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K A L C I O M A R C I O! - Lo Schifo Continua -

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La farsa dello stadio di Cagliari

il match con la Juventus a Parma

Beghe e arresti: niente agibilità, spostata la partita di domani

Una vicenda ormai grottesca: Is Arenas di nuovo chiuso. Un altro colpo per l’immagine della A

di STEFANO SCACCHI (la Repubblica 20-12-2012)

Non era mai successo che a poco più di 48 ore dal calcio d’inizio, non si conoscesse lo stadio sede di una partita di Serie A. Cagliari-Juventus ha conquistato questo poco invidiabile primato al termine di un balletto che ha coinvolto la Sardegna, Trieste e infine Parma. Il Tardini (era stata prospettata anche l’ipotesi del San Nicola di Bari) è stato scelto come campo neutro ieri nel primo pomeriggio, dopo che il prefetto di Cagliari aveva negato anche la possibilità di giocare a porte chiuse a “Is Arenas” di Quartu Sant’Elena, l'impianto appena fuori Cagliari dove la formazione rossoblu giocava a capienza completa (16.082 spettatori) dalla partita di fine novembre con il Napoli, dopo settimane di gare casalinghe con limitazione più o meno ampie. Anche in questo caso il club sardo aveva chiesto la deroga necessaria per spostare il suo terreno casalingo da Trieste, indicato a inizio stagione come campo principale in attesa della fine dei lavori, alla Sardegna. Ma questa volta il sindaco di Quartu Sant’Elena non ha concesso il nulla osta, generando «sconcerto» nei vertici della Lega Serie A dove si fatica a capire il motivo (impossibile ripiegare su Trieste per il “no” della questura giuliana, causato dal fatto che il Nereo Rocco ora non è più agibile per una partita di Serie A). L’unica differenza, rispetto alle settimane precedenti, consiste nella richiesta avanzata nei giorni scorsi dal Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza di Cagliari, organismo che opera presso la prefettura, di ultimare entro un mese i lavori ancora mancanti a “Is Arenas”: un parcheggio, una parte dell’impianto di illuminazione sull’area esterna, la sala vip, la cabina elettronica. Una sollecitazione nata dalla constatazione che le operazioni non procedevano più spedite come prima. E la magistratura di Cagliari sta indagando proprio sullo stadio: sono stati arrestati due dirigenti del Comune di Quartu e un manager della società vincitrice dell’appalto, proprio ieri è stato interrogato per tre ore dai pm. Queste tensioni possono aver determinato il cortocircuito. Ad alimentare lo stupore della Lega Serie A è arrivata la retromarcia tardiva del sindaco di Quartu: «Ho firmato l’autorizzazione. E rilevo con sorpresa lo straordinario e ingiustificato clamore mediatico intorno alle mie 48 di silenzio nelle quali ho semplicemente lavorato per approfondire la questione», ha detto ieri nel tardo pomeriggio Contini. «Ma allora perché prima aveva bocciato la richiesta?», si chiedono in Via Rosellini. Impossibile tornare indietro: domani sera Cagliari-Juventus si giocherà a Parma, dove peraltro esiste qualche timore per i rapporti non idilliaci tra tifosi emiliani e juventini. Ma tutto sembra sotto controllo. I bianconeri andranno nel settore ospiti. E i 5.000 abbonati cagliaritani difficilmente si sobbarcheranno in massa un viaggio dalla Sardegna all’Emilia.

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Pasticcio Is Arenas

Cagliari-Juve si gioca a Parma

La sfida di domani al Tardini: il sindaco di Quartu

ha dato l'ok all'agibilità dello stadio troppo tardi

I tifosi sardi in rivolta: venduti 13 mila biglietti. Il club: «Fatto tutto in tempo»

di MARIO FRONGIA (GaSport 20-12-2012)

Per cinque ore di ritardo Cagliari-Juventus si gioca domani a Parma. Trecentosessanta minuti hanno fatto la differenza: sono quelli trascorsi dal comunicato della Lega, che alle 13.30 di ieri ha ufficializzato la gara dei rossoblù con la Vecchia Signora al Tardini, e il fax con l'autorizzazione all'uso dell'Is Arenas Stadium, inviato alle 18.30 in via Rosellini a Milano, dal sindaco di Quartu, Mauro Contini. Un via libera fuori tempo massimo. Dalla Lega trapela un giudizio severo: «Il sindaco ha avuto un comportamento totalmente incomprensibile. Eppure ha sempre ricevuto le comunicazioni della Prefettura in cui gli si diceva che non veniva data l'autorizzazione perché mancava la licenza d'uso del comune». In sintesi, un film dell'orrore. Sulla pelle dei tifosi che hanno acquistato biglietti e abbonamenti. E quel che è peggio, non è stata ancora scritta la parola fine: quale sarà — è operativo l'ultimatum dei 30 giorni dati dalla Commissione di vigilanza — il futuro dello stadio? Ieri, nessun miracolo dell'ultima ora: il Cagliari nel 2012 non giocherà mai in Sardegna con la Juve. A maggio, fu Trieste a ospitare la sfida con i bianconeri per l'inagibilità del Sant'Elia. Sette mesi dopo, ecco Parma.

Tentativi Ieri, mentre la Lega calcio ufficializzava il Tardini per l'anticipo tra rossoblù e campioni d'Italia, Cellino era al lavoro con prefettura e Lega. Il patron pare abbia provato a rimettere in carreggiata il match. Ma Marco Brunelli, direttore generale della Lega, non ha avuto vie d'uscita. E la Juventus a mezza sera ha disdetto volo charter e albergo a Cagliari. Il tutto a chiusura di una giornata da incubo. In mattinata — col sindaco che non firma la deroga per lo stadio e la Prefettura che ne prende atto — la Lega anticipa tutti: «Impraticabile Trieste, si gioca a Parma». Intanto, circolano le alternative: Bari e Firenze. Un marasma. Contini su Facebook replica ai tanti che sui social network, gli danno le colpe di tutto o quasi. Ma i tifosi — 13 mila biglietti venduti, curve e Distinti esauriti — non potevano sapere che ci sarebbe stato ancora da soffrire. «Rilevo lo straordinario quanto ingiustificato clamore mediatico intorno alle mie 48 ore di silenzio stampa, ma — scrive il sindaco — abbiamo lavorato per valutare una questione complessa. Inoltre, la richiesta del Cagliari per la disponibilità di Is Arenas è pervenuta al Comune solo lunedì scorso». Per il club, invece, le cose sono andate diversamente: «Abbiamo fatto tutto per tempo, la nostra prima richiesta per l'utilizzo stagionale dell'impianto risale a sabato. Lunedì abbiamo fatto una nuova istanza ma il municipio non ha risposto», chiosano dalla sede.

Al Tardini Intanto, mentre da Trieste l'assessore comunale allo Sport, Emiliano Edera, replica alla bocciatura del Rocco («Abbiamo comunicato che è agibile per la Serie A. In 48 ore avremmo garantito i lavori ai tornelli e alla videosorveglianza, ma il Cagliari non ci ha mai chiesto l'impianto»), la rabbia dei sostenitori rossoblù è esplosa ovunque. Tra i tanti, interviene anche Guido Sarritzu, commissario provinciale del Partito Sardo d'Azione: «Provo delusione e sconforto. Il Cagliari a Parma contro la Juve, lontano dal calore dei propri tifosi, è l'ennesima offesa per il popolo sardo che subisce un'ulteriore ingiustizia sociale e sportiva». Il trasloco ha amareggiato anche la squadra. Il gruppo di Pulga e Lopez cerca il riscatto dopo 4 sconfitte di fila e soltanto 2 punti in 7 gare. La missione era molto complicata prima, adesso lo è ancora di più.

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Mandorlini punito

Le sue interviste dovranno educare

Al tecnico del Verona stop fino al 31 gennaio

Poi dovrà ribadire per 7 gare i valori dello sport

la
frase
INCRIMINATA

«Sono orgoglioso di essere uno dei nemici giurati di Livorno.

La cosa non mi crea alcun problema, anzi mi stimola»

ANDREA MANDORLINI

ALLENATORE DEL VERONA

di NICOLA BINDA (GaSport 20-12-2012)

Non siamo ai lavori socialmente utili, ma la linea è quella. Andrea Mandorlini è diventato un problema per la giustizia sportiva, che per lui ha scritto una sentenza unica nel suo genere. L'allenatore del Verona ha patteggiato una squalifica fino al 31 gennaio (4 partite di campionato) con un'ammenda di 20mila euro, ma soprattutto gli è stato imposto di «affermare con convinzione, fermezza e serietà in tutte le interviste televisive su reti nazionali pre e post gara o comunque con altri mezzi idonei, di credere fermamente nel rispetto dei valori sportivi e della funzione di unificazione sociale del calcio; ciò per almeno sette gare effettive di campionato una volta scontata la squalifica suddetta».

I fatti «Ma io sono disposto a farlo fino al termine della stagione» ha detto un frastornato Mandorlini dopo la lettura delle sentenza, pronunciata alla sua presenza a Coverciano dalla Disciplinare del Settore tecnico, l'organo che giudica gli allenatori. Il deferimento era scattato a fine ottobre, dopo la conferenza stampa alla vigilia di Livorno, quando il tecnico si dichiarò «orgoglioso di essere nemico» di quei tifosi. Una partita che poi è stata giocata in un clima elettrico, con gli ignobili cori di un gruppetto di veronesi contro Morosini, la curva livornese a invocare le foibe e i due indici alzati al cielo dallo stesso Mandorlini dopo la vittoria (in segno di esultanza secondo lui, come offesa secondo il pubblico).

La reazione Nei giorni successivi Mandorlini aveva chiarito: «Quei tifosi odiano me e il Verona, io a Livorno ho sempre preso valanghe di insulti dopo il campionato con lo Spezia (2001-02, ndr). Ma non ho mai detto che li odio». Ieri, sulla strada del ritorno verso Verona, non aveva voglia di ribadirlo. Di sicuro ha accettato la sentenza: «Farò quello che la Disciplinare ha detto, lo farò con le parole ma anche esibendo una sciarpa, una spilla o una maglia, qualcosa che possa ribadire quei concetti».

Ancora Bordin Per quattro partite il Verona avrà in panchina Roberto Bordin, che già ha sostituito Mandorlini sabato a Vercelli. Il tecnico era stato squalificato per una giornata perché la settimana precedente, nei minuti della partita ultimata a Cittadella, aveva fatto le corna a un tifoso che lo insultava. Quella è stata la sua ultima panchina, la prossima sarà il 2 febbraio a Reggio Calabria 52 giorni dopo, Il Verona non può fare ricorso, essendosi stato il patteggiamento. Ma non l'avrebbe fatto comunque.

Antipatico Adesso bisogna vedere se la lezione servirà. Mandorlini è diventato una specie di mostro da sbattere in prima pagina. I suoi ultimi anni sono macchiati da velenose polemiche, da Salerno a Varese, da Livorno a Cittadella. Le sue indiscutibili qualità tecniche sono passate in secondo piano. Oggi è l'allenatore antipatico per eccellenza. Con due obiettivi davanti: conquistare la serie A, e rifarsi un'immagine.

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IlCaso di LORENZO ASTORI (GaSport 20-12-2012)

LA «PENITENZA» INFLITTA A MANDORLINI

NUOVA VIA PER LA GIUSTIZIA DEL CALCIO

Il Settore Tecnico, che è l'organo della Federcalcio che sovrintende all'attività degli allenatori, ha aperto una nuova strada nella giustizia sportiva. Non più solo squalifiche o multe, ma vere e proprie «penitenze». E' il caso della sentenza della Disciplinare su Andrea Mandorlini, allenatore del Verona, deferito per aver dichiarato di «odiare» i livornesi prima della sfida di campionato. Per quelle avventate parole Mandorlini, oltre a stop e ammenda (la normalità, appunto...), sarà obbligato in ogni dichiarazione in occasione delle prime sette partite in cui sarà in panchina dopo lo stop ad affermare di credere «nel rispetto dei valori sportivi e della funzione di unificazione sociale del calcio», come si legge nel comunicato che porta la firma non banale del presidente Roberto Baggio. E lo dovrà fare, sempre da sentenza, «con convinzione, fermezza e serietà». Una scelta che, se da una parte sa un po' di scuola elementare (avete presente lo scrivere cento volte «non devo chiacchierare durante la lezione»?), dall'altra rappresenta una bella novità perché gli atti di contrizione pubblici (ovviamente sempre convinti, fermi e seri) non sono una delle prerogative del nostro calcio, anzi...

La scelta dal Settore Tecnico è una via morale che ricorda il concetto dei lavori «socialmente utili» , ma anche una bella opportunità per le future sentenze sportive. Ti abbiamo beccato a simulare? Bene, 2 giornate di squalifica e 20i interviste tv per spiegare che non si deve imbrogliare. Hai di nuovo tirato una gomitata ad un avversario? Eccoti 3 giornate e due mesi di dichiarazioni sul gioco pulito. E via così. Certo le interviste potrebbero diventare lunghette e un po' ripetitive, ma sicuramente il calcio sarebbe migliore. Vale la pena di pensarci.

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Cellino: Juve indisponibile per giocare la gara a Quartu

Il presidente del Cagliari attacca il club bianconero: «Se loro avessero dato la disponibilità si sarebbe giocato in Sardegna. In poche ore hanno organizzato la partita fuori, a Parma. Loro potevano rimettere in piedi una trasferta già pronta»

ROMA - Massimo Cellino attacca la Juventus. Il presidente del Cagliari, ai microfoni di Sky Sport, rimprovera ai bianconeri di non aver dato la disponibilità per giocare in Sardegna, a Cagliari, la sfida di campionato tra rossoblù e bianconeri: «Perché giochiamo a Parma? Se la Juve avesse dato la disponibilità si sarebbe giocato a Quartu. In poche ore organizzata la partita fuori. La Juventus poteva rimettere in piedi una trasferta già pronta».

«AUGURO ALLA JUVE LA GIUSTIZIA DEL CALCIO» - Cellino poi rincara la dose e i suoi riferimenti sono chiarissimi. L'obiettivo è il club di Agnelli: «Sto provando un profondo senso di vergogna ed imbarazzo, pur avendo fatto l'impossibile per dare lo stadio a questa squadra, a questa terra. C'è stata l'autorizzazione del comune, se la Juventus avesse dato la propria disponibilità si sarebbe giocato a Cagliari. È un loro diritto, legittimo, hanno dimostrato che gli fa piacere di più giocare a Parma. Abbiamo organizzato una gara a Parma in ventiquattro ore. Gli auguriamo la giustizia del calcio, se esiste. Noi pensavamo fosse un privilegio non essere coinvolti, con giocatori o allenatori, in nessun scandalo, con i bilanci a posto nonostante il fatto che non abbiamo le stelle sulla magliette. Siamo orgogliosi di avere una stella nel cuore, il difetto dei sardi è di rispettare le leggi e di non farle a nostro piacimento».

A MAGGIO LO SCUDETTO A TRIESTE - Il presidente del Cagliari chiosa ricordano quanto avvenuto sul finire della passata stagione: «L'anno scorso con venti ore di preavviso abbiamo giocato a Trieste, rimborsando seimila biglietti e annullando voli charter senza battere ciglio. Ora ci sono state tre ore di differenza, la Juventus non ha dato l'ok ed è un suo diritto».

I

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Cellino, furia sulla Juve: «Loro hanno detto no»

Il presidente del Cagliari: «Se i bianconeri avessero voluto si sarebbe potuta giocare a Cagliari la partita»

Giovedì 20 Dicembre 2012 - Corsport

CAGLIARI - Il presidente del Cagliari Massimo Cellino attacca la Juve. È colpa dei bianconeri se l'anticipo di campionato Cagliari-Juve, si gioca a parma domani sera alle 20.45: "Perchè non giochiamo a Cagliari? Chiedetelo alla Juve - dice Cellino a Sky Sport 24 - Se avesse dato la disponibilità si sarebbe giocato a Is Arenas. La Juve poteva rimettere in piedi una trasferta già pronta in poche ore". Cellino racconta la sua versione dei fatti: "C'è stata un'autorizzazione data in ritardo per giocare a Is Arenas, la Lega nel frattempo aveva scelto il campo di Parma. Per cambiare lo stadio e giocare a Is Arenas a quel punto ci voleva l'autorizzazione della Juve, che non l'ha data. Non so che vantaggio abbiano da questo. Spero abbiano la giustizia del Dio del calcio".

VERGOGNA E IMBARAZZO - Cellino poi rincara la dose e i suoi riferimenti sono chiarissimi. L'obiettivo è il club di Agnelli: «Sto provando un profondo senso di vergogna ed imbarazzo, pur avendo fatto l'impossibile per dare lo stadio alla nostra squadra, alla nostra terra. C'è stata l'autorizzazione del comune, se la Juventus avesse dato la propria disponibilità si sarebbe giocato a Cagliari. È un loro diritto, legittimo, hanno dimostrato che gli fa piacere di più giocare a Parma. Abbiamo organizzato una gara a Parma in ventiquattro ore. Gli auguriamo la giustizia del calcio, se esiste. Noi pensavamo fosse un privilegio non essere coinvolti, con giocatori o allenatori, in nessun scandalo, con i bilanci a posto nonostante il fatto che non abbiamo tutte quelle stelle sulla maglie. Siamo orgogliosi di avere una stella nel cuore noi, il difetto dei sardi è di rispettare le leggi e di non farle a nostro piacimento».

SCUDETTO A TRIESTE - Il presidente del Cagliari chiosa ricordano quanto avvenuto sul finire della passata stagione: «L'anno scorso con venti ore di preavviso abbiamo giocato a Trieste, rimborsando seimila biglietti e annullando voli charter senza battere ciglio. Ora ci sono state tre ore di differenza, la Juventus non ha dato l'ok ed è un suo diritto.

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Abete: «Cambieremo la giustizia sportiva»

INTERVISTA al presidente della Figc che ha deciso di ricandidarsi per rilanciare il calcio: «Ci sono tante cose interessanti in cantiere, inizieremo con i giovani». Rivoluzione in vista anche per La giustizia sportiva: «Il Coni ha già approvato la riforma, sarà varata alla fine dei processi in corso». Per Abete comunque il pallone italiano non se la passa troppo male: «Siamo quarti nel ranking Fifa, magari l'Italia fosse al quarto posto nel mondo. Stiamo meglio noi del paese reale». BUCCHIONI all'interno

Intervista esclusiva: Giancarlo Abete

Così cambio il calcio

Enzo Bucchioni Il Giorno - 21-12-2012

Presidente Abete dunque ha deciso: si ricandida...

«Ho lasciato il campo libero per mesi, non volevo contrapposizioni, campagne elettorali. Prima di fare il passo era logico capire se c'era ancora il consenso attorno al mio nome».

In tempi di rottamazione forse era logico aspettare qualche faccia nuova. Gente come Albertini, Maldini o Del Piero non possono essere il futuro del palazzo del pallone? Avremo mai un Platini italiano?

«Magari, ma sono loro che devono mettersi in gioco. Albertini è giovanissimo, ha grandi qualità e presiede il «club Italia». Per gli altri le porte sono sempre aperte, a Maldini abbiamo già chiesto più volte la sua disponibilità. Aspettiamo».

E Baggio dov'è finito?

«E' presidente del Settore Tecnico, ma i molti impegni lo costringono spesso all'estero».

II suo progetto per rilanciare il calcio?

«E' stato finanziato. Prevede molte cose interessanti, inizieremo con il rilancio di campus regionali giovanili e la riqualificazione degli allenatori di base».

A proposito di elezioni, in Lega Lei con chi sta?

«Beretta, Abodi e Simonelli sono ottimi candidati, il problema non sono le persone, ma i fatti».

Pochi negli ultimi anni....

«La Lega dovrebbe essere il motore del calcio. Ho l'impressione che ci sia stata molta concentrazione sulla valorizzazione e sulla distribuzione dei diritti televisivi determinando così un minor focus su altri problemi».

Cosa ci sarebbe da fare in Lega?

«Lavorare molto per la valorizzazione del prodotto calcio in senso economico. All'estero, per esempio, il calcio italiano non è percepito per il suo valore, c'è molto da lavorare in proposte, moderninazione, immagine. Parlo anche di stadi, marketing, merchandising. C'è molto da rivitalizzare e rilanciare con idee e progetti».

Si vota anche per il Coni: Pagnozzi o Malagò?

«Ottime persone. Mi esprimerò solo dopo la mia elezione, ma con il Coni in questi anni il rapporto è stato ottimo. Pagnozzi conosce il calcio, ha fatto il commissario della Federcalcio nel 1996».

Lei si ricandida con un calcio pieno di debiti, gli spettatori diminuiscono, l appeal è perso, la crisi evidente...

«A questo mi ribello. Intanto siamo quarti nel ranking della Fifa, magari il paese Italia fosse al quarto posto nel mondo. Stiamo meglio noi del paese reale».

Come la mettiamo con le scommesse e i processi sportivi. Dopo la sentenza sul Napoli c'è chi grida al campionato falsato...

«Siamo solo al primo grado di giudizio, ci sono altri due gradi».

Non sarebbe stato meglio aspettare la fine della stagione prima di emettere le sentenze? «Non è possibile. Palazzi stava lavorando a questa vicenda da giugno, ha finito ed ha fatto quello che doveva. Tenere nel cassetto le pratiche non è corretto, la giustizia sportiva deve andare avanti ed essere uguale per tutti. Ogni anno ci sono circa duemila procedimenti, che facciamo blocchiamo tutto e lavoriamo solo a giugno e luglio?».

Quindi tutto bene...

«Non ho detto questo. Ogni situazione nuova ci impone delle riflessioni e la vicenda scommesse non aveva precedenti, è un fatto clamoroso, ma anomalo»

Si riferisce alla contestata responsabilità oggettiva?

«Naturalmente. L'istituto non si può abolire, è il cardine della giustizia sportiva anche per Fifa e Uefa, dobbiamo adeguarci. Detto questo, per i casi di violenza abbiamo introdotto attenuanti per ottenere bilanciamenti. Le scommesse sono esplose ora, concluso il ciclo di questi processi lavoreremo per introdurre dei correttivi».

Ma quando partirà la riforma della giustizia sportiva?

«Il Coni l'ha già approvata da tempo. Servono correttivi e poi sarà varata alla fine di questi processi ancora in corso».

Anche la storia dei pentiti e dell'obbligo di denuncia tiene poco...

«Abbiamo mutuato dalla giustizia ordinaria. Dobbiamo premiare i comportamenti virtuosi».

Ma secondo Lei, le sentenze sportive già emesse hanno davvero fatto una giustizia-giusta?

«Come presidente federale mi devo preoccupare che i giudici siano in grado di fare al meglio il loro lavoro, in assoluta autonomia, e che ci siano tre gradi di giudizio. Poi tutte le sentenze sono discutibili e dieci di noi hanno sicuramente in tasca dieci verità diverse. Questo succede anche perla giustizia ordinaria».

Molti arbitri radiati da Calciopoli sono stati assolti pochi giorni fa...

«Sei anni dopo. La giustizia sportiva ha altri tempi e punisce giustamente anche reati contro la rettitudine e la probità che alla giustizia penale non interessano».

A che punto è arrivata la causa con la Juve per il maxi-risacirmento post-Calciopoli?

«La prossima udienza è fissata nel 2014...».

Ci sono margini per trovare un accordo?

«Lo auspico. Tra noi, parlo di Agnelli e dei dirigenti, c'è grande rispetto e i rapporti sono buoni a livello istituzionale. Vedremo...».

Rimanendo in tema scommesse e scandali, con Farina però avete perso un'occasione..

«E' vero. Ma lui sa che una proposta l'abbiamo fatta anche noi prima degli inglesi e sa anche che se decidesse di tornare in Italia, un posto in Federazione ci sarà sempre. Anche domani».

Torniamo ai debiti del calcio, in questo caso vanno peggio di quelli del Paese...

«Con una differenza: i proprietari dei club pagano di tasca loro».

Ma il sistema cosi non regge

«E vero. Ho già detto che la Confindustria del pallone, la Lega, deve valorizzare meglio il prodotto. Ma in questa ottica diventa fondamentale anche la legge sugli stadi. Non servono solo gli impianti sportivi, c'è bisogno di cubature aggiuntive per produrre reddito. Mi sono anche esposto, ero sicuro che sarebbe stata approvata e invece ancora una volta la politica ci ha deluso».

Anche la riforma dei campionati aspetta da secoli...

«Personalmente ridurrei subito le squadre di A a 18, ma la decisione spetta solo a loro e con i due terzi dei voti dell'assemblea di Lega. Non sarà facile, mentre la B è sostanzialmente d'accordo e la lega Pro ha già fatto. Non ci sono le risorse per tante squadre professionistiche».

Anche gli arbitri sono sempre un problema...

«E' la nostra cultura sbagliata. Ma gli arbitri aggiuntivi sono serviti, abbiamo fatto bene a uniformarci all'Uefa. Qualche errore c'è stato, ma solo sui fuorigioco e non dipende dagli aggiuntivi».

Le polemiche e le reazioni fra addetti ai lavori però sono sempre esagerate...

«Vero, dobbiamo essere duri. Stiamo deferendo chi esagera e appena vediamo gli estremi per intervenire. Adesso, poi, entro quindici giorni arrivano anche i provvedimenti».

La Nazionale ha ripreso quota, il secondo posto all'Europeo ha rilanciata il calcio italiano dopo il crac del 2010...

«E' piaciuto il cambiamento, il ringiovanimento. Abbiamo fatto anche molto nel sociale e l'immagine azzurra si è arricchita, ora però dobbiamo conquistare in fretta la qualificazione per i mondiali».

Quarti nel ranking, quarti anche in campo come valore tecnico?

«Ce la giocheremo con tutti anche in Brasile, a cominciare dalla Con-federation cup».

Balotelli è un Problema?

«In azzurro no. Platini mi ha detto "mi piace moltissimo, tenetelo stretto, ce ne sono pochi in giro così forti" e se lo dice Platini...».

In campionato solo Juve?

«E' la squadra più continua, più forte, ma c'è ancora spazio».

Inter e Milan stanno ridimensionando i budget e il valore delle rose..

«La crisi c'è per tutti, ma dalla crisi arrivano opportunità. Siamo costretti a cambiare abitudini, ci inventiamo qualcosa, diventiamo più svegli su tutto. Un anno fa con Ibrahimovic uno come El Shaarawy non sarebbe mai esploso. Vedo tanti giovani in giro, c'è voglia di rinnovare per tornare a crescere».

Insomma, il calcio non è quell'inferno che spesso descriviamo... Ride e fa:

«Alcuni spot televisivi dimostrano come anche all'Inferno si possa star bene, più o meno come in Paradiso. Io ci sto bene». «E poi — interviene Antonello Valentini direttore generale della Federcalcio — in questo Paese sai quanti dovrebbero andare all'inferno prima del calcio?».

Possiamo immaginare. E ogni riferimento non è casuale.

CHI E GIANCARLO ABETE, romano, 52 anni, è presidente della Figc dal 2007 (eletto con 266 voti su 271) e dal 2011 vicepresidente dell'Uefa. E' stato capo delegazione dell'Italia ai mondiali di Germania 2006 conclusisi con il trionfo degli azzurri. Oltre che imprenditore e dirigente federale è stato anche politico: deputato per tre legislature dal '79 al '92 per la Democrazia Cristiana. Abete è sposato ed ha due figlie. Il fratello Luigi, ex presidente di Confindustria, è attualmente alla guida della Bnl.

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IL FATTORE «M»

L’ULTIMA PARTITA DELLA

STORIA DEL MONDO

di TONY DAMASCELLI (il Giornale 21-12-2012)

Oggi la Juventus si laurea campione d'Italia. Si conclude il campionato di calcio con venti giornate di anticipo.

Non c'entra Moggi. Almeno stavolta.Il fattore “M” è un altro.

Non Massimo Moratti, almeno stavolta, nemmeno Mario Monti, nemmeno lui. Trattasi dei Maya e della loro profezia catastrofica che dovrebbe colpire, per incominciare, alle sette del mattino, ora italiana, la repubblica di Kiribati, un arcipelago dell'Oceano Pacifico dove non risulta, al momento, sia in calendario un turno di campionato di calcio nello stadio nazionale Bairiki, né altrove. Poi l'onda dell'Apocalisse proseguirà la sua corsa viaggiando verso nuovi siti per coinvolgere la Patria nostra. Tre codici dei Maya sono riusciti a sfuggire ai roghi con i quali gli spagnoli speravano di disfarsi del male.

Ma nessuno di questi testi o geroglifici è finito in via Allegri, Roma, sede della Federazione Italiana Giuoco Calcio e dunque sul tavolo dell'esimio Palazzi.

Non risulta nemmeno che i vari pubblici ministeri, impegnati nelle inchieste su scommesse e corruzione calcistiche, abbiano ricevuto documenti in merito o siano in possesso di intercettazioni ambientali utili alle indagini ma di ardua traduzione e decodifica. Lo stesso dicasi per i giornalisti esperti nel settore copia e incolla.

Comunque le chiacchiere stanno a zero e la paura cresce, a differenza dei salari. Sono già pronti reclami e ricorsi di urgenza da parte delle altre diciannove squadre in corsa, Moratti si è lasciato andare a un classico «ci risiamo, i Maya sono fantastici ma mi ricordano un passato strano»; Lotito si è limitato a una profezia: «Ad majora, sic et simpliciter»; De Laurentiis si è scagliato contro il palazzo, anzi le piramidi; Galliani mostra sul suo telefono cellulare la fotografia di un antenato Maya; Della Valle sceglie il low profile e studia un made in Chiapas con la sponsorizzazione di una stele; Zeman insinua che i Maya siano dopati più che apocalittici; Zamparini propone l'esonero del profeta; Balotelli mostra una maya, sorry una maglia, con la scritta: «Me too?», anche io?; Prandelli scopre l'esistenza di altri codici oltre a quello etico; Abete comprende la rabbia dei presidenti ma si rivolge a Platini per sapere come intervenire; Beretta non sa da che parte cominciare anche quando ormai è finita. Insomma il football italiano sta vivendo ore critiche. Non per la paura dell'Apocalisse ma per il terrore di ascoltare Andrea Agnelli proclamare: «Trentuno scudetti, sul campo. Grazie agli alieni».

Ovviamente è tutto uno scherzo. Dico quello della fine del mondo prevista dai Maya. Il resto, ovviamente, è tutta roba verissima.

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INTERNATIONAL

HERALD TRIBUNE

21-12-2012

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IL CASO

Contrattopoli

Il Catanzaro farà ricorso

di FRANCESCO CENITI (GaSport 21-12-2012)

La situazione è grave, ma non è seria. Le parole di Ennio Flaiano fotografano la vicenda che contrappone il nuovo Catanzaro e 13 calciatori (Corapi, Ciano, Bruno, Montella, Lodi, Vono, Di Maio, De Franco, Di Cuonzo, Mosciaro, Mancinelli, Benincasa e Di Meglio) della vecchia società, fallita nel 2011: ballano 800 mila euro e c'è un'inchiesta penale in corso coi giocatori indagati per tentata truffa e formazione di credito simulato. I 13 nell'attesa di difendersi dalle accuse del pm Guarascio, tra un paio di mesi la chiusura dell'indagine e la probabile richiesta di rinvio a giudizio, per avere gli stipendi contestati si sono rivolti al collegio arbitrale: sentenza favorevole per 7 in due udienze. A settembre nelle motivazioni il collegio scriveva «di non essere a conoscenza dell'inchiesta penale». L'avvocato del club, Sabrina Rondinelli, si era allora presa la briga di portare la documentazione, compreso il sequestro dei conti correnti di Corapi, Bruno e Ciano ordinato dal pm per bloccare il pagamento dei contratti sotto indagine. Tutto risolto in vista della nuova udienza? Il Catanzaro (parte lesa) aveva chiesto una sospensiva del lodo. E invece il collegio (lo stesso di settembre) fa sapere di aver preso contezza dell'inchiesta, ma udite udite la bolla come «irrilevante». Non solo, è «irrilevante» anche il sequestro dei conti. E' invece «rilevante» la decisione del Tribunale fallimentare che aveva riconosciuto ai giocatori lo status di creditori privilegiati: cosa non in discussione, a esserlo sono la pluralità dei contratti che per il pm sarebbero l'emersione dei pagamenti in nero. La storia non finisce qui: il Catanzaro ha presentato ricorso verso la prima sentenza (lo esaminerà la Corte di appello di Firenze). Stessa cosa farà con la seconda. In quella sede si saprà se l'inchiesta penale è «rilevante» o meno. Nel frattempo il pm sequestrerà pure i 140 mila euro che il Catanzaro verserà a Vono, Mosciaro e De Franco, ma soprattutto il collegio (magari uno diverso...) valuterà il ricorso degli altri giocatori: non è forse meglio sospendere il giudizio? O è lesa maestà?

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Il pallone di Luciano

Luciano Moggi - Libero Quotidiano - 21-12-2012

Il Napoli che perde due volte di seguito al San Paolo contro il Bologna estromettendosi cosi anche dalla Coppa Italia, di cui era detentore, ci pare la raffigurazione di come possano incidere sul gruppo fattori extra campo quanto a penalità e squalifiche di giocatori. A simili eventi si può reagire in vari modi. Il Napoli lo ha fatto nella maniera peggiore, la Juve in tutt’altro modo per la vicenda Conte e nel raffronto ci può stare anche l’ Atalanta per come ha risposto ai fatti più gravi di casa sua. Nello scenario c’è una situazione abnorme di fondo, la giustizia sportiva che procede ora anche a singhiozzo, sparita la rapidità, contrabbandata come necessità e come attenuante della sequela di errori nella quale cade. In molti casi, anche questo del Napoli, Palazzi se l’è presa comoda, giungendo ad una richiesta, che molti hanno anche giudicato anomala, quel -1 al posto del canonico -2, ripristinato in pejus dalla Commissione Disciplinare. Palazzi si è guardato bene dal chiarire il perché di quella riduzione da lui proposta, lo annotiamo noi senza per questo metterci dalla parte dei colpevolisti, siamo esattamente dall’ altra parte, così come lo eravamo per il caso Conte dove ci fu ancora chi prese in considerazione l’ orrido principio del “non poteva non sapere”. Lasciateci allora dire che questo procedere a singhiozzo non ha senso, non si capisce perché tutti i casi sotto accusa non siano stati portati a conclusione in contemporanea o in tempi di distacco assai più ristretti. E non sono ancora finiti, sicchè oggi tocca a uno , domani a un altro, i capi d’accusa e il materiale probatorio risultano sempre labili e confusi, e il principio della responsabilità oggettiva è solo la mannaia di comodo utile a coprire i buchi e le incertezze dell’accusa. E’ stato sempre questo il modo di procedere della giustizia sportiva, ed è curioso e anche risibile che ad ogni nuova vicenda il capo del calcio,” uscente ma subito rientrante”, si arrampica sugli specchi per gridare che il principio non è solo nostro, ma del calcio di molti altri paesi aggiungendo poi che una revisione ci sarà , a bocce ferme, ma quali bocce?, la novità ora evocata sarebbe quella delle esimenti, il principio sarebbe applicato fino a quando non prevalga l’ esimente, ad esempio gli sforzi fatti da un club per non incorrervi, ma potrebbe anche essere un modo per creare forse altri figli e figliastri, perché la giustizia sportiva ha sempre molte facce, anche quella dell’ incompetenza, a seconda di chi vi incorre (“50 facce”, Malagò dixit). La novità dovrebbe e potrebbe essere una sola, che i componenti della giustizia sportiva non siano più nominati dalla Figc, l’ autonomia e l’indipendenza può discendere solo da questa semplice vitale revisione di metodo. Ovviamente, sul punto, meglio non chiamare in causa Petrucci, lui, il Presidente del Coni, ”uscente e non rientrante” , quello che ha detto che la giustizia sportiva ha il merito di condannare tutti, al contrario dei giudici ordinari che invece li assolvono, fingendo di dimenticare che la giustizia sportiva non tutela neanche il diritto di difesa. Di dirigenti che la pensano così lo sport non ha bisogno.

Ma ritorniamo al campionato.

Il doppio rovescio subito dal Napoli riduce di parecchio le prospettive della squadra. La penalità di due punti dirotta i partenopei al quinto posto, a -10 dalla Juve, -3 dal secondo posto dell’ Inter. C’è il Siena in trasferta domani come occasione di risalita, ma se lo spirito della squadra è quello diafano che ha ceduto alle seconde e terze linee del Bologna in Coppa Italia, può essere insidiosa anche la prova del Franchi. L’ impressione è che d’un tratto, perdendo Cannavaro, e sotto la rabbia per i due punti sottratti, il Napoli abbia perso gran parte delle sue certezze. Ma la voglia di rivincita espressa da Cavani fa intravedere anche altri scenari. Con qualche patema la Lazio in Coppa ce l’ha fatta, così come la Fiorentina a conferma che può essere il suo anno, non lo è di sicuro quello dell’ Udinese.

Tornano in campo già stasera Pescara-Catania e Cagliari-Juve, si è dovuto faticare per trovare lo stadio per la squadra di Cellino, individuato poi nel Tardini di Parma, sardi meno peggio di altri, ma sempre nella zona rossa, Juve con una prateria alle spalle, che Conte vuole mantenere. Le premesse ci sono per distanziare di più gli avversari. Pesante l’ infortunio di Chiellini, ma la rosa è vasta, pronto Caceres. Cagliari senza Conti.

La famosa “vera storia di Calciopoli” a firma di Narducci, il Pm del processo, non uno scriba qualunque, contiene accuse non vere, riferite all’ ex arbitri Paolo Dondarini e Tiziano Pieri, che ora hanno dato querela. Addebitate agli ex arbitri presunte frodi sportive non esistenti nel faldone processuale e l’accusa di associazione per delinquere. Di grazia, può Narducci spiegare il criterio di scrittura che ha seguito, se con la stessa attenzione si è adoperato per l’accusa nel processo? Neanche in un libro si può giocare impunemente con la vita delle persone, e molti ex arbitri hanno avuto la loro vita e la loro professione distrutta.

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Révélations sur le contrat en or du PSG

Un accord passé avec une institution touristique qatarienne va assurer,

chaque saison, au PSG des revenus compris entre 150 M€ et 200 M€.

par FRÉDÉRIC GOUAILLARD & RONAN FOLGOAS (Le Parisien.fr 20-12-2012)

On commence à y voir plus clair sur le fameux contrat d’image du PSG qui doit lui assurer de monumentales ressources financières jusqu’en 2016. Selon nos informations, l’institution qatarienne qui se serait engagée au côté du club est la Qatar Tourism Authority (QTA). Ce contrat pharaonique d’une durée de quatre ans ne porte ni sur une opération de sponsoring, ni sur un futur naming du Parc des Princes mais sur une vaste opération de communication censée promouvoir l’image du Qatar.

Qu’est-ce que la Qatar Tourism Authority ? La QTA est une institution en charge du développement des activités touristiques dans la péninsule qatarienne. Conçue comme un office national du tourisme aux pouvoirs élargis, elle organise aussi bien localement qu’à l’étranger des événements visant à développer l’image de l’émirat. L’objectif final? Augmenter le nombre de visiteurs étrangers à Doha. La présence du PSG à leur côté s’inscrirait donc dans cette logique. Par sa nouvelle notoriété sportive, le club parisien jouerait un rôle d’ambassadeur. Contrairement à Qatar Sports Investments (QSI), propriétaire du PSG, QTA n’a pas le profil d’un fonds d’investissement. Ces deux entités partagent toutefois un point commun : QTA comme QSI sont rattachés à l’Etat du Qatar. Le nouveau président de QTA, Issa bin Mohammed al-Mohannadi, a ainsi été nommé en mai dernier par l’émir en personne.

Quelles sont les clauses de l’accord ? Le contrat entre la QTA et le PSG court jusqu’en 2016 avec un effet rétroactif sur l’année 2012, ce qui permet au club de la capitale d’éponger le déficit de l’exercice 2011-2012. Autre point intéressant et pour le moins novateur, l’accord entre les deux parties est progressif. Cette saison, QTA devrait payer près de 150 M€ mais, au terme de l’échéancier — saison 2015-2016 —, elle s’acquittera de 200 M€ avec en sus l’insertion de bonus (participation à la Ligue des champions, victoire finale…), comme cela est l’usage désormais dans les contrats des footballeurs. Cette somme est à mettre en relation avec la masse salariale budgétée par le club parisien. Dans son plan triennal présenté à la DNCG (Direction nationale du contrôle de gestion) mardi, le PSG projette en effet que les salaires de l’équipe et du staff atteindront les 200 M€ (hors charges) lors de la saison 2014-2015.

Un sésame pour respecter le fair-play financier ? Si la DNCG n’a rien trouvé à redire à ce contrat pharaonique, c’est qu’elle considère que le critère d’équité sportive en Ligue 1 (sur lequel elle doit veiller) est respecté. En clair, le gendarme financier estime que l’ogre parisien n’écrase pas la concurrence dans l’Hexagone. En tout cas que le ratio entre le budget de Paris et ceux des clubs les moins nantis est comparable à ce qui existe en Angleterre ou en Espagne. D’autre part, la DNCG souligne que, avec 200 M€ de salaires budgétés pour 2014, le PSG est dans les standards des grands clubs européens type Manchester City (235,6 M€) ou Chelsea (216,4 M€). Il reste maintenant à savoir comment l’UEFA accueillera ce contrat à neuf chiffres. L’été prochain, les dirigeants du PSG seront auditionnés dans le cadre du fair-play financier, nouvelle loi financière imposée aux clubs européens. A partir de 2013-2014, il leur sera demandé d’équilibrer les recettes et les dépenses. Le contrat en or entre le PSG et QTA a été élaboré essentiellement pour satisfaire à ces nouvelles règles. Il faudra alors faire la preuve de la légitimité de la nature et du montant de ce contrat, sans équivalent connu dans le monde du football.

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San Nicola, emergenza campo

“Dopo la sosta sarà tutto risolto”

Sopralluogo del responsabile: “Temevo peggio”

Il Comune blocca il pagamento. Nuovo intervento dopo la gara contro il Grosseto del 26

di ENZO TAMBORRA (la Repubblica - Bari 21-12-2012)

«Dopo la sosta di gennaio, l’erba del San Nicola sarà finalmente verde». Michele Bindi, responsabile dei lavori, smorza l’allarme relativo alle condizioni del terreno di gioco, apparso già in condizioni deficitarie nel corso dell’ultima gara interna contro il Novara. «Il giallo che si nota adesso è normale perché effetto della gramigna americana, il problema è che dopo la seconda semina effettuata il 20 novembre c’è stato tanto freddo umido che ha impedito la normale crescita del tappeto verde. Di solito viene fuori in pochi giorni, stavolta ci sta mettendo più tempo. Per questo si vede soprattutto il giallo. Ma dopo quello che avevo visto in tivù pensavo peggio». Bindi, nel sopralluogo effettuato ieri allo stadio, era accompagnato da un agronomo della sua azienda, ma erano anche presenti Vito Fanelli per l’As Bari e Domenico Tondo, dell’ufficio tecnico del Comune.

Proprio l’amministrazione comunale, che si è fatta carico dei 140 mila euro necessari per i recenti lavori di rifacimento del manto erboso, aveva invitato Bindi a dare immediate spiegazioni sullo stato del terreno di gioco.

L’assessore allo sport Elio Sannicandro, in via precauzionale, ha addirittura disposto la sospensione dei pagamenti nei confronti della ditta Bindi. «Per la gara di Santo Stefano contro il Grosseto, non ci potranno essere miglioramenti apprezzabili», la premessa di Bindi. «Ma da fine gennaio, quando riprenderà il campionato, sarà tutta un’altra storia. C’è solo bisogno che l’erba cresca, senza che ci si giochi sopra. Siamo certi che tutto andrà per il meglio. Abbiamo l’esperienza dell’Olimpico, ma anche quelle di Salerno e di Foggia, che ci inducono ad essere altamente fiduciosi».

Il responsabile dei lavori all’erba del San Nicola invierà in giornata una relazione dettagliata al Comune di Bari per dare ulteriori garanzie sul buon esito dell’operazione. «Tengo anche a precisare che, avendolo visto da vicino, non ci sono buche», sono ancora le parole di Bindi. «Nei prossimi giorni verrà fatta una nuova concimazione. Vedrete come sarà diverso il San Nicola nel prossimo anno». Se lo augura anche il Comune, che negli scorsi mesi è venuto incontro al Bari facendosi carico di una spesa che il club biancorosso in difficoltà non era in grado di sostenere. Il caso San Nicola era esploso la scorsa estate dopo il Trofeo Tim, quando le telecamere fecero girare in tutta Italia le immagini si un terreno di gioco da campionati amatoriali. A sottolinearne l’inadeguatezza l’ex tecnico del Bari, Antonio Conte, innervosito dagli infortuni capitati a due suoi giocatori, il più grave quello a Simone Pepe. Una situazione critica che fece anche avanzare l’ipotesi di tutta una stagione in campo neutro. Poi, dopo alcuni incontri tra il sindaco Emiliano e il direttore generale del Bari, Garzelli, la decisione di fare partire i lavori. Il nuovo manto erboso sembrava avere attecchito, ma nelle ultime gare è apparso evidente come qualcosa non abbia funzionato. Lo stesso Torrente, dopo la gara contro il Novara, ha evidenziato come l’illusione di un campo di gioco normale fosse già svanita. Adesso si correrà ai ripari, sperando si tratti dell’ultima volta.

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Baggio e il blitz di Natale

Il suo manager diventa

allenatore per nomina

L’ex fuoriclasse, ora capo del settore tecnico Figc, promuove tutto il consiglio

IL LEGAME CON L’AGENTE Se il Codino allenasse, Petrone andrebbe in panchina

di EMANUELE RIGHI (LA STAMPA 21-12-2012)

Giocando con le parole si potrebbe passare dalle fin troppo note leggi ad personam, alla nuova legge ad Petronem. Storia, quantomeno, curiosa quella che si apprende dopo l’ultima riunione del consiglio direttivo del settore tecnico della Federcalcio, svoltasi mercoledì per l’ultima volta nel 2012. Il presidente Roberto Baggio ha proposto che, tutti i componenti del settore tecnico diventassero, senza la partecipazione al regolare corso di Coverciano, allenatori di base. Una scelta anomala, una strenna di Natale, un fatto unico che fa diventare, in un paio d’ore, allenatori di base l’ex arbitro Alfredo Trentalange, il medico della Nazionale Enrico Castellacci, l’ex direttore sportivo Carlo Regalia, l’attuale d.g. del Verona Giovanni Gardini senza dimenticare Gianni Rivera, Diego Bonavina, Stefano Fiorini e, pur avendo già il patentino da allenatore di prima categoria, Cesare Prandelli e Giuliano Ragonesi.

In genere, per diventare allenatore di base, che è il primo gradino della scala che si deve salire per diventare tecnici riconosciuti dalla scuola di Coverciano, si partecipa ad un Bando dove, tramite un punteggio, si entra o meno a far parte di questo corso. Il corso dura cinque settimane con lezioni quotidiane di 5 ore. Un impegno di non poco conto. Con una dose di dietrologia, un pizzico per carità, senza esagerare, viene da pensare che la scelta di Roberto Baggio voglia premiare un consigliere in particolare: Vittorio Petrone. Lo storico manager di Roby Baggio fa parte del consiglio direttivo in quota Figc. Con il patentino di allenatore di base si può allenare sino alla serie D ma, soprattutto, si può essere assistenti di un allenatore anche di serie A.

Non è impossibile da immaginare che Roberto Baggio, desideroso di guidare una squadra della massima serie, (l’ex Codino non ha mai fatto mistero della possibilità tanto che il suo nome fu accostato all’Inter prime di Stramaccioni) possa così avere al suo fianco, come assistente, lo storico manager Vittorio Petrone. Senza il patentino di base Petrone non avrebbe avuto i requisiti tecnici per sedere in panchina. Capito il problema, trovata la soluzione. Ma, forse, è solo la tipica dietrologia all’italiana.

Da mercoledì mister Petrone non sarà tale solo a Londra e pure l’ottimo Trentalange potrà, eventualmente, dilettarsi con il fischietto. Non per sanzionare falli di gioco ma per ordinare un esercitazione tattica o uno schema su punizione.

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L’INCHIESTA

Se il fondo avvoltoio

si interessa al Valencia

L’improvvisa apparizione del costaricano Alvarado

che voleva comprare da Bankia il debito del club

Un deficit di 370 milioni, il nuovo stadio bloccato, ma la società rimane appetibile

di PIPPO RUSSO (Pubblico 21-12-2012)

Questa è la storia di un affare non concluso, eppure vale la pena raccontarla. Per due motivi: perché non è detto che il suo mancato compimento sia definitivo, e che dunque la vicenda sia chiusa una volta per tutte; e perché essa contiene ulteriori e preoccupanti elementi di lettura sulla mutazione genetica del calcio globale. La storia riguarda Valencia e il suo principale club calcistico.

Da una parte c’è una città che, come l’intero paese in cui è collocata, ha fatto dello sport uno strumento di crescita ambiziosa e sovente spregiudicata. Una corsa allo sviluppo che vede nel calcio un driver potente ma non esclusivo. Dal 2008 Valencia prende, infatti, a ospitare il Gran Premio d’Europa di Formula 1, che si disputa su un circuito cittadino. E nel 2010 arriva pure l’America’s Cup (ultima edizione fin qui disputata, in attesa di quella che si celebrerà a San Francisco nel settembre 2013), che vede il detentore Alinghi difendere e perdere il trofeo contro Oracle.

Dall’altra parte c’è una società calcistica che con l’inizio del XXI secolo entra a suon di risultati fra le grandi del calcio europeo (grazie a due sfortunate finali consecutive di Champions League nel 2000 e nel 2001, perse contro Real Madrid e Bayern Monaco sotto la guida di Hector Cuper), al punto da venire cooptata dall’autonominata élite del calcio continentale radunata nella lobby del G-14. Dunque gli Anni Zero del XXI secolo sono per la città di Valencia e per il suo principale club calcistico quelli del decollo. Purtroppo poi arrivano gli Anni Dieci. Crolla l’economia nazionale, e a cascata crollano le economie locali e quella dello sport spagnolo. Dal canto suo, il Valencia si trova in una situazione debitoria spaventosa: 370 milioni dei quali 281 verso Bankia, il famigerato conglomerato d’istituti bancari fatto oggetto nei mesi scorsi di un’ardita operazione di salvataggio finanziata con fondi europei. È Bankia a bloccare i lavori del “Nueva Mestalla”, il nuovo stadio del club i cui lavori andavano avanti dal 2008. Ed è sempre Bankia a vedersi giungere, meno di un mese fa, una proposta che desta perplessità. Qui si condensa la storia dell’affare non andato a conclusione. Per ora.

Lo scorso 26 novembre, lunedì, un signore costaricano chiamato Mario Alvarado Orozco si presenta presso la sede principale di Bankia a Valencia. Si qualifica come investitore, e avanza una proposta indecente: comprare dalla banca per 220 milioni il debito di 281 milioni del Valencia. Poi, giusto per non passare inosservato, convoca una conferenza stampa e rende pubblica l’offerta. Il tutto avviene giusto nei giorni in cui il presidente del club valenciano, Manuel Llorente, si trova a Dubai dove cerca disperatamente investitori per il suo club. Il clamore sull’offerta di Alvarado dura un attimo, seguito immediatamente dai dubbi.

Chi è questo personaggio? Perché è così interessato al debito del Valencia? E soprattutto: quali sono i suoi veri obiettivi? Gli interrogativi sul personaggio vengono chiariti nell’immediato, a giudicare dal numero di pagine web rintracciabili con date fra il 27 e il 29 di novembre (prima e dopo si trova quasi nulla): un avventuriero della finanza globale, come tanti se ne trova in giro nell’epoca del capitale volatile, per di più sconosciuto nel suo paese. Quanto agli obiettivi, essi vengono delineati attraverso l’uso di un’etichetta. Che in inglese suona vulture fund, e in spagnolo fundo buitre: fondo avvoltoio. Si tratta di uno specifico tipo di fondo d’investimento, che proprio come un avvoltoio, va in cerca di attori economici moribondi: aziende, società di capitali, persino stati-nazione. I fondi avvoltoio comprano da terzi il debito dell’attore economico e a quel punto ne spolpano ogni residua risorsa per trarne il massimo profitto.

Un caso da manuale è quello del Donegal International Ltd, un fondo che nel 2005 ha trascinato in tribunale lo stato dello Zambia per un debito da esso contratto nel 1979 con la Romania per finanziare l’acquisto di macchinari agricoli. Donegal aveva comprato dalla Romania quel debito per 3 milioni di dollari nel 1999, e sei anni dopo aveva citato, presso l’Alta Corte di Londra, lo Zambia chiedendo il versamento degli interessi maturati in quasi trent’anni: 55 milioni di dollari. La sentenza ha riconosciuto al fondo 15 milioni di dollari, aggiungendo un severo giudizio di disonestà per il suo dominus, Michael Francis Sheehan.

Quando la notizia dell’offerta avanzata da Mario Alvarado Orozco si diffonde, i media spagnoli non si peritano di chiamare col giusto nome l’istituzione di cui l’investitore costaricano è rappresentante: un fundo buitre. Del resto, perché mai un finanziere dovrebbe muoversi dal Centro America per venire a comprare in Spagna un club calcistico dalla situazione finanziaria devastata? Alla storia della ristrutturazione non crede nessuno. Più facile si tratti di un avventuriero che una volta comprato il debito fagociti ogni risorsa del club. E di risorse il Valencia può ancora vantarne. A dispetto del disastro economico-finanziario, esso è stato negli ultimi anni il primo del “campionato degli altri” (cioè il terzo dietro le irraggiungibili Barcellona e Real Madrid), confermandosi ospite fisso in Champions League. Il che significa prize money, diritti televisivi, sponsor. Denari sicuri. Per non dire dell’area in cui dovrebbe sorgere il nuovo stadio. Anche un attore economico moribondo può possedere enormi ricchezze; che non bastano a coprire i debiti ma certo possono arricchire attori terzi.

Come detto all’inizio, l’affare non si realizza. I dirigenti valenciani di Bankia respingono l’offerta adducendo non già considerazioni economiche, ma guardando agli aspetti sociali della questione. Dunque, pericolo scongiurato. Ma si può essere certi che ciò non significhi il definitivo allontanamento della minaccia. Perché due interrogativi continuano a incombere. Il primo: fino a quando Bankia sarà disposta a tenersi in casa la bomba di quel debito da 281 milioni senza prendere in considerazione ogni soluzione per disinnescarlo? Il secondo: quanto tempo rimane prima che i fondi avvoltoio trovino in giro per il mondo un club calcistico decotto sul quale planare indisturbati?

(7/continua)

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Il club di De Laurentiis

quest’anno non rischia

Per il futuro si vedrà...

di FRANCESCO UFFICIALE (CorSport 21-12-2012)

NYON - Il Napoli può stare tranquillo: la penalizzazione, in primo grado, di due punti in campionato «per omessa denuncia» a causa del Calcioscommesse e le conseguenti squalifiche di sei mesi del capitano Paolo Cannavaro e di Gianluca Grava non avranno particolari conseguenze dal punto di vista disciplinare da parte dell’Uefa. La squadra di Walter Mazzarri, quindi, potrà continuare il suo attuale percorso in Europa League. Per la prossima stagione, vedremo...

L’Uefa, infatti, attraverso il suo Segretario Generale, Gianni Infantino, e del direttore della Commissione competizioni delle Federcalcio continentale, Giorgio Marchetti, ha preso una posizione ufficiale: «E’ estremamente prematuro parlare di sanzioni a livello europeo contro il Napoli. Prima di esprimere un giudizio disciplinare l’Uefa aspetterà che vengano esauriti i vari gradi di giudizio, sino a una sentenza definitiva», ha affermato il «braccio destro» di Michel Platini, che poi ha aggiunto: «L’Uefa non fa distinzione fra “responsabilità diretta ed indiretta” di un club implicato in una vicenda di calcioscommesse. Una possibile esclusione dai tornei europei, quindi, potrà avvenire su segnalazione della Federazione italiana e dello stesso Napoli, nel caso questi acquisisca il diritto a parteciparvi, eventualmente per la prossima stagione e solamente dopo un giudizio della nostra Commissione Disciplinare».

E Marchetti ha puntualizzato: «Il caso è complesso e quindi dovremo approfondirlo nei prossimi mesi. Ad ogni modo, il Napoli per il momento non rischia alcuna esclusione e quindi può continuare a prendere parte ai prossimi turni di Europa League». A cominciare dai sedicesimi contro i prossimi avversari, i cechi del Viktoria Plzen.

___

CALCIOSCOMMESSE

L’Uefa rassicura il Napoli

«Sanzioni? Prematuro...»

di SIMONE DI STEFANO (TUTTOSPORT 21-12-2012)

ROMA. La sentenza di primo grado per il Calcioscommesse non pregiudica la partecipazione del Napoli in Europa League. Lo aveva detto la scorsa estate e lo ha ripetuto anche ieri il segretario generale Uefa Gianni Infantino, a margine dei sorteggi di Nyon: «La Uefa fa una distinzione tra responsabilità diretta e indiretta del club». Tuttavia Infantino tiene anche a precisare come sia «estremamente prematuro parlare di sanzioni europee contro il Napoli. Prima di esprimerci, dobbiamo attendere che vengano esauriti i vari gradi di giudizio». Intanto ieri scadevano i termini per presentare ricorso: il Napoli contro il -2, Paolo Cannavaro e Gianluca Grava contro i 6 mesi di squalifica per omessa denuncia. Nel loro ricorso, gli avvocati Malagnini (Cannavaro) e Delle Donne (Grava) sottopongono a dura critica le motivazioni della Commissione Disciplinare. Non è piaciuto il modo estrapolare alcune frasi delle audizioni e neanche il fatto che i giudici abbiano ritenuto «strumentale» la querela per diffamazione avanzata contro Gianello: «La querela - dice Malagnini - non è ritrattabile, non utilizziamo la giustizia penale a orologeria». Per ottenere il proscioglimento di Cannavaro, Malagnini si richiama anche alla sentenza su Salvatore Masiello della scorsa estate, in cui un solo “pentito” (in quel caso Andrea Masiello) non viene ritenuto credibile proprio perché è la sola fonte delle sue stesse dichiarazioni. L’appello dovrebbe venir fissato tra l’8 e il 15 gennaio. Intantgo l’agente di Stefano Mauri, Tiziano Gonzaga, ha ribadito le ragioni del suo assitito: «E’ stato penalizzato perché il più rappresentativo. Non è stato neppure deferito e continua a giocare: evidentemente non c’è nessuna certezza sulla sua colpevolezza».

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Premier League clubs urged

to blow the whistle on racist acts

• Clubs face sanctions for failing to deal with racist incidents

• Overseas players will have mandatory cultural lessons

by OWEN GIBSON (The Guardian 20-12-2012)

Premier League clubs will be encouraged to operate whistle-blowing mechanisms to ensure racist incidents can be reported in confidence as part of a range of measures agreed by the Football Association to tackle discrimination.

Under the plans, clubs will also face sanctions for failing to deal with racist incidents, while players and coaches arriving from overseas will have to undergo "mandatory induction lessons" to ensure they are aware of the "British cultural environment".

After 18 months in which the issue of racism on and off the pitch has dominated headlines, the recommendations are the result of work carried out in the wake of a Downing Street summit convened by the prime minister in February following the John Terry and Luis Suárez incidents.

The package of commitments, which runs to 15 pages, has been agreed by the FA, Premier League, Football League, Professional Footballers' Association and League Managers Association. "This is a commitment on behalf of English football to ensure the game is inclusive and free of discrimination. Only by the sum of all our parts working together will we affect further and greater change," said the FA chairman David Bernstein.

"This continues to be a top priority for me, as chairman of the FA, and I believe this action plan states our collective commitment and lays out clearly the individual actions to move forward this vital agenda."

The FA will set up an inclusion advisory board to report to its main board on diversity matters and has promised to ensure that the number of coaches from black and minority ethnic backgrounds taking its level one and two coaching courses remains above 10%. The action plan also promises to work with the Football League to review the recruitment process for managers and coaches and to develop a new voluntary code "which the professional game may consider adopting for all roles in football".

Some players, including Reading's Jason Roberts, have been highly critical of the lack of progress in ensuring the proportion of BME managers, coaches and administrators in the game matches that of the population at large.

Meanwhile, the FA is continuing to review its rule book in a bid to strengthen the minimum sanctions for racism following criticism of the four-match sanction imposed on John Terry after he racially abused QPR's Anton Ferdinand.

The covering letter to the proposals also reiterates the support of the football authorities for the work of Kick It Out, in the wake of widespread debate over its role following the refusal of players including Roberts and Rio Ferdinand to wear supportive T-shirts . The Kick It Out chairman Lord Ouseley stood down from his position on the FA Council earlier this month, claiming the last 12 months had been "wasted in hypocrisy" by leading clubs and the FA, and that there is a "moral vacuum" at the top of the game.

The new proposals will be submitted to the government and are likely to be considered by the culture, media and sport select committee next year. The culture secretary Maria Miller said she welcomes the action plan and the support for Kick It Out. "While we have made significant progress in this area over the last two decades, recent incidents have shown a need for concerted action," she said.

"We want to see this action plan implemented and the football authorities to show strong leadership on anti-discrimination at both the professional and grassroots levels of the game." Miller said the government would respond in full as part of its submission to the select committee.

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French union condemns

Lille’s ‘respect of contract’

FIFPro news | Thursday 20 December 2012

The French footballers’ association UNFP reacted angrily to the news that Lille wants to end its contract with Salomon Kalou, the Ivorian international striker who only just last summer signed a three-year contract at the current number 11 in the French Ligue 1.

Apparently, Lille (French champions in 2011) is not satisfied with the performance of the former Chelsea and Feyenoord player.

The UNFP released the following statement.

‘Although my contract still has thirty months to run, I'm going to leave my club because the club is average and the results aren’t good enough for me. I came here to play in the Champions League and nothing else. This club isn't going to get there with these executives, so I’ve decided to leave. I await your offers!’

Imagine a footballer talking like this. Wouldn't we find it difficult to understand his (obviously indignant) attitude to respect for contracts, to a player's duty of confidentiality, or to the fabulous wages he obviously must be getting?

The executives at Lille have now taken it upon themselves to say they have no intention of respecting the contract they signed with Salomon Kalou, while unceremoniously denigrating one of their employees.

The UNFP, which has always campaigned in favour or respect for contracts by both clubs and players, condemns these practices, which are aimed at setting up ‘disposable’ contracts like throwaway tissues, and trial periods for fixed-term contracts, were these customary.

These abuses are encouraged by the winter transfer window that our union has always battled against, and they must cease.

FIFPro fully agrees with the UNFP statement.

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Time to cash in on the reinvention of the German game

by RORY SMITH (THE TIMES 21-12-2012)

Most of Europe knows their names by now. Toni Kroos, Bastian Schweinsteiger, Thomas Müller, Marco Reus, Mario Götze, Julian Draxler and Lewis Holtby. The bright lights of the Bundesliga, the vanguard of the revolution, the wunderkinder, past and present, who have taken Germany and its football — dour, mechanical, staid, boring — and made it cool.

All will be present in the last 16 of the Champions League, of course, and fancied to advance yet further, too. Schweinsteiger and his cohorts at Bayern Munich, in imperious domestic form, should have too much for Arsenal; likewise the Schalke of Holtby and Draxler, given favourable opposition in Galatasaray. Reus and Götze, Borussia Dortmund’s youthful standard-bearers, face Shakhtar Donetsk, a mouthwatering prospect.

But there is another name, one that is substantially less familiar, that warrants mention in any discussion of how the Bundesliga, over the past decade, emerged from its atrophy and became Europe’s most vibrant, most admired league: Christian Seifert. The 43-year-old is the chief executive of the DFL, the equivalent of the Football League, and a vice-president of the DFB, the German football association. Since the former marketing director of MTV Europe took up the former post in 2005, he has overseen a remarkable rise.

There are staging posts on any journey and this one is no exception. There is Charleroi, 2000, when the humiliation of Erich Ribbeck’s national team convinced the DFB that German football needed a comprehensive overhaul. There is Munich, 2006, when Germany fell back in love with football at their own World Cup; Vienna, 2008, Malmo, 2009, Durban, 2010.

April 17, 2012 can stand alongside them all. That was the date that the Bundesliga signed the biggest TV deal in its history; €628 million (about £510 million) a year, for four years. Dwarfed by the £1.6 billion a season the Barclays Premier League will receive from 2013, but a 50 per cent increase on what had gone before. That was proof that the Bundesliga model was working. German clubs have long outperformed all of their rivals in terms of commercial revenue — according to Deloitte, Bayern made almost £70 million more than Manchester United in 2011, while Schalke outperformed Liverpool and Chelsea — and attendance.

Seifert’s energetic work in promoting the German brand, in aggressively marketing its values of fan ownership, full stadiums and teams full of home-grown stars, meant it could begin to close the gap in broadcast rights, too. Suddenly, Bayern were in a position to pay £35 million for Javier Martínez, the Spain midfielder, when Manchester City could not. Being fashionable, it turns out, really does pay.

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Lo scandalo

di ROBERTO BECCANTINI (Beck is back 21-12-2012)

Lo scandalo non è il rifiuto con il quale la Juventus, secondo Massimo Cellino, padrone e presidente del Cagliari, avrebbe liquidato la possibilità di giocare la sfida odierna allo stadio Is Arenas di Quartu Sant’Elena. Come se alla Juventus, e non alle autorità competenti, fosse spettata, e spettasse, l’ultima parola.

Lo scandalo non è lo 0-3 a tavolino assegnato alla Roma dopo che Cellino aveva invitato i tifosi del Cagliari dentro uno stadio che il prefetto aveva chiuso. La partita non si giocò e, dunque, non venne falsata: sarebbe stato più opportuno punire il club sardo senza premiare la Roma, ma i tornanti del regolamento lo consentivano.

Lo scandalo, il vero scandalo, è che nel campionato italiano di serie A, la nostra Nba, ci sia una società, il Cagliari, che non abbia un impianto fisso – o abbastanza fisso e sicuro, mettiamola così – nel quale disputare le partite casalinghe. Dalla scorsa stagione deambula fra Trieste, Quartu e Parma. A porte chiuse, semichiuse o semiaperte. Sto parlando del simbolo di un’isola cara a noi tutti, della squadra che Gigi Riva portò allo scudetto nel 1970, di un patrimonio del nostro sport.

Lo scandalo è questo: le deroghe della Lega, il ping pong tra Cellino e il coté politico, dal cui polverone non è facile distinguere torti e ragioni, l’idea forzata dell’arena ambulante, perché sì, siamo in Italia, e ogni regola ha la sua eccezione, ogni diritto il suo rovescio, ogni domicilio la sua prolunga.

E’ mai possibile che, a fine 2012, il club di una delle prime cinque Leghe europee debba elemosinare all’avversario di turno il permesso di giocare «qui piuttosto che là»? «Noi la stella l’abbiamo sul cuore, non siamo coinvolti in scandali», ha dichiarato Cellino. Scusi, presidente: ma questo gran casino dello stadio che cos’è, se non uno scandalo?

Modificato da Ghost Dog

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SPY CALCIO di FULVIO BIANCHI (Repubblica.it 21-12-2012)

Lega A, Abodi non si arrende

Figc, ecco chi candida Abete

Tutto come previsto. Purtroppo. La Lega di serie A non è riuscita ad eleggere il suo presidente. L'attuale, Maurizio Beretta, aveva messo a disposizione il suo mandato addirittura nel marzo 2011 quando aveva accettato un prestigioso incarico all'UniCredit: da allora, i venti presidenti hanno litigato e poi fatto la pace solo sui soldi dei diritti tv, ma non hanno trovato il tempo e nemmeno la voglia di cercare un altro leader. Niente. E così, giovedì è finito come era facile prevedere: fumata nera. Nulla di fatto, si riprova l'11 gennaio, tre giorni prima delle elezioni del presidente federale. Abodi, che ha preso un massimo di 11 voti (ne servivano 14, in terza votazione) non si arrende: la Lega di B per ora lo aspetta e farà slittare la sua assemblea, già prevista per il 28 dicembre, a dopo quella della serie A. Ma quanto potranno aspettare i 22 presidenti cadetti? Questo è un problema non di poco conto (vedi Spy Calcio del 19 dicembre). Abodi pensava di avere due voti in più: lo hanno scelto Atalanta, Catania, Inter, Juventus, Napoli, Palermo, Pescara, Roma, Sampdoria, Siena e Udinese. Come si vede grandi, medie e piccole. Un consenso molto trasversale e significativo della volontà di cambiare pagina. Galliani ha portato avanti la candidatura di Ezio Maria Simonelli, che si è fermato a quota sei. Fuori dai giochi (per ora...) l'attuale "reggente" Beretta. Lotito e Preziosi fanno blocco contro Abodi, ma anche il Milan si è messo di traverso e diventare presidente di Lega senza l'appoggio di Galliani non è facile per nessuno. Ma Abodi non si arrende, adesso si vuole fare conoscere meglio: in passato, alla prima votazione, Franco Carraro prese solo quattro voti, e allora la Lega era unica, serie A e B. Ma tenne duro e alla fine fu eletto (ma c'era la Juve di Giraudo e Moggi, e contava molto...). Per questo non è detto che si risolva tutto l'11 gennaio. Anzi, si potrebbe andare sino a primavera quando i presidenti, presi dalla paura del rischio-commissariamento, potrebbero finalmente mettersi d'accordo. All'assemblea di ieri, non era rappresentato il Cagliari. Massimo Cellino, pur essendo consigliere federale, non si è fatto vedere e non ha mandato nessuno a rappresentarlo. Una gaffe, un segno di scarso rispetto nei confronti dell'assemblea. Ma Cellino, di questi tempi, ce l'ha col mondo intero. Lo stallo delle Leghe di A e B potrebbe avere riflessi adesso sulla Federcalcio? Come noto, si vota il 14 gennaio e c'è tempo sino al 29 dicembre per designatore il candidato presidente. Galliani, giovedì, in assemblea di Lega aveva proposto Berretta come presidente federale: subito d'accordo Lotito, che non può vedere Abete e già due anni fa tentò (invano) di metterlo alle corde. Il progetto però è subito tramontato per l'opposizione degli altri presidenti. Ma la Lega di A starà fuori dal consiglio federale della Figc sino a quando non nominerà i suoi rappresentanti: e così, non avrà nemmeno uno dei due vicepresidenti (prima erano tre) della Figc come si augurava. Probabile tocchi ad Albertini e Tavecchio, se verrà raggiunto un accordo fra Leghe e componenti. La Lega Pro e la Lega Nazionale Dilettanti hanno già espresso il loro presidente, Macalli e Tavecchio, ma non hanno ancora indicato il presidente federale e avrebbero potuto farlo. Come mai? Aspettavano di vedere cosa succedeva a Milano e questa lunga attesa non piace per niente ad Abete: anche perché c'è l'ipotesi di una candidatura Tavecchio, con Francesco Ghirelli direttore generale (ora è alla Lega Pro). Molto probabile, se non certo, che il 29 dicembre Ulivieri, n.1 dell'Assoallenatori, candidi Abete. Anche Marcello Nicchi, capo degli arbitri, è al fianco dell'attuale presidente. Una parte dei presidenti di A (ma quanti?) potrebbe stare al fianco di Tavecchio per la presidenza Figc. Il sindacato calciatori aspetta: se c'è Abete, non candida Demetrio Albertini. Diversamente l'Aic scende in campo contro Tavecchio.

Dietro l'ipotesi del tandem Tavecchio-Ghirelli c'è (soprattutto) Franco Carraro: tempo fa avevamo scritto che in alcuni ambienti si pensava addirittura ad una sua candidatura come presidente federale (lasciò dopo Calciopoli nel 2006) ma l'ìpotesi poi venne smentita e lo stesso Carraro ha sempre detto di non volere più incarichi nel mondo del pallone. Una cosa è certa: Carraro stima Ghirelli, che è stato per anni il suo braccio destro, così come si è allontanato ultimamente da Abete, ritenendolo troppo attendista. Soprattutto su temi basilari come la giustizia sportiva (non credo proprio che Carraro avrebbe riconfermato il superprocuratore Stefano Palazzi...). Ma alla fine, dopo aver parlato con Macalli e Tavecchio, un Abete, pure assai infuriato, ha ottime possibilità di restare in sella ed essere confermato alla guida della Figc. Con qualche voto contrario e con non pochi mal di pancia, d'accordo. Ma col pieno appoggio anche di Giovanni Petrucci, il suo sponsor principale che in questi anni è sempre sceso in campo per difenderlo. Ma appena confermato Abete dovrà chiudersi subito in una stanza con i suoi consulenti legali (Gentile e Gallavotti), con il dg Antonello Valentini, i vicepresidenti e i consiglieri federali. E dovrà iniziare quella riforma della giustizia sportiva che ormai non può più aspettare. E Abete lo sa benissimo.

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la Repubblica 21-12-2012

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Fair play finanziario: l'Uefa sanziona

il Malaga e altri sette club "morosi"

di MARCO BELLINAZZO (Calcio & business 21-12-2012)

E arrivano le sanzioni. Il collegio consultivo della Commissione per il controllo finanziario dei club Uefa (Cfcb) ha decretato le sanzioni per otto dei nove club messi sotto osservazione (come raccontato nel post precedente) per i ritardi significativi nei pagamenti.

Queste, nel dettaglio, le decisioni:

Il Málaga viene escluso dalla partecipazione alla prossima competizione Uefa alla quale dovesse qualificarsi nelle prossime quattro stagioni. Inoltre, la squadra spagnola sarà esclusa per una ulteriore competizione Uefa alla quale dovesse qualificarsi (nelle prossime quattro stagioni) se non dimostrerà, entro il 31 marzo 2013, di non avere debiti nei confronti di altri club, di tesserati e del Fisco spagnolo, in conformità con il Regolamento delle licenze dei club e del fair play finanziario.

Al Malaga è stata inoltre inflitta un'ammenda pari a 300.000 euro. Mentre vengono rilasciati i premi in denaro trattenuti lo scorso 11 settembre 2012 (in via cautelare).

L'Hajduk Split è escluso dalla partecipazione alla prossima competizione Uefa alla quale dovesse qualificarsi nelle prossime tre stagioni (2013/14, 2014/15, 2015/16), salvo che dimostri, entro il 31 marzo 2013, di avere pagato gli arretrati precedentemente accertati dalla Camera d'Inchiesta della CFCB; di avere estinto ogni debito rinviato per iscritto in scadenza prima del 31 marzo 2013, nonché di avere regolato al 31 dicembre 2012 tutte le posizioni in scadenza prima del 31 marzo 2013, in conformità con gli Articoli 49 e 50 del Regolamento delle licenze per club e del fair play finanziario.

Al club croato è stata inoltre inflitta un'ammenda pari a 80.000 euro, di cui la metà è sospesa e dovrà essere corrisposta soltanto ove il club non potesse dimostrare, entro il 31 marzo 2013, di avere estinto i propri debiti, in conformità con il Regolamento Uefa. I premi in denaro trattenuti in data 11 settembre 2012 (in via cautelare) saranno liberati.

Un altro club croato l'Osijek è escluso dalla partecipazione alla prossima competizione Uefa alla quale dovesse qualificarsi nelle prossime tre stagioni (2013/14, 2014/15, 2015/16), salvo che dimostri entro il 31 marzo 2013 di avere pagato gli arretrati precedentemente accertati dalla Camera d'Inchiesta della Cfcb; di avere estinto qualsiasi debito rinviato per iscritto in scadenza prima del 31 marzo 2013, nonché di avere regolato al 31 dicembre 2012 tutte le posizioni in scadenza prima del 31 marzo 2013.

All'NK Osijek è stata inoltre inflitta un'ammenda pari a 100.000 euro. I premi in denaro trattenuti in data 11 settembre 2012 (in via cautelare) saranno liberati.

Anche il Rapid Bucarest è escluso dalla partecipazione alla prossima competizione lla quale dovesse qualificarsi nelle prossime tre stagioni (2013/14, 2014/15, 2015/16), salvo che dimostri entro il 31 marzo 2013 di avere pagato gli arretrati precedentemente accertati dalla Camera d'Inchiesta della Cfcb; di avere estinto qualsiasi debito rinviato per iscritto in scadenza prima del 31 marzo 2013, nonché di avere regolato al 31 dicembre 2012 tutte le posizioni in scadenza prima del 31 marzo 2013. Inflitta un'ammenda di 100.000 euro e premi sbloccati.

Stesse sanzioni per la Dinamo Bucarest. Il club è escluso dalla partecipazione alla prossima competizione alla quale dovesse qualificarsi nelle prossime tre stagioni (2013/14, 2014/15, 2015/16), salvo che dimostri entro il 31 marzo 2013 di avere pagato gli arretrati precedentemente accertati dalla Camera d'Indagine della Cfcb; nonché di avere regolato al 31 dicembre 2012 tutte le posizioni in scadenza prima del 31 marzo 2013, in conformità con gli Articoli 49 e 50 del Regolamento delle licenze per club e del fair play finanziario. Ammenda di 100.000 euro in cambio dello sblocco dei premi in denaro.

Il Partizan Belgrado è escluso dalla partecipazione alla prossima competizione Uefa alla quale dovesse qualificarsi nelle prossime tre stagioni (2013/14, 2014/15, 2015/16,), salvo che dimostri entro il 31 marzo 2013 di avere pagato gli arretrati precedentemente accertati dalla Camera d'Indagine della Cfcb; di aver pagato ogni cifra differita e dovuta entro il 31 marzo 2013, e di aver sistemato ogni pagamento al 31 dicembre 2012 che andrà in scadenza per il 31 marzo 2013, in linea con gli Articoli 49 e 50 del Regolamento delle Licenze per Club e del Fair Play Finanziario. Per il Partizan anche una multa di 100.000 euro. Il premio in denaro trattenuto l'11 settembre 2012 2012 (come cauzione) verrà liberato.

Multe per il Vojvodina e l'Arsenal Kyiv. Il club serbo è stato multato per 10.000 euro (il premio in denaro trattenuto l'11 settembre 2012 verrà sbloccato). Il Club ucraino è stato multato per 75.000 euro. Saranno scontati 30.000 se il club proverà, entro il 31 marzo 2013, di aver saldato i suoi debiti secondo il Regolamento Uefa.

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VENEZIA AND HAPPY ENDINGS?

by PAUL GRECH (IBWM 21-12-2012)

As with any city whose economy is reliant on tourism, Venice has a strange relationship with its visitors. The money that these bring is welcome but their presence - especially the noise and chaos they create - isn't. Given that it once was a seat of power that controlled large parts of Europe, its current status as a piece of antiquity to be gawked at perhaps renders the tourists all the more irritating to the locals.

Not all tourists are the same, however. Certainly not those who come with promises of restoring some of the city’s glory even if this comes through a football pitch.

That is what Yury Korablin has been promising. The Russian millionaire was on a trip to the city when rain forced him into a shop to buy a pair of boots. There he spotted some replica shirts of the local football team, started talking about the club and ended up heading a group of businessmen who, in 2011, bought it out.

It reads like a footballing version of the love at first sight tale that made the nearby city of Verona famous. The only difference, at least as far as the fans’ hopes go, is that this one might have a better ending. That would certainly be the case if Korablin delivers on his promise of getting the club to the Serie A.

It is some claim. Established in 1907, Venezia have spent most of their existence in Italy’s lower leagues. In between the years of struggle, there have been only two brief flirtations with glory. Inspired by two twenty-one year olds - Valentino Mazzola and Ezio Loik – in the early forties they rose to the Serie A, won the Coppa Italia and came within a few games of winning the scudetto. Both Mazzola and Loik would go on to win league titles but that would be with Torino, the dominant team of that decade (sadly, both perished at Superga along with the rest of that Grande Toro side). For Venezia, there was only a slow descent back to anonymity.

It would take them more than forty years for another brief interlude with success. This came with the arrival of Mauro Zamparini who first bought Venezia and then the team from the nearby town of Mestre.

Zamparini wanted the local authorities to help in the building of a new stadium but when he saw that this wasn’t going to be forthcoming, he acted on his threat of moving football out of the city of Venezia. His two clubs were merged into a new one called Venezia-Mestre that, crucially, played its football at Mestre’s Francesco Baracca Stadium. Not only that but he even dropped the club’s traditional green and black colours, adopting instead Mestre’s orange.

It was a typically controversial move by Zamparini and, inevitably, he was hated by the fans. Yet he dragged the club forward, guiding them from the Serie C2 (fourth tier) to the Serie B and then eventually the Serie A. There, with an attack spearheaded by Pippo Maniero and the creative genius of Alvaro Recoba, they achieved an unexpected eleventh place finish. It was in Venice whilst on loan from Inter that Recoba played his best football in Europe and with him in the side Venezia became one of the most attractive teams to watch in the Serie A.

Without him, however, they couldn’t hold on and when he went back to Inter the following season Venezia were relegated. Still, Zamparini persisted and having worked hard to convince future Italy manager Cesare Prandelli to take over as manager he was rewarded with another promotion.

That was as good as it got. Relegation was followed by Zamparini buying Palermo and transferring Venezia's best players there, including local legend Maniero. With a weakened squad, he left the club to drift in a sea of financial problems. Inevitably further demotions followed before the club was wound up in 2005.

A new side, called Società Sportiva Calcio Venezia, emerged from the ashes. They started well enough, winning promotion from the Serie C2 but soon problems came to the fore and within three years this club had also succumbed to debts.

Another new club was formed - Unione Venezia - and started life in the amateur leagues. That is where they stayed until the arrival of the new Russian owners who, true to their word, promptly went about revolutionising the squad and winning promotion (and the league title) in the first season. It was their first honour since winning the Serie B back in 1966 and a first step towards delivering on Korablin's promise.

Yet that might turn out to be the easy part.

Ambitious though the aim of getting Venezia to the Serie A might seem, it isn't the grandest promise that Korablin has made; that title goes to his widely publicised desire to move Venezia to a new stadium.

Historically Venezia's home has been the Stadio Pierluigi Penzo which is famous for being the only one in the world that visiting fans can only reach either by boat or by train. Any romanticism that this notion might elicit, however, are swept away upon reaching the stadium. Having been partially restructured during the early nineties when the club suddenly started progressing up the leagues, it has seen little maintenance since. Even then, the increase in capacity was handled through temporary structures which have since been taken down.

That tells only part of the story. Since back in the 1960s there has been talk of a new stadium for Venezia; one built on solid ground. Yet with the club struggling for money and the local authority refusing to finance the move, the new stadium became a political football that each side regularly bitterly kicked in the other's direction. The fallout of this has been the minimal maintenance on the Penzo with whatever work carried out being limited to the bare essential required to keep it going.

It is a cycle that Korablin wants to end. His vision is to build a club owned stadium similar to the one that Juventus have pioneered. It might spell the end to Italy's second oldest stadium but it would also be a game changer for Venezia.

The plans that were revealed earlier this year are certainly impressive. These designs show an oval arena, apparently inspired by the Colosseum, that would hold up to 30,000 people. There would be no running track – the bane of Italian stadiums – and would be wholly covered with photovoltaic panels that would produce 6 megawatts of energy. All of this would cost around €150 million that the Russian owners are apparently willing to shell out.

Those figures inevitably plant a seed of doubt as to why they might be willing to do this. Whilst Korablin's story on how he was attracted to the club might appeal to the fans, Russian millionaires don't tend to spend their money purely because of some romantic notion of building up a side languishing in the fifth division.

Certainly not Korablin, the former mayor of the Russian city of Khimki who helped set up professional football in that city and oversaw its rise to the Russian Premier division but who was also involved in a highly controversial highway being built through Khimki forest.

The rumours that the permission to build the stadium might also see (lucrative) casinos being included in the same development offer an indication of a possible motivation. As yet it isn't clear what involvement Korablin might have in that (if at all) but surely he and his partners will be looking for a return on their investment and that is unlikely to come from the football side.

In the meantime, Venezia press on and currently sit seventh in the Lega Pro 2. The side was rebuilt once again during the summer ensuring another slow start. Yet the ambition for another promotion is undoubted; a message strengthened by the signing of lower-league bomber Denis Godeas and the appointment of the highly rated Diego Zanin - fresh from back-to-back promotions with Treviso - as manager.

It is all very exciting and very encouraging. It is also almost too good to be true and that is a worry that many Venezia fans share. Given how often football in this city has been kicked down, and how it has always got back up, one has to suspend doubts and dare hope that like many Shakespearean comedies, this one has a happy ending.

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Calcioscommesse: in arrivo nuovi arresti

La seconda fase dell'inchiesta di Cremona tra caccia al denaro ed alle persone

di GIANLUCA FERRARIS (PANORAMA.IT 21-12-2012)

Conti cifrati. Intermediari senza volto. Valigette stipate di contanti. Agenti dell’Interpol sotto copertura. Regolamenti di conti interni alla mafia asiatica. La tanto attesa “fase 2” dell’inchiesta della Procura di Cremona sul calcioscommesse, con l’incedere dei giorni e dei riscontri investigativi, assomiglia sempre di più a una spy story. Allontanandosi dai prati verdi per mettere nel mirino i meccanismi finanziari dell’operazione, che poi del resto è ciò a cui gli inquirenti avevano dichiaratamente puntato dall’inizio, scegliendo non a caso di perseguire la frode sportiva consumata tra serie A, B e LegaPro non come un reato qualunque, ma come fine di un’associazione a delinquere.

ALTRI SEI MESI - Che gli investigatori al lavoro fossero vicini a decifrare il flusso settimanale di soldi e informazioni tra l’Italia, il resto d’Europa e i bookmaker asiatici era diventato evidente già alla fine di novembre, con la richiesta di proroga delle indagini preliminari avanzata dal gip di Cremona Guido Salvini, titolare del fascicolo assieme al procuratore capo Roberto Di Martino. Gli indagati dalla piccola procura ormai sono oltre 130 (tra loro, contrariamente a quanto sostenuto dai suoi difensori in estate, dovrebbe esserci anche lo juventino Leonardo Bonucci) e, esauriti gli ulteriori 6 mesi di tempo concessi, i magistrati sono intenzionati a chiudere la vicenda con le richieste di rinvio a giudizio.

IL SECONDO LIVELLO - Entro il prossimo giugno, che segnerà tra l’altro il secondo compleanno dell’inchiesta, magistrati e forze dell’ordine dovranno quindi trovare risposta alle numerose domande ancora in sospeso sul secondo livello dell’organizzazione: qual è la reale disponibilità economica della cupola? Da dove arrivano (e soprattutto, dove sostano) i capitali necessari a trasformare ogni soffiata sui risultati in una puntata milionaria? Quali sono i canali e chi sono le figure di contatto con la criminalità organizzata italiana e straniera? Quesiti che i calciatori italiani non hanno saputo soddisfare: i loro contatti, infatti, erano limitati alla banda degli slavi, capitanata secondo le accuse da Almir Gegic che si è costituito lo scorso 26 novembre. Neppure gli interrogatori dell’ex centrocampista del Chiasso, però, sono serviti a raccogliere materiale utile.

CACCIA A MISTER X - I nuovi elementi sui quali in questi giorni si lavora a Cremona arrivano dunque da altri fronti. Quali? In primo luogo ci sono gli accertamenti su “Mister X”, l’intermediario senza volto che secondo diversi testimoni si aggirava nella hall dell’hotel Una Tocq di corso Como a Milano offrendo dritte sicure sui match combinati in serie A in cambio di una parcella da 600 mila euro. Sarebbe lui l’anello di congiunzione tra il mondo del calcio, gli “zingari” e i capitali che le mafie italiane (in primis la camorra) hanno deciso di investire nel business delle partite truccate. Gegic, che prima di consegnarsi alle autorità italiane ne aveva parlato in un’intervista alla giornalaccio rosa dello Sport, non l’ha riconosciuto tra le persone che gli sono state mostrate in fotografia, ma gli investigatori, grazie ad altre due testimonianze definite “importanti, se non decisive” sono convinti di averlo ormai individuato. È un uomo siciliano, sulla sessantina, con un’attività regolare e distante dal mondo del pallone ma tuttavia ben introdotto nel calcio minore e in quello giovanile (non solo dell’isola) dove ha contatti frequenti con dirigenti, allenatori e giocatori. Il suo arresto, come hanno spiegato a Panorama.it tre differenti fonti investigative, potrebbe non essere lontano.

I LATITANTI - Il resto del quadro probatorio potrebbe arrivare, nei desiderata degli inquirenti, dal racconto di altre due figure-chiave di questa inchiesta infinita che ancora mancano all’appello.

Il primo è il macedone Hrystian Ilievski, vero numero uno della banda, che dal suo buen retiro macedone ha fatto sapere di essere pronto a costituirsi. I giudici hanno trattato i termini della resa con il suo avvocato mentre gli uomini dell’Interpol, che sanno esattamente dove si trova, hanno lavorato per recidere i legami tra lui e la sua organizzazione: un centinaio di bodyguards ed ex paramilitari che hanno costituito la sua rete di supporto durante la lunga latitanza, ma soprattutto avrebbero continuato ad applicare il “modello Scommessopoli” nei Paesi dell’Est Europa. Primo fra tutti la Bulgaria, dove la settimana scorsa la polizia ha arrestato 12 calciatori per un giro di puntate illegali che coinvolgeva le prime due serie del campionato locale. Le analogie con l’Italia? Infinite: dalle collette nel chiuso degli spogliatoi alle conversazioni intercettate su Skype (alcune di quelle trascrizioni potrebbero essere giudicate interessanti anche dagli investigatori italiani), dalla fuga di notizie sugli arresti imminenti al ruolo chiave avuto nell’inchiesta dagli “sceriffi” dell’organizzazione SportRadar e dalla società di scommesse SkySport365. Otto mesi fa Yordan Dinov, responsabile locale del brand, è stato freddato con cinque colpi di pistola sotto la sede della sua agenzia.

L’altro latitante sul quale il cerchio è pronto a chiudersi, secondo quanto ricostrtuito da Panorama.it, è un membro di vertice dell’organizzazione asiatica che fa capo al ricercato Tan Seet Eng. A differenza del suo capo, però, non vivrebbe a Singapore ma in un altro Paese della cintura Sudest, dove il business criminale di Tan si è riorganizzato su base federativa (non senza qualche frizione tra i membri della prima linea) e continua a combinare incontri di calcio. Quello che non sa è che nel Paese dove si trova, che Panorama conosce, le autorità sono pronte a concedere l’estradizione a quelle italiane, ufficialmente sulla base di una richiesta di rogatoria per motivi fiscali.

I CONTI SVIZZERI - Un altro Stato dove le richieste di rogatoria spiccate dalla procura cremonese abbondano è certamente la Svizzera. Qui i magistrati stanno cercando di ricostruire l’ultimo passaggio finanziario, l’assist attraverso il quale i proventi delle scommesse azzeccate ritornano nelle tasche dei tesserati italiani coinvolti. Gli indizi, ormai quasi certezze, in questo caso conducono ancora verso la prima tappa dell’indagine patrimoniale: il Canton Ticino. Qui, per la precisione a Lugano, risiedevano Gegic e molti altri indagati.

Rispondendo il 2 settembre 2011 all’unico interrogatorio precedente il suo arresto, l’ex calciatore aveva spiegato al procuratore ticinese Nicola Corti: “È vero che ho molti soldi in banca, ma è dovuto soltanto al fatto che io e i miei familiari siamo capaci di vivere con un’austerità che forse non è così usuale per gli svizzeri”. Naturalmente i magistrati italiani la pensano diversamente, ma finora sul punto Gegic, fanno sapere dal tribunale cremonese, non si è certo dimostrato collaborativo.

Sempre a Lugano, durante la “fase 1 dell’inchiesta”, era stata scoperta la prima importante pezza d’appoggio bancaria: un conto legato alla fiduciaria Clever Overseas riconducibile, secondo l’accusa, a Giuseppe Sartor, Beppe Signori e al cosiddetto “gruppo dei bolognesi”. E, ancora qui, sono stati individuati altri depositi, utilizzati per far transitare una parte del monte ingaggi e sponsorizzazioni percepita in nero da alcuni calciatori della serie A italiana. Pratica più diffusa di quanto si pensi, tanto che anche questo filone d’inchiesta potrebbe presto allargarsi visto il coinvolgimento di un paio di nomi importanti della gestione patrimoniale italo-elevetica. Ma la connessione è un’altra: alcuni di questi conti, intestati o riconducibili a calciatori già coinvolti in Scommessopoli (o a loro prestanome) sarebbero stati alimentati negli anni scorsi anche con i proventi delle puntate. Nelle prossime settimane il quadro potrebbe chiarirsi.

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SportEconomy.it | 21 dicembre 2012

adidas e Flamengo

accordo decennale da oltre 400 milioni di Euro

Il calcio brasiliano continua a far record di sponsorizzazioni. E' notizia di oggi che il club del Flamengo

(ora con Olympikus) ha appena concluso uno storico nuovo accordo di sponsorizzazione con adidas.

Secondo fonti di stampa il nuovo contratto decennale, approvato dal “Conselho Deliberativo do Flamengo” e che entrerà in vigore il primo maggio 2013, porterà nelle casse della società di Rio oltre 383 milioni di dollari superando in questo modo qualsiasi accordo di sponsorizzazione di altri club sudamericani (più del recente accordo Corinthians Nike di cui vi avevamo parlato qua) . La cifra di 383 milioni potrebbe aumentare, fino a 428 milioni di dollari, se il Flamengo raggiungesse tutti i bonus del contratto: vittoria del campionato, della Copa do Brasil e della Copa libertadores. Oltre ai bonus ci sono anche delle penali che danno diritto ad adidas di ridurre l’investimento in caso di una posizione del club al di sotto del 13° posto in campionato.

Il presidente del Flamengo, Eduardo Bandeira de Mello ha dichiarato: "Siamo contenti del valore del contratto, ma, soprattutto del fatto che adidas posiziona il Flamengo allo stesso livello dei primi quattro club del mondo sponsorizzati dalle tre striscie."

Fernando Basualdo, amministratore delegato di Adidas in Sud America, ha aggiunto:. "Come leader mondiali siamo sempre vicini ai migliori vincitori. Per questo motivo stiamo collaborando con il Flamengo, vogliamo rafforzare il nostro interesse per il club associandolo alle quattro grandi squadre che adidas sponsorizza in tutto il mondo al fine di internazionalizzare il suo brand e fornire i suoi 38 milioni di tifosi del club con i prodotti Flamengo-Adidas insieme e costruire un marchio Flamengo per il mondo intero."

In campo comunicativo adidas e Flamengo inizieranno un’aggressiva campagna di marketing che porterà quindi il club brasiliano allo stesso livello di Chelsea, Bayern Monaco, Real Madrid e Milan.

Modificato da Ghost Dog

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Players disliking football

should not be a problem

As long as they do their job well

by ANDY RYAN (WSC When Saturday Comes 20-12-2012)

"I'm not much of a football fan, really. I don't watch games on an evening or anything like that." Normally this comment would not generate attention but as it came from Premier League striker Bobby Zamora, it was a story. Ex-pros lined up in condemnation. Former QPR defender Steve Wicks described the comments as "brainless", Tony Cascarino said: "If your heart's not in it, Bobby, get out of the game". Zamora's manager, Mark Hughes, was supportive: "If there was any issue in terms of his application he wouldn't still be a professional footballer".

Hughes' stance was clear: if players act professionally, it's irrelevant what goes through their heads. Managers are employed to deliver performances, not to worry about players' whims. It's possible to not love football but still be committed to offering your best on the pitch. This idea is encapsulated in Benoit Assou-Ekotto's declaration that "whatever attitude you bring to it, it doesn't matter as long as you are 100 per cent professional".

There is something odd about a crowd of passionate fans roaring support for a player who has admitted he isn't bothered about football. For many supporters the idea of indifference to the sport is incomprehensible. Yet fans of the modern game have learned to live with the gap between the terraces and the dressing room. They struggle to pay rising ticket prices while players agonise over their next sports car. They pledge lifelong loyalty to clubs while players weigh up contract offers. Interestingly, neither Zamora nor Assou-Ekotto suffered a backlash from fans after their respective comments. That fans are willing to accept that being a footballer can be "just a job" suggests they are less idealistic than many pundits.

Given the almost universal blandness of footballer interviews, Assou-Ekotto's words were astonishingly candid. "I knew for a fact that I didn't like school and I also knew that I didn't want to work in an office where I would be paid €1,500-a-month and, at the end of my career, be able to buy a little suburban apartment or something". Is there anything offensive about a young man from a relatively poor background being driven by the desire to make a good living? It is also very hard not to respect such honesty, especially in a sport that can seem entirely devoid of it.

For some players, passion for the game is a resource that can be exhausted. Espen Baardsen, former Spurs and Norwegian international goalkeeper, retired at 25 and is now a partner at an asset management company. "I got bored of it. Once you've played in the Premier League and been to the World Cup, you've seen it and done it." While many players and managers have an insatiable desire to achieve more, Baardsen reached a stage where he was content that he'd got everything he wanted out of the game.

There are other players for whom football has always been one of competing passions. Curtis Woodhouse, an England under-21 international and £1 million signing for Birmingham, quit football to become a professional boxer. He's now the English light-welterweight champion. Woodhouse described his move to boxing as like "coming alive and doing what I always meant to do". Many talented young sportsmen find themselves having to choose between different sports. Even a relatively successful footballing career was not enough to dull Woodhouse's love of boxing. In the end, he has become a success in both sports, an achievement to be admired.

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Palazzo di vetro

PETRUCCI VS MALAGO': BOTTE DA ORBI TAVECCHIO-ABETE RITORNO DI FIAMMA

RUGGIERO PALOMBO - Gasport -22-12-2012

«Lasciare il Coni per abbracciare un'altra presidenza, quella del basket da dov'era partito, una cosa che al posto di Petrucci non avrei fatto. Una mossa che non trovo elegante» così parlò Giovanni Malagò nell'intervista che il Corriere della Sera, dieci giorni dopo quella con Pagnozzi, ha pubblicato mercoledì scorso (titolo: Malagò il rottamatore «Il cambiamento sono io. Pagnozzi è la casta? Un giudizio diffuso...»). Un'affermazione fra le tante. Nelle intenzioni, servita in punta di fioretto. Ma Petrucci non ha gradito. Il mercoledì un po', giovedì molto, e venerdì moltissimo, in un crescendo tale che al posto del fioretto è stata sfoderata la sciabola, e se passa qualche altro giorno non si esclude l'uso del bazooka. «Il termine inelegante fa venire meno il fairplay che ho sempre riservato a Malagò. D'ora in avanti mi regolerò. Se è inelegante che io faccia un passo indietro tornando peraltro dove ero prima di essere chiamato alla presidenza del Coni, è certamente più inelegante che Malagò da presidente dell'Aniene voglia fare non uno, ma mille passi avanti. Banalizzare inoltre i requisiti di Pagnozzi fa soltanto sorridere, Pagnozzi ha contribuito a fare la storia dello sport italiano». Amen. Quanti si erano illusi che l'udienza lunedì chez Papa Ratzinger dei medagliati olimpici, dei vertici Coni e pure di Malagò avesse ispirato alla collettività un Natale di bontà e amore, è servito. Alle elezioni mancano ancora 59 giorni, le riunioni carbonare si moltiplicano (visti lunedì sera alla villetta Onesti sette presidenti federali, Abete, Agabio, Barelli, Binaghi, Di Rocco, Pancalli e Rizzoli, intenti a flirtare con Pagnozzi) e l'aria comincia a farsi pesante.

In compenso quella intorno al rinnovo delle cariche in Federcalcio si fa criptico-frizzantina. E' di ieri sera un comunicato proveniente dalla Lega Pro francamente esilarante: «Mario Macalli e Carlo Tavecchio hanno avuto uno scambio di idee, e sono d'accordo sul fatto che l'elezione del Presidente Federale rappresenta un punto importante di autonomia, autorevolezza e deve caratterizzarsi per un forte segno di riforma. Hanno concordato di attendere, in segno di rispetto, nei termini definiti dalle regole elettorali, la Serie A per definire le loro posizioni e, naturalmente, occorrerà poi dialogare con le componenti tecniche». Vi risparmiamo la complessa traduzione. Tavecchio, che di quel comunicato è in realtà più vittima che artefice, comincia ad avere una gran voglia di sottrarsi a certi bizantinismi e alle pressioni pro-candidatura che con sempre maggiore intensità gli arriverebbero da Lotito, Galliani, Ghirelli e Franco Carraro (il grande vecchio che ora ha un nome). Il presidente dei Dilettanti si è fatto quattro conti convincendosi che le possibilità di un ribaltone sono ridotte al lumicino. E ha prenotato un biglietto per il 27 dicembre, destinazione Roma. Dove incontrerà Giancarlo Abete

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