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CRAZEOLOGY

K A L C I O M A R C I O! - Lo Schifo Continua -

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Porto Franco

di FRANCO ARTURI (GaSport 21-09-2012)

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L'INCHIESTA SVIZZERA A CREMONA GIP AL LAVORO

C'è l'accordo tra giocatore e Procura:

l'interrogatorio spostato a lunedì?

di FRANCESCO CENITI (GaSport 21-09-2012)

La doppia partita di Mauri: mentre ieri attendeva di entrare in campo, un'altra sfida si giocava sull'asse Roma-Cremona. Fin dalla mattina gli avvocati del laziale hanno iniziato una frenetica trattativa col gip Salvini, incaricato dell'interrogatorio tramite rogatoria per conto del pm di Berna, sull'inchiesta con ipotesi riciclaggio che ruota sul conto sospetto intestato alla mamma di Mauri. L'idea di disertare la convocazione in modo unilaterale era stata scartata (scelta di rottura e non senza conseguenze per il giocatore). Così i legali Matteo Melandri e Amilcare Buceti hanno preso contatto con la Procura. Alla fine è stato trovato un accordo, ma non sono filtrati i particolari. E' molto probabile che Mauri sia ascoltato in qualità di testimone (e dunque senza avvocati) non più oggi pomeriggio, ma lunedì. Un rinvio utile per evitare nello stesso giorno il tour de force Londra-Milano-Cremona-Roma. Se fosse confermato, Mauri sarebbe sentito il giorno dopo Lazio-Genoa, proprio una delle due gare (l'altra è Lecce-Lazio) sospettate di combine dalla Procura di Cremona e che sono alla base dell'ordinanza che aveva portato, il 28 maggio, il giocatore in carcere. Tornando all'inchiesta svizzera, oggi di sicuro sarà interrogato Paoloni. Domani toccherà a Gritti, Gervasoni e Bressan.

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L’UDIENZA IL TECNICO CERCA L’ASSOLUZIONE DAI 10 MESI DI SQUALIFICA

Conte al Tnas atto primo:

oggi non ci sarà conciliazione

di FRANCESCO CENITI & MAURIZIO GALDI (GaSport 21-09-2012)

Non sarà il giorno delle decisioni definitive. Il Tnas esaminerà con procedura d'urgenza il ricorso di Antonio Conte contro i 10 mesi di squalifica inflitti in secondo grado per la sola omessa denuncia riferita ad AlbinoLeffe-Siena. Ma l'udienza, salvo clamorose e impensabili sorprese, sarà interlocutoria. In linea teorica la parola «fine» potrebbe esserci: il Collegio ha l'obbligo di tentare una conciliazione tra Conte e la Federcalcio. In sostanza provare a mettere d'accordo i due contendenti, una sorta di patteggiamento. Proprio quello che il tecnico della Juve non prende minimamente in considerazione. Nell'intervista rilasciata alla giornalaccio rosa aveva dichiarato: «l'unico errore che ho fatto in questa vicenda è stato quello di aver accettato i tre mesi di stop concordati dai miei avvocati con la Palazzi. Era un "sì" detto controvoglia. Sono innocente e un innocente non patteggia». Insomma, il mandato in mano a Giulia Bongiorno, Antonio De Rensis e Luigi Chiappero è chiaro: andare fino in fondo e cercare l'assoluzione. C'è ottimismo: per i legali di Conte le motivazioni della Corte federale sono fragili. Il caso Mastronunzio (non fatto giocare perché infortunato e non perché in disaccordo con la combine) considerato un autogol, mentre le ammissione del collaboratore tecnico Stellini non sarebbero sufficiente a giustificare la condanna.

Scenari Ecco perché non ci sarà conciliazione (tra l'altro non gradita neppure alla Figc) e la decisione nel merito sarà rimandata. Prima, però, il Collegio affronterà due aspetti: la sospensione cautelare della squalifica e l'esame delle richieste istruttorie presentate dai difensori del tecnico. Nel primo caso è probabile che sia ritirata l'istanza (visti i tempi rapidi accettati per il procedimento arbitrale), altrimenti è praticamente sicuro il rigetto. Più complicata la seconda questione: sul tavolo del Collegio ci sono le audizioni di Mastronunzio e del medico sociale del Siena (per certificare l'infortunio dell'attaccante). Gli avvocati della Figc (Luigi Medugno e Letizia Mazzarelli) si opporranno. A questo punto sarà necessaria una Camera di consiglio che potrebbe accogliere (in toto o in parte) le richieste oppure respingerle. Solo dopo questo passaggio sarà fissata in tempi brevi una seconda udienza nella quale si entrerà nel merito e porterà i tre arbitri (Massimo Zaccheo presidente, Giuseppe Calvi per Conte ed Enrico De Giovanni per la Figc) ad emettere la «sentenza» del lodo entro il 7 ottobre. Attenzione: se fosse accolta qualcuna delle richieste istruttorie, il lodo slitterebbe di un paio di settimane.

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Il ricorso

Oggi al Tnas prima

udienza per lo sconto

di MATTEO PINCI (la Repubblica 21-09-2012)

Antonio Conte contro la Figc: stadio Olimpico, ore 12, va in scena il primo appuntamento con il Tnas per provare a ribaltare la squalifica di 10 mesi causa l’omessa denuncia di Albinoleffe-Siena. Quasi scontato un nulla di fatto, con nuova udienza fissata tra 7-10 giorni: entro il 7 ottobre la sentenza. Conte spera nell’assoluzione, verosimile invece uno sconto che porterebbe lo stop a 5-6 mesi, pena prevista per un’omessa denuncia. La tesi difensiva punterà a dimostrare con certificati medici l’impossibilità di schierare Mastronunzio, abbattendo l’accusa di averlo escluso dopo un suo “no” alla combine, e replicando al «non poteva non sapere » imputatogli per il coinvolgimento del vice Stellini, citando casi simili, come quello di Mondonico (all’epoca però alle prese con un tumore) mai perseguito nonostante il coinvolgimento del collaboratore Poloni. Oggi arriverà anche il “no” di Conte — a meno di proposta da 3-4 mesi di stop — al tentativo di conciliazione: troppo simile a un patteggiamento. Il presidente arbitrale Zaccheo, una volta respinta la richiesta di sospensiva della pena, dovrà poi valutare l’istanza istruttoria con cui i legali di Conte chiedono l’audizione di alcuni testimoni.

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SQUALIFICATO 10 MESI PER IL CALCIOSCOMMESSE

Ultimo atto

Oggi Conte davanti al Tnas la Cassazione dello sport

Mastronunzio è il testimone che può valere almeno uno sconto di pena

Il tecnico bianconero punta a essere prosciolto. Il lodo entro il 7 ottobre

di GUGLIELMO BUCCHERI (LA STAMPA 21-09-2012)

Il nuovo, ed ultimo, atto di Antonio Conte davanti alla giustizia sportiva comincerà oggi a mezzogiorno. L’aula sarà un ufficio nella pancia dello stadio Olimpico: da una parte il pool difensivo del tecnico bianconero, dall’altra i legali della Federcalcio, nel mezzo i tre arbitri del collegio giudicante del Tribunale Arbitrale Nazionale per lo Sport istituito presso il Coni.

Il Tnas è la Cassazione per la giustizia sportiva. Dopo non c’è più spazio per ricorrere se non uscendo dall’ordinamento del pallone. Conte, al Tnas, si è rivolto dopo che la Corte Federale della Figc in appello ha confermato la squalifica di dieci mesi (40 giorni sono già passati) inflitta all’allenatore campione d’Italia con la Juve dalla Disciplinare, seppur cancellando una delle due accuse di omessa denuncia. Il proscioglimento, chiederanno gli avvocati del tecnico bianconero Luigi Chiappero, Giulia Bongiorno ed Antonio De Rensis. E per farlo metteranno sul tavolo dei tre arbitri - Massimo Zaccheo il presidente, Guido Calvi quello indicato da Conte, Enrico De Giovanni per la Federcalcio atti, dichiarazioni, richieste. La linea difensiva è chiara: Mastronunzio, l’ex attaccante del Siena che, secondo l’accusa e, poi, la Corte Federale, fu messo fuori rosa da Conte in quanto non allineato al resto della truppa, decisa a lasciare la vittoria all’AlbinoLeffe il 29 maggio del 2011, non giocò le ultime gare di quel campionato perché infortunato. «Ci sono i comunicati ufficiali del Siena, documenti che dimostrano come Mastronunzio fosse fuori squadra in quanto alle prese con un infortunio...», fanno sapere i legali di Conte. Comunicati, ma anche le stesse dichiarazioni dell’attaccante che, gli avvocati del tecnico bianconero, chiederanno di ascoltare davanti al collegio arbitrale così come lo stesso Carobbio, grande accusatore di Conte, o Stellini, ex collaboratore dell’allenatore juventino e fuori dal processo dopo il patteggiamento. Mastronunzio, ma non solo. I difensori di Conte proveranno a smontare la tesi accusatoria e scritta nella motivazioni dell’appello secondo la quale lo stesso tecnico, all’epoca dei fatti contestati sulla panchina del Siena, non potesse non sapere le mosse del suo assistente Cristian Stellini.

I tre arbitri del collegio giudicante, oggi, come primo atto proveranno a capire se ci sono margini per una conciliazione fra le parti, ma il risultato già si annuncia negativo. Conte, di conciliare, non ha mai avuto intenzione proprio perché non cerca un compromesso, ma l’assoluzione. Allo stesso tempo, nemmeno la Federcalcio ha mai pensato a trovare un accordo perché, questa la linea federale, solo un’altra sentenza è chiamata a modificare quella precedente. Cosa accadrà allora negli uffici allo stadio Olimpico? Molto probabile la convocazione di una seconda udienza per entrare nel merito del dibattimento. E, comunque, entro il 7 ottobre dovrà arrivare il lodo arbitrale: non è escluso che il solo dispositivo potrà esser conosciuto dalle parti entro dieci giorni. Conte punta al proscioglimento e a tornare in panchina già ai primi di ottobre: se dovesse cadere l’aggravante per il caso Mastronunzio inevitabile sarebbe lo sconto di pena, anche di quattro o cinque mesi perché, in quel caso, il collegio arbitrale si troverebbe davanti un tecnico da squalificare per una sola, semplice, omessa denuncia. A mezzogiorno comincerà l’ultimo atto.

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CALCIOSCOMMESSE OGGI LA PRIMA UDIENZA AL TNAS

FORSE GIA’ OGGI LA SENTENZA DI TERZO GRADO (E ULTIMO) DELLA

GIUSTIZIA SPORTIVA PER IL TECNICO E’ LA BATTAGLIA PIU’ DURA

CONTE VERSO IL MAXI-SCONTO

La Juve chiede l’azzeramento, la Figc non fa passi indietro: ma una mediazione è probabile

di PAOLO FRANCI (Quotidiano Sportivo 21-09-2012)

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LA PARTITA clou della stagione di Antonio Conte si gioca oggi allo stadio Olimpico. Non sul campo, ma negli uffici del Tnas, all’interno della Curva Sud. L’ultimo giudizio, quello definitivo per il tecnico della Juve — condannato in primo e secondo grado con una squalifica di 10 mesi (anche se la seconda sentenza ha cancellato l’accusa per Novara-Siena) per omessa denuncia — non arriverà oggi, con la prima udienza al Tnas. L’appuntamento è per mezzogiorno, con gli avvocati della Figc da una parte e quelli di Conte dall’altra. Di fronte, avranno il collegio arbitrale presieduto da Massimo Zaccheo, il membro non togato del Csm Guido Calvi (scelto da Conte) e l’avvocato di Stato Enrico de Giovanni nominato dalla Figc. L’avvio di udienza sarà dedicato al (mancato) tentativo di conciliazione. Nè la Figc nè lo stesso Conte sono disposti a ritrovarsi di fronte a una sorta di ‘patteggiamento’, la conciliazione, appunto. Gli avvocati della Juve puntano al proscioglimento , la Figc non è disposta a retrocedere rispetto alle sentenze di primo e secondo grado. Difficile che i giudici accolgano la richiesta di sospensiva della pena (che riporterebbe Conte in panchina fino al ‘lodo’). Si andrà dunque al dibattimento e non è certo — si saprà oggi — se sarà subito fissata una seconda udienza o si entrerà immediatamente nel merito.

Una volta esaurito l’iter arbitrale — durante il quale si possono produrre nuove prove — i giudici emetteranno il lodo che dovrà necessariamente arrivare entro il 7 ottobre. Probabile un forte sconto (5 mesi?) per Conte, soprattutto se sarà derubricata l’omessa denuncia da aggravata a semplice per il caso Mastronunzio.

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L'intervento

La conciliazione può essere la giusta via

Piero Calabrò - Tuttosport - 21-09-2012

L’attenzione degli sportivi e, segnatamente, dei tifosi della Juventus è in questi giorni focalizzata su un acronimo (T.N.A.S.) conosciuto solo per via mediatica, ma oscuro ai più. Il Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport -ecco svelato il mistero- si sta infatti occupando di una vicenda sportiva e disciplinare di primaria importanza, non solo per il futuro professionale di un grande allenatore, ma anche per le sorti della squadra bianconera, impegnata su più fronti agonistici. Non è inopportuno, pertanto, cercare di fornire qualche informazione aggiuntiva, possibilmente con modalità comprensibili per il grande pubblico, che magari faranno storcere il naso ai giuristi puri ed agli altri addetti ai lavori. Come è noto, dopo aver esperito i due gradi della giustizia sportiva, Antonio Conte ha introdotto il giudizio innanzi al T.N.A.S. ritenendo sommamente ingiusta la condanna in appello alla pena di 10 mesi di sospensione, comminatagli per un solo episodio di pretesa omessa denunzia, riferito ad un incontro tra il Siena e l’Albinoleffe. Il Codice dei giudizi innanzi al T.N.A.S. (facilmente reperibile da ogni interessato sul sito CONI.it) prevede infatti che questo ulteriore grado di giustizia possa essere utilizzato solo previo esperimento dei ricorsi contemplati dagli statuti e regolamenti delle Federazioni (art.5). Ciò detto, va rimarcato che il T.N.A.S. è un organo di giustizia arbitrale, vale a dire composto, nel caso di specie, da 3 arbitri prescelti all’interno di un elenco predisposto dall’Alta Corte di Giustizia, tra persone di altissimo livello professionale. A ciascuna delle parti (nel nostro caso, Conte e la FGCI) è consentita la scelta di uno degli arbitri in seno al predetto elenco. Fermo restando l’altissimo valore professionale di tutti i membri del collegio designato a giudicare il “caso Conte”, credo sia doveroso sottolineare l’importanza della scelta operata da quest’ultimo nell’indicare, quale proprio arbitro, il prof. Guido Calvi (membro del Consiglio Superiore della Magistratura, già Senatore, nonché avvocato di parte civile nei processi per le stragi di Bologna e di piazza Fontana e per l’omicidio di Pasolini). Guido Calvi è, per storia personale ed istituzionale, persona sicuramente non etichettabile nel contesto delle passioni sportive e, pertanto, certamente idoneo ad incarnare la scelta di Conte e della Juventus di ricercare una verità non di parte, bensì il più possibile super partes. Oggi il T.N.A.S. terrà la prima udienza effettiva, nella quale a norma dell’art.20 del proprio Codice dovrà procedere al tentativo di conciliazione. Vorrei soffermarmi su questo concetto, solamente per evidenziare come la conciliazione sia cosa ben diversa dal patteggiamento. Quest’ultimo istituto, mal gestito innanzi alla Commissione Disciplinare, pur non integrando per legge una ammissione -neppure parziale- di responsabilità, ha rappresentato agli occhi dell’opinione pubblica una quasi confessione di fatti che, invece, Antonio Conte ha sempre decisamente negato. La conciliazione, per contro, rappresenta uno dei prioritari adempimenti del T.N.A.S. ed è rimessa alla sua iniziativa in ogni momento della procedura (art.6). Il che sta a significare, in parole povere e senza elucubrazioni metagiuridiche, che non solo qualora le parti (Conte e FIGC) dovessero addivenire alla conciliazione ciò non integrerebbe ammissioni di sorta da parte dell’allenatore ricorrente o una resa incondizionata da parte della Federazione, bensì corrisponderebbe al superiore interesse istituzionale a che circostanze certo non provate abbiano ad innescare una infinita battaglia giudiziaria, dagli esiti disastrosi per la credibilità del sistema. Per utilizzare una metafora calcistica, mentre il Chelsea (leggi FIGC) trovandosi in vantaggio 2-0 si sarebbe sentito penalizzato da una vittoria bianconera al fotofinish, d’altro canto la Juventus (leggi Conte) può certamente ritenersi soddisfatta di aver raggiunto il pareggio, pur rimanendo convinta che una propria vittoria per 3-2 sarebbe stata legittima e, per di più, giusta. La traversa di Quagliarella, invece, sembra voler simboleggiare che anche le riscosse più belle si fermano prima della soglia della felicità piena, pur rimanendo soddisfacenti ed accettabili. Antonio Conte certamente e fortemente vorrebbe addivenire ad un giudizio finale pienamente ed incondizionatamente assolutorio: io stesso ho auspicato da queste pagine una simile soluzione e ne ho dettagliatamente spiegate le ragioni, tenendo anche conto che il T.N.A.S. potrebbe considerare rilevante la documentazione medica prodotta dalla difesa di Conte a dimostrazione dell’esclusione per infortunio di Mastronunzio e in ipotesi pure disporre una istruttoria testimoniale (art.21). Come ogni tifoso bianconero, però, ho ancora negli occhi Stamford Bridge, le paure e le gioie di un pareggio che tutto il mondo ha giudicato molto più simile ad una vittoria: che sia questa la retta via?

http://www.tuttosport.com/calcio/calcioscommesse/2012/09/21-213869/Conte-Tnas,+conciliazione+%C3%A8+stata+rinviata+al+2+ottobre

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Conte, oggi prima udienza al Tnas: tentativo di conciliazione, poi si decide sulla sospensiva

I legali bianconeri propongono 3 mesi. Richieste: audizioni di Mastronunzio e del medico sociale

di Alberto Abbate ("Corriere dello Sport")

ROMA, 21 settembre 2012 - Sentirà le campane a Torino, Conte: a Roma scocca la sua ora. Mezzogiorno di fuoco, appuntamento al Tnas: si proverà subito a conciliare la sua rabbia, una sorta di patteggiamento nel terzo e ultimo grado di giudizio. Il tecnico non vuole davvero più saperne? In realtà se venissero accolti 3-4 mesi (dovrebbe aderire la Figc), i legali Bongiorno, Chiappero e De Rensis convincerebbero Antonio a rifletterci su. A costo d'essere impalati al muro. E' l'ultima speranza di riscaldare subito la panchina, di tornare a esultare sul campo, non più ruggire in un gabbiotto. Ora Conte li sente, eccome, i 10 mesi di stop per l'omessa denuncia di Albinoleffe-Siena. Sarà un'impresa smontare l'ammissione dell'ex collaboratore Stellini.

DECIDE ZACCHEO - Stadio Olimpico di Roma, prima udienza dell'arbitrato, il collegio si riunisce: gli arbitri di Conte e della Figc (Calvi e De Giovanni) e il terzo, con funzioni di presidente, l'avvocato Massimo Zaccheo. Deciderà lui, entro il 7 ottobre, la sorte di Conte. La dottoressa Bongiorno lo aveva nominato come arbitro di parte per un'altra sua causa sportiva, per la multa di 50mila euro comminata alla Samp: col benestare della Figc, sempre vigile nell'aderire, Zaccheo venerdì scorso ha tenuto la prima udienza - da arbitro unico - nella controversia doriana. Non ha dubbi Abete sulla sua terzietà, altrimenti non lo avrebbe concordato.

PROPOSTA DI 3 MESI E TESTIMONI - Sarà super partes, Zaccheo, nel giudizio di Conte. Quante grane per le mani. All'ordine del giorno non solo il tentativo di conciliazione (il pool bianconero propone 3 mesi, stop sino al 10 ottobre), ma anche la richiesta di sospensiva che, se accolta, permetterebbe all'allenatore di respirare subito la panchina: difficile, perché il procedimento sarà breve (il lodo potrebbe arrivare anche prima del 7 ottobre), a meno che non vengano accolte tutte le richieste istruttorie. Le formuleranno oggi De Rensis, Chiappero e la Bongiorno, riuniti ieri sera a Roma sino a tarda notte per studiare la strategia: pretenderanno ancora una volta l'audizione di alcuni testimoni, stavolta ecco Mastronunzio e il medico sociale del Siena; la Figc invocherebbe Carobbio.

SCONTO DI 4-5 MESI - La sospensiva comunque non avrebbe senso se, in caso di mancato proscioglimento (il sogno degli avvocati bianconeri), Conte dovesse scontare comunque una squalifica. Di 10 mesi? Rimane concreta l'ipotesi di uno sconto di tre-quattro mesi, una volta crollata l'aggravante Mastronunzio. E addirittura la riduzione a 5 mesi, che - nonostante le dichiarazioni di facciata - sarebbe comunque un trionfo. Perché? Chiamatela pure gaffe o eccesso di sincerità, l'esternazione del giudice Sandulli: «Albinoleffe-Siena era più di un'omessa denuncia».

RIMANE STELLINI... - Il dibattimento prenderà spunto proprio dalle motivazioni della Corte di Giustizia Federale. Il pool di Conte smonterà il caso Mastronunzio anche solo con i certificati dell'infortunio. La Figc invece nelle memorie insisterà sul fatto che Conte «non poteva non sapere» della combine architettata da Stellini. «Ma pure da Poloni, quindi come poteva non sapere Mondonico?» , è la replica, di stile, che circola da settimane. Beh, il tecnico dell'Albinoleffe all'epoca era impegnato a combattere contro un tumore, lottava fra la vita e la morte. Pensieri più seri.

LE OMBRE DA BARI - La battaglia di Conte sarebbe meno ardua se da Cremona venisse accolta a breve la richiesta di archiviazione per lipotesi di associazione a delinquere. Tutta colpa del solito Carobbio, sulle cui contraddizioni insisteranno oggi i legali bianconeri sul fronte sportivo. Ma Conte rischia pure unomessa denuncia per i trascorsi a Bari, dove - come testimone - potrebbe essere riascoltato. E la Giustizia Sportiva origlia.

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money talks

There Is No Value in Valuation

There is a need for consistency and consensus in the valuation methods of football clubs

by IDAN WALLER (SOCCERISSUE 21-09-2012)

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Juve – NOT JUST A NUMBER

The relationship between football and the cynical world of corporate finance looked unnatural since day one.

The combination of money and football is inherently contradictory, but I think that the biggest contradiction in this young “industry” named football is the measurement of clubs’ value.

Take my beloved Juventus for example, because they are a publicly traded company (Juventus Football Club S.p.A - MCI: IT: JUVE) which means we can easily compare the valuation methods.

According to Forbes, Juventus are valued at $591m. However, according to the stock market, The Old Lady from Turin is worth only $294.8m. This means that Leo Messi, who’s value stands at around €200m ($260.35 million dollars) is worth almost as much as the Juventus football club.

To make things even more complicated, a company named “Brand Finance” has Juventus’ brand valued at only $160m.

But wait a second, according to Transfermarkt.de the first team players at Juventus are worth €217m ( $282m) and the construction cost of Juve’s new stadium was €120m ( $156m). So just the players and the stadium are valued at 74% of Forbes valuation of the club.

By the way, Juventus’ biggest “assets” are the fans (like all clubs) – and there are about 17m of those around in Italy alone. Are they being calculated as assets at all?

Anyhow, it seems that putting a value on a club doesn’t make a lot of “business” sense.

Big money and “rational” business thinking are relatively new concepts in the world of football and whether we like it or not, the football industry will be definitely continue marching on this path.

This creates the need for consistency and consensus in the valuation methods of football clubs.

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Mezzaroma: «Siena tirato dentro»

«Nel caso scommesse c'era Carobbio, abbiamo pagato.

Conte ha diritto di far valere le sue ragioni»

di LUCA BORIONI (GaSport 22-09-2012)

Stupisce che il Siena, alle prese con gli strali di Scommessopoli e la crisi non solo cittadina del Monte dei Paschi, abbia saputo dare un senso alla stagione da poco cominciata. Quella del dopo Carobbio e dell'attuale -4 in classifica. Il presidente Massimo Mezzaroma è rimasto in piedi, ha ristrutturato i vertici societari (Antonelli ds, Pedrelli segretario generale, Cormio al marketing e Innocenti a capo del settore giovanile) e per la prima volta accetta di parlarne.

Presidente, riassuma le sensazioni degli ultimi mesi.

«Sono stati giorni movimentati, per il Siena e per tutto il calcio italiano. Mai ci era successo di finire nelle sfaccettature della giustizia sportiva. Ci resta la fiducia nelle istituzioni, nei magistrati che continuano a indagare a Cremona. Quando il percorso sarà terminato dovremo trarne spunto per creare una struttura di difesa del calcio nei confronti delle scommesse».

Un fenomeno incontrollabile?

«Al momento sì. Noi del Siena siamo stati tirati dentro perché al centro di tutto c'era Carobbio. Che cosa è successo? Questo è un mondo pieno di personaggi di contorno. Un mondo troppo affollato. Prima della liberalizzazione delle scommesse tutto era più circostanziato, poi i confini si sono allargati. Adesso è necessario introdurre dei limiti».

Che cosa pensa di Filippo Carobbio, il grande accusatore?

«Non ne avevo una conoscenza approfondita, seguo la società da Roma».

La giustizia sportiva va ripensata?

«E' fondamentale creare un tavolo con i rappresentanti dell'Aic, della Lega e della Procura federale... Ora i rappresentati dei calciatori hanno due problemi: i giocatori sotto squalifica, in molti casi innocenti, e gli altri. Serve un'analisi non superficiale».

Veniamo ad Antonio Conte: era lui l'allenatore del Siena. Che cosa è successo in quel periodo negli spogliatoi?

«Sono i giudici a doversi esprimere. E' un vulnus del sistema democratico italiano, il vizio di sentenziare sulla base di semplici chiacchiere. Conte e il Siena sono stati mille volte condannati o assolti. Conte è abituato a combattere per i suoi convincimenti, è mediatico, non ha paura delle telecamere... a Siena tutti ricordano quella sfuriata contro i gufi... la squalifica? Non giudico. E ha il diritto di far valere le sue ragioni. Il deferimento invocato da Zeman? Tutti possono esprimere opinioni, ma questi sono personaggi portati a gestire la pressione. Ci sono invece molti ragazzi che quei filtri non li possiedono, e diventano vittime. Bisogna che i mezzi d'informazione ne tengano conto».

Anche lei è andato sotto accusa.

«E' una questione personale, ne parlerò a tempo debito. Non mi ha reso certo felice...».

Il Siena guarda già avanti?

«Dopo il patteggiamento abbiamo voltato pagina con un nuovo progetto. L'anno scorso avevamo 10 italiani su 11 in squadra. Abbiamo fatto diventare Destro un grande attaccante e rilanciato Brienza. Adesso speriamo nei giovani come Verre. E nel nostro settore giovanile che non deve più pensare solo a vincere titoli, ma a creare talenti».

Il suo segreto per combattere la crisi imperante?

«Un calcio più flessibile. E' ciò che il mondo chiede all'Italia, in generale. I teatrini della Lega? Ci sono diverse anime, generazioni, industrie e bacini d'utenza. Ma si inizia a respirare un clima nuovo, più dinamico e creativo».

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Buu razzisti a Lennon e a Defoe

L'Uefa apre l'inchiesta

Dai tifosi biancocelesti sarebbero arrivati cori contro i due giocatori del Tottenham

di STEFANO BOLDRINI & STEFANO CIERI (GaSport 22-09-2012)

Ci risiamo. L'Uefa ha aperto un'inchiesta per i presunti comportamenti razzisti di un gruppo di tifosi della Lazio nel secondo tempo della gara di Europa League disputata giovedì a Londra contro il Tottenham. I buu e i gesti della scimmia sarebbero avvenuti nel secondo tempo, quando la squadra londinese attaccava verso la porta nei cui pressi c'era il settore occupato dai duemila tifosi laziali giunti al White Hart Lane. Le vittime di questa ennesima pagina vergognosa sarebbero Defoe, Lennon e Townsend. Il rapporto è stato stilato dall'arbitro romeno Ovidiu Hategan e dal delegato Adonis Procopiu. L'Uefa esaminerà il caso il 18 ottobre perché il fascicolo è stato aperto senza procedura d'urgenza, elemento quest'ultimo che rende la posizione della Lazio meno critica. Il club di Lotito se la dovrebbe infatti cavare con una multa di 20 mila euro e la probabile diffida del suo campo. Ma considerati i precedenti della società biancoceleste (che nel 2005 fu costretta a giocare a porte chiuse una partita di Intertoto perché nella stagione precedente in Lazio-Partizan di Coppa Uefa i sostenitori laziali si erano resi protagonisti di episodi di razzismo) l'Uefa potrebbe usare la mano pesante, allertata anche dai recenti rigurgiti di razzismo nel calcio europeo, compreso quello inglese. In questo caso scatterebbe la squalifica dell'Olimpico per un turno. Ma al momento sembra un'ipotesi improbabile, mentre la multa è praticamente sicura.

La dinamica I buu e i gestacci avrebbero avuto un contorno limitato. Lo stesso Defoe, insultato durante una lite con Lulic proprio sotto il settore occupato dai laziali, ha raccontato in zona mista di non essersi accorto di nulla. Ad accorgersene sarebbero stati invece i fotografi inglesi, che hanno segnalato la vicenda ai giornalisti in tribuna, e il guardalinee Szekely. Anche l'arbitro Hategan, accorso per dividere Defoe e Lulic, avrebbe percepito qualcosa. L'allenatore portoghese Villas Boas, nella conferenza stampa post gara, ha invece confessato di non aver sentito nulla, ma non c'è da sorprendersi perché le panchine sono lontane cinquanta metri dalla zona incriminata. Nella gazzarra non era facile distinguere le natura dei cori, ma Piara Powar, direttore di Football Against Racism in Europe, assicura che alcuni membri dell'organizzazione erano presenti allo stadio e avrebbero annotato nei loro report buuh e gestacci: «L'Uefa considera tre livelli di manifestazioni razziste — spiega Powar —. Quelle commesse dai tifosi della Lazio sono al primo stadio, ma se l'Uefa volesse lanciare un messaggio forte potrebbe emettere una sentenza dura». In tribuna c'era anche Michel Platini, il cui fiore all'occhiello della presidenza dell'Uefa è proprio la campagna contro il razzismo.

Le reazioni La Lazio ha preferito non commentare l'accaduto, anche se è facile immaginare il disappunto per una macchia che va ad offuscare la bella prestazione fornita dalla squadra di Petkovic a Londra. Il club romano è comunque fiducioso di cavarsela solo con un'ammenda e, nel frattempo, cercherà di sensibilizzare ulteriormente la propria tifoseria per evitare il ripetersi di casi come questo che non fanno certo una bella pubblicità alla squadra. Atteggiamenti ancor più incomprensibili, quelli dei tifosi, se si considera che nella Lazio ci sono numerosi giocatori di colore.

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Il caso

Europa League, cori razzisti a Londra (la Uefa apre un procedimento) e tifosi svedesi accoltellati

Lazio e Napoli, il peggio viene dagli ultrà

di AGNESE ANANASSO (la Repubblica 22-09-2012)

L’Europa League inizia macchiata dalla violenza degli ultrà italiani. Cori razzisti dei tifosi laziali nella partita col Tottenham (finita 0-0), coltellate e risse a Napoli, prima e dopo il match ai danni degli svedesi dell’Aik Solna. Nei confronti della Lazio, l’Uefa ha aperto un procedimento disciplinare per “comportamento scorretto dei suoi tifosi” (insulti razzisti). Il caso sarà esaminato il 18 ottobre e la Lazio avrà tempo fino all’11 per presentare la memoria difensiva. Secondo la stampa inglese, dalla curva dei laziali sarebbero volati dei “buu” accompagnati da atteggiamenti scimmieschi contro tre giocatori neri: Lennon, Townsend e Defoe. La presenza in tribuna a Londra del numero uno dell’Uefa Michel Platini ha fatto scattare sull’attenti gli ispettori, peraltro in un campo, quello inglese, molto sensibile a qualsiasi forma di razzismo. In realtà dal report degli ispettori emergerebbe che i cori erano indirizzati, in tre momenti della ripresa (48’, 55’ e sul finale) solo a Defoe. In particolare quello del 48’ sarebbe partito dopo il calcio dell’inglese contro un tabellone pubblicitario, reazione al contrasto con Lulic. Inoltre i cori razzisti non sarebbero stati acusticamente imbarazzanti. È stato lo stesso calciatore ad affermare: «Non ho sentito nulla», come l’allenatore Villas-Boas: «Non posso puntare il dito contro nessuno perché non ho sentito niente». Affermazioni determinanti nel verdetto finale, tali da poter ridurre la pena a una multa di 20-30mila euro con diffida.

Coltelli e sangue invece a Napoli, dove, la sera prima del match con l’Aik Solna, un gruppo di tifosi svedesi è stato aggredito davanti a una pizzeria da una banda di energumeni incappucciati. A farne le spese il proprietario, l’assistente e un tifoso scandinavo, tutti accoltellati. Stessa dinamica nell’agguato del post-partita, sempre tre i feriti ma stavolta tutti svedesi tra accoltellati e contusi. Sui fatti indaga la Digos, che prima del match aveva fermato circa duecento svedesi, ubriachi, sequestrando un bel bottino di alcolici.

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La nota stonata Ultrà scatenati per una partita senza storia

Napoli già in testa al ranking delle violenze

La prima europea con l’Aik Stoccolma macchiata da sei accoltellati

di TONY DAMASCELLI (il Giornale 22-09-2012)

Propongo l'istituzione di un ranking Interpol per il gioco del football. Che cosa voglio dire? Beh, contate i feriti prima e dopo una partita di calcio, specie dalle nostre parti. Prendete il Napoli di Europa league e controllate le notizie di cronache: sei feriti tra tifosi svedesi e persino il proprietario di una pizzeria; tifosi dell'Aik Solma, colpevoli di essere foresti, stranieri, dunque avversari non di campo ma di vita, da eliminare, aggredire, accoltellare.

Sarebbe interessante un intervento del presidente De Laurentiis Aurelio, quello che qualche mese fa attaccò il mondo del pallone, dalla Fifa all'Uefa, da Blatter a Platini dicendo che era arrivata l'ora di mandare a casa i parrucconi e di allestire un torneo continentale tra i grandi club, roba vera e seria, Napoli compreso.

Sarebbe bello che lo stesso presidente di battaglia prendesse di petto e di lingua, come usa fare con alcuni giornalisti e con alcuni dei suoi sodali di club, i delinquenti che sporcano l'immagine del Calcio Napoli.

La città non ha soltanto problemi con l'immondizia, esistono altri tipi di rifiuti che approfittano delle partite di calcio, nostrane e internazionali, per presentarsi alla discarica e lasciare i detriti della loro esistenza.

Una vergogna, non ci sarebbe altro da aggiungere se non ci fosse di mezzo l'Uefa, il suo torneo. Ovviamente qualcuno dirà che gli incidenti sono accaduti fuori dal San Paolo, dunque il calcio non c'entra. Alibi di comodo e fasullo.

Il sindaco De Magistris ha proclamato: «Non chiamiamoli tifosi ma criminali perché questo sono. Invito tutti i tifosi, organizzati e non, ad isolarli». E no, gentile sindaco, ai delinquenti pensi la polizia a meno che non le garbino improvvisamente le 'ronde' diurne, pomeridiane e notturne, che la sua ideologia combatte. Alla prossima, anzi ai prossimi. Feriti e accoltellati.

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la Repubblica 22-09-2012

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Incubo Mauri:

è indagato

per riciclaggio

Il pm svizzero sospetta di un legame col caso-Zauri

La madre si avvale della facoltà di non rispondere

di ANDREA RAMAZZOTTI (CorSport 22-09-2012)

CREMONA - La curiosa assonanza (e non solo quella...) tra i cognomi di Zauri e Mauri è finita sotto la lente d’ingrandimento del pm di Berna, Elena Catenazzi, ieri in “trasferta” a Cremona. Entrambi i giocatori della Lazio hanno infatti un conto in Svizzera con denaro di provenienza da accertare: 1 milione sul conto Zauri, 350.000 euro su quello di Mauri. Il calcio scommesse apparentemente c’entra poco. Da dove arriva quel denaro? Si tratta di pagamenti in nero? La Lazio è coinvolta? L’indagine chiarirà i dubbi che serpeggiano tra gli investigatori. Una mano la darà anche la documentazione che verrà richiesta al pm di Milano, Carlo Nocerino, che sta indagando, con l’ipotesi d’accusa di riciclaggio, su diverse persone che hanno un conto in Svizzera. Tra queste, appunto, Zauri.

SOLO LA MAMMA - Mauri ieri nella città sul Po non si è presentato. Dopo lo 0-0 con il Tottenham di giovedì sera, è rimasto nella capitale inglese per svolgere un trattamento fisioterapico e non è salito sull’aereo con i compagni atterrato nella Capitale in tarda nottata. La defezione era stata comunicata per tempo. Mauri, attraverso i suoi legali, ha fatto sapere di essere disposto a farsi interrogare direttamente in Svizzera e la prossima settimana ci sarà un contatto telefonico tra le parti per stabilire tempi e modi del faccia a faccia. In quell’occasione gli saranno mostrate tutte le carte, che finora il suo pool legale ha visto solo in parte. In compenso ieri a Cremona si è presentata la mamma di Mauri, Maria Rosa Redaelli, intestataria insieme al marito Pietro del conto svizzero. L’incontro si è tenuto in una caserma della Guardia di Finanza di Cremona tenuta segreta e vi hanno partecipato i magistrati dell’inchiesta di Cremona sul calcio scommesse (il gip Salvini e il pm Di Martino) e il collegio difensivo del giocatore, composto dagli avvocati Buceti, Melandri e dallo svizzero Pedrazzini. La mamma di Mauri, ascoltata in qualità di testimone, si è avvalsa della facoltà di non rispondere, ma ha fornito la documentazione bancaria che gli investigatori vaglieranno nei prossimi giorni. Il padre di Stefano è invece rimasto a Roma per motivi di salute.

INDAGATO - Il centrocampista della Lazio risulta invece indagato per riciclaggio, ma ne è venuto a conoscenza solo giovedì, dopo che 48 prima, nello studio a Roma dei suoi legali, gli era arrivata la notifica di comparizione a Cremona in veste di testimone in un procedimento diverso da quello del calcio scommesse. Solo attraverso successive integrazioni ha prima appreso di essere indagato per truffa e poi per riciclaggio (articolo 305 bis del codice svizzero) per fatti che risalgono al novembre 2010 e che dunque sono di molto antecedenti alle contestazioni mosse dalla procura di Cremona al calciatore (Lazio-Genoa e Lecce-Lazio sono del maggio 2011...).

PAOLONI - Interrogato anche l’ex portiere di Cremonese e Benevento che in un’intervista alla tv svizzera aveva dichiarato «il 70% dei calciatori scommette» . «Adesso faccio l’opinionista in una tv del Lazio, mi sono curato e dopo un anno sono guarito: non faccio più scommesse. Il calcio? Gioco con gli amici...» . Oggi tocca a Carobbio, Gritti e Gervasoni.

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Evasione e riciclaggio:

sentita la madre di Mauri

Soldi versati su conti svizzeri, uno è intestato alla donna. Anche Zauri tra gli indagati

di FRANCESCO CENITI (GaSport 22-09-2012)

Se pensavate che con le scommesse il calcio italiano avesse toccato il fondo, beh forse il peggio deve ancora arrivare. E se non è il peggio, di sicuro quello che sta emergendo dall'inchiesta svizzera che coinvolge Stefano Mauri (indagato per riciclaggio) potrebbe far male almeno allo stesso modo delle combine. Se tre indizi fanno una prova, siamo già a quota due: le vicende giudiziarie che coinvolgono i laziali Mauri e Zauri (anche lui indagato per riciclaggio dal pm Nocerino a Milano: di mezzo c'è sempre un conto in Svizzera con soldi sospetti) non hanno solo un'assonanza di lettere ma potrebbero rivelarsi la cartina tornasole di un sistema ben radicato nei club e tra procuratori e giocatori. Un sistema fatto di fatturazioni false, pagamenti in nero e soldi in libera uscita da tasse e altro. Soldi che poi ricompaiono spesso proprio in Svizzera. Insomma, riciclaggio oppure evasione fiscale.

Somiglianze A condurre gli interrogatori oltre al gip Salvini e al pm di Martino, ieri c'era anche un magistrato elvetico: Elena Catenazzi. Niente incontro con Mauri, rimasto a Londra perché aveva in programma una seduta di fisioterapia con uno specialista. Chi ha risposto alla convocazione è stata la mamma del giocatore (persona informata sui fatti) che ha visto gli inquirenti in una caserma della Finanza. La signora ha presentato una serie di documenti: saranno esaminati in Svizzera. Il conto è intestato ai genitori (il papà di Mauri reduce da un piccolo intervento non si è mosso da Monza), ma i movimenti sospetti, in primis un versamento da 350 mila euro, sono contestati al calciatore ritenuto il vero titolare del deposito. Ecco perché entro un mese Mauri sarà interrogato in Svizzera: in quella occasione il pm metterà sul tavolo tutte le contestazioni. In origine chi indaga aveva ipotizzato una connessione con l'inchiesta sul calcioscommesse: i soldi sospetti sarebbero stati il frutto delle combine. Ma le date sono diverse: novembre 2010 per i versamenti nel mirino, maggio 2011 per le partite sotto esame. Adesso il pm di Berna ha «notato» una certa somiglianza con la vicenda che vede indagato Zauri (presunto versamento in nero da 1 milione di euro) tanto che sarebbe intenzionato a visionare le carte dell'inchiesta. Insomma, nello stesso giorno in cui procuratori e dirigenti hanno patteggiato presso la giustizia sportiva mesi e mesi di squalifica, ecco che due inchieste parallele imboccano una pista che potrebbe mettere a soqquadro il calcio italiano: gli ingaggi in nero ai giocatori. Un doping finanziario dalle proporzioni gigantesche.

Paoloni e gli altri Sempre ieri tramite rogatoria è stato sentito anche Marco Paoloni. «Ero malato delle scommesse: mi sono curato e sto meglio» ha detto l'ex portiere, radiato dalla giustizia sportiva. Apparso ingrassato, è arrivato in Procura vestito in modo stravagante (camicia e pinocchietto di jeans, occhiali e cappello luccicante) e in compagnia degli avvocati Curatti e Di Paolo. Paoloni è stato sentito come persona informata sui fatti a causa di una intervista rilasciata alla tv svizzera nella quale aveva dichiarato: «Circa il 70% dei calciatori italiani scommette...». Oggi gli inquirenti vedranno Gritti, Gervasoni, Carobbio e forse Bressan.

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Ingaggi dei calciatori

fuori dai bilanci

Il pozzo nero della A

Mauri, 350 mila euro sul conto svizzero intestato ai genitori

Primo passo Il laziale indagato per riciclaggio dalla procura federale elvetica

di NICCOLÒ ZANCAN (LA STAMPA 22-09-2012)

La prima notizia è che il capitano della Lazio, Stefano Mauri, è indagato per riciclaggio dalla procura federale svizzera. Hanno scoperto 350 mila euro su un conto corrente intestato ai suoi genitori. Sono stati versati a novembre del 2010 in una banca di Berna, ma non credono si tratti di un regalo affettuoso. Quei soldi necessitano spiegazioni.

La seconda notizia è che questa storia è estremamente evocativa. «Davvero molto simile a quella di un altro giocatore della Lazio - dice un investigatore - ecco perché bisogna mettere in comune le carte e approfondire». Si riferisce a Luciano Zauri, indagato dalla procura di Milano per lo stesso reato. Ancora riciclaggio. Un milione di euro planati su un conto svizzero, dopo diversi passaggi, dall’Italia agli Stati Uniti, banca per banca, con rimbalzo in un paradiso fiscale dei Caraibi. Soldi messi in moto con un giro di false fatturazioni. Pagamenti fittizi per prestazioni mai eseguite. Al centro, il procuratore di Zauri, Tullio Tinti, anche lui indagato. Nel ruolo di tramite.

E così, per farla semplice, il calcio italiano si affaccia su un nuovo possibile scandalo. Due procure diverse stanno lavorando sullo stesso scenario. Fondi neri. Evasione fiscale. Ipotizzano che in serie A una parte degli stipendi sia fuori dai bilanci ufficiali. Come se in alcuni casi valesse la legge non scritta: «Se vuoi, puoi guadagnare di più, ma lo prendi così».

A Milano sono arrivati a Zauri seguendo il lavoro di un commercialista svizzero, tal Giovanni Guastella. Secondo gli investigatori la sua società «Doge» altro non era che una centrale per false fatturazioni. Sempre negli uffici di Guastella è stata sequestrata una lista con duecento clienti. Comprese le società di calcio Catania, Udinese, Ascoli, Cesena, Empoli e Reggina. Tutto materiale che presto verrà condiviso con gli investigatori elvetici. Perché anche loro, seguendo il conto corrente intestato ai genitori di Mauri, sembrano arrivati allo stesso punto. Ora si tratta di incrociare i dati.

Stefano Mauri doveva essere interrogato ieri, ma ha chiesto un rinvio. Vuole essere sentito in Svizzera, e così sarà. Ha già preso contatti con un avvocato di Berna. Mentre la madre si è presentata con la documentazione sul conto corrente. «Ma non è a lei che vogliono rivolgere le domande» dice il gip di Cremona, Guido Salvini.

Era lui il giudice designato per condurre l’interrogatorio, richiesto per rogatoria. E in effetti, resta da spiegare cosa c’entri, in tutto questo, la procura di Cremona. Ebbene: pare che gli investigatori svizzeri si siano impressionati guardando alla televisione di Stato un’intervista di Marco Paoloni, ex portiere della Cremonese, indagato proprio qui per il calcioscommesse. Paoloni è l’inizio di tutto. È accusato di aver messo il sonnifero nelle borracce dei suoi compagni per addomesticare una partita. Dai malori conseguenti è venuta giù la slavina che ha travolto il calcio italiano. Ebbene, l’ex portiere ha dichiarato alla televisione svizzera: «Ero malato di scommesse. Ma non sono il solo. In Italia il settanta per cento dei giocatori lo fa». Agli svizzeri è venuto il dubbio che quel conto di Mauri, essendo pure lui indagato a Cremona, potesse avere a che fare con questa storia. Con la malattia. Ecco perché hanno chiesto di poter sentire alcuni protagonisti dello scandalo. Dopo Paoloni, oggi tocca ai pentiti Carlo Gervasoni e Filippo Carobbio. E poi a Mauro Bressan, che ha chiuso la carriera di calciatore in Svizzera. «Ma qui non c’entrano le scommesse dice un investigatore - i tempi fra i versamenti e le puntate non combaciano. Questa è un’altra storia. Sembra la storia dei pagamenti in nero nel calcio italiano. Vediamo...».

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CALCIOSCOMMESSE GIORNO DI AUDIZIONI

DELEGAZIONE DI INQUIRENTI ELVETICI A CREMONA

PER SENTIRE LA MADRE DEL MEDIANO DELLA LAZIO

RIMASTO A LONDRA, MA LEI SCEGLIE IL SILENZIO

Mauri, la Svizzera indaga

su riciclaggio o fondi neri

I difensori «Il calciatore disposto a essere ascoltato», ma a Berna

di GABRIELE MORONI (Quotidiano Sportivo 22-09-2012)

FONDI NERI o riciclaggio di denaro delle scommesse sulle partite truccate? Stefano Mauri, centrocampista e vicecapitano della Lazio, è indagato dalla magistratura svizzera per riciclaggio (350mila euro su un conto intestato ai genitori), ma nella terra di Guglielmo Tell l’attenzione degli investigatori sembra spostarsi dal riciclaggio al pagamento sottobanco di giocatori su conti svizzeri. Significativo che uno degli inquirenti parli di “assonanza” fra la vicenda Mauri e la grana giudiziaria che coinvolge un altro giocatore laziale, il terzino Luciano Zauri, al centro di una indagine condotta dalla Finanza e dal pm della Procura di Milano Carlo Nocerino: sotto osservazione c’è un milione di euro versati su conti svizzeri ai tempi del trasferimento del giocatore dalla Samp alla Lazio nel 2011. Ancora più sintomatico che il pm della Procura federale Elena Catenazzi, titolare dell’inchiesta, si prepari a chiedere gli atti ai colleghi milanesi. Non avviene l’incontro fra Mauri, che è a Londra («per una seduta di fisiatria», hanno spiegato i suoi legali) e il magistrato elvetico. È invece la madre del calciatore, Maria Rosa Redaelli, a incontrare come testimone il pm svizzero nella caserma della GdF e si avvale della facoltà di non rispondere. Sono i difensori di Mauri, Amilcare Busceti e Matteo Melandri, a comunicare la disponibilità del loro assistito a essere “eventualmente” e “direttamente” ascoltato in Svizzera e quindi non a Cremona.

MARCO PAOLONI, ex portiere di Cremonese e Benevento, è il primo dei testimoni davanti al magistrato svizzero, al gip Guido Salvini e al procuratore di Cremona Roberto di Martino. Ai giornalisti poi dirà: «Sono guarito dalle scommesse. Dopo un anno sono tornato una persona normale». L’interesse dei magistrati per Paoloni nasceva da una intervista alla tv svizzera in cui parlava del fenomeno calcioscommesse. Oggi verranno ascoltati l’ex portiere del Bellinzona Matteo Gritti e i due grandi “pentiti” Filippo Carobbio e Carlo Gervasoni.

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PER MARTEDÌ ANCHE L’OPZIONE ALBERGO

Dove lo metto?

L’incredibile dilemma di Firenze: per Conte troppi rischi in tribuna Carrera:

“In Inghilterra non succede, lì hanno un’altra cultura”

Montella: «A me non concessero lo Sky box ci resterei male se toccasse ad Antonio»

Il tecnico bianconero ancora squalificato: Il Tnas rinvia l’udienza al 2 ottobre

di MASSIMILIANO NEROZZI (LA STAMPA 22-09-2012)

Tutte le camere degli ospiti allo stadio di Firenze sono occupate e così ad Antonio Conte non resta che il soggiorno: «Starà comodo in tribuna, accolto bene come lo sono le altre 18 società di serie A», ha spiegato l’ad della Fiorentina, Sandro Mencucci. Salvo aggiungere postilla di raccomandazione ai padroni di casa: «Poi naturalmente bisognerà tutti avere buon senso, guardare e tifare la Fiorentina». Difatti, secondo la Questura, potrebbe non essere una grande idea: e non lo sarebbe in quasi tutti gli stadi italiani. Il problema è che gli Skybox dell’Artemio Franchi, dove solitamente Conte trova riparo, sono occupati dalla tv, e non c’è aria di traslochi. «Successe anche a me, e non me lo diedero: un trattamento diverso mi dispiacerebbe», ha detto Vincenzo Montella. Ridendo, ma detto. Di simile ci sarebbe il gabbiotto del Gos, cioè la sala controllo delle forze dell’ordine. L’ultima soluzione è guardarsela in televisione, al sicuro in hotel, e al momento non è stata scartata.

Prima del viaggio a Firenze, martedì prossimo, stasera a casa Juve ci sarebbe la sfida al Chievo, ma visto che il soggiorno dai viola s’annuncia complicato già se ne parla con quattro giorni di anticipo. Conte sarà ancora squalificato, visto che ieri il Tnas ha rinviato il tentativo di conciliazione al 2 ottobre: «E in quel giorno si chiuderà tutto», ha detto l’avvocato Giulia Bongiorno, uno dei legali del tecnico. Dunque, dovrà trovare sistemazione alternativa alla panchina anche a Firenze. Sull’alloggio, Mencucci ci aveva anche riso sopra: «Il posto più bello che c’è allo stadio a Firenze è la curva Fiesole, però mi hanno detto che non era possibile farlo sedere lì». Come mettere Zeman tra i tifosi bianconeri e infatti alla Juve non hanno gradito la battuta. La Prefettura non pare preoccupata più di tanto, se nelle riunioni già fatte sulla partita l’argomento Conte non è stato neppure affrontato: se ne dovrà occuperà la Fiorentina, padrone di casa. Fin qui l’allenatore juventino aveva trovato un posto d’osservazione sicuro in tutti gli impianti, da Pechino a Londra.

Ma qui siamo in Italia, ha commentato Massimo Carrera, anche se poi un rifugio Udine e Genova l’hanno offerto: «Dico solo che bisognerebbe prendere esempio dagli inglesi - ha detto il vice di Conte, cui tocca la guida in panchina dove c’è grande rispetto per le squadre avversarie, per i tifosi: si parla di una diversa cultura sportiva. Se riuscissimo a fare questo, sarebbe un bel passo avanti». Parole subito impallinate sui siti web dei tifosi viola. Nel dubbio, Carrera aveva ribadito il concetto: «Se avessimo una cultura sportiva all’inglese, Conte potrebbe andare in tribuna, starsene tranquillo e vedersi la partita. Invece in Italia, purtroppo, non è così». Già l’anno scorso l’accoglienza fu pesante, per parole e toni, anche dietro la panchina, ma almeno stemperata dall’ironia delle parrucche colorate, tanto che pure Conte alla fine ci rise sopra. La privacy di un box servirebbe per vedersi la partita in pace, anche se a Firenze, come ovunque, hanno già sollevato i cattivi pensieri: poter dare indicazioni alla panchina. Macché, ha tagliato corto Carrera: «Con Antonio ci confrontiamo tutta la settimana, durante gli allenamenti, e prima delle partite parliamo di tutto, anche sugli eventuali cambi. Siamo d’accordo su quasi tutte le cose che dobbiamo fare. Ma poi le decisioni in partita le prendo io».

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Conte vada pure in panchina,

tanto la squalifica è una pagliacciata

La solita sceneggiata all’italiana. L’allenatore della Juventus viene squalificato per dieci mesi (omessa denuncia, calcioscommesse) però non solo può allenare durante la settimana ma la domenica ha uno spazio esclusivo in tribuna da dove può dirigere telefonicamente la squadra. Ma che squalifica è?

di MASSIMILIANO GALLO (LINKIESTA 22-09-2012)

La questione è nota, oggi se ne occupa persino La Stampa. Dove sistemare Antonio Conte la domenica? Il quotidiano torinese, ovviamente filo-bianconero, ne fa una questione di educazione (dei tifosi) e lascia parlare l’imparziale Carrera, allenatore in seconda. Noi, che filo-juventini non siamo (almeno questo), poniamo un’altra questione.

Antonio Conte è, fino a sentenza contraria, un allenatore che ha chiuso un occhi, anzi tutti e due, di fronte a partite “accomodate” del suo Siena. Per questo motivo è stato condannato dalla giustizia sportiva a dieci mesi di stop per omessa denuncia. Ora non stiamo qui a discettare sulla credibilità del suo accusatore, Filippo Carobbio. Non è più il tempo e lo stesso Conte provò a patteggiare la pena. C’è stata una sentenza. Conte è stato squalificato. Quindi Conte è uno che ha avallato chi ha barato.

Ma il punto è un altro. In che cosa consiste la squalifica dell’allenatore della Juventus? Nel non potersi accomodare in panchina quando gioca la sua squadra. Durante la settimana è infatti libero di dirigere gli allenamenti, insomma di svolgere il proprio lavoro. Sul punto ci fu una polemica sollevata da Zdemek Zeman, contro cui insorse l’intero mondo del calcio compreso il commissario tecnico della Nazionale Cesare Prandelli, moralista a giorni alterni.

Ma torniamo a bomba, durante la settimana Conte può allenare. E quando si gioca che succede? Quando si gioca, Antonio Conte si accomoda in tribuna. Anzi, in tribuna è poco. A lui, che ha violato le regole dello sport, non si sa perché l’area sponsor riserva uno spazio esclusivo. Da dove, e questo è il punto, di fatto lui telecomanda la panchina. “Sposta Pirlo, metti Quagliarella, parla con Bonucci”, insomma fa l’allenatore.

Nella sostanza, questa squalifica di Conte è una pagliacciata, la solita pagliacciata all’italiana. Ma se può allenare durante la settimana e guidare la squadra la domenica, allora che cosa sta scontando il tecnico della Juve così brillantemente fotografato dall’imitazione di Crozza? A questo punto, per evitare l’ennesima ipocrisia italiota, varrebbe la pena di farlo accomodare direttamente in panchina. Tanto, non c’è alcuna differenza.

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Su, bravi, salite tutti sul carro contro

Conte e la Juve. C’è sempre posto

Nella sua immensa magnanimità, Linkiesta concede diritto di replica perfino a uno juventino. Uno di quelli doc, che rimpiange Luciano Moggi e che sostiene che fino al 2006 i tifosi bianconeri celebravano persino la festa del 2 giugno. Poi però...

di VINCENZO RICCHIUTI (LINKIESTA 22-09-2012)

Dopo i viola club, tocca al mio amico Max fare la parte del finto tonto sulla prassi dei mister squalificati (tutti). I viola club vogliono impedire l’ingresso di Antonio Conte allo stadio di Firenze e ciò provocherà aggravi al bilancio nazionale. Bisognerà infatti isolare Conte armi in pugno pagando straordinari per fargli da bodyguard di stato. Più o meno quello che successe al mio amico Luciano Moggi a Roma nel 2005 a Roma per Roma-Juve. Allora si intendeva far pagare a Moggi il fatto di aver sborsato soldi per comperare Emerson. L’attuale dg romanista, Baldini, se l’era venduto a suon di bigliettoni e trovò il modo per passare una normale storiaccia di mercato come spoliazione di sistema e passare poi una comoda serata tv sul salotto della Dandini.

A Firenze la stessa cosa. Usano Berbatov per dare addosso al sistema. I tifosi fiorentini corrono il rischio di far passare una grande città di mondo come Firenze da paesotto lunare pur di far finta di ignorare un paio di cose elementari. A Firenze s'indignano per la prassi. È prassi che nel calcio mercato ci siano colpi bassi. È prassi un mister squalificato in tribuna. Tutta questa indignazione per l'acqua calda è ingiusta per Firenze. Perché la fa sembrare un paesello di sprovveduti.

Adesso sono sicuro che contro Conte si aggregherà anche Renzi. Quando quelli del Pd possono perdere voti, chi può fermarli. Il mio amico Max vuol fare la stessa cosa. Oltre il provocare un botto di click e un botto di botte (che non fan mai male, né i click né le botte). Vuol passare da scemo pur di far dare i domiciliari ad Antonio. Che male neanche gli farebbero, intendiamoci. L’uomo è quello che è, un passionale. Squalifiche del genere van bene per Zeman. Starsene chiuso nel gabbiotto è un pericolo per il gabbiotto. Prevedo ci resisterà o meglio il gabbiotto resisterà ancora per poco se continua così. Per fortuna pare che l’arbitrato di sua natura è un compromesso e questa tortura verrà ridotta ragionevolmente entro Natale. Così evitiamo questa pagliacciata.

Perché è vero. La squalifica di Conte è una pagliacciata. Non lo dico io, lo dice il mio amico Max. “Forse sarebbe il caso che qualche signore dello sport italiano dica qualcosa sul modo in cui la giustizia sportiva sta arrivando alla propria verità. Una modalità che sembra lontana anni luce da quella che tutti noi ci augureremmo se dovessimo trovarci nei panni di Antonio Conte”. Adesso nei panni di Conte, Max non vuole più starci. Anzi vuole levarglieli per metterlo in pigiama. A casa, davanti la tv. Ma il suo garantismo è autentico. Su Carobbio non spendo una sola parola. I redenti non fan per me, ho paura del contagio. Quindi mi fido delle parole di Max. Il quale disprezza chi buca le ruote del carro dei vincitori quando di vincitori non ve n’è più traccia.

Maledice “Il gioco preferito dagli italiani: il linciaggio del campione caduto”.Spende parole di consapevolezza sul falso mito delle regole che valgano per tutti: “In Italia no, il talento è lesa maestà. E quando sbagli, paghi di più”. Rimpiange Mourinho, quello che quando fu squalificato si fece chiudere negli spogliatoi. Che immagino dovettero allargarglieli per contenerne l’ego. Figurarsi quanto rimpianga quel Novellino trasportato nel carrello dei panni sporchi tra un tempo e l’altro non fosse altro che per aver ceduto il posto in panchina del suo amato Napoli al suo amatissimo Zeman per una vacanza di due mesi a due miliardi con il conto a spese del sistema.

Dirò di più. Concordo con il suo articolo (a parte le inesattezze su La Stampa naturalmente filo bianconera perché nel 2006 sembrava Il Romanista e le partite contestate a Conte perché gliene è rimasta una giusto per far contenta della pubblicità aggratis la proloco di Albino e Leffe). Come dargli torto. “A questo punto, per evitare l’ennesima ipocrisia italiota, varrebbe la pena di farlo accomodare direttamente in panchina”. Fosse per me anche subito. Anche su due. Quella della Juve e quella dell’avversario. Così, per vedere se riusciamo a perdere con qualcuno. Dice Gallo che la forma è salva. Non potrebbe dire altrimenti. Il regolamento parla chiaro. Però la sostanza è sbagliata. Potendo dirigere la squadra comunque durante la gara tanto varrebbe dai su e andiamo e che davvero davvero. “Tanto, non c’è alcuna differenza”.

Ma questa è istigazione a delinquere. Ma come. Capisco che a Gallo faccia schifo il sistema ma che inviti a violare palesemente le regole poi. Inviti gli juventini per giunta. Gente che fino al 2006 non faceva manco mezza polemichetta con nessuno, si scappellava persino il 2 Giugno al passaggio degli alpini. Gente che era abituata al rispetto militaresco, sabaudo, co*****e di tutte le regole scritte e decisioni di qualunque sesso. Gente che poi è diventata quella che è. Dopo il 2006. Riottosi, anarchici, una tifoseria sparpagliata mezza boheme e mezza banlieue. Che non rispetta più nessuno, manco gli Agnelli.

È pericoloso il gioco di Gallo perché è come offrire un sasso a un palestinese. Per quello è meglio di un euro. No, Max. Bisogna rispettare le regole. Non credere che ci piaccia. Questa del rispetto delle regole e delle sentenze anche ingiuste è una brutta storia. Un brutto romanzo criminale. Ogni qual volta sento rispetta sentenza e bevi cicuta, mi viene in mente che quello che l’ha inventata era uno sfaccendato borghese messo sotto dalla consorte. Ogni volta che sento la regola è questa, metto mano a Santippe. Però viene pure il tempo di farsi furbi usando il rispetto. E quindi. No, Max. Bisogna rispettare le regole. Conte non può andare in panca. Deve sedersi in gabbia pure perché se lo metti in tribuna in trasferta lo menate. Se lo metti in tribuna allo Juve Stadium, data la distanza col campo, si sentirebbe solo la voce sua manco quella di Caressa. Il gabbiotto è cosa buona e giusta.

Rispetta la prassi che tu conosci ma che vuoi ignorare da fessacchiotto per ribadire forse una differenza. Differenza tra noi e voi che purtroppo, lo dico per entrambi perché entrambi ci terremmo ancora a esser diversi, unici e diversi e irripetibili come unici diversi e irripetibili sono tutti gli abitanti del cimitero, purtroppo non c’è più. C’è un sistema che schifiamo entrambi. Un sistema che magari per voi o per il tuo amico Zeman è una entità astratta di poteri forti e grandi vecchi mentre per noi ha facce concrete, indirizzi di casa, nomi cognomi e bestemmie e cambiali precise. Ma che è lo stesso. Un sistema oggi non si nega a nessuno.

Ps

Poi magari mi dici dov’era il tuo Mazzarri il giovedì europeo. A prender bottigliate al Pomodorino? Non credo. Non basta avere gli occhi chiari per sembrare svedese. Figurarsi sapere quanto basti per sembrare diverso.

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BOLIVIA

Un calcio alla miseria

La domenica le Cholitas giocano al pallone

Le contadine meticce ogni giorno si spaccano la schiena sui campi, ma nel

giorno del riposo organizzano il loro torneo. Chi vince si aggiudica un montone

di DANIELA AMENTA (l'Unità 22-09-2012)

QUANDO DICONO CHE IL CALCIO È MORTO, IO PENSO A UNO CHE SI CHIAMAVA GARRINCHA, CON LE GAMBE STORTE E ZOPPE. MA SOPRATTUTTO PENSO A LORO, LE CHOLITAS. LE MADRI DI TUTTI I METICCI DEL MONDO CON LE FACCE DA LADRO E LA VOLONTÀ DI FERRO. Solo chi è Cholo - mezzo sangue - può sapere cos’è l’orgoglio. Ce l’ha impresso nel codice genetico, lo porta appeso nei tratti, nel profilo. Visi da mulo, zigomi schiacciati, nasi incollati alle guance. In America li chiamano «buckwheat», cioè «grano saraceno», spighe brune che servono a fare le pagnotte.

Le Cholitas, però, lo sanno bene che il calcio è vivo. E che talvolta lotta assieme a noi. Negli spalti di un qualsiasi stadio dell’universo. Nel cuore di un tifoso qualsiasi che esulta o che maledice la sorte e se stesso. Nella palla qualunque che entra in una qualsivoglia rete e che per un secondo firma l’apoteosi.

Le Cholitas, le donne ibride della Bolivia con la pelle scura e la treccia lunga e nera, lo sanno. Perché giocano al pallone. È l’unica squadra che da secoli si tramanda di madre in figlia l’arte del dribbling, della punizione e del calcio d’angolo.

Nel paese sull’altopiano, 3.800 metri sul livello del mare, c’è poco da mangiare. Terra secca con pezzi di pepite d’oro dentro. Ma quando si prova a coltivare il «buckwheat» degli States, il grano saraceno che rende dorata una fetta di pane, le zolle non vogliono saperne. Le Cholitas si spaccano la schiena. Portano acqua alle sementi, al cavolo e al pejote, pregano tutte le Madonne. Scavano, modellano la sabbia dura, gelata d’inverno, arsa d’estate.

Poi, alla domenica, fanno pace con i campi. E giocano. Il prato è di fango. Al posto delle porte ci sono due sacchi pieni di lana, due vasi di fiori, due buste con le pietre dentro. L’unico maschio consentito in gioco è l’arbitro. Gli altri stanno fuori, a guardare.

Dovreste vederle le meticce. Gonne lunghe, rosse. Scarpe rotte. Scarpe improbabili da ginnastica, legate coi lacci alle caviglie. Consunte, zozze. Troppo larghe, troppo strette. Oppure sandali di cuoio aperti, che il piede si rattrappisce solo a vedere i sassi.

E, insomma, le Cholitas si scaldano. E sulle gonne rosse, fino alla caviglia, spesso indossano maglie bianche ed azzurre. Per via del cielo, dicono. Non sono giovani, anzi. Ma il pallone è l’unico gioco consentito, lassù, dove l’aria pesante sconvolge. E più cresce l’età, più si accampano diritti e più è facile trovare un ruolo. Quindi giocano. Giocano nel fango, sotto un sole implacabile tanto è vicino.

Chi vince si porta a casa: a) un montone; b) un pallone; c) una lattina di Coca Cola. Primo, secondo e terzo posto in classifica. E gareggiano. E corrono per il sangue delle gonne rosse, e per il cielo delle maglie. Per uno spicchio di libertà guadagnato spingendo la palla oltre. Oltre le montagne, le rocce, l’orizzonte cupo, le nuvole spesse e il raccolto magro. Giocano, tirano, urlano gol. E tanto basta per prender fiato e mangiare a morsi il vento, e abbracciarsi come sorelle e ridere di niente.

In Texas, una squadra di professioniste di calcio femminile ha voluto chiamarsi «Cholitas», in loro onore. Sono certa che le mezzosangue della Bolivia neppure lo sappiano. Ma ripetano il rito del pallone, indifferenti alle nostre regole. Un fischio dell’arbitro ed entri in campo. Tre fischi ed è finita. Sotto il prato che non c’è, si stende come un gatto pigro l’America Latina. Le Cholitas tornano a casa.

Domani ci sarà ancora da zappare.

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Conte-Figc, prove di disgelo

Il 2 ottobre nuova udienza davanti al Tnas, le parti ieri faccia a faccia quasi un’ora

Il tribunale arbitrale ha rinviato tutto, compreso il tentativo di conciliazione

Sarà possibile produrre altre memorie e documenti

di EDMONDO PINNA (CorSport 22-09-2012)

ROMA - Antonio Conte dovrà aspettare (almeno) il 2 ottobre prossimo per conoscere il proprio destino. Proprio il giorno della partita contro lo Shakhtar Donetsk, in programma allo Juventus Stadium alle 20.45, seconda giornata della fase a gruppi della Champions League; proprio nella settimana che precede Siena-Juve, la partita del Destino, il passato e il presente che s’incrociano. Il Destino dell’allenatore della Juventus dipenderà dalle «memorie, documenti e la definitiva indicazione delle istanze istruttorie» che le parti dovranno presentare entro il 29 settembre (c’è Juve-Roma). Lo ha deciso il collegio arbitrale del TNAS (Zaccheo presidente, Calvi e Di Giovanni), nei venticinque minuti che hanno riempito la prima udienza davanti al Tribunale Arbitrale presso il Coni. Più lungo l’incontro successivo (quasi un’ora), ad arbitri già filati via in macchina, fra le parti, la Federcalcio (gli avvocati Medugno, Letizia Mazzarelli e Annunziata) e i legali del tecnico bianconero (Giulia Bongiorno, de Rensis, Chiappero e Maria Turco). Solo un incontro tecnico, assicurano. Ma la realtà potrebbe essere diversa e di più ampio respiro, visto che fino ad oggi fra la Giustizia sportiva e Antonio Conte non era corso buon sangue.

LA NOVITA’ - E allora, prove di disgelo fra Figc e Conte, preludio a quello che succederà il 2 ottobre. I legali dell’allenatore della Juventus chiederanno, con forza, l’assoluzione del proprio assistito. Ma è pronto anche il piano B, più realistico e attuabile, ovvero quello di ottenere uno sconto ai 10 mesi ai quali è stato condannato per omessa denuncia aggravata per Albinoleffe-Siena, la partita per la quale la Corte di Giustizia federale parlò di (quasi) illecito. Gli avvocati di Conte chiederanno le audizioni di Mastronunzio (il giocatore che fu escluso per problemi medici e non perché contrario alla combine) e di Stellini (il vice di Conte che ha ammesso di aver taroccato quella partita). Verranno prodotte memorie scritte, documenti (i certificati medici) forse anche supporti video. Chiaro che è proprio sulla figura di Stellini che si dovranno concentrare gli sforzi dei legali di Conte, per cercare di ridimensionare quel “non poteva non sapere” che è - soprattutto - alla base della sua squalifica.

OBIETTIVO - Ridurre la squalifica, magari fra i quattro e i sei mesi. Idea lontana dalla mente dell’allenatore campione d’Italia. «È stato rinviato tutto al 2 ottobre, anche il tentativo di conciliazione. Quel giorno si chiuderà tutto» ha detto l’avvocato Bongiorno. Ma la decisione (compreso il solo dispositivo) potrebbe slittare di qualche ora (giorno?). E in caso di audizione di nuovi testimoni (per l’avvocato Medugno, «laddove si dovesse aprire a una rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale essa dovrà essere fatta a tutto campo» ) il termine fissato al 7 ottobre potrebbe slittare. Decisione che «rispetteremo, come abbiamo fatto con Disciplinare e Corte di Giustizia. Noi non siamo tifosi» ha detto il presidente della Federcalcio, Abete.

PORTANOVA - Portanova prima di Conte. Il primo ottobre, il difensore del Bologna (6 mesi di squalifica) affronterà la prima udienza davanti al Tnas (Buzzelli presidente; Auletta e Palmieri).

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Conte col fiato sospeso

Nuovi testimoni al Tnas?

Arbitrato rinviato al 2 ottobre. I legali del tecnico chiedono

di sentire Stellini, Mastronunzio e il medico del Siena

La difesa di Conte ha presentato il referto per il k.o. di Mastronunzio:

per Carobbio non fu convocato perché contrario alla combine

di FRANCESCO CENITI & MAURIZIO GALDI (GaSport 22-09-2012)

«È stato rinviato tutto al 2 ottobre, anche il tentativo di conciliazione. Quel giorno si chiuderà tutto». Lo ha dichiarato l'avvocato Giulia Bongiorno, uno dei legali del tecnico della Juventus Antonio Conte, al termine dell'udienza di ieri del collegio del Tribunale nazionale di arbitrato per lo sport (Tnas). Udienza interlocutoria, quindi, durante la quale i legali di Conte (oltre la Bongiorno, Antonio De Rensis e Luigi Chiappero) hanno illustrato le loro «richieste istruttorie: audizione del calciatore Mastronunzio, audizione del medico sociale del Siena (sull'infortunio di Mastronunzio) e l'audizione di Stellini. Le parti hanno tempo fino al 25 settembre per depositare le proprie memorie sull'argomento, e dovranno presentare le controdeduzioni l'1 ottobre.

La ripresa Il 2 ottobre si torna in aula davanti al Collegio (presidente Massimo Zaccheo, arbitri Guido Calvi ed Enrico De Giovanni). In quella data ci sarà la decisione sulle richieste della Juve, in caso di accoglimento slitterebbe la data del lodo. «Certamente — spiega Luigi Medugno, che con Letizia Mazzarelli difende la Federcalcio) —, laddove si dovesse aprire a una rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale essa dovrà essere fatta a tutto campo e laddove fosse data apertura alle richieste istruttorie il termine abbreviato potrebbe essere prorogato oltre il termine del 7 ottobre».

Conciliazione Comunque vadano le cose, il 2 ottobre il Collegio del Tnas provvederà a provare la conciliazione tra le parti e solo in seguito si comincerà con la discussione. Ieri non è stata neanche discussa l'istanza di sospensione cautelare della squalifica a dieci mesi per l'omessa denuncia in AlbinoLeffe-Siena, contro cui si appella Antonio Conte. È probabile, comunque, che a questo punto i legali del tecnico della Juventus, il 2 ottobre, rinuncino a questa richiesta per entrare subito nel merito e poter arrivare al lodo quanto prima.

Lungo conciliabolo I legali delle due parti, terminata l'udienza, si sono trattenuti a lungo negli uffici del Tnas. Ufficialmente «per uno scambio di documenti», e infatti la difesa di Conte ha presentato il referto medico che attesterebbe l'infortunio di Mastronunzio (Carobbio aveva detto che non era stato convocato perché non era d'accordo di favorire l'AlbinoLeffe), ma è facile che gli avvocati abbiano anche tastato il reciproco terreno per la conciliazione. «Presupposti per la conciliazione? Lo verificheremo ma è una questione che in questo momento non può essere affrontata», ha detto Medugno.

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CALCIOSCOMMESSE UDIENZA RINVIATA AL DUE OTTOBRE

LA DIFESA HA IN MANO NUOVI DOCUMENTI RELATIVI

ALLA POSIZIONE DI STELLINI CHE HA GIÀ AMMESSO

DI AVER FATTO TUTTO ALL’INSAPUTA DEL TECNICO

CONTE, IL FUTURO RESTA UN MISTERO

Continua l’attesa per la sentenza. Se venisse assolto tornerebbe proprio contro il Siena

Nulla di fatto Quaranta minuti di confronto cordiale tra le parti non sono bastati per evitare il rinvio

di PAOLO FRANCI (Quotdiano Sportivo 22-09-2012)

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C’È UN CLIMA diverso al Foro Italico, tra Juve e Figc. Nulla a che vedere con quello rovente dei primi due processi. La squadra legale di Conte è formata dagli avvocati Bongiorno, Chiappero e De Rensis. La Figc è nelle mani di Luigi Medugno e Letizia Mazzarelli. Quaranta minuti di confronto cordiale con il collegio arbitrale sull’istanza cautelare, per arrivare al rinvio del tentativo di conciliazione tra le parti (che non ci sarà) per il prossimo 2 ottobre alle 12, quando al Tnas ci sarà anche l’udienza (alle 16) di Angelo Alessio. Le parti avranno tempo fino al 29 settembre, giorno di Juve-Roma, per depositare memorie, documenti e richieste di testimonianze. Gli avvocati di Conte presenteranno i certificati e le interviste di Mastronunzio — era infortunato e già ai margini della rosa titolare, non per aver rifiutato l’illecito con l’Albinoleffe ha dichiarato il giocatore — e nuovi documenti relativi alla posizione di Stellini, che ha già ammesso di aver fatto tutto all’insaputa di Conte per l’illecito di Albinoleffe-Siena. «L’episodio di Mastronunzio è irrilevante e non decisivo per l’omessa denuncia, che presuppone solo la conoscenza dell’accaduto» è il pensiero dell’avvocato Medugno.

I LEGALI di Conte chiederanno l’audizioni di Mastronunzio e Stellini e, forse, di nuovi testimoni. Se la richiesta venisse accolta (difficile), imporrebbe una proroga dei tempi di giudizio oltre il 7 ottobre (ironia della sorte, se arrivasse l’assoluzione Conte tornerebbe in panchina per Siena-Juve) data ultima per il lodo arbitrale: «Il 2 ottobre si chiuderà tutto», ha dichiarato l’avvocato Bongiorno. Difficile però, che il lodo possa arrivare il giorno dell’udienza, più probabile nei giorni successivi. I legali della Juve puntano all’assoluzione, ma la derubricazione dell’omessa denuncia, da aggravata a semplice, sarebbe un punto a favore, che porterebbe a un sostanzioso sconto, almeno della metà, 5 mesi.

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Verdetto Conte

il 2 ottobre

La Bongiorno: «In quella data si chiude»

La Figc: «Nuovi testimoni? Pure per noi»

di SIMONE DI STEFANO (TUTTOSPORT 22-09-2012)

ROMA. Antonio Conte dovrà attendere ancora. L’udienza relativa al suo ricorso contro i 10 mesi di squalifica inflitti dalla Corte di Giustizia, è stato infatti rinviato dal collegio arbitrale (composto dal presidente Zaccheo , e dagli arbitri Calvi e De Giovanni ) al 2 ottobre alle ore 12. Stesso giorno in cui è fissata l’udienza di Angelo Alessio : «Le parti - si legge dal comunicato del Tnas - hanno discusso sull’istanza cautelare e, all’esito della discussione, il Collegio arbitrale ha concesso termini alle parti per il deposito di memorie, documenti e la definitiva indicazione delle istanze istruttorie». Nelle segrete stanze del Tnas all’Olimpico, forse nessuno ieri è arrivato a nominare mai il nome di Conte. Più che altro “schermaglie procedurali tecniche”, un briefing giuridico durato neanche mezzora. Il tempo di tornare ad incrociare gli occhi con l’altra parte, appurare che i margini di trattativa per la conciliazione restano ridotti al lumicino e soprattutto “calendarizzare” una nuova data dalla quale partorirà il definitivo lodo per il tecnico. Il primo appuntamento al Tnas, per il ricorso contro l’omessa denuncia di AlbinoLeffe-Siena, si consuma dunque in un batter di ciglio: tutto rimandato al prossimo 2 ottobre, nel frattempo le parti (25 settembre Conte, 1 ottobre Figc) dovranno notificare al collegio le nuove memorie. Un tecnicismo che gli avvocati Giulia Bongiorno , Luigi Chiappero e Antonio De Rensis , e quelli della Figc, Luigi Medugno e Letizia Mazzarelli , avevano messo in programma: «C’è stato uno scambio di documenti - dice la Bongiorno - che ancora non era stato notificato. Il 2 si chiude tutto, il 2 saprete tutto perché si chiude tutto il 2». Ne è convinta, tanto che la strada del ricorso al Tnas prende la via definitiva del lodo. Sebbene tecnicamente l’ipotesi della sospensiva resta in piedi: «La richiesta cautelare sarà decisa unitamente al merito perché tutto sarà assolutamente rapido». Appunto, se tutto sarà “rapido”, verrebbe meno la necessità della sospensiva. Tra il 3-4 ottobre Conte saprà: spera nel proscioglimento, non disdegnerebbe lo sconto. Con 4-5 mesi tornerebbe in panchina tra dicembre e gennaio. In sostanza ieri i suoi avvocati hanno confermato la richiesta di istanze al fine di ottenere audizioni testimoniali da parte di teste giurati: «Il presidente - ha sottolineato la Bongiorno - ci ha invitati, assolutamente entro il 2 ottobre, a individuare eventuali testi che vogliamo sentire, perché non è detto che ciò che abbiamo chiesto sarà ribadito». Per la sospensiva, tutti fanno notare che già con l’accoglimento del ricorso d’urgenza i termini si sono ridotti a un terzo. L’unico nodo che potrebbe far slittare l’udienza addirittura oltre il 7 ottobre Tnas (primo termine fissato da De Roberto), sta nelle mani del collegio giudicante, che in quel caso dovrebbe accogliere le istanze e stabilire un calendario di audizioni di testimoni. Alcune di queste testimonianze sono contenute già nel ricorso di Conte, e molte di queste rischiano di essere inutili. La testimonianza di Mastronunzio , per esempio, difficilmente potrà servire visto che è già in allegato una sua intervista, in cui scredita la tesi della Corte di Giustizia, secondo cui Conte lo avrebbe messo fuori rosa dopo il suo rifiuto a favorire l’AlbinoLeffe. I fatti li conosciamo, secondo Carobbio “Mastronunzio avrebbe accettato la combine solo con pari trattamento da riservare all’Ascoli”, squadra in cui “la vipera” aveva militato in passato. Ma Mastronunzio sostiene esattamente il contrario e stando alla difesa del tecnico, chiuse il campionato in quel momento perché infortunato. A dimostrarlo, ci sarebbero i certificati firmati dal medico sociale del Siena. Per questo, difficilmente dovrebbe essere accolta la richiesta di audizione dello stesso medico, visto che per lui parlerà la sua firma. Su questo punto i tre legali di Conte si dicono sicuri che ci sarà vera battaglia, perché togliendo Mastronunzio crollerebbe il castello dell’aggravante simil-illecito e si passerebbe a discutere sulla base di una semplice omessa denuncia (6 mesi). Eppure su questo tasto la Figc si sente in una botte di ferro: «Si parla di omessa denuncia non di illecito, Mastronunzio non sposterebbe nulla». Comunque, venissero accolte le richieste istruttorie, l’avvocato Medugno si lascia aperta la strada di audizioni pro-Figc: «Certamente, perché se si dovesse aprire ad una innovazione dell’istruttoria dibattimentale, essa dovrà essere fatta a tutto campo».

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PROVE DI DIALOGO

Tra difesa e Figc

non è più guerra

Intanto Mauri ha deciso di parlare con i pm svizzeri,

ma la madre tace con la procura di Cremona

di SIMONE DI STEFANO (TUTTOSPORT 22-09-2012)

ROMA. «Ora arriviamo al terzo grado di giudizio, di questa vicenda non mi è piaciuto niente». Era la risposta di Antonio Conte nella conferenza fiume di Vinovo, a chi gli chiedeva se credesse ancora nella giustizia sportiva. Era il 23 agosto, sembrano anni luce. Ieri Conte non c’era al Tnas, «forse ci sarà il 2 ottobre», apre Giulia Bongiorno , anche se quel giorno è in programma la sfida Champions contro lo Shakhtar. Ha preferito restare a Vinovo, mentre i suoi avvocati iniziavano a tastare con mano la nuova atmosfera, spuria di procuratori e giudici federali, che ieri sembrava più distesa. Qui si è al Tnas, e la Figc è solo una delle parti in causa. Bongiorno, Chiappero , De Rensis da un lato, Medugno e Mazzarelli dall’altro. All’uscita parlano fianco al fianco: «Se vedete alla mia destra - fa osservare la legale di Conte ai cronisti - c’è una procura che sorride, c’è fairplay, un clima disteso, non dovete immaginare che ci sono persone che si azzannano». Prove di dialogo allora. Si sono annusati da buoni mammiferi, indecisi su chi dovesse fare il primo passo. Concilia? No, grazie. Troppo distanti le parti. Era nell’aria, ci hanno provato. Medugno svaga: «Conciliazione? Presupposti? Non è questione che può essere affrontata ora. Verificheremo, ma non...». Siamo a quello che potrebbe definirsi un muro contro muro, ma con “fairplay”, appunto. «Ci sono solo giuristi che cercano di trovare dei confronti. Noi riteniamo una cosa, purtroppo la procura federale l’opposto». Ed è curioso che nella testa della Divin Giulia resti fisso a mente il volto di Palazzi . Uno shock, altrimenti inspiegabile, perché confonde l’avvocato Figc con il pm federale. Tanto che a microfoni spenti lo stesso Medugno precisa: “Attenzione, l’avvocato Bongiorno mi chiama ‘procura’, ma io sono la Figc”. Su Conte la distanza c’è e resterà, perché la difesa pretende il proscioglimento, la federazione non molla un centimetro. Ne riparleranno il 2 ottobre, ma sull’ipotesi di conciliazione anche gli avvocati di Conte sembrano tutti pessimisti.

CREMONA Stefano Mauri ha deciso di parlare, ma lo farà direttamente con i pm elvetici, gli stessi che lo indagano per riciclaggio su un conto cifrato in Svizzera intestato ai suoi genitori. La decisione sarebbe frutto di un incontro che si è tenuto in giornata tra i legali dello stesso calciatore. Nel frattempo, ieri doveva essere ascoltata presso il tribunale di Cremona come testimone, la mamma del brianzolo. La sua audizione si è tenuta davanti alla Guardia di Finanza, ma la mamma di Mauri ha preferito avvalersi della facoltà di non rispondere. Lo stesso giorno, è tornato a Cremona Marco Paoloni . L’ex portiere della Cremonese arrestato nel giugno 2011 e anch’esso finito nella querelle di Mister X, ha riferito di non sapere per «quale motivo mi hanno chiamato». «Dopo un anno sono tornato una persona normale» ha detto Paoloni a chi gli chiedeva se fosse guarito dal gioco compulsivo. I pm svizzeri si sono incuriositi sul suo caso a seguito di una sua intervista sul calcioscommesse a una tv svizzera.

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Still much to love but few people to care

by OLIVER KAY (THE TIMES 22-09-2012)

There is a new fanzine doing the rounds called Stand Against Modern Football. In particular it is a stand against the way that the fabric of the game is being frayed by rampant commercialism, soaring ticket prices and this constant pursuit of revenue as an end in itself — perhaps to alleviate the debts used to prop up the ownership of a club who are now registered to the Cayman Islands or another such tax haven — rather than a means of pursuing glory.

Modern football? There is much to admire when it is set against the supposed “good old days”, particularly when the recent findings of the Hillsborough Independent Panel serve as a sharp reminder of the disregard and contempt in which supporters were held in the 1970s and 1980s.

Football was affordable back then, but the human cost that was paid to watch matches in that climate and those conditions was appalling. Scandalous, in fact.

These days the scandal is about ticket prices, player wages, treachery and exploitation by people who know little about football and care even less.

From all of the above come feelings of detachment and a diminished sense of community, which might perhaps be one reason why football, in the post-hooliganism era, finds itself blighted instead by mindless chants that reflect a world in which no abuse is off-limits just so long as you have a cordon of stewards or a username to hide behind.

Racist abuse on the pitch; racist abuse from the terraces; players refusing to shake hands; players spending millions of pounds to hire the best legal representation in an attempt to clear their name; supporters chanting about death and tragedy; supporters chanting about social class, wealth and stadium size; players feigning injury to win a free kick or get an opponent sent off; managers bullying referees; managers refusing to shake hands; managers defending the indefensible; managers refusing to engage with the media; and, yes, the media at times pouring oil on fires that would be better off doused — it all seems to come down to the way that greed has, in various ways, eroded that sense of fellowship.

This is not a post-Olympics rant about a game cast in an unflattering light by the radiant glow from London 2012. When we go to football matches, we expect — and, in many cases, even hope for — a more raw, less wholesome atmosphere on and off the pitch.

When Sir Alex Ferguson suggested yesterday that the atmosphere at Anfield tomorrow should be respectful but not so sanitised as to be unrecognisable, many of us nodded in agreement.

But it goes beyond whether Luis Suárez and Patrice Evra shake hands tomorrow and whether the supporters of Liverpool and Manchester United can get behind their team without mocking the victims of the Munich air disaster or the Hillsborough tragedy.

It goes beyond whatever the FA’s three-man independent commission might dredge up next week in their hearing into whether John Terry was guilty of improper conduct — it does not necessarily have to amount to “racial abuse” — in what he said to Anton Ferdinand in a toxic match at Loftus Road last October.

It keeps coming back to too few of those in positions of power in football seeming to care for the values that sport used to hold dear. Fifa, world football’s governing body, has been a sick joke for years, ignorant of the type of cheating that is considered “part of the game”, tolerant for far too long of corruption, dismissive of the interests of supporters and neglectful of international football, which is in danger of being totally consumed by the gluttonous club game.

Who is proposed as the antidote to a Fifa regime that has lost its way under Sepp Blatter’s interminable presidency? Michel Platini, who was one of those who voted for the 2022 World Cup to be held in Qatar, a small desert nation whose 50C heat was described by Fifa’s inspectors, in their evaluation report, as “a potential health risk for players, officials, the Fifa family and spectators”.

There could be no better illustration of modern football’s warped priorities and poor leadership than the failure to address the issue of whether Qatar 2022 should take place in summer, with air-conditioned stadiums, in winter, with the football calendar thrown into turmoil, or whether, say, it might be in everyone’s interests to rethink the whole thing.

There is a lot to dislike about modern football. So much, in fact, that the aforementioned fanzine will never be short of inspiration for material. There is still, despite this, an awful lot to love, whether it is goals suchas the one that Oscar scored for Chelsea on Wednesday or the kind of heartwarming tribute paid to the Hillsborough victims and campaigners by Everton and their supporters on Monday. That, at Goodison Park, was a reminder of the sense of community that is so rarely seen in modern football. Without it, the beautiful game is pock-marked.

Just imagine how appealing it would be if, on the pitch, on the terraces and in the corridors of power, it managed to clean up its act.

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Salta Cagliari-Roma

Il Prefetto blocca tutto

dopo l'affondo di Cellino

Il presidente aveva violato le porte chiuse: «Venite a Is Arenas»

Le autorità hanno deciso il rinvio per motivi di ordine pubblico

di FRANCESCO VELLUZZI (GaSport 23-09-2012)

Finisce male. Malissimo. Cagliari-Roma non si gioca. Prefetto e Questore all'una di notte hanno deciso di rinviarla a data da destinarsi. La soluzione più ovvia dopo l'incredibile comunicato del presidente del Cagliari Massimo Cellino che ha portato a un muro contro muro. Lotta dura tra tre contendenti: Massimo Cellino, la Prefettura e la Questura di Cagliari. Il presidente del Cagliari, dal buen ritiro di Miami, controlla e monitora la sconcertante situazione stadio. Tanto che ieri sera ha diffuso di suo pugno un comunicato sul sito del club in cui invitava i tifosi a recarsi allo stadio Is Arenas di Quartu S.Elena: «La società Cagliari Calcio, visto il perdurare della situazione che porta a non vedere più un futuro per via delle difficoltà burocratiche ed il disinteresse collettivo delle istituzioni, invita e chiede a tutti i suoi tifosi titolari di biglietto e abbonamento di recarsi allo stadio per assistere a Cagliari-Roma nel rispetto dell'ordine e della civiltà. La Cagliari calcio e i suoi ingegneri reputano, infatti, la struttura agibile e sicura. Questo atto, assolutamente pacifico, spinto dal dolore e dalla frustrazione per difendere il diritto di esistere. Viceversa è giusto prenderne atto».

Caos totale Il comunicato di Cellino ha inasprito ancor di più le autorità, in particolare il questore uscente (il 30 andrà a Milano e verrà sostituito da Massimo Bontempi) Luigi Savina e lo stesso prefetto Giovanni Balsamo che ha convocato un comitato straordinario alle 23. I due sono arrivati proprio a quell'ora in prefettura. La polizia aveva già pensato a rafforzare le misure di sicurezza con più di 200 uomini, ma non aveva considerato l'ultima trovata del dirigente rossoblù che in città trova tante sponde tra potenti, alcuni politici e la tifoseria più rumorosa, quella degli Sconvolts. Proprio questa è una strategia importante, usata dalla mattinata di ieri con l'aiuto del sindaco di Quartu Mauro Contini che da maggio ha sognato di portare la Serie A, il Cagliari nella sua città per aumentare consensi. L'idea è quella di agire sul cuore dei tifosi, portandoli, innanzitutto, fuori dallo stadio a protestare per far capire a chi di dovere che è meglio buttarli dentro che lasciarli fuori. L'estremo assalto per riuscire a far aprire, almeno agli abbonati (circa 4 mila), è, però, fallito. Perché la polizia ha intuito il pericolo e, d'accordo col prefetto, che, finora, era stato decisamente vicino al Cagliari, ha ribadito le porte chiuse. La Lega calcio ha giudicato la nota «incomprensibile e ingiustificabile», di sicuro ci saranno conseguenze per i il Cagliari e per Cellino dal punto di vista disciplinare. E' un fatto senza precedenti ma la nota di ieri può configurarsi come la causa scatenante del rinvio di un match prefissato facendo scattare lo 0-3 a tavolino. Senza dimenticare le eventuale violazione delle norme sulla prevenzione dei fatti violenti che può portare anche penalizzazioni in classifica.

Inagibilità Critica è dir poco: Mancano tribuna e sala stampa, mancano le documentazioni sulle tribune, i calcoli statici sui parapetti, verifiche sui gradoni in legno lamellare e sulla struttura del maxi schermo. Soprattutto non sono stati prodotti decine di elaborati richiesti per la main stand, gli impianti elettrici, il pronto soccorso, le misure antincendio. E in più c'è la preoccupazione di tutte le forze di polizia (Siap in primis) per ciò che può avvenire all'esterno dell'impianto di Is Arenas. Per fortuna i tifosi della Roma (che non hanno ottimi rapporti con quelli rossoblù) si sono astenuti dalla trasferta in terra sarda. Altrimenti il rischio sarebbe stato doppio. Ieri sera lo staff giallorosso in hotel era sconcertato. Ma, dopo una lunga cena, quasi un'ora, qualche dirigente ha capito: «Qua va a finire che ci rimette la partita e non si gioca». Fiuto di chi ha esperienza nel mare in tempesta. Ora la tempesta si abbatte su Cagliari, sul Cagliari, sempre più solo, e su una squadra sconvolta che non merita una situazione così.

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il retroscena

Lega: «Senza giustificazioni»

Si era aperto uno spiraglio per il Pescara

di MARCO IARIA (GaSport 23-09-2012)

In questa commedia dell'assurdo indegna di uno spettacolo, quello della Serie A, che attrae 10 milioni di persone e muove 1,6 miliardi di euro, cominciava a intravedersi una via d'uscita. L'Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive aveva inserito all'ordine del giorno della riunione di mercoledì un punto sul caso-Cagliari, e in particolare sulla possibile apertura agli abbonati di uno o più settori, quelli già in linea con le norme sulla sicurezza: porte parzialmente aperte, quindi, per la partita di domenica prossima col Pescara. Visto il perdurante muro d'incomunicabilità tra Cellino e le autorità locali, la Lega («incomprensibile e ingiustificabile la nota del club») si era attivata col Viminale, esercitando finalmente quel ruolo politico di cui si sente troppo spesso la mancanza. Il rischio, tuttavia, è che il Cagliari, col comunicato-choc di ieri, abbia rovinato tutto. Resta il danno d'immagine per tutto il movimento calcistico, e quel senso di disorientamento tra i tifosi, causato dall'incertezza sulla sede di gioco e le modalità di accesso, che si è protratta per troppe settimane. Qui la Lega ha sbagliato: avrebbe dovuto imporre Trieste (la sede designata dalla società sarda al momento dell'iscrizione al campionato, ma perché così lontano?) finché i lavori a Is Arenas non fossero stati completati. «Volevamo favorire il ritorno a casa del Cagliari con un'apertura graduale dell'impianto», la giustificazione di via Rosellini. Intento nobile, ma ne è venuto fuori un pasticcio.

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laVergogna di ANDREA SCHIANCHI (GaSport 23-09-2012)

L'INACCETTABILE SFIDA AL PREFETTO

IL CAGLIARI DI CELLINO CONTRO LA LEGGE

Siamo proprio all'ultimo stadio: più in basso non si può sprofondare. Il prefetto di Cagliari ordina che Cagliari-Roma si giochi a porte chiuse, poiché il nuovo impianto di Is Arenas non è considerato agibile e non esistono le necessarie condizioni di sicurezza per il pubblico. E che cosa succede? Il presidente del Cagliari, Massimo Cellino, con un comunicato sul sito del club, «invita e chiede a tutti i suoi tifosi, titolari di biglietto e abbonamento, di recarsi allo stadio per assistere alla partita Cagliari-Roma nel rispetto dell'ordine e della civiltà. La Società Cagliari Calcio e i suoi ingegneri reputano infatti la struttura agibile e sicura». Parole che sanciscono un pericoloso scivolamento: dalla rissa da pollaio (così, fino a ieri, poteva definirsi la querelle tra Cellino e le istituzioni) siamo all'istigazione a delinquere. Proprio così, perché l'ordine di un Prefetto, in quanto rappresentante dello Stato sul territorio e diretto dipendente del Ministero dell'Interno, è legge: lo si può contestare, ma non lo si può violare, a meno che non si voglia incorrere in guai giudiziari. Tutto ciò al netto di una situazione, quella del nuovo stadio di Cagliari, che ha qualcosa di grottesco. Anche la Lega Calcio, che ha comunque condannato le parole di Cellino, ha le sue responsabilità nell'aver assistito, e non partecipato, a questa sceneggiata. Il fatto grave è che un presidente, pur frustrato per il progetto ancora bloccato, invochi un'adunata contro la decisione di un rappresentante dello Stato. Ma con quale coraggio Cellino si assume la responsabilità di convocare il pubblico in un impianto non a norma? Non siamo nella Repubblica delle Banane, gli ordini dei prefetti si rispettano. La decisione arrivata nella notte ha il sapore di un compromesso molto italiano: non si potevano rischiare scontri tra i tifosi, aizzati da Cellino, e le forze dell'ordine.

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CALCIO SOTTO INCHIESTA

Scommesse e riciclaggio: due le piste aperte

Sentiti Carobbio, Gritti e Gervasoni dal pm svizzero che indaga sui soldi in nero. Atteso Ilievski

di FRANCESCO CENITI (GaSport 23-09-2012)

Le combine, dopo fondi neri e riciclaggio. È terminata ieri, con gli interrogatori di Gritti, Carobbio e Gervasoni, la trasferta italiana del pm svizzero Elena Catenazzi alle prese con l'inchiesta che coinvolge il laziale Stefano Mauri (indagato), nel mirino per un conto sospetto intestato ai genitori sul quale nel 2010 sono stati depositati soldi di dubbia provenienza (almeno 350 mila euro). L'inchiesta partita da Berna è approdata a Cremona: facile intuire la correlazione tra le ipotesi di riciclaggio e i presunti guadagni frutto del calcioscommesse. In realtà gli inquirenti elvetici dopo aver messo il naso nelle carte italiane, potrebbero raddoppiare gli sforzi. Da una parte scoprire se c'è del «nero» nel fiume di denaro che circola tra le squadre professionistiche quando si tratta di pagare stipendi ai calciatori e provvigioni ai procuratori; dall'altra la pista più «canonica» che conduce alle scommesse illegali. Nel primo caso vanno inquadrati l'interrogatorio che Mauri avrà a Berna entro poche settimane e la richiesta avanzata dal pm Catenazzi di spulciare gli atti del collega Nocerino, titolare di un'inchiesta analoga a Milano dove è indagato per riciclaggio anche il laziale Zauri (e di mezzo c'è sempre un conto svizzero con soldi sospetti); nel secondo il dubbio degli investigatori è che il virus delle combine abbia invaso da tempo anche il campionato elvetico. Su questo aspetto si sono concentrati gli interrogatori di ieri.

Passi avanti La giornata è stata considerata «proficua» dai magistrati. Il portiere Gritti, ad esempio, ha parlato di nuove combine (già nel mirino della Fifa) e spiegato il ruolo di Ilievski e Gegic. Qualcosina hanno raccontato anche Gervasoni e Carobbio. I due grandi pentiti del calcioscommesse non hanno invece rilasciato dichiarazioni sulle vicende italiane. Carobbio, il grande accusatore di Conte, si è limitato a dire: «Non è il momento giusto per parlare». Entrambi sono solo testimoni in questa inchiesta. In settimana non sono escluse altre novità: la più sorprendente potrebbe essere l'arrivo a Cremona di un latitante. Non l'annunciato Gegic, ma il numero uno degli «Zingari»: Ilievski.

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Calcioscommesse Interrogato anche Gervasoni

Lo sfogo di Carobbio:

«Voi giornalisti date

troppo credito a Conte»

di GABRIELE MORONI (Quotidiano Sportivo 23-09-2012)

«VOI DATE CREDITO a tutto quello che dice Conte». Filippo Carobbio riserva ai giornalisti che sono riusciti a raggiungerlo all’uscita dal tribunale di Cremona uno sfogo. Il grande accusatore dell’allenatore della Juventus (al tempo “mister” del Siena) si congeda con un «Parlerò quando sarà il momento». Carlo Gervasoni, fluviale pentito che ha segnato l’inchiesta sul calcioscommesse, la mette invece sul personale accomiatandosi dagli inquirenti (il pm svizzero Elena Catenazzi e il gip di Cremona Guido Salvini): «Ho trent’anni. Sto cercando lavoro», mentre riserva ai cronisti un cortese quanto laconico «Arrivederci e grazie» prima di salire in auto con i suoi legali.

SI PARLA DI PARTITE truccate anche nella linda patria di Guglielmo Tell e del cioccolato. La Fifa ha segnalato due gare manipolate nel campionato svizzero e le segnalazioni sono confluite in un voluminoso dossier, impressionante radiografia del calcio malato, dai finanziatori di Singapore all’Italia e alla Svizzera, dalla Finlandia all’Egitto e alla Siria, fino a varcare l’Oceano e approdare in Colombia. Per questo il magistrato della Procura federale di Berna che ha eseguito la rogatoria con Cremona ascolta come testimoni i calciatori italiani che hanno interagito con gli scommettitori del gruppo degli “zingari”. Ma né Carobbio né Gervasoni hanno mai sentito parlare di combine nella Confederazione.

PIÙ ELOQUENTE Matteo Gritti, ex portiere del Bellinzona e dell’AlbinoLeffe, arrestato il 28 maggio nell’ultima tranche dell’inchiesta. Non solo conferma ma arricchisce di nuovi particolari il racconto fatto, in lacrime, qualche mese fa al gip Salvini. Gli “zingari” erano fortemente intenzionati a operare anche in Svizzera. Era stato Almir Gegic, all’epoca giocatore del Chiasso, a presentare a Gritti il macedone Hristiyan Ilievski (tuttora latitante, ma si sussurra di una sua possibile decisione di costituirsi a breve». A sua volta Gritti gli aveva fatto conoscere Filippo Carobbio, suo compagno di squadra nell’AlbinoLeffe, e Carlo Gervasoni che si erano subito mostrati molto attivi nell’organizzazione delle scommesse. Ilievski era deciso a esportare il modello italiano in Svizzera. Tanto deciso da minacciare Gritti e Marco Ragini, all’epoca preparatore dei portieri della squadra ticinese, nel caso che non avessero collaborato: «Se non ci aiutate vi spariamo alle gambe».

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SCOMMESSE

Carobbio sfida Conte

«Tra poco parlerò io»

di CLAUDIA GUASCO (Il Messaggero 23-09-2012)

CREMONA - «Voi date credito solo a quello che dice Conte, parlerò quando sarà il momento». Promessa di Filippo Carobbio, uno dei pentiti del calcioscommesse, che nella sua deposizione davanti al procuratore federale Palazzi è diventato il grande accusatore dell’allenatore della Juventus. Ieri Carobbio si è presentato in procura a Cremona, per essere ascoltato dalla pm di Berna Elena Catenazzi nell’ambito dell’inchiesta sul riciclaggio di denaro proveniente dalle scommesse sui match truccati. Ma il confronto con Antonio Conte davanti ai giudici sportivi ha lasciato parecchia ruggine e il calciatore, che con le sue dichiarazioni in merito alle presunte combine di Novara-Siena e AlbinoLeffe-Siena è stato determinante nella squalifica di 10 mesi inflitta in primo grado al tecnico bianconero, annuncia nuove dichiarazioni.

Ieri intanto sono stati ascoltati dal magistrato elvetico anche Carlo Gervasoni e Matteo Gritti, il portiere del Bellinzona agganciato dagli zingari ed entrato in contatto con l’ex difensore del Piacenza e con Carobbio. A rendere necessario questo nuovo giro di audizioni è stata la denuncia da parte della Fifa di due partite combinate nel campionato svizzero, inserite in un rapporto della federazione internazionale definito da fonti investigative come «molto articolato».

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CALCIOSCOMMESSE: L’INCHIESTA DI CREMONA

Carobbio: Presto parlerò anch’io...

Il pentito esclude di conoscere nuove combine svizzere poi si sfoga contro chi lo accusa

Ilievski ora sarebbe pronto a consegnarsi alla giustizia. A breve fissata l’audizione di Mauri in Svizzera

di ANDREA RAMAZZOTTI (CorSport 23-09-2012)

CREMONA - Gli argomenti del giorno sono il campionato svizzero e le possibili "contaminazioni" del calcio scommesse nel torneo elvetico (2 le gare segnalate dalla Fifa; gli inquirenti si sono mossi subito), ma il pensiero più ricorrente è sempre quello legato ai fatti di casa nostra, con i veleni che la vicenda ormai da mesi si porta dietro. E allora in un tranquillo pomeriggio di inizio autunno può anche succedere che Filippo Carobbio, uno dei pentiti chiave sul quale la giustizia ordinaria e la Figc hanno costruito l'impalcatura accusatoria, prima neghi qualsiasi conoscenza su incontri truccati in Svizzera, ma poi utilizzi i pochi secondi nei quali incrocia i giornalisti per mandare un messaggio ad Antonio Conte, il suo grande nemico.

CONTE NEL MIRINO - Ormai è noto che tra i due non corra buon sangue. Dopo i ripetuti attacchi in aula dei suoi avvocati, Conte lo ha confermato in conferenza stampa il 23 agosto: « Uno che si è venduto le partite - tuonò - è ritenuto più credibile di me. Carobbio per la Procura è Pippo: sono pappa e ciccia... Più che un pentito, Carobbio è un aggiustatore di presunta giustizia» . Parole dure nei confronti di colui che lo ha fatto squalificare per 10 mesi avendolo tirato in ballo per Novara-Siena (omessa denuncia, poi "smontata" dalle altre testimonianze e da una contraddizione nelle deposizioni di Carobbio) e per Albinoleffe-Siena (seconda omessa denuncia che invece ha retto di fronte ai primi 2 gradi della giustizia sportiva). L'ex centrocampista di Albinoleffe, Siena e Spezia in questo periodo ha ascoltato le parole di Conte senza replicare, ma è evidente che la fiamma sotto la cenere non si sia spenta. E così, dopo aver dribblato il primo assalto dei giornalisti anche grazie alla sponda dei suoi legali, non ha resistito alla tentazione di indirizzare il suo messaggio prima di salire nella macchina che lo ha riportato a casa, al termine di un'audizione durata appena un'ora. «Voi date credito solo a quello che dice Conte, ma quando sarà il momento parlerò anch'io...» ha affermato. Di fronte ai magistrati e agli 007 federali ha già detto molto. Il prossimo passo sarà probabilmente quello di puntualizzare con l'opinione pubblica quello che pensa del suo ex allenatore.

SORPRESA ILIEVSKI - Per rogatoria come Carobbio il pm di Berna, Elena Catenazzi, ieri ha ascoltato anche Gritti e Gervasoni. Il primo avrebbe fatto qualche aggiunta sulle pressioni e sulle minacce ricevute da Ilievski per truccare incontri in Svizzera, negando però di esseri prestato. Il secondo invece avrebbe escluso partecipazioni ad attività illecite oltre confine e agli inquirenti a fine colloquio con un filo di malinconia avrebbe ammesso: «Ho trent'anni e sto cercando lavoro... ». Il gip Salvini ha annotato tutto e, in attesa che Gegic si costituisca (l'iniziativa della giustizia elvetica pare aver spinto il boss a desistere nuovamente dai suoi propositi di tornare in Italia), nei prossimi giorni potrebbe esserci una clamorosa novità legata a Ilievski che pare abbia manifestato la volontà di consegnarsi alla giustizia. Sarà vero? A giorni verrà infine fissato l'interrogatorio in Svizzera di Mauri, che ieri ha parlato a lungo con i suoi legali facendo il punto della situazione. Il capitano della Lazio, più che per la vicenda legata al calcioscommesse ( infatti non coincidono le date dei bonifici con le partite contestate), deve rispondere per un sospetto reato di riciclaggio: 350mila euro depositati in un conto elvetico intestato alla madre. Che s’è avvalsa della facoltà di non rispondere.

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OCCHIO AL CAMPIONATO

Il triangolo no,

non ci aveva preventivato...

di MARO BIANCHINI (Il Romanista 23-09-2012)

Il "triangolo" dell’arroganza che per anni si è spartito il bottino con equanime cadenza, attingendo con mani non sempre pulite al campionato di calcio, sta perdendo miseramente i pezzi. Sembrava inattaccabile la roccaforte del calcio nordista, ritenuta superba università del football di campo e distile. L’indecorosa caduta in serie B della vecchia madama iuventina, che per di più generò squallide contese di scudetti fasulli con la società di Moratti, aggiunti alle ombre di Calciopoli che non risparmiarono neppure l’altro compare milanista, avrebbero dovuto già da tempo indurre i cortigiani travestiti da elettricisti a spegnere le luci della ribalta. Invece i soliti valletti hanno pensato bene di difendere il “posto” di lavoro. Si è andati avanti con successi non sempre limpidi, costruiti sul “condizionamento psicologico” che non è una favola, e sul contributo di mecenati dotati di borse pingui, ma costretti successivamente a stringere i cordoni quando la montagna di debiti ha rischiato di sommergerli. Pur di pararsi le membra, hanno venduto fior di campioni contando su resurrezioni immediate nel clima congeniale del consueto lei non sa chi sono io. Hanno pensato: basterà il“bau-bau” a far rispettare la nostra“storia”. Fanno quasi tenerezza.

Come primo peso dallo stomaco, seppur non in ordine d’importanza, vorrei togliermi un interrogativo che pochi si sono posti: perché Guberti è stato squalificato tre anni per un identico reato commesso da un compagno che invece gioca in Champions? Rischieremmo l’angolo dei “maliziosi” chiamando ancora in causa il puntuale “la sudditanza psicologica”, esplosa sotto traccia per tacitare i detrattori della Giustizia sportiva? Sono vietate le code di paglia che invece sono del tutto assenti nel “cortile” del Milan dove le “comari” litigano alla luce del sole. Adriano Galliani, in veste di solerte pompiere, ha detto che fra Allegri e Inzaghi c’era stato soltanto uno scambio di “battute amichevoli”. Il tutto mentre il “diavolo” sembra aver perduto corna e coda, strapazzato in Italia e all’estero. Non ce ne vogliamo gli amici di SKY, ma sta rischiando di scadere nel patetico la puntigliosa difesa del "tutto va bene" in casa Milan. Ieri sera è stato coinvolto nella discussione pure ,l’incolpevole Maurizio Compagnoni, costretto a balbettare parole imbarazzate e forse maledicendo dentro di sé a chi era venuto in mente di chiamarlo a testimone sulla vicenda. In serata, ospiti delle telecamere di SKY, Allegri e Inzaghi hanno dato vita ad una scadente farsa riconciliatoria, chiaramente ordinata dal “Padrone”, denunciando una spiccata propensione per il ruolo di improbabili attori. Cose di “triangolo” che non finiscono qui.

L’Inter sembra un naufrago in cerca disperata di una ciambella di salvataggio che non riesce ad offrirle più neppure Moratti, anch’egli in cerca di un salvagente. Non sarà sfuggita l’ultima amenità diffusa nell’etere, a conferma del clima sconcertante che si è venuto a creare intorno ai detriti dello splendore in via di decadimento. Si è detto: se l’Inter non riesce a vincere, è soltanto per colpa dell’erba di S. Siro. Sì, avete capito bene. E’ l’erba cattiva ad impedire la marcia di Stramaccioni e la sua truppa. E se arriva uno striminzito pareggio in extremis in Europa League, il campo diventa improvvisamente perfetto e i denti del presidente tornano a mostrare il loro fulgore. Ormai si accontentano di poco i nostalgici del tempo che fu. Però, a proposito del prato milanese, ci pare di ricordare che appena due settimane fa sulla stessa erba, la Roma abbia impartito una lezione di calcio ai poveri interisti, vittime dei “giardinieri”. E allora come la mettiamo? Semplice. In estrema sintesi, nella roccaforte di un potere che non c’è più, sarebbe saggio cominciare a rendersi conto che il sole di Roma e il mare di Napoli si apprestano a fare giustizia delle “marachelle” fin’ora rimaste nascoste nelle tristi nebbie del “triangolo” di antica memoria.

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Per la serie: quando scrive un tifoso e non un giornalista.

Costui dimentica che la Juve ha pagato, e duramente pure, mentre alcuni sono stati colpiti con un buffetto ed altri ancora ne sono usciti miracolosamente indenni. Dimentica con troppa disinvoltura i favoritismi di carattere politico cui ha goduto la squadra della capitale e quella sotto il Vesuvio. Non parli di triangolo, lasci fuori i bianconeri, semmai dei dicotomi milanesi e pensi invece alla santa alleanza meridionale che si appresta ad assalire il nord con tutti i metodi leciti ed illeciti. Forse ci riuscirà a Milano non a Torino.

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Per la serie: quando scrive un tifoso e non un giornalista.

...

PAOLO BONOLIS SCRIVE PER NOI

Viva il calcio dei giardinetti!

di PAOLO BONOLIS (TUTTOSPORT 23-09-2012)

Le regole del gioco del calcio mi fanno pensare. E perciò mi chiedo: chi è lì apposta per provare a cambiarle, non lo fa perché non è capace oppure perché mutandole si toglierebbe al mondo del pallone quel fascino appeso alla logica dell’errore umano? Sarebbe bello, ma forse ingiusto se tutto diventasse troppo netto, troppo preciso? E allora continuiamo così, a interrogarci sugli errori arbitrali, fermo restando che nessun direttore di gara è così “cattivo” da cercare di penalizzare volontariamente qualcuno. Voglio continuare a coltivare questo pensiero. Anche se... Anche se non capisco come mai non si possano limitare oggettivamente gli sbagli. L’arbitro è un professionista con possibilità ridotte di errore, però converrebbe a tutti cambiare. Perché si preserverebbero la purezza dello sport e nello specifico la coerenza di una partita, negli stadi non si continuerebbero a fomentare ragionamenti che conducono alla violenza. E la visione dello sport sarebbe più serena. Come? Beh, utilizzando i mezzi tecnologici. Poi guardo la realtà dei fatti e sorrido: ma gli arbitri di porta, fissi a 90 gradi per 90 minuti, a che servono? Basterebbe un microcongegno elettronico per avere la stessa, immediata, visione di un’azione discussa.

Nel football americano, per dire, dalle panchine si getta un fazzoletto rosso in campo per chiedere un controllo tecnologico. O forse la polemica è uno dei sali del calcio? Perché l’occhio di falco nel tennis non viene adottato? Perché il tifoso può vedere tutto in pochi secondi in tv e l’arbitro, colui che dovrebbe decidere, no? Allora penso che ci sia la necessità di alimentare un mercato ulteriore, il mercato “satellitare” della polemica, uno dei sapori connaturati a questo sport. Di più: la polemica diventa più importante dello sport. Altra regola che non comprendo: perché per partecipare a Champions ed Europa League è necessario stilare le liste Uefa? Lo capirei se si trattasse di un Mondiale, che dura tre settimane. Ma perché in competizioni così lunghe io devo rinunciare a convocare 5.000 giocatori che pago regolarmente? Se invece di 22 calciatori ne ho 28 a disposizione, cosa cambia? E vogliamo parlare della valutazione economica dei giocatori come dipendenti, con una tassazione differente dalle altre categorie?Ho la sensazione che il calcio sia un mondo talmente a parte che può permettersi di “ricattare” qualunque tipo di giustizia: una valvola di sfogo che in una società non puoi togliere, una sorta di gigantesca droga collettiva, altrimenti dove andremo a finire? Perché adoperarsi perché il calcio sia più geometricamente confezionato? Quanti punti interrogativi, peccato che non diventino mai punti esclamativi. Ah, dimenticavo: la bellezza del calcio è rimontare o difendere un gol. E Blatter, qualche anno fa, cosa partorì? Il golden gol, o il silver gol: una vera cavolata di dimensioni bibliche. Così Italia-Germania non sarebbe mai esistita. Ma manco ai giardinetti, dove i ragazzini urlano: “Chi segna prima, vince!”. Sì, meglio il calcio dei giardinetti: lì gli arbitri di porta non li fanno entrare...

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Bloooog! di FABRIZIO BOCCA (Repubblica.it 23-09-2012)

A Cellino e al Cagliari si doveva dare l’alt, ora servono misure durissime.

E buttiamo via quella legge sugli stadi

La vicenda dello stadio di Cagliari – riassunto brevissimo: decisione del Cagliari in contenzioso col Comune di abbandonare l’inverecondo, decadente ma storico Sant’Elia, trasferimento provvisorio lo scorso anno dietro l’angolo a Trieste (!!!), altro trasferimento in questa stagione allo stadio Is Arenas sfrattando il Sant’Elena Quartu, prima partita con l’Atalanta a porte chiuse causa inagibilità e problemi di sicurezza, seconda partita con la Roma pure a porte chiuse per gli stessi problemi ma avendo il presidente Cellino follemente invocato i tifosi di presentarsi ugualmente allo stadio il prefetto ha giustamente deciso in extremis e nella notte per il rinvio – ha tutto sommato un suo risvolto positivo. E’ un punto di non ritorno, il colmo del ridicolo del calcio italiano, una pessima figura internazionale (posto che ormai freghi qualcosa a qualcuno). Si spera che da qui si faccia piazza pulita e si riparta. Si spera che porti finalmente non a una seria e responsabile discussione sulle condizioni e lo stato decadente degli stadi italiani (sono anni che ne parliamo e non avendo concluso nulla, dubito) quanto finalmente a soluzioni concrete e operative, che cambino finalmente questo panorama sconcertante. Soluzioni che dovrebbero essere draconiane e implacabili. Penso che se si scrivesse una norma che dicesse “chi vuol partecipare al campionato di serie A deve avere uno stadio decente e rispondente alle seguenti inderogabili (e non “inderogabili” all’italiana…) condizioni. Altrimenti aria, scendi, vai in serie B, C, D, dilettanti e così via” gli stadi spunterebbero come funghi.

Soprattutto bisognerebbe cancellare, distruggere e dimenticare la famigerata legge sugli stadi, la vera tomba di tutte le ambizioni del calcio italiano. Pur essendo nata con le migliori intenzioni, non ha fatto altro che peggiorare la situazione, l’intero calcio si è fermato ad aspettare, sperando di colare cemento per campi e tribune. Ma anche per palazzine e supermercati. La legge non lo prevede, ma il calcio è rimasto con la bava alla bocca ad aspettare, senza più muovere un’unghia né tirar fuori un euro. Forzando continuamente la mano alle autorità pubbliche. Juventus a parte, oggettivamente, che il suo invece lo ha fatto fino in fondo.

Ovviamente questa soluzione non potrà trovarla la Lega di Serie A, che essendo formata dalla congrega degli stessi presidenti dei club non si darà mai martellate sulle parti basse come meriterebbe, né la Federcalcio che dell’ente inutile precedente è buon cavalier servente. (E per chi non lo sapesse il presidente del Cagliari Cellino rappresenta la Lega di serie A nel consiglio della Figc!) Potrebbe trovarla però un commissario, o il ministero di riferimento, o comunque qualcuno che ancora abbia a cuore il calcio. Posto che ancora ne esista qualcuno.

PS – Una soluzione seria del problema prevederebbe anche una punizione durissima del presidente Cellino per il suo comportamento irresponsabile. E non un rinvio puro e semplice della partita, ma la sconfitta a tavolino per tutte quelle partite in cui ci si è presentati con uno stadio non in condizioni idonee (Atalanta, Roma e così via), e provvedimenti opportuni per non creare disparità di trattamento. In pratica al Cagliari e a Cellino doveva essere imposto l’alt ben prima che cominciasse il campionato.

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Il bello, o il brutto della faccenda se preferite, è che viene data voce a tanti di quesi tifosi, noti al pubblico televisivo che, pur nascondendo la propria fede calcistica, riescono a condizionare alcuni cervelli. Libertà di stampa e di opinione, beh se dovessi mandare un pezzo a Tuttosport non credo lo pubblicherebbero così come è successo in passato, sono l'ultima ruota del carro, però quel giornale campa con le sovvenzioni statali ai quali, con minima percentuale, anche io contribuisco solo che a me nessuno da voce. Se lo facessero tutti? Almeno potrebbero scegliere e non affidarsi alla dietrologia dell'arbitro di porta. Ah già, dimenticavo che la Juve ha avuto 3 rigori suggeriti da questa figura. Chiedo venia.

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Il calcio europeo dalle uova d'oro

I club della Champions si dividono 910 milioni dell'Uefa, quelli dell'Europa League 209

Alle federazioni. Del giro d'affari delle due manifestazioni quasi 400 milioni destinati a piani di sviluppo e organizzazione

Marco Bellinazzo - IlSole24ore- 23-09-2012

La crisi internazionale e l'ottovolante degli spread non lambiscono il calcio europeo. Almeno non quello dorato della Champions e dell'Europa League. Le competizioni continentali fattureranno nella stagione 2012/131,5 miliardi di euro. Merito soprattutto della Champions che fra vendita centralizzata dei diritti tv e marketing vale 1,3 miliardi.

Un tesoro che la Uefa distribuirà, in modo tutt'altro che equilibrato, agli 8o club in gara. I 32 team che partecipano alla Champions si spartiranno 910 milioni (156 in più di quelli della scorsa stagione, 20,7%), mentre i 48 dell'Europa League potranno contare su un budget di 209 milioni (con un aumento rispetto ai 150 dello scorso anno, di quasi il 40%). Il resto - quasi 400 milioni- sarà destinato alle federazioni, a programmi di sviluppo per il calcio e all'Uefa per le spese organizzative.

Dei 910 milioni riversati ai club partecipanti alla Champions, 500 saranno assegnati come premi fissi in base ai risultati; 410 milioni saranno divisi secondo il "market pool", ossia ripartiti proporzionalmente agli investimenti delle tv di ogni Paese. Per esempio, le squadre italiane riceveranno di più di quelle cipriote dal market pool, la cui suddivisione viene comunicata al termine della competizione anche in base al numero di squadre per paese che vanno avanti nel torneo (per Milan e Juventus non avere compagni di viaggio italiani, in questo senso, è già un vantaggio).

Le squadre ammesse ai play off (come l'Udinese, che poi non è passata alla fase a gironi) riceveranno una somma garantita di 2,1 milioni. Le partecipanti alla fase a gironi partiranno da 8,6 milioni, ai quali andranno aggiunti i milione per ogni vittoria e 500mila euro per ogni pareggio. Le qualificate agli ottavi di finale intascheranno 3,5 milioni, quelle ai quarti 3,9. Accedere alle semifinali varrà altri 4,9 milioni. La finalista (perdente) della Champions riceverà 6,5 milioni e lavincente 10,5. Complessivamente, di soli premi fissi, la squadra campione d'Europa potrà incassare fino a37,4milioni di euro, senza contare la parte del market pool che per i Paesi può permettere di raddoppiare la cifra.

Inferiori, ma comunque interessanti, sono i premi per l'Europa League ai quali ambiscono Inter, Lazio, Napoli e Udinese. Il giro d'affari della competizione è di 225 milioni, ai quali vanno aggiunti 40 elargiti dalla Champions League. I club si divideranno 208,7 milioni: 125,2 milioni in premi collegati ai risultati e 83,5 tramite il market pool. Le 48 società ammesse alla fase ai gironi otterranno direttamente 1,3 milioni di euro. A questa cifra si sommeranno 200mila euro per ogni vittoria e 100mila euro per i pareggi. Le vincenti dei gironi intascheranno 400mila euro supplementari e le seconde 200mila. Ci saranno ulteriori 200mila euro peri sedicesimi di finale, 350mila per gli ottavi, 450mila per i quarti e un milione per le semifinali. La finalista (perdente) riceverà 2,5 milioni. la vincente 5. I1 club che vincerà il trofeo potrà ottenere fino a 9,9 milioni, oltre alla parte del market pool.

Somme notevolmente inferiori rispetto alla ex Coppa dei campioni. Questa disparità sta inducendo l'Eca (l'associazione che riunisce i più importanti club europei) e la stessa Uefa a ripensare la struttura delle due manifestazioni, per fonderle e per creare una sorta di Superlega europea di calcio, giocata dai top club. StageUp ha stimato che un torneo con le big europee potrebbe attrarre investimenti e pubblicità fino a 6 volte l'attuale Champions League, eguagliando gli introiti delle grandi Leghe americane di football e basket.

Lo scorso anno i club che hanno gareggiato in Champions ed Europa League hanno dovuto "accontentarsi" di bonus minori. Il Chelsea di Roman Abramovich che ha alzato la Coppa dalle grandi orecchie nella finale di Monaco ha guadagnato 60 milioni di euro. Un incasso che supera da solo il fatturato di due terzi delle squadre che militano in Serie A tanto per avere un termine di confronto. Più di 40 milioni a testa hanno incassato Bayern Monaco e Barcellona.

I club italiani hanno portato a casa complessivamente 104,7 milioni. La parte del leone l'hanno fatta le squadre che hanno giocato in Champions (il Milan ha incamerato 39,8 milioni, l'Inter 31,5 e il Napoli 27,7). Più magro il bottino delle squadre che hanno affrontato, non andando molto avanti, l'Europa League: l'Udinese ha ottenuto 3,1 milioni e la Lazio 2,6.

Rispetto alla serie A quote superiori di "fondi Uefa" li hanno drenati, la Premier league (i club inglesi hanno incassato 163,9 milioni), la Liga spagnola (134,7 milioni) e la Bundesliga (114 milioni). L'Italia si è piazzata quarta nella classifica per nazioni, lasciando a distanza Francia (70,4 milioni), Russia (41,4) e Turchia (31,8). Una posizione che sarà sempre più difficile difendere in futuro con il rischio di dover rinunciare a risorse indispensabili per tenere in equilibrio l'intero movimento.

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Lo studio Pwc

Qualificarsi? Monte-ingaggi da 40 milioni

Marco Bellinazzo - IlSole24ore- 23-09-2012

L'Europa del calcio non è per tutti. Ad analizzare i risultati delle ultime stagioni la componente economica pare sempre più decisiva. Soprattutto per chi ha ambizioni da Champions.

Forse, quando le norme del fair play finanziario entreranno in vigore (nel 2013/14 le prime sanzioni per i club più riottosi agli equilibri di bilancio) le cose cambieranno, ma per ora esistono barriere piuttosto alte all'ingresso nel più prestigioso torneo. Fra 2006 e 2011, come rileva uno studio della Pwc, in serie A per qualificarsi è stato necessario allestire organici da 40 milioni di euro. Solo due squadre in cinque anni sono arrivate in Europa con un budget ridotto (intorno ai 3o milioni): la Lazio ha conquistato il terzo posto nel 2006/07 spendendo in ingaggi 31 milioni e l'Udinese nel campionato 2010/11 è arrivata ai preliminari pagando 28 milioni in stipendi.

Guardando alla serie A solo sei squadre potranno tentare la scalata alla Champions: Juventus (115 milioni), Inter (100), Milan (100), Roma (99) Lazio (66) e Napoli (53). Tra queste, Juve a parte, nessuna avrebbe le carte per accedere alle semifinali. Fra 2006 e 2011 hanno raggiunto la fase cruciale di Champions club che avevano rose da 112 milioni. Mai un team con un costo del personale inferiore ai 100 milioni ha ottenuto le semifmali (era il budget dello Shalke 04 semifinalista nel 2010/11).

Tra le squadre vincitrici nelle ultime stagioni quella con l'organico più "povero" è stato il Milan nel 2007 (133 milioni). Poi, hanno conquistato la Champions nel 2008 il Manchester United (152 milioni di ingaggi), nel 2009 il Barcellona (148), nel 20101'Inter (191) e nel 2011 ancora il Barcellona (176). Nel 2012, in semifinaliste Real Madrid (216 milioni di ingaggi), Barcellona (241) e Bayern Monaco (156), sconfitto dal Chelsea (organico da 210 milioni).

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SETTE GIORNI DI CATTIVI PENSIERI

FRONTE DEL P O R C O MASCHERE INUTILI

Gianni Mura- La Repubblica - 23-09-2012

GOYA d’un mondo ladro: il sonno della Regione genera mostri, quante volte bisogna dirlo? Polverini e polveroni, e alla fine poverini: quante critiche per una festa mascherati da maiali. Maschera superflua, in molti casi. Questa storia mi ha portato due cattivi pensieri, uno più leggero uno più pesante. Il più leggero: maschere suine a parte (titoli ideali: Fronte del p***o oppure Central Pork) la Regione Lazio si è fatta pescare con le dita nella marmellata, ma non sono sicuro che altrove non siano avvenute feste con figuranti vestiti da Gianduia, Meneghino, Pantalone, Pulcinella. Alla commedia dell’arte si è sostituita l’arte della commedia. E si recita a soggetto (esente da Iva). Prendere o lasciare. Prendere sempre, lasciare mai, lisciare forse. Guarda la iella, negli stessi giorni l’Ubs, banca di un paese comunista (la Svizzera) pubblicava i dati di una ricerca triennale: a Roma si lavora a ritmi cinesi (68 ore annue in meno). Anche Milano è ai primi posti per ore di lavoro e agli ultimi per potere d’acquisto e retribuzione. Per l’esattezza ai penultimi in Europa: tra gli ingegneri solo i cechi ci salvano dall’ultimo posto e tra i maestri elementari solo i greci. Non solo queste due categorie ma quasi tutti quelli che lavorano sanno benissimo qual è il peso della retribuzione, in compenso la pressione fiscale è tra le più alte d’Europa e non sarebbe male se il ministro Fornero ci intrattenesse su questo punto. Meglio di no, non sapendo cosa dire o cosa fare o entrambe le cose c’è il rischio che si metta a piangere. Meglio passare al cattivo pensiero pesante. Mi è venuto il sospetto che il calcio italiano sia amministrato meglio dell’Italia. Ho visto Beretta (Lega) con l’aureola, ho pensato che presidenti a caso (Cellino, Zamparini, Preziosi) fossero cento volti più saggi e oculati di un qualunque assessore. Poi la realtà ha scacciato l’incubo. Non sembra che sia stata una bellissima idea quella di mandare Allegri in visita pastorale a Inzaghi. Non mi occupo di siti, miti e liti, ma mi dicono che la notizia dello scontro più o meno verbale tra i due l’abbia data il sito sportivo di Mediaset, e qualcosa vorrà pur dire. Alla commedia dell’arte, recitata sul campo degli allievi, è seguita l’arte della commedia, recitata malissimo. Un uomo con cravatta gialla, molto somigliante a Galliani, mi ha fatto pervenire un nastro con la registrazione del dialogo tra i due. Introduce la voce di Filippo Galli: «Pippo, sono latore di un messaggio. Tra poco arriverà ser Massimiliano per una visita di circostanza ». Inzaghi: «Oh quale lieta novella, che momento. Rondini in petto già volar mi sento. Rondinelle, vi prego, fate piano, che devo salutar Massimiliano». Allegri: «Ho corso più veloce di Akii Bua, la mia panchina un giorno sarà tua. Come è vero che son nato a Livorno. Or che l’ho detto, indietro più non torno ». Inzaghi: «Mi state lusingando, cavaliere. Accetto il vostro auspicio con piacere, ma conservo il mio senso del dovere. Ora sto qui, e affino il mio mestiere. Più in alto vai e da più in alto cadi. Preferisco procedere per gradi, volare basso, non avere premura. La mia riconoscenza è imperitura. Devo a voi se son già su una panchina e non in gara, lungo un’aspra china ». Allegri: «Vi auguro un futuro tutto d’oro e adesso me ne torno al mio lavoro». Coretto a due voci «ma quale rissa, ma quali spintoni, Max e Pippo son bravi, belli e buoni». Nella fretta dell’incisione, sulle musichette di chiusura si sente una voce dire qualcosa come «e vedi di non rompermi i co*****i» ma è inutile arzigogolare. Galliani ha smentito che a Inzaghi interessi sedersi al posto di Allegri. E’ verissimo, non gli interessa. Chiunque può sedersi al posto di Allegri, un calmucco, un chirghiso, un giavanese, un lettone, uno svizzero, un azero e lui non farà come la Fornero. Andrebbe bene anche un eschimese. Altre cose. Su sei partite europee il calcio italiano ne vince solo una, ma non ne perde nessuna. Si trasuda ottimismo da tutte i pari. Ma c’è poco da essere ottimisti. Aperta un’inchiesta sui cori razzisti dei tifosi laziali a Londra. A Napoli, tifosi svedesi sono stati aggrediti prima e dopo la partita, mentre mangiavano una pizza. Presi a mazzate e coltellate in piazza Borsa. «Chiamiamoli criminali e non tifosi» invita il sindaco de Magistris. Questa non è nuova, chiamiamoli come ci pare, la sostanza non cambia. Ed è singolare l’appello del sindaco: «Invito tutti i tifosi organizzati e no a isolare i criminali». In attesa che ci spieghi come fa un bravo cittadino inerme a isolare un gruppo armato, forse sarebbe meglio estendere l’invito alle forze dell’ordine, che hanno qualche mezzo in più.

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Moratti e Berlusconi, il declino di una certa Milano

La domenica calcistica, con le sconfitte di Milan e Inter, certifica la tragedia di due uomini ormai calcisticamente marginali. È la fine di un’epoca e all’orizzonte Milano non sembra offrire famiglie o personaggi in grado di raccoglierne l’eredità. E chissà se è davvero un male.

Michele Fusco - LINKIESTA -23-09-2012

La tragedia di due uomini ormai calcisticamente marginali come Massimo Moratti e Silvio Berlusconi ha la sua sintesi perfetta in una domenica di fine settembre, che si impegna plasticamente a restituircene l'inevitabile consunzione sportiva (e forse non solo). Finisce anche un'epoca tutta milanese, in cui una certa borghesia, rappresentata da una parte da una potente e antica famiglia di petrolieri e, dall'altra, dai nuovi ricchi che elessero il Cavaliere a loro portabandiera, mostra la corda di fronte alla modernità di uno sport difficile come il calcio nelle pesti economiche. Che i due ricconi non riescono più interpretare, dovendo scontare la difficoltà di reinterpretarsi poveri e sulla nuova povertà cadere pesantemente e anche nei modi ridicoli che abbiamo sotto gli occhi (ma che allenatore scegliete, che giocatori comprate, di quali dirigenti vi circondate, che progetto di “nuova” società avete?).

Ci sono altri ricchi a Milano, che possano prendersi sulle spalle un'eredità di queste proporzioni, ci sono imprenditori disposti al rischio di una pernacchia, ci sono appassionati di sport in grado di capire che bisogna ripartire dal basso, con fatica, disciplina e professionalità? Nessuno appare all'orizzonte e probabilmente nessuno ha intenzione di proporsi, per esempio, per un dopo Berlusconi, chè il paragone con il ventennio fantasmagorico dell'autorevole predecessore peserebbe troppo anche sugli animi già provati dei tifosi. Forse, un attimo più semplice, può sembrare il destino di chi sfiderà la sorte succedendo a Moratti, per una decina d'anni buoni uno dei presidenti meno avveduti del pianeta. Godrà di un bonus iniziale, ma poi l'Inter richiederà la solidità che merita.

Ma forse è proprio Milano che non ha più molto da dare, da offrire, alla società sportiva. E sono ormai al capolinea tutte quelle famiglie che un tempo pensarono al calcio come un opportuno volano di immagine, anche nel mondo degli affari. In tempo di tragedia economica, nessuno vuole più esporsi. Lo vogliamo considerare un male?

Sta di fatto che Massimo e Silvio hanno imboccato quel malinconico viale alberato che porta alla pensione.

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Per la serie: quando scrive un tifoso e non un giornalista.

Costui dimentica che la Juve ha pagato, e duramente pure, mentre alcuni sono stati colpiti con un buffetto ed altri ancora ne sono usciti miracolosamente indenni. Dimentica con troppa disinvoltura i favoritismi di carattere politico cui ha goduto la squadra della capitale e quella sotto il Vesuvio. Non parli di triangolo, lasci fuori i bianconeri, semmai dei dicotomi milanesi e pensi invece alla santa alleanza meridionale che si appresta ad assalire il nord con tutti i metodi leciti ed illeciti. Forse ci riuscirà a Milano non a Torino.

La stessa cosa succede con la rai.

Prova a scrivere a qualcuno per lamentarti dei piuttanate dette in qualche trasmissione. Non ti caga nessuno.

Io ho provato. Mi hanno risposto come devo fare a pagare il canone e neanche sanno che io l'ho pagato regolarmente sempre.

Intanto loro possono dire tutto quello che vogliono.

E non solo di calcio...

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E adesso regole chiare

e riforma dei campionati

Fuvio Bianchi - Spy calcio - repubblica.it - 23-09-2012

Massimo Cellino è a Miami: molto difficilmente si presenterà a Roma, giovedì 27 settembre, per il consiglio federale. Cellino, si sa, è uno dei tre membri della Lega di serie A nel governo del calcio. Gli altri due sono il presidente Maurizio Beretta e Claudio Lotito. Conoscendo da tanti anni Cellino, mi stupisce quello che ha fatto sabato: un atto senza precedenti, con il rischio di gravi sanzioni sportive (domani decide il giudice Tosel: quasi certo lo 0-3 a tavolino) e anche con risvolti penali (istigazione a commettere un delitto) perché il prefetto ha mandato le carte alla Procura della Repubblica. Ora indaga anche Stefano Palazzi-Sherlock Holmes: speriamo solo faccia in fretta, non c'è da scoprire molto. Cellino va incontro ad una lunga inibizione. Giovedì, come detto, il consiglio federale deve discutere (anche) di riforma dei campionati: la Lega di A all'argomento è poco interessata, sino al 2015 ha venduto il format a 20 squadre alle tv, ricavandone circa un miliardo a stagione (ma è l'ultima cuccagna...). Sono i club medio-piccoli che non vogliono scendere a 18, i club come il Cagliari. La Lega Calcio ha cercato di venire incontro al Cagliari, sperando che Is Arenas, magari a rate, potesse essere aperto: ma adesso il club sardo dovrà giocare le partire "casalinghe" a Trieste, a cominciare da quella col Pescara del 30 settembre. Come è possibile che il Cagliari giochi a Trieste? Le norme lo consentono (purtroppo), in Sardegna non esistono stadi adatti alla serie A e Is Arenas chissà mai quando, e se, sarà pronto. Prefetto e questore non rischieranno di sicuro. Queste cose possono succedere solo in Italia: figuriamoci nell'Nba, o nella Premier League. La Lega è stata bravissima nel vendere i diritti tv, anche all'estero: ma ora deve fare sentire la sua voce. In futuro bisognerà partire con regole più chiare e più severe: per evitare questi scandali. Quando Aurelio De Laurentiis non ha presentato il Napoli alla premiazione della Supercoppa (Pechino, 11 agosto), il n1. della Confindustria del calcio (Squinzi ci perdoni...), Maurizio Beretta, ha detto: "Peccato, era stata una bella partita". Peccato? Come peccato? E' stato un atto gravissimo: ma siamo tranquilli perché Palazzi ha quasi chiuso la sua inchiesta-lampo e anche De Laurentiis rischia una squalifica. Ora, il caso-Cagliari che ha sconcertato anche la stessa Lega ("superato il senso del limite, inaccettabile").

Come detto giovedì si discuterà di riforma dei campionati: la serie B vuole scendere (da 22) a 20, già deliberato da Andrea Abodi, uno dei pochi, in questo calcio, che ha coraggio e sa guardare avanti. La Lega Pro "deve" scendere a una categoria unica, con tre gironi da 20 squadre perché non può più andare avanti con fallimenti e penalizzazioni. Ma non sarà facile mettere insieme il Pisa, il Treviso e la Salernitana con il Gavorrano e il Borgo a Buggiano. Chi non ha gli stadi, non può giocare nel calcio professionistico. Il Sassuolo, primo in B, gioca sul neutro di Modena, la Pro Vercelli a Piacenza, il Lanciano a Pescara. Basta con le deroghe. Chissà se giovedì i consiglieri troveranno un accordo o i veti incrociati rimanderanno tutto, per l'ennesima volta: la riforma dei campionati, con questa crisi e questi stadi, è troppo importante. Non si può più perdere tempo. Ne va della credibilità del nostro calcio. Giancarlo Abete aspetta le elezioni delle Leghe (soprattutto quella di A) e il lavoro del commissario ad acta Giulio Napolitano sullo statuto prima di sciogliere la riserva e ricandidarsi alla Figc (si vota il 17 dicembre). Il nodo vero è a Milano: molti presidenti vorrebbero alla guida Andrea Abodi, già contattato: ma ha un (grave) difetto. E' uno che decide.

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La Deriva infinita

Maurizio Crosetti - la repubblica - 24-09-2012

Non si era mai visto un presidente ignorare la direttiva di un prefetto e dire ai suoi tifosi “chi se ne frega dell’ordine pubblico, venite lo stesso alla partita”. Ma sarebbe un errore scambiare questo inaudito episodio per la consueta mattana di Massimo Cellino. Perché non si tratta solo della bizzarria di un lunatico e un po’ arrogante padrone del pallone: è invece l’ultimo atto di un calcio in caduta libera, senza controllo, senza direzione, senza governo.

Forse, senza futuro. Il padrone del vapore che sfida le istituzioni e precipita nel ridicolo è un parente stretto di chi non si oppose, qualche mese fa, al comando degli ultras di Marassi: «Levatevi le magliette! » In fondo, Cellino è un’emanazione dello stesso sistema che l’anno scorso si mise a litigare sui calendari con il cadavere del povero Morosini ancora caldo. Anche lui, come molti suoi colleghi, pensa di essere il padreterno, e ritiene che opporsi a un rappresentante del governo sia più o meno come cacciare un allenatore. Non un caso individuale, bensì un paradigma: la vergognosa farsa di Cagliari esprime la deriva del nostro calcio, con il volto di chi rappresenta la Lega in Consiglio federale (Cellino, appunto: fino a quando?), mentre la stessa Lega non si occupa che di lucrare sempre più sul pallone, facendo soldi con le tivù: altro scopo statutario pare non esistere. E la Federcalcio, abituale convitato di pietra, apre l’ennesimo fascicolo con corollario di postuma indignazione, l’inevitabile inchiesta che prenderà polvere su qualche scrivania. Questo è lo stato dell’arte, tra stadi inesistenti e fatiscenti più o meno come certi dirigenti - e incredibili migrazioni geografiche (il Cagliari a Trieste!), fino alla stucchevole battaglia con il comune, il sindaco, gli enti pubblici, e l’epilogo della pernacchia al prefetto. Ma se Cellino, forse non lucidissimo, si è preso certe libertà è perché sapeva di poterlo fare. Senza regole vale tutto.

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Più manager e meno presenzialisti

Antonio Maglie - Corsport - 24-09-2012

Winston Churchill illustrava con una velenosa metafora la tendenza degli italiani a trasformare le tragedie in farsa: «Perdono le partite come fossero guerre e le guerre come fossero partite».

Massimo Cellino con “l’invito” che ha fatto saltare la sfida tra Cagliari e Roma ha voluto garantire una postuma conferma alle parole del leader conservatore che guidò la Gran Bretagna durante l’ultima guerra. Non è dato sapere cosa abbia “armato” la mano del presidente del club sardo. Un suo collega, Nino Pulvirenti, attribuisce la colpa alla frustrazione. Frustrazione a parte, il calcio italiano è sempre stato caratterizzato da un tracimante presenzialismo presidenziale. Tracimante e (come in questo caso) autolesionistico. E’ l’espressione di un “modello di business” che non funziona, che ci ha fatto perdere colpi in Europa, che ci rende, agli occhi di chi ci osserva da lontano, nel migliore dei casi ridicoli, nel peggiore patetici. In Inghilterra i presidenti sono quasi sconosciuti e anche in Germania il protagonismo è decisamente attutito. Da noi non passa giorno che un presidente non si guadagni la prima pagina (la settimana scorsa Zamparini, adesso Cellino).

Il calcio italiano soffre di “bulimia mediatica presidenziale”; diciamo di essere nel Duemila ma le nostre società il più delle volte sembrano la riproposizione meno divertente del Borgorosso Football Club. Sarebbe bello se tutti insieme decidessero di “silenziarsi” e di organizzare l’azienda come una vera società per azioni: una assemblea che approva il bilancio, un Consiglio di Amministrazione che fissa periodicamente gli obiettivi, un amministratore delegato che cerca di raggiungerli affidandosi al lavoro dei direttori generali (allenatore, ds, eccetera, eccetera). In Inghilterra funziona così e sembra funzionare bene. In Italia abbiamo un presidente (Preziosi) con il Daspo e un altro (Cellino) che invita i tifosi a violare le disposizioni di una istituzione dello Stato. Per il bene del calcio italiano, fermateli.

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Il commento

Salviamo il calcio dalle "cellinate". L'ultima "cellinata" devasta il calcio

Riccardo Signori - Il Giornale -24-09-2012

L a Sardegna ha una storia di civiltà che solo un personaggio strano (eufemismo) come Cellino poteva devastare. É nella storia dei sardi la giustizia fai da te. Ma, banditismo a parte, è altrettanto solido il credo nel rispetto delle regole. Dunque questa rivolta del tifo gestita con superficiale pensiero dal presidente del Cagliari, e risolta in un altro obbrobrio del nostro calcio, è l'ennesima sconfitta di un mondo, non quella di un'isola di questo mondo. Avevamo visto una partita sospesa per volere degli ultras (Roma), ne abbiamo vista un'altra bloccata sempre per volere degli ultras con invito ai giocatori a togliersi le maglie (Genoa). Ora siamo arrivati un gradino più in alto: una partita rinviata (a forse mai se sarà 0-3 a tavolino) per l'idea inconsulta di un tipo ultras che, guarda caso, fa il presidente della società, vive nell'universo del pallone, si fa ascoltare dai suoi colleghi e magari qualcuno considera un benemerito.

Chiaro che non tutte le colpe sono di Cellino: il caso dello stadio di Cagliari è stato esasperato e portato a conseguenze estreme. Irresponsabili, o colpevoli che dir si voglia, sono Comune, Regione, Lega e autorità calcistiche. A ciascuno la parte sua.

Tutti bravi a non risolvere il problema. La solita gestione all'italiana: aspetta, aspetta, che qualcuno provvederà. Ma qui sprofonda il movimento calcistico, la lega gestita da un non presidente che ieri è ricomparso per farci sapere che il comportamento del Cagliari è inspiegabile. Veramente avrebbe dovuto spiegarcelo lui visto che Cellino fa parte della sua congrega di presidenti. Perchè mai non prendere la situazione in mano quando il Cagliari ha dichiarato Trieste sede all’atto dell’iscrizione al campionato? La fuga dal Sant’Elia poteva avere una giustificazione, per restituire a Cagliari uno stadio dignitoso. Ma non è credibile il teatrino che ne è seguito. Questa era proprio la volta per mettere freno alle sciocchinerie (eufemismo) di Cellino. Il presidente del Cagliari è un eccessivo per natura e per questo calcio è un eccesso. Ma stavolta si è spinto ben oltre l’eccesso e le “cellinate“. Ha chiamato i tifosi alla disobbedienza civile soltanto per vedere una partita di pallone, che resta uno spettacolo di cui si può tranquillamente fare a meno. E non venite a menarla con la storia del cuore tifoso, della voglia di calcio, del pallone che ti distrae dagli altri problemi. I sardi di oggi, come quelli di ieri, potrebbero raccontarci a lungo dei problemi della vita, povertà e disperazione. Peggio il Sulcis che Is Arenas a porte chiuse.

Oggi Cellino ha spinto il calcio italiano a un punto di non ritorno: o qualcuno decide, comanda e punisce, oppure anarchia e inciviltà galopperanno nella prateria del lassismo. Per fortuna di Cagliari, del Cagliari e dei cagliaritani (non solo tifosi) il prefetto è stato duro quanto serviva. Ha lavorato tra norme e buon senso. Ha evitatol’ennesima domenica di tormento e paura. Ha spiegato a tutti che il calcio degli impuniti (e delle parole impunite) non può passare. Se federazione e lega hanno testa prendano atto. Il calcio dei business miliardari sarà pur in mano a furbastri e smemorati, ma ne abbiamo già abbastanza degli ultrà per sopportare anche presidenti ultrà. I venti anni di Cellino al Cagliari sono pieni di storie ad effetto, provocazioni, tutto sopra le righe, parole e atti in libertà. É ora che il calcio si prenda la libertà di metterlo al bando: non deve aver pietà, a costo di una ingiustizia nei confronti del Cagliari che rischia la punizione per colpa di un rockettaro mai cresciuto. Ma punire tutti servirà perchè tutti capiscano: al largo dalle cattive compagnie. La disobbedienza civile non può passare. Il nostro pallone dovrebbe avere una faccia imbarazzata: riesce ad essere ancora top nel mondo solo per queste bestialità. La punizione di un 3-0 a tavolino sarà il minimo, togliere dai piedi Cellino per i prossimi venti anni, sarebbe l’unica soluzione credibile. Il resto saranno le solite comiche. Fino al prossimo scandalo.

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Un pasticcio che risale agli anni '90

Alberto Masu - Il Tempo - 24-09-2012

C’era una volta il Sant’Elia, impianto da 60mila posti tirato su per festeggiare lo storico scudetto del ’70, quello di Gigi Riva e altri dieci eroi. Uno stadio da Coppa dei Campioni, da conservare nei secoli dei secoli. Ma l’inizio della fine arriva col restauro per Italia ’90. Quel Sant’Elia diventa sempre più un rudere, abbandonato a se stesso. Fino al 2002, quando Massimo Cellino inventa lo stadio matrioska: tribune Dalmine all’interno del vecchio impianto, uno stadio nello stadio. Soluzione momentanea, in attesa di ristrutturare o costruire un nuovo stadio. Ma in Italia non c’è nulla di più eterno del precario e il mostro sportivo viene trascinato fino al 2012, tra calcinacci che vengono giù e firme del sindaco per autorizzare le partite domenica dopo domenica. Il Sant’Elia si dimezza, agibile solo in una curva e nella tribuna centrale, mentre il grande calcio professionistico non batte ciglio. E allora il presidente rock, al secolo Massimo Cellino, si ribella e restituisce il Sant’Elia al Comune. Progetta un impianto a Elmas, la «Karalis Arena», bocciato perché troppo vicino all’aeroporto, e intanto trasferisce la squadra a Trieste, col «Nereo Rocco» che diventa la casa del Cagliari nelle ultime 4 giornate del campionato passato.

Il resto è storia di oggi. Sant’Elia e Trieste finiscono nel cassetto dei ricordi, ecco spuntare l’Is Arenas di Quartu, vecchio impianto per squadre dilettanti, da trasformare in stadio di serie A in pochi mesi. I lavori partono a maggio: «Per fine ottobre sarà pronto», sussurrano i più ottimisti in casa Cagliari. Ma tutto è relativo, compreso il tempo. Cellino vuole lo stadio per il 2 settembre, esordio casalingo con l’Atalanta. Una settimana di battaglie burocratiche porta a giocare a Quartu a porte chiuse. Con la promessa di aprirle al pubblico per il 23 settembre, cioè ieri. Il Cagliari ci crede, mette in vendita i biglietti. «Un azzardo», sibila il Prefetto di Cagliari Balsamo. Che, infatti, chiude ancora le porte, per uno stadio inagibile.

Inutile sommergere di carte gli uffici della Prefettura. E all’ennesimo no, il rockettaro Cellino imbraccia la chitarra e spara: «Tifosi, andate allo stadio, per noi è sicuro». Una dichiarazione di guerra in grande stile. Ora è tutto nelle mani del Giudice Sportivo.

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Lo stadio del caos è solo un cantiere

Roberto Maida - Corsport - 24-09-2012

E adesso vai a spiegarlo ai fenicotteri. Erano abituati a posare per i tanti turisti in visita al grande stagno di Molentargius, che divide il Poetto da Quartu. Invece per una domenica sono retrocessi al secondo posto negli album fotografici, oscurati dallo stadio fantasma che proprio loro, i fenicotteri, da questa casa paludosa possono osservare con invidia incredula: Is Arenas si staglia a poche decine di metri, incastonato tra casette popolari e un minuscolo parco giochi. E indicato da un piccolo cartello bianco con tanto di freccia che di solito viene riservato ai campetti terra e polvere dei campionati rionali.

ATTENZIONE - Qualche curioso, dopo la fragorosa decisione del prefetto di rinviare Cagliari-Roma, allo stadio è andato lo stesso, con telefonini e videocamere, per capire cosa stesse succedendo, se qualcosa fosse cambiato all’ultimo momento, se un improvviso intervento di Cellino avesse cancellato l’assurdità. Naturalmente però di calcio non se ne è visto. E nonostante le previsioni più pessimistiche, non c’è stato nemmeno il temuto assalto dei tifosi cagliaritani. Il servizio d’ordine era stato predisposto, con auto e camionette di polizia e carabinieri, con il divieto di fermata per le auto nelle strade adiacenti alle tribune, ma per fortuna il buon senso della gente ha prevalso allontanando le preoccupazioni.

SOPRALLUOGO - Un pizzico di ansia era giustificata, in effetti. Così come l’ordine di giocare a porte chiuse in questo agglomerato di tribune di metallo che sta prendendo forma: Is Arenas non è ancora uno stadio pronto per le tensioni del calcio professionistico. Sa di nuovo, questo sì: la prima cosa che avvolge all’ingresso è l’odore di vernice. Ma non potrebbe mai ospitare i tifosi per una partita di serie A. Tra qualche settimana forse, adesso no. Già i disagi per le squadre, con gli spogliatoi inseriti nel palazzetto dello sport adiacente e un campo guastato da buche di sabbia, sono consistenti. Però a questo il calcio italiano si era adattato. Gli utenti invece non potrebbero. I varchi di prefiltraggio, che precedono i tornelli, sono molto approssimativi. Inoltre all’interno i canali di accesso agli spalti sono angusti, poco consigliati per chi soffre di claustrofobia. Ma la parte davvero pericolosa, preannunciata dai rumori degli operai al lavoro, è il cantiere che occupa la seconda tribuna, quella ancora in costruzione. Basterebbe poco ai potenziali teppisti per scavalcare le recinzioni e procurarsi armi non convenzionali, come sassi o spranghe.

ANDATE VIA! - E che sia la zona-cantiere il punto sensibile lo si capisce dall’atteggiamento degli inservienti di Is Arenas. Una volta notati i giornalisti, che a metà mattina erano entrati nello stadio senza controlli, tre persone sono intervenute per allontanarli, chiedendo di non scattare foto alle ruspe e ai nastri adesivi piazzati di fianco al tunnel che porta i giocatori dal campo agli spogliatoi. «Qui non potete stare, già siamo in difficoltà, state dando una mazzata al Cagliari» urla un signore con lunghi capelli bianchi. Comprensibile premura. Ma la mazzata al Cagliari, e anche all’orgoglio dei fenicotteri, l’ha data soprattutto Cellino.

curiosità

Lavori per 16.800 spettatori Nel maggio scorso il Cagliari Calcio e II Comune dl Quartu Sant'Elena, appena sette chilometri dal capoluogo sardo, hanno firmato II protocollo d'Intesa per la realizzazione e lo sfruttamento dell'is Arenas. A mete dello stesso mese si sono messe in moto le ruspe per rifare II manto erboso, mentre nel mese di luglio sono iniziati i lavori per le prime strutture, curve e distinti. Al momento devono essere ultimate le tribune centrali. L'impianto della discordia, una volta conclusi I lavori, potrà ospitare 16.800 spettator

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L'esperto

Il penalista Maurizio Scuderi spiega che possono essere denunciati sia il presidente della società sportiva sia i tifosi che non rispettano l'ordine del prefetto

«Il reato contestabile è istigazione a disobbedire»

Augusto Parboni - Il Tempo -24-09-2012

Istigazione a disobbedire alle leggi, istigazione a delinquere e inosservanza dei provvedimenti dell’autorità.Sono questi i reati che potrebbero essere contestati al presidente del Cagliari Massimo Cellino (la Questura di Cagliari ha inviato alla procura della Repubblica un’informativa sui fatti) se qualcuno dovesse denunciarlo. E non ultimo, le parole del presidente avrebbero potuto indurre qualche tifoso a creare turbative dell’ordine pubblico o magari addirittura a scontri con le forze di polizia. A spiegarlo è l’avvocato penalista Maurizio Scuderi. Chi può essere perseguito se non rispetta l’ordinanza del prefetto? «Sia il patron della squadra rossoblu Massimo Cellino sia chi decide di entrare allo stadio». Cosa rischiano questi soggetti? «Gli possono essere contestati tre reati, alcuni dei quali legati a ragioni di pubblica sicurezza. Se un’autorità come il prefetto dispone una chiusura nessuno può istigare a violare l’ordine e chi lo fa rischia di essere processato per un reato contravvenzionale». Cosa prevede il codice? «La pena può arrivare fino a un anno e alla multa di 206 euro. Ma se qualcuno commette più reati per raggiungere lo stesso scopo, si può arrivare anche a cinque anni di reclusione». Quindi chiunque varca i cancelli dello stadio può essere denunciato. «Certamente, poiché non solo entrano in una zona considerata pericolosa, ma perché non rispettano un ordine. Possono essere fermati e denunciati immediatamente». E il presidente della società che aveva dichiarato pubblicamente che i tifosi potevano andare allo stadio? «Il patron, in questo caso, potrebbe essere perseguito per aver “sollecitato” apertamente i supporter rossoblu ad andare comunque a vedere la partita. Sicuramente non era quella l’intenzione del presidente, ma forse serviva maggior prudenza quando si tratta di messaggi che vengono inviati a una moltitudine di persone».

_____________________________

Il punto

L'ultimo stadio di Cellino

Marco Ansaldo - La Stampa - 24-09-2012

Non ci eravamo ancora ripresi dalla morte del cucciolo di giraffa a Imola che ci è piombata addosso un’altra triste storia legata a un personaggio da circo: Massimo Cellino, il trapezista. La sua adunata dei tifosi allo stadio di Is Arenas a Quartu era, come nel caso del mammifero, una richiesta di libertà: quello voleva scappare dalla gabbia mentre il presidente del Cagliari cercava di sfuggire al provvedimento prefettizio per cui il pubblico non poteva entrare in un impianto dove niente è in regola. Si sa che Cellino ha l’animo del rocker, lui che ha suonato Bob Dylan davanti ad Antonello Venditti. Certi divieti gli sembrano una prigione soprattutto se ostacolano i suoi piani. Con l’alibi di essere la vittima di un oscuro progetto politico per strozzare il Cagliari ha invitato i tifosi a fregarsene e a entrare lo stesso, tanto sulla sicurezza dello stadio garantivano i suoi ingegneri. Anche questa vicenda è finita malamente. Il Prefetto e il Questore del capoluogo sardo non l’hanno presa bene e hanno preteso di imporre le loro regole. Intanto hanno impedito che CagliariRoma si giocasse e l’hanno rinviata, per cui la Roma ha chiesto la vittoria a tavolino per 0-3 ed è molto probabile che l’ottenga, inquinando la classifica.

Non entriamo nel merito perché la vicenda appare chiarissima: chi istiga a violare le norme si mette dalla parte del torto e in un Paese normale, ad esempio negli Stati Uniti, dove Cellino risiede spesso e da dove ha inviato l’appello alla disobbedienza, finirebbe immediatamente sotto processo senza la possibilità di cavarsela. Qui se la sbroglierà con la denuncia e se lo condanneranno la pena sarà mite e tale da non compromettere la sua permanenza nel calcio, dove con i pregiudicati si fa una squadra. Il problema è più esteso. E torniamo al circo che da queste parti non porta il nome di una famiglia ma di un’associazione: la Lega di serie A. Cellino ne è un esponente di spicco, tanto da rappresentarla con Beretta e Lotito, nel consiglio della Federcalcio. E sapete da chi era arrivata la deroga a giocare a Is Arenas, ripetiamo un impianto fino a ieri provvisorio, inagibile e potenzialmente pericoloso? Dalla Lega, benché al momento dell’iscrizione il Cagliari avesse indicato come stadio principale quello di Trieste dove concluse lo scorso campionato. È venuto il momento che i dirigenti più responsabili e qualificati rimettano mano ad un organismo che negli ultimi anni non ha elaborato una sola soluzione ai molti problemi dei club e del calcio e in compenso si affida a persone che non ne lustrano l’immagine. Siamo a un’unghia dal rimpiangere la gestione Galliani-Giraudo e quella di Carraro. Non lo pensavamo possibile.

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Modificato da huskylover

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