma-Juve - fosse disputata al sabato sera, in modo da provare a contrastare, senza uscirne malconci in termini di auditel e share, la concorrenza con il Festival della Musica Italiana. La finale che sabato ha incoronato Marco Mengoni è stata seguita da una media di 13 milioni di italiani con il 53.80 per cento di share. Serviva l'appeal dei bianconeri (guarda un po', si pesca da un bacino di 14 milioni di italiani, grossomodo come gli appassionati del Festival) e giallorossi per non impallidtreoi»' tremodo. »

LA JUVE TIRA» Va detto anche, però, a onor di cronaca, che la Juventus non ha mai chiesto ufficialmente di posticipare la gara alla domenica. Probabilmente l'ad Beppe Marotta aveva ben chiare le dinamiche, sapendo anche che negli ultimi due anni è accaduto appena in due occasioni che venissero variati i programmi degli anticipi e posticipi televisivi. Lo stesso Antonio Conte ha spiegato: «La Juventus tira, in gergo televisivo...». Ma va anche detto, sempre a onor di cronaca, che in via Allegri hanno ritenuto "accettabili" le dichiarazioni di Conte, sia pure molto esplicite. Nessun caso diplomatico, anzi. Hanno compreso le ragioni del tecnico, hanno apprezzato il fatto che siano state rese in maniera "civile". Insomma, le hanno accolte come un invito a tenere conto anche di determinate dinamiche, in futuro, per provare a fare meglio. Lo sfogo del tecnico, dunque, lungi dall'essere derubricato come un accampare d'alibi, potrà anche tornare utile per evitare il ripetersi di condizioni così penalizzanti.

LA PROSSIMA La cosa positiva, che rassicura Conte, è che il calendario prevede che la gara di ritorno contro il Celtic di mercoledì 6 marzo possa essere preparata con la dovuta calma. Nonché - visto che teoricamente, diciamo così, non si tratterà di un match proibitivo... - non condizioni la ripresa del campionato. La Juventus, infatti, anticiperò la 27 giornata (niente meno che Napoli-Juventus) a venerdì 1 marzo e disputerà la 28 (Juventus-Catania) domenica alle 15. Scansione perfetta: venerdì, mercoledì, domenica. In sol-doni: tre partite in 10 giorni. E non in 8, come con Fiorentina, Celtic e Roma. La scansione, cioè, con cui il Milan affronta la doppia sfida contro il Barcellona. In questo caso, però, sia nel caso della gara d'andata, questa settimana, sia in quella di ritorno (martedì 12 Marzo): f rossoneri anticiperanno a venerdì 8 il match col Genoa e ospiteranno il Palermo la domenica successiva. Ultimo domandone: perché loro due volte e la Juventus una volta sola? Combinazione... Ma la risposta pare essere oggettiva: la Juventus non ha potuto anticipare la gara contro la Fiorentina per via della sosta delle amichevoli delle Nazionali. I bianconeri sono tornati tra mercoledì e giovedì. In questo caso Sanremo non c'entra.

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Il punto

Il calendario deve essere uguale per tutti

Una squadra e i suoi limiti anche tattici

Gianni Mura - la Repubblica - 18-02-2013

QUANDO la Juve diventa piccola il Napoli non riesce a diventare grande. E vero che rosicchia un punto (era dietro di 5, ora sono 4), è vero che tra due settimane a Napoli c'è lo scontro diretto, ma i fischi che hanno accolto lo 0-0 con la Samp esprimono tutta la delusione per una grande occasione non sfruttata. Sarà colpa del campo, come hanno detto Cannavaro e Cavani, sarà quel po' d'insicurezza dopo il pesante e difficilmente rimediabile 0-3 di giovedì in Coppa, sarà anche merito della Samp, che sa chiudersi bene e ripartire in velocità e che nel primo tempo ha giocato meglio del Napoli. Però chi ha visto la Juve perdere all'Olimpico dovrebbe giocare con ben diversa aggressività e dal primo minuto, perché la Juve era diminuita nel rendimento, mai tre gol erano a favore, e fuori casa. E quindi lo 0-3 del Napoli non significa la più o meno volontaria rinuncia all'Europa per puntare tutto sul campionato, come alcuni avevano sospettato, ma è la spia di un disagio che la partita di ieri ha ulteriormente sottolineato.

Ora è fin troppo facile parlare di maturità non raggiunta. Non direi, perché partite che valevano quella con la Samp (a Parma, per esempio) il Napoli ha dimostrato di saperle vincere. Penso piuttosto che si trovi a disagio quando deve fare gol a squadre che sanno chiudersi ma anche ripartire. La banda-Mazzarri dà il meglio in spazi larghi, ha un contropiede micidiale. Quando gli spazi sono stretti serve più precisione nel tocco, qualche dribbling vincente (ci ha provato Insigne, senza incidere) o qualche tiro da lontano: palo di Hamsik, che s'è svegliato tardi, ma non è un buon motivo per minacciarlo con una pistola e levargli l'orologio, com'èaccaduto ieri sera.

IN SOSTANZA, negli spazi stretti servirebbe una tecnica che il Napoli non ha, se non in alcuni elementi. Si sono viste due facce della squadra: tesa, preoccupata, quasi rattrappita nel primo tempo, arrembante ma con poca lucidità nel secondo, con un crescendo nell'ultimo quarto d'ora che fa escludere un calo fisico ma fa emergere la voglia iniziale di non sprecare energie. Irriconoscibile il centrocampo sia negl i esterni che nei centrali.

Finché assistiamo al "ciapanò" e pur tenendo conto della brutta Juve vista sabato, prende corpo la sensazione che lo scudetto possa perderlo solo la Juve. Certi alti e bassi non si spiegano soltanto con gli impegni europei, che pure hanno il loro peso. Con l'Europa di mezzo, ricordo stagioni in cui si giocava sul ritmo domenica-mercoledìdomenica e con rose di 16/18 giocatori, non dieci in più. Se le alternative per il famoso turn-overci sono, si usino, ma sapendo che è più facile sbagliare. Fondamentale che la Lega sia trasparente sul calendario. Se è giusto chiedere protezione per tutte le squadre impegnate in Europa, non si capisce perché il Milan abbia giocato venerdì, quando riceverà il Barcellona mercoledì, e la Juve sabato con la Fiorentina e martedì a Glasgow. Nessuna delle squadre impegnate in Europa ha vinto. Oggi tocca alla Lazio, a Siena.

La Juve, forse memore della molle Roma dell'andata, ha fatto una partita contemplativa, aspettando che piovesse un gol cui è andata vicino solo con una punizione di Pirlo, e trovandosi sguarnita quando la Roma ha alzato il ritmo nel secondo tempo, il contrario di quanto faceva con Zeman. Monumentale Totti, non solo per il gol ma perla dedizione e l'utilità. Serata quasi perfetta: quasi perché poteva risparmiarsi il calcio a Pirlo.

Una mattanza più che una partita a Firenze tra due squadre senza una punta vera, ma i viola con tre registi e l'Inter nessuno. Jovetic e Ljajic non si sono mai divertiti tanto, mentre l'Inter può ringraziare Handanovic se il punteggio non è ancora più pesante. L'infortunio a Milito è un colpo durissimo alle residue ambizioni dell'Inter: un punto in sette trasferte è bilancio da retrocessione. Due citazioni positive per due all'esordio in A: Maran salva il Catania con quasi tre mesi d'anticipo, Sau (10 gol di cui 8 fuori casa) sta salvando il Cagliari.

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Fischio finale

Spinte e trattenute: in Europa non si può

Paolo Casarin - CorSera - 18-02-2013

rizzoli arbitra Fiorentina-Inter per confermare la buona fama e cercare la migliore condizione anche per la fase finale delle Coppe. Rizzoli entra subito in partita, a suo modo: dialogo diffuso con i calciatori che non gli impedisce di far rispettare le regole come nel caso del giallo a Pizarro. Anche Rocchi, con l'arbitraggio di Roma-Juventus, ha confermato uno stato di sicurezza ed equilibrio tecnico apprezzabile.

Sorprende la contestazione della Juve per la mancata battuta del calcio d'angolo alla fine del tempo di recupero: il momento del fischio finale spettava al solo Rocchi e al suo orologio. Solo all'estero gli arbitri, talvolta, permettono la conclusione del gioco. Semmai a ogni arbitro, in Italia e all'estero, non spetta dare informazioni ai calciatori sulla fine della partita, soprattutto negli ultimi secondi e in corrispondenza di una fase importante di gioco. Dire che mancano pochi secondi equivale a illudere la squadra che sta per battere il corner che, comunque, il corner verrà battuto.

Rimanendo nel confronto con il calcio europeo sarebbe interessante, ma impossibile, vedere che sorte sarebbe toccata a De Rossi per l'intervento intimidatorio, oltre che falloso, su Lichtsteiner. Nella partita di Europa League contro il Borussia, la Lazio ha subito 3 rigori, 2 dei quali per trattenute in area di rigore. Ogni squadra italiana ancora coinvolta nelle competizioni dell'Uefa, deve ricordare che all'estero la tolleranza per questo tipo di «gioco» in area è molto meno accettata.

Il terzo big dei fischietti internazionali, Paolo Tagliavento, ha ben diretto Chievo-Palermo, con autorevolezza e serenità; nessun dubbio che il fallo di mano del rosanero Garcia meritasse il calcio di rigore. Forse Russo, in Catania-Bologna, non ha potuto vedere che Marchese ha respinto un tiro di Motta, stringendo il pallone tra le braccia, per assicurarsene il controllo: era rigore. Si spera che dalla recente riunione tra dirigenti arbitrali, allenatori e capitani, gli arbitri non abbiano tratto la convinzione di dover allargare il concetto di involontarietà nel caso dei contatti dei pallone con la mano-braccio.

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da il post del 19/02/2013

bbc news

beh qui sembra che la prescrizione sia un po più lunga

e la federazione e la lega competenti :interxxx:

19 February 2013 Last updated at 05:55 GMT

China footballers and officials banned for match fixing

_65949608_65949603.jpg Shanghai Shenhua was found guilty of bribing officials to fix a league matchContinue reading the main story

Related Stories

China's football association has banned 33 players and officials for life after a three-year probe into match fixing.

The Shanghai Shenhua club was also fined 1m yuan ($160,000: £103,000) and stripped of its 2003 league victory for fixing a match on its way to the title.

In recent years, China has increased efforts to clean up football, which has been hit by a series of scandals.

Over the past year, more than 50 officials, referees and players have been jailed.

The corruption and rigging has at times been blatant, says the BBC's John Sudworth in Shanghai.

One infamous match ended with a team clearly seen trying to score an own goal, he says.

Attracting talent

Shanghai Shenhua was found guilty of offering bribes to officials to secure it a 4-1 victory against Shanxi Guoli, Chinese media report.

_65949612_65949611.jpg UK premier league star Didier Drogba stayed at Shanghai Shenhua for just one season

In addition to the fine, it was given a six-point penalty for the coming season, as was another top-division side, Tianjin Teda, which was also fined 1 million yuan, said China Daily.

In total, 12 clubs have been given financial or points penalties, Xinhua reports.

Among the officials banned for life were two former heads of the football league, Nan Yong and his predecessor Xie Yalong, who are already serving 10-and-a-half years each in jail after being convicted of accepting bribes.

Another 25 players and officials have been given five-year bans.

China's football authorities hope that by cracking down on corruption cases they will raise standards and attract foreign talent to play in the country, says our correspondent.

But they clearly have some way to go, he adds. Former English premier league players Didier Drogba and Nicolas Anelka were recently signed to Shanghai Shenhua, but left after just one season.

:interxxx:

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Cambia il Coni perché nulla cambi

Gianfrancesco Turano - Ragù di capra - espresso.it - 19-02-2013

La geometrica potenza del circolo Canottieri Aniene arriva dove nessuno credeva possibile. La congiunzione astrale tra Luca Cordero di Montezemolo e Gianni Letta ha provocato il cataclisma definitivo nel mondo quieto e pacifico dello sport italiano, dedito a medaglie e scandaletti durante il Ventennio di Gianni Petrucci.

Giovanni Malagò, presidente dell’Aniene, concessionario d’auto e splendido cinquantenne, ha sconfitto a sorpresa i petrucciani rappresentati dal delfino Lello Pagnozzi, in ticket con l’ex commissario straordinario della Figc post-Calciopoli, Luca Pancalli.

Appena ieri, dai quartieri generali dell’ormai ex segretario generale del Coni trapelava il seguente pronostico: noi 50, Malagò 26. Piuttosto il contrario. Il bello dello sport è l’imprevidibilità. Almeno dello sport praticato. Lo sport politico in Italia, fin dai tempi del Giulio Onesti-Giulio Andreotti, è sempre stato all’insegna del manzoniano “sopire, troncare”. Poche scosse e vietato parlare al manovratore.

Allora come mai ha vinto Malagò? Le voci che corrono tra le federazioni sportive parlano di un Gianni Letta, sempre lui e ancora lui, che abbandona Pagnozzi in dirittura d’arrivo. I più maligni sussurrano che lo stesso Petrucci, rassicurato dal suo buen retiro alla guida della Federbasket, sarebbe stato troppo tiepido nel sostenere il suo pupillo. Né hanno giovato i Giochi di Londra, mediocri nei risultati e macchiati dalla positività di un atleta di punta come il maratoneta Alex Schwazer.

Allora si cambia, Gattopardo (nel senso del libro) alla mano.

La grande Josefa Idem, otto volte alle Olimpiadi e futura parlamentare Pd, ha dato il benvenuto a Malagò come innovatore e persona capace. La signora ha un delizioso modo teutonico di interpretare la politica. Sulle capacità di Malagò, infatti, nessun dubbio. Sulla carica innovatrice di un pariolino benedicente a destra e a sinistra secondo i flussi elettorali sarà meglio giudicare tra qualche mese. A meno che il trasversalismo sistematico non significhi di per sé innovazione. Se è così, l’Italia è il paese più innovativo del mondo.

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Detto dopo

E' il calcio degli scandali a singhiozzo

Tony Damascelli - il Giornale - 19-02-2013

Che Paese è diventato il Nostro? Che Paese è quello che chiede se i napoletani sono riconoscibili dall'odore e scoppia, giustamente il finimondo; quello che se Marchisio mormora che gli sta antipatico il Napoli, riscoppia un altro scandalo; quello che se al calciatore del Napoli Hamsik viene puntata una pistola in faccia, da tre, dico tre figuri a bordo di uno scooter dopo avere spaccato il finestrino dell'automobile a bordo della quale lo slovacco era in coda all'uscita dello stadio e rapinato l'orologio di marca, senza però che nessuno gridi vergogna, miserabili, delinquenti? Che Italia è quella che se i cori riguardano Balotelli scatta la multa ma se sono riferiti ai morti dell'Heysel allora tutti zitti? Che Paese è quello che va a votare il capo supremo dello sport, il presidente del Coni, senza che gliene freghi niente a nessuno? Che Italia è quella dove un presidente è in galera e i tifosi lo celebrano davanti al carcere? Non mi fermo. Che Italia è quella dove i procuratori che fanno tendenza non versano le tasse all'Erario ma in nazioni estere? Che Paese è quello dove gli stadi e i terreni di gioco sono diventati i peggiori di Europa dopo essere stati, per anni, i migliori del continente? E, infine, che Paese è quello che, per l'appunto, offre l'immagine di impianti deserti in serie A e in serie B? La crisi? Forse abbiamo l'esclusiva della crisi, perché i numeri di Germania, Inghilterra, Spagna, danno indicazioni differenti. L'affluenza nei nostri stadi oscilla intorno al 54%, per salire al 75 in Germania, al 92 in Spagna, al 95 in Inghilterra. Sono dati che risalgono a due stagioni fa. Forse qualcosa è migliorato? Faccia un passo in avanti chi ha il coraggio di affermarlo. Comunque giovedì c'è l'euroleague e domenica il derby. Il bello deve ancora cominciare. Non è vero?

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A Quick Primer

by DECLAN HILL (Match fixing, soccer and organized crime 18-02-2013)

There is an international match fixer living in Singapore who has, according to numerous different European police agencies helped fix hundreds of football matches around the world.

Interpol has issued an international arrest warrant for him. The Singaporean government has responded by giving them, FIFA, European police investigators and the international sporting community the finger.

They have given the finger in true-Singaporean fashion – lots of flabby excuses and illogical media statements – but basically they have told Interpol/FIFA where it can put its warrants.

Strangely, Interpol and FIFA have taken this crap from the Singaporeans.

Instead of standing up to them, they are engaged in a monstrous media spin campaign to convince journalists that:

i) The problem is serious and they are right on top of it.

ii) The problem is not that serious, but they are still right on top of it.

iii) The problem is serious and the Singaporean police are helping them out, not by actually arresting any internationally wanted criminals who live in Singapore, but by coming to visit Interpol and having a series of meetings with them.

iv) Besides, why is everyone so hung up on this ‘arresting people’ thing? An international police agency is more like an educational institution where you tour the world convincing people of the dangers of the illicit drug trade – and look how successful Interpol has been in stopping all the drug-dealers!

v) Err, that is it, until that troublesome Canadian journalist says something else…

Here then is a quick primer of situation over the last couple of weeks. It is an adaptation of an interview with the superb football journalist Jerrad Peters at the ‘Bleacher Report’ site.

B/R: What did the Europol press conference tell us?

DH: We know that there have been at least 360 matches that are considered to have been fixed in the last couple seasons in European football. What we didn’t know going into that press conference was that there were 300 matches in Asia, Latin America and Africa that were also suspicious, and what was truly shocking about that number is that at least 150 of them were national team matches.

For example, Zimbabwe vs. Malaysia, or games at that level. There aren’t that many games at that level, so 150 of them—that’s a pretty high proportion. It’s about one a week. If I were a jam-making factory and between one and five percent of my product was toxic, you’d better hope I was going to be closed down.

B/R: Sepp Blatter claimed that many of the matches in question had already been “dealt with” by both FIFA and the authorities. Is this an accurate claim?

DH: To say that all those cases in Asia, Latin American and Africa have been dealt with is disingenuous at best. For FIFA to pretend that this is being dealt with an international level is outrageous, because it speaks to the very governance of football. We’re talking about one to five percent of the games that happen every week under the direct watch of FIFA being fixed.

B/R: What’s the first thing FIFA should do if they’re serious about tackling this problem?

DH: Somebody at FIFA has to stand up and say, “You know what, Singapore? We don’t like this. Your people are going around the world fixing matches in our countries.”

Just say, “Look, we think you should sit out the next international tournament; we think you should sit out the World Cup and the Olympics.”

It would send a clear message to Singapore: “Hey guys, we’re not having your garbage. You’re dumping a bunch of garbage into our sport, and we’re serious about cleaning it up. And you know what? Banning you doesn’t cost any money; it’s not complicated. What we’ll do is we’ll put this ban into place for the next two years. And if you arrest [the fixers] and put into place the sort of measures that show us you’re serious about cleaning up match fixing in your jurisdiction—fine, come back. But if you’re not, we just don’t want you.”

That’s what has to be done. It’s cheap, it’s easy and it’s very simple to do.

B/R: And the broader authorities?

DH: We’re at a very rare case where we can sum everything up in one sentence. And that sentence is, “Dan Tan must be arrested.”

B/R: Who is Dan Tan?

DH: Dan Tan is an international match-fixer who is alleged to have fixed matches in dozens of different countries. Some Italian media claim that he is “the No. 1 wanted man in Italy.” Think about all the mob people in Italy – the Mafia, the Camorra, the ‘Ndrangheta – and the Italian media is calling him “the No. 1 wanted man in Italy.” That’s a huge thing. That’s really, really big.

There’s an Interpol international arrest warrant, but Interpol is clearly not interested in pushing the Singaporean government to serve that arrest warrant. The Singaporean government has basically given the finger to Interpol and FIFA and the international community and made up a bunch of excuses as to why they’re not serving it.

Note: Interpol is – now – trying to spin that the arrest warrant they served was not really an ‘arrest warrant’ it was more like an international parking summons, well, actually more like an international parking ticket, that governments and suspects can ignore if they do not want to pay the fine. Please! This is spin. Poor old Interpol is in a crisis of credibility over their entire campaign against match-fixing. Bless them, but take their statements with the seriousness they deserve.

B/R: Is Dan Tan where the problem begins, or are there others like him, or even more powerful than him?

DH: He’s a broker. There are people much more powerful than he is. Look, you can’t have that many matches being fixed without international officials being involved.

Let’s be really clear here: I’m not talking about Sepp Blatter and the guys in Zurich. I don’t think they’re fixing matches. I really don’t. They don’t need that. But I do think there are presidents and senior executives of national football associations—i.e. the guys who vote for Blatter—who are fixing.

And I think if we were to put Dan Tan on trial in a neutral location, promise him a protection deal, do the stuff we have to do to get a fair testimony…and if he told everything he knew, it would shake world soccer. It would be a huge scandal, but we would do an immense amount of good toward cleaning up the problem, and then we would move on.

He’s the centre of a network, he knows lots of people. And if you get him you could get lots of other people. You could set fixing back three to five years in which time leagues around the world could put into place all sorts of really good, sensible measures that wouldn’t cost all that much money, and you could make fixing a small side issue.

B/R: What are we risking if match fixing is allowed to continue unchecked?

DH: If we don’t arrest Dan Tan, you can just give up the game within five to ten years. Just give up. Because if we don’t arrest him it means the people we have tasked with dealing with this issue have with doing this have failed, that they’re deliberately complicit with failure. If fixing is tolerated, why would you bother? Why would you bother paying attention to this game?

What Interpol and FIFA, and now sadly UEFA, are doing is they’re getting caught up in this battle for credibility instead of rolling up their sleeves and saying, “My goodness, Dan Tan must be arrested. We’re going to put all our efforts into doing that.”

But if they can’t even arrest a man who has hundreds of pages of evidence against him, forget it.

The art of fixing a football match

by DECLAN HILL (CNN 19-02-2013)

In all the toing and froing that we have seen in recent weeks surrounding match-fixing -- the Europol press conference that announced more than 680 suspicious football matches worldwide and the banning of 33 players and officials for life in China -- one question has been largely overlooked: just how do you actually fix a football game?

After all, football is not a sport like cricket with stops and starts. It's a team game with an ebb and flow that should make it very difficult to fix.

But according to the European police investigators, the fixers and dodgy sporting people were able to successfully manipulate hundreds of games -- so how did they actually arrange these corrupted matches?

In essence, there are three ways and the first is the old stand-by of a dodgy referee.

There have always been officials who are willing to corrupt matches. I showed in my book "The Fix: Soccer & Organized Crime," that there is a long tradition in some countries of clubs providing referees with sexual bribes before matches: good-looking young women who suddenly found the men in black irresistibly attractive.

The next morning, club officials would drop a gentle word about '"ocal hospitality" and the official, who was often married, knew that they had to provide a "well-refereed" match for the host team.

The problem with that method is that it is very difficult for referees to deliver a fixed match. They can give away needless penalties and red cards, but in the end their capacity to actually affect a match is limited.

Read: Match-fixing threatens 'integrity of football in Europe'

A second method is gathering four or five players in a team to throw a match.

The advantage to this scam is that it actually makes identifying a fix very difficult for a spectator. You have six players running around trying as hard as they can; and you have five players pretending to run around trying as hard as they can.

This way an outsider finds it extraordinarily difficult to figure out what is going on. All they see is 11 players who may or may not be making mistakes honestly. All of whom are swearing and cursing the moment anything goes wrong. Who is on the fix or even if there is a fix occurring is very difficult to tell.

The most pernicious method, and most effective, is when a fixer can get a club owner to fix matches.

The Europol investigators spoke about this during their conference. There are dodgy club owners in Europe who will begin a season by looking at the 40 or so games in the league, and think, "Right we will try to win these 30 matches, and we will lose these 10."

Read: FIFA official Jerome Valcke: 'Match-fixing is a soccer disease'

Morally it is a terrible thing to do.

Financially, however, it makes excellent sense. Knowing that they will lose those specific 10 matches, the club owners will bet against their team and make more money losing those matches, then in winning all the other games.

Last year FIFPro, the umbrella group of professional footballers' unions, conducted a survey where they spoke to over 3,000 European players about their working conditions and the possibility of corruption in the sport.

The results were so shocking that FIFPro entitled the results of their survey "The Black Book of Football." In the report, players spoke frequently of intimidation and threats to ensure that entire teams fixed matches. And that intimidation was often coming from the owners of the teams.

If corruption exists at a club, it makes it very easy to fix a match. A club owner simply has to walk into a dressing room and say, "Right, lads. Today, you will lose the match. If you do not lose you will not get your salary for the last few months."

Read: China punishes match-fixers

In those cases, all the players have to do is make sure the spectators do not notice and they have a successful fix.

All this is not to say that every game is fixed.

The situation is far better in Europe then Asia. In that continent, there are entire leagues like - the Chinese and South Korean -- that have had to be shut down for months while mass arrests were conducted before the sports could continue.

It is to say, though, that unless serious measures are taken the world's game will be very, very badly affected.

The Red Flags of Malarkey

by DECLAN HILL (Match fixing, soccer and organized crime 20-02-2013)

In life, there are certain phrases that mean the exact opposite to their stated meaning. For example, the term “world-class” usually means that something is parochial, petty and provincial. You do not see signs in Paris or Rome advertising “world-class” projects, but you do in just about every small-town across the globe. “Centre of excellence” (mediocre and deeply unoriginal) is another term, but the best is when someone looks you in the eye and says, “I am going to be completely honest with you.” This usually means that the malarkey is just about to start, however, thanks to their sub-conscious, a large red-flag has been raised to warn you that they are now going to start talking nonsense.

The AFC/Interpol Conference against Match-Fixing is about to start in Kuala Lumpur, Malaysia. Given both of these organizations failure to act credibly against sports corruption it will be, unless there is a dramatic change in their operations, a sham, a farce and perilously close to a cover-up. There will, presumably, be lots of flags flying outside the conference centre, but as a public service, here is a list of some of the red-flags of malarkey that you may hear at the conference. These are the signals that will be hoisted just before someone starts to talk nonsense.

1) The Arrest Clock – First of all, as a public service here is a tool to give accountability to some of the malarkey statements. On Wednesday, November 28th, 2012, the Head of Interpol Ron Noble announced in Singapore that there would a series of imminent arrests of match-fixers in that jurisdiction. Now if you are like me, you might think imminent arrest means that the police cars are warming up their sirens, the officers are buckling on their swat jackets and the gang of fixers are frantically running through their apartments trying to destroy as much evidence as possible.

However, in the Interpol–Singapore Gangnam Style of policing imminent arrests means that the prospective criminals get to flush any incriminating evidence down the toilet, destroy their hard-drives, throw away their mobile phones, vacuum their apartments, do the washing up, cook their wives dinner, pick the kids up from school, go to the casino, take a holiday, maybe fix a few more matches to keep their hands in. You know – imminent arrests.

Therefore, I have instituted the “Very Official Interpol/Singapore ‘Arrest Clock’” to see how long it takes the Singaporeans to get out from behind their desks and actually arrest an internationally wanted match-fixer in an imminent manner.

http://games.webgame...33333&nb=1&nd=0

To this date, it has been twelve-weeks since the fixers in Singapore received a loud, clear and unmistakable signal to destroy any proof of their activities, but possibly, they may need some more time. The VOISAC (police bureaucrats loves acronyms!) measures clearly the time it takes to imminently arrest them. For any journalists attending the conference, just refer to the clock when you hear any official statement, if they have not made the ‘imminent arrests’ what credibility do they have for any new measures?

2) Operation SOCA – it is a sign of the inexperience and naivety of many of the other journalists covering this story that they give Interpol any credibility for this police action. In fact, if you see a reporter citing Operation SOCA in their articles, you can immediately dismiss their work as a mixture of fantasy and raw credulity. If you see any Interpol or AFC official citing this operation in a presentation, you can do likewise.

For the uninitiated, Operation SOCA is a joke. It is shadow puppet theatre. It is law enforcement by and for media relations. What happens every year is that Asian police forces go out and arrest a bunch of street gamblers. Often these operations are conducted with the help of the top-bookmakers. The officials then make a series of po-faced announcements where they say things like, “a serious blow against sports corruption” or “an unrelenting battle against the King-pins of Fixing”. At the Interpol conferences, Operation SOCA gets brought up repeatedly. It is a joke and should be treated as such.

Don’t believe me? Take the word of Joe Pistone a.k.a. Donnie Brasco – one of the best undercover cops of the FBI. Here is his perspective, when I described police actions against gambling in Asia:

“Right, and they make a bust. I mean, that happens here in the States too. They make a bust and they arrest some nobodies, so it looks like they’re doing something. I mean, that’s the old game, that’s not something new…

“It keeps the newspapers happy, it keeps the people happy, you know, the citizens happy, that, you know, the police are doing something. Somebody gets arrested. You know, somebody of no consequence. And they make sure that there’s not that much money there at the time. I mean, that’s not a new game. That game’s been around forever.”

To understand, say the following mantra – ‘Gambling is not fixing. Gambling is not fixing. Gambling is not fixing.’ What they are doing in Operation SOCA is arresting a lot of lowly bettors who have no more to do with fixing than the office pool on the Super Bowl or the World Cup does with organized crime. Police forces have to make these operations periodically against things like prostitution to keep up their media image.

3) Interpol’s Arrest Warrant for Dan Tan: To repeat, Dan Tan is an internationally-wanted alleged match-fixer living in Singapore. There is a mountain of legal evidence against him for his activities in numerous countries.

There’s an Interpol international arrest warrant, but Interpol is – now – trying to spin that the arrest warrant they served as not really an ‘arrest warrant’ it was more like an international parking summons, well, actually more like an international parking ticket, that governments and suspects can ignore if they do not want to pay the fine. Please! This is spin. Poor old Interpol is in a crisis of credibility over their entire campaign against match-fixing. Bless them, but take their statements with the seriousness they deserve.

There will be other red-flags of malarkey flying over the AFC-Interpol Conference (“match-fixing is a long, complicated war that will never be solved” etc) but these should help any sports official or journalist when the obvious nonsense is being spun.

abfqIUMw.jpg

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Pomata illegale

Così “Lello” salvò lo juventino

NELLE INTERCETTAZIONI DI CALCIOPOLI

LA FAMILIARITÀ TRA PAGNOZZI E MOGGI

ALL’AMICO LUCIANO “Perché, purtroppo, anzi, me devi mantenere in vita, come

dire, con una certa attenzione! Con una certa cura, dandomi le medicine giuste”

di PAOLO ZILIANI (il Fatto Quotidiano 19-02-2013)

In attesa delle fumata bianca in Piazza San Pietro, oggi si elegge a Roma, al Salone d’Onore del Coni, il nuovo presidente del Coni. Contro Lello Pagnozzi, 64 anni, segretario generale uscente, e Giovanni Malagò, 53 anni, presidente del Circolo Canottieri Aniene. Il grande favorito è Pagnozzi che forte della sua lunga militanza “in famiglia” (è al Coni da quando aveva le braghe corte, 1973) conta di racimolare almeno 50 voti su 76, forte anche del sostegno del presidente uscente Petrucci e di un gruppo di presidenti eccellenti, in coda ai quali si è schierato anche Andrea Agnelli, rampollo di casa Juve. “Il ticket Pagnozzi-Pancalli – ha detto - può garantire al Coni l’innovazione e il rinnovamento di cui c’è bisogno”. Domanda: a cosa si deve un simile attestato di stima da parte del presidente juventino, che ha 37 anni e certo non può vantare frequentazioni giovanili del sor Lello? Che ci sia sotto lo zampino di Moggi, che a dispetto della radiazione Agnelli jr. continua a tenere – e non l’ha mai nascosto - in grande considerazione? Voi direte: ma che c’azzecca Moggi con Pagnozzi e con il Coni? C’azzecca, eccome! Magari Moggi ad Agnelli non ha detto niente, ma è il caso di ricordare – visto che molti hanno preferito dimenticarlo – che Pagnozzi finì malamente, anni or sono, nelle intercettazioni di Calciopoli: lui da una parte, Moggi dall’altra.

È il 17 novembre 2004 e la Juve ha un serio problema con un suo calciatore che sta per giocare, la sera stessa, l’amichevole Italia-Finlandia a Messina. Il giocatore ha assunto un farmaco “soggetto a restrizione d’uso” (un farmaco dopante) per il quale, come ha spiegato il dr. Agricola a Moggi in una telefonata, ci sarebbe bisogno di notifica giustificativa che parli ad esempio dell’uso di una pomata: notifica che però, per non incorrere nella positività, avrebbe dovuto essere inviata all’antidoping del Coni 48 ore prima del match. “Mo’ te lo accenno – dice Moggi a Pagnozzi – è… è una cosa che rimane a te, perchè ieri abbiamo parlato con Carr… con Franco, ieri, è una pomata! Quindi, hai capito tutto, adesso dobbiamo vedere qui… È una cazzata che devo bloccare sul nascere!”.

Insomma: un giocatore juventino importante, un azzurro, ha preso un farmaco proibito e il medico si è dimenticato di mandarlo in Nazionale con la giustificazione firmata. C’è una squalifica che aleggia sul suo capo, con relativo scandalo-doping che seguirebbe. L’uomo giusto cui rivolgersi sarebbe tale Marco Arpino, del coordinamento antidoping del Coni, ma Moggi preferisce bussare direttamente alla porta di Pagnozzi, che del Coni è segretario generale. Poi, dopo che il contatto Pagnozzi-Arpino va a buon fine, e che la mina è stata disinnescata, Moggi e Pagnozzi si risentono al telefono. Sono felici come due Pasque e si dicono queste cose. Moggi: “Che amici che siamo… Che amici che siamo… di’ la verità!”. Pagnozzi: (ride) “Voi siete degli amici che siete una rottura di ċoglioni perenne! Caro Luciano…”. Moggi: “No, no! Hai già parlato?”. Pagnozzi: “Se ti dico… se ti dico che siete una rottura di ċoglioni perenne, …ehm, siete dei testa di ċazzo che più grossi de voi, proprio…”. Moggi: “Stai a sentire, ma la rottura…”. Pagnozzi: “…te voglio di’ solo una cosa: io non campo sempre, eh?”. Moggi: “Eh, lo so! Ma no, devi vive! …Anzi se tu avessi qualche sbandamento a vita, ti mandiamo le medicine, eh?”. Pagnozzi: “Io non campo sempre!! Eh, eh, hai capito? Perchè, purtroppo, anzi, me devi mantenere in vita, come dire, con una certa attenzione! Con una certa cura, dandomi le medicine giuste al tempo giusto, dandomele prima che mi ammalo e non dopo che mi ammalo!”. Moggi: “Avvisaci prima perchè ti mando 10.000 medici a curarti”. Pagnozzi: (ride) “No, no, i medici tuoi non me li manna’! Che arrivano sempre dopo!”. (ride) Moggi: “Ascolta un po’… Eh! Hai già capito?”. Pagnozzi: “Ciao bello”.

Così parlava Pagnozzi. L’uomo che oggi diventerà il Nuovo Pontefice dello sport italiano. Ognuno ha il Papa che si merita.

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Affari e tv della “Spectre ellenica”

IL CONFLITTO DI INTERESSI DEGLI IMPRENDITORI CHE POSSIEDONO I MEDIA DI ATENE

SKAI E MEGA TV Le due famiglie che si spartiscono il potere mediatico

hanno un reticolo di partecipazioni nelle maggiori aziende e influenze politiche

di ROBERTA ZUNINI (il Fatto Quotidiano 19-02-2013)

Monsieur le president oggi passerà qualche ora ad Atene, dove la prossima settimana planeranno nuovamente gli ispettori della trojka. “Vengo ad Atene per esprimere la disponibilità della Francia a contribuire alla ripresa economica della Grecia con la collaborazione dei nostri meccanismi di amministrazione pubblica, l’impegno delle imprese francesi e la mobilitazione dei finanziamenti europei”, ha spiegato Hollande in un'intervista al periodico Ta nea. Se quelle del presidente non fossero solo parole vuote, ma avesse intenzioni serie, allora dovrebbe dare un'occhiata al panorama mediatico greco, anzi all'intreccio di interessi che lo caratterizza. Visto che i termini di una sua eventuale operazione “salvataggio”, non dovranno collidere con gli interessi, anzi con il conflitto di interessi degli editori-imprenditori. Viceversa si ritroverà i mastini della tv e della carta stampata a scrivere peste e corna sul ritorno alla grandeur che sconfina nell'ingerenza. Ma fino a quando continuerà - come ha fatto nella seconda parte dell'intervista - ad accusare la Germania e l'Europa del nord di voler sfruttare le disgrazie dell'ingenua Grecia otterrà molti primi piani soprattutto dalle telecamere di Mega channel, il canale tv privato più influente. In Grecia, come in Italia, non esistono di fatto editori puri: si tratta di uomini d'affari, armatori, costruttori, petrolieri che hanno in seguito fondato o si sono inseriti nel business delle comunicazioni. Nel caso della famiglia Alafouzos, costituita da armatori nonché proprietari del gruppo mediatico Skai e del quotidiano Ekhatimerini, ci si è avvicinati ancora di più al modus operandi nostrano: il Panathinaikos, una delle squadre di calcio più amate, in gravi difficoltà economiche, è stata rimessa in sesto grazie alla furbizia di Yannis Alafouzos che ha fondato una società non a scopo di lucro e chiesto ai tifosi di versare una quota. Avendo risposto quasi 2 milioni di tifosi, l'operazione gli ha portato un ritorno di immagine immenso.

GLI ALAFOUZOS non sono però i più potenti tra i potenti. La pole position spetta ad altri, ai Bobolas che sono l'esempio più lampante dell'intreccio tra media-politica ed economia. Tra gli azionisti di maggioranza di Mega Channel c'è uno dei figli di George, il patriarca, che è anche amministratore delegato e sempre principale azionista di Ellaktor, gigante nel settore delle costruzioni (superstrade e ferrovie) che ha avuto molti contratti con lo Stato. Anche gli altri proprietari di Mega tv sono imprenditori di grande successo, economico. I loro cognomi, Vardinoyannis e Psycharis, sono noti a tutti. George Vardinoyannis ha anche una stazione più piccola, Star Channel. La sua famiglia di fatto possiede la Motor Oil Hellas, che opera nel settore della raffinazione petrolifera. Psycharis, la cui azienda Dol pubblica anche il settimanale To Vima, ha vinto parecchi appalti pubblici. Nel 2006 ha citato in giudizio due giornalisti investigativi che dichiararono in un programma radiofonico che fece pressioni perché la Grecia acquistasse gli Eurofighter e aveva usato i suoi giornali per promuovere l'accordo. Psycharis negò ovviamente le accuse. I giornalisti stanno ancora aspettando la sentenza.

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Malagò ha ribaltato lo sport, ora saprà rinnovarlo?

Aligi Pontani - Tempo Scaduto - repubblica.it - 19-02-2013

"Con Malagò ha prevalso il vento di cambiamento". Ci vorrà un po’ per capire se è vero, vedremo, diciamo che avere come padrini più o meno occulti Letta e Pescante non aiuta in partenza. Ma è già parecchio indicativo, per capire la portata di quanto accaduto al Coni, che il commento a caldo sul risultato appartenga a Giancarlo Abete, uno dei principali sostenitori dello sconfitto Raffaele Pagnozzi. Per lui ha vinto la temibile tentazione di cambiare e ha perso la rassicurante voglia di conservare: avvolgente, narcotizzante e, soprattutto, eterna.

Che Malagò sarà un bravo capo dello sport italiano è tutto da vedere. Ha davanti un lavoro spaventoso, nascosto dal muro di cartapesta dei medaglieri olimpici, che non è però più stato sufficiente ad arginare l’onda alta del malcontento. I problemi sono così tanti che si fatica a metterli in ordine di importanza: pratica sportiva da bassifondi delle classifiche europee, abbandono precoce dell’agonismo, impiantistica sportiva da terzo mondo, scuola assente, prostrazione dei tecnici, burocrazia debordante, risorse in calo e comunque sempre e interamente garantite dallo Stato, scarsa trasparenza nella gestione di alcune federazioni, giustizia sportiva da rifare, doping, scommesse, legge sul professionismo eccetera eccetera. Malagò non ha ancora 54 anni e già una vita di cariche alle spalle, alcune operative, altre molto rappresentative. Ha fatto il manager e tale si sente con ragionevole orgoglio. E da manager vuole gestire un pezzo d’Italia che fino ad oggi è stato un’isola molto particolare nel grande mare del sistema pubblico, finanziata prima dal Totocalcio, poi direttamente dai Governi, mantenendo una sua autonomia spesso più apparente che sostanziale dalla politica. Il Coni garantiva medaglie con cui fare bello il Paese e posti nelle federazioni e in cambio non si dava troppo fastidio alla sua intoccabile nomenclatura, spesso con tessera di partito in tasca.

Per decenni è andata così, fino ad oggi. Basti pensare ai dati delle ultime elezioni delle federazioni: solo in 4 su 45 il candidato sfidante ha battuto il presidente uscente, tanto per chiarire quanto facile sia, per chi prende il potere, conservarlo più o meno per sempre. Ora arriva Malagò, che ha ribaltato il tavolo, mandato a carte all’aria il disegno ereditario di Petrucci, schiaffeggiato i potentati delle federazioni più grandi (calcio, ciclismo, nuoto, paralimpico) brandendo l’arma del rinnovamento. Ha presentato un programma ambizioso, molto, dal coinvolgimento dei privati alla trasformazione totale del rapporto con la scuola. Ha preso i voti, e adesso non importa neppure più tanto il come: se abbiano contato di più le sue infinite conoscenze o la sua capacità di coinvolgere e convincere un mondo cristallizzato e impaurito dalla crisi. Avrà parecchia gente contro, qualcuno anche all’interno della sua Giunta, dove sono entrate assai simbolicamente la Sensini e la May, giovani, belle, piene di voglia di fare. Due donne, pensate. In un mondo profondamente e senilmente maschile: una sola presidente di federazione (sempre su 45) e 6 membri del consiglio nazionale elettivo su 76. "La mia parola d’ordine nella vita è coraggio", ha detto Malagò prima della votazione che gli ha consegnato lo sport italiano. Adesso dovrà averne molto e spenderlo bene. Se tra quattro anni l’Italia avrà qualche medaglia in meno ma tanti impianti, tanti bambini e tanti ragazzi che fanno sport in più, beh: ne sarà valsa la pena.

(19 febbraio 2013)

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CALCIOSCOMMESSE

Al via il filone di Bari-bis

Esposito apre le audizioni

cen - Gasport -20-02-2013

BARI - Partenza con il «botto» per le audizioni sul filone bis di Bari: oggi gli 007 di Stefano Palazzi sentiranno Marco Esposito, uno dei principali «pentiti» dell'inchiesta svolta dalla Procura di Bari.

Combine Le indagini sul calcio-scommesse hanno portato, secondo i magistrati, a scoprire almeno due combine della squadra pugliese: le sconfitte contro Treviso (0-1, maggio 2008) e Salernitana (3-2, maggio 2009). Su altre sfide gli inquirenti stanno cercando altre prove. Esposito ha cambiato strategia dopo essersi avvalso della facoltà di non rispondere: al pm Angelillis ha raccontato molti particolari, come la spartizione dei soldi tra i vari giocatori (sono più di 20 gli indagati per frode sportiva) eseguita proprio dall'ex difensore. L'inchiesta era partita dopo le rivelazioni di Andrea Masiello e Vittorio Micolucci, Molti i riscontri trovati grazie anche alla collaborazione di diversi calciatori, come Lanzafame e Stellini. È praticamente scontato che Esposito a Palazzi confermi (o addirittura Io arricchisca) il racconto fatto a Bari: l'audizione potrebbe quindi durare ore. Domani toccherà a Gillet (portiere del Torino), poi lunedì prossimo sarà la volta di Gazzi (Torino) e Belmonte (Siena). Gli interrogatori proseguiranno fino a metà marzo: con il rischio prescrizione per Bari-Treviso, i deferimenti entro aprile.

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Sport e potere

L'Aniene, ecco il regno di Megalò

Una lista interminabile di amici: l'epicentro è il circolo romano

BUEN RITIRO A Sabaudia cé sempre una stanza pronta per Verdone e Tornatore

Maria Corbi - La Stampa -20-02-2013

Giovanni Malagò, o Megalò, soprannome meritato sul campo, anche se, accanto all'ambizione, nella sua ascesa, c'è una buona dose di savoir faire, di amicizie giuste e di fortuna. E uno di quelli che come Carla Bruni (per citare la Litizzetto a Sanremo) quando pesta una cacca sotto ci trova un tartufo. Inizia bene, con un ricco papa, Vincenzo, concessionario di auto di lusso e mamma Luisa, cubana, nipote di Piero Cam-pilli, ministro dc. Inizia a tessere rapporti al San Giuseppe De Merode, la scuola «bene» della capitale. Il ragazzo è bello, un seduttore, collezionista di belle ragazze tanto da essere chiamato il Porfirio Rubirosa dei Parioli. Adesso è il Coni, ma nel suo curriculum c'è una distesa infinita di cariche, onorifiche e non, nei consigli di amministrazione delle Banche, nell'organizzazione di grandi eventi sportivi (vedi mondiali di nuoto), nel cda di Air One e della Fondazione Cinema per Roma. Anche se non esiste poltrona più potente di quella del presidente del circolo Canottiere Aniene su cui Malagò siede saldamente da anni. E per spiegare Roma e il suo bosco e sottobosco di potere e relazioni basterebbe passare qualche giorno in questo circolo sulle sponde del Tevere che ha portato alle Olimpiadi 19 atleti. Giovannino (per gli amici) ne è il monarca assoluto. Tra una vogata sul fiume e una nuotata in piscina, passando per il Ristorante, manager, imprenditori e politici si scambiano notizie e cortesie. Nel week end del ballottaggio tra Ber-sani e Renzi si stava svolgendo a Roma un'elezione ben più importante: quella dei nuovi soci del circolo Aniene. I soci dovevano votare per 4 new entry tra cui l'economista Paolo Savona presentato da Piergiorgio Romiti; e il viceministro del Lavoro, Michel Martora, presentato da Augusto Santacatterina (un alto funzionario del Quirinale). All'Aniene convivono le due passioni di Malagò, lo sport e il potere. Campioni olimpici come la Pellegrini e la Idem, accanto a imprenditori, politici, giornalisti. Come ha confidato a Claudio Cerasa: «qui si mangia, si beve, si gioca a tennis, si fuma un sigaro, si parla, non so, della Roma calcio, dell'Alitalia, scattano i meccanismi di complicità, si risolvono i problemi e si concludono accordi. Sarebbe stupido nasconderlo». La lista degli amici di Malagò è lunga e soprattutto trasversale. Si narra che alla sua festa per i 50 anni, il 13 marzo del 2009 alla Casina Valadier gli ospiti siano stati fatti accomodare nei due piani a seconda della loro appartenenza politica. Una lista di amici che mescola spettacolo, politica, affari nobiltà e anche il gruppo romano per eccellenza, quello dei «generoni». C'erano Fiorello con la moglie Susanna, il sottosegretario alla presidenza Gianni Letta, il sindaco di Roma Gianni Alemanno, ma anche il suo predecessore, Walter Veltroni. Totti e Ilary, ma anche i Rutelli, le Geronzi sister, Corrado Passera e Luca Monte-zemolo. C'era Polissena di Bagno (moglie di Malagò da giovanissima, oggi la signora Carlo Perrone, editore). E Lucrezia Lante della Rovere, madre delle sue due gemelle. Molte le fidanzate famose (Claudia Gerini, Monica Bellucci, si narra anche di Carla Bruni). Poi ci sono le «amiche e basta», Ilaria D'Amico e Isabella Ferrari, che passano l'estate nella villa sulle Dune di Sabaudia, il suo buen retiro, dove (dice) di staccare con la mondanità. C'è sempre una camera riservata a Enrico Lucherini, ma anche a Carlo Verdone e Giuseppe Tornatore. Perchè anche il concetto di mondanità nel sistema Malagò è relativo.

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l'Editoriale

Coni: Giovannino I

una svolta epocale per lo sport italiano

ANDREA MONTI I n attesa che il Conclave dia alla cristianità un nuovo Papa e il popolo sovrano un governo all'Italia, da ieri a Roma qualcosa è già cambiato. Al Foro Italico, il Vaticano dello sport, cade fragorosamente il muro di continuità liturgica, burocratica e amministrativa eretto da Giulio Onesti nel dopoguerra e puntellato da tredici anni cli petruccismo. L'elezione di Giovanni Malagò alla presidenza del Coni è più di un ribaltone. E' una svolta epocale per lo sport italiano. Quanto efficace e innovativa lo scopriremo vivendo. Ma intanto nella cronaca del trionfo di Giovannino I sull'ex segretario generale Lello Pagnozzi, consumato a sorpresa dei più (ma non di chi conoscesse la determinazione dello sfidante), si può leggere qualche buon auspicio.

Lo scatto verso le figlie Ludovica e Vittoria ci ricorda che Malagò ha anche un passato da atleta, ama e frequenta la materia dall'interno. Le prime parole rivolte allo sconfitto -«è più facile vincere che perdere: voglio fare un abbraccio a Lello»-denotano un tratto di stile e di sportività che gli saranno utili in futuro. Il discorso che ha pronunciato prima dello scrutinio, meno di sette minuti incentrati sul cambiamento, la collegialità e il coraggio, è apparso nello stesso tempo alto e concreto. Per onestà va detto che prima di lui il Coni non è stato certo un ente inutile, ha portato risultati e ha saputo preservare, pur con qualche compromesso, l'autonomia dello sport. Ma questo è l'antico testamento e oggi non basta più. C'è bisogno di innovazioni radicali per reggere la sfida dei tempi. E su questa esigenza profonda, più ancora che sugli affascinanti intrighi di cui Ruggiero Palombo dà conto a pagina 28, s'è giocata la partita. All'usato sicuro rappresentato da Pagnozzi, la maggioranza dei 76 grandi elettori ha preferito la novità, insicura per definizione, ma assai più attraente.

Giovannino I ha la sua diocesi nel prestigiosissimo Circolo Canottieri Aniene, la società sportiva privata che porta il maggior numero di atleti alle Olimpiadi. Che sia un buon dirigente lo prova il successo della sua campagna elettorale, una corsa in salita in cui i book-maker gli accreditavano pochissime possibilità. E' stato presidente del comitato organizzatore dei Mondiali di nuoto 2009 e degli Europei di pallavolo 2005 e al Coni non è esattamente una faccia nuova visto che è membro della Giunta esecutiva a periodi alterni dal 2001. Ha una squadra di tutto rispetto, come dimostra il quasi plebiscito ottenuto dal vicepresidente esecutivo Franco Chimenti, uomo energico e notevole testa politica. E' un imprenditore di successo e pure un gran piacione capace di vendere Ferrari con una certa sobrietà. La sua concezione dello sport ruota attorno a due polarità, una alta e una bassa. L'abitudine a trattare con gli sponsor e a mobilitare le energie del settore privato lo porta a promuovere per gli atleti di vertice un modello alternativo rispetto a quello dei gruppi sportivi militari, più vicino al professionismo di stampo americano. L'attenzione che il suo programma presta allo sport attivo e alla scuola sono una buona premessa per il rafforzamento dell'attività di base. Tutto bello. Si farà? Certo, l'investitura è forte, ma altrettanto forti sono gli ostacoli che rischiano di trasformare il vincitore in una lame duck, in un'anatra zoppa. Seppure di ragguardevole dimensione. Malagò, e forse anche questo è un segnale, vola sulle ali di un' inedita intesa bipartisan. Lo hanno sospinto Gianni Letta, suo grande elettore e cardinale camerlengo del centrodestra, e Josefa Idem, sua amica e ministro dello sport in pectore in un potenziale governo Bersani. Il problema è che il numero uno del Coni ha sì il potere di decidere come debbono essere spesi i 400 e passa milioni che lo Stato gli affida ogni anno. Ma presiede di fatto una scatola vuota. Tutto il personale e gli impianti sono gestiti da un'altra società, la Coni Servizi, controllata dal Ministero dell'Economia. E qui sta la vera beffa perché fino a giugno del 2014, salvo ribaltoni, questo simpatico moloch sarà presieduto e amministrato - indovinate un po' - da Gianni Petrucci e Lello Pagnozzi. Il rischio della paralisi è evidente soprattutto dopo una campagna elettorale ruvida dove qualche colpo sotto la cintura è sfuggito ad entrambi. Eppure Malagò, che ha le sue irruenze, è un uomo positivo e non vendicativo. E Pagnozzi ha una notevole carriera dirigenziale benedetta dal dono della mediazione. Scesa la.polvere della battaglia, urge un compromesso onorevole e, se possibile, trasparente. Lo sport italiano è patrimonio di tutti noi: non può aspettare né vivere di buone intenzioni. Auguri, presidente

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l'intervento

IL NOSTRO SPORT NON POTEVA ANDARE IN MANI MIGLIORI

di Aurelio De Laurentiis•

Corsport- 20-02-2013

Voglio rivolgere, anche a nome di tutto il Calcio Napoli, i migliori auguri a Giovanni Malagò, nuovo Presidente del Coni, la carica più importante e prestigiosa dello sport italiano. Un'elezione che mi riempie di gioia. Giovanni saprà portare una ventata di innovazione nel mondo dello sport, che ha bisogno di restare al passo con i tempi. Oltre ad essere da sempre un suo sostenitore per le sue qualità professionali, io sono soprattutto un grande amico di Giovanni e credo che l'organizzazione dello sport italiano non potesse andare in mani migliori.

* presidente del Napoli

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LA SCELTA DEL CONI IL «ROTTAMATORE» ALLA ROMANA

di PIERLUIGI BATTISTA - CorSera -20-02-2013

A Ostia giace ancora, incompiuta e fatiscente, la piscina che non è mai stata usata nei Mondiali di nuoto perché non è della lunghezza regolamentare per svolgervi le gare. Qualcuno, nelle cene elettorali, ha forse mai chiesto a Giovanni Malagò, neopresidente del Coni, quanti soldi pubblici sono stati buttati via per una megaopera inutile? Non per richiamare vicende giudiziarie, perché quelle sono di pertinenza della magistratura, ma per capire come sono state fatte male e sciattamente le cose, e se dunque gli organizzatori, tutti, indistintamente, di quei Mondiali hanno davvero le credenziali giuste, il curriculum giusto, per dirigere un meccanismo complesso come il Comitato olimpico. Ma quella domanda non è mai stata fatta.

Perché nel sistema di relazioni in cui tutti si conoscono, in cui tutti frequentano gli stessi circoli sportivi, nel sistema in cui Malagò miete consensi e amicizie, certi ricordi sgradevoli vanno accantonati. E un pezzo di una Roma potente e trasversale, in cui tutti si relazionano con tutti, in cui la destra scolora nella sinistra e la sinistra stinge nella destra, in un immenso centro in cui ogni colore viene sbiancato per mantenere inalterata una disponibilità universale. Un pezzo di Roma in cui non importa l'indirizzo della giunta che guida il Comune, perché comunque qualche accordo si trova sempre. E la Roma della continuità, dell'eterno ritorno degli amici degli amici, e davvero fa un po' sorridere che Malagò parli di «rottamazione», come se davvero la questione fosse di generazione, e non di metodi, di filosofie gestionali, di cordialità inscalfibili, di equidistanze e equivicinanze. Che cos'è esattamente che Giovanni Malagò, appena arrivato ai vertici del Coni, al termine di un defatigante tour di cene elettorali, vorrebbe «rottamare»? Si spera che si voglia « rottamare» con l'abitudine di invocare grandi e grandissimi eventi sportivi per stravolgere la città, immergerla nel colossale per non far ricordare ogni manutenzione fallita, ogni buca non ricoperta, ogni opera pubblica gettata alle ortiche come la piscina dei Mondiali di nuoto. Si spera, ma non sarà così. E allora, come sarà? Basta solo un po' dl spigliatezza di immagine, un' aria giovanile e dinamica per paragonarsi al «rotta-matore» delle incrostazioni del passato?

Ancora una volta, invece, le «nomine di relazione» hanno avuto il sopravvento.Il solito iter di intrecci, di combinazioni amicali. Gli incontri sul fiume, la Roma «che conta», i rapporti che è meglio non rovinare. E poi le cariche, gli incarichi, le commesse, le onorificenze. La solita Roma che non cambia mai anche se cambiano le contingenze politiche. Lo sport, in questo contesto, conta moltissimo. Non per il gesto agonistico in sé, naturalmente, ma per la creazione di eventi che siano anche una vetrina, uno specchio, un palcoscenico. Questa è la logica che sembra infrangibile, invulnerabile a ogni richiamo di vera «rottamazione». Sempre lo stesso copione. Il copione che fa rima con relazione.

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3 Clubs, One Owner and a Lot of Questions

by ROB HUGHES (THE NEW YORK TIMES 20-02-2013)

LONDON — Giampaolo Pozzo and his family own three European clubs — Udinese in Italy, Granada in Spain and Watford in England.

He shuttles players around from one team to the other, like books from a central library, or men passing through transit camps.

Curiously enough, for now at least, the Pozzo approach appears to work. Udinese, in his native Friuli Venezia region of northern Italy, recruits players from a multitude of countries and sells the best of them, like Alexis Sánchez to Barcelona, for a huge profit. But after two seasons in the top four of Serie A, Udinese still enjoys a respectable ninth place in Serie A at the moment.

Just as long as Udinese has Antonio Di Natale scoring goals, as he has for this team through nine years, it seems the Pozzo family club remains buoyant and relatively prosperous.

But in 2009, spreading his wings, Pozzo extended a benevolent hand to the struggling, almost defunct Spanish side, Granada. He offered it a partnership: players surplus to Udinese’s needs would be lent to help lift Granada to the top tier of La Liga, where, albeit with a bit of a struggle, it remains today.

In the summer of 2012, Pozzo added Watford, a club just outside London, to his family portfolio. The attractions were that Watford, in the days when the singer Elton John owned it and when Graham Taylor managed the team, could compete in the top tier of English soccer. John and Taylor remain honorary life presidents but are no longer active in running the club.

But Watford is not in the Premier League at the moment, which was why Pozzo could acquire it for a comparatively small, and undisclosed, sum.

Italian team owners and presidents have often been decent judges of the player market. Gianni Agnelli at Juventus, the Moratti family at Inter Milan, Paolo Mantovani at Sampdoria — even, when his mind was on it, Silvio Berlusconi at A.C. Milan — could all spot players to buy. And if they did not, they knew good talent scouts.

The Pozzos — Giampaolo and his son Gino — had apparently been told that there was talent growing in Watford’s youth academy. They chose as their team manager Gianfranco Zola, who was idolized as a player with Chelsea and who had been harshly treated and fired when new owners took over the team he coached at West Ham United.

So Pozzo hired Zola to give the give the team his insatiable enthusiasm. And, while Watford waits for the young players to mature, another pool of spare Udinese players was flown in.

Currently, Watford is flying. It lies third in the division just below the Premiership. It is the top scorer by far, and if it can maintain that form, it has every chance of hitting the jackpot.

Because of a new TV deal that comes into play in August, promotion to the Premier League this season is worth more than $100 million to any club.

Watford might by then engage full-time the players who are now of no fixed abode. No fewer than 11 men are registered to Watford on a loan basis. They include seven Udinese players — a mixed bag of a Brazilian, a Czech, an Argentine, an Italian, a Swede and two Swiss. An eighth Udinese player, the striker Fernando Forestieri, started on a loan but signed a permanent contract with Watford in January.

And so it goes on. Another player on loan belongs to Chelsea, yet another to Liège, Belgium, and two more are from Granada. They all now are sharing the English shire with the squad that Zola coaches, even though they do not belong to Watford permanently.

It all flies in the face of those who reason that, like most workers, the players need a home to call their own. At Watford, the group seems to gel pretty well, for all the rootlessness. Zola seems to make it fun. The Pozzos appear to know what they are doing.

And the big league, the big, big profit, could be just around the corner.

Should Watford make it to the promised land of Premier League riches in May, then the owner would either have to reward these transient players with proper contracts or buy fresh players on a permanent basis.

The Premier League has a cast-iron rule governing the hiring of players. Loans are permitted, but not in the overwhelming numbers that Watford, for now in the Football League, is getting away with.

When Crystal Palace, another side in contention for promotion to the Premier League, drew, 2-2, with Watford on Feb. 8, the Palace manager, Ian Holloway, stated: “No disrespect, I think Gianfranco’s doing brilliant. But we’re only allowed to borrow two players from the same team in this country.

“I might get a flight over to Barcelona and see if I can borrow their B-team. But that just gives license to people to buy English clubs and chuck all their players over here. Where does it leave local lads who are learning the game in their own country?”

The Pozzo way has been tried before, and outlawed.

ENIC, an English investment company registered in the Bahamas, bought stakes in a number of clubs starting in the late 1990s — Tottenham Hotspur, Vicenza, F.C. Basel, AEK Athens, Glasgow Rangers and Slavia Prague.

Even before the inevitable happened, when two of ENIC’s teams, Tottenham and Slavia, were drawn to meet in the same European tournament, UEFA had begun long discussions with the European Commission in Brussels, and ENIC took its fight to be allowed to hold shares in as many clubs as it pleased to the Court of Arbitration for Sport in Switzerland.

Finally, after three years of labyrinthine negotiations involving employment laws and cross-border competition under the European treaties, it was decided that to protect the integrity of soccer tournaments, no two teams that had the same shareholders could meet in the Champions League or the Europa League. ENIC had to divest itself of its conflicting shareholdings and now runs only one ship: Tottenham.

Major domestic English leagues, like the Premiership, adopted similar practices. But, possibly because no one expected a multi-investment approach like Pozzo’s flying beneath the radar of the big leagues, the Italian is, for now, legal and above board.

Officials in England are drafting a new cap on loan players, starting next season. By then, Watford could be back where it wants to be, in the money.

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For Italy's 'ultras,' nothing black

and white about football and racism

by JOHN SINNOTT (CNN 21-02-2013)

Hardcore Italian football "ultra" Federico is a Lazio supporter who happily admits directing monkey chants at black players.

It is "a means to distract opposition players" says Federico, a member of the Irriducibili ("The Unbeatables") group which follows the Rome-based team.

"I am against anyone who calls me a Nazi," Federico told academic Alberto Testa, who spent time "embedded" with Lazio and Roma ultras for the book "Football, Fascism and Fandom: The UltraS of Italian Football", co-authored by Gary Armstrong.

"What I do not like is people who come to my country and commit crimes; Albanians and Romanians are destroying Rome with their camps," Federico adds.

"But I'm not a racist. One day, I was waiting in my car at the traffic lights and, as usual, there was a young female gypsy who was trying to clean the car windscreen and was asking for money.

Read: Time for football to tackle racism epidemic?

"Suddenly municipal police officers started to mistreat the girl. I jumped out of my car and almost kicked his arse. I hate injustice."

There is nothing black and white about Italian football.

Days after his return to Serie A, following his move from Manchester City to AC Milan, Italy-born Mario Balotelli was referred to by his new club's vice president Paulo Berlusconi -- the younger brother of the team's owner and the former Italian prime minister, Silvio Berlusconi -- as "the family's little black boy."

That remark came after, in what appeared to be an innocuous friendly match against fourth tier Italian side Pro Patria last month, Milan midfielder Kevin-Prince Boateng picked up the ball and kicked it into the stands before tearing off his black-and-red striped shirt and walking off in protest at the persistent monkey chanting to which he and three of his black teammates had been subjected.

In the aftermath of Boateng's walkout, Italian interior minister Annamaria Cancellieri told Radio 24 that if only a small group of fans were involved in racist chanting, games should not be suspended, but if "a significant part of the fans take part" the game should be stopped "by those responsible for public order."

Read: African football chief against walkoffs in racism incidents

As Italy grapples with how best to confront racism, it is worth remembering it's not the only country working out a solution as to how to deal with the problem.

Neo-Nazis and neo-Fascists

This season, matches across Europe have been punctuated by repeated racist outbursts, which have led to calls for world governing body FIFA and European counterpart UEFA to show greater leadership and impose harsher sanctions.

Amid the monkey chants and racial stereotyping, there are no easy answers to the question of just how prevalent is the incidence of racist abuse in Italian football.

According to the Italian Football Federation (FIGC), there have been 50 incidents in Italy of racist abuse over the last six years. Of those 50 cases, 48 relate to racist chanting, with two relating to abusive banners.

"And the total of violent episodes diminished from 209 to 60 and the majority of them happened outside the football venues," FIGC spokesman Diego Antenozio told CNN.

"The introduction of stewarding has also reduced the need of intervention by police officers inside the venues significantly."

Read: Boateng makes racism walkout vow

However, talk to the head of Italy's Observatory on Racism and Anti-racism in Football, Mauro Valeri, who has been monitoring racism in Italian football for over a decade, and a different picture emerges.

His organization estimates there have been over 660 racial incidents since 2000 and puts the number since 2007 at 282, nearly six times as much as the FIGC figure. In all, fines of $5 million have been handed out as punishment in those 660-plus cases, equating to a fine of $7,500 per incident.

"The numbers I record relate to the decision that the judge takes in the sports court and lays down fines and any disqualifications. The FIGC figures concern the criminal law," said Valeri.

"So in the Boateng case the sports court ruled that Pro Patria had to play the game ... 'behind closed doors' and were fined $6,689.

"But the ordinary court -- the criminal law -- has instead decided that those songs were not racist. For me it's racism, for the Ministry of the Interior, no."

Valeri added: "In Italy, no club has a real anti-racist strategy, because it believes the fight against racism is not a priority.

Read: Blatter insists FIFA will hit racists hard

"Since the early 1990s, many curves of the stadium have been occupied by neo-Nazi and neo-Fascist groups, but this problem has been addressed only as a problem of public order."

That is a view that is supported by Italian football writer Charles Ducksbury, a fan of Verona, who added: "The ultra still, and always will hold all the power at clubs. They choose what is sung, what everyone does and how they do it.

"Stewards and police hardly ever enter the curve as they would most likely get beaten up. Ultras say if the authorities stay out the curve, there won't be any problems. Almost all trouble happens outside the ground anyway, so that's where police tend to hang around."

Time warp

While Boateng walked off, former Netherlands international Edgar Davids, who played for both AC Milan and Inter Milan as well as Juventus, said he felt it was important to show that racist abuse did not affect him as a player during the many years of his career he spent in Italy.

"You would have a problem in certain areas," Davids told CNN. "But you are a professional, you have an obligation to your team. My opinion was I'm a professional and the smartest way is to play so good that you make them even angrier.

"It is also about ignorance, a fear of the unknown. If you are interested in different cultures, it's normal.

"If you're not, you don't understand that concept. It is not only in Italy and it is not the whole of Italy. It was only certain teams you played, but 80-90% I didn't have a problem in Italy," added Davids, though Valeri's analysis suggests the problem is much more widespread.

Read: U.S. star Altidore suffers racist abuse

If football, race and politics make for a combustible mix in Italy, it is also arguable that the standard of the country's stadia is not helping.

While English football was forced to grapple with extensive stadium renovation to improve facilities for fans due to recommendations made by Lord Justice Taylor after the deadly crowd disasters at Hillsborough and Heysel in the 1980s, Italian football was left in a time warp.

"I really don't believe that Italian football has learned the lessons of Heysel and Hillsborough, or at least hasn't implemented any tangible changes at anything like the pace required," said another Italian football writer Adam Digby.

"While the Taylor report and formation of the Premier League put English football at the forefront of fan safety and gave it ultra-modern stadia almost throughout the league, Serie A still plays host to a number of ancient, decrepit grounds.

"Many are still those built for Italia '90 with places such as Verona's Bentegodi and the San Paolo in Naples particularly poor on both counts.

"The problems extend to a lack of quality stewarding and lax ticket security while the ultras bring even greater problems to the situation."

Read: Lazio fans charged with racist behavior

Owen Neilson, who is writing a book about Italian football stadia -- "Stadio: The Life and Death of Italian Football" -- concurs that the lack of stadium redevelopment has held back Italian football. Of Serie A's big clubs, only Juventus has built a new stadium, he notes.

"The modernity of the stadia is the central issue to declining attendances -- families do not want to sit in the cold, unfriendly surroundings," said Neilson.

"In my opinion the league needs to harness to new stadiums to help maximize Serie A's re-emergence."

So what's the solution?

"The FIGC makes a relevant anti-racism activity both in the national and international domain according to the UEFA policy and guidelines, and is member of anti-discrimination organization Football against Racism in Europe," said the Italian Football Federation in its statement to CNN.

"Specific guidelines are part of National License Club System's requirements, as are the anti-racism initiatives that are made through FIGC Youth & School Department to involve 860,000 young footballers."

But as Italian historian John Foot, author of the authoritative book on Italian football "Calcio" points out: "The Italian authorities have been all over the place on racism for a long time."

Racist chants

Valeri, meanwhile, urged the FIGC to donate the racism fines it recoups from the clubs for initiatives against racism, as does UEFA in its work with FARE.

"Any solution has to revolve around the football authorities," added Professor Clifford Stott, who has advised governments and police forces internationally on crowd management policy and practice.

Stott calls on FIFA and UEFA to do more.

"The FIGC, FIFA and UEFA must empower fan-based initiatives that are capable of creating a culture of self-regulation. The anti-racism agenda has come a long way in the last decades.

"By walking off Kevin-Prince and his fellow players have forced the agenda. The high-level political support for his action now means this might happen again, but this time during a much higher profile game -- perhaps even in the Champions League. The authorities have to react to this potential."

But Stott also warned against an indiscriminate reaction by the authorities.

"We have learned a great deal about crowd management since the Heysel disaster, and there must be recognition that it is not appropriate or constructive to sanction whole crowds," he said.

"The approach to security must be capable of differentiating between those fans that are acting illegally and those fans that are not. Failure to recognize this and to react indiscriminately runs a very real danger of escalating not reducing the problems."

This Sunday, AC Milan meet rivals Inter Milan at the San Siro in the city's derby.

Given Inter were recently fined $20,000 after racist chants from their fans about Balotelli at a match against Chievo, Sunday's game will be closely watched to see if Italy's authorities and clubs are making any progress in the fight against racism.

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Asian conference on Integrity in Sport

‘Match-fixing: The ugly side of the beautiful game’

REMARKS by RONALD K. NOBLE, INTERPOL Secretary General 21-02-2013

Over the past few days, we have covered a lot of ground in understanding the fight against match-fixing, its difficulties, challenges and possibilities. We have looked at the importance of cooperation between law enforcement and sports associations on the national and international levels. We have examined the role that the betting market plays in driving match-fixing, and the role it can play in preventing it. And we have examined the role that good governance in sports associations can play in the fight against match-fixing.

There is much to be proud of in the infrastructure that has been built and the initiatives that have been taken. But nevertheless, there is an element in our fight against match-fixing that distresses me, and I think should distress every person who cares about football and about the well-being of society in general. It is this: while transnational organized crime groups are using modern technology to coordinate communication, transportation and betting options to their advantage, 21st century police, prosecutors and judges of virtually every country are forced to use centuries-old law, rules and practices to fight crime.

As a result, we keep falling behind, and we fail to work together as effectively as we could.

Let me give you an illustration. Let’s look back to just over two weeks ago, to Europol’s recent press announcement about the results of the Joint Investigation Team, codenamed Operation Veto, involving investigations in a number of countries across the European Union. The results of Operation Veto revealed to the public the existence of 300 “new” suspicious matches in Africa, Asia and South and Central America…new according to the European investigators. Operation Veto showed that one cartel based in Singapore allegedly has been linked to fixed matches in 60 different countries throughout the world. The hard work by conscientious investigators like Friedhelm Althans in Germany and his counterparts in Finland, Hungary, Austria and Slovenia is the type of police work that we want to see continue, and brings credit to the field of law enforcement. I congratulate the investigators throughout the European Union for their excellent work.

But Operation Veto shows us that we are far behind the match-fixers, and I mean far behind. While Operation Veto’s review began in 2011 and concluded just last month, the 300 new matches suspected by the Europeans of having been fixed took place, for the most part, between 2009 and 2011. Half of these matches have significant leads, and the other half are suspicious matches where the evidence has not yet been compiled.

Let me ask you: if talented, dedicated investigators throughout the world are working hard to collect physical and digital evidence, to find and interview witnesses, and to locate suspects-- if these investigators are given “new” cases that are in fact between two and four years old, how do you think that is going to affect the success of their investigations?

You guessed right. Years after the fact, evidence disappears, witnesses die, disappear or have their recollections fade, while suspects hide and manoeuvre even more effectively. In the meantime, crime thrives, two to four years ahead of law enforcement’s investigation.

We are not just behind; we are also not properly prepared to work together. This is a fact!

Many of us were quite impressed by the press announcement of 680 cases discovered by European investigators. Certainly the global media was impressed. But imagine our surprise when the very next day, the lead German investigator emphasized that all of the new cases discovered were outside of the European Union.

Why were the impressive results of a European investigation that related directly to another region of the world not shared with the countries concerned? Europol’s Director Rob Wainwright stated that ‘we make demands for international arrests of other citizens outside of Europe, and then we must follow due process in law and wait for that due process to complete itself, and that's exactly what we have done through the INTERPOL channels’.

Rob Wainwright will go down in history as one of the greatest directors of Europol. He got it right. Each country must follow the due process of law of its country, not of another country. For example, does the European Union automatically arrest European Union nationals based on the arrest warrants of non-European Union countries? Of course not.

I have traveled to 160 countries as INTERPOL Secretary General, and I can assure you that the super-majority of countries in the world do not trust the judgment of police, prosecutors or judges of other countries to decide cases against their nationals. This is another fact verifiable empirically by anyone who wishes to do what I have done.

Europol Director Wainwright is correct that INTERPOL connects police agencies around the world, but for the reason that I just articulated, it is not just a matter of ‘making demands for international arrests’. Police investigators in Europe must share this information with INTERPOL and the countries concerned in order for those countries to make their own independent judgments as to whether the evidence deemed good enough for the European Union satisfies their countries’ standards. In other words, in order for those countries to take timely action, to investigate these allegations and to make arrests, other regions, such as the European Union in the case of Operation Veto, must share that information with INTERPOL and all relevant countries as soon as the information becomes available.

Two to four years after the event is too late, and it is not coordinated enough.

Is there anyone who disagrees with me on this point?

Worse yet, to date, the information and evidence of alleged criminal conduct discovered by European Union investigators and prosecutors in the context of Operation Veto has not yet been shared with either INTERPOL or the countries involved. It is getting even later.

While some might choose to take my words as criticism, they are not criticism. They simply highlight how old laws, rules and practices can undermine the rule of law, not reinforce it.

Therefore, on a broad level, better coordination by investigators and prosecutors requires that we change both our laws and our mentality. When crime was primarily local or national, we could think only locally or nationally. In today’s world of global crime, the police forces and law enforcement authorities of other countries are not just our counterparts, but our colleagues. To that end, we must avoid counterproductive behaviour that contradicts the global perspective that we need.

It is counterproductive to make it appear, even inadvertently, that only one organized crime group located in one country is primarily responsible for all match-fixing throughout the world. This is especially true when the country is from a different region, and it is especially counterproductive when we know that transnational crime groups all over the world are involved in match-fixing and illegal betting.

It is counterproductive to focus on another country as the source of transnational criminal conduct without giving that country the evidence upon which the conclusion is based.

It is especially counterproductive because when countries or regions isolate one another for criticism, even inadvertently and even with the best of intentions, they undermine international police cooperation. Our perspective at INTERPOL is formed from our embrace of 190 member countries. From that perspective, we see these effects firsthand.

I am calling upon investigators, prosecutors and judges to make a change in worldview supported by modern legislation, to make the move from thinking about police and law enforcement in other countries as just counterparts, to thinking about them as colleagues.

We must work with our colleagues from other countries on a real-time basis to investigate and bring to justice the criminals involved in match-fixing. And we must work globally as well – with our colleagues in law enforcement and with sports associations throughout the world – to prevent match-fixing in the first place through education, capacity building and deterrence.

Global match-fixing investigations, as we have seen, are very complex and time consuming. Even with maximum cooperation, our investigations by definition will always be about crimes and actions that have been committed in the past. To get ahead of the problem, we must make working together on prevention our collective priority.

Today, the criminals cooperate globally. The only effective response for us is to cooperate globally.

What should we be doing next? How can we move as fast as the criminals? How can we coordinate as well as they do?

The short answer is that we must use the same means that enable criminals to flourish transnationally: the quick transfer of information. Criminals flourish internationally because they use real-time communication to coordinate and magnify their efforts, allowing, for example, a local agent to report live on a game in South America to a betting outfit in Asia that is on a one-minute broadcast lag.

We must share information with each other in real time so that our operations target the match-fixers while we can move against them most effectively.

Sharing information on a real-time basis will enable police in Italy, for example, to learn from Singapore’s Police Force that a suspect wanted for arrest by Italy is about to board a plane.

My example is not a theoretical one. It is a real, live example. Last night when I landed here at 23:05, I learned that Italy, Singapore and INTERPOL were coordinating the potential arrest of a charged match-fixer. Singaporean police, immediately upon learning that the wanted match-fixer was about to board a plane, notified INTERPOL Rome and the INTERPOL General Secretariat headquarters in Lyon, France.

As I speak, the suspect, charged with being a member of a transnational criminal organization allegedly headed by Tan Seet Eng, is on a flight from Singapore to Milan scheduled to land this afternoon. His presence on the flight has been confirmed by Singaporean police authorities, and the flight is currently being monitored by Italian authorities and INTERPOL’s Command and Coordination Centre. We will know upon the arrival of the flight in Milan if Italian authorities choose to arrest him immediately or simply to interview him.

This kind of case is not new to INTERPOL. We frequently monitor the international travel of wanted fugitives to help coordinate their arrests. And, it is something that we practice virtually every day when the Command and Coordination Centre monitors my travel worldwide.

Sharing information on a real-time basis will keep suspects from escaping.

Returning to the core of my remarks, imagine if investigators were not limited to hunting for disappearing evidence and fleeing suspects from matches fixed years earlier, but were able to access the evidence, the leads, and the information about suspects’ identities and locations when that information was fresh.

If case files are created and managed with an eye towards sharing and cooperation, it will allow numerous countries to bring cases against criminals simultaneously, making it harder for those same criminals to operate freely because they can face prosecution in many countries at the same time.

It will enable your police force to get the leads and the evidence that it needs to build a case against a suspect – leads and evidence that are only obtainable because your counterparts shared them with you.

Most countries do not yet follow the model of Germany or Finland, whose legal framework allows for international police-to-police cooperation and sharing with civil parties. But this is exactly what is needed in order to make our efforts against match-fixing effective. Police and prosecutors must be given the legal framework to share information that has a global impact in the midst of active investigations. If we want to make a global impact on fighting transnational organized crime groups, the days of thinking only about the secrecy of the investigation within each individual jurisdiction are over.

Imagine the possibilities if countries shared information with INTERPOL on a real-time basis even about match-fixing cases that they consider to be local. With the information received from 190 countries around the world, INTERPOL can make connections to evidence, leads and suspects that would otherwise not be available. Do the matches in China that made the news again a few days ago have connections to match-fixing in your country? Are match-fixers using new techniques or strategies that revealed themselves in that investigation? We can only know if we share information.

Imagine also the possibilities if law enforcement agencies were set up for sharing information with FIFA and with regional and national football associations. The Chinese Football Association’s lifetime ban of 33 players and officials demonstrates the increased power of deterrence that the football associations could wield if they are given the information needed to act. It is in the interest of police to build the widest possible coalition against crime, and this must include football associations to be most effective.

Friedhelm Althans, the chief match-fixing investigator with Bochum police in Germany and spokesman for the Joint Investigation Team, has pointed out the next step: we need to get the information about criminal activities outside of Europe to each country’s police forces so they can move forward with their investigations.

I have already written to Rob Wainwright at Europol, asking that Europol share the information from the recent investigation so that it doesn’t remain as mere statistics, so that we can put it to use internationally. We call upon Europol to forward this information so we can develop new techniques, operational targets and potential witnesses.

To that end, INTERPOL is expanding the mandate of its international match-fixing task force to include the efficient transfer and analysis of this information, and the prompt sharing of it with the police agencies around the world who need it right now.

Law enforcement authorities around the world need this information and are ready for it. The Singapore police are sending officers to INTERPOL to gather evidence and leads concerning match-fixing allegations linked to Singapore following the Operation Veto disclosures. I want to compliment the Singapore police for this.

They realize that they can only benefit from the operational knowledge shared by their counterparts around the world. I know that law enforcement agencies everywhere will benefit from this sharing.

The way before us is clear. INTERPOL remains ready to share information for the benefit of law enforcement worldwide, but to do so, national police worldwide have to be willing to share information with each other. Yes, there are some obstacles in the way. Some are legal, others are cultural. But they must be overcome so that law enforcement anywhere can become truly effective because of its coordination with law enforcement everywhere.

Match-fixing suspect arrested following close police

cooperation between Singapore and Italy via INTERPOL

by INTERPOL News 21-02-2013

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LYON, France – A suspected international match-fixer wanted by Italian authorities and subject of a confidential INTERPOL Red Notice, or international wanted persons alert, has been arrested in Milan following close cooperation between Italian and Singaporean Police working through their INTERPOL National Central Bureaus and INTERPOL Headquarters in Lyon, France.

Admir Suljic , who is accused of fraud and qualified sporting fraud committed within criminal association, was taken into custody shortly after his flight from Singapore touched down at Malpensa airport on Thursday.

Following confirmation by Singapore's Police Force that the 31-year-old had boarded the plane, officers from INTERPOL’s Fugitive Investigative Support unit and its 24-hour Command and Coordination Centre liaised with Italian State Police via INTERPOL channels so that they could monitor the fugitive’s flight and prepare for his arrival.

“This is exactly the type of result which can be achieved when police share information in real time and use INTERPOL’s global network to locate, identify and arrest suspects,” said INTERPOL Secretary General Ronald K. Noble.

“With the information received from 190 countries around the world, police from INTERPOL member countries can establish connections with evidence, leads and suspects that would otherwise not be available,” added the INTERPOL Chief.

“What we now need is for national laws to be modernized allowing the police to share information via INTERPOL channels while investigations are ongoing so they can act fast and more effectively.

“The arrest of this suspected match-fixer could not have been achieved without Italy and Singapore’s close cooperation with INTERPOL, nor without a great deal of behind-the-scenes work by prosecutors and magistrates,” added Secretary General Noble.

"Those who doubted Singapore's ability or commitment to fight match-fixing and bring those wanted for arrest to justice need to understand that Singapore acts when the evidence exists and is shared and when their laws permit. Singapore and Italy remain two of INTERPOL's most active and effective member countries," concluded INTERPOL Secretary General.

Suljic had been one of the targets of INTERPOL’s 2012 Operation Infra-Red (International Fugitive Round Up and Arrest – Red Notices) which focused on more than 500 fugitives wanted by 59 member countries and has so far led to the arrest or location of 130 internationally-wanted people worldwide.

Italian Police Arrest Suspect

in International Soccer Fixing

by GAIA PIANIGIANI & DAVID JOLLY (THE NEW YORK TIMES 21-02-2013)

ROME – The Italian police said on Thursday that they had detained an important suspect in an investigation of soccer-match fixing with roots in a Singapore crime syndicate.

Admir Suljic, 31, was apprehended at Milan’s Malpensa airport on arrival from Singapore, investigators said. He was taken to the northern city of Cremona, where he will be questioned by the prosecutors investigating more than 150 people in an international match-fixing case. The main charge against Mr. Suljic is criminal association targeted to international sports fraud, the officials said.

Mr. Suljic is thought to be an associate of Tan Seet Eng, a Singaporean also known as Dan Tan, who has been implicated in suspected match-fixing cases dating back more than a decade.

The Italian authorities believe that Mr. Suljic, a Slovenian, and one of his fellow countrymen, Dino Lalic, have served as the syndicate’s main operators in Italy since at least 2008. According to prosecutors, Mr. Suljic and Mr. Lalic dealt directly with soccer players to manipulate the matches and enable illicit gambling. Mr. Suljic and Mr. Lalic stayed at the same hotel as the alleged boss of the syndicate, Mr. Tan, on several occasions; they also traveled with him in a car from Slovenia to Italy in 2009, the authorities said.

The announcement of Mr. Suljic’s arrest coincided with an Interpol conference on match-fixing Thursday in Kuala Lumpur. Ronald K. Noble, the American who leads Interpol, said in a statement that that law enforcement officials “must be given the legal framework to share information with a global impact in the midst of active investigations,” and that “the days of thinking only about the secrecy of the investigation within each individual jurisdiction are over.”

Mr. Noble did not mention Mr. Tan by name, but European law enforcement officials said earlier this month at a conference in The Hague that Interpol had issued an international arrest warrant for him, but have been thus far frustrated by Singapore’s refusal to extradite him.

Mr. Noble said at the conference that the arrest of Mr. Suljic was “important because the world believes that law enforcement can’t do anything to take down this criminal organization,” The Associated Press reported.

But the Singapore police appeared Thursday to be signaling a willingness to act, saying in a statement they were sending four senior officers to the Interpol headquarters in Lyon, France. The officers will seek access to evidence, witnesses and suspects involved in match-fixing cases, and will explore “avenues to offer our assistance and share available information we have with these affected countries.”

Officials from Europol and other European law enforcement bodies said on Feb. 4 that they had identified 680 matches worldwide that appeared to have been fixed in the last few years, including World Cup qualifiers and Champions League contests.

Why Tan remains central to match-fixing probe

THE STRAITS TIMES 15-02-2013

ROME – Near the beginning of an Italian football match in Tuscany on May 23, 2010, a Singaporean named Tan Seet Eng allegedly spoke on the phone with a Croatian associate. He told the associate he needed at least three goals to be scored in the match between Grosseto and Reggina.

“No problem,” the associate said, explaining he had someone working for him at the match.

With that simple exchange, Italian prosecutors say, the fix was in. According to the New York Times, the phone conversation illustrated the power of Tan, who was called “the boss” by his accomplices and is suspected of fixing dozens of games as easily as he did that Serie B match in Tuscany, which ended 2-2.

The game is among about 100 matches played from 2008 to 2011 in Italy’s top three football leagues that are under investigation – and among 680 matches worldwide considered suspicious by European law enforcement, which reported the results of a 19-month match-fixing investigation last week. European investigators believe Tan was a common link in many of the matches.

Italian authorities issued an arrest warrant for Tan in November 2011 and forwarded it to Interpol. So far, its search for him has been unavailing.

Roberto di Martino, one of the lead prosecutors in Italy’s match-fixing investigation, said he had received little information from the Singaporean authorities about Tan. In December 2011, the Italian police wanted to go to Singapore and arrest Tan, but they struggled to gain entry.

The findings of the Italian inquiry – 50,000 pages and transcripts of about 200,000 phone conversations – offer a sketchy portrait of Tan and how his match-fixing syndicate, as described by the police, flourished for years.

Italian police’s “primary” source of information has been Singaporean Wilson Raj Perumal, who believes Tan ratted him out to Finnish police, leading to his conviction in 2011 for match-fixing. He is now serving as an “informant” in Hungary, living in a safe house under police watch.

Among Tan’s collaborators were those referred to as the Eastern men – from Eastern Europe. Their boss was Almir Gegic, a former Serbian player. The Eastern men made direct contact with players in hotels where they stayed during training camps. That was where the bribes were made, investigators said.

There was frequent communication between those who dealt with players and the Singaporeans who transported the money for bribes. The most important call was between Tan and Vinko Saka, a former coach from Croatia who would tell Tan when a bribe was arranged.

Tan could receive a 15-year sentence in Italy if he is found to be the leader of the ring.

“He will certainly be tried in Italy,” di Martino said.

A Sidekick Over the Ship

by DECLAN HILL (Match fixing, soccer and organized crime 21-02-2013)

A quick comment on the arrest of Admir Sulic arrest.

This is called throwing the sidekick over the side of the ship.

It is a tactic used to distract the media from the real person: Dan Tan.

Again, Dan Tan is alleged to be at the centre of the match-fixing ring. If true, he knows the key establishment people who would be involved in helping their activities. A man like Admir Sulic does not know those people.

There is an odd, ironic convergence of interests that is occurring.

-Dan Tan does not want to be arrested.

-The Singaporean government does not want the embarrassment of having a domestic scandal when it is revealed which prominent people in the Asian sporting and business world are involved in fixing.

-Interpol does not want Europol stealing all the glory and getting the credit for fighting against fixing.

The three sides, without speaking to each other, are putting on a show for the international media.

Do not believe them.

Keep asking for Dan Tan’s arrest. Remember his people came to your country and fixed your sports. They are now helping cover it up. We can stop this from happening. Just arrest Dan Tan.

Alleged match-fixer Dan Tan assisting

Singapore authorities in investigation

by WANG MENG MENG (THE STRAITS TIMES 21-02-2013)

DAN Tan Seet Eng, the Singaporean businessman who is reportedly a match-fixing mastermind who rigged games in Europe, is now helping Singaporean authorities with investigations.

The Singapore Police Force (SPF) said on Thursday: "Dan Tan Seet Eng, a Singaporean who has been named in reports so far, is currently assisting Singapore authorities in their investigations."

The SPF did not reveal further information when the 48-year-old, wanted by the Italian police, started cooperating with local authorities.

The Italian authorities are unable to nab Tan as their country does not have an extradition treaty with Singapore.

Assisting is Not Arresting

by DECLAN HILL (Match fixing, soccer and organized crime 21-02-2013)

So Dan Tan is now helping authorities with the investigation.

A press release from the Singaporean Police announced a few hours ago,

“Dan Tan Seet Eng, a Singaporean who has been named in reports so far, is currently assisting Singapore authorities in their investigations.”

Fair play. This is a good start. Months late. But fair enough someone in Singapore, after immense international pressure, has stepped up to the mark and started a process that should have been done a long time ago.

Here then are a few questions and background notes for Singaporean authorities:

1) Why have you not arrested him? [There is enough evidence from Italy, to arrest this suspect, rather than extradite him, particularly as many of his actions were alleged to have taken place in Singapore]

2) Have you searched his home? [This is where the physical evidence that may lead to other suspects is found].

3) Have you taken away his computer, mobile phone? [see above].

4) Why has it taken you so long to approach him? [see all of my previous blogs]

5) What concrete steps will Singaporean authorities do to demonstrate that they can be trusted? [Given your spotty record on arresting well-wanted match-fixing suspects, why would any credible policeman trust you with confidential information? Interpol now has four Singaporean police officers helping with their match-fixing unit. Few serious European police officers will trust them, how are they going to change that situation?]

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FRANCE football | MARDI 19 FÉVRIER 2013

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Esposito: «Ho preso soldi per perdere»

Il pentito, ex Bari, sentito per 2 ore: tutto confermato E oggi in Procura. è il turno di Gillet

MAURIZIO GALDI - Gasport -21-02-2013

È durata due ore, nella nuova sede della Procura federale, l'audizione dell'ex calciatore del Bari Marco Esposito, accompagnato dall'avvocato Angelo Dibenedetto. Due ore nelle quali Esposito ha di fatto confermato quanto già raccontato a Bari nell'ora e mezza di interrogatorio davanti ai magistrati Ciro Angelillis e Giuseppe Dentamaro che, sotto la direzione del capo della Procura Antonio Laudati, hanno condotto le indagini sul calcio-scommesse e sulle combine delle partite giocate dal Bari. Oggi tocca a Gillet, ex portiere del Bari ora al Torino.

Le accuse Marco Esposito era stato sentito una prima volta a Bari il 9 agosto, ma si era avvalso della facoltà di non rispondere, in seguito era tornato nel capoluogo pugliese dopo aver cambiato avvocato il 3 ottobre. «lo ho bisogno di parlare», spiega ai magistrati per indicare la sua volontà a collaborare. E le sue accuse sono precise per entrambe le partite perle quali da ieri la Procura federale sta indagando: Bari-Treviso (dell'll maggio 2008) e Salernitana-Bari (del 23 maggio 2009). In particolare relativamente a Bari-Treviso dice: «Io ho preso soldi per perdere la partita. C'erano delle persone che non volevano fare quella combine, come Cristian Stellini». E dice anche chi aveva portato a lui i soldi. «Ricordo che si chiuse la porta dello spogliatoio, penso il giorno prima della partita, di venerdì mattina. Giocai la partita, poi passò da casa mia Ivan Raijcic che mi diede 20 mila euro. Io abitavo sul lungomare a Bari». Inguaia anche la dirigenza del Treviso perché spiega ai magistrati baresi: «Sono quasi sicuro che i soldi provenissero dalla società del Treviso». Sull'altra partita è anche più preciso quando racconta che lui e Stellini in un primo tempo avevano proposto alla squadra di «regalare» la vittoria alla Salernitana. «Lo dicemmo ai ragazzi e loro ci dissero che senza soldi avrebbero giocato per vincere. La mattina del sabato si sbloccò tutto. Per De Vezze e Guberti i soldi (150 mila euro) erano pochi». Ma sempre esclude che l'allenatore (Conte per entrambe le partite) fosse informato delle combines.

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SCOMMESSE: OGGI IL PORTIERE DEL TORO DAVANTI AL PM PALAZZI

Si stringe il cerchio sul caso Bari

Gillet prova a parare i sospetti

II belga confermerà la sua linea difensiva: «Mai partecipato ad alcun accordo»

Nessun ex compagno lo ricorda presente agli incontri per spartire il denaro delle combine

Gugliemo Buccheri - La Stampa - 21-02-2013

GUGLIELMO BUCCHERI ROMA Il Bari della stagione 2007/08 e di quella successiva ha cominciato a sfilare, da ieri, davanti agli uomini del procuratore federale Stefano Palazzi. Il motivo parte da lontano ed è racchiuso negli atti di chiusura indagine per le partite di serie B Bari-Treviso (0-1, 11 maggio 2008) e Salernitana-Bari (3-2, 23 maggio dell'anno dopo) inviati lo scorso 7 gennaio dalla procura della Repubblica del capoluogo pugliese a Roma. Per i pubblici ministeri baresi le due partite sono state truccate con giro di denaro, per il pm del pallone Palazzi il lavoro comincia in queste ore. Oggi nel nuovo palazzo di giustizia della Federcalcio sarà Jean Francois Gillet a rispondere alle domande degli inquirenti federali. Il portiere granata è sempre stato molto chiaro. «Non ho mai preso un euro perché non ho mai partecipato ad alcun accordo, riunione o incontro per combinare le partite», è stato, in sintesi il pensiero consegnato da Gillet nel suo interrogatorio ai pm baresi. E sarà quanto il granata dirà questo pomeriggio - l'audizione è in agenda per le 15- al pool di Palazzi. Nessun giocatore del Bari finito nel tritacarne del calcioscommesse, nei suoi interrogatori in sede di giustizia penale, ha mai raccontato di aver visto Gillet fisicamente presente in occasione, ad esempio, della spartizione dei soldi a casa di Marco Esposito, come ricompensa per la combine realizzata. Qualcuno, rispondendo ai pubblici ministeri, ha ipotizzato che in quello spogliatoio tutti sapessero delle intese raggiunte per perdere le due partite dei rispettivi campionati. Questa circostanza, se dal punto di vista della giustizia ordinaria non configura alcun tipo di reato, per la giustizia sportiva apre la riflessione sull'omessa denuncia: il lavoro del pool di Palazzi dovrà distinguere fra chi potrebbe subire un processo (sportivo) per aver programmato e, poi, partecipato all'illecito e chi soltanto per non aver denunciato i fatti. Le prime audizioni sul cosiddetto filone Bari-bis si concluderanno giovedì prossimo. Poi, spazio ad altre convocazioni per tutto il mese di marzo. E il processo? Per la partita Bari-Treviso del maggio di cinque stagioni fa incombe la prescrizione, così il procedimento di primo grado davanti ai giudici della Commissione Disciplinare potrebbe svolgersi poco prima dell'estate

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L'ENTE E GUIDATO DA PAGNOZZI

Iniziano le prove di convivenza con Coni servizi

ma.gal. - Gasport -21-02-2013

Pur non essendo eletto alla presidenza del Coni, Lello Pagnozzi resta amministratore delegato della Coni servizi S.p.a. che è il «braccio operativo» del Coni e questo potrebbe creare problemi di gestione al presidente del Coni Giovanni Malagò. Attualmente alla presidenza della Coni servizi c'è Gianni Petrucci e Lello Pagnozzi ne è amministratore delegato e direttore generale. Del consiglio di amministrazione fanno parte Romolo Rizzoli (per la legge istitutiva della società di indicazione del Coni), oltre a Riccardo Andria-ni e Claudio Gallo di nomina del ministero dell'Economia. Il Cda resterà in carica fino al giugno 2014. In consiglio siede anche il vicedirettore generale Stefano Bovis.

Cosa fa La Coni servizi gestisce tutto il personale del Coni, mentre recentemente quasi tutto quello alle dipendenze delle Federazioni è passato a contratti con le singole strutture. Dalla Coni servizi sono anche gestiti tutti gli impianti sportivi sparsi per l'Italia e un tempo di proprietà del Coni.

Grandi eventi La Coni servizi si occupa di marketing e gestione di eventi. In particolare ha fatto delle «associazioni in partecipazione» al cinquanta per cento con la Federtennis per gli Internazionali d'Italia, con la Federazione rugby per il Sei Nazioni e con la Federatletica per l'organizzazione del Golden Gala. La gestione dello stadio Olimpico di Roma consente di avere l'affitto dalle due società della Capitale (Lazio e Roma) per gli impegni di campionato e di Coppe. L'Olimpico è lo stadio che ha ospitato anche una finale di Champions e annualmente celebra quella della Coppa Italia. Anche i concerti che vengono realizzati all'interno dello stadio sono «spazi affittati», mentre quelli che vengono organizzati al «centrale» del tennis sono organizzati in «associazione in partecipazione» con una società di eventi

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CONVIVENZA TRA CONI E CONI SERVIZI UNA PRIORITÀ DEL NUOVO GOVERNO

Il Commento

di RUGGIERO PALOMBO . Gasport -21-012-2013

Ieri mattina l'amministratore delegato Lello Pagnozzi ha salito le scale del Palazzo H del Foro Italico, ha svoltato a sinistra ed é entrato nel suo ufficio di Coni Servizi spa, nel quale è rimasto tutto il giorno. Alle ore 16, dopo avere sbrigato un po' di comprensibili incombenze personali, il neo-presidente del Coni Giovanni Malagò ha salito quelle stesse scale, ha svoltato a destra ed è entrato nelle sue (nuove) stanze. Separati in casa, ma uniti fino al 30 giugno 2014 sempre che una nuova legge non li divida anzitempo, i due ex contendenti devono fare i conti con le sco- rie più o meno sanguinose di una sfida appena consumatasi ma soprattutto con una realtà paradossale: Malagò ha vinto ma se vuole anche solo spostare una segretaria deve farne richiesta a Pagnozzi, e sul fronte delle spese dispone di un'autonomia limitatissima, perché il grosso passa da Coni Servizi. Questo tralasciando la posizione ancora più bizzarra di Gianni Petrucci, che oltre ad essere presidente di Coni Servizi, é nel frattempo diventato presidente della Feder-basket. In un Paese dove l'istituto delle dimissioni è sconosciuto a una larghissima maggioranza della popolazione anche in presenza di situazioni ben più «incresciose» di questa, non c'è da sorprendersi nè da scandalizzarsi se Petrucci e Pagnozzi abbiano per ora deciso di restare dove stanno (anche se nel caso specifico dell'ex presidente del Coni un sussulto di amor proprio non guasterebbe). Istituzionalmente votato al bene del nostro sport, a questo giornale non dispiacerebbe che in un futuro più o meno prossimo tra Malagò e Pagnozzi, il numero uno e l'ex candidato ad esserlo, certo capace e competente, potesse scattare la scintilla del dialogo, ma l'ipotesi allo stato attuale é molto più che remota. Spetterà al nuovo Governo, che nascerà (si spera) alla luce del risultato delle imminenti elezioni, dipanare la matassa. Per lo sport italiano, una priorità assoluta

L'ascesa di Giovanni Malagò ai vertici del Coni rilancia la centralità dei club. Dove si nutre e prolifera l'upper class nazional-capitolina Il circolo del potere

L'intervista

Parla Giovanni Malagò, primo presidente del Coni espresso da un circolo privato

"Ma quale vanesio e Dolce Vita cambierò lo sport ascoltando tutti"

Imboscata la mia?' Non è una bella parola.. C'era del malcontento e l'ho interpretato"

EMANUELA AUDISIO - La Repubblica - 21-02-2013

Lo chiamano tutti. Accidenti se è conosciuto. Un cellulare si è fuso: 19 messaggi in 6 secondi. Lui risponde a tutti, si ricorda i nomi, ringrazia. E intanto prende nota degli appuntamenti. Giovanni Malagò è al suo primo giorno da presidente del Coni. Gli altri venivano dalla nomenclatura, lui è il primo ad arrivare al vertice da un circolo sportivo privato, l'Aniene. E anche il primo ad aver corso i 60 metri del salone del Coni per correre ad abbracciare le due figlie. Mancava solo in sottofondo la musica di un film di Lelouch. «Giuro. Nulla di preparato. A Ludovica e Vittoria, le mie gemelle, l'avevo detto: il 18 sera vi voglio a Roma. Ludovica studia architettura a Los Angeles, Vittoria lavora a Milano, ma doveva andare per uno shooting di moda in Sudafrica. Con le figlie ho condiviso tutti i momenti importanti: ad Atene 2004 eravamo in barca in Grecia e io poi andavo sui luoghi di gara, nel 2008 a Pechino siamo stati insieme e anche a Londra. L'altra sera, quando sono tornato a casa, stanco e stravolto, ho brindato con loro«. w hanno subito de- scritta come uno da film di Vanzina: bello, ricco, molto romano. «Onestamente non mi sembra, se misi vuole far passare per uno da Dolce Vita, non è così. Sono molto lontano da quell'immagine, infatti mi hanno votato. E l'hanno fatto perché non sono rimasto chiuso nel Palazzo, ma sono andato in giro a raccogliere umori e stati d'animo da chi pratica e organizza lo sport. Sono mesi che ascolto grandiepiccoli elettori, non sono stato fi ad aspettare, credevo di poter essere un valida al ternativa. I Io un senso del dovere molto forte, ne ho fatto un dogma. Non credo di essere nel peccato se desidero avere anche una vita privata e godermi dei momenti. In questo sono vulnerabile•. Sarà ancora presidente del Circolo Canottieri Aniene? «Deciderà il consiglio, non c'è incompatibilità. Decado a fine marzo. Ma un anno fa abbiamo cambiato lostatutodando a un segretario il com p i to di reggenza, un circolo sportivo ha bisognodi una persona molto presente, non solo di rappresentanza.. Resta un circolo vietato alle donne che non possono entrare da socie ordinarie. «Lo è per statuto. Ma nelle nostre scuole di sport ci sono più femmine che maschi, da atlete si pub entrare, da socie no. Così favoriamo l'attività fisica. Pellegrini, Idem e Sensini sono nostre.. Lei passa per l'uomodel rinnovamento: si sente un po' Grillo. «Per carità, no. E non voglio sentire di re che la casta dello sport è stata schiaffeggiata. Non sono termini che mi appartengono. C'era un forte malcontento e io ho saputo interpretarlo. Sono stato anche bravo a stare zitto, quando mi umiliavano. Nelle competizioni elettorali ho sentito molte mostruosità: Pe *** trucci da mesi mi invitava a ritirarmi, tanto non avevo possibilità e Binaghi, presidente del tennis, alla vigilia ha dichiarato che io avrei preso meno voti di Chimenti, che nella precedente elezione si fermò a 24 voti su 79. Invece ne ho presi 40. E allora Binaghi, bravodirigente, forsedifetta nelle valutazioni: ha parlato di imboscata, che è una parola che non fa onore a chi vive nel mondo dello sport». Non è parola da alta società? «Non si tratta di questo, ma di scollamento dalla realtà. lo sapevo che c'era malumore e malcontento, che si sarebbe tradotto in voti, io sono per chiedere non per imporre. Loro invece hanno abusato della loro sicurezza, forse presunzione, e non hanno saputo leggere il fermento. lo ho solo capitalizzato esfruttato i loroerrori. Se poi si giocaa farcredere che io sono un vanesio che non combina nulla, i signori sono serviti. Il mio competitor, Pagnozzi, ha mandato il suo programma via mail appena 48 ore prima delle elezioni». Lei è ricordato per i successi di Federica Pellegrini e per lo scandaloai mondiali di nuoto aRoma. «Federica sa che può sempre contare su di me. Tornerà competitiva. Perché non ama perdere. Ma non so, se una volta tornata, resterà. Ai mondiali del 2009 ero presidente del comitato organizzatore, non mi occupavo di edilizia, infatti sono stato assolto perché il fatto non sussiste». C'ècrisi, taglio dei fondi, anche per lo sport. «Credo nelle sinergie, nella possibilitàdiintegraree fare sistema su risorse aggiuntive. L'ho già detto, il mondo dello sport può fare da traino. Sono presidente da appena un giorno, deve metterela testa ancora su molte cose, ma tut to è nel programma. Cosl come non sono contento della sovrapposizione tra Coni e Coni servizi, che ha il portafoglio, non mi sembra una scelta giusta». Lei 6i1 primo presidenteromanista del Coni. «Non solo non lo disconosco, ma ne vado fiero. Zeman? Licenziare un allenatore è sempre sintomo di fallimento, ma onestamentelasituazioneera troppo ingovernabile. Luis Enrique? Un uomo di grande qualità, ma un po' troppo schematico. Oggi nello sport devi essere duttile, flessibile, veloce. Ti devi saper trasformare, altrimenti sei solo un autolesionista». Lel e l'Aniene avete sempre creduto nello sport paralimpico: deluso da Pistorius? «Sono senza parole. Sopraffatto dall'emozione. Spero sia stato solo un raptus e non la droga. Sarebbe la fine della consapevolezza di un mito. E spero che non riporti nell'ombra il mondo dei disabili. Sarebbe ingiusto condannare tosi persone che soffrono e che hanno avuto meno fortuna di altre».

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Principi, ministri e Malagò ecco i Circoli del potere ALBERTO STATERA IL GENERONE romano, come veniva chiamato il ceto borghese ai tempi della nobiltà nera vaticana, oggi alligna vigoroso non solo nella marca del nuovo presidente del Coni, ma in un'altra decina di circoli di serie A, reali o ex reali, dove pseudo-canottieri e tennisti con protesi d'anca intrecciano amicizie, affari e solidarietà.

L'ascesa di Giovanni Malagò ai vertici del Coni rilancia la centralità dei club. Dove si nutre e prolifera l 'upper class nazional-capitolina

Il circolo del potere

Amici miei Quei club nella Roma che conta dove nascono affari e presidenti Gli scambi di favori e le fedeltà sono il collante di un'idea del Paese basato sulla cooptazioneALBERTO STATERA - La Repubblica- 21-02-2013Il grande inciucio che ha portato Giovanni Malagò alla presidenza del Coni a dispetto di tutti i pronostici non poteva nascere che sul "Teverone", come nell'antichità veniva chiamato questo braccio d'acqua nel quale Tevere e Aniene "inciuciano". È qui che Giovannino, il Rubirosa dei Parioli bello e possibile, ha fatto del Circolo Canottieri Aniene, nato nel 1892 da una costola del Tevere Remo, considerato troppo nero e papalino, la più formi- Dopo Tangentopoli la cassi d'immagine colpì tutti templi del ceto borghese, anche i più antichi dabile concentrazione di upper class della capitale. Una sorta di stanza di compensazione dei poteri borghesi, dei ruoli e della ricchezza, il melting pot perfetto di alti burocrati e palazzinari, professionisti e commercianti, imprenditori estaro pseudo tali dello sport e dello spettacolo. Il Generone romano, come veniva chiamato il ceto borghese ai tempi della nobiltà nera vaticana, oggi allignavigoroso non solo nella marca del nuovo presidente del Coni, ma in un'altra decina di circoli di serieA, reali o ex reali, dove pseudo-canottieri e tennisti con protesi d'anca intrecciano amicizie, affari e solidarietà. Vi dice qualcosa il fatto che la nomina di Malagò, candidato sfavorito, sia stata patrocinata da Gianni Letta, che si è adoperato per settimane al mercato degli Scilipoti dello sport, disposti a cambiare insegne pur di entrare nella nuova congrega di poteredotata di ricchi premi e cotillons? Letta del Generone è un po' il Visir. Amministra carriere pubbliche, pi. lota affari, fa incontrare persone e mondi diversi, dal Vaticano alle Federazioni sportive, fino agli spogliatoi che contano. Non lo fa più — si spera —da palazzoChigi, per cui icircoli sul Tevere, dove il Gin Rummy e il Burraco sono più frequentati dei remi e dei campi da tennis, trasformandosi talvolta in tavoli trasversali che sembrano consigli d'amministrazione, sono tornati una frazione delle sue giornate. Lui non risulta iscritto all'Aniene, che vanta invece tra i soci suo figlio Giampaolo, ma al Circolo Canottieri Roma, di cu i storico presidente è stato il suo amico camiciaio-stilista Gianni Battistoni. E poi, ovunque vada lo fanno socio onorario, senza che debba neanche pagare le salate quote. Ma vuoi mettere le prospettive di potere che apre Megalò — pardon Malagò — al vertice dello sport nazionale, scalato anche per i meriti acquisiti comprando—con qualche lamentela dei soci che hanno visto crescere le già cospicue spese — super-atlete come la Pellegrini e Josefa Idem?

Alquanto in ribasso, invece, con qualche problema finanziario, il Circolo Canottieri Lazio, che tuttavia ha una primogenitura invidiabile, avendo dato l'ispirazione di quei piccoli geni un po' squinternati dei fratelli Vanzina, grandi amici di Giovannino Malagò, che già nel 1998 hanno scritto la sceneggiatura di un film intitolato "Simpatici e antipatici". Regista Christian De Sica, cast composto da Eva Grimaldi, Andrea Roncato, Alessandro Haber. Superbo cameo Gianfranco Funari nei panni di Cesare Previti, per due volte presidente del Canottieri Lazio, dove Stefania Ariosto raccontò di averlo visto consegnare a Renato Squillante, dopo una partita di calcetto, una busta gialla contenente una mazzetta e richiamarlo a gran voce perché il magistrato l'aveva lasciata incustodita: «A Renà, te stai a dimenticà questa!» È passato un secolo dai tempi di Tangentopoli, quando il presidente del Canottieri Roma Franco Pesci, marito di Virna Lisi, costruttore e al tempo stesso vicepresidente dell'Inail, fu arrestato per mazzette. LI consocio Marco Squatriti, detto Squatriarcos e allora marito di Afef Jnifen, fu arrestato allora, ma ci è ricascato poche settimane fa. Anche i circoli più antichi e prestigiosi fecero fatica a recuperare la crisi d'immagine che ingiustamente allora colpi tutti. Malagò e gli altri puntarono allora sul richiamo alle anti che origini, lo sport d'eccellenza, l'agonismo, l'eticitàe isoci onorari conquistati "agratis", come Carlo Azeglio Ciampi. Ma gli scambi di favori e le fedeltà antiche o recenti sono una colla che va ben oltre i tavoli di carte e le remate sul "Teverone", riservate a pochi appassionati. Perché in Italia, dove la concezione del potere poggia non sul merito ma sulla cooptazione, più che la conoscenza contano le conoscenze.

<p>Nei circoli sul Tevere tutti si danno del tu, il funzionario di banca in carriera, il manager di medio calibro, il dirigente ministeriale e l'imprenditore plurimiliardario o il ministro in carica. Cesare Romiti non frequenta più molto l'Aniene, ma i suoi figli sì, tanto che Piergiorgio ha appena "presentato" come nuovo socio l'economista ed ex ministro Paolo Savona, ma si narra che la prima volta che vi mise piede, romano ma aduso alle savoiarde abitudini torinesi, si senti apostrofare: «Ciao Cesare, come va?» E lui: «Scusi, non ci conosciamo, perché mi da del tu?» Malagò, che ci ha confermato l'episodio, ne trae spunto per santi-ficarela funzionedei circoli sulTevere, sottraendoli alla fama di luoghi deputati al patteggiamento di connivenze talvolta opache: «Tutti si danno del tu per statuto per-che nessuno si deve sentire nessuno, il peso del rispettivo potere va lasciato fuori. È ammesso il cazzeggio più che il business, non siamo una lobby d'affari, ma una lobby di rapporti umani». Così puoi dare del tu al banchiere Luigi Abete, all'imprenditore Nerio Alessandri, a Francesco Gaetano Caltagirone, a Pietro Salini, ad Alessandro Benetton e, da pochi giorni, anche al viceministro del Lavoro Michel Manone, che Elsa Fornero ha un po' oscurato, ma che qui troverà un sacco di amici. Più difficile, al momento, dire ciao ad Angelo Rizzoli o a Francesco Caltagirone Bellavista, che hanno un po' di guai giudiziari. Ma, per stare ai ricchi e famosi, puoi sempre conversare con Verdone, Zoff, Pescante, Panatta. Sembra invece che Petrucci, il cui candidatoèstato scalzato dal Coni, cambierà circolo.

Per capire le relazioni di ogni tipo, che Giulio Andreotti amaricostruire sui necrologi del "Messaggero" ma soltanto post-mortem, basterebbe scorrere le liste dei soci dei circoli. Altro che affari e connivenze, vale anche per le relazioni sentimentali, tanto che il ministro Corrado Passera è convolato a nozze con una signora conosciuta all'Aniene, pronubo il solito Malagò.

Aniene, Tevere Remo, Roma, Lazio, Parioli, Tennis Club, Tiro a volo, dove non sparacchiano il sottosegretario di Monti-Antonio Catricalà e l'ex ministro Franco Frattini, che non va invece agli Esteri, dove l'ambasciatore Vattani ha messo come presidente non il figlio, ex console attivista fascista, ma il fratello. Ecco i templi del Generone di potere. Poi ci sono i circoli più su, ma molto più su, quelli nobili come la Caccia e gli Scacchi, a palazzo Borghese e a palazzo Rondanini, dove quando si cerca di essere ammessi ogni palla nera contraria vale tre palle bianche favorevoli, come personalmente verificarono Paul Getty («E allora me lo compro», sibilò), Valentino Bompiani e Francesco Cossiga. C'è qualche socio senza quattro quarti di nobiltà, come Lorenzo Pallesi e Paolo Scaroni, male palle dello stemma sono essenziali e cancellano molte nefandezze. Quando il l m di Potenza Woodcock arrestb Vittorio Emanuele di Savoia, il Duca di Castel Garagnone Marchese don Giulio Patrizi di Ripacandida e il Marchese Paolo Patrizi Montoro Naro, chiesero la sua espulsione da Caccia e Scacchi. Ma si alzò il principe Carlo Giovannelli che lo salvò con queste parole: «Chi tra noi non è mai andato con una prostituta?» Tutti tacquero.

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Il Foglio - 21-02-2013

Al direttore - Buttate nel cestino i sondaggi elettorali. Risparmiate chilometri quadrati di carta stampata con l'incerta descrizione degli scenari futuribili del dopo-voto. Utilizzate le centinaia di ore televisive destinate alle tribune elettorali e diffondete canzonette e preghiere. Ciò che si materializzerà domenica nelle urne è già andato in scena martedì al Coni. Nel luogo sacro dello sport (attività umana eccellente per lealtà, disinteresse, slancio e generosità) si è consumato il rito ipocrita del dire e non fare, e del fare senza dire. La sera del lunedì, alla cena di un candidato parteciparono 43 elettori (per essere eletto occorrevano 38 voti). Il giorno dopo lo stesso candidato trovò nelle urne 35 voti e non fu eletto. Chi ha vinto? Il tradizionale intrigo del partito romano. Contro chi ha vinto? Contro una fazione dello stesso partito 'romano. Cosa avverrà dopo questa vittoria di una fazione sull'altra? Lo scontro continuerà con le anni improprie dei veleni e delle veline. Al Coni (sintesi di una Italia che sa mescolare successi e vergogne, candore e mala gestione) ieri abbiamo letto il copione che sarà reiterato domenica.

incerà il vento prevalente e ci sarà il pieno dei trasformisti che non hanno fatto i conti con un altro vento potente e misterioso. Nel mondo e in Europa, un'Italia così fatta è con,- siderata insopportabile. Questa convinzione antica ma contenuta, si è trasformata in un rompicapo dopo la caduta del pilastro Vaticano. Le elezioni di domenica ripeteranno il voto del Coni e ci daranno una Italia con scarso futuro. Ma il voto di marzo nel Conclave potrà svegliare l'Italia del Coni. Fraterni saluti

Rino Formica

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