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K A L C I O M A R C I O! - Lo Schifo Continua -

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io sono un povero co*****e di campagna e quindi è normale che mi prendino per il c**o*

ma questi prendono per il c**o anche la sacra famiglia

ppuò essere di consolazione ???? mah

*p.s. tanto normale non sarebbe ma oramai è cosi

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MAURI

SCULLI

Dalla bufera al campo

C’è chi gioca e chi aspetta

Lazio e calcioscommesse: che spola

per il centrocampista-goleador

L’attaccante si definisce disoccupato

Il Genoa nell'ultimo mercato non ha riscattato il calabrese

di DAVIDE STOPPINI (GaSport 06-09-2012)

Uno fa tutte doppie sedute: la mattina a Formello, il pomeriggio dall'avvocato. L'altro su WhatsApp ha scritto così: «Disoccupato». Anzi no, fuori rosa. Il primo è Stefano Mauri: non c'è Lazio senza di lui. Non si discute, si schiera (titolare) e basta. Non si discute, in verità, neppure su Giuseppe Sculli: è riapparso a Formello da qualche giorno, ma è fuori rosa, la prima squadra non è per lui. Meglio farlo allenare in orari diversi dal gruppo di Petkovic.

Doppia vita Il calcioscommesse li ha messi dentro al frullatore, seppur con storie e destini fin qui diversi. Diverse pure la conseguenze e le storie di campo. Prendi Mauri, capitano di una Lazio prima in classifica. Il capitano vero, Tommaso Rocchi, è finito in soffitta, escluso pure dalla lista per l'Europa League e in generale da tutte le scelte di Petkovic. Il tecnico croato, invece, non ha pensato neppure un attimo di escludere Mauri, anche al rischio un domani di trovarsi con un giocatore inutilizzabile in rosa. Perché Mauri è tra coloro che son sospesi. Lo fa nel migliore dei modi, riuscendo con la testa a tenere ben distinti il campo e la scrivania. Eppure capita che il centrocampista debba fare sia il calciatore che...l'avvocato. Succede tre volte alla settimana: Mauri finisce la giornata (o la inizia, a seconda che gli allenamenti con la Lazio siano di mattina o di pomeriggio) nello studio del suo avvocato, Matteo Melandri. Ormai ha imparato a memoria l'ordinanza che lo spedì in carcere il 28 maggio. E ora aspetta: il troncone dei deferimenti di Palazzi che lo riguarda potrebbe scattare entro fine mese.

Non come Conte Mauri però sa già come controbattere alle accuse. Ha voglia di spiegare tutto, porterà documenti per confermare le scommesse sul basket, e non sul calcio. Non sceglierà di difendersi come Conte: non gli basterà dire che Gervasoni mente, piuttosto contesterà le accuse nel merito, una per una. Con il legale Melandri si è creato un grande feeling. E la Lazio? Al momento osserva, con distacco, non preoccupandosi più di tanto delle conseguenze. Melandri lavora in autonomia, Lotito entrerà semmai in azione solo in un secondo momento. Ma il distacco apparente dei primi giorni si è tradotto sul campo con un atteggiamento di grande fiducia nei suoi confronti: in fondo, dicono a Formello, non c'è miglior modo di dimostrare vicinanza a un proprio giocatore se non quello di trattarlo come gli altri, senza differenze.

Fuori rosa Proprio l'opposto di quello che sta accadendo a Sculli. Disoccupato? Beh, uno stipendio ce l'ha: 950 mila euro netti a stagione, così fino al 2015. Gli manca il lavoro, cioè il campo. Senza arte né parte: ecco come si sente Sculli, figlio di un equivoco tra Lazio e Genoa. Il club rossoblù ha deciso di non riscattare il cartellino dell'attaccante, dopo che a gennaio Preziosi aveva garantito a Lotito l'acquisto per tre milioni di euro. Sculli è rimasto stritolato: lontano da Formello per due mesi, senza una squadra che si sia avvicinata al suo acquisto. Mentre i suoi compagni andavano in ritiro, lui si allenava da solo. La Lazio e il suo procuratore hanno provato anche a piazzarlo all'estero. Anzi, il tentativo è ancora in corso, ma finora senza riscontri. La prima squadra Sculli la vede con il binocolo, con lui pure Foggia e Matuzalem. A Formello si allena lontano dai compagni: ieri, ad esempio, il tecnico croato ha diretto una seduta alla mattina, il calabrese è sceso in campo di pomeriggio, in compagnia del preparatore atletico Alessandro Fonte. Sta di fatto iniziando la preparazione estiva in questi giorni, perché la società è tenuta a garantirgli questa possibilità per regolamento. Ma lui e la Lazio sono due mondi lontanissimi. La rescissione non è un'ipotesi che sta bene al calciatore. E di là Lotito non ha alcuna intenzione di reintegrarlo. Reietto, più che «disoccupato».

___

Simone Farina è disoccupato:

quando l'onestà non paga

Il giocatore simbolo della lotta alla corruzione nel calcio si ritrova senza una squadra a 30 anni. Ha rifiutato la panchina dell'Aston Villa, vuole ancora giocare

di MATTEO POLITANÒ (PANORAMA.IT 06-09-2012)

Quella di Simone Farina, il difensore del Gubbio che denunciò un tentativo di combine facendo di fatto partire la seconda tranche dell'inchiesta sul calcioscommesse, è una storia a lieto fine. O almeno lo è stata per i primi sei mesi. L'attenzione della stampa, le lodi delle istituzioni che hanno invitato a prenderlo come esempio, la svolta di una carriera. Illusione, pochi mesi dopo lo scandalo il giocatore si ritrova disoccupato e con il rischio di appendere le scarpe al chiodo a soli 30 anni.

Lui, terzino classe 1982 cresciuto nella Roma, era diventato l'icona del calcio pulito, quello capace di rinascere passando per correttezza e fair play. Nel dicembre 2011 Farina rifiutò circa 200.000 euro dall'ex compagno nella primavera della Roma Alessandro Zamperini per combinare l'incontro di coppa Italia Cesena - Gubbio. Nacque così "Mister clean", l'uomo che rendeva omaggio allo sport pulito e che andava mostrato al mondo intero come monito. Simone Farina fu adottato da Joseph Blatter come spot del fair play, invitato anche alla premiazione del Pallone d’Oro 2011.

Sulla scia dell'entusiasmo anche Cesare Prandelli convocò il terzino per uno stage a Coverciano con la maglia azzurra, tante strette di mano e tanti flash per premiare "un gesto doveroso". Dopo l'estate arriva un'offerta importante: l'Aston Villa offre a Farina la possibilità di allenare le giovanili del club, un'occasione unica che però brucerebbe le tappe per un giocatore di 30 anni che si sente di avere ancora tanto da dare in campo. "Mister clean" vuole continuare a a correre ma esaurito l'entusiasmo per il suo gesto sportivo via via i riflettori si abbassano. Ad agosto il Gubbio, dopo 105 presenze e 2 gol tra serie B e Lega Pro, rescinde il suo contratto per motivazioni tecniche e Simone Farina si ritrova senza squadra.

Nelle scorse settimane era stato ad un passo dal trasferimento al Perugia del direttore tecnico Alvaro Arcipreti, colui che dal Gualdo lo portò a Gubbio. Per circa 10/15 mila euro l'operazione non è però andata in porto. Proprio Arcipreti commentò: "Penso che accetterà grazie ai buoni uffici di Blatter la proposta dell’Aston Villa, il glorioso club inglese che vuole affidargli compiti di educatore per le nuove generazioni, modello per chi deve sempre e comunque onorare il principio di lealtà". Farina non vuole però smettere, è ancora troppo giovane per rinunciare al campo. Damiano Tommasi aveva commentato: "A prescindere dai valori tecnici avere in squadra un giocatore come Farina è un valore aggiunto". Non tutti devono essere d'accordo, forse perchè l'onestà fa molto più paura del suo contrario.

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La legge è uguale per tutti

Pubblicato il 5 settembre 2012 da Giuliano

http://www.lozingaro...guale-per-tutti

Christian Terlizzi, difensore del Pescara

“str onzo!” (ndr, riferito all’arbitro che gli aveva fischiato un rigore contro ed espluso per fallo da ultimo uomo. In campo. Con l’adrenalina a mille).

TRE GIORNATE DI SQUALIFICA

Andrea Agnelli, presidente della Juventus

“Quello della Figc è un sistema giuridico totalmente inadeguato, vetusto e contraddittorio, simile a un sistema dittatoriale”. (ndr, riferito a dirigenti e giudici e della Federcalcio. In un comunicato stampa, scritto dietro una scrivania)

NIENTE. NIENTE DI NIENTE

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Modificato da huskylover

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Premier League, lo United chiede il fair play finanziario per ‘bloccare’ il City

La proposta dei rossi di Alex Ferguson durante il consiglio di Lega e, soprattutto, dopo aver visto i bilanci in rosso delle dirette avversarie, prime fra tutte il Chelsea di Abramovich e i cugini allenati da Roberto Mancini. Se il progetto dovesse passare, la massima serie inglese perderebbe il suo appeal fatto di campioni, miliardi e sprechi

di Luca Pisapia- Il Fatto Quotidiano.it| 6settembre 2012

Oggi nel consiglio di lega della Premier League si è discussa la proposta avanzata dal Manchester United di accogliere le regole del fair play finanziario della Uefa anche nel massimo campionato inglese. E di inserire così l’obbligo del pareggio di bilancio per tutte le società nella ‘costituzione’ della Premier. Una decisione che lo United non ha maturato sotto la spinta del fiscal compact europeo, bensì scorrendo i bilanci delle sue avversarie per il titolo. A chiusura della stagione 2010-11 il Manchester City ha infatti dichiarato un passivo di 197 milioni di sterline, ilChelsea di 68 e il Liverpool di 49. A fronte del +10 dello United. La mozione non è stata messa ai voti (sarebbe servita la maggioranza di 14 su 20 per farla passare) e il suo destino è stato rinviato, ma ha comunque aperto una discussione che potrebbe sovvertire le regole economiche del calcio, ben oltre il fair play finanziario europeo.

Grosso modo, anche le regole del fair play volute nel 2009 da Platini impongono alle società di non spendere più di quello che guadagnano. La prima stagione presa in considerazione è la 2013-14, dove saranno conteggiati anche i bilanci delle due stagioni precedenti. In questi tre anni le società non potranno dichiarare perdite superiori ai 45 milioni di euro, né potranno avere i passivi ripianati della proprietà. Le pene per chi non rispetta questo regolamento arrivano fino all’esclusione dalle competizioni europee. Ma le società hanno già trovato diversi escamotage per aggirarlo: tra sponsorizzazioni mascherate, finti investimenti nei settori giovanili, ricapitalizzazioni, quotazioni in borsa o addirittura la costruzione di opere pubbliche.

“Molte squadre (Wigan e Arsenal su tutte, ndr) ci appoggiano nella nostra richiesta di introdurre il pareggio di bilancio obbligatorio per i club della Premier, altre sono contrarie – ha spiegato Gill, ad dello United – Simili regole sono già stati approvate a livello europeo, è tempo che lo siano anche in Premier”. Mentre Welhan, presidente del Wigan, è stato più chiaro sul target: “Qualcosa va fatto assolutamente, per evitare nuovi casi come il fallimento del Portsmouth. Ed è ovvio che dopo questa proposta il Manchester City sia preoccupato”. La squadra allenata da Roberto Mancini è infatti l’esempio più calzante di come una società, grazie al denaro dalla proprietà (oltre 1 miliardo di sterline spese da quando nel 2008 lo sceicco Mansour ha rilevato la società, con una media di quasi 3 sterline spese per 1 guadagnata) possa far saltare il banco del calciomercato, razziare tutti i talenti disponibili e, da un giorno all’altro, vincere il titolo.

Una moda lanciata a inizio millennio dall’oligarca russo Abramovich col Chelsea e che in Inghilterra è stata seguita da diverse squadre: dagli americani che hanno rilevato il Liverpool e l’Aston Villa, al triumvirato Mittal-Ecclestone-Briatore del Qpr, dagli sceicchi del City agli indiani del Blackburn. Senza dimenticare che nel 2005 il finanziere americano Glazer acquistò proprio lo United con una spericolata operazione e senza tirare fuori una sterlina. In pratica i 525 milioni di sterline utilizzati furono interamente presi in prestito dalle banche, a interessi piuttosto alti (60 milioni l’anno) che furono poi interamente scaricati – così come la cifra di acquisto – nelle casse societarie del club. Per poi aggiungere un ulteriore passivo di oltre 500 milioni di sterline tra interessi sui mutui, spese bancarie, varie ed eventuali. Fino alla recente quotazione in borsa per ripagare i debiti.

C’è però da dire che la costruzione dello United come squadra dominante avvenne per gradi, dalla fine degli anni ’80, grazie alla maestria di un tecnico come Ferguson (tuttora alla guida del club, con cui ha festeggiato la millesima panchina in campionato) che ha allevato nidiate di ragazzi provenienti a costo zero dal settore giovanile. Ora è proprio lo United, che vede il suo primato attaccato da nuove e facoltose proprietà, a chiedere un passo indietro e il ritorno a un calcio più equilibrato. Impossibile però che la Premier, che ha ottenuto il suo status di campionato più seguito al mondo grazie alle spese folli e ai passivi in bilancio dei nuovi mecenati, accetti di tornare indietro. Magari a quegli anni ’80 in cui in una decade vinsero il titolo ben quattro squadre, tante quante nei venti anni dalla nascita della Premier. Provate a proporre a Van Persie o Aguero un ingaggio in linea con le nuove misure di austerity: sarebbero già in aeroporto con destinazione Parigi.

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Modificato da huskylover

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Juventus Stadium un anno dopo: ricavi ok, manca lo sponsor

Bilancio del primo impianto di proprietà italiano: tutto esaurito, prezzi in salita e il nome che rimane precario...

Giovanni Capuano - Panorama.it - 06-09-2012

E' passato un anno ma sembra ieri. I fuochi d'artificio, Del Piero eBoniperti in mezzo al campo in una cerimonia suggestiva che sancì l'ingresso della Juventus nella nuova era. Lo Juventus Stadium compie un anno di vita. Tempo di bilanci e buoni propositi perché, al di là dei bollettini trionfalistici e dell'indubbio impatto sulla stagione trionfale della Juventus, è evidente che il lavoro di valorizzazione del nuovo impianto è solo a metà strada.[/color]

Del resto lo ha ammesso anche Marotta, amministratore delegato bianconero, parlando a un convegno in Bocconi nella scorsa primavera: "Ritengo che stiamo sfruttando il nuovo impianto solo al 50%". Questione di marketing e di moltiplicazione degli eventi, ma anche di difficoltà a collocarsi su un mercato che ritiene l'Italia poco attrattiva.

RICAVI TRIPLICATI MA... - In un anno i ricavi da stadio si sono triplicati. Il dato definitivo non esiste, ma la tendenza era chiara. Nella relazione depositata a marzo alla voce 'ricavi da gara' per il periodo luglio-marzo la Juventus dichiarava 23,8 milioni di euro contro gli 11,5 della stagione precedente. Alla fine si arriverà abbondantemente oltre i 33 milioni di euro con un saldo positivo di oltre 20 milioni di euro. Soldi che sono serviti a limare il passivo gestionale della Juventus, ma che rappresentano ulteriori margini di crescita.

In particolare la Juventus ha beneficiato del boom degli abbonamenti passati da circa 12mila a 24.530 dell'anno scorso e 27.292 di quella attuale. Già così il saldo è stato nettamente attivo: 5 milioni di euro. E mancano gli incassi da Champions League che saranno garantiti nei prossimi mesi e che consentiranno di cancellare il - 750mila euro del 2011/2012.

SE 41.000 POSSONO BASTARE... - Nell'ultima stagione la Juventus ha staccato 863.000 biglietti, il doppio rispetto all'anno prima e alla media del periodo 2004-2010 (476 presenti a stagione con incasso medio complessivo di 9,9 milioni di euro). In campionato l'affluenza media è stata 37.545 con una percentuale di riempimento del 91,5% da record per il calcio italiano e finalmente vicina alle medie dei grandi club europei con stadio di proprietà.

Il dubbio semmai è se lo Juventus Stadium sia stato progettato a misura del futuro bianconero. I suoi 41mila posti di capienza sono lontani, infatti, dagli impianti delle società con cui la Juventus aspira a competere. Solo prendendo in considerazione gli stadi di nuova generazione difficilmente si scende sotto i 55-60mila posti. Lo stesso Chelsea ha deciso di abbandonare Stamford Bridgeritenendolo troppo piccolo con i suoi 41.837 posti per le ambizioni di Abramovich.

PREZZI IN SALITA - Il primo intervento di valorizzazione è stato compiuto sui prezzi degli abbonamenti. Malgrado le proteste dei tifosi sono stati alzati. Si va dai 390 euro in curva (350 per i fedelissimi) ai 1.200 euro in tribuna. Alla fine della prima stagione si registrerà certamente un aumento dei ricavi. E' la legge del mercato e, in presenza di una forte domanda è possibile anche l'operazione venga ripetuta ancora. Del resto andare a vedere una partita in Premier League oBundesliga, modelli di riferimento, ha un costo elevato.

MANCA ANCORA IL NOME - Un anno fa era stato dichiarato che entro breve l'impianto bianconero avrebbe avuto un nome nuovo di zecca. Nulla di romantico, ma uno sponsor come tanti impianti gemelli in giro per l'Europa. A un anno di distanza nessuna notizia. E' vero che la Juventus incassa 75 milioni di euro in 12 anni dall'agenzia tedesca Sportfive, ma è evidente che si tratta della spia di una difficoltà a collocare il brand sul mercato. Recentemente si è parlato di un'offerta da 25 milioni di euro in 5 anni da AshleyMadison.com, sito di incrontri extraconiugali.

Il confronto con le esperienze straniere è mortificante. Lasciando stare gli sceicchi che finanziano il City anche attraverso il nome dello stadio (Ethiad), in Germania quasi tutti gli impianti nati per il Mondiale del 2006 sono brandizzati: Allianz Arena (Bayern Monaco), Veltins Arena (Schalke04),Signal Iduna (Borussia Dortmund), AWD Arena (Hannover) e Mercedes-Benz Arena (Stoccarda) solo per citarne alcuni. Segno che il progetto-Juventus Stadium ha bisogno di un'accelerata per cogliere a pieno tutte le opportunità di crescita.

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Certo che intitolare lo stadio della Juventus con il nome del sito di incontri extraconiugali sarebbe proprio una cazzata.

Magari cornuti.com

Modificato da totojuve

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La Roma, la truffa e le polpette avvelenate

Il pm: “Un falso grossolano e ridicolo”

“Reati impossibili”, chiesta l’archiviazione. Ora la parola al gip

Quattro pagine Monnezza che non configura né la diffamazione né la ricettazione contro Baldini e Baldissoni

Pronto il ricorso Questa decisione non sta bene alla società giallorossa. Faremo ricorso contro la richiesta del pubblico ministero

di CARLO BONINI (la Repubblica - Roma 07-09-2012)

Una risata (amara) seppellisce nel grottesco la “banda degli onesti” che in marzo lavorò alla madre di tutte le sòle (ne girano sempre copiose in una città dove i gonzi non mancano) sul conto dell’As Roma e dei due dirigenti espressione della nuova proprietà americana, il direttore generale Franco Baldini, il consigliere di amministrazione Mauro Baldissoni. Vittime di una diffamazione — Repubblica ne diede conto per prima — che li avrebbe dovuti accreditare come turpi massoni, affaccendati in misteriose “logge” e in sinistri “triplici fraterni abbracci”. Il pm Paola Filippi, con una prosa essenziale che a tratti sembra dissimulare una stupefatta ironia, conclude, a chiusura di 6 mesi di indagini della Digos, che la variopinta combriccola che concepì il bidone non debba andare a processo. Per manifesta cialtroneria. Perché il processo penale prevede che debba andare a giudizio chi di un reato è indiziato di averlo commesso o quanto meno tentato. Mentre, in questo caso, gli indagati neppure questo sono riusciti a fare. Responsabili di una stangata impossibile hanno provato a rifilare al quotidiano “il Fatto”, prima, e quindi a Paolo Calabresi delle “Iene” (che la storia avrebbe poi smascherato, documentandola con riprese clandestine), uno scartafaccio di intercettazioni farlocche che avrebbero dovuto accreditare un Baldini e un Baldissoni con il “cappuccio” e il “grembiulino” da caso Scarfoglia. Ma che neanche un bambino si sarebbe bevuto. Una tale «ridicola monnezza» (le parole sono del pm) che né la diffamazione, né la ricettazione hanno trovato tempo o modo, di trovare uno sbocco che li rendesse tali. “Reati impossibili”, insomma. Per oggettiva dabbenaggine degli indagati e delle loro mosse.

Già. Una richiesta di archiviazione può essere persino peggiore di una condanna, se si ha un briciolo di dignità e amor proprio. E persino metafora di un pezzo di questa città. Di uno dei suoi modi d’essere. Le quattro pagine della richiesta di archiviazione (consultabili integralmente sul nostro sito) ne sono un paradigma. Il pm ci ripropone le mosse alla carlona, in un fare circospetto da “birra e salsicce” (per chi ama Totò), di Mario Corsi, “Marione”, l’ex Nar che da anni si è fatto predicatore e mazziere radiofonico dall’autarchica e dorata tribuna di “Centro Suono Sport”, del suo giovane spicciafaccende di redazione Giuseppe Lomonaco, di Roberto Renga, giornalista in pensione, di suo figlio Francesco. Nel marzo di quest’anno ruminano una di quelle polpette avvelenate che spacciano come oro nel circuito off-off dei perdigiorno che fanno flanella intorno alle radio del tifo. Maneggiano cartaccia scritta a mano libera che — dicono — è la trascrizione di sms intercettati dalla polizia e scambiati tra Baldini e Baldissoni. «Un falso grossolano». Perché non esistono né le intercettazioni, né gli sms. L’idea è vecchia come il cucco. Rifilare a qualche “giornale” o tv che conta quella robaccia. Aspettare che faccia capolino in edicola o “on air” e poi saltarci sopra, rilanciandola. Convinti che il vecchio mantra paghi sempre. Perché in fondo non importa se una notizia è vera o falsa. L’importante è che qualcuno ci creda.

Purtroppo per loro, in quei giorni “carbonari” di marzo, ai quattro dice picche “il Fatto”. Non Paolo Calabresi delle “Iene” che finge di abboccare alla sòla, dà corda ai congiurati alla amatriciana e finisce per smascherarli, riprendendone clandestinamente le goffe fumisterie con cui prima cercano di piazzare la merce e poi, consapevoli di essere stati scoperti, provano a minimizzare. Fino a implorare la “Iena” di non rovinarli («Corsi chiese a Calabresi di non divulgare quanto aveva scoperto per non rovinare la carriera di Lomonaco»).

Raccontano che, da un paio di giorni, “Marione” faccia la ruota in radio, agitando la notizia della sua richiesta di archiviazione (di cui si è guardato bene di dare conto del contenuto), come la sua riabilitazione. In qualche modo, la prova postuma che ha visto giusto il sindaco Alemanno a gratificarlo, in maggio, del premio “microfono d’oro” per il ruolo “sociale” della sua trasmissione “Te la do io Tokyo”. Aggiunge qualche suo ascoltatore che si sia fatto anche minaccioso, avvertendo che «ora ci si divertirà». E per una volta, forse, ha ragione. Le quattro pagine della richiesta di archiviazione sono divertenti. Soprattutto confermano dalla prima all’ultima le notizie che “Repubblica” diede in marzo. In un comunicato di quei giorni, al pari di Roberto Renga, Corsi e Lomonaco definirono la storia che li riguardava «un’insinuazione priva di fondamento» per la quale avrebbero «agito nelle opportune sedi». Il pm e la Digos, ora, documentano il contrario. Ma, appunto, non importa se una cosa è vera. L’importante è che qualcuno ci creda. Ieri, come oggi. Per la cronaca, un gip ora dirà se la richiesta di archiviazione del pm può essere accolta o meno. Se davvero si è trattato di un reato impossibile. La As Roma — per quanto si è appreso — si opporrà alla decisione del pm chiedendo il giudizio.

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IL CASO

Dossier anti-Roma? «Mondezza»

Il pm chiede l’archiviazione per la querela di Baldini e Baldissoni contro il «gruppo di lavoro» che voleva far credere che

fossero massoni. Non è reato ma solo perché gli sms che lo "provavano" erano fasulli. Il club potrebbe però opporsi

art.non firmato (IL ROMANISTA 08-09-2012)

Il fatto non costituisce reato. Ma solo perché il fatto è talmente falso da costituire «mondezza», stando alle parole usate nell’atto dal pubblico ministero Paola Filippi. Il pm ha chiesto l’archiviazione per la querela presentata da Franco Baldini e Mauro Baldissoni, rispettivamente diggì e membro del Cda dell’As Roma, contro Roberto Renga, il figlio Francesco, il conduttore di Centro Suono Sport, Mario Corsi e il suo ex collaboratore Giuseppe Lomonaco.

Come si legge nella richiesta del pm, sulla quale si dovrà adesso esprimere il giudice per le indagini preliminari e per la quale l’As Roma potrebbe fare opposizione, il procedimento penale era originato dalle dichiarazioni dell’inviato de "Le Iene", Paolo Calabresi, da quelle del giornalista de "Il Fatto Quotidiano", Malcom Pagani (il pm scrive erroneamente «Pagano») e dalla denuncia presentata da Baldini e Baldissoni.

L’accusa, sulla quale ha indagato la Filippi, era quella di avere gettato discredito sugli amministratori dell’As Roma. Come? Inventandosi uno scambio di sms tra Baldini e Baldissoni. Oggetto: la Massoneria, di cui ds e consigliere sarebbero stati membri. «La lettura degli sms - scrive il pm - assolutamente impropri quanto al tenore, conferma la natura di fantasia degli stessi». E quindi, a detta della Filippi, «la loro inoffensività». Erano così palesemente un’invenzione che sia Pagani, sia Calabresi non hanno creduto nemmeno un istante alla loro verosimiglianza. Nel caso di Renga, l’accusa di diffamazione non sussiste, ma solo perché il reato si configura in presenza di due o più persone, mentre Renga, quando accusa Baldini e Baldissoni di essere massoni, ha davanti a sé il solo Calabresi, non sapendo di essere ripreso con una telecamera nascosta. «La storia di massoneria all’interno della Roma», di cui parla Renga incontrando l’inviato de "Le Iene", era completamente fasulla. Anzi, era «mondezza».

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PAROLA PER PAROLA, LA RICHIESTA DEL MAGISTRATO

Al Giudice per le indagini preliminari

presso il Tribunale di ROMA

Il Pubblico Ministero dott.ssa Paola Filippi, sost. Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma.

Visti gli atti del procedimento penale di cui in epigrafe, a carico di Renga Roberto, Renga Francesco, Lo Monaco Giuseppe e Corsi Mario, per i reati di cui gli artt. 81, 648 e 595 c.p.

osserva

All’esito delle indagini non si ravvisano elementi per ritenere la condotta descritta dagli indagati come integranti fattispecie penalmente rilevanti e nella specie non appaiono integrate le ipotesi di reato di cui agli artt. 81, 648 e 595 c.p.

Il procedimento penale a carico degli indagati indicati in premessa trae origine dalle dichiarazioni rese dal giornalista Paolo Calabresi e dalla successiva querela presentata da Franco Baldini, Direttore generale della A.S. Roma S.p.a.

Dalle dichiarazioni rese dal giornalista Paolo Calabresi, dalle querele in atti nonché dalle riprese video ambientali, realizzate dal giornalista, nonché dalle dichiarazioni di Malcom Pagano, giornalista de "Il Fatto" è emersa un’attività posta in essere dagli indagati diretta a gettare discredito sugli amministrazioni della Associazione Sportiva Roma S.p.a. Attività come si è detto nel suo complesso inidonea a integrare il reato di diffamazione neppure nella forma del tentativo.

L’attività era realizzata inizialmente da Renga Roberto il quale alla fine di un’intervista, a telecamere spente, in presenza del figlio Renga Francesco, aveva chiesto al Calabresi, testualmente, se gli interessasse "una storia di massoneria all’interno Roma". Come dichiarato dal medesimo giornalista lo stesso si era stupito dell’offerta tanto che aveva creduto "trattarsi di uno scherzo". Poi, quando il Renga gli aveva detto che aveva dei documenti che provavano quello che diceva, gli aveva chiesto chiarimenti e il Renga aveva risposto che si trattava di intercettazioni di sms intercorsi tra Baldini e Baldissoni, sms dai quali emergeva l’appartenenza di entrambi alla massoneria. Faceva riferimento al saluto con la sigla "t.f.a." (triplice fraterno abbraccio) a logge, grande maestro, tornate, etc.

Il medesimo Renga riferiva che negli sms si faceva un accenno a lui come colui che "cambiava spesso la macchina e che ora girava con una Smart nera" e contestualmente gli indicava la sua Smart nera.

Tutte affermazioni del Renga che facevano ritenere al giornalista Calabresi, come dal medesimo dichiarato in data 20 marzo 2012 (cfr verbale in pari data di sommarie informazioni rese al Pm) che ci fosse "una forma di mitomania in quello che (il Renga) stava dicendo".

In sostanza, come emerge dalle dichiarazioni del Calabresi, non ha mai ritenuto attendibili i Renga, ha immediatamente pensato si trattasse di una notizia assolutamente priva di credibilità, e si è recato ugualmente ai successivi appuntamenti all’esclusivo scopo di vedere dove i predetti intendevano arrivare. In proposito il Calabresi ha infatti riferito "devo dire che ho dato pochissimo credito all’attendibilità del Renga. Per questa ragione mi sono recato all’appuntamento del giorno successivo con la telecamera nascosta".

A proposito dell’inverosimiglianza delle informazioni del Renga si evidenzia che il Calabresi quando si è allontanato dal luogo dell’appuntamento, ha avuto piena contezza del fatto che quanto detto e quanto mostratogli dai Renga fosse assolutamente privo di credibilità e di verosimiglianza. Il Calabresi riferiva quindi che il giorno successivo aveva mostrato il filmato a Daniele Lo Monaco, responsabile della Comunicazione della A.S. Roma, al preciso scopo di avvertirlo di questo tentativo di diffusione di notizie fasulle. Ulteriore circostanza questa che rileva l’assoluta inverosimiglianza dei fatti raccontati dai Renga e la conseguenza inoffensività di dette comunicazioni. Il giornalista Paolo Calabresi, in ogni caso, ha alimentato e sollecitato la condotta degli indagati, come dal medesimo riferito. La sera del 1 marzo 2011 (è un errore: è il 2012, ndr) ha infatti spedito a Renga Roberto un sms dal seguente tenore: "forse c’è un modo", lasciandogli intendere che forse "Le Iene" avrebbero potuto pensare di farne un servizio come da lui suggerito. Il Renga "abboccava al messaggio" e rispondeva: "sì?". All’incirca mezz’ora dopo, per effetto dell’esito positivo della "provocazione" il Calabresi riceveva la telefonata di Giuseppe Lomonaco, il quale gli diceva che era con Renga Roberto nel momento in cui il medesimo aveva ricevuto il suo sms, che i documenti che il Renga Roberto gli aveva mostrato provenivano da lui e da Mario Corsi e che erano stati loro a consegnarli al Renga. Lomonaco Giuseppe lo invitava quindi a un incontro per evitare di parlare al telefono. Gli stessi si incontravano il giorno 3 marzo 2012 alle ore 16,30. Il Calabresi aveva avvertito il Renga Roberto dell’incontro con Lomonaco Giuseppe e il Renga gli aveva detto testualmente di procedere tranquillo perché erano un unico gruppo di lavoro riferendosi espressamente a Lomonaco e a Corsi Mario.

Corsi Mario entrava nella vicenda perché indicato da Giuseppe Lomonaco come colui che aveva ricevuto la documentazione. Nel corso della conversazione con il Calabresi, che riprendeva il colloquio con la telecamera nascosta, il Lomonaco ad un certo punto si era accorto della stessa e il Lomonaco lo invitava a un appuntamento con Mario Corsi presso radio "Centro Suono Sport". Il colloquio con il Corsi si risolve in sostanza in un tentativo del Corsi di non far divulgare dal Calabresi le informazioni fasulle che avevano tentato di spacciargli. In particolare a riguardo il Calabresi riferisce che il Corsi, salutandolo lo aveva accompagnato all’ascensore per chiedergli di non rovinare la carriera del Lomonaco. Il 12 marzo 2012 il Calabresi è stato infine contattato da Luciano Moggi. Si tratta di un contatto dai contorni non definiti. In particolare in riferimento ad esso il Calabresi riferisce di una conversazione "strana", in sostanza dopo pochi convenevoli, persona in compagnia del Moggi aveva chiesto al Calabresi, senza altri preamboli, se era il padre di quel Calabresi che giocava al calcio con la squadra giovanile della Roma, che giocava molto bene e il Moggi faceva menzione del torneo Arco di Trento con frase del tipo "lo seguiamo". In realtà dall’ascolto della ripresa audio effettuata dal Calabresi emerge che fu il Calabresi a parlare per la prima volta del figlio e non Moggi. Il Calabresi menzionò infatti i propri figli quando specificò le ragioni di un trasferimento verso appartamento più grande. Dalla conversazione menzionata, anche in base alle successive indagini, non è emerso nessun coinvolgimento del Moggi diretto in qualche modo a inserirsi nella condotta degli indagati.

La stessa documentazione offerta al Calabresi dai Renga e dal Lomonaco è stata offerta altresì da quest’ultimo al giornalista del "Fatto" Malcom Pagano in data 2 marzo 2012. In particolare, come emerge dalle dichiarazioni rese dal Pagano, (cfr. verbale di sommarie informazioni rese al personale della Questura di Roma divisione anticrimine il 16 marzo 2012) tali informazioni furono qualificate dalla direzione del "Fatto", senza mezzi termini, "mondezza", la qualificazione di mondezza delle comunicazioni, anche in questo caso evidenzia l’inidoneità delle informazioni offerte ad offendere l’altrui reputazione.

Così descritta la condotta degli indagati in base alle dichiarazioni del giornalista Calabresi e del giornalista Pagano, anche in base alle riprese audio visive registrate dal Calabresi con telecamere nascoste, si evidenzia che la copia delle c.d. "intercettazioni di messaggi" mostrate al Calabresi dal Renga e poi dal Lo Monaco sono state effettivamente rinvenute a seguito di perquisizione presso l’abitazione del Renga. Trattasi di una serie di messaggi tra due utenze telefoniche, effettivamente quelle del Baldini e del Baldissoni. Nel primo foglio è indicato genericamente l’utenza e alla riga successiva la dizione "ott. - totale rilevati - 34" e seguono, con l’indicazione di sms ricevuti e inviati e con annotazione dell’utenza una serie di messaggi brevi, nel secondo foglio dopo l’indicazione dell’utenza segue la dizione "1/11/2011 - 30/11/2011 totale rilevati - 32" e seguono, con l’indicazione di sms ricevuti e inviati e con annotazione dell’utenza una serie di messaggi brevi.

Riguardo al brogliaccio rinvenuto va evidenziato preliminarmente che è emerso che tra le due utenze ivi indicate non vi è stato scambio di messaggi dello stesso numero bensì un numero inferiore. La mancata indicazione degli orari e la stesura stessa del "brogliaccio" evidenzia che non trattasi né di una effettiva falsificazione di intercettazioni di conversazioni via sms né di tabulati illecitamente ottenuti, in particolare, come emerge dall’informativa della Questura di Roma Divisione investigazioni generali operazioni speciali, dall’acquisizione dei tabulati telefonici relativi al traffico telefonico delle utenze in uso a Baldini Franco e Baldissoni Mauro è emerso che gli stessi in detto periodo si sono scambiati un numero di sms inferiori a quello risultante nei documenti sequestrati, risultano infatti 27 i messaggi scambiati nel mese di ottobre ed 11 messaggi scambiati nel mese di novembre, si tratta in tutto di 39 messaggi a fronte dei 66 risultanti dai "brogliacci" sequestrati e offerti come "notizia" ai giornalisti. La lettura degli sms assolutamente impropri quanto al tenore conferma la natura di fantasia degli stessi e peraltro la loro inoffensività.

Riguardo all’ipotizzata ricettazione si evidenzia che dalla visione del documento sequestrato emerge ictu oculi che i documenti offerti e contestualmente mostrati in visione e sequestrati a seguito di perquisizione presso il Corsi non costituiscono il provento del delitto di intercettazioni fraudolente (art. 617 quater c. p. ), né di quello di falsificazione di comunicazioni telefoniche (art. 617 ter c. p. ), tanto determina l’affermazione circa la non configurabilità del reato di cui all’art. 648 c. p. Quanto al reato di tentata diffamazione la grossolanità dell’appunto offerto al Calabresi e la modalità dell’offerta delle informazioni evidenzia l’insostenibilità, anche solo di un’accusa di tentata diffamazione. Alla grossolanità dell’appunto si aggiunge l’assoluta inverosimiglianza di quanto esposto al Calabresi dai Renga. Il Calabresi, in realtà, sin dal primo approccio con il Renga, quando questi gli fece il primo accenno ad affari di Massoneria aveva creduto trattarsi di uno scherzo. Dalla lettura dei documenti il fatto appare ancora più grottesco ove si legge effettivamente un saluto "ridicolo" del tenore T. f. a. Come riferito dal Malcom Pagano le informazioni offerte sono state senza alcuna esitazione definite "mondezza" dai giornalisti che le hanno visionate.

Nel complesso dai fatti così come ricostruiti emerge in generale un’attività di disturbo dei dirigenti dell’Associazione Sportiva Roma, ma trattasi di attività nel suo complesso inidonea ad integrare fattispecie penalmente rilevanti.

Il tentativo di spacciare come veri i documenti riproduttivi degli sms inventati costituisce comunicazione non avente contenuto offensivo della reputazione del Baldini e del Baldissoni per l’assoluta inverosimiglianza della stessa e la percezione da parte dei giornalisti che presumibilmente avrebbero dovuto essere gli ignari partecipi della divulgazione.

In riferimento alle dichiarazioni del Renga riferite al Calabresi contro i dirigenti della A.S. Roma Calcio, manca poi ai fini della configurabilità del reato la comunicazione a più persone trattandosi di comunicazione alla quale era presente solo il Calabresi, e peraltro i Renga erano ignari del fatto di essere ripresi dallo stesso.

Il reato di diffamazione nel caso di specie non appare dunque ipotizzabile.

Si evidenzia infine che la competenza è stata ritenuta ai sensi dell’art. 6 d.gls 274/00 per la connessione con l’art. 648 c.p.

Ritenuta l’infondatezza della notizia di reato.

Visti gli artt. 408/411 c.p.p., 125 D.Lv. 271/89

CHIEDE

che il Giudice per le indagini preliminari in sede voglia disporre l’archiviazione del procedimento e ordinare la conseguente restituzione degli atti al proprio Ufficio.

Manda alla Segreteria per quanto di competenza.

Roma, lì 31 agosto 2012

IL PROCURATORE DELLA

REPUBBLICA

(dott.ssa Paola Filippi - Sost.)

Modificato da Ghost Dog

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Mi pare che...

Qualche considerazione

sul concetto di «prescrizione»

di LUCIANO MOGGI (Libero 07-09-2012)

Addentrandoci nella polemica delle stelle sulle maglie ci siamo imbattuti in un fatto anomalo: sembra che l’Inter partecipi ad un campionato parallelo per cui ogni dieci prescrizioni possa aver diritto ad una stella sulla propria maglia.

Prima erano illibati, onesti, intoccabili, nonostante il passaporto di Recoba e la conseguente condanna penale di un dirigente dell’epoca, poi sono diventati «i prescritti», ed alla prescrizione continuano ad abbarbicarsi per sorreggere il castello, caduto, di menzogne e reticenze. Non una parola di scuse dagli spioni dell’Inter, così sentenziati sul caso Vieri dal Tribunale di Milano, e non una reprimenda da parte del presidente della Figc, Abete, cui pure tocca per statuto la difesa dei valori di lealtà. Il cultore dell’ovvio, ma anche di astrusi artifici causidici, con i quali coltiva i suoi desideri di abbattimento di chi non gli sta a genio, si limita alla solita solfa dei termini di prescrizione dei reati per lui scaduti, che impedirebbero ripercussioni della vicenda all’interno della giustizia sportiva.

Ripristinato di getto l’insuperabile (per lui) scudo prescrittivo, in altre occasioni a livello interno era bastata una chiusura ritardata delle indagini per assicurare all’Inter la stessa salvifica estinzione del diritto di fare giustizia. Diceva “no” Moratti quando gli chiedevano se fosse stato lui a ordinare i dossier. Adesso si è dileguato e sa che per analoghe risposte riceverebbe altrettante pernacchie, vuole ad ogni costo tenersi lo scudetto 2006 che non gli appartiene, che non doveva essere dato, perché i valori di limpidezza e lealtà già non c’erano quando l’ineffabile Guido Rossi decise motu proprio, di trasferirlo a Moratti con un sotterfugio di lana caprina: nessuna delibera, solo la comunicazione di una nuova classifica.

Dietro questo sotterfugio si è nascosto Abete per dire che no, non esistendo delibera, non la si può cambiare. Non ha dubbi Giovanni Malerba, ex componente della Caf ed ex magistrato della Corte d’Appello di Roma. «La ricaduta della sentenza sul caso Vieri concerne l’ineludibile revoca dello scudetto ’06. Sfido Palazzi, Abete, Petrucci e l’universo mondo a non prendere atto delle plurime condotte non limpide dell’Inter e a non trarne le inevitabili conseguenze. Se anche questa volta dovessero fare orecchie da mercante si profilerebbe una chiara omissione di atti di ufficio ex art. 328 codice penale». Petrucci, nume tutelare di Abete, non si è fatto sentire. . .

Ricordate il principio dell’etica che non va in prescrizione (Abete dixit)? Nessun principio è più adatto di questo a riportare legalità e giustizia in un mondo ingessato che non si muove di un millimetro, gestito - lo hanno detto altri - come un circolo della caccia. Un fatto privato, per intenderci, solo che la Figc non può essere cosa privata di Abete, le delibere della Federcalcio dovrebbero stare in una bacheca di vetro ed invece ogni atto è gestito in maniera personalistica, schermato quasi da non essere capito, e anche nascosto. È nota la vicenda delle radiazioni, un accanimento nei nostri confronti, altre radiazioni invece vengono revocate, in maniera misteriosa, la delibera che l’ha decisa chiusa a chiave, non si sa dove, negli atti della Figc nessuna traccia, sparita. Dovrebbe bastare questo per indurre Petrucci a vederci chiaro, rimuovendo la copertura a favore del suo... protetto. Il quale nel frattempo ha tentato di far pace con Andrea Agnelli: consigliamo ad Andrea di stare attento. Il patron bianconero rivuole semplicemente i due scudetti tolti ed ha ragione. Nessun campionato è stato alterato, così sentenziato, caro Abete, dalla giustizia sportiva e anche da quella penale.

Con la sua decisione il Tribunale di Milano ha scoperchiato il vaso di Pandora dei metodi usati dall’Inter, spiate e dossier a danni di arbitri, dirigenti di società rivali, Gea, Juve, la stessa Figc, il tutto violando ogni privacy. Era lo spionaggio industriale dal quale dovevamo difenderci, nelle trattative di mercato vedevamo intrusioni che non riuscivamo a spiegarci. Fu per questo che decidemmo di avvalerci di schede straniere. Parlavamo di spionaggio già quando la ben orchestrata tagliola mediatica ci raffigurava come la personificazione del male (!), mentre semplicemente cercavamo di difenderci da chi aveva ben altri mezzi (Telecom e la sua Security).

C’è chi interpreta la sentenza Vieri come possibile apripista di una rivisitazione di Calciopoli. Ogni nefandezza è stata compiuta dietro quella vicenda costruita ad arte e abbracciata da un quotidiano sportivo. È sempre la stessa storia. Oltre ad aver inventato un reato inesistente, l’illecito strutturale, si poggiò la sentenza sul “sentimento popolare” in spregio a ogni civiltà del diritto. Povera Italia...

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Maggiori infoclose

ATTIVITÀ DEGLI AMICI

1 - 0 di nullprec avanti

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Non chiamatelo “Frate Massimo”

Scritto da Eurosport | Roberto Beccantini – 8 minuti fa


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Al di là del caso Vieri, molto grave, e in attesa che vengano tagliati i nodi De Santis e Moggi, ancora più gravi, il problema riguarda sempre la voragine lasciata da Calciopoli. Spionaggi illegali, l'argomento scotta. La giustizia è pregata di fare il suo corso, ma non, possibilmente, sull'aria della pucciniana «Madama Buterfly»: «Un bel dì, vedremo levarsi un fil di fumo». Un fil di fumo? No, grazie: abbiamo già dato.

Non discuto, tornando alla calda estate del 2006, le responsabilità della Juventus, e le relative sanzioni in ambito sportivo, soprattutto se l'associazione a delinquere inflitta a Giraudo e Moggi dovesse mai «resistere» in appello; contesto il percorso netto di Carraro, i buffetti al Milan, lo scudetto regalato all'Inter e, sempre a proposito di Inter, lo scandalo delle telefonate scomparse in base alle quali, secondo il procuratore Stefano Palazzi, la società nerazzurra avrebbe dovuto rispondere di illecito sportivo (articolo 6, Giacinto Facchetti) e slealtà sportiva (art. 1, Massimo Moratti). Auricchio, dico a lei.

Ogni tifoso coinvolto fissa il suo podio; e sin qui, nulla di male. Quello che mi disturba è la patente di santità che gli interisti si tramandano di tabulato in tabulato, neanche fossero fraticelli. Il procuratore Antonio Ingroia ha parlato di «squadra della legalità». Prego? Riassumo per sommi capi: passaporto di Recoba, patteggiamento di Oriali, bilanci borderline, intercettazioni omesse (por qué?), dossieraggi misteriosi e illegali, dossier Nucini, il nome di Facchetti speso nei nodi cruciali, sia prescritti sia pendenti. Tutto o quasi per legittima difesa, naturalmente.

Non è facile districarsi tra le schede svizzere di Luciano (Moggi) e gli schedati italiani di Giuliano (Tavaroli), però non è che nel 2006 Moratti e Facchetti andassero all'asilo. E comunque, basta con 'sta storia del «celopurismo» di Massimo contrapposto al «celodurismo» di Andrea, che sbaglia a dare retta ai tifosi (stelle, sistema dittatoriale e menate assortite) ma fa bene a portare avanti, nelle sedi opportune, le cause che ritiene giusto portare avanti. La perenne contrapposizione guardie-ladri mi sembra oggettivamente forzata e faziosa. A Moratti piace che lo specchio rifletta l'immagine di una società onesta, pura, vergine, ma se al cuore (e a Tavaroli) si può comandare, allo specchio no: comanda lui.

Il vangelo recita «Scagli la prima pietra chi è senza peccato», e non chi ne ha commessi di meno. Andate in pace.

ps scusate la foto se potete toglierla sefz

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... CARLO BONINI (la Repubblica - Roma 07-09-2012): L’idea è vecchia come il cucco. Rifilare a qualche “giornale” o tv che conta quella robaccia. Aspettare che faccia capolino in edicola o “on air” e poi saltarci sopra, rilanciandola. Convinti che il vecchio mantra paghi sempre. Perché in fondo non importa se una notizia è vera o falsa. L’importante è che qualcuno ci creda. ...... "

Scolpite queste parole nella pietra e soprattutto tiratele fuori quando questa "tecnica" verrà usata contro la Juve.

Più che giornalisti si tratta di "professionisti della macchina del fango": a Repubblica se ne intendono! Vero Mensurati e Foschini???

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SPY CALCIO di FULVIO BIANCHI (Repubblica.it 07-09-2012)

Palazzi e le inchieste

che aspettano risposte

Giancarlo Abete gli ha promesso la riconferma, altri quattro anni: il superprocuratore Stefano Palazzi resterà quindi al suo posto. Ha avuto, è vero, una primavera-estate molto impegnativa: non tutte le arringhe hanno avuto successo. Fallito il patteggiamento con Conte, assolti Bonucci e Pepe. Capita, ai pm. Ma ora Palazzi dovrà dare altre risposte: a) che fine ha fatto l'inchiesta su Genoa-Siena, partita dello scorso campionato (22 aprile), la partita della vergogna coi giocatori di casa obbligati a togliersi la maglietta? Una cosa mai vista in passato. La procura della Repubblica di Genova ha passato già le carte a Palazzi: quando decide il procuratore Figc? Deferimento o archiviazione? Lo faccia sapere, sono passati tre mesi e mezzi (e la giustizia sportiva dovrebbe essere veloce...). B) Aurelio De Laurentiis non ha presentato il Napoli alla premiazione della Supercoppa a Pechino. Un pessimo gesto che ha ben pochi precedenti nello sport: il fascicolo ora è passato dal giudice Tosel alla procura federale. Che decide Palazzi? Si fa finta di niente? C) Non solo la Juve ha fatto due comunicati di fuoco, sulla "barbara" giustizia sportiva, ma anche Conte ha tuonato contro i giudici che lo hanno condannato: ci sono gli estremi del deferimento o adesso si può dire di tutto? Basta che Palazzi ce lo faccia sapere. D) Calcioscommesse: a che punto è l'inchiesta che riguarda Napoli, Genoa e Lazio? Ci saranno altri interrogatori (Mauri, ad esempio, è già stato sentito)? Ci saranno deferimenti e processi a stagione in corso? Probabile. Palazzi aspetta ancora carte da Cremona e per questo va lento? Silenzio totale. Intanto, si gioca. Una giustizia a rate. Quando si finirà? E poi bisogna riformare la giustizia sportiva: non solo la responsabilità oggettiva, che in qualche caso è troppo penalizzante per i club ma che resta un caposaldo dello sport (come ha ricordato più volte Petrucci). Ma, anche tenendo conto delle necessità di fare in fretta, perché non consentire almeno i confronti in aula fra i vari imputati? Perché, ad esempio, non mettere di fronte Conte al suo accusatore Filippo Carobbio?

Lega serie B: è nata la Web Tv

Nasce la Web B Tv del calcio. Nella homepage del sito www.legaserieb.it/it sono disponibili, on demand, le immagini di tutti gli highlights della Serie bwin, integrate dalla prossima settimana con altri contenuti speciali, come le migliori parate, i giocatori della settimana e un focus sui gol più belli. Un nuovo servizio per tutti i tifosi della Serie bwin che va ad aggiungersi al flusso di notizie e alla photogallery, già presente sul sito ufficiale della Lega Serie B, alle statistiche e ai contenuti e alle notizie provenienti da tutte le società della Serie bwin e dalla Lega.

Federgolf, Franco Chimenti candidato unico

Giovanni Petrucci ha messo fretta a tutti: entro fine anno, massimo gennaio 2013, le Federazioni dovranno tenere le loro assemblee elettive. La Federtennis addirittura vota già il 9 settembre: appuntamento a Fiumicino. Via libera, liberissima, per l'attuale presidente, Angelo Binaghi. Nessun problema nemmeno per Franco Chimenti, n.1 della Federgolf. L'assemblea si terrà il 24 settembre a Milano. Chimenti è candidato unico: ha sviluppato il golf in questi anni, facendolo diventare uno sport sempre più popolare. I consiglieri saranno ridotti da 16 a 11. Non ci dovrebbero essere grandi ribaltoni nelle altre Federazioni: ci saranno solo 5-6 cambiamenti. Alla Federugby cambio della guardia: lascia Giancarlo Dondi, arriva Alfredo Gavazzi.

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Le panchine costano meno Mazzarri e Allegri paperoni

Gian Piero Scevola - Il Giornale -07-09-2012

Per fortuna che Luis Enrique se n'è andato: per sciogliere il rapporto con la Roma ha rinunciato a 2 milioni, evitando di farne spendere uno alla società. L'altro è stato dato a Zeman. Tutto conta e tuto quadra quando si parla di spending review. Le panchine d'Italia ne avevano bisogno. Ragazzi, non c'è più una lira, pardon un euro. É difficile, quasi impossibile, sentire di calciatori che si autoriducono gli ingaggi, piuttosto vanno all'estero pur di mantenere lo stipendio italiano, anche perchè in Francia e Inghilterra imperversano gli sceicchi spendaccioni. Eppure se la Serie A può, dopo un'eternità, chiudere il mercato estivo con un attivo di 27,19 milioni, lo si deve in particolare ai tanti piedi d'oro che se ne sono andati: Ibrahimovic, Lavezzi, Thiago Silva, ma anche i fine contratto come Gattuso, Seedorf, Inzaghi, Flamini e Amauri. I presidenti Paperoni sono stati costretti a tagli agli stipendi di pochi volonterosi e dei giovani, vendite patrimoniali, giocatori ceduti a costo zero, senza alcuna follia per i nuovi acquisti.Ma nettamente attiva è anche la voce allenatori che, rispetto alla passata stagione, hanno fatto risparmiare ai 20 club di A la bella cifra di 4,210 milioni di euro. Una grossa mano l'ha data Luis Enrique. La voglia di Zeman di tornare a Roma, dove peraltro abita da sempre, era tanta. Pensate che lo sganciamento da Luis Enrique ha permesso alla Roma di raddoppiargli gli emolumenti rispetto a quanto prendeva a Pescara. C'è rimasto male Vincenzo Montella che, subito contattato dai giallorossi, aveva chiesto lo stesso ingaggio del tecnico spagnolo ricevendo un cortese no. Ed è arrivata l'offerta della Fiorentina. La Viola, perso Delio Rossi, ha dovuto alzare di 300.000 euro la spesa per avere l'aeroplanino. Un affare comunque per Montella che ha quasi triplicato l'ingaggio incassato a Catania. Oggi è arrivato a un millione e 300mila euro.Può dirsi soddisfatto anche Andrea Stramaccioni che, rispetto ai 150.000 euro della passata stagione (tanto guadagnava partendo dalla primavera interista) è ora passato a 600.000 con un bel contratto triennale(che sarà integrato dai bonus) e con Moratti che, facendo bene i conti, piange sui 2,5 milioni dati al duo Gasperini-Ranieri, ma può sorridere sul risparmio futuro di Strama. Un altro che può fare i salti di gioia è Ciro Ferrara che, passando dalla guida dell'Under 21 alla Sampdoria, ha più che raddoppiato quanto percepiva con gli azzurrini: siamo a un milione e 200mila euro. Non mollano un colpo invece i pezzi da novanta e primatisti negli ingaggi Mazzarri e Allegri, con Antonio Conte che sembrava destinato a raggiungerli in vetta. Andrea Agnelli aveva previsto per lui un sostanzioso aumento, bloccato dalla squalifica del tecnico. In tre sfiorano i sette milioni annui.Nel complesso però la filosofia di abbassare i costi è stata accettata di buon grado da tutti i club, con contratti prevalentemente annuali (Ficcadenti, Maran, Di Carlo, De Canio, Donadoni, Stroppa), i restanti sono biennali ad eccezione dei triennali di Stramaccioni, Conte e Guidolin. Insomma, meno si spende meglio è, ma questo si sa da sempre.

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Inter: Vieri, il milione non basta: "La causa va avanti"

Tiziana Bottazzo - Gasport -7-09-2012

«Ci sono ancora un po’ di cose da dire sulla causa con l’Inter. Stanno parlando tutti, ma al 90% non sanno cosa dicono. Quando sarà il momento parlerò io. La causa va avanti». Bobo Vieri è scatenato. In primo grado Inter e Telecom sono state condannate a risarcire l’ex attaccante con unmilione di euro (500 mila euro a testa) per i pedinamenti e le intercettazioni subiti dal 2000 al 2004. Vieri arriva al Dancelab di Natalia Titova sulla Cassia, felice e rilassato. Scarpe da tennis, bragoni da cestista e Tshirt, sculetta e piroetta rispolverando i movimenti dell’ultima edizione di «Ballando con le stelle» che l’ha visto protagonista. Domani lo aspetta una replica al Palaterme di Fiuggi (ore 21) per una serata speciale voluta dalla Carlucci intitolata «Ballando con Milly».

Poi tocca a me La musica invade la sala, «stelle» e maestri ballerini si danno da fare. Bobo aspetta che Natalia Titova si cambi per provare passi e moine (come da video che potete vedere su giornalaccio rosa.it). Intanto balla da solo. «Ne devo fare sette di balli a Fiuggi. Una faticaccia. Mami diverto da morire a ballare. Poi? Boh, si vedrà. Intanto seguo le cose mie, non mi lamento. Della sentenza non vorrei parlare. Lo farò dopo, ci sono ancora un po’ di cose da dire. La causa non è finita, andrà avanti».

Single che non cerca… Ha detto molto, quanto basta. Si chiude a riccio. Torniamo al ballo. E non solo. «Sì, sono single e cerco una compagna. Anzi non la cerco perché quando la cerchi, poi non la trovi». «Ballando con le stelle» ha portato bene, Natalia Titova mostra la gravidanza avanzata, è la secondogenita della sua unione con il nuotatore Massimiliano Rosolino, amore nato tra un ballo e l’altro. «Sono su piazza? Ebbene sì, sono freeeee», sbotta Vieri divertito. E felice.

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Allo stadio gratis, ora piantatela

A Roma i biglietti omaggio «per le autorità» sono 400, a Milano 320, a Napoli «si cerca di accontentare tutti». Inizia il campionato e scatta la caccia al privilegio. Degli onorevoli, ma anche dei giornalisti e dei manager

di SILVIA CERAMI (l'Espresso.it | 24 agosto 2012)

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E' bastato che il Pescara, neo promosso in serie A, facesse sapere di non voler più concedere 150 biglietti omaggio a consiglieri, assessori e parlamentari locali per far scattare un contropiede degno dell'Italia campione di Enzo Bearzot. «Non rivendichiamo biglietti o abbonamenti gratis, ma il rispetto dello Statuto, che dà la possibilità a consiglieri, assessori, sindaco e difensore civico di entrare nelle strutture sportive per verificare che non ci siano problemi. Vogliamo esercitare il nostro diritto», hanno argomentano i consiglieri comunali Renato Ranieri e Fausto Di Nisio. E per verificare la sicurezza in campo il momento opportuno pare essere proprio quello della partita.

«Una partita di campionato è uno spettacolo di alta qualità che va tutelato, non regalato a chi non ha bisogno di regali. Se vogliamo invitare qualcuno, agli 'amici degli amici' o ai 'lei non sa chi sono io', preferiamo studenti meritevoli che domani potrebbero diventare nostri tifosi o destinatari di iniziative specifiche di carattere sociale», dice il responsabile comunicazione della Fiorentina, secondo il quale bisogna «estirpare un fenomeno tipicamente italiano». Parliamo di oltre 100 biglietti ad evento richiesti da politici e autorità locali, più di un migliaio per le partite clou. E così i Viola di Diego Della Valle si sono dati un obiettivo: «Ridurre del 75 per cento in due anni la quota degli omaggi, naturalmente escludendo quelli riservati alle categorie che ne hanno diritto in conseguenza di leggi, normative o convenzioni, come per esempio, istituzioni, forze dell'ordine, enti, autorità federali».

Rimangono così salve le 136 tessere, comprese le 10 di servizio, date ai rappresentanti del Comune di Firenze in base alla convenzione per la concessione d'uso e di gestione dello stadio Franchi. Perché se ogni club può decidere se regalare alcuni biglietti omaggio, resta l'obbligo di fornire alcune tessere gratuite ai proprietari dello stadio. A Palazzo Vecchio si è deciso che più della metà sia devoluta ad associazioni sportive e di volontariato, ma ogni amministrazione può stabilire quantitativi e destinatari a propria discrezione. «I club di calcio sono ostaggi delle municipalità» tuona Marcel Vulpis, direttore di SportEconomy, «il fatto che 19 club di A su 20 non abbiano la titolarità e la gestione autonoma della struttura è un'anomalia. Un'anomalia tutta italiana, perché all'estero gli stadi sono di proprietà dei club. Se fossero titolari potrebbero decidere autonomamente come gestire questi biglietti».

Tranne la Juventus che è proprietaria dell'omonimo Stadium, tutti gli altri club, in attesa della legge bipartisan sugli impianti sportivi che a settembre va in terza lettura al Senato dopo un blocco di tre anni alla Camera, devono fare i conti con convenzioni e biglietti omaggio in contropartita.

Milan e Inter ad esempio consegnano per ogni match di Campionato e di Coppa al Comune, proprietario del Meazza, 320 ticket. «I biglietti non sono da considerarsi veri e propri omaggi ma rientrano nel canone di locazione dell'impianto sportivo, una convenzione che durerà fino al 2030» spiegano i due club all'ombra della Madunina. Poco meno della metà sono riservati a Palazzo Marino: quattro a partita al sindaco Giuliano Pisapia, due a ognuno dei 12 assessori, due al presidente del Consiglio comunale, due a ognuno dei 48 consiglieri comunali e poi due al direttore generale e ancora altri due al segretario generale. Quasi 160 biglietti che garantiscono l'accesso alla Tribuna Autorità o all'Anello Rosso. Quello che ai tifosi costa almeno 150 euro a partita. La restante parte dei 320 coupon, fino alla scorsa stagione, era assegnata discrezionalmente dal gabinetto del sindaco. Da quest'anno finirà nelle mani dei cittadini milanesi. Studenti, volontari e dipendenti comunali che li riceveranno tramite sorteggio.

«Se il Comune assegnerà la maggioranza dei biglietti a semplici cittadini, bene. Se così non sarà, la svolta annunciata sarà solo una foglia di fico. Attendo fiducioso di conoscere i dettagli del piano» commenta Marco Cappato, consigliere comunale dei Radicali, che si batte per eliminare il privilegio del biglietto omaggio. «In un anno ho restituito 100 biglietti omaggio per San Siro, per un equivalente di 15 mila euro. Li regalo con una lotteria. Credo poi sia necessario rinegoziare l'attuale convenzione che assegna biglietti omaggio per un equivalente economico di oltre 10 milioni di euro per il solo Campionato e almeno altrettanti per le Coppe e gli eventi musicali, al fine di abolire questo assurdo sistema».

Un sistema, quello del numero di ticket da dare alla proprietà degli impianti, su cui si sono giocati scontri degni dei più violenti ultras. Come quello tra il patron della Lazio Claudio Lotito e il Coni, proprietario dello Stadio Olimpico. 1.350 biglietti per ogni partita, di cui 900 omaggio e i restanti in tessere di servizio. A tanto ammontava, fino allo scorso anno, il pacchetto che Lazio e Roma dovevano fornire al Comitato Olimpico, in base alla convenzione d'uso dello stadio romano.

Poco importa che ora la AS Roma della nuova gestione Di Benedetto abbia scelto di bandire le tessere omaggio e seguire la filosofia degli States in cui «i posti migliori sono venduti a prezzi più cari perché lo status symbol non è essere in tribuna gratis, ma comprarsi il biglietto». Se infatti Leonardo Rossi, responsabile vendite «vuole un sistema virtuoso e non viziato con pacchetti stagionali Premium per chi crede concretamente e non a parole nei colori giallorossi», esponenti politici di ogni estrazione possono contare sul Coni per godersi la partita da invitati. Con la nuova stagione però dovranno faticare un po' di più. I posti a disposizione, secondo la nuova convenzione, sono solo 400. Cioè 120 nella nuova Tribuna Autorità del Comitato Olimpico e i restanti distribuiti tra la tribuna d'onore e la Monte Mario. E, spiegano dal Comitato, sarà una tribuna 'Onesti': il principio primario è destinare i biglietti alle categorie benemerite dello sport italiano. Lo staff ristretto del presidente Giovanni Petrucci, valuterà di volta in volta in base alle richieste. «Quello che fa la Roma è giusto, nessun privilegio» commenta il romanista Maurizio Gasparri che però rimarca la sua posizione. «Vado alla tribuna del Coni fino a quando mom sarà abolita non ci andrò. Ma non ci sono solo politici, sa. Ci sono anche manager, dirigenti pubblici, direttori di giornali e magistrati. Ho visto spesso Antonio Ingroia che è interista e da Palermo si muove spesso per vedere la partita. E con lui si muove pure la scorta».

Ingroia fa sapere di aver visto «solo un paio di partite. E' vero che sono tifoso dell'Inter, ma il mio tempo libero è poco. E quando ho visto la partita a Roma già ero lì per lavoro». Preferisce pagarsi autonomamente l'ingresso, Enzo Carra, laziale dell'Udc: «Di solito vado con mio figlio e compro il biglietto. In altre epoche a volte ho chiesto al Coni, non l'anno scorso però perché Lotito aveva aperto un contenzioso. Piuttosto stiamo pensando a un super abbonamento dei parlamentari in modo che si tassino e versino una quota alla società».

Ma ci sono anche squadre che non sembrano avere problemi con i biglietti da regalare. «Abbiamo un accordo con il Comune e poi diamo altri biglietti omaggio. Non è un problema. Cerchiamo di accontentare tutte le richieste, non ne riceviamo poi molte» spiegano dall'ufficio stampa del Napoli. Forse perché c'è anche chi, come Gaetano Quagliariello, che nel suo ufficio vanta un altarino con le statue di Cavani e Lavezzi, preferisce «vedere le partite in tv, o magari all'estero. Per esempio ho visto Chelsea-Napoli. Sono partito con un volo low cost e ho acquistato i biglietti».

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Anche a Pisapia piace il pallone

Il sindaco di Milano conferma i 150 biglietti gratis allo stadio per i consiglieri comunali e di dirigenti di Palazzo Marino. E cerca di arginare le proteste regalandone altri 160 a studenti e associazioni

di M.S. (l'Espresso.it | 30 agosto 2012)

Mentre il Governo Monti cerca di tagliare benefit e privilegi per i politici di ogni ordine e grado, a Milano si va contro corrente. Centocinquanta posti gratis per lo stadio di San Siro saranno ancora a disposizione dei membri della giunta Pisapia, consiglieri e dirigenti di Palazzo Marino.

L'assessore comunale allo Sport Chiara Bisconti ha difeso così la decisione: «La mania anticasta rischia di far apparire come ingiuste anche cose ragionevoli: i consiglieri sono eletti dai cittadini».

Così maggioranza e opposizione conservano due biglietti omaggio a testa mentre la revisione dei criteri di ingresso al Meazza ha toccato i biglietti per i vip e "affezionati delle poltroncine". E dalla prima giornata di campionato 160 ticket dei 330 omaggi che spettano al Comune sono estratti a sorte tra associazioni e studenti.

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Lettere (l'Espresso | n. 37 - 13 settembre 2012: edizione disponibile dal 7 settembre 2012)

Pisapia non va allo stadio

In relazione all’articolo “Allo stadio non si rinuncia”, l’ufficio stampa di Palazzo Marino precisa che la convenzione con Inter e Milan, che prevede tra l’altro la disponibilità per il Comune di alcuni biglietti, risale al 2000 ed è trentennale. L’Amministrazione sta verificando la possibil i ta di modificarla, ma già da quest’anno sono state introdotte, da parte dell’assessorato allo Sport, importanti modifiche come la distribuzione gratuita ad associazioni di volontariato e sportive di oltre la metà dei biglietti che diventano nominali per assicurare un maggior controllo e una maggiore trasparenza. Quanto al sindaco Pisapia, in oltre un anno dal suo mandato, ha utilizzato i biglietti un’unica volta, in occasione del derby di andata Milan- Inter, il primo dopo la sua elezione, come segno di rispetto per le squadre milanesi. Il sindaco ha già precisato che non intende usufruire di biglietti dello stadio se non per motivi strettamente istituzionali, come ad esempio in occasione della visita a Milano di delegazioni straniere.

COMUNE DI MILANO Ufficio Stampa

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IL DIBATTITO SULLA VICENDA

La rabbia di Pietro e

la risposta di Pisapia

di MASSIMILIANO MINGOIA (Il Giorno 07-09-2012)

LA RIFORMA è scattata dalla prima giornata di questo campionato. A San Siro era in programma Milan-Sampdoria. Il Comune ha deciso di assegnare la metà dei suoi 320 biglietti gratuiti per le partite di Milan e Inter a semplici cittadini. «Una riforma a metà», l’ha definita il radicale Marco Cappato. Sì, perché l’altra metà dei biglietti è rimasta saldamente nelle mani dei politici di Palazzo Marino: sindaco, assessori, consiglieri comunali e presidenti dei Consigli di Zona. La polemica, naturalmente, non è mancata. C’è chi ha urlato ai privilegi della Casta. La replica di Palazzo Marino non si è fatta attendere. L’assessore allo Sport Chiara Bisconti, l’ideatrice della riforma dei ticket, ha rispedito gli attacchi al mittente: «Sono assolutamente contraria a definire Casta gli assessori e i consiglieri comunali, persone che prestano un servizio civico per un compenso spesso più basso di quello che sarebbe consono per le responsabilità che si assumono».

POCHI GIORNI dopo è stato il sindaco Giuliano Pisapia, interista doc, a intervenire direttamente sul caso dei biglietti omaggio. Il primo cittadino ha replicato con una lettera inviata a il Giorno alle parole di un giovane tifoso milanista, Pietro Vitali, pubblicate proprio sul nostro quotidiano («non è giusto che i politici entrino gratis allo stadio»). Pisapia ha spiegato al 22enne rossonero che lui, già da quando era parlamentare, non ha «mai utilizzato le facilitazioni concesse ai politici» per entrare gratis allo stadio e che da quando è sindaco l’ha fatto solo una volta, in occasione del derby Milan-Inter dello scorso 15 gennaio («mi è sembrato un tributo doveroso a due squadre che rappresentano la nostra città nel mondo»). Non basta. Il sindaco ha invitato Pietro a discutere con lui della questione a Palazzo Marino. L’incontro è imminente.

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Milano, i biglietti del Comune

rivenduti ai tifosi dai bagarini

Finiscono alla Finanza due omaggi per la partita Inter-Roma

IN AZIONE Dopo la testimonianza di una coppia di sportivi indagano le Fiamme Gialle

LA BAGARRE Marco Cappato dei Radicali: «Adesso ci dicano a chi erano assegnati»

di MASSIMILIANO MINGOIA (Il Giorno 07-09-2012)

BIGLIETTI omaggio del Comune per le partite allo stadio di San Siro che finiscono nella mani dei bagarini e vengono rivenduti a semplici tifosi. Sì, avete letto bene. È successo domenica scorsa, in occasione di Inter-Roma, seconda partita del campionato di Serie A. La Guardia di Finanza, a quanto si apprende, starebbe già indagando sul caso. Nel mirino ci sono due biglietti del primo anello rosso laterale, per la precisione del settore Y01, fila 11, posti 23 e 24. Ticket emessi martedì 28 agosto, cinque giorni prima dalla partita tra nerazzurri e giallorossi. Su entrambi i biglietti non c’è alcun riferimento nominativo ai possessori dei tagliandi, ma solo la dicitura «Comune di Milano» e l’indicazione «omaggio». Si tratta di due dei 320 tagliandi a disposizione dell’amministrazione comunale, proprietaria del Meazza, per le partite di Inter e Milan, gestori dello stadio secondo la convenzione che risale al 2000.

QUEI DUE biglietti-omaggio sono finiti nelle mani di un bagarino. A testimoniarlo è stata una coppia di albanesi, un uomo e una donna, tipi distinti, arrivati a San Siro per assistere al match. Sono stati loro due ad acquistare i due biglietti da un bagarino che si aggirava nei pressi del Meazza. I due albanesi hanno avuto dubbi sull’acquisto di quei ticket: «Chi ce lo dice che non sono falsi?». Il bagarino li ha rassicurati dando loro il numero di cellulare e affermando: «I biglietti sono veri, ma se avete problemi a entrare allo stadio potete pure chiamarmi». La coppia di albanesi ha immediatamente verificato davanti al bagarino che il numero di cellulare fosse esatto e a quel punto ha comprato i tagliandi. Ma che ci fosse qualcosa di anomalo nel fatto che quei due ticket gratuiti targati «Comune di Milano» erano nelle mani di una coppia di stranieri non è un fatto che è passato inosservato. Risultato finale: le fotocopie dei due biglietti e il numero di cellulare del bagarino sono finiti nelle mani delle Fiamme Gialle.

LA DOMANDA sorge spontanea: a chi erano stati assegnati in prima battuta quei due biglietti-omaggio del Comune? Una risposta ancora non c’è, ma potrebbe arrivare nei prossimi giorni. Dall’inizio di questo campionato, la metà dei 320 tagliandi resta nelle mani dei politici di Palazzo Marino (sindaco, assessori, consiglieri comunali e presidenti dei Consigli di Zona), mentre l’altra metà è destinata a studenti, anziani e dipendenti comunali, in quest’ultimo caso attraverso un’apposita lotteria. Un modo per tagliare, almeno in parte, i privilegi ai politici. Una riforma voluta dall’assessore allo Sport, Chiara Bisconti. Il fatto che però alcuni ticket assegnati all’amministrazione comunale finiscano nelle mani dei bagarini dimostra che qualcosa nell’assegnazione dei biglietti non funziona.

UN’ANOMALIA che non stupisce Marco Cappato, consigliere comunale dei Radicali, che si batte perché i biglietti omaggio siano sottratti ai politici: «Ticket del Comune in mano ai bagarini? L’amministrazione ora comunichi a chi erano stati assegnati quei due tagliandi. Politici o semplici cittadini, il problema sta alla radice: i biglietti omaggio per il Comune sono troppi e il fatto che finiscano nelle mani dei bagarini dimostra che vengono violate anche le regole sulla tessera del tifoso».

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Biglietti omaggio ai bagarini

Vagliati finisce nella bufera

«È mia madre a regalarli»

Il consigliere Pdl: non so che fine fanno i miei ticket

LA DIFESA DEL PIDIELLINO Un vantaggio gli accessi? Noi esponenti del Comune guadagnamo poco, non siamo in Regione o in Parlamento

di MASSIMILIANO MINGOIA (Il Giorno 07-09-2012)

I biglietti omaggio del Comune per Inter-Roma venduti da un bagarino a una coppia di albanesi e finiti nelle mani della Guardia di Finanza erano stati assegnati a lui, ad Armando Vagliati, dal 1997 consigliere comunale prima di Forza Italia e ora del Popolo della Libertà, milanista.

Vagliati, come ci sono finiti i suoi ticket gratuiti a un bagarino?

«Guardi, da quando sono consigliere comunale sono andato allo stadio con i biglietti omaggio solo in un paio di occasioni. Ho sempre affidato la distribuzione dei ticket gratuiti a mia madre, che ha 90 anni ma è ancora molto attiva nel quartiere dove abita, in piazzale Gambara. È lei che regala i biglietti per le partite di Milan e Inter a persone che a suo parere non si potrebbero permettere di andare allo stadio. Sono cittadini che spesso io non conosco. Che cosa poi queste persone facciano dei biglietti omaggio, io non lo so».

I due ticket del Comune sono stati rivenduti da un bagarino. È una fatto grave, se ne rende conto?

«Le riflessioni che mi vengono sono due. O si tratta di un cretino o di una persona che, anche a causa della crisi economica, preferisce vendere il biglietto piuttosto che andare allo stadio».

Sua madre a chi ha consegnato i biglietti per Inter-Roma?

«Mia madre mi ha detto che è una persona che lei conosce, si chiama Piero, è un signore di 50 anni. Lo stiamo cercando per chiedergli spiegazioni. Lui magari avrà dato quei due tagliandi a qualche amico. Io non ne so altro».

Scusi Vagliati, ma se quei biglietti omaggio sono finiti nella mani di un bagarino la responsabilità è sua, visto che il Comune li ha consegnati a lei in prima battuta.

«So che c’è questo rischio. Ma io non posso non credere a mia madre, che oggi sono andato a trovare e si è messa a piangere quando ha saputo la storia dei biglietti venduti. Lei ha sempre dato i ticket a conoscenti che riteneva degni della sua fiducia. Se poi queste persone li hanno venduti ai bagarini, io non lo posso sapere. È una catena incontrollabile. Ma mi dispiace molto per quello che è successo».

Che ne farà dei prossimi biglietti omaggio che le saranno affidati? Prenderà degli accorgimenti?

«Una cosa è certa: mia madre non ne vuole più sapere di quei ticket. “Non me li dare più!”, mi ha detto. A questo punto o non li userò più o li consegnerò a qualche associazione. Anche se ciò non può dare un’assoluta garanzia che quei tagliandi non finiscano in cattive mani».

Il Comune può risolvere alla radice il problema non distribuendo più biglietti omaggio. O no?

«Quello che è capitato domenica mi sembra solo un incidente circoscritto. Io credo che i consiglieri comunali possano avere queste agevolazioni. Parliamoci chiaro. Noi consiglieri comunali portiamo a casa 1.400 euro al mese. Mica abbiamo gli stipendi dei consiglieri regionali o dei parlamentari. In ogni caso se la Giunta vuole modificare la convenzione con Milan e Inter ed eliminare i biglietti omaggio, che lo faccia».

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LO SPONSOR VENDE POLLI:

I TIFOSI ANIMALISTI

CONTRO IL WERDER BREMA

SULLE MAGLIE DEI CALCIATORI CAMPEGGIA IL NOME DI UN FAMOSO

MARCHIO DI ALLEVAMENTO. COSÌ, TRA PROTESTE E RINUNCE

AGLI ABBONAMENTI, LA SOCIETÀ DEVE DECIDERE SE DARCI UN TAGLIO

di LUCA CARDINALINI (IL VENERDI DI REPUBBLICA | 7 SETTEMBRE 2012)

BREMA. Sono molti i tifosi del Werder Brema delusi dall'inizio della Bundesliga, il campionato di calcio di serie A tedesco. Non tanto per gli scarsi risultati sul campo, quanto piuttosto per il nuovo sponsor della squadra, che compare sulle magliette verdi della squadra. Wiesenhof c'è scritto, e fin qui sembrerebbe una sponsorizzazione come un'altra. Contratto biennale da non disprezzare, dai cinque agli otto milioni di euro a stagione. «Crediamo che la nostra azienda possa scrivere la storia della Bundesliga, siamo lieti di essere parte di questo successo» ha detto il capo marketing della Wiesenhof. Ingo Stryck. Solo che la ditta è un marchio leader dell'allevamento e della vendita di pollame in Germania. Fa parte di un gruppo più grande, il Phw Lohmann, sede nella Bassa Sassonia, che ogni settimana «lavora» quattro milioni e mezzo di polli. Una strage, per tutti coloro che da anni si battono contro gli allevamenti intensivi e contro le crudeltà inflitte sugli animali.

Naturalmente, il campo di battaglia è vario, reale e virtuale. C'è chi si è «dimesso» da tifoso del Werder, restituendo l'abbonamento o non rinnovandolo, oppure boicottando il marketing societario, ad esempio acquistando (e facendo acquistare) solo magliette «no logo», senza la scritta dello sponsor in evidenza. Poi c'è internet dove esiste un gruppo con migliaia di iscritti (in costante aumento) che si chiama proprio così: «Wiesenhof sponsor del Werder? No, grazie».

Anche qui: c'è chi l'ha presa molto sul serio (con slogan del tipo: «Niente sangue sulle maglie del Werder») e chi ha cercato di scherzarci sopra, disegnando una maglia con i musicanti storici di Brema (asino, cane e gatto), più un quarto, un pollo macellato.

C'è da dire che, tra tutte le tifoserie, quella del Werder - quattro volte campione di Germania - è una delle più suscettibili. Nel recente passato, i supporter avevano già contrastato altri sponsor della società, la banca Citybank o la catena di abbigliamento Kik. Ma imboccare una via d'uscita a questo punto non è semplice, e soprattutto non è gratis.

Il Werder ha infatti affidato la sua campagna di commercializzazione a una società, la Infront, che fa questo di mestiere, cioè cerca sponsor e ricava commissioni. Una clausola del contratto prevede la possibilità per il club di porre il veto su uno sponsor, ma, se mai dovesse farlo, dovrebbe risarcire la lnfront. E non sembra che la società calcistica intenda seguire questa strada.

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Ex avvelenato Parla Elia, meteora bianconera

«Ho giocato con Pirlo, ma Sneijder è meglio»

«Non sono uno scarto della Juve: non mi hanno dato chance»

Conte strano Voleva ali rapide, poi ci ha ripensato e ho chiuso

di ALEC CORDOLCINI (il Giornale 07-09-2012)

Ricordate Eljero George Rinaldo Elia? Si, l’olandese che doveva far carriera nella Juve? Oggi è al Werder Brema.

Elia, tra lei, Arnautovic e Papastathopoulos, il Werder Brema sembra diventato una squadra di scarti della Serie A?

«Per considerare un giocatore uno scarto bisognerebbe prima vederlo all'opera. Io alla Juventus non ho avuto questa possibilità».

In effetti 97 minuti in Serie A e 56 in Coppa Italia sono spazi concessi a un ragazzino della Primavera, non a un giocatore che l'anno prima giocava una finale mondiale. Cosa è successo?

«Bisognerebbe chiederlo al signor Conte, io non l'ho ancora capito. La prima volta che ci siamo incontrati mi ha detto che gli servivano ali rapide per il suo 4-3-3. Mi ha messo in campo un tempo, poi mi ha sostituito ed è passato a un 3-5-2 senza ali. Fine della storia. Non c'è stato allenamento o partitella amichevole che gli abbia fatto cambiare idea ».

Cosa pensa di Conte come allena­tore?

«Che è pagato per vincere e lui lo ha fatto, quindi è bravo. Logicamente un giocatore che resta sempre fuori non vede di buon occhio il mister. Ma lui deve portare a casa i risultati, non curare la carriera di Elia. E visto che la Juventus ha vinto il campionato senza perdere un solo incontro, chi sono io per criticarlo?»

Quanto sente suo lo scudetto della Juventus?

«Quasi niente. Molti mi sconsigliavano di venire in Serie A. Non giocano il tuo calcio, dicevano, lì gli attaccanti devono saper difendere. Ma io rispondevo che la Juve aveva investito 10 milioni di euro sul sottoscritto, e di solito non si spende una simile cifra se un giocatore non rientra nel tuo progetto. Però non mi sento un flop. Per fallire, devi prima aver avuto una chance».

Alcuni alzano la voce per ottenerla...

«Io ero in squadra con fuoriclasse del calibro di Pirlo. E se uno come lui non apre bocca e non si lamenta mai, dovrei farlo io? Da certi giocatori si ha solo da imparare».

É Pirlo il più forte giocatore con il quale ha giocato?

«No. Consideratemi pure di parte, ma scelgo Wesley Sneijder».

Salva qualcosa nella sua esperienza italiana?

«Si. Ho capito perché l'Italia riesce ad arrivare in finale all'Europeo pur essendo inferiore ad altre squadre. E' questione di mentalità. Nel pre-partita vedi giocatori come Bonucci, Barzagli o Buffon negli spogliatoi e ti sembra di essere sul set del Gladiatore. Scendono in campo come se ogni incontro fosse una questione di vita o di morte».

É vero che avrebbe dovuto sostituire Franck Ribery nel Bayern Monaco?

«Si, poi però il francese non è andato al Real Madrid. Io sono finito ai margini nell'Amburgo, che poi mi ha ceduto alla Juventus. Il calcio è così: in un paio di stagioni puoi passare da Dio a signor nessuno».

Modificato da Ghost Dog

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LES PÉTRODOLLARS FONT LA LOI

CETTE ANNÉE, plus que jamais, le marché continental a été dominé

par les clubs aux mains des émirs du Golfe ou des oligarques russes.

ROBERTO NOTARIANNI (FRANCE football | VENDREDI 7 SEPTEMBRE 2012)

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Milan Lab, storia di un fallimento rossonero. Ma il club non vuole parlarne

L'ennesima partenza di stagione contrassegnata dal record di infortuni muscolari mette in crisi l'efficacia del centro sperimentale creato nel 2002 per volere di Galliani e costato 5 miliardi di lire

di LUCA PISAPIA (ilFattoQuotidiano.it 07-09-2012)

Un fallimento. Ecco in cosa rischia di trasformarsi l’esperienza di Milan Lab. Costruito nel 2002 per volere dell’ad Galliani e del chiropratico Jean Pierre Meersseman, al costo di quasi 5 miliardi delle vecchie lire, Milan Lab avrebbe dovuto essere un ‘rivoluzionario’ centro medico specializzato: un laboratorio che avrebbe dovuto prevenire gli infortuni attraverso l’analisi di dati e parametri fisici individuali, atti alla creazione di allenamenti specifici. Eppure, dieci anni dopo, ascoltando proprio le parole dette da Galliani dopo le prime due partite di campionato – in cui il Milan ha perso per infortunio muscolare prima Robinho e poi Montolivo (senza contare Pato, fermatosi in allenamento) – si scopre che “il problema del Milan sono gli infortuni. Viaggiamo al ritmo di un infortunio muscolare a partita. Lo sanno l’allenatore, il preparatore atletico e il medico sociale. E lo sappiamo noi. Vediamo che cosa si può fare”.

La società preferisce non commentare, ma i numeri sono impietosi, e parlano da soli. Secondo il Corriere dello Sport, dei 71 infortuni che l’anno scorso hanno interessato il Milan, ben 39 sono stati di origine muscolare. Secondo l’analisi della Ġazzetta dello Sport, inoltre nella stagione appena conclusa le assenze dei giocatori nel Milan sono state 307 in 38 giornate di campionato, con una media di 8,07 a partita. Il doppio di quelle dell’Inter (179) e della Roma (154), sei volte tanto quelle del Napoli (71) e della Juve (44). Un eccidio che evidentemente le analisi e i dati di Milan Lab non hanno saputo interpretare.

Il dottor Piero Volpi ha spiegato a ilfattoquotidiano.it che “in generale negli ultimi anni il trend degli infortuni è in aumento a causa delle troppe partite e, soprattutto in Italia, dell’avanzata età media dei giocatori. Poi certo, nei casi specifici, influisce la preparazione atletica, e magari anche il fatto di averla cambiata questa preparazione”.

E infatti il Milan, dopo che l’anno scorso ha finito il campionato a ranghi ridotti perdendo lo scudetto proprio per questo – al di là del gol di Muntari o della sconfitta nel derby – quest’anno ha cambiato uomini e metodi. Da quest’estate il club rossonero ha un nuovo preparatore atletico: si tratta di Simone Folletti, voluto da Allegri che lo aveva con sé anche a Cagliari. Mentre il vecchio preparatore Tognaccini è stato ‘promosso’ a responsabile di Milan Lab. Detto fatto, quest’anno si è già partiti con 7 infortuni, di cui i 3 muscolari citati sopra, e in totale gli assenti a Milanello sono 10.

Ma al di là della contingenza, guardando i numeri proposti dalla Ġazzetta, si nota come il Milan nelle ultime stagioni sia sempre in pole position (o al massimo al secondo posto) per il numero di infortuni patiti. Una serie impressionante di stop che va ben oltre il tipo di preparazione, e che chiama quindi in causa l’organizzazione della società rossonera. Anche perché non si spiegherebbe altrimenti come, dopo 15 anni con lo stesso capo dello staff medico, dal 2003 ne siano stati cambiati quattro.

Suonano quindi pretestuose le polemiche dell’ultim’ora tra Galliani e lo staff tecnico sulla situazione infortunati, che nascondono in realtà un malcontento che ha radici diverse e che rischiano di nascondere l’annoso problema Milan Lab. A partire dalla ‘morìa’ dello scorso anno, preceduta dai clamorosi casi di Cassano (difetto cardiaco) e Gattuso (paresi sesto nervo cranico): situazioni in cui non solo è mancata la prevenzione, ma anche la diagnosi.

O si può risalire ai frequenti dolori alla schiena che hanno tenuto Nesta lontano dal campo per buona parte delle ultime stagioni, o gli infortuni di Ronaldo e la pubalgia che affliggeva Kakà nell’ultimo periodo, fino a fargli dichiarare in un’intervista a un giornale brasiliano: “Sono migliorato più una settimana in Nazionale che in cinque con il Milan”. Per non parlare del fenomenale caso di Pato, che negli ultimi due anni e mezzo è stato fuori per oltre 400 giorni per colpa di 15 diversi infortuni, per lo più di tipo muscolare. Già che sono stati cambiati allenatori, preparatori, medici e perfino l’erba di San Siro, forse sarebbe il caso di intervenire su Milan Lab.

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FOOTBALL AND THE MAFIA

From Maradona schmoozing with mob bosses to the more recent Calciopoli

scandals, Italian football just can't escape the influence of organised crime.

FFT delves into the murky threatening to destroy their national sport

by MATT BARKER (FourFourTwo | October 2012)

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L’ALBA DEL PALLONE

Così i foot-ballers sbarcarono un secolo fa in Italia. Un manuale del

1920 racconta stili, trucchi e falli. E dà pure tanti consigli morali

“Oggi il foot-ball è coltivato persino dagli indiani del Mato Grosso civilizzati dagli impareggiabili salesiani”

I primini, i secondini, i terzini… Il consiglio di non fumare in campo, un pastrano per difendersi dall’umidità

“Destano senso di ripugnanza quei giocatori che in campo si permettono di scherzare… Il pubblico fastidioso e irritante”

“Per un foot-baller l’eccesso fatale della pratica di certi vizi occulti…”. “Non c’è necessità di mostrare le proprie membra”

di STEFANO DI MICHELE (IL FOGLIO 08-09-2012)

“Siate attivi e impegnati; non vi vinca la

stanchezza, né lo scoramento; la partita

non è perduta finché il gioco dura; un attimo

solo può recar la vittoria. Non vi seduca

mai la passione del far pompa di voi…”.

(“Come si gioca al Foot-Ball”, Torino, 1920).

A risaputa baraonda riavviata, a dibattito già iniziato, a moviola (vedemo er moviolone!) e chiaccchiere attivate, uno sguardo sul come eravamo – meglio, com’erano. Quasi un secolo fa. Quando il calcio era ancora e solo foot-ball – roba da inglesi, e parecchio, curioso a dirsi, pure roba da uruguaiani – e ad addestrare e addottrinare le masse italiche ancora distrattamente vaganti tra osterie e barbieri (negli occhi in anticipo la maglia bianconera juventina e presto, più che altro, la camicia nera del fascio), provvide un manuale, stampato a Torino nel 1920. Già il titolo la dice lunga sull’alba che gloriosa si annunciava, ma pur sempre e solo precoce alba pedatoria era: “Come si gioca al foot-ball”: pochi decenni, e il fortunatamente scombinato mussoliniano popolo di dieci milioni di baionette di “mastio maritare”, che a breve dal fatal balcone si vorrebbe plasmare, si sarebbe mutato in popolo panchinaro di dieci milioni di allenatori (tutti gli altri in campo). Autore un certo dott. R. Lettieri; ritratto a tutta pagina di M. Pastore (baffi da regnante sabaudo, voluminosa capigliatura innalzata ai lati: come alettoni, come Totò principe di Casador), produttore di palloni (detti “footballs da macht”) di gran pregio, a sezioni dritte o curve, 12 o 18 o 12 e mezzo, “accuratamente confezionati a mano con filo di lino e presentano i maggiori vantaggi: sfericità, impermeabilità e doppia durata”, peraltro “usati da tutte le squadre migliori d’Italia ed Estero”. Questi “foot-balls da macht” avevano ognuno un proprio evocativo, piuttosto impegnativo nome: l’Ercole, il Conquistatore, il Terrore, il Progresso… Tirava allora, si capisce, rispetto all’ammasso velinaro e discotecaro e ferrarista di oggi, tutt’altra aria. Più piccoli borghesi della pedata, che divini tatuati e smutandati e capricciosi: “In Inghilterra un professionista può guadagnare da 33 scellini (L. 40 circa) a 4 lire sterline (circa L. 100) la settimana. Il foot-ball ‘Association’ proibisce che un giocatore possa guadagnare oltre 200 sterline (circa L. 5.000) all’anno. Ho conosciuto in Brasile due fratelli uruguaiani che percepivano L. 500 al mese. Il professionismo ci sembra attualmente immorale in mezzo alla gioventù”. Comunque, la faccenda prometteva bene, e già allora il foot-ball poteva considerarsi “il re dei giuochi in ogni parte del mondo”. Per dire: “Oggi è coltivato persino dagli indiani del Mato Grosso, civilizzato dagli impareggiabili Salesiani, i quali a tutto sanno adattarsi, anche allo sport” – gli indiani del Mato Grosso o i saputissimi Salesiani?

Essendo faccenda eminentemente inglese – pur se viene annotato che nell’antica Roma veniva praticato un gioco chiamato “aspastum”, così funzionante: “Esso consisteva in due squadre che cacciavano avanti dei grandi palloni con lo scopo di far loro oltrepassare una linea divisoria”, e più o meno ci siano, e del resto già da allora universalmente risaputo che “a Caracalla i romani giocavano a palla” – i termini usati sono tutti nella lingua della futura perfida Albione, con allegato apposito e utile manualetto tanto per un’esatta pronuncia quanto con l’indispensabile traduzione nell’idioma nostro (es. “Corner-kick. Cornér chic colla C dura es. Carlo. Calcio d’angolo”. “Goal-keeper. Golchìper. Guardiano del goal-portiere”). Di suo l’autore sarebbe favorevole a mantenere, sotto ogni latitudine dove una palla viene presa a pedate, la terminologia originaria, “come il francese per la diplomazia e l’italiano per la musica”, contro quelli che vorrebbero l’italica traduzione, “adducendo un preteso asservimento allo straniero, ovvero l’oscurità di linguaggio”: un po’ di pazienza, e la futura autarchia linguistica porrà termine a ogni tormento lessicale (non andavano bene week end e frac – marsina, piuttosto! – potevano resistere kick-off – inteso chìc-of, e foot-ball – inteso fùt’boll?). Utilmente, il manuale riporta norme e regolamenti come quello del foot-ball ‘Association’, che con 16 rapidi articoli fissa l’essenziale. Tipo (art. 11): “Non si possono portare scarpe con chiodi o lastre di metallo e sporgenti di qualsiasi genere, né si possono applicare sulle scarpe e sui gambali madi Stefano Di Michele terie dure…”: ma chi scendava in campo: Spartacus? Mazinga? i Gormiti? Poi l’utilissimo capitolo con la spiegazione delle regole del gioco. Per esempio l’essenziale palla, “composta da una camera d’aria di gomma che viene disposta entro una copertura di cuoio”. E dunque e ancora: “1° Quanto alla palla si noti che nella sua composizione non deve entrare niente di pericoloso pei giocatori. 2° Deve oscillare tra il peso minimo di 370 grammi e un massimo di 450. 3° La sua circonferenza varia tra i 60 cm. (minimo) e i 70 (massimo). 4° La palla del football Association deve essere sempre perfettamente rotonda…”, a riprova della saggia convinzione che la palla è tonda: “Nota: a) La palla sia conservata sgonfia. b) La copertura venga unta con grasso, onde non abbia a screpolarsi”.

Tutto sotto la supervisione dell’arbitro, qui quale referee (da pronunciarsi beninteso réferi) – sempre un arbitro occorre, che si muti dopo in “ċornuto” per italica scostumatezza, o si mostri d’incerto procedere, come ognuno ha da lamentarsi in seguito, ecco “il personaggio più importante sul campo della lotta. Egli deve saperlo, deve sentirlo; deve volere che il match da lui diretto sia degno del nobile sport… Pensi che a un suo solo cenno debbono arrestarsi docili ventidue uomini, i quali sordi e indifferenti a tutto quanto avviene intorno a loro, stanno lottando con passione per l’onore e pel trionfo dell’intera squadra, per coronare con un sospirato alloro mille sforzi, mille ardenti desideri…”. Poi, si sa, “un pubblico partigiano e ignorante potrà scagliarsi con grida, con pretese e anche con minacce contro il referee…” – e qui all’arbitro (quasi sempre ingiustamente) ċornuto con nostrano gallismo si torna. Se c’è un aspetto che non poco pare allarmare l’autore, è l’abbigliamento dell’atleta – e infatti, fin dalle prime pagine si rivolge al suddetto arbito/referee/réferi perché “esiga che i calciatori vestano decentemente. E’ tempo che si metta un argine a certe aberrazioni”. Cosa di preciso siano queste (nientemeno) aberrazioni non viene detto con precisione, quanto piuttosto alla fantasia del lettore abbandonate. E forse non pochi, tra coloro che nel corso dell’ultimo secolo hanno sfogliato la pubblicazione, su tale aspetto avranno, con testosteronica sportività, lungamente riflettuto: attira comprensibilmente molto di più l’aberrazione della touch-line, intesa teutc-lain, sarebbe a dire linea di fallo: seppure qui, pericolosamente, allo scioglimento dell’enigma, per assonanza lessicale, ci si avvicina… E infatti, per restare al tema, lì si va a parare: “Che scopo hanno certi calzoncini, che lascian completamente le gambe nude, e sono inoltre di una tale sottigliezza, da lasciar notare tutte le forme del corpo? Non si intuisce il naturale senso di ripugnanza che dovran provare tutte le persone serie e delicate che assisteranno ad un match?”. E ancora – e dai, con le preoccupazioni per i primitivi turbamenti sugli spalti: “Se per maggior scioltezza occorre lasciar libere le ginocchia, si lascino, benché sia preferibile, anche se non necessario, tenerle coperte e protette da ginocchiere” – quasi come le gambe dei tavoli, nella recente epoca vittoriana, lassù nella patria del foot-ball. “La comodità però non deve e non può esigere nulla a scapito di quella decenza e di quell’estetica, che qualunque pubblico colto ed onesto è in diritto di esigere da una squadra cittadina”. E insistentemente, vera fissazione, sull’argomento si torna: “Fatevi un dovere di non portare certi abiti veramente indecenti, e ricordatevi che nessun grande giocatore ha sentito mai la necessità di mostrare le proprie membra per poter svolgere il suo anche magnifico gioco. Queste sono aberrazioni (rieccole!, ndr. ) malsane che nessun Presidente o Capitano deve permettere…”. (E a tal punto lo scritto si fa evocativo, nella ripetuta allerta all’insorgenza pedatoria – sarà l’aria degli anni che all’orizzonte si profilavano: giovinezza! giovinezza! – e con rispetto parlando, a vergogna considerando l’abissale differenza stilistica, della felicissima descrizione che in “Eros e Priapo” il genio di Gadda fa del mostrarsi in ammasso di giovanili membra del burlesque littorio alle porte: “Questo inspirarsi alle cosce, ai calzoncini corti, a’ bei deretani mantegneschi degli òmini e dei cavalli, è Eros ginnico e pittorico e se tu vuoi mantegnesco, non Logos politico”).

Precisa e discliplinata descrizione dello schierarsi della formazione in campo, offriva il manuale alla nascente curiosità della penisola tutta – ed è da intendere che alcune definizioni vanno opportunamente aggiornate: ove i buffi primini e i buffissimi secondini (pallonari manettari?) hanno da essere tarati sull’attuale denominazione. “In regola generale però, se vogliamo stare ad un ordinamento non fatto a capriccio, ma secondo le regole tecniche, la squadra va divisa in quattro linee formanti una piramide, con cinque giocatori chiamati forwards (primini), in prima linea; tre in seconda, detti half-backs (secondini); due in terza, backs (terzini), per la difesa, ed infine uno in quarta, detto goal-keeper (portiere)”. Di ognuno degli undici in campo – del ruolo ginnico, del riscontro morale, del preservarsi fisico – il volume si occupa. Grande e riconosciuta preminenza gerarchica, quale ancora oggi sussiste – ideale monarca, riconosciuto portavoce, autorità personificata – viene assegnata al capitano. “Prima caratteristica di un giocatore deve essere la disciplina assoluta ed una illimitata fiducia nel suo capitano. Destano un senso di ripugnanza quei giocatori che nel campo si permettono di scherzare, o, per lo meno, di non impegnarsi a fondo mentre la propria cittadella pericola… Qualunque giocatore deve mostrarsi un perfetto gentiluomo, tanto verso il pubblico, sovente fastidioso, come verso il nemico, il più delle volte irritante…” – soffocherebbe oggi, il casto autore, in un conato proprio a ripetuta e solidificata ripugnanza dovuto. O capitano! Mio capitano! – con assoluta incoscienza poetica l’autore evoca. Non un sol uomo. Non un sol calciatore. Di ognuno il meglio – semidio sul manto erboso: manto erboso, poi, piuttosto si parla di “pietruzze sul terreno” – e sempre “ubbidirlo ciecamente” occorre. “I capitani nascono e non si fanno. Ci vuole un complesso di qualità che difficilmente si trovano insieme in una sola persona. Non è necessario che il capitano sia il giovane più bravo, né il più intelligente e nemmeno il miglior giocatore; ché anzi il più delle volte il capitano non appartiene alla lista dei giocatori più nominati… Dev’essere un tipo nato per comandare. Li avete visti quei piccolini che alle volte guidano i più per il loro fare autoritario, s’impongono ai loro compagni di gioco e segnano la battuta dappertutto? Essi sono una magnifica stoffa di capitani… Non fa d’uopo che io vi descriva questi caratteri capaci di fare il vento e la pioggia ovunque si trovino… Tante volte sono odiati e disprezzati perché cattivi, ma pure son temuti non perché facciano del male, ma pel loro fare veramente soggiogatore. Sono nati generali e dominatori…”.

Ma lo stesso, pur il capitano issando sul piedistallo degli undici, il manuale loda il senso comunitario – la squadra tutta, non l’uomo, nemmeno l’autore del goal, rimpicciolito a solo favorito del caso: “Il pubblico è ingiusto quando attribuisce il merito della partita a quelli che han segnato i goals; ciò procura ai giocatori inesperti una lode non meritata ed inoltre accresce in essi il piccino amor proprio che li spinge persino a dar la caccia a un misero trionfo per una meschina aura popolare, sottomettendo a un egoismo vile l’interesse comune. Non sappiamo con quali parole stigmatizzare queste debolezze e questo individualismo gretto ed ingiusto, funesto ovunque, ma soprattutto nel foot-ball”. E di conseguenza – e salvo la venerabile intronizzazione del capitano – molte elevate parole vengono riservate agli half-backs, intesi secondini, con l’aggiornamento del secolo da comprendersi quali mediani – come pure avrebbe fatto un dì Ligabue, “una vita da mediano / a recuperar palloni / nato senza i piedi buoni / lavorare sui polmoni / una vita da mediano…”. Essendo la vita tutta, e lo scontro in campo in particolare, un fatto di gerarchico rispetto – “la disciplina e soggezione dei forwards agli half-backs, degli half-backs ai backs, di questi al goalkeeper e di tutti al capitano è assolutamente necessaria” – è molto lodata la funzione del secondino, operosa ape a maggior gloria dell’arnia pallonara tutta, “la linea degli half-backs forma la spina dorsale di tutta la squadra. Come un corpo piega e cade senza il sostegno della colonna vertebrale, così cederà una squadra che non si appoggi a una buona linea di secondini validissimi… Ricordatevi bene: voi, generalmente parlando, non dovete segnare i goals; a voi, il più delle volte, non è nemmeno lasciato l’onore di salvare la vostra cittadella con un colpo che susciti la pubblica ammirazione. Per voi invece è veramente indispensabile la massima abnegazione; giocate unicamente pel trionfo della vostra squadra” – e del resto, a consolazione, pure “un mezz’ala deve risplendere per il suo gioco umile e disinteressato”, mentre, e un po’ da rosicare davvero c’è, svettano i terzini, allora backs, “possono esser comparati alle artiglierie pesanti: un loro colpo allontana un pericolo dal proprio goal per gettare invece lo scompiglio nel campo avversario”.

Tutt’altro discorso per il portiere, il guardiano finale, l’estremo argine al disdoro e alla sconfitta, il Minosse loro, “l’ultima difesa di una squadra oltrepassata”. Di molteplici qualità l’atleta in oggetto ha da essere fornito: “Abbia corpo rubusto e piuttosto alto… Deve essere agile come un gatto, e possedere una vera attitudine al salto e allo spostamento istantaneo… Sia resistente al sole, al freddo e all’umidità, poiché mentre gli altri corrono, si muovono e si scaldano, reagendo così contro le inclemenze dell’atmosfera, egli dovrà stare fermo, ora con sollione cocente che gli abbrucerà il capo, ora con un freddo che gli farà intirizzire le gambe, o, peggio ancora, con un’umidità assai nociva, alla quale non potrà sottrarsi… Sia pertanto piuttosto robusto e non soggetto a facili raffreddori e raucedini. Vesta poi possibilmente una maglia più pesante di quella dei compagni…”. Tale faccenda del vestire – a parte la maglia consistente per il portiere, causa possibili infreddature (ma dove giocavano, in Groenlandia?), e le deprecazioni sulla coscia in vista e le due personali sfere supplementari deprecabilmente visibili (manco quel tal canoista americano alle recenti Olimpiadi, fotograficamente rivelato, diciamo, con remo incorporato) – merita dunque costante attenzione nella manualistica di un secolo fa . Munito ha da essere, il giocatore, in modo “igienico e comodo, perché mentre da una parte egli ha bisogno di essere protetto efficacemente contro gl’insulti dell’atmosfera, gli occorre, d’altra parte, una grande libertà di movimenti per soddisfare alle esigenze del gioco e permettere una naturale circolazione del sangue ed un libero sviluppo di tutti i muscoli”. E dunque: 1) le maglie “devono essere colorate; tuttavia siccome certi colori sono dannosi ai tessuti epidermici, si abbia cura di mettere sotto la maglia un giubbetto o altro, notando però che non nuoca alla suddetta libertà di movimenti e di traspirazione cutanea. Siano inoltre possibilmente di lana, un po’ aperte davanti e col collo rivoltato”; 2) i calzoncini, “siano corti e robusti e di colore scuro… I calzoncini siano inferiormente rafforzati e foderati; abbiano dietro un taschino per fazzoletto. I gambali siano piuttosto larghi; ciò favorisce assai l’igiene e l’eleganza”; 3) la cintura (la cintura?), “sia liscia e non abbia sporgenze dure di cuoio o di metallo; questo pel bene di tutti”; 4) le calze, “siano di lana, spesse, nere, superiormente rivoltate, rigate orizzontalmente coi colori della maglia. Arrivino fin sotto il ginocchio, siano fermate con elastici, non solo perché non cadano, ma anche perché non ostacolino la libera circolazione del sangue”; 5) le scarpe, “non si lesini sulla spesa per acquistare un buon paio di scarpe; qui in modo speciale si applica il detto: chi più spende meno spende”; 6) i guanti (del portiere), “siano di cuoio rigato. Sono indispensabili specialmente in giornate umide e fredde”; 7) il cappotto (il cappotto? sì, detto pastrano), “i foot-ballers vi si rechino provvisti di abiti che li proteggano fino sotto i ginocchi. Un buon pastrano è indispensabile per coprirsi durante l’intervallo e dopo il match”.

Due barbosissime raccomandazioni fondamentali, per non dir delle altre – e finali, prima del fischio d’inizio. “E’ anche un buon precetto igienico, rigorosamente osservato del resto in Inghilterra ed in America, quello di non fumare durante il match e dopo di esso…” (giocavano con la sigaretta in bocca?). “Il fumo, buono in generale per gli oziosi, non è necessario a un giovane di buon sangue e dal colorito fresco”. Ed essendo il giovanotto di buon sangue e di fresco colorito, si presume di saltellanti ormoni stipato, potrebbe facilmente cadere in tentazione. Ché “a niente servono i migliori esercizi senza una vita veramente morigerata. Passare le notti in veglie, alzarsi tardi, mangiare eccessivamente, far uso di bibite alcooliche, e peggio ancora la pratica di certi vizi occulti, sono eccessi fatali per un giovane foot-baller che ha bisogno di conquistare e conservare la piena fioritura della sua gioventù e gagliardìa”. Insomma, si faccia nota e tesoro: niente seghe in privato, per non far figura da pippe in (campo) pubblico.

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Il caso Rientro amaro dalle vacanze per l’ex capitano dell’Atalanta, coinvolto nell’inchiesta sul calcioscommesse

Cittadino benemerito? No, ora Bergamo cancella Doni

di GIULIO MOLA (Quotidiano Sportivo 08-09-2012)

Per anni Cristiano Doni è stato preso come modello del calcio genuino della buona provincia, indicato ai ragazzini come esempio da seguire sul campo e nella vita. Ma l’inchiesta sul calcioscommesse, le accuse e ancor di più le ammissioni di colpa, hanno devastato da mesi l’immagine dell’ex capitano dell’Atalanta. Una volta riceveva premi e onoreficenze, adesso quell’immagine apparentemente pulita viene rimossa ovunque. E così mentre l’Unione Stampa Sportiva Italiana chiede agli organizzatori del Premio Scirea che il nome dell’ex fantasista (insieme a quello di Beppe Signori) sia cancellato dall’albo del Premio alla Carriera (assegnato ogni anno a Cinisello Balsamo in memoria dell’ex campione juventino), poiché entrambi i calciatori «hanno tradito lo spirito di questo premio», a Bergamo c’è chi va addirittura oltre: nelle prossime settimane, infatti, accogliendo una richiesta arrivata da più parti un anno fa, il consiglio comunale s riunirà per revocare all’icona atalantina la “benemerenza” che gli era stata consegnata nel 2008. Le scuse, insomma, non sono bastate. La città e la tifoseria tutta non hanno perdonato all’ex beniamino di aver truccato una o più gare dei nerazzurri. Dopo le cinque notti trascorse in carcere, la detenzione ai “domiciliari”, e la maxi-squalifica di cinque anni e mezzo comminatagli dalla giustizia sportiva, è in arrivo un’altra mazzata per uno dei maggiori imputati dell’ultimo scandalo del pallone.

Tutto questo dopo un’estate trascorsa lontano dall’Italia. Per dimenticare. O almeno per cercare di ricominciare. Abbandonati i lidi romagnoli e il “Gruppo di Cervia” (con altri soci gestiva il lido “I figli del sole” di cui ha ceduto le quote), il 39enne ex giocatore si è rifugiato alle Baleari. E a Maiorca, isola che conosce molto bene avendo indossato la maglia della squadra locale nella Liga spagnola, ha preso in gestione (sulla spiaggia di Palma Nova) il beach bar Chiringo. Niente lusso e stravizi, ma solo un punto di riferimento sulla spiaggia come tanti altri, gestito insieme a Filippo Russo, il ristoratore bolognese finito pure lui nell’inchiesta sul calcioscommesse. Nel bar Doni ci lavora anche come un comune garçon, tant’è che è stato visto occuparsi del servizio ai tavoli. Certo, da quelle parti l’ex atalantino è molto conosciuto e da quando il bar si è aperto (maggio) tanta gente famosa è apparsa fra la clientela, ma il Doni di oggi è certamente cambiato. Più attenzione alla moglie Ingrid e alla figlia Giulia e meno gossip. Ma questo a Bergamo (e all’Atalanta) interessa poco: per loro Doni non esiste più.

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Caso Conte, il 7 ottobre la decisione

di ANDREA ARZILLI (CorSera 08-09-2012)

Il Tnas si pronuncerà entro il 7 ottobre sui dieci mesi di squalifica di Antonio Conte. L’iter per la composizione del collegio arbitrale si è completato ieri con i due giudici di parte (Guido Calvi per Antonio Conte e Enrico De Giovanni per la Figc) che hanno indicato nell’avvocato Massimo Zaccheo il terzo arbitro, quello con funzioni di presidente. Incarico accettato, la segreteria del Tnas ha già provveduto a trasmettere al collegio gli atti del procedimento e a fissare tra un mese (salvo proroghe) il termine di pronuncia del lodo. La prossima settimana il Collegio potrebbe riunirsi di nuovo per decidere se entrare già nel merito o concedere la sospensiva

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Conte al Tnas

siamo all’epilogo

Scelto il presidente, entro il 7 ottobre il lodo

Il collegio potrebbe riunirsi la prossima settimana

per la sospensiva: Conte in panca a Genova?

di EDMONDO PINNA (CorSport 08-09-2012)

ROMA - Lunedì sarà un mese (di squalifica, già scontata). Da lunedì saranno quattro le settimane entro le quali il collegio del Tnas, da ieri completo, dovrà emettere un lodo sul caso-Conte. L’allenatore della Juventus conoscerà il suo destino entro il prossimo 7 ottobre, visto che il presidente del Tnas, Alberto De Roberto, aveva accettato l’istanza avanzata dai legali di parte, legata all’urgenza. Non è detto che si arrivi fino a quella data. Non è detto che un mese basti, visto che nella comunicazione della segreteria del Tnas si legge, vicino alla “data di scadenza”, «salvo proroghe» . La prossima settimana, però, potrebbe essere già portatrice di novità. Fra mercoledì 12 e venerdì 14, il collegio potrebbe riunirsi quantomeno per decidere sull’istanza di sospensiva chiesta e rigettata da De Roberto (che, però, la affidò proprio ai tre arbitri). E magari, Conte potrebbe ritrovarsi in panchina domenica pomeriggio a Genova. Siamo alle ipotesi, certo, però....

PRESIDENTE - Il penultimo atto si è consumato ieri. Le parti, infatti, ovvero l’arbitro nominato dai legali di Conte (il prof. Guido Calvi) e quello della Federcalcio (l’avvocato Enrico De Giovanni), dopo aver accettato ufficialmente gli incarichi, hanno convenuto sul nome del terzo arbitro, che avrà le funzioni di presidente. Si tratta del prof. avv. Massimo Zaccheo, figura di alto profilo, presente in moltissimi lodi arbitrali e come conciliatore dell’ex Camera di Conciliazione e Arbitrato presso il Coni, molto spesso per il calcio, ma anche per basket, pallavolo, danza sportiva e tennis (nel 2005 in un lodo che vide coinvolto Panatta). Fu Zaccheo, infatti, il conciliatore del lodo-Milan nell’agosto 2006 (Calciopoli) e fu lui il presidente dei collegi per i lodi di Moggi (marzo 2007) e Giraudo (maggio 2007), sempre seguenti al dopo-Calciopoli.

OBIETTIVI - Il collegio difensivo di Antonio Conte punta, realisticamente, ad uno sconto rispetto ai dieci mesi che sono stati inflitti dalla Corte federale, mirando però al bersaglio grosso, ovvero un proscioglimento pieno. L’allenatore bianconero, che ha già scontato praticamente un mese di squalifica (scadrà lunedì, visto che la sentenza della Disciplinare è stata emessa il 10 agosto), si è affidato, come arbitro, all’avvocato Guido Calvi, un vero “principe del Foro”: ex senatore e, dal 2010, membro non togato del Csm (ha guidato di recente la commissione sui magistrati coinvolti nella cosiddetta P3), nonché legale di parte civile al processo per l’omicidio di PierPaolo Pasolini, e per le stragi di Piazza della Loggia a Brescia, della stazione di Bologna e del rapido 904, nonché difensore di Pietro Valpreda per la strage di piazza Fontana. Si cercherà di scardinare quantomeno quella «particolare gravità» che i giudici di secondo grado hanno ravvisato nella condotta di Conte per Albinoleffe-Siena (visto che Novara-Siena è stata depennata) e che hanno permesso alla Corte federale di rideterminare la pena in dieci mesi. Con lo “sconto”, Conte potrebbe arrivare a cinque (o qualcosa meno). Un lodo al quale guardano in molti, ovvero tutti gli altri condannati dello scandalo scommesse. Tutto potrebbe servire per tornare «a riveder le stelle» ...

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Agnelli-Conte-avvocati

Vertice in casa Juve

per la partita col Tnas

Ieri summit in sede a Torino per definire la memoria difensiva

L'obiettivo è chiaro: ottenere il proscioglimento dell'allenatore

La convocazione al Tribunale nazionale di arbitrato dovrebbe arrivare entro il 7 ottobre

di G.B. OLIVERO (GaSport 08-09-2012)

Ieri pomeriggio Andrea Agnelli avrebbe dovuto partecipare a Mantova a uno degli eventi del Festival della Letteratura. Il presidente della Juventus era stato invitato a un incontro con bambini dagli otto ai dodici anni, ma nella tarda mattinata ha avvisato gli organizzatori che non sarebbe arrivato. Il motivo era un'importante riunione nella sede di corso Galileo Ferraris dove si sono visti Agnelli, Antonio Conte e i tre avvocati che si stanno occupando della difesa del tecnico bianconero nella vicenda delle scommesse: Giulia Bongiorno, Antonio De Rensis e Luigi Chiappero. Nel corso della riunione sono state rilette le motivazioni della sentenza di secondo grado che ha confermato per Conte la squalifica di dieci mesi pur prosciogliendo l'allenatore da una delle due omesse denunce che gli erano state contestate dal procuratore Palazzi. Conte è stato ritenuto colpevole in base al principio che «non poteva non sapere»: nessuna prova, quindi, anche se va ricordato che nella giustizia sportiva l'onere della prova spetta alla difesa. I tre avvocati, però, pensano di aver prodotto una serie di argomentazioni sufficienti a dimostrare l'innocenza dell'allenatore e hanno ribadito le loro convinzioni nella memoria difensiva che sarà presentata al Tnas.

Gli arbitri La convocazione presso il Tribunale nazionale di arbitrato per lo sport dovrebbe arrivare presto: la vicenda Conte sarà affrontata probabilmente tra dieci o quindici giorni e comunque entro il 7 ottobre, anche se gli avvocati speravano che si potesse anticipare a venerdì prossimo. Le parti avevano già annunciato i rispettivi arbitri: il professor Guido Calvi è stato nominato da Antonio Conte e l'avvocato Enrico De Giovanni dalla Figc. Il presidente del Collegio arbitrale è l'avvocato Massimo Zaccheo.

Le aspettative Alla fine della riunione di ieri nella sede della Juve, l'atmosfera era serena. Come annunciato nella conferenza stampa indetta il giorno dopo la sentenza di secondo grado, Conte e i suoi avvocati vanno al Tnas con l'obiettivo del proscioglimento. E' chiaro, però, che sono preparati anche alla possibilità di un verdetto diverso. Giulia Bongiorno ha detto più volte, scherzando ma non troppo, che in presenza di Conte è meglio non pronunciare la parola «sconto», però la sostanza è quella: la Juve sa che esiste anche questa strada e che al Tnas si può trovare un punto d'incontro tra le due parti. Magari, si sussurra nei corridoi, intorno a quei tre mesi individuati in fase di patteggiamento e poi bocciati in primo grado perché ritenuti «sanzione non congrua per due omesse denunce». Adesso, però, c'è una sola omessa denuncia e secondo i legali del tecnico senza alcun appiglio che giustifichi una sentenza di colpevolezza. Ecco perché Conte spera.

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LA PROSSIMA SETTIMANA

Parole pesanti anti sentenze

Il tecnico sarà presto deferito

Rinvii a giudizio sportivi pure per Genoa-Siena Mauri: Palazzi a Cremona?

di VALERIO PICCIONI (GaSport 08-09-2012)

Deferimenti in vista. Li firmerà il procuratore Stefano Palazzi la prossima settimana e riguardano in particolare due versanti: uno più lontano, la partita della vergogna di Marassi e dei giocatori del Genoa che si tolgono le maglie cedendo al ricatto degli ultras; l'altra il j'accuse di Antonio Conte dopo la conferma della condanna a dieci mesi per omessa denuncia, preceduta dal durissimo comunicato firmato da Andrea Agnelli.

Vergogna e barbarie Il tecnico parlò di «vergogna» e di «ricatto» con riferimento all'ipotesi patteggiamento poi cancellata per il rifiuto degli stessi giudici di primo grado di sottoscrivere l'accordo con la procura di Palazzi, il suo presidente di «modalità barbare dei processi che non trovano cittadinanza in democrazia» e di «caccia alle streghe». Nella conferenza stampa a poche ore dalla sentenza, Conte aveva pure accusato la Procura federale di essere «pappa e ciccia» con Carobbio, «che loro chiamano Pippo», il suo grande accusatore. Insomma, un campionario di vocaboli che il procuratore federale dovrebbe spedire alla Commissione Disciplinare.

Genoa deferito Palazzi firmerà anche i deferimenti per Genoa-Siena. Dopo aver aspettato l'interrogatorio del 26 luglio del presidente rossoblu Preziosi, e al termine della lunga estate dei processi, il procuratore federale ha ripreso l'incartamento e ha ormai deciso anche il destino di questo fascicolo.

Dubbio Mauri A fine mese arriverà anche il deferimento per Matteo Gianello, dopo la confessione, riproposta pure davanti alla giustizia sportiva, di un tentativo per combinare Samp-Napoli del 16 maggio 2010. Il Napoli rischia la responsabilità oggettiva (ma fra il ruolo di Gianello, allora terzo portiere, e la mancata consumazione del tentativo, la sanzione potrebbe essere anche solo pecuniaria). Un discorso a parte merita il filone Lazio-Genoa (e Lecce-Lazio), che era stato congelato all'inizio dell'estate per analizzare le posizioni delle squadre a rischio retrocessione. Prima di riaprire i giochi su questo fronte, Palazzi avrebbe in programma una missione a Cremona dal pm Di Martino. Obiettivo: capire se ci sono ulteriori aggiornamenti sul caso Mauri e dintorni.

Nomine Intanto in Federazione si attende la nomina del commissario ad acta per la riforma dello statuto dopo la cancellazione dell'assemblea del 17 settembre. La parola spetta al Coni che incaricherà Giulio Napolitano. Mentre in casa Figc c'è stata comunque una nomina: Patrizia Recandio è la nuova segretaria del Settore Giovanile.

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Palazzo di Vetro di RUGGIERO PALOMBO (GaSport 08-09-2012)

Coni e Federazioni

via al gran ballo delle cariche

Parte domani il Tennis, in totale 45 voti

decisivi nel match tra Pagnozzi e Malagò

Con la rielezione di Angelo Binaghi alla guida della Federtennis comincia domani a Roma il gran ballo del rinnovo postolimpico delle cariche federali, prologo alle elezioni del Coni del 19 febbraio 2013. Lunedì toccherà alla Fise di Andrea Paulgross (favorito contro la sfidante Antonella Dallari), sabato 15 al Rugby (Dondi lascia, in corsa Amore, Gavazzi e Zatta), lunedì 24 al Golf (ri-candidato unico Franco Chimenti) e via via tutte le altre federazioni. Quarantacinque voti in palio, dei complessivi 76, che serviranno per stabilire chi tra Lello Pagnozzi e Giovanni Malagò sarà il successore di Gianni Petrucci alla guida del Coni per il quadriennio 2013-2016.

Londra è passata, col suo carico di medaglie, 28, una in più di Pechino 2008, e di delusioni, dal nuoto all’atletica, dalla Pellegrini a Schwazer. Risultati e vicende che, a quanto pare, non hanno scalfito le certezze dei due contendenti. Il primo sicuro di stravincere, il secondo sicuro di potersela giocare fino all’ultimo voto soprattutto in forza di quei 45 presidenti federali, vecchi (molti) e nuovi (pochi), che più di atleti, tecnici e rappresentanze varie potrebbero spostare gli equilibri. Fatto un breve e certo non esaustivo giro d’orizzonte con diversi addetti ai lavori, delle due l’una: o tra Pagnozzi e Malagò (più il secondo del primo) uno è fuori dalla realtà, oppure ci sono in giro diverse persone che pensano una cosa e ne dicono un’altra.

Le ultime «certezze» sono relative a Renato Di Rocco, il presidente della Federciclismo («Sintonia e complicità assolute le nostre» diceva di lui alla giornalaccio rosa Malagò il 24 luglio), che proprio ieri a Londra ha ribadito senza esitazioni di essere «per la continuità», cioè per il riavvicinato Pagnozzi, e di valutare in almeno otto-nove voti il bonus che Pagnozzi porterà a casa grazie alla sancita alleanza col presidente del Cip Luca Pancalli, segretario generale in pectore del nuovo Coni. Proprio l’alleanza Pagnozzi-Pancalli, per contro, viene valutata sull’altra sponda come un «clamoroso autogol», un’operazione, Malagò ne è certo, che sarebbe stata assai sgradita a un gran numero di presidenti federali.

Sullo sfondo di queste scaramucce, che, si badi, potrebbero anche finire nel nome di Pagnozzi presidente in un grande abbraccio collettivo come piacerebbe tanto a Petrucci (ma Malagò per ora dice di non pensarci per niente), è in itinere il futuro di due federazioni importanti come Atletica e Calcio. Il 2 dicembre si svolgeranno le elezioni dell’Atletica, dove Arese («Quello che — come ricorda qualcuno — era a pranzo durante la drammatica conferenza stampa di Schwazer») gode ancora di una certa protezione Coni ma deve misurarsi con un’opposizione sempre più forte che si va coagulando intorno all’accoppiata Giomi-Parrinello. Il 17 dicembre quelle del Calcio, con eventuale seconda convocazione, ove quel giorno si stesse ancora litigando, per il 14 gennaio, 72 ore dopo le elezioni della Federbasket del supercandidato Petrucci. Abete non ha ancora ufficializzato la propria ricandidatura, nonostante le sollecitazioni dell’attuale presidente del Coni: vuole prima capire bene i giochi della Lega di Milano di Beretta, Agnelli e del riabilitato Lotito...

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SCOMMESSOPOLI

Tnas, c’è il collegio:

mese-verità per Conte

L’avvocato Zaccheo sarà il presidente.

Il giudizio definitivo sulla squalifica atteso entro il 7 ottobre

di SIMONE DI STEFANO (TUTTOSPORT 08-09-2012)

ROMA. Il mese di Antonio Conte è cominciato, con il terzo grado nel mirino e la speranza del proscioglimento non ancora tramontata. Ieri il Tnas ha comunicato il presidente del collegio arbitrale incaricato di discutere il ricorso contro i 10 mesi di sqaulifica inflitti dalla Corte di Giustizia. Si tratta di Massimo Zaccheo , docente in diritto privato all’Università di Roma “La Sapienza”. L’avvocato Zaccheo ha già accettato l’incarico, indicato di comune accordo tra il giudice Guido Calvi (arbitro di Conte) e Enrico De Giovanni (arbitro della Figc). I tre costituiranno il collegio arbitrale che si occuperà della discussione, per poi arrivare al lodo definitivo che il Coni indica dover arrivare non oltre il 7 ottobre prossimo «salvo proroghe».

MOTIVAZIONI Il nome di Zaccheo è stato accolto in ambiente bianconero con ottimismo: un buon collegio, in definitiva. Visto che spesso gli avvocati delle parti lamentano composizioni troppo amministrativiste, qui c’è il fiore all’occhiello della giustizia italiana. Si tratta di tre giudici tutti insospettabili. Che dovranno sedersi attorno a un tavolo e valutare le motivazioni per cui, per una sola omessa denuncia in AlbinoLeffe-Siena, la Corte di Giustizia di Gerardo Mastrandrea ha assegnato a Conte gli stessi 10 mesi che la Commissione Disciplinare presieduta da Sergio Artico aveva inflitto per due omesse denunce. Piacerà anche a loro il lascia e raddoppia della giustizia Figc?

TEMPISTICHE Stando alla tempistica corrente, una data plausibile dell’udienza dovrebbe oscillare tra la fine della prossima settimana e quella successiva. Insomma, entro il 20 settembre Conte sarà di nuovo a Roma, stavolta negli uffici del Tnas. Difficile prevedere gli esiti, ma dopo la dura presa di posizione del tecnico, l’unica via da escludere è quella della conciliazione. Si andrà al lodo definitivo, partendo dalla speranza che il tecnico nutre nel proscioglimento. Le motivazioni sembrano un compito di matematica con il risultato opposto al ragionamento. Si ipotizza l’illecito poi si dà l’omessa denuncia pluri-aggravata. Stavolta i giudici supremi del Coni hanno la possibilità di fare chiarezza una volta per tutte. Suggestiva anche l’ipotesi di arrivare agli stessi 3 mesi del patteggiamento rifiutato in primo grado, o un sostanziale sconto di 4-5 mesi. Nell’ipotesi peggiore, Conte resterà fuori fino a giugno, ma ci sarebbe la terza via del Tar.

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A PARMA CONVEGNO SULL’INTEGRITÀ FISICA DEI CALCIATORI

L'Aic accusa: «Si gioca troppo»

L'Assocalciatori lancia l'allarme: gli infortuni sono collegati al numero delle partite

di ALESSIO DA RONCH (GaSport 08-09-2012)

L'allarme è forte e chiaro e l'associazione italiana calciatori è pronta a battersi per la sua salute. Da tempo l'Aic e il Centro ricerche sullo Sport dell'Università di Parma hanno stretto una collaborazione per studiare gli aspetti meno noti del mestiere di calciatore. Ieri ne è venuto fuori un convegno interessante: «L'integrità fisica dei calciatori», con la partecipazione di medici: Piero Volpi, Andrea Ferretti, Paolo Rossi e Pasquale Tamburrino, e giuristi come Carlo Zoli, Luca Di Nella, Giovanni Flora e Antonio Flamini.

Numeri Il risultato finale è un appello contro l'assunzione di farmaci antinfiammatori: «Serve — ha ribadito il professor Ferretti, ex medico della Nazionale — più informazione sull'uso e abuso di certi farmaci legali. Eppoi i medici devono avere più potere e responsabilità. Troppo spesso non possono decidere». Molti i dati interessanti emersi dall'incontro. Dopo uno studio sulle partite casalinghe di Novara e Cesena, non risulta un aumento degli infortuni dovuto ai terreni sintetici. Mentre non esistono studi che provino un'azione negativa operata dai climi più freddi. In media ogni calciatore subisce 2,1 infortuni a stagione e ogni squadra impegnata nel campionato ha un calciatore che subisce la rottura di un legamento crociato (infortunio che colpisce quattro volte di più le donne). Solo il 18% dei giocatori termina una stagione illeso. Il numero di partite non influisce sulle prestazioni, ma aumenta considerevolmente i guai fisici, in particolare nei soggetti meno giovani. In più ci sono le recidività: circa il 30% degli incidenti avviene in zone già colpite in precedenza.

Accusa L'Aic si sta muovendo: «Si giocano — ha spiegato il presidente Damiano Tommasi — troppe partite e diluite male. Noi abbiamo proposto di giocare già a fine agosto, di sera, di diminuire il numero delle squadre in A e B, e pure il numero dei giocatori in rosa. Curiosamente sono proprio le società e non volere questo: loro vogliono la possibilità di effettuare cambi di giocatori e non hanno così cara la cura della loro integrità».

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CONVEGNO DELL’ASSOCALCIATORI SULL’INTEGRITÀ FISICA DEI GIOCATORI

«Infortuni? Si gioca troppo»

Tommasi: «I nostri obiettivi sono la prevenzione e la diffusione di una cultura diversa. Il turnover non viene attuato da nessuno»

di ANTONIO BOELLIS (TUTTOSPORT 08-09-2012)

PARMA. «Bisogna ricordare che i calciatori sono atleti e non artisti». L’accusa arriva dall’aula magna dell’università di Parma e porta la firma del presidente dell’Aic Damiano Tommasi , il quale ieri mattina ha aperto l’incontro di studio dal titolo “L’integrità fisica dei giocatori”. Al tavolo dei relatori (lo studio è stato commissionato dall’Aic) nomi eccellenti della medicina sportiva italiana e della giurisprudenza, tra cui i professori Piero Volpi dell’università Cattolica di

Roma, Andrea Ferretti della Sapienza di Roma, Paolo Rossi dell’università di Torino e Carlo Di Nella dell’ateneo parmigiano.

Il quadro emerso è complesso ed articolato, ma una cosa è chiara: in serie A e B si gioca troppo. «Il nostro obiettivo - spiega Tommasi - è capire come prevenire gli infortuni, ma anche diffondere una cultura diversa. Il turnonver , ad esempio, è pubblicizzato da tutti, ma non viene attuato da nessuno. La priorità di un allenatore è conservare l’equilibrio tattico e fare scelte meno rischiose possibili». Decisioni che costano caro: «Giocando ogni tre giorni è difficile fare un allenamento completo; gli atleti sono poco preparati dal punto di vista fisico. In questo senso la sosta invernale è fondamentale per recuperare energie e fare una nuova preparazione. Discorso a parte merita il ritiro pre campionato: per molte società, infatti, è diventato un periodo per fare marketing e non per preparare i giocatori».

Ma i fattori di rischio degli infortuni sono ben più ampi rispetto ai semplici allenamenti e al numero elevato di partite giocate, tant’è che il 65% dei traumi avviene senza contatto fisico; una percentuale di rischio è da attribuire anche alle scarpe da calcio, allo stile di vita degli atleti (un giocatore su tre fuma), all’uso di farmaci e antinfiammatori, oltre ai terreni di gioco. A proposito di terreni: non c’è troppa differenza tra i campi in erba naturale e artificiale. Dopo aver monitorato per un’intera stagione (2011-12) quattro campi di serie A (2 naturali e 2 sintetici) il quadro complessivo è inequivocabile: 1310 infortuni sull’erba naturale, 1270 su erba artificiale. «La lesione dei flessori della coscia è l’infortunio più frequente - aggiunge il prof. Andrea Ferretti - mediamente se ne registrano dieci per squadra a stagione. La rottura del legamento crociato anteriore del ginocchio è l’altro problema, mediamente uno per squadra. Più in generale ogni giocatore subisce mediamente due infortuni a stagione. In forte crescita anche le fratture maxillo facciali e le tendinopatie». I periodi ad alto rischio sono due: settembre-ottobre e marzo-aprile. Effetti collaterali di un calcio frenetico.

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I tagliandi gratis valgono due milioni

«Il Comune ci rinunci e prenda i soldi»

La proposta: accordo con Milan e Inter per chiudere la polemica

GUASTAFIERRO (PDL) «Palazzo Marino rinunci al privilegio e Milan e Inter versino un milione di euro all’anno alle associazioni sportive»

di MASSIMILIANO MINGOIA (Il Giorno 08-09-2012)

Il valore di mercato dei biglietti gratuiti assegnati al Comune per le partite di Milan e Inter e i concerti allo stadio di San Siro? Quasi due milioni di euro all’anno. Valore teorico, naturalmente: si tratta di ticket omaggio (sempre che non vengano venduti, come avvenuto nel caso dei due tagliandi del Comune per Inter-Roma). La stima, in ogni caso, resta. A farla è stato il consigliere provinciale del Pdl Vincenzo Guastafierro, fino a pochi giorni fa dirigente del settore Sport del Comune. Guastafierro lancia una proposta, partendo dal presuposto che per modificare la gestione dei biglietti gratuiti non è indispensabile riscrivere la convenzione del 2000 tra il Comune, proprietario del Meazza, e le società calcistiche milanesi, che gestiscono lo stadio: «Basterebbe la volontà politica e un accordo tra gentiluomini tra Comune e Milan e Inter. Il valore dei biglietti omaggio è di due milioni di euro? Benissimo. Tutti sanno che se quei ticket fossero rimessi sul mercato non verrebbero venduti tutti: il Meazza è da tutto esaurito solo per quattro-cinque partite all’anno. Il vero valore di mercato si può aggirare sul milione di euro. Il Comune potrebbe proporre a Milan e Inter di non utilizzare più i 320 biglietti a partita, ma di avere solo tessere nominative per il sindaco e i 48 consiglieri comunali, cioè i politici eletti dai cittadini, e per singoli accompagnatori: poco più di 90 ingressi a partita. Gli altri 230 biglietti tornerebbero nelle mani delle due società calcistiche. La scelta di Palazzo Marino, come detto, vale almeno un milione di euro. Soldi che Milan e Inter potrebbero destinare alle associazioni sportive minori. Mi sembra una soluzione di buon senso per chiudere la polemica e consentire al Comune di monetizzare la sua scelta».

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Biglietti omaggio

Tagli agli assessori

i consiglieri frenano

Ticket per San Siro, via alla riforma

FRANCO D’ALFONSO «Il vero deterrente per evitare l’utilizzo degli ingressi gratuiti sarebbe quello di rendere trasparente l’assegnazione

BASILIO RIZZO Il caso Vagliati? Non è che se un consigliere sbaglia anche tutti gli altri sono colpevoli

CHIARA BISCONTI Quanto è accaduto mi ha colpito: lunedì incontro Rizzo per studiare soluzioni contro l’uso improprio dei biglietti

di MASSIMILIANO MINGOIA (Il Giorno 08-09-2012)

IL CASO VAGLIATI scuote Palazzo Marino. Dopo la denuncia che i due biglietti omaggio per Inter-Roma assegnati al consigliere del Pdl sono finiti nelle mani di un bagarino e sono stati rivenduti a una coppia di tifosi, il Comune è pronto a correre ai ripari. Il sindaco Giuliano Pisapia e l’assessore allo Sport Chiara Bisconti hanno già in mente una riforma che dovrebbe riguardare in prima battuta proprio i componenti della Giunta: stop ai due biglietti omaggio a partita e a concerto a San Siro per ognuno dei 12 assessori. Basta automatismi da Casta. Una quota di biglietti assegnati all’esecutivo di Palazzo Marino sarà gestita in maniera centralizzata dall’ufficio di gabinetto del primo cittadino o dall’assessorato allo Sport e gli assessori potranno richiedere i due tagliandi omaggio solo per motivate esigenze di rappresentanza istituzionale. Non solo. I boatos di Palazzo Marino annunciano che nei prossimi giorni alcuni assessori potrebbero comunicare la rinuncia ai tagliandi omaggio per partite e concerti al Meazza. Tant’è. L’eliminazione dell’automatismo «sei un assessore, ecco due biglietti» convince il responsabile del Commercio Franco D’Alfonso: «È una buona soluzione. Ma il vero deterrente per evitare l’utilizzo dei ticket gratuiti sarebbe quello di renderne totalmente trasparente l’assegnazione: ogni anno comunicare quanti biglietti sono stati utilizzati dagli assessori e magari anche dai consiglieri».

GIÀ, I 48 CONSIGLIERI comunali. Loro non vogliono rinunciare ai biglietti omaggio per San Siro. Lunedì mattina l’assessore Bisconti ne parlerà con il presidente del Consiglio comunale Basilio Rizzo. La posizione del numero uno dell’assemblea di Palazzo Marino è netta: «Il caso Vagliati? Non è che se un consigliere sbaglia, anche tutti gli altri sono colpevoli. I biglietti omaggio non sono un privilegio per i consiglieri e non c’è nulla di male ad utilizzarli. Io non ho nessun senso di colpa quando vado a San Siro a vedere il Milan con mio figlio». Non basta. Rizzo ricorda che «tra Comune e società calcistiche esiste una convenzione che prevede i biglietti omaggio» e sottolinea che «quei tagliandi non rappresentano un costo per la collettività, visto che San Siro non è certo da tutto esaurito per tutte le partite dell’anno. I biglietti nominativi per evitare i bagarini? L’identificazione di chi entra allo stadio dipende da Milan e Inter, non dal Comune, e ci sono delle leggi a regolarla». L’ultima stoccata di Rizzo è rivolta a Vagliati: «Dipendesse da me, non bisognerebbe più dargli i biglietti».

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IL COMMENTO di GUIDO BANDERA (Il Giorno 08-09-2012)

SE LA CASTA SONO GLI ALTRI

«Ma che, scherzate? A me di andare allo stadio non interessa nulla. Sto a casa, mi occupo della famiglia. I biglietti? Quelli sì, li prendo, ma per fare beneficenza. Li diamo via nel quartiere...». Senza timore di essere ridicolo, con la serenità di chi rivendica per sé un privilegio che sente essere un suo diritto, il consigliere dotato di ingresso gratuito per il Meazza non ci sta. «Abbiamo uno stipendio di 1.400 euro al mese... Perché dovremmo rinunciare ai biglietti», insiste col tono dell’esodato rimasto senza pensione. In realtà, il problema dello scandalo sui biglietti gratuiti di Palazzo Marino non è nel fatto che siano finiti ai bagarini, ma nel fatto stesso che esistano.

È ovvio che un sindaco, se deve presenziare a un evento mondiale come una partita di Coppa dei campioni, ma anche al derby cittadino, sia assurdo che paghi.

È lì per lavoro, come i poliziotti. È meno ovvio, però, che anche chi allo stadio proprio non ci vuole andare, o non ha motivi diversi dal puro diletto personale per starsene in tribuna, abbia diritto al biglietto e nel caso non lo usi lo possa cedere al primo che passa per strada.

Ora, dopo il fiorire di titoli di giornali, la Giunta ci sta ripensando. Gli assessori, probabilmente, rinunceranno al regalo, mentre i consiglieri non ne hanno alcuna voglia. Lo facciano, invece, senza timore.

Li paghiamo, poco o tanto, per rappresentarci in aula e per decidere come risolvere i nostri problemi, non per vedere una partita allo stadio. Il posto sul primo anello di San Siro se lo comprino come fanno pensionati, studenti, semplici operai, con il loro stipendio.

E più di ogni altra cosa si risparmino l’atteggiamento delle vittime, di quelli che guardandoti in modo sorpeso ti spiegano che la casta sono gli altri. Se lo risparmino, in primo luogo, perché non paga. Soprattutto alle urne.

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NON CI POSSO CREDERE di SEBASTIANO VERNAZZA (SW SPORTWEEK 08-09-2012)

Fate pagare i politici a San Siro

Tempi duri per i politici italiani. La gente li percepisce come “arraffoni”, pronti a tutto per difendere stipendi d’oro, indennità e privilegi. C’è del populismo, in queste urla anti-casta. Gli eletti, però, aggravano le proprie posizioni con scelte e dichiarazioni incaute. Prendiamo per esempio il Comune di Milano, amministrato da una giunta di sinistra, con Giuliano Pisapia sindaco. Da un governo “rosso” ci si aspetta che certi problemi neppure si pongano. Con l’inizio del nuovo campionato di serie A è stato rivisto il criterio di distribuzione dei biglietti a disposizione del Comune per le partite di Inter e Milan a San Siro. Si è deciso che 160 ingressi vengano assegnati a scuole (100), centri per anziani (20), dipendenti comunali (30) e polizia penitenziaria (10). Bene, bravi, ma niente bis: altri 150 restano infatti ancora nelle mani di assessori, consiglieri comunali, direttore centrale del settore Sport, presidenti dei consigli di Zona. Ognuno di loro avrà diritto a due seggiolini a gara, perché allo stadio non si va da soli, ma in compagnia. L’assessore comunale allo Sport, Chiara Bisconti, si è lasciata sfuggire la seguente riflessione: «La mania anti-casta rischia di far apparire come ingiuste anche cose ragionevoli: i consiglieri sono eletti dai cittadini». Che cosa vuole dire la signora Bisconti? Che l’elezione garantisce i biglietti a sbafo? Compagno Pisapia, batta un colpo: i 150 posti della discordia li riservi ai bambini delle famiglie che a Milano non arrivano a fine mese.

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NON CI POSSO CREDERE di SEBASTIANO VERNAZZA (SW SPORTWEEK 22-09-2012)

Mala politica a San Siro (parte 2)

Biglietti a San Siro parte seconda. Su Sportweek di due settimane fa avevamo invitato Giuliano Pisapia, sindaco di Milano, a rivedere i criteri di distribuzione degli ingressi allo stadio per assessori, consiglieri comunali e altri ìpoliticanti” locali. Una dotazione di 150 tagliandi per le partite casalinghe di inter e Milan. Nel frattempo, però, sono successe delle cose. Un consigliere comunale è stato pescato con le mani nella marmellata. I biglietti per Inter-Roma destinati ad Armando Vagliati (Pdl) sono stati smerciati da un bagarino. Primo anello rosso laterale, settore Y01, fila 11, posti 23 e 24: la sera del 2 settembre sui seggiolini riservati al Vagliati e a un suo ospite si sono seduti due albanesi, che hanno acquistato gli speciali "tickets" da un venditore abusivo. Il Vagliati si è difeso così: «i biglietti li ho dati a mia madre, che a sua volta li ha girati a un uomo inaffidabile». La mamma è sempre la mamma, nel bene e nel male. Come conseguenza Chiara Bisconti, assessore comunale allo sport, ha dato un giro di vite: i "pass" destinati a chi siede nel consiglio comunale sono diventati nominali e non cedibili, e in più i componenti della giunta non ne avranno la disponibilità automatica: dovranno inoltrare richiesta all’assessorato ìbiscontiano”. Al Vagliati sarà azzerata la fornitura. Almeno per questa stagione, se vorrà entrare al Meazza dovrà pagare come un tifoso qualunque oppure farsi ospitare da Inter e Milan. Pare che sua mamma gli abbia tirato le orecchie.

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La sfida Il ct accoglie l’invito di Occhiuzzi dopo il raid sul campo dei flegrei

Prandelli, sfida anticamorra

«La mia Nazionale a Quarto»

La richiesta Il commissario straordinario Greco alla Figc

«Un’amichevole con la squadra». Il match forse il 12 o 13 novembre

di PINO TAORMINA (IL MATTINO 08-09-2012)

Quando c’è da mandare un segnale di legalità, diventare i testimonial nella lotta contro il racket o la criminalità organizzata, l’Italia di Cesare Prandelli c’è sempre. E anche ieri il ct azzurro, poche ore prima dell’esordio di Sofia, ha trovato il tempo di dire di sì alla richiesta fatta da Diego Occhiuzzi dalle colonne del Mattino: «Quando riceveremo l’invito da parte del Quarto, cercheremo di incastrarlo tra i nostri impegni. Siamo molto sensibili a questi argomenti. Vogliamo dare messaggi positivi ai giovani. E quando siamo andati a Rizziconi, abbiamo visto che di ragazzi ce n’erano tantissimi».

E l’invito sta per essere spedito. Ufficiale, destinatario il presidente della Figc Giancarlo Abete. A firma del commissario prefettizio che regge le sorti del Comune di Quarto da qualche mese: «È auspicabile - scrive Vincenzo Greco - organizzare un’amichevole tra la Nazionale italiana ed il Quarto Calcio presso lo stadio comunale. La manifestazione ha l’intento di comunicare ai giovani, attraverso uno strumento di forte e sana aggregazione, quale quello dello sport, la tenace presenza dello Stato e delle Istituzioni. In un territorio così dilaniato dalla criminalità organizzata - prosegue - reputo sia ancora più necessaria la ricerca continua di momenti che possano rappresentare per la popolazione locale un chiaro esempio di legalità».

Con lui, a firmare l’appello sarà il pm anticamorra Antonello Ardituro, l’amministratore giudiziario del sodalizio, Luca Catalano e il dirigente unico del club, il presidente di Sos Impresa, Luigi Cuomo. La data potrebbe essere quella del 12 o 13 novembre, alla vigilia dell’amichevole con la Francia che, salvo sorprese, dovrebbe giocarsi al San Paolo.

Prandelli, ancora una volta, non ha tirato indietro né se stesso né i suoi azzurri. Un altro segnale forte nella lotta contro l’omertà, avviata dagli azzurri lo scorso novembre con l’allenamento sul campo di Rizziconi, in Calabria, confiscato alla ’ndrangheta e proseguito ad aprile, quando il ct ha chiamato in Nazionale Simone Farina, lo sconosciuto difensore del Gubbio che ha denunciato il tentativo di corruzione della banda del calcioscommesse.

L’arrivo a Quarto degli azzurri sarebbe un evento unico. «Vedere Buffon e gli altri campioni giocare nello stadio Giarrusso - spiega il pm Ardituro - animerebbe ancor di più le coscienze. Perché qui non si può e non si deve mai abbassare la guardia. E ogni manifestazione finalizzata a mandare un segnale a chi si ostina a difendere gli interessi illeciti della camorra è ben accolta. Soprattutto quando arriva da parte del mondo dello sport più amato dalla gente».

Da queste parti la suggestione di veder sgambettare a un tiro di schioppo campioni come De Rossi e Balotelli, sembra scatenare gli entusiasmi di tutti. L’intimidazione, che nel caso del campo di Quarto s’è manifestata attraverso scarpette rubate, danneggiamenti e incedio delle reti, è già lontana. «Siamo onorati e commossi che Prandelli abbia preso a cuore le sorti di questo club - dice Luigi Cuomo, il dirigente unico - Con la loro presenza mandiamo un ulteriore segnale ai clan e alla camorra. Però nel frattempo, vogliamo cominciare a vincere. Oggi inizia la nostra stagione ufficiale, c’è la Viribus Unitis in Coppa Italia». Già, dalla partitella-simbolo contro l’Italia alla prima partita vera. «C’è entusiamo a Quarto. In 180 persone hanno già aderito all’azionariato popolare, molti sponsor ci sono vicini e tanti presidenti mi hanno già chiesto, in occasione delle trasferte, di organizzare convegni e manifestazioni». Intanto a Diego Occhiuzzi sono arrivati i ringraziamenti del club flegreo e di Ardituro. «L’abbiamo contattato e invitato qui a Quarto per la prima di campionato», dice l’amministratore giudiziario, Luca Catalano. Un campo di calcio è un campo di calcio, niente di più. Quasi sempre. Ma altre volte, come adesso, può essere anche qualcos’altro.

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CEMENTO AMATO - LA NORMA FANTASMA IN SENATO

L'incredibile storia della legge sugli stadi

di MARCO FANES (Il Manifesto 08-09-2012)

In parlamento si aggira una legge fantasma, nata per un'inesistente candidatura italiana ai mondiali e cresciuta fino a diventare un mostro giuridico. È la famosa legge per gli stadi, approvata alla chetichella in sede deliberante dalla camera (cioè direttamente in commissione, senza passare per l'aula) e ora in discussione nella commissione cultura del senato per l'eventuale via libera definitivo.

Secondo Legambiente «questo provvedimento, se approvato, consegnerebbe nelle mani della speculazione qualsiasi area non edificabile dei comuni italiani». Il grimaldello è semplice, e non a caso la norma non ha avuto nessun dibattito pubblico né l'onore della discussione in aula. Le maglie della legge sono larghissime: basta voler costruire uno stadio da 7.500 posti o un palazzetto da 4mila posti coperti per affiancargli «attività residenziali, direzionali, turistico-ricettive e commerciali» in barba a qualsiasi vincolo comunale tranne quello paesaggistico e ambientale. I limiti alle cubature non sportive sono minimi: un «complesso di opere comprendente ogni altro insediamento edilizio ritenuto necessario e inscindibile purché congruo e proporzionato ai fini del complessivo equilibrio economico e finanziario». Gli stadi non dovranno nemmeno essere proprietà delle società sportive e di calcio ma basta che il costruttore dichiari un contratto di cessione o il semplice «diritto d'uso» per cementificare a piacimento. Le procedure, per di più, sono iper semplificate, 11 mesi e lo stadio con annessi e connessi si può fare. «Ma come dimostra la Juventus, non serve una legge per chi vuole fare solo uno stadio», dice Edoardo Zanchini di Legambiente. È evidente che lo stadio è la scusa per costruire altro, magari su terreni agricoli pagati due lire al posto di quelli edificabili acquistati a un prezzo più alto. Non a caso, l'unico gruppo che ha votato contro la legge in commissione alla camera è stato l'Udc, strenuo difensore degli interessi edili di Caltagirone. Perfino l'Idv (caso inedito) ha votato insieme a Pdl, Pd e Lega, perché sia De Magistris a Napoli che Orlando a Palermo vogliono fare stadi e opere annesse con De Laurentiis e Zamparini.

La questione, come si vede, è spinosa. 1) Schifani deve decidere se coinvolgere anche le commissioni ambiente e lavori pubblici, misteriosamente escluse dal provvedimento. 2) martedì il Pd al senato deciderà il da farsi ed è possibile che alla fine salti almeno la corsia preferenziale e alcune modifiche «ambientaliste» vengano accolte in modo da far tornare la legge alla camera.

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