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K A L C I O M A R C I O! - Lo Schifo Continua -

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Il pallone di Luciano

Tutte le contraddizioni

della giustizia sportiva

di LUCIANO MOGGI (Libero 17-08-2012)

«Il calcio deve crescere molto», dice Abete. Peccato che non si sia posto questo problema quando si è seduto sullo scranno più alto della Federcalcio, dal che ne deriva che le speranze che questa crescita possa avvenire sotto di lui per il tempo che gli rimane (ma si ricandiderà) appare una pia illusione. Di Abete al momento si possono ricordare le mille interviste tutte uguali, con la pretesa di diffondere verità che tali non sono. Ma una verità non vera può assumere il crisma che non le appartiene a furia di ripeterla come se tale fosse.

L’ultima crociata in tema appartiene alla presunta autonomia della giustizia sportiva, una barzelletta, Abete però la diffonde sperando che qualcuno ci possa credere. Niente di più irreale. Il personaggio è così, apparentemente pacioso e rassicurante, diventa poi di tutti i colori, anche vendicativo, tante ne fa e spesso molte di più di quelle che pensa. Abete avrà inteso o gli avranno raccontato di Oliviero Beha che ha già dato il giusto significato, è il caso di dire, a questa frottola.

C’è un solo caso in Italia in cui la giustizia dipende dal potere esecutivo ed è esattamente lo sport e segnatamente il calcio. Tutto il resto è barzelletta per orecchie neanche troppo fini. Chi fa le nomine dei giudici sportivi, se non Abete e compagni? Da chi sta aspettando Palazzi la conferma nell’incarico già promessogli da Abete? Con quale faccia tosta Abete pretende di ammannirci un’autonomia di giustizia che tale non può essere per definizione, discendendo direttamente dai vertici della Federcalcio? Sento il (tentativo di) distinguo: nomine sì, così volute dal regolamento, ma autonomia piena. Avanti chi ci crede, la casta è una e si autodifende in blocco.

Sul tema si è prodotto anche Aldo Grasso con riflessioni che sarebbero state assai più tempestive nel 2006. «La giustizia sportiva - scrive - per essere celere, si basa sugli indizi e non sulle prove ed è quindi facile incappare in palesi incongruenze e infischiarsene delle garanzie ». Peccato che a Grasso l’idea non sia venuta sei anni fa in piena epoca, anche sua, di becero giustizialismo; o dopo, quando le accuse fatte da palesi incongruenze sono state smontate alla prova dei fatti. E sulle garanzie allora negate in pochi alzarono un dito per dire che era tutto un obbrobrio, tra questi il Procuratore federale del calcio scommesse 1980, dr. De Biase che ebbe a dire «sarebbe tutto da archiviare non esistendo illecito», e il grande giornalista Enzo Biagi che sentenziò «difficile capire se e perché sia nata questa messa in scena se non per nascondere qualche cosa molto più grave» (poco dopo infatti scoppiò lo scandalo Telecom).

E ancora in campo Grasso per portare avanti una tesi suggestiva, «il grande inquisitore Palazzi vittima lui stesso della giustizia sportiva». Tesi in verità ardita, che parte dalla Disciplinare che ha smontato il castello accusatorio del procuratore Figc, «mostrandone la fragilità intrinseca» e passa poi per il patteggiamento, definito «un insulto alla giustizia sportiva », che «sa di ricatto», e «sembra fatto apposta per corroborare le tesi fragili dell’accusa». Il punto focale sono i tre mesi di squalifica chiesti per Conte se avesse patteggiato, poi cresciuti fino a 15 nella richiesta successiva, e diventati 10 nella sentenza della C.D. Strano che Grasso non abbia esteso il suo orizzonte, scoprendo gli aspetti non solo contraddittori della Procura ma anche quelli variabili in uno scenario che già altri hanno definito schizofrenico, con un tariffario premiale di pena per i pentiti rei confessi che urta contro il più comune sentimento di giustizia. E che cos’è questo se non un invito a nuove tentazioni di combine? Bisogna insomma afferrare il momento buono per il patteggiamento, come ha fatto il Siena, che - visto il coinvolgimento di molti giocatori e del presidente, prima indagato poi prosciolto - poteva temere una conclusione assai peggiore. Se la cava invece con sei punti di penalizzazione e 100 mila euro di multa, oltre alle squalifiche dei presunti taroccatori. Mezzaroma dice che è stata tutta colpa di una mela marcia, alcuni dicono che sia stato sufficiente l’ingaggio di un qualche discusso dirigente...

Per Lecce e Grosseto è finita addirittura peggio. E pensare che il presidente del Grosseto, dopo un Grosseto-Livorno 2-3 del campionato 2008-09, denunciò pubblicamente «profumo di scommesse». Rimase però una voce nel deserto senza che “Nessuno” attuasse le dovute precauzioni. In questa giustizia suddita e schizofrenica, ci vuole... fortuna, o la buona giornata che va presa in corsa. Mezzaroma è stato lesto ad afferrarla.

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Il caso I giocatori accusati di aver avuto rapporti quando era minorenne. «Non sapevamo la sua età»

Il contropiede dell'ex lolita

alle due star del calcio

Benzema e Ribery a processo. Lei ora è una stilista

Il suo pigmalione Lagerfeld vede in Zahia l’epigono di una delle più celebrate figure della letteratura, la cortigiana

di ELISABETTA ROSASPINA (CorSera 17-08-2012)

PARIGI — Al centro di tutto c'è ancora lei, «Mademoiselle Z.», «il corpo del reato», come è stata definita dalla stampa francese. Per molti mesi costretta a tacerne le generalità complete. Finché anche la signorina Z. non ha compiuto 18 anni, il 25 febbraio di due anni fa, e gli ultimi veli si sono sollevati sull'identità integrale della Lolita che ha inguaiato, involontariamente, due campioni della nazionale francese, Franck Ribéry e Karim Benzema, rinviati a giudizio per aver approfittato di una minorenne. Anzi, peggio: di una prostituta minorenne. La bionda e gli azzurri, hanno ammiccato i titoli dei rotocalchi più benevoli. Senza sospettare, almeno all'inizio, che non si trattasse di una Barbie qualunque. E che alla fine, per una volta, a uscirne con qualche ammaccatura non sarebbe stata la bambolina.

Zahia Dehar viene dall'Algeria, rivendica il passaporto francese ed è così convinta di non essere una prostituta, ma soltanto una oculata amministratrice del suo corpo, da aver conquistato alla sua casa il ricchissimo e quasi ottantenne Karl Lagerfeld. Che ha ravvisato in lei l'epigono di una delle più celebrate figure dell'aristocrazia e della letteratura francese: la cortigiana.

Una Ninon de l'Enclos, se non proprio una Madame de Pompadour, una libertina di buoni sentimenti e ancor migliori intenzioni, dal fisico impressionante attorno a gran senso della famiglia: tranquillizzava la mamma, raccontandole che andava a dormire a casa di amiche, e poi si dirigeva all'aeroporto, dove l'aspettava un volo prenotato per Monaco. E qui, in una stanza d'albergo a cinque stelle, un famoso calciatore, cui era stata destinata come regalo per il 26esimo compleanno.

«Non sono un regalo grazioso?», si è preoccupata Zahia di fronte alla faccia scandalizzata di qualche intervistatore.

Lagerfeld ha saputo cogliere il senso della questione: «È un oggetto di lusso» ha confermato, riconoscendo la qualità del prodotto, e collocandolo nello scaffale più appropriato. Una collezione di lingerie appena più discreta di quella esposta nelle vetrine di Pigalle.

Confessandosi impressionato dalla curvatura perfetta della schiena della sua docile modella, il fotografo e stilista tedesco si è trasformato nel suo Pigmalione, impegnandosi a insegnarle non tanto l'arte della conversazione, quanto quella della creazione.

Ora Zahia guadagna con le sue linee, ironicamente battezzate «piumino di cipria» o «ninfetta», molto più dei duemila euro che le fruttavano, a 16-17 anni, le notti con uomini famosi o sconosciuti, spesso riluttanti al saldo e piuttosto maleducati, come riferisce lei ricordando con qualche disincanto i suoi incontri con Ribery. La sorte dell'attaccante del Bayern ora dipende completamente dalla testimonianza del suo giocattolo di compleanno: «Non sapeva la mia età, non gliel'ho mai detta» lo ha difeso strenuamente e lealmente Zahia. E, quanto alla punta del Real Madrid, Benzema, che nega d'averla mai frequentata, è poco più grande di lei: «Aveva 18 anni quando l'ho conosciuto».

Il giudice istruttore, André Dando, a differenza del pubblico ministero, non crede però alla buona fede dei due giocatori che saranno processati, l'anno prossimo, assieme al gestore del Zaman Café, un locale sui Champs Elysées chiuso anche per traffico di cocaina, e a un paio di oscuri imputati di sfruttamento della prostituzione. Zahia non ci sarà, ha comunicato l'ufficio stampa della ragazza, che per la legge francese è solamente una vittima. Ma si trova molto più a suo agio nei panni della donna in carriera.

Forse, per questo, quando Ribery e Benzema hanno rischiato di essere esclusi dalla nazionale, alla vigilia dell'ultimo Mondiale, ha scritto «stupefatta e rattristata» a Raymond Domenech, l'allora allenatore, per difenderli e garantire sulla loro irreprensibilità. Una cortigiana sa sempre quando è il momento di mettere una parola buona.

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L’analisi

Giustizia ordinaria

e giustizia sportiva

...Ritengo francamente aberrante la responsabilità

«presunta» e discutibile quella cosiddetta «oggettiva»

di GIANNI BORGNA (l'Unità 17-08-2012)

CHE L’ITALIA NON SIA QUEL CHE SI DICE UN PAESE NORMALE MI PARE LO DIMOSTRI AMPIAMENTE ANCHE LA VICENDA DEL CALCIOSCOMMESSE, CHE TIENE BANCO DA MESI, neanche si trattasse di un affare di Stato.

Anormale è certamente il fatto in sé, che, a quanto è dato sapere, non si manifesta, per lo meno con la stessa virulenza e la stessa frequenza, in nessun altro Paese. Ma anormale, almeno a mio parere, è anche il modo in cui si stanno svolgendo le indagini e le relative vicende processuali.

Già le inchieste delle procure destano più di un interrogativo. Tutto, ancora una volta, è nato dai cosiddetti «pentiti», il cui ruolo è quanto mai ambiguo e le cui testimonianze, forti di tante esperienze passate (basti pensare al caso Tortora), dovrebbero essere ormai prese con le molle. Mi chiedo quando in Italia si torneranno a condurre, in tutti i campi, inchieste serie e scrupolose che prescindano dalle testimonianze di pentiti veri o presunti e dalle loro non sempre limpide e disinteressate motivazioni.

Analoghi interrogativi destano poi, anche in questo caso, arresti «eccellenti», enfatizzati a dismisura dai media, o vicende come quella dell’irruzione all’alba della polizia nel ritiro della Nazionale a poche ore dalla partenza per gli Europei, con avvisi di garanzia per illecito e frode sportiva indirizzati a Criscito e a Bonucci. Il primo (tuttora peraltro in attesa di giudizio) fu depennato dalla lista dei partenti, il secondo, invece, riuscì a scampare da analogo provvedimento, e di recente è stato assolto con formula piena nel primo grado della giustizia sportiva, nonostante il procuratore federale Stefano Palazzi avesse chiesto nei suoi confronti una squalifica di tre anni e sei mesi.

Non sarò certo io a negare che la giustizia non debba guardare in faccia a nessuno, ma la domanda che pongo è se l’arresto sia sempre necessario, in particolare quando tutto è ancora da dimostrare e non parrebbe ricorrere alcuno dei presupposti in base ai quali decidere per la carcerazione preventiva.

Ma non è tanto su questo che voglio attirare l’attenzione, quanto sul fatto che in questa vicenda quello che proprio non convince è la fretta con cui, parallelamente a quella ordinaria, agisce la cosiddetta giustizia sportiva. Dico «cosiddetta» perché dovrebbe essere chiaro a tutti che di giustizia ne esiste soltanto una, senza ulteriori aggettivazioni, quella «sportiva» essendo conseguenza della prima e dispensatrice di pene nell’ambito, appunto, puramente agonistico.

Ma proprio per questo l’iter da seguire dovrebbe essere completamente diverso. Ritengo infatti che prima si dovrebbe esprimere in tutti i gradi di giudizio la giustizia ordinaria, poi, e solo poi, quella sportiva. A questo si obietta che il campionato di calcio comincia a fine agosto e che a quella data tutto deve essere concluso.

Ma è un’obiezione talmente debole che per respingerla basta il solo adagio popolare che recita: «La gatta frettolosa fa i gattini ciechi».

Quali strumenti ha infatti il giudice sportivo per condannare o assolvere al di là di ogni ragionevole dubbio un giocatore o una società per i quali il giudice ordinario non è riuscito ancora a esprimersi nemmeno al primo grado di giudizio? Con la possibilità, paradossale, che quelli che il giudice sportivo sta in queste ore assolvendo o condannando possano vedere ribaltata la loro situazione dal giudice ordinario. E con il danno economico, anche molto rilevante, che tali decisioni possono recare agli atleti e ai bilanci di società in molti casi perfino quotate in borsa.

Ma poi è così certo che la fretta sia dovuta essenzialmente a ragioni tecniche, all’incombere dei campionati di calcio? La mia impressione è invece (si rifletta a molte delle dichiarazioni dei vertici della Federcalcio) che, almeno in parte, dipenda anche dalla voglia di dimostrare che, fatta eccezione per qualche mela marcia, il «sistema» nel suo complesso sia, per così dire, pulito e perfettamente funzionante. E poiché di ciò è lecito dubitare (basti solo pensare a quanto è successo nella recente finale di supercoppa a Pechino), penso che anche per questo motivo si dovrebbe procedere con la dovuta ponderatezza, impiegando tutto il tempo necessario a fare realmente luce sulle singole fattispecie.

Le squalifiche possono essere comminate in qualsiasi momento e valere, se non per questo, per il prossimo campionato. Squalifiche certe, cioè rigorosamente accertate, non inflitte in base a teoremi o a indizi spesso assai labili (vedi le ipotetiche ricostruzioni attraverso i tabulati telefonici e le celle dei telefonini).

Squalifiche per illeciti anche solo sportivi (qui la distinzione è giusta), ma altrettanto rigorosamente accertati. Per responsabilità personale e diretta, perché (e qui vengo all’ultima nota dolente) ritengo francamente aberrante la cosiddetta responsabilità «presunta», e discutibile e auspicabilmente superabile quella cosiddetta «oggettiva», almeno in quest’ambito.

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Chi si rivede Dalla Roma di DiBenedetto allo sbarco di Joseph Cala sul lago

Lecco in balia del manager macchietta

Aveva provato col Bari. Ora promette: «Saremo come la Juve»

di ALEC CORDOLCINI (il Giornale 17-08-2012)

Ci sono campionati che attirano gli sceicchi e altri che affascinano qualche oligarca dell'Est. In Italia in­vec­e siamo spesso costretti ad accon­tentarci di macchiette stile Borgoros­so football club.

L'ultimo in ordine di apparizione è Giuseppe 'Joseph' Ca­la, manager italo-americano con alle spalle decine di tentativi falliti di ac­quisto di società calcistiche, dal Tori­no al Bari, dall'Ascoli alla Salernitana (ma dalla Campania sparì dopo 12 giorni) fino agli inglesi del Portsmou­th.

Un inquieto girovagare terminato lo scorso giugno con l'acquisto del Calcio Lecco, fresco di retrocessione in Serie D. Un livello forse un po' trop­po basso per chi nutre l'ambizione di «creare un club di livello mondiale modello Juventus», ma non ditelo al signor Cala. «Non vuol dire niente, anche la Microsoft è partita con un so­lo impiegato».

Dopo anni di grigiore calcistico, Lecco è pronta a tornare nel grande pallone. Come? Attraverso la quota­zione al Nasdaq di New York, la crea­zione di un super-settore giovanile e l'apertura di filiali in Africa, Asia e Su­damerica. Un impegno che però sten­ta a decollare. A meno di un mese dall' inizio del campionato manca tutto: un campo di gioco di proprietà, una sede, persino i giocatori. «Non so quanti di loro sono tesserati» ha di­chiarato il tecnico Stefano Franciosa (pescato da Cala nella C finlandese) in quella che avrebbe dovuto essere la conferenza di presentazione della squadra. I nomi? Mistero. Gli allena­menti? Sgambate di un'oretta e poi partitella, come all'oratorio.

Nel frattempo, tra pernottamenti allo stadio, sponsorizzazioni fanta­sma e finte denunce di aggressione (smentite dai diretti interessati, ovve­ro il segretario Ivan Corti e il direttore tecnico delle giovanili Ernesto Na­ni), Cala ha mantenuto solo una pro­messa: quotare il Lecco al Nasdaq, inserendo la società nella sua Cala Cor­poration.

Di cosa si occupa? «Non im­porta l'attività ma il fatturato che pro­duce ». Oltre che con la trasparenza, l'italo-americano sembra avere qual­che problema con i pagamenti: gli 800mila euro di debiti lasciati dalla precedente gestione non sono anco­ra stati saldati. E se con i tifosi è stata guerra aperta sin dal primo giorno, adesso si sono incrinati anche i rap­porti con il Comune.

«Lecco in Serie A in cinque anni», così si è presentato Cala. Una battuta che oggi suona surreale quanto il cli­ma creatosi attorno alla società blu ce­leste.

Nell'anno del centenario, a Lec­co avrebbero gradito regali migliori.

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SW SPORTWEEK 18 AGOSTO 2012

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Per la serie... da quale pulpito!

ANCORA PARLANO

Elkann contro Zeman: «Carrera ha

vinto di più». E Buffon sta col Boemo

di FIAMMETTA CASSINI (IL ROMANISTA 17-08-2012)

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Sarà che il sogno Van Persie è andato in fumo come la maglietta dell’olandese (a Londra pare non abbiano preso benissimo la sua cessione al Manchester United), sarà che dopo quasi vent’anni a Villar Perosa cominciano ad annoiarsi anche gli Agnelli, sarà che quando cominci a rosicare poi è difficile smettere, fatto sta che in casa Juve ancora non si danno pace per le parole di Zeman su Conte («se uno è squalificato, non deve allenare»). Ieri è tornato sull’argomento il vice presidente bianconero Jonh Elkann: «La cosa interessante è che Carrera in una sola partita ha vinto di più che Zeman in tutta la sua carriera». Certo, la Supercoppa Italiana di una settimana fa ai rigori (eh...certi rigori se li sognano ancora la notte, ndt), dopo che alla Juve non era bastato quello generosamente concesso nei tempi regolamentari e neanche la doppia superiorità numerica. Una vittoria in grande stile, insomma, l’ideale per attaccare Zeman.

Non contenti, i dirigenti bianconeri hanno concesso il bis per bocca del presidente Andrea Agnelli, che prima è tornato alla carica con la giustizia sportiva («bisognerebbe riflettere su come funziona in Italia »), poi si è schierato con il cugino sulle polemiche Zeman-Conte: «Credo che abbia risposto in maniere impeccabile. Carrera ha vinto più del Boemo in una sola partita». E allora le polemiche, il Napoli che per protesta non si è presentato alla presentazione? «Dovrebbero prendere esempio dallo spirito olimpico». Il Napoli, s’intende, visto che i continui attacchi della Juventus agli organi di giustizia sportiva e a chiunque esprima il suo disaccordo con i comportamenti della società bianconera evidentemente sono del tutto in linea con lo spirito dei Giochi.

In compenso a riportare la polemica a una dimensione ragionevole ci ha pensato Gigi Buffon. Interrogato sulla questione, il portiere della Juve si è guardato bene dallo schierarsi al fianco della sua dirigenza e far notare che «le polemiche hanno sempre fatto parte del nostro mondo, anche se alcune volte le frasi vengono strumentalizzate ad arte da parte della stampa. Poi quando ci si confronta con gente del calcio che scende in campo, che sta in panchina vengono fuori altre verità, e delle opinioni che rispetto a quello che si leggono sui giornali sono totalmente diverse. Alla base di tutto c’è sempre una bella stima tra noi giocatori e tra tutti quelli che compongono questo mondo ».

La Roma ha preferito non rispondere, Zeman ha preferito tornare in campo e lavorare, magari per lasciare che a zittire finalmente Elkann e famiglia sia direttamente il campo. D’altra parte, non bisognerà aspettare molto: a Juve-Roma del 30 settembre manca poco più di un mese.

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Supercoppa Il club azzurro non replica alle parole del patron della Fiat

Elkann

«A questo Napoli manca

un vero spirito olimpico»

di FELICE NADDEO (Corriere del Mezzogiorno - Napoli 17-08-2012)

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NAPOLI — Non poteva esserci epilogo peggiore alla farsa della finale di Supercoppa di Pechino tra Napoli e Juventus. Gli sportivi italiani erano già stati costretti a subire la direzione di gara indecorosa dell’arbitro Mazzoleni — che ha penalizzato gli azzurri con decisioni più che discutibili — per poi assistere alla scelta poco sportiva del club partenopeo di disertare la premiazione finale. Ieri, infine, la sgradita sortita di John Elkann, presidente della Luxor (sic - appassionato di "Natale sul Nilo", ndt), la holding che controlla la società bianconera, e cugino del presidente Andrea Agnelli. Il rampollo della dinastia di casa Fiat è stato protagonista di una infelice esternazione ai microfoni di Sky durante il rituale incrontro di Villar Perosa. Sollecitato a commentare l’assenza della formazione di De Laurentiis alla cerimonia conclusiva della Supercoppa, il nipote di Gianni Agnelli non ha fatto ricorso allo stile aristocratico che caratterizzava il nonno. «La squadra ha vinto meritatamente — ha detto Elkann — e questo ci fa ben sperare per il campionato. Sono stato alle Olimpiadi quest'anno, ho avuto la fortuna di partecipare, di stare lì un po' di giorni e credo che lo spirito dello sport sia quello olimpico. Abbiamo avuto tanti esempi di atleti italiani che si sono comportati nel rispetto delle regole, non ultimo Cammarelle. Credo che quello sia lo sport, quello è il modo di comportarsi e di fare sport. La manifestazione di Londra deve farci riflettere sui comportamenti che devono essere tenuti in certe occasioni e su quale debba essere lo spirito sportivo anche nel calcio». Anche il presidente della Federcalcio, Giancarlo Abete, al termine della gara dell’Italia, ha criticato i partenopei: «Sbagliato non partecipare alla premiazione».

Con il Napoli che ha preferito evitare ogni commento alle parole di Elkann, la prima reazione è arrivata da Claudio Botti, ex presidente dei penalisti italiani e ideatore del "Te Diegum". «Elkann dovrebbe imparare lo stile Agnelli che purtroppo è finito con la scomparsa dell'Avvocato—ha evidenziato l’avvocato napoletano—questi Agnelli hanno solo l'arroganza del potere più che la signorilità del nonno. Si può anche ragionare sulla mancata partecipazione del Napoli alla premiazione di Pechino, un gesto oggettivamente esagerato, però va detto che non basta andare a giocare a Pechino per superare la sudditanza degli arbitri dalla Juventus. Se sarà confermata la squalifica a Conte e continueranno le compensazioni in campo come avvenuto in Cina, assisteremo a nuovi segnali preoccupanti per il calcio italiano». Ma l’erede degli Agnelli, forse a causa della giovane età, ha anche dimenticato che la mancaza di spirito olimpico nel calcio era stata inaugurata proprio dalla Juventus. Che nel 1998, ironia della sorte in Supercoppa, fu sconfitta dalla Lazio e per protesta non partecipò alla cerimonia di premiazione.

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Calcioscommesse La società non si arrende dopo i guai giudiziari

Mission impossiBle

Ricorso in appello ultima chance per il Lecce: solo con responsabilità presunta può salvarsi

Fuga dalla Lega Pro La squadra giallorossa, in caso di accoglimento del ricorso, potrebbe giocare in serie B. In alternativa condanna alla Lega Pro

di STEFANO MEO (Corriere del Mezzogiorno - Bari 17-08-2012)

LECCE — Dimostrare, sulla base degli indizi addotti dall'accusa, che la responsabilità è solo presunta e non diretta. Questa la mission impossible degli avvocati giallorossi nel ricorso in appello, presentato ieri alla procura federale contro la sentenza di primo grado che ha condannato il Lecce alla Lega Pro. Se le tesi difensive venissero accolte, il Lecce sarebbe confermato in serie B con qualche punto di penalizzazione. Diversamente, il club di via Templari sarebbe deciso a perseguire gli ulteriori gradi di giudizio per sventare quella che sarebbe una autentica catastrofe e quindi nell'ordine: Tnas (il Tribunale di arbitrato sportivo), Tar del Lazio e Consiglio di Stato.

La causa verrà discussa il 21 agosto e la sentenza è attesa per il 23. In parallelo ambito penale, c'è anche il processo per frode sportiva a carico dell'ex presidente giallorosso Pierandrea Semeraro (difeso da Franco Coppi). Particolare importante perché, in caso di assoluzione, sia il club che il diretto interessato sarebbero più che mai decisi a chiedere i danni morali e materiali alla Figc con conseguenze inimmaginabili per la giustizia sportiva e per la stessa federazione. La sentenza di primo grado ha già stabilito che non ci fu combine nella partita Bari-Lecce del 15 maggio 2011, ma solo un «tentativo di alterare la gara» con «indizi gravi e concordanti». Un reato tentato, in buona sostanza, che però la legge non considera un minus rispetto a quello consumato. La presunzione di colpevolezza, in pratica, consente alla difesa di fare breccia nel castello accusatorio, messo insieme dal procuratore Palazzi in base alla tesi che un processo esclusivamente indiziario non può portare alla condanna per responsabilità diretta (o almeno non dovrebbe) dove occorrono prove certe, ma solo ad una responsabilità presunta. Cioè serie B e penalizzazione. A maggior sostegno della causa giallorossa, ci sono l'assoluzione di Giuseppe Vives (impugnata da Palazzi) che avrebbe fatto il «segno» dell'avvenuta combine toccando sulla spalla Masiello e l'autoaccusa di Carlo Quarta, che ha ammesso di avere orchestrato in prima persona tutto il business.

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L’interrogatorio Il fantasista sentito dai carabinieri sull’incontro con il Treviso del 2008

Bari, l'inchiesta riparte da Strambelli

di VINCENZO DAMIANI (Corriere del Mezzogiorno - Bari 17-08-2012)

BARI — L'inchiesta sul calcio scommesse riparte. Ma non da zero, perché gli inquirenti baresi avrebbero già raccolto conferme sulla presunta combine di Salernitana-Bari del 2009, campionato di serie B. Ieri mattina, nella caserma dei carabinieri, l'attività investigativa è stata riavviata dopo la pausa di ferragosto: gli inquirenti, questa volta, hanno convocato Nicola Strambelli, 24enne barese doc, cresciuto come Antonio Cassano tra i vicoli di Bari Vecchia. Accompagnato dal suo avvocato, il giocatore è rimasto in caserma poco più di mezz'ora. Al fantasista i carabinieri gli avrebbero chiesto delucidazioni su Bari-Treviso dell'11 maggio del 2008, conclusa 0 a 1. I biancorossi, all'epoca guidati da Antonio Conte, erano ormai salvi, mentre al Treviso serviva una vittoria per evitare la retrocessione. Strambelli, in realtà, giocò solo un piccolo spezzone di partita, subentrò a metà del secondo tempo. Per i pm Ciro Angelillis e Giuseppe Dentamaro quella sfida fu taroccata, il Treviso avrebbe comprato i tre punti. A rivelare la presunta combine agli inquirenti sono stati gli ex Andrea Masiello e Vittorio Micolucci. «In riferimento alle partite del Bari - scrive Micolucci in una memoria consegnata al procuratore federale, Stefano Palazzi - le posso dire che l'anno prima della promozione in serie A il Bari regalò la partita al Treviso. Le voci dicono che presero dei soldi perché in quella stagione le ultime partite del Treviso furono quasi tutte comprate. Nella stagione della promozione, invece, con Perinetti e Conte, sicuramente è stata fatta Piacenza-Bari con un pareggio e Salernitana-Bari con la vittoria della squadra campana… Sono sicuro e certo della vittoria della Salernitana perché in quella stagione nelle ultime partite si avvicinavano alle squadre offrendo soldi...». Su Salernitana- Bari i gli investigatori avrebbero già chiuso il cerchio, grazie anche alla collaborazione di alcuni ex calciatori biancorossi che, durante gli interrogatori effettuati prima di ferragosto, avrebbero ammesso di aver ricevuto soldi per lasciare la vittoria ai campani. Ora i carabinieri sono a caccia di riscontri su Bari-Treviso. Oggi e domani sono previsti altri interrogatori, saranno ascoltati il terzino Gianluca Galasso e l'ex portiere Nicola Santoni.

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Bologna, tutti in difesa

I legali contro Palazzi: «Nella telefonata Portanova e Di Vaio parlarono della grigliata»

Il club non proporrà una linea diversa dai giocatori, difficile evitare il -2 e le squalifiche

Bordoni Palazzi scorretto. Chiederemo l’inammissibilità della chiamata

Grassani È una telefonata scollegata dal contesto, non prova nulla

di GIANLUCA ROTONDI (Corriere di Bologna 17-08-2012)

Tutti insieme (per forza e poco appassionatamente) sulla stessa barca. Le difese affilano le armi in vista di martedì, nuovo temuto D-day per Daniele Portanova, Marco Di Vaio e per il Bologna, attesi davanti alla Corte di giustizia federale che li dovrà giudicare in appello per l'ormai famosa Bologna-Bari (0-4) del 22 maggio 2011.

C'è da scalare una montagna, l'appello choc del Procuratore Stefano Palazzi che dopo la «sportellata» rimediata dalla Disciplinare — che ha quasi azzerato le sue richieste — ha calato l'asso di briscola, la telefonata tra i due ex compagni (da loro sempre negata), tornando a chiedere pene pesanti per quelli che ritiene autori di tentato illecito, omessa denuncia e responsabilità oggettiva.

Dopo i distinguo del club, spiazzato, per usare un eufemismo, dalla telefonata saltata fuori a sopresa tra Portanova e Di Vaio nel giorno della trasferta dei «parenti di Masiello», è il momento di remare tutti dalla stessa parte.

Le difese punteranno a neutralizzare la chiamata pescata come un coniglio dal clindro da Palazzi, «fuori tempo massimo», secondo gli avvocati Guido Magnisi, Aldo Savoi Colombis, legali di Di Vaio, e Gabriele Bordoni, difensore di Portanova, che ne chiederanno l'inammissibilità. Una strada che l'avvocato del club Mattia Grassani, navigato conoscitore delle pieghe della giustizia sportiva, ha deciso di non percorrere.

Ieri Di Vaio e Portanova hanno depositato le proprie memorie, entrambe raccolte per una curiosa coincidenza in 18 pagine. Una difesa che contiene anzitutto un attacco frontale a Palazzi, accusato di «dubbia correttezza processuale per aver serbato i tabulati nel cassetto, negando alla difesa un grado di giudizio», scrivono i legali di Di Vaio. Va giù ancora più duro Bordoni per cui «il comportamento di Palazzi è da stigmatizzare, sbagliato nei fatti e sgradevole nei modi». All'avvocato Grassani sono servite 13 pagine per appellarsi contro la multa e 23 per chiedere che l'appello di Palazzi venga respinto.

C'è un unico filo conduttore che lega le controdeduzioni: quella telefonata non prova niente. «È slegata dal contesto della visita dei "parenti" di Masiello e non è compatibile con l'ipotesi d'accusa», scrivono i legali. Per le difese non si capisce come mai non ci sia traccia, dopo la breve telefonata, di un nuovo contatto tra Portanova e i baresi per dire che non se ne sarebbe fatto niente. Ma allora perché hanno sempre negato d'essersi sentiti? «Non ne avevano più memoria. Portanova ha chiamato per chiedere a Di Vaio come regolarsi per il conto della grigliata di Casteldebole. Al di là dei rapporti tesi, la chiamata aveva un preciso senso», dicono Magnisi e Colombis che hanno allegato una deposizione dell'ex dg Stefano Pedrelli che conferma la tradizione del conto a carico dei veterani. Dice Di Vaio: «Dopo più di un anno non ricordavo la chiamata, ma poteva riguardare solo la grigliata».

Possibile che sia andata così? Di sicuro la telefonata non è la pistola fumante dell'illecito, sostengono i legali. Troppo pochi 54 secondi per illustrare la combine e rifiutarla. Di più, non c'è traccia di un contatto successivo con gli scommettitori. Anche Grassani parla di «incongruenze insanabili nella spedizione dei baresi» e di «una telefonata scollegata dal contesto, successiva e incompatibile con gli incontri del pomeriggio». Poi, si chiede il legale, «quale sarebbe stato il tornaconto della combine? Non un aiuto in classifica nè la promessa di denaro», dice Grassani consapevole che per cancellare «la macchia infamante» del -2 c'è da abbattere il ricorso di Palazzi. Serve però un miracolo per schivare penalizzazione e squalifiche. Il Bologna aspetta, poi si muoverà, pronta a scaricare senza appello i calciatori se le cose dovessero precipitare.

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CALCIOSCOMMESSE: IN ATTESA DEL PROCESSO DI APPELLO

Depositato ieri il ricorso

Conte punta allo sconto

La legale, Bongiorno, lavora sui punti deboli dell’accusa

Le «celle telefoniche» di Novara-Siena...

di ALBERTO ABBATE (CorSport 17-08-2012)

ROMA - Un top player, per vincere al processo. Lo ha già acquistato, Conte. Sul mercato dei legali: l'avvocato Bongiorno ha lavorato giorno e notte, ieri in tarda mattinata ha depositato il ricorso alla Corte di Giustizia Federale. Obiettivo: ottenere una riduzione dei 10 mesi di stop al tecnico bianconero, un miraggio il proscioglimento. Si lavora sui dettagli, ci si attacca alle "sbavature" nelle motivazioni della Disciplinare, si aggiunge qualche tassello alla difesa.

Ecco perché Palazzi non può far vacillare la credibilità di nessun pentito: Masiello si contraddice 4 volte su Udinese-Bari? Anche Carobbio fornisce tre versioni, cita Conte solo il 29 febbraio a via Po. Non solo, dal dispositivo della Disciplinare emerge come il pentito abbia combinato, eccome, anche le partite del Siena. Lo aveva sottolineato in aula l'avvocato De Rensis. Che non capisce come una dichiarazione del tesserato Ficagna ( «Carobbio non aveva alcun problema all'interno dello spogliatoio» ) possa aver indotto anche la Commissione - dopo la Procura Federale - a escludere qualsiasi motivo di risentimento.

Anche in secondo grado s'insisterà sull'acredine e sul perché Gervasoni - molto legato a Carobbio - non abbia mai fatto il nome di Conte: come mai l'amico non gli raccontò dell'epocale riunione tecnica?

Giulia Bongiorno invece, esperta di diritto penale, si concentrerà più sui principi generali. C'è un appunto su Novara-Siena: l'accusa si è basata molto sull'aggancio delle linee telefoniche di Carobbio e Bertani alla cella di Corso Vercelli a Novara alle 11:08 del mattino dello stesso giorno. Perché incontrarsi la mattina a Novara? Tutte le linee si agganciavano a quell'ora alla cella di Corso Vercelli perché Novara-Siena si giocava alle 12:30 e non alle 15:00, quindi le squadre erano già allo stadio. Corso Vercelli è una parallela dello stadio Piola.

A proposito della famosa riunione tecnica di Conte, s'insisterà sui calciatori non deferiti: hanno detto la verità o testimoniato il falso? La Disciplinare aveva risposto con una nota inquietante: «Ci sono altre indagini in corso» .

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INTERROGATORI RIPRESI

Altri indagati nell'inchiesta dei pm a Bari

di FRANCO CIRICI & MAURIZIO GALDI (GaSport 17-08-2012)

Intanto ieri, dopo la brevissima pausa di ferragosto, sono ricominciati gli interrogatori da parte dei carabinieri — su delega dei pm Angelillis e Dentamaro — dei calciatori del Bari che avevano preso parte a Salernitana-Bari e Bari-Treviso della stagione 2008-2009, al centro della nuova tranche dell'inchiesta della Procura barese sulle combine nel calcio. Alla luce delle dichiarazioni (finora secretate) di Andrea Masiello, i magistrati hanno iscritto nel registro degli indagati una serie di calciatori. Ieri è stato sentito Nicola Strambelli. Mezz'ora è durato il suo interrogatorio. Oggi il calendario non è stato comunicato, ma è probabile che siano stati fissati almeno un paio di interrogatori. Domani sarà la giornata più intensa: nella sede del comando provinciale dei carabinieri saranno sentiti Vincenzo Santoruvo, Massimo Ganci, Massimo Bonanni, Nicola Santoni e Gianluca Galasso. Di sicuro si può pensare che almeno quest'ultimo, assistito dall'avvocato Piero Nacci Manara, si avvalga della facoltà di non rispondere in quanto il suo legale (che assiste anche Ranocchia e De Vezze) ha puntato la strategia difensiva sulla conoscenza dei fatti che vengono contestati ai suoi assistiti prima di decidere la linea da adottare.

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Scommesse, riprendono gli interrogatori

Ieri ascoltato per mezz’ora Strambelli. Per il Bari tutto fermo sul mercato

di FRANCESCO DAMIANI (la Repubblica - Bari 17-08-2012)

Solo pochissimi giorni di riposo per la Procura di Bari che ha ripreso gli interrogatori per il calcio scommesse. Ieri mattina al comando regionale dei carabinieri sul lungomare di Bari si è presentato Nicola Strambelli, giovane centrocampista ex biancorosso che però si è trattenuto solo per mezz’ora. Ma nei prossimi giorni verranno interrogati anche altri giocatori. Domani dovrebbe toccare all’ex difensore biancorosso Gianluca Galasso e con lui gli inquirenti cercheranno di far luce sulle ultime partite della stagione conclusa con la promozione in serie A del Bari di Antonio Conte, Salernitana-Bari e Bari-Treviso, finite al centro dell’attenzione degli investigatori dopo le rivelazioni di Andrea Masiello.

Ma tornano di attualità anche altre partite sulle quali la Commissione Disciplinare si è già pronunciata in primo grado. Ieri sono scaduti i termini per presentare le repliche degli avvocati difensori dopo che il procuratore federale Palazzi ha impugnato le sentenze che hanno prosciolto Bonucci e Pepe per la partita Udinese-Bari del campionato 2009-2010 e il derby Bari- Lecce dell’anno successivo per il quali i salentini sono stati condannati alla retrocessione in Lega Pro. A Palazzi, in particolare, non sono andati giù i proscioglimenti di Bonucci, Pepe e Vives e questo rimetterebbe tutto in discussione. La settimana prossima si tornerà in aula al Foro Italico a Roma per il processo di secondo grado.

Per il Bari, comunque, sono giorni caldi anche sul campo e non soltanto per la temperatura tornata davvero elevata. A poco più di una settimana dall’esordio in campionato contro il Cittadella, la formazione di Torrente appare ancora incompleta anche se il centrocampista Romizi si mostra fiducioso. “Il mio giudizio sul lavoro che stiamo facendo è davvero positivo” dice. “Il fatto che molti elementi siano stati confermati dallo scorso anno è una buona base di partenza, ma sappiamo di essere una squadra molto giovane che deve lavorare e soprattutto annullare subito il -5. Certo, abbiamo una rosa un po’ contata e il mister fa bene a chiedere rinforzi in tutti i reparti. Però, se ci guardiamo intorno, a parte Spezia e Verona non è che le altre squadre si siano rinnovate e rinforzate tantissimo e in serie B qualche sorpresa c’è sempre. L’anno scorso chi avrebbe pensato che il Pescara avrebbe vinto il campionato?”.

Nessuna novità sul fronte mercato. Lamanna si allena ancora con i biancorossi e con il Genoa non si è ancora conclusa la trattativa per riportare Diego Polenta in Puglia. Ieri doppia seduta con Borghese regolarmente in gruppo. Oggi un solo allenamento al mattino, mentre domani mattina la partenza per Benevento dove alle 17 il Bari affronterà i padroni di casa che militano in Lega Pro Prima Divisione.

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Le scommesse

Gelo fra club e giocatori, ma per ora nessuna spaccatura. E l’ex dg Pedrelli difende il bomber

Di Vaio resta in Canada, niente processo

“Io e Portanova parlavamo della grigliata”

di SIMONE MONARI (la Repubblica - Bologna 17-08-2012)

Marco Di Vaio non andrà al processo sportivo il 21 agosto, lo scrive lui stesso nelle controdeduzioni presentate ieri dai suoi legali, Magnisi e Savoi Colombis. «Purtroppo il mio lavoro non mi consentono di essere presente». Quanto alla telefonata con Portanova, «premesso che a distanza di più di un anno è molto difficile ricordare il contenuto di una chiamata di soli 54 secondi, poteva riguardare solamente l’avvenuto pagamento della grigliata che offrivamo solitamente insieme (ma essendo Portanova andato via prima, io avevo provveduto da solo al pagamento)». È una delle tesi sulla quale battono i due legali, secondo i quali gli ulteriori atti trasmessi dalla Procura di Bari al procuratore Palazzi «sono elementi solo suggestivi e fuorvianti. Sembra di dubbia correttezza processuale serbarsi documenti ‘nel cassetto’. Per non parlare dei 54” della telefonata, davvero troppo breve per spiegare la proposta indecente». Per l’avvocato Bordoni, che difende Portanova, il comportamento del procuratore Palazzi è «da stigmatizzare: sbagliato nei fatti e sgradevole nei modi». Spiega poi Bordoni: «La telefonata fra Di Vaio e Portanova si colloca un’ora dopo quella nella quale Portanova liquida Giacobbe (uno dei tre “parenti”) ». Nella memoria presentata da Magnisi e Savoi Colombis c’è inoltre un intervento dell’ex dg rossoblù Stefano Pedrelli, ora segretario del Siena. Anche lui disserta della grigliata. «Non mi stupisce il fatto che Marco Di Vaio si sia assunto in toto l’onere della festa». Che l’ex dg definisce «una sorta di tradizione che ha coinvolto generalmente squadra, dirigenti e dipendenti del club».

Anche il Bfc che evita spaccature pubbliche coi giocatori pur sentendosi tradito, ha presentato le sue controdeduzioni, ribadendo le incongruenze dei “baresi” e producendo un dossier sull’inattendibilità delle celle telefoniche. Per negare il presunto incontro fra Portanova e uno dei tre “parenti”, che secondo Palazzi ci sarebbe stato dopo la famosa telefonata fra Di Vaio e Portanova. «No, non ci fu alcun incontro», dice il Bologna.

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SCOMMESSOPOLI. LA MEMORIA DIFENSIVA DI CONTE

«Carobbio incontrò Bertani

dopo la riunione tecnica»

Le tracce dei cellulari confutano le parole dell’ex senese. Finito lo sciopero di Pesoli

di SIMONE DI STEFANO (TUTTOSPORT 17-08-2012)

ROMA. Le memorie sono state consegnate ieri, l’appuntamento è per lunedì alle 14 quando la Corte di Giustizia darà il via al secondo grado del Cremona Ter. Al centro di tutto, l’appello di Antonio Conte ai 10 mesi di squalifica. Per i suoi avvocati ( Chiappero , Bongiorno e De Renzis ) è stato un Ferragosto di lavoro per dimostrare che le due omesse denunce di Conte non sarebbero dimostrate. Partiranno da Novara-Siena e dalle accuse di Carobbio («Conte ci riferì nella riunione tecnica di stare tranquilli...») incrociando gli atti di Palazzi con quelli della procura di Cremona.

INCONTRO Si arriva così all’incontro tra Bertani e Carobbio nel giorno della gara (1 maggio 2011): «Tra le 11 e le 14.50 entrambe le loro utenze sono presenti in via Vercelli negli stessi orari», recita l’ordinanza di Cremona. Ma via Vercelli è la parallela dello stadio Piola di Novara e a quell’ora siamo in piena gara (iniziò alle 12.30). Secondo il Gip di Cremona, Bertani e Carobbio si incontrarono «con l’evidente intenzione di definire gli ultimi, preliminari accordi illeciti, alla immediata vigilia della partita». “Preliminari” è la parola chiave: ma se le riunioni tecniche del Siena avvenivano sempre in albergo, e l’incontro per definire l’accordo tra Bertani e Carobbio avviene allo stadio, come poteva Conte sapere prima dell’accordo e comunicarlo ai suoi giocatori? Il pm federale specifica inoltre che lo stesso Carobbio «ne parlò personalmente con Bertani e Gheller prima della partita, al fine di avere e dare conferma di tale accordo». Quindi l’eventuale conferma Carobbio l’avrebbe ottenuta nel riscaldamento pre-partita, quando la riunione tecnica era già consumata da ore.

TERZI Su AlbinoLeffe-Siena ricorre l’appello di Claudio Terzi , che sostiene di non aver preso parte all’incontro di Stezzano. Tutti i partecipi non menzionano mai Terzi, ad esclusione di Poloni che però sembra confondersi con Vitiello . Ma la procura federale lo ignora e anzi cerca di usare il patteggiamento di Stellini . Ma da quella dichiarazione, l’ex vice di Conte avrebbe addirittura scagionato Terzi: «In verità non ricordo di aver fatto analoga richiesta al calciatore Terzi». Peccato che Disciplinare e procura abbiano coperto questa frase con un omissis ma, svelato l’arcano, l’avvocato di Terzi, Vincenzo Rispoli , è deciso ad andare fino in fondo.

SCIOPERO FINITO È intanto finito lo sciopero di Emanuele Pesoli , che oggi incontra (assieme a Nassi ) il presidente federale Abete . Sulla telefonata tra Portanova e Di Vaio , è invece intervenuto ieri l’avvocato dell’ex capitano rossoblù, Guido Magnisi : «54 secondi per spiegare la proposta indecente di Masiello ? Portanova, a quell’ora, finita la grigliata di Casteldebole, vuole sapere come ci si deve regolare per pagare il catering».

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IL Settembre 2012

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Mal di calcio

Scommesse. Match truccati. Indagini della magistratura. Campioni in fuga. Pochi abbonati. Stadi vecchi. Guerra per i diritti tv sul satellite. Così l’Italia del pallone dice addio al torneo più bello del mondo

CONTI IN ROSSO PER I CLUB DI SERIE A. E SI CERCANO SOCI STRANIERI. MA PER ORA SONO IN POCHI A FARSI AVANTI. TAGLI MILIONARI AGLI INGAGGI. E I FUORICLASSE DA IBRA A LAVEZZI SCAPPANO ALL’ESTERO. MENTRE I PATRON CI PROVANO CON I GIOVANI

di GIANFRANCESCO TURANO (l'Espresso | 23 agosto 2012)

Partite truccate. Processi sportivi e penali. Campioni in fuga. Stadi vecchi semivuoti. Abbonamenti a rilento. C’era una volta, ormai tanti anni fa, il campionato più bello del mondo. La serie A che parte sabato 25 agosto è un sistema in piena recessione, con uno spread di credibilità rispetto ai maggiori tornei d’Europa a 1. 200, per dirla con il premier Mario Monti. Le convergenze parallele dell’Italia e del suo culto nazionale maggioritario dicono che la nottata è ancora lunga e che la crisi aumenta scendendo dal vertice verso la base. In Lega Pro, la vecchia serie C, negli ultimi cinque anni la crisi finanziaria ha ridotto i club da 127 a 69. Non è più un calcio per piccoli se anche i grandi faticano.

A tenere in piedi la baracca è sempre più la televisione. Ma le due piattaforme pay (Sky e Mediaset Premium) si fanno una tale concorrenza sui prezzi che per mettersi in fila ai tornelli di uno stadio ormai serve il coaching motivazionale. L’inizio della stagione è stato il peggiore possibile con una Supercoppa italiana giocata tra Juventus e Napoli a Pechino. L’idea della Lega calcio, la litigiosa confindustria del pallone, era di aprire un varco nei mercati asiatici ricchi di tifosiconsumatori e poveri di squadre ad alto livello. È finita in bagarre per l’arbitraggio, con il Napoli sconfitto che si è rifiutato di presentarsi alla premiazione. Più facile piazzare un Btp a dieci anni che un teatrino del genere. E del resto, con la stessa ottica evolutiva, dieci anni fa la Supercoppa si è giocata a Tripoli (Juventus-Parma) in omaggio alla famiglia Gheddafi.

Allora come oggi, gli alti dirigenti del calcio nazionale hanno spiegato che bisogna mettersi al passo con la modernità. Deve essere che la modernità si è allenata meglio perché non ci fa vedere palla.

LA PROCURA ATTACCA A PIENO ORGANICO

Le nuove abitudini del campionato 2012-2013 includono, tra un match e l’altro, il notiziario delle Procure penali che indagano sul sistema delle partite truccate. Le inchieste di Cremona, Bari, Napoli, con la probabile aggiunta di Genova, proseguiranno a lungo. Nel frattempo i processi sportivi stanno definendo un elenco già lungo di penalizzazioni tra serie A e serie B. Le sentenze di primo grado emesse dalla Disciplinare hanno mostrato i limiti dell’autonomia giudiziaria del calcio: pentiti credibili a corrente alternata, patteggiamenti anche troppo comodi, multe alla portata di tutte le tasche e una buona fetta di assoluzioni.

Il risultato più clamoroso rimane la squalifica di dieci mesi per l’allenatore della Juventus campione d’Italia, Antonio Conte, condannato per due omesse denunce risalenti alla sua esperienza sulla panchina del Siena. Inizialmente, il club della famiglia Agnelli ha sciorinato una strategia processuale all’insegna dello scontro frontale. Per quanto giovane, il presidente Andrea Agnelli fatica a liberarsi di un revanscismo nato con i due scudetti tolti ai bianconeri per Calciopoli e proseguito con una richiesta di danni alla Figc per 400 milioni di euro, una somma pari ai trasferimenti di un anno dallo Stato alle 45 federazioni sportive nazionali.

Quando qualcuno ha convinto Agnelli a fare meno il tifoso e a non trasformare il calcioscommesse in un processo alla Juve, la Vecchia Signora ha cambiato linea difensiva. Sono arrivate così le assoluzioni di Simone Pepe e, soprattutto, del titolare della Nazionale di Prandelli, Leonardo Bonucci, un capitale tecnico ed economico molto consistente.

Conte, che era stato costretto a patteggiare dalla società, passa al giudizio di secondo grado in Corte Federale con scarse speranze di assoluzione e concrete aspettative di sconto. Se tornasse sulla panchina bianconera all’inizio del 2013 non ci sarebbe da stupirsi.

IN 60 MILA ALLO STADIO, PER COSTRUIRLO

La legge bipartisan sugli stadi forse ce la fa a passare. A settembre va in terza lettura al Senato, dopo un blocco di tre anni alla Camera dovuto in larga parte ai tentativi di emendamento del presidente laziale e latinista Claudio Lotito. Emendamenti pro domo sua, absit iniuria verbis. «La legge sugli impianti sportivi», dice il senatore Pdl Butti, che dà il nome al provvedimento insieme al deputato Pd Giovanni Lolli, «sarà approvata entro l’anno. Non è una legge per speculatori, non è un ladrocinio legalizzato di denaro pubblico come Italia ’90 e non sono previste deroghe ai vincoli urbanistici. Se questo fa arrabbiare qualche presidente, pazienza. A regime, la legge creerà 60 mila posti di lavoro».

Il nuovo stadio della Lazio avrà dunque vita dura visto che la zona prescelta è in Val Tiberina, sui terreni a rischio idrogeologico di Cristina Mezzaroma in Lotito e del fratello Marco Mezzaroma in Mara Carfagna, coinvolti nella gestione della Salernitana del multiproprietario Lotito.

L’Udinese sarà il primo club ad affiancare la Juventus nello sviluppo di un nuovo impianto. All’inizio di agosto Gianpaolo Pozzo ha firmato l’accordo con la giunta comunale per la ristrutturazione del “Friuli” entro il 2014. Un accordo simile sembra in dirittura di arrivo tra Aurelio De Laurentiis e il sindaco di Napoli Luigi De Magistris, alla guida di una giunta che perde pezzi come il San Paolo.

A settembre la Roma annuncerà il fortunato estratto fra gli oltre 80 lotti di terreno offerti dai palazzinari della Capitale impantanati nella crisi del real estate.

Il gruppo dei possibili vincenti si è già ridotto a meno di una decina di aree dopo una prima selezione dell’advisor immobiliare Cushman & Wakefield. All’ultimo minuto, l’Eni ha proposto l’ex Gazometro che ha il merito di essere centrale e in una zona (Ostiense-Testaccio-Garbatella) dove i laziali sono rari come i panda. Il problema sta nei lavori di bonifica, stimati in una cifra astronomica (200 milioni di euro). Inoltre i lavori in piena città paralizzerebbero il sud di Roma per quattro anni.

Il sindaco Gianni Alemanno preferisce Tor di Valle (proprietà del costruttore Parnasi), già collegata dalla linea ferroviaria Roma-Lido. La scelta finale sarà frutto di una mediazione tra il Campidoglio e il futuro presidente romanista Jim Pallotta. Per ora, il nuovo stadio ha fatto il miracolo di distendere i rapporti Roma- Juventus magari anche perché Cushman & Wakefield appartiene al gruppo Exor, la holding che è principale azionista della Fiat e della Vecchia Signora. Al clima da intesa cordiale resiste mister Zdenek Zeman, mangiatore di bambini juventini e critico sul fatto che Conte continui ad allenare la Juve anche se non siede in panchina.

Nuovo stadio in vista anche per il Cagliari a Quartu Sant’Elena, dove sarà ristrutturato il vecchio impianto di Is Arenas, e per la Sampdoria neopromossa dei Garrone. L’usato, per lo più, prevale sul nuovo. Tra le eccezioni c’è l’Inter in formato Repubblica popolare cinese del presidente Massimo Moratti e del figlio vicepresidente Angelomario detto, con lungimiranza, Mao.

La China Railway Construction dovrebbe costruire l’impianto dei nerazzurri, mentre altri investitori cinesi ancora da individuare entreranno nel capitale del club più in rosso d’Italia (quasi 1,5 miliardi di euro di perdite sotto la gestione Moratti) con una quota tra il 15 e il 30 per cento.

CINESI, AMERICANI E FABBRICA DI DEBITI

Con conti economici e stati patrimoniali da retrocessione, i club di serie A sperano nei cavalieri bianchi, o di qualunque colore eventuale, in arrivo dall’estero con container di denaro al seguito. I sogni sono duri a morire. Finora l’unico zio d’America, Tom Di Benedetto della Roma, è arrivato per tagliare stipendi (da 101 a 80 milioni di euro). L’unico mezzo oligarca russo, Yuri Korablin, bivacca a Venezia, dove la squadra è appena riuscita a salire dalla serie D alla Seconda divisione di Lega Pro, l’ex C2. Non proprio il Chelsea di Roman Abramovich.

La quota libica nella Juve è svanita dopo il crollo della famiglia Gheddafi. I cinesi, anche quelli interisti, sono businessmen poco inclini allo sperpero. Gli arabi che dovevano entrare nel Palermo di Maurizio Zamparini sono diventati una gag da Ficarra&Picone e anche gli emiri interessati a una fetta di Milan non hanno ancora trovato un motivo valido per comprare una quota di minoranza in una società in perdita dove non conterebbero nulla e dove, presidente o non presidente, trapiantato o calvo, da 26 anni comanda sempre lo stesso.

I capitali esteri non salveranno la serie A. Del resto non hanno salvato, anzi, hanno devastato la Premier League che ha tolto alla serie A il titolo di campionato più bello a costo di un indebitamento mostruoso. L’ultima Review of Football Finance curata da Deloitte lo stima in 2,4 miliardi di sterline (oltre 3 miliardi di euro) contro i 2, 6 miliardi della serie A. Quanto alla Liga, è tecnicamente fallita. I finanziamenti del consorzio Bankia presi dalla Bce e girati ai top club spagnoli rappresentano uno dei maggiori scandali finanziari del 2012. I trionfi mondiali ed europei della nazionale di don Vicente Del Bosque passano attraverso un indebitamento che supera i 3, 5 miliardi di euro. Di questi, oltre 2 miliardi derivano dalle follie di mercato dei top club come Real Madrid (589 milioni di debiti), Barcellona (578 milioni), Atlético Madrid (514 milioni) e Valencia (382 milioni).

Tuttavia, il tifoso se ne frega della finanza. Il calciomane italiano è scontento solo perché, sul piano tecnico, le squadre inglesi, il Barça, il Real che ha suonato il Milan in amichevole estiva, sono fuori dalla portata delle nostre squadre, salvo difendere in undici sulla linea di porta. Detto che i nuovi stadi comporteranno un aumento consistente dell’indebitamento lordo, è anche vero che la nuova autarchia potrebbe essere un’opportunità per lavorare al rilancio, se il fair-play finanziario promosso da Michel Platini aiuta il sistema del calcio continentale a ritrovare un minimo di equilibrio tra poveri ma intenditori e scialacquatori incompetenti. Intanto, prosegue il valzer degli addii.

USCENTI ED EMERGENTI

Quest’anno la rubrica “ci hanno lasciato” è ricca di nomi. Zlatan Ibrahimovic, Thiago Silva, Ezequiel Lavezzi, Fabio Borini sono gli scappati eccellenti. Da qui alla chiusura del mercato a fine agosto potrebbero essercene altri. La novità è che persino la Francia è diventata un concorrente, grazie al Psg dei principi del Qatar, la famiglia al Thani (145 milioni spesi soltanto per Thiago, Ibra e il brasiliano Lucas). Per tenere buoni i tifosi, i presidenti nostrani fanno la faccia triste e allargano le braccia. In realtà, non vedevano l’ora che qualcuno li liberasse dal ricatto finanziario delle star superpagate.

Silvio Berlusconi ha dato la scossa più forte con un taglio degli ingaggi da 190 a 130 milioni di euro. La figlia Barbara, erede designata agli affari rossoneri, ha unito l’utile al dilettevole sgombrando Milanello dai rivali del fidanzato Pato. L’Inter è talmente giovanilista da avere confermato in panchina l’ex allenatore della Primavera romanista Andrea Stramaccioni.

La serie A ha quindi accettato il ruolo di mercato secondario e si è buttata sui giovani, non necessariamente italiani. Nel giro di poche settimane lo slogan si è diffuso nell’intera Lega calcio. Il mantra di tutti è diventato Moneyball, un film dell’anno scorso con Brad Pitt e Philip Seymour Hoffman. La trama, ispirata a una storia vera, racconta di una squadra di baseball che ingaggia per un pugno di dollari un gruppo di giocatori incompresi e li valorizza. Messa così, sembra facile. Molti incompresi sono tali a buon diritto e non sempre i giovani mantengono le promesse.

Le maggiori aspettative sono su Mattia Destro. L’attaccante comprato dalla Roma è stato l’uomo-mercato. Occhio anche a Ciro Immobile (Genoa), di scuola zemaniana, e a Luis Muriel, l’ennesimo acquisto che procurerà plusvalenze multimilionarie all’Udinese.

Ma il vero colpo l’ha fatto il Napoli prendendo dal Pescara Lorenzo Insigne, seconda punta alta 163 centimetri, 21 anni, made in Naples. Sul Golfo i profeti in patria sono rari (Totonno Iuliano, i fratelli Cannavaro, Ciro Ferrara) ma su Insigne si può scommettere anche senza il trucco. Un italiano così forte a 21 anni non si vedeva da parecchio. Il problema sarà tenere lui e gli altri a giocare in serie A per più di un paio di stagioni.

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Dr. Pulvirenti e Mr. WindJet

di GIANFRANCESCO TURANO (l'Espresso | 23 agosto 2012)

Tra i miracoli del calcio c'è quello di Antonino Pulvirenti. In veste di presidente del Catania calcio, fino alla fine di luglio l'imprenditore di Belpasso ha tenuto conferenze stampa e incontri col sindaco Raffaele Stancanelli sul nuovo stadio dei rosazzurri. L'impianto costerà 90 milioni di euro e sarà realizzato al quartiere del Librino, in zona aeroporto. Quello stesso aeroporto dove, dal 12 agosto, hanno smesso di atterrare i voli della Wind Jet di Pulvirenti con 300 mila persone bloccate a terra e 500 dipendenti della compagnia aerea a rischio disoccupazione.

La storia ha dell'incredibile solo per chi ignora il potere salvifico e il privilegio di immunità che si accompagna alla presidenza di una squadra, meglio se di serie A. Così sui quotidiani tengono banco le polemiche tra il management Wind Jet, l'Alitalia che chissà perché dovrebbe salvare la compagnia siciliana, l'altrettanto siciliano Vito Riggio, numero uno dell'ente dell'aviazione civile (Enac), e le associazioni dei consumatori che sottolineano l'ennesimo caso di crisi del low cost alla vigilia delle vacanze estive. Ma basta andare alla pagina dello sport e ci si può informare sul vivace calciomercato del Catania, con otto acquisti a fronte di quattro cessioni. E mancano ancora un rinforzo difensivo e un centrocampista.

Eppure Wind Jet e Catania sono controllate dalla stessa holding, la Finaria, a sua volta posseduta al 90 per cento da Pulvirenti. Per Finaria, che ha 348 milioni di ricavi consolidati nell'ultimo esercizio disponibile (2010) con un utile netto di 3 milioni, la compagnia aerea rappresenta circa due terzi dell'attività di gruppo con una perdita di 3 milioni. Altri 100 milioni di euro vengono dai supermercati della Meridi e 55 dal Catania che ha chiuso la stagione 2010-2011 con risultati in crescita e un utile di 6,5 milioni ottenuto grazie a una politica di mercato concentrata su giocatori argentini da lanciare. Lanciati anche l'allenatore Vincenzo Montella, passato alla Fiorentina dei Della Valle, e il direttore sportivo Pietro Lo Monaco, che si è messo in proprio acquistando il Messina in serie D. I passeggeri Wind Jet si sono invece lanciati a loro spese ricomprando il biglietto a caro prezzo.

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E ora la football review

Un governo tecnico del calcio non basta. Bisogna cancellare la Lega pro e rendere la Figc l’unica autorità che detta le regole. Coinvolgendo anche i tifosi

VANNO PREMIATI I SUPPORTER NON ORGANIZZATI. CON QUOTE AZIONARIE DEI CLUB E RUOLO NELLA FEDERAZIONE

di TITO BOERI (l'Espresso | 23 agosto 2012)

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A giudicare dal debito astronomico delle squadre di serie A e B, dal calo delle presenze negli stadi e dal sempre minor numero di star internazionali che giocano nel nostro campionato, il calcio è oggi in una crisi ancora più profonda di quella che da tempo affligge l’economia italiana. Necessiterebbe forse di un esecutivo tecnico che faccia quelle cose che gli organi di governo del calcio non sono riuscite a fare in tutti questi anni: ridurre il numero di squadre professionistiche, imporre davvero il risanamento dei loro bilanci come condizione per l’iscrizione ai tornei e reprimere duramente l’illecito sportivo, tuttora dilagante. Sono tutte misure fondamentali per ridare credibilità al calcio ed evitarne il fallimento. Ma c’è già stata una breve stagione di commissariamento del nostro sport più popolare, dopo lo scandalo di Calciopoli. E a parte per il fatto di essere stata quella in cui l’Italia ha vinto i mondiali di Germania, questa stagione difficilmente verrà ricordata come un momento di svolta. Tutto è rimasto come prima. Inoltre c’è sempre il problema che si incontra ogniqualvolta si ricorre a soluzioni di governance transitorie, giustificate dall’emergenza: cosa accadrà dopo? È, dopotutto, lo stesso interrogativo che ostacola gli sforzi del governo Monti di ridare credibilità al nostro Paese.

Per il calcio allora è bene pensare, più che a esecutivi tecnici, a cambiamenti permanenti nelle strutture di governo, aprendole maggiormente a ciò che oggi rappresenta forse l’elemento più vitale della nostra industria del calcio: il fortissimo interesse che continua a raccogliere tra gli italiani e la realtà vitale del calcio dilettantistico. Tre italiani su quattro si dichiarano interessati o molto interessati al calcio, 32 milioni di nostri connazionali seguono la nazionale, 28 milioni la serie A, 26 milioni la Champions League, mentre si giocano nella penisola la bellezza di 600 mila partite regolamentari ogni anno, più che nel Regno Unito, la culla del football moderno.

Oggi ai vertici del calcio italiano c’è una struttura duale. Da una parte, c’è la Federazione Italiana Giuoco Calcio (Figc) che rappresenta, almeno in linea di principio, gli interessi più generali e che, almeno sulla carta, dovrebbe regolamentare lo sport e vigilare sul rispetto delle regole. Dall’altra parte, c’è la Lega Nazionale Professionisti nelle sue varie articolazioni, che dovrebbe sulla carta occuparsi di migliorare il clima competitivo e creare maggiore interesse attorno al nostro Campionato. La Lega, in realtà, è una struttura di autogoverno la cui funzione principale è divenuta quella di gestire, per conto delle squadre iscritte al Campionato, le aste per la cessione dei diritti tv. Di fronte al calo vistoso delle risorse pubbliche per le attività sportive e alla crescente importanza dei diritti tv nelle entrate delle squadre, la Lega è diventata oggi l’organo di governo più importante per il calcio professionistico. Questo è un problema perchè la Lega rappresenta solo una componente del calcio e certo non tiene conto degli interessi generali e delle ricadute che il pallone ha sulla società e l’economia italiana. La Lega, ad esempio, è stata sempre molto timida nel condannare gli illeciti sportivi di cui si sono rese protagoniste diverse squadre, a partire dai loro vertici. Inoltre la Lega ha dimostrato in tutti questi anni di non essere in grado di prendere decisioni, a partire dal rinnovo delle sue cariche direttive. Il suo presidente è ancora Maurizio Beretta nonostante sia da tempo dirigente Unicredit.

Bisogna dunque superare questa struttura duale rendendo la Figc l’unica autorità di regolamentazione del calcio. Bene in questa riforma, prevedere come in altri paesi il coinvolgimento nella governance del calcio anche di quegli stakeholder che sin qui sono stati tenuti rigorosamente fuori dagli organi decisionali, vale a dire gli appassionati di calcio, premiando coloro che vanno allo stadio, pur non facendo parte di alcun gruppo di tifoseria organizzata. Questi sostenitori non organizzati dovrebbero essere dotati di una tessera del «bravo tifoso». Non mi riferisco alla tessera del tifoso introdotta dall’ex-ministro Maroni, che si è presto rivelata una sorta di card dei gruppi organizzati; ma di una tessera per i singoli tifosi che vanno pacificamente allo stadio, come la fidelity card proposta dal ministro Cancellieri. La tessera dovrebbe attribuire il diritto di eleggere dei propri rappresentanti ai vertici della Figc. Perché è vero che gli individui possono sempre votare con i piedi, in questo caso cessando di andare allo stadio, ma nella realtà attuale del calcio in Italia, si tratterebbe di un’arma spuntata. Dopo Calciopoli le presenze allo stadio delle squadre coinvolte sono fortemente diminuite, ma la delusione degli spettatori che cessano di andare allo stadio rischia di passare inosservata, perché i redditi da stadio occupano una piccola fetta nei fatturati delle squadre italiane. Se imponessimo alle società di calcio di avere dei bilanci più trasparenti, spingendole ad aumentare i ricavi da stadio, anche le reazioni degli spettatori alla corruzione servirebbero come «disciplining device», imponendo alle società comportamenti diversi.

Un altro modo di coinvolgere gli appassionati di calcio consiste nell’aprire la struttura proprietaria ai sostenitori, come nella Bundesliga dove il 50,1 per cento della proprietà deve essere nelle mani di un’associazione sportiva fortemente radicata sul territorio, il cui voto è fondamentale per la nomina degli organi sociali. In Italia solo la Fiorentina ha aperto in modo permanente le riunioni dei propri organi sociali alle istituzioni locali. Un altro modello da cui si potrebbe trarre spunto è quello di alcune squadre della Liga spagnola (tra cui Real e Barcellona) che permettono ai tifosi di diventare soci e di votare. Quale che sia il modello adottato, è fondamentale che nelle scelte delle società pesino di più le esigenze degli appassionati, troppo spesso del tutto ignorati nelle scelte sui calendari e presi in giro nelle campagna di abbonamento con promesse mai realizzate. Dare più peso agli appassionati non organizzati significa anche isolare le tifoserie organizzate che sono oggi l’unico referente delle società e che troppo spesso hanno tenuto sotto scacco i presidenti delle squadre minacciandoli di organizzare disordini allo stadio, inevitabilmente sanzionati con multe a carico delle società.

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SETTE | 33 ‒ 17.08.2012

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SPY CALCIO di F.BIANCHI (Repubblica.it 17-08-2012)

Pellegrini, canottieri e c.

adesso è la resa dei conti

Addio spirito olimpico, ora volano gli stracci. Se Paolo Barelli, senatore Pdl e presidentissimo della Federnuoto (in odore di riconferma) accusa Filippo Magnini di averla "fatta fuori dal vaso", ecco che il ct degli azzurri Claudio Rosetto ora esprime tutta la sua delusione: "Magnini è stato sciocco e sprovveduto. La Pellegrini se accetta il reality fa una stupidaggine. Non deve bruciarsi in tv. I media, i gossip, la tv hanno rovinato in parte la nostra Olimpiade". Non si sa se Rosetto sarà ancora allenatore di Magnini e della Pellegrini. Non si sa cosa farà Federica il prossimo anno. Litigano anche nel canottaggio. Che aveva iniziato a litigare già a Londra. Il ct De Capua è stato licenziato, l'azzurro Niccolò Mornati (Canottieri Aniene: zero medaglie a Londra) attacca il presidente federale, Enrico Gandola. "La squadra è a pezzi, tutta colpa tua: dimettiti". Gandola replica: "Io non abbandono la nave per lasciare lo spazio agli amici di Mornati che rappresentano un'area ben precisa nella Federazione". Chissà a chi si riferisce. Cambio della guardia, forse, nell'atletica dove, dopo il flop, cresce la fronda nei confronti di Franco Arese. Ci sarà un presidente nuovo nel rugby, al posto di Dondi. Così come Gianni Petrucci prenderà il posto di Dino Meneghin alla Federbasket (ma non entrerà in Giunta Coni). Confermato Giancarlo Abete alla Federcalcio. In autunno dovrebbero cambiare i presidenti in una decina di Federazioni sportive. Toto Bulgheroni, ex atleta e imprenditore di successo, avrebbe intenzione di candidarsi per la Federgolf, ma in questi anni l'attuale n.1, Franco Chimenti, ha lavorato molto bene, lanciando uno sport che prima era riservato solo ai ricchi.

Il Napoli a Pechino non ha invitato solo Varriale

La verità sul caso Enrico Varriale, di cui si sta discutendo in questi giorni a Saxa Rubra e sui siti: il giornalista Rai è stato invitato a Pechino dal Napoli, qualche giorno prima che si tenesse la Supercoppa con la Juventus. Aurelio De Laurentiis in occasione di un torneo, la Dragon Cup, aveva esteso l'invito non solo alla Rai, ma anche a Sky e Mediaset. Poi il torneo non si è più tenuto (non si sa per quale motivo) e Varriale ha fatto il bordocampista (Gianni Cerqueti il telecronista) della Supercoppa. De Laurentiis, al termine, non solo ha disertato la premiazione (gesto gravissimo) ma si è lamentato anche con la Rai, che deteneva i diritti, per la qualità delle immagini. E' stato spiegato al produttore dei cinepanettoni (in crisi), che le riprese non erano a carico della Rai bensì di Infront, che è l'advisor della Lega di serie A. Quindi, alla Rai sapevano dell'invito a Varriale, così come erano stati invitati i giornalisti e i tecnici di Sky e Mediaset. La domanda semmai, a questo punto, è un altra: è giusto che in una sfida che mette di fronte due club italiani, in Cina, uno dei due paghi viaggio e soggiorno in hotel di lusso ai giornalisti-tv? Che ne dice il (cosidetto) Ordine dei giornalisti?

Seconda questione Rai: non è stato ancora chiuso il contratto per poter trasmettere all'estero le partite dei campionati di serie A e B: ma a Viale Mazzini c'è ottimismo e il via libera dovrebbe arrivare già lunedì 20 agosto. In extremis per offrire un prodotto ben fatto (telecronache e commenti) agli emigrati italiani. Non sono molti soldi. Deve prevalere il servizio pubblico.

Zeman e la firma su quella maglietta...

Zeman è sicuramente uno dei migliori allenatori italiani, competente e coraggioso nel lanciare i giovani: ma una foto che gira sui siti lo ritrae mentre firma un autografo ad una maglietta che gli porge un tifoso della Roma. Sugli maglietta c'è scritto in bella evidenza, "Odio la Juve". Visti i rapporti non facili fra le due tifoserie e la ben nota antipatia del tecnico nei confronti del club bianconero, si può dire in tutta onestà che poteva (e doveva) risparmiarselo. Già ci sono troppe tensioni: non è il caso di buttare benzina sul fuoco.

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il Giornale 18-08-2012

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il caso di SIMONETTA ROBIONY (LA STAMPA 18-08-2012)

Accorsi diventa arbitro

“L’uomo più solo che c’è”

“Terza categoria”, Il film dell’esordiente Zucca sul mondo del calcio. Nel cast

anche Geppy Cucciari: “Interpreto chi sarei diventata se non fossi emigrata”

IL REGISTA «Racconto il pallone, ma pure la società, quel sottile confine tra la truffa e la complicità»

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Bianco e nero Stefano Accorsi che ha detto sì appena ha visto il corto, è un arbitro della Champion’s

League più ambizioso che sveglio, retrocesso per sua colpa alla terza categoria sarda, la più bassa che esista

Un campo di calcio di Oristano che invece del prato ha la ghiaia, intorno un gruppo di tifosi urlanti, un arbitro che s’è venduto la partita e lascia avvengano le peggiori cose, due squadre di giocatori improvvisati: è il set di Terza categoria, primo film in assoluto di Paolo Zucca, ragazzo sardo intelligente che dopo il diploma al Centro Sperimentale di cinematografia e qualche anno speso girando corti e spot, se n’è tornato a casa sua in Sardegna per raccontare le storie che conosce meglio: quelle della sua gente. Ma anche la storia di come si è arrivati al film Terza categoria è una storia esemplare, nel senso che dovrebbe essere un modello per chiunque intenda debuttare nel cinema. Tutto comincia con un corto, L’arbitro, che Zucca gira nel 2008 e che da allora passa nei maggiori festival del mondo onusto di gloria e di premi, fino ad essere inserito tra i nove migliori corti del mondo. Da noi gli danno un David di Donatello. E Zucca comincia a farsi conoscere. Per caso incontra Barbara Alberti, le fa vedere il corto, le racconta che vorrebbe trasformarlo in un film, lei ne parla a suo marito Amedeo Pagani, produttore tra l’altro di molto Anghelopulos, e il progetto prende corpo. In tre anni tra scritture e riscritture, sopralluoghi, cast, la collaborazione di un produttore argentino, del Mibac, della Rai e la distribuzione della Lucky Red , si arriva alle riprese, tutte rigorosamente in Sardegna, tra un meraviglioso centro sportivo con erba che pare velluto a Cagliari e il campetto scalcinato ricostruito vicino ad Oristano.

Cast di lusso per un esordiente. Stefano Accorsi che ha detto sì appena ha visto il corto, è un arbitro della Champion’s League più ambizioso che sveglio, retrocesso per sua colpa alla terza categoria sarda, la più bassa che esista. «Mi sono reso conto - ha detto - che l’arbitro è un uomo solo anche quando decide su suggerimento del guardalinee. Dell’arbitro poi se fa bene non si parla mai». Jacopo Cullin è un giovanotto emigrato in Argentina a cercar fortuna e tornato in patria senza una lira, che però si rivela un bomber straordinario capace di far vincere all’Atletico Pabarile, la squadra più scarsa della terza categoria sarda, perfino una partita contro la Montecrastu, eterna avversaria assai più dotata. Alessio Di Clemente è il capitano della squadra. Francesco Pannofino un arbitro corrottissimo. Marco Messeri è l‘uomo che fregherà l’ambizioso Accorsi. Geppi Cucciari è la sola donna di questo film tutto maschile, a parte una vecchina che non può per età essere oggetto di desiderio amoroso. Da bambina era stata innamorata del giovanotto emigrato: dopo controverse vicende ritroverà l’amore. Per Geppi Cucciari, al momento sul set di Passione sinistra, questo Terza categoria è stata una occasione da non perdere. «Ho avuto un anno ottimo. La 7, Sanremo, il ritorno al cinema e adesso questa offerta straordinaria: una pellicola in bianco e nero che è la mia passione, girata in Sardegna, una terra da cui, ogni volta, mi allontano con uno strappo al cuore, più forte se parto con la nave, meno se prendo l’aereo. E’ il film che avrei voluto vedere da spettatrice: ovvio che ho accettato senza esitazioni». Che parte fa? «Faccio una donna che sarei potuta diventare se non mi fossi trasferita a Milano per recitare. Mi spengo nel negozietto di famiglia accanto a un padre vedovo e pure cieco, ma coltivo dentro di me ancora capricci e determinazione». Sarà un successo? «Non lo so. Noi attori giriamo pezzi di pellicola, il risultato lo vediamo alla fine. Ma non importa. Comunque vada, dovevo esserci».

Paolo Zucca definisce L’arbitro una farsa crudele ricca di trovate spiazzanti. «A un certo punto, sul campo di calcio, due giocatori si ammazzano per una antica faida familiare che li contrapponeva da anni e la palla rotola in mezzo ai cadaveri. Mi piace mescolare i generi, non usare il buon senso, gettare scompiglio». Come ottiene questo risultato? «Non so se ci riesco ma ho usato da un lato la musica di Bach, una fotografia elegante, l’uso del ralenti e dall’altro i corpi sgraziati dei calciatori di infimo livello, il loro linguaggio basico, una comicità paesana» Il suo modello, «inarrivabile» confessa, sono i fratelli Coen, ma anche la commedia amara di certo Monicelli e certo Risi.

Passione nazionale, un film sul calcio dovrebbe trovare grande interesse in Italia. Zucca nega. E’ un altro calcio il suo: è la gelatina della corruzione, degli imbrogli, delle partite vendute e comprate, delle scommesse, delle tifoserie violente, dei patron intrallazzoni. «Mi sono molto documentato sugli infiniti scandali di questi ultimi anni che hanno segnato l’universo dello sport. M’è rimasto addosso un odore di ambiguità come se anche i calciatori più onesti, alla fine si facessero contagiare. Racconto il mondo del pallone, ma anche altro: la nostra società. Quella linea di confine che passa tra la truffa e la complicità e che ha avvelenato il nostro paese. Non solo il nostro campionato».

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SCOMMESSOPOLI

«Non è ancora finita»

Intervista esclusiva al procuratore di Cremona Roberto di Martino: «Un giocatore in

attività nei guai per riciclaggio, devo approfondire il capitolo Siena, sentirò Erodiani

e altri testi. Ho fatto un buon lavoro, ma dubito basterà per ripulire il calcio italiano»

di GILBERTO BAZOLI & FRANCESCA MORANDI (Libero 18-08-2012)

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A Bari continuano gli interrogatori, a Roma ci si prepara all’appello del processo sportivo. E a Cremona? Che cosa succede nella procura titolare della madre di tutte le inchieste (ci sono anche Genova e Napoli) sul Calcioscommesse? Cremona non si è mai fermata. «Sentirò altri testimoni», dice, sommerso da montagne di carta (compresa la sentenza d’appello sulla strage di piazza della Loggia nel cui procedimento rappresentava l’accusa), il pm Roberto di Martino.

Qual è il punto della situazione?

«L’inchiesta si avvia verso le conclusioni».

Che cos’ha in programma?

«Sentirò altri testi per verificare la credibilità delle dichiarazioni rilasciate alla Procura federale. Con un’attenzione particolare al capitolo Siena».

Altre iniziative in arrivo?

«Ci sarà un incidente probatorio su computer e materiale informatico. Oltre a un seguito della rogatoria ungherese, ci saranno due richieste molto corpose di rogatoria in Svizzera che fanno riferimento a un’inchiesta per riciclaggio contro un calciatore italiano che non posso indicare».

È ancora in attività?

«Sì».

È un nome già emerso o nuovo?

«Non posso rispondere. Ecco, queste sono le cose più prossime ».

A proposito di Svizzera, Gegic, il capo degli zingari, che ha annunciato più volte di volersi costituire...?

«Di Gegic non so più nulla ma, d’altra parte, è passato tanto di quel tempo che, francamente, non so fino a che punto eventuali sue dichiarazioni siano utili. Sarebbero state più importanti se fatte a tempo debito ».

Chi sentirà?

«Un po’ di persone. Probabilmente Erodiani (Massimo, considerato uno dei capi dell’organizzazione, ndr), che ha indicato altri elementi. Sentirò o risentirò parecchie persone, tutte quelle che, parlando con la Procura federale, hanno dato conferma alla credibilità di Carobbio ammettendo cose che lui non aveva ammesso».

È per le sue accuse alla Lazio che convocherà Erodiani?

«La Lazio? Non lo so. Ho visto che Erodiani ha parlato di altre situazioni, è opportuno che lo senta. Mi viene in mente Erodiani, ci sono altri che sentirò per verificare se hanno qualcosa da aggiungere».

È in vista un’altra puntata dell’inchiesta o semplicemente una coda?

«Non è un’altra puntata ma neanche una coda. Nelle inchieste non ci sono fasi, si fanno delle cose un po’ per volta».

Bisogna aspettarsi altri arresti?

«È improbabile che ci sia un’altra ondata. In alcuni casi i termini di custodia cautelare sono già scaduti».

Quando chiuderà l’inchiesta?

«Non mi sono dato un tempo per la chiusura delle indagini, ma non è una cosa che può andare avanti all’infinito. I tempi sono maturi per raggiungere dei punti fermi e fare qualche rito alternativo. Mi riferisco al patteggiamento. Quando si arriverà al dibattimento, bisognerà fare in modo che abbia dimensioni contenute perché le cose elefantiache non hanno grandi possibilità di successo. Il risultato finale non sarà mai definibile come soddisfacente, è impossibile che non ci sia qualcuno che dica: “Si poteva fare meglio”. Ma un risultato sociale c’è».

Quale?

«Vi è la soddisfazione d’aver sollevato una questione, un problema che poi non posso risolvere io. C’è chi potrà fare qualcosa perché questo fenomeno si riduca, non si ripeta. Anche se non sono particolarmente ottimista. Sarà una briciola, ma a qualcosa l’inchiesta è servita. Il tempo giudicherà».

La giustizia sportiva ha confermato la credibilità di Carobbio. Soddisfatto?

«Secondo me, Carobbio è credibile, anche se è difficile che uno che parla dica tutto. Però, nel complesso, Carobbio è credibile perché la maggior parte delle persone che ha accusato hanno ammesso. Lo stesso vale per Gervasoni. Dopo di che bisognerà vedere caso per caso».

Che cosa pensa di come stanno andando le cose con la giustizia sportiva?

«Me ne disinteresso abbastanza. Una volta che ho fornito alla giustizia sportiva tutto il materiale possibile, il mio compito è finito. Molte volte ho lasciato che le cose andassero per il loro verso, non mi sono riservato primogeniture nell’escussione delle persone. Per il resto, non spetta a me fare valutazioni».

E Conte?

«Non sono problemi miei. Non ho nessuna intenzione di esprimere giudizi, anche se la fonte è la stessa. Può essere che Conte ne esca completamente indenne, è la giustizia sportiva che deve valutare».

Buffon?

«Non è neanche indagato».

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TESTIMONIANZE/Nel tempio della Juve

QUANTI RICORDI

IN BIANCONERO

PAOLO GARIMBERTI, EX NUMERO UNO DELLA RAI E TIFOSO DOC,

È IL PRESIDENTE DELLO JUVENTUS MUSEUM: «QUI NON MANCA

NULLA, NEANCHE QUELLO CHE VORREMMO DIMENTICARE»

La squadra di oggi mi inorgoglisce più di quella di Platini, che resta il mio preferito di sempre

di FABRIZIO SALVIO (SW SPORTWEEK | 18 AGOSTO 2012)

Sono un distinto signore dai capelli bianchi, “firma” del giornalismo e volto televisivo, ho raccontato Mosca quando agli occhi dell’Occidente appariva come la faccia brutta della Guerra Fredda, ho ricevuto oneri e onori, incarichi e prestigio, ma, per la miseria, se per tutta la partita un energumeno alle mie spalle si sbraccia, urla e sfotte i miei beniamini, allora anch’io, Paolo Garimberti, perdo la pazienza e salto su. Rischiando la rissa in nome della purezza della razza: quella bianconera.

«Roma-Juventus di qualche anno fa, tribuna Monte Mario, io, i miei due figli e un amico. Pronti, via, e quattro armadi seduti dietro di noi iniziano a vomitare di tutto sui nostri giocatori. Dico ai miei ragazzi: mi raccomando, stiamo calmi, non reagiamo alle provocazioni, se no questi ci menano. A un certo punto Di Livio fa fallo su uno dei loro, l’arbitro non fischia per dare il vantaggio, le belve caricano a testa bassa, offese condite a bestemmie. Sarà che non ne potevo più, sarà che stavamo perdendo 1-0, fatto sta che mi alzo, mi volto e ringhio: “Certo è che se la domenica fanno entrare pure le teste di ċazzo, non si può più andare allo stadio”». E quelli? «Prima, sento mio figlio che con un filo di voce dice: siamo finiti. Poi vedo uno di loro che, mentre già si era allungato per afferrarmi al collo, si blocca e mi fa: “Dotto’, ma lei è quello della tv?”. “Sì”. E lui: “Embè, certe parole, in bocca a uno come lei…” Hai capito?! Il maleducato ero io!». Eccolo qua, Paolo Garimberti, 70 anni a febbraio, fino a un mese fa presidente della Rai, professore emerito di Diritto Costituzionale, scrittore, viaggiatore, frequentatore di Capi di Stato e notabili di ogni tipo ma soprattutto, innanzi tutto, tifoso juventino nel profondo dell’anima e delle viscere. Tanto da guadagnarsi, per i meriti acquisiti in lunghi anni di militanza e incrollabile fede, il titolo di presidente dello Juventus Museum inaugurato il 16 maggio. Un’investitura arrivata direttamente da Andrea Agnelli: «Mi ha proposto la cosa ad aprile, la domenica in cui battemmo 4-0 la Roma, alla quartultima di campionato. Così ho avuto l’onore di portare con le mie mani nel museo il trofeo dello scudetto».

«L’amore per la Juve è sbocciato con l’età della ragione. Sono nato a Levanto e mi sono chiesto più volte perché da bambino non abbia iniziato a tifare per il Genoa o la Samp: la sola spiegazione che mi sono dato è che quando ho cominciato a leggere i giornali, a 8-9 anni, la Juve era la squadra vincente, la Juve di Hansen, Boniperti, Parola». Erano i primi Anni 50, e la tv non c’era ancora. «La domenica mi incollavo alla radio per seguire Niccolò Carosio che commentava il secondo tempo di una partita, e se non era quella della Juve dovevo aspettare la fine perché dessero il risultato. Il martedì, poi, compravo in edicola Calcio e Ciclismo Illustrato, che pubblicava i disegni dei gol».

La prima volta allo stadio non c’era la Juve in campo: «Papà mi portò a Marassi per un Genoa-Triestina: 0-0 e gara orribile. Dovetti aspettare il ’54 e le prime trasmissioni di prova della Rai per vedere la mia squadra: fu uno Juve-Novara, al sabato pomeriggio. Dal vivo esordii contro il Genoa, sotto la pioggia: 3-1 per noi e uno schiaffo di Charles a Sivori, che come al solito quando si vinceva irrideva gli avversari col dribbling».

Per molto tempo, anche dopo, ha faticato a vedere da vicino i suoi beniamini: «Nel 1970 La Stampa mi inviò a Mosca come corrispondente. Sbarco a giugno, il lunedì sera di Italia-Germania al Mondiale in Messico. Mi accoglie Pietro Sormani del Corriere della Sera. Gli chiedo: “Stasera ci vediamo la partita?”. E lui: “Guarda che qua non la danno. L’Urss non è al Mondiale, dunque non interessa a nessuno. La ascoltiamo alla radio, sulle onde corte”. Tra fuso orario e supplementari, andiamo a letto alle 5 del mattino. Alle 9 suona il telefono: “Pronto, sono Gianni Agnelli”. Era il mio editore, ed era a Mosca per visitare lo stabilimento Fiat a Togliattigrad. “Ho mezz’ora di tempo, riusciamo a vederci?”. Penso, preoccupato: mi chiederà della politica e dell’economia sovietica, e io non ne so una mazza. Con questa angoscia mi presento davanti ad Agnelli, che mi fa: “Garimberti, ha visto la partita, ieri sera?”“No, Avvocato, l’ho sentita alla radio”. “Va bene lo stesso: adesso si siede qua e me la racconta per bene”». C’è rimasto 6 anni, a Mosca. E, ogni domenica, si faceva mandare dai telescriventi del suo giornale risultati, marcatori e una breve descrizione dei gol della Juve. «Oggi la squadra mi inorgoglisce più di quella di Platini, che resta il mio giocatore preferito di sempre. Ma vincere, per la Juventus del francese, era la normalità; per questa è stato un evento eccezionale, inatteso, che ha segnato la nostra definitiva rinascita. È stata la vittoria della squadra che ha giocato il calcio migliore in Italia, e tra i più belli in Europa. La società, poi: un passo avanti, nell’organizzazione e nelle scelte, come quella dello stadio privato. Il calcio italiano è cialtrone e litigioso come il resto del Paese. Andrea Agnelli gestisce il club come bisogna fare con una moderna azienda di qualsiasi tipo, ed è stato bravo a non cancellare il passato. Dopo Calciopoli avrebbe potuto esserci una cesura netta, invece in sede come nel museo non manca nulla della nostra storia. Neanche quello che vorremmo dimenticare».

A proposito: come ha vissuto la stagione in B? «Avevo giurato a me stesso che non avrei visto una sola partita. Ovviamente non ho resistito. Moggi? Un grande esperto di calcio, e mi fermo qui. La cosa che più mi dà fastidio è continuare a sentir dire che la Juve “ruba”. Ecco perché sono d’accordo con il motto: 30 (scudetti) sul campo. Il mio preferito oggi? Marchisio: un po’ Platini e un po’ Tardelli. Con quel volto scavato e la barbetta sembra Cristo in croce, a dimostrazione che in campo corre per due». Ma com’è finita, con quei quattro romanisti? «Ah, ci siamo stretti la mano. E alla fine siamo usciti dallo stadio quasi abbracciati».

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Supercoppa «Big Luciano» giustifica De Laurentiis per la mancata partecipazione alla premiazione

Moggi: ma Elkann sa

cos'è lo spirito olimpico?

L'ex dirigente di Juve e Napoli: «Serviva un arbitro vero a Pechino, non Mazzoleni»

di FELICE NADDEO (Corriere del Mezzogiorno - Napoli 18-08-2012)

NAPOLI — Scusi Moggi, ha sentito il commento di John Elkann alla decisione del Napoli di disertare la cerimonia finale della Supercoppa?

(Breve pausa di silenzio) «Non le ho lette».

Ma come: le hanno riportate tutti i giornali e le tv nazionali? Impossibile non averne avuto notizia.

«E io non le ho lette».

Elkann ha detto che il Napoli non ha lo spirito olimpico.

«Perchè ha spiegato cos'è lo spirito olimpico? Lui sa cos'è?».

Luciano Moggi è l'antesignano di Aurelio De Laurentiis. Perchè nella finale di Supercoppa del 1998, lui guidava con Bettega e Giraudo quella Juve che decise di non partecipare alla premiazione finale per protestare contro l'arbitro. Proprio come ha fatto il Napoli a Pechino. «Certo, in Cina ci siamo fatti conoscere bene come italiani. Però non darei colpe a nessuno per quello che è successo dopo la partita».

E prima del triplice fischio finale chi ha sbagliato?

«Chi ha mandato Mazzoleni e i suoi assistenti a dirigere una partita importante come Juventus-Napoli. Una finale di Supercoppa, mica una partita qualsiasi. Durante la quale hanno tenuto in panchina Rizzoli e Tagliavento».

E' evidente che non le sia piaciuta la direzione di gara?

«Un arbitro vero, di quelli che sanno dirigere le finali, deve anche saper far finta di non sentire qualche parola (espulsione di Pandev; ndr)».

Però disertare la premiazione è sportivamente sbagliato.

«Nell'immediato la rabbia prende il sopravvento. Anche se poi a mente fredda sarebbe stato meglio evitare quella decisione».

Che pensa di questo Napoli? Sarà competitivo in campionato?

«Contro la Juve non meritava certo di perdere. Poi che non sia una squadra eccezionale è fuori dubbio: ma rispetto alle avversarie che ci sono oggi in Italia può competere con tutte. Sono convinto che possa ambire a posizioni importanti in classifica. Ma deve sapersi gestire meglio rispetto allo scorso anno. Quando poteva tentare di vincere lo scudetto e invece ha preferito seguire la chimera della Champions».

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Calcio e crisi. Dalle stelle alla recessione

Liga, debiti fiscali per 750 milioni

art.non firmato (Il Sole 24ORE 18-08-2012)

Dalla Liga delle stelle a quella della recessione. Si potrebbe definire così il campionato di calcio spagnolo al fischio di inizio della nuova stagione, un'annata caratterizzata dalla crisi, dai debiti, dall'assenza di soldi e improntato alla massima austerità. Secondo i dati diffusi dal governo spagnolo, il debito accumulato dai club della prima categoria è di 3.500 milioni di euro, di cui 750 milioni sono destinati al fisco.

Nessuno è sfuggito alla crisi. In alcuni club la situazione è anzi molto grave. Il Fisco spagnolo ha puntato il dito nei mesi scorsi contro il Malaga dello sceicco Al Thani, l'Atletico Madrid e il Deportivo La Coruna, club in cui si sono manifestate anche inadempienze nel pagamento degli stipendi dei giocatori.

Il caso più emblematico è quello del Malaga, che nonostante la qualificazione alla Champions League è in vendita ma senza aver ancora trovato acquirenti: Al-Thani ha deciso di sbarazzarsene dopo solo un anno di luna di miele. Ora lo sceicco non paga gli stipendi, vende i migliori giocatori (Santi Cazorla e il venezuelano Jose Salomon Rondon) e i lavoratori del club temono per il loro futuro. Il Malaga comincia la stagione con soli 19 giocatori professionisti in rosa chiamati a giocare Liga e Champions.

Nelle scorse settimane il segretario di Stato per lo Sport spagnolo, Miguel Cardenal, ha avvertito tutte le squadre che compongono la Liga che d'ora in avanti ci sarà tolleranza zero sui debiti, in particolare su quelli tributari. Il livello di indebitamento dovrà essere cristallizzato al 31 luglio 2012 e dovrà essere avviato un serio piano di rientro con la minaccia, altrimenti, di forti sanzioni amministrative.

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CALCIOSCOMMESSE

Conte incontra la Bongiorno,

Pesoli vede Abete

Summit tecnico a Vinovo del pool bianconero. L’ex Varese: «Ma io aspetto chi mi accusa»

di ALBERTO ABBATE (CorSport 18-08-2012)

ROMA - Gli occhi della difesa si scrutano, si conoscono. Aiuteranno Conte dopodomani all’ex Ostello della Gioventù. Summit tecnico ieri mattina a Vinovo, fra De Rensis, l’avvocato Bongiorno e Chiappero, il pool che lotterà far ottenere al tecnico bianconero uno “sconto” della pena davanti alla Corte di Giustizia Federale. L’obiettivo minimo è far crollare un’omessa denuncia e ottenere in secondo grado 6 mesi - e non 10 - di stop. Per poi puntare tutto sul Tnas. Vede solo un proscioglimento, Emanuele Pesoli: «Sono fiducioso perché non ho fatto niente. Mostrerò le mie ragioni in aula». Sciopero della fame finito, ieri ha incontrato Abete in Figc.

RIUNIONE PER CONTE - Nessun segreto, alla luce del sole ieri s’è consumato l’incontro a Vinovo. I legali e Conte, insieme per vincere la partita più importante dopodomani alle 14. Una riunione solo per conoscersi, guardarsi negli occhi. La strategia difensiva è già stata definita, depositata nel ricorso a via Po giovedì all’ora di pranzo. Ieri invece a tavola son volati sorrisi, il tecnico bianconero è fiducioso. L’avvocato Bongiorno s’è unito al team, si punterà anche sulle “sbavature” nelle motivazioni della Disciplinare, lunedì alle 14: le parole di Ficagna non smontano l’acredine di Carobbio, che ha combinato quindi le gare del Siena; le celle telefoniche della parallela di Corso Vercelli agganciate alle 11.08;Gervasoni - pappa e ciccia col pentito - non ha mai citato Conte.

PESOLI INCONTRA ABETE - Ci sono entrambi - gli accusatori - nello sguardo infuocato di Emanuele Pesoli: «Avrei voluto guardarli in faccia, ma non mi è stato concesso. Affronterò comunque il nuovo processo con la stessa grinta che ho dentro. Perché ho voglia di tornare in campo. Non è giusto che mi venga addebitato un illecito sportivo per una partita finita 5 a 0, per mezze cose raccontate da quei due». Per Siena-Varese, s’è beccato 3 anni di squalifica, ha smesso di mangiare, s’è incatenato alle sbarre della Figc. Grazie all’opera diplomatica dell’avvocato Rodella, ieri ha incontrato finalmente, per un’ora e mezza, il presidente Abete: «Lo ringrazio, perché mi ha ricevuto interrompendo le sue vacanze. Abbiamo fatto una chiacchierata e si è mostrato molto sensibile. Però non può interferire sugli organi della giustizia sportiva. E il mio sciopero era volto a ottenere un confronto con Carobbio e Gervasoni, che purtroppo non ci sarà. Io li invito ancora a presentarsi spontaneamente in aula. Se avranno il coraggio, il 20 agosto io sarò lì ad aspettarli».

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L’INCHIESTA DI BARI

Spadavecchia “canta”

ai pm su Bari-Treviso

di ANTONIO GUIDO (CorSport 18-08-2012)

BARI - Interrogatorio fiume per Vitangelo Spadavecchia, rimasto per oltre due ore davanti ai Carabinieri del Nucleo Investigativo con Francesco Rizzo e il maggiore Riccardo Barbera.

L'ex portiere biancorosso, attualmente squalificato per un'altra vicenda di calcio scommesse relativa alla gara Sorrento-Juve Stabia, era accompagnato dall'avvocato Giampiero Orsino e dal suo procuratore Francesco Caliandro. Ha risposto a tutte le domande riguardanti la partita Bari-Treviso 0-1 dell'11 maggio 2008, vissuta in panchina accanto a Conte.

Oggi saranno ascoltati altri quattro protagonisti di quella gara: Galasso, Santoruvo, Bonanni e Ganci, difesi dall'avvocato Piero Nacci Manara. E’ probabile che anche loro possano avvalersi della facoltà di non rispondere come hanno già fatto De Vezze, Parisi, Marco Esposito e Guberti, tutti assistiti dallo stesso legale. E' stato convocato anche Nicola Santoni, che dovrà rispondere della partita Salernitana- Bari 3-2.

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SCOMMESSE

Lunedì il giudizio di secondo grado sul filone di

Cremona dopo la condanna a dieci mesi di stop

Conte in cerca di sconto

I legali studiano la strategia: Carobbio inattendibile come Masiello

Pesoli, che si era incatenato sotto la Figc ha incontrato Abete «Sono più fiducioso»

art.non firmato (Il Messaggero 18-08-2012)

ROMA - Lo sciopero della fame lo ha interrotto il giorno di Ferragosto, ma ieri Emanuele Pesoli è tornato comunque in Federcalcio. A via Allegri, dove per protesta è rimasto incatenato per quattro giorni, per incontrare il presidente Giancarlo Abete. Una chiacchierata di un'ora e venti minuti, iniziata verso mezzogiorno, in cui l'ex difensore del Varese - squalificato per tre anni dalla Commissione Disciplinare per illecito nella tentata combine di Siena-Varese del maggio 2011 - ha spiegato al numero uno del calcio italiano le ragioni della sua protesta. «Lo ringrazio perché mi ha ricevuto interrompendo le sue vacanze - ha dichiarato Pesoli - Abbiamo fatto una chiacchierata e si è mostrato molto sensibile però non può interferire sugli organi di giustizia sportiva. È una grande soddisfazione essere stato ricevuto dal presidente della Figc, ma la mia protesta era volta a ottenere un confronto con chi mi accusa, che purtroppo non ci sarà».

Il 32enne di Anagni confidava infatti che con il suo gesto potesse ottenere dai giudici della Corte di giustizia federale un confronto con i suoi accusatori: i pentiti Carlo Gervasoni e Filippo Carobbio. Un faccia a faccia nell'aula dell'ex Ostello della Gioventù del Foro Italico, dove lunedì pomeriggio inizierà il secondo grado del processo al Calcioscommesse, che però non ci sarà. «Sono fiducioso perché non ho fatto niente - ha comunque ripetuto il calciatore ufficialmente di proprietà del Siena, dato che il Verona, a causa della squalifica, non ha ancora depositato il suo contratto - Avrei voluto guardare quei due in faccia, ma non mi è stato concesso. Andrò con il mio avvocato in aula e mostrerò le mie ragioni con la grinta che ho dentro perché ho voglia di tornare in campo. Non è giusto che mi venga addebitato un illecito per mezze cose che raccontano questi due. Li invito ancora a venire in aula. Se hanno il coraggio il 20 sarò lì».

Ma non sarà il solo. Lunedì la Corte presieduta da Gerardo Mastrandrea si concentrerà infatti sui casi del procedimento basato sugli atti di Cremona: tra cui quello del Grosseto, estromesso dalla Serie B, ma anche quelli del tecnico della Juventus, Antonio Conte e del suo vice, Angelo Alessio. Ieri nel centro sportivo di Vinovo, i legali dell'allenatore salentino, Giulia Bongiorno, Luigi Chiappero, Antonio De Rensis, hanno fatto il punto in vista di lunedì. Un vertice per studiare la linea difensiva da adottare per l'annullamento o, quantomeno, la riduzione della squalifica di 10 mesi. La strada scelta, stando anche alla memoria difensiva presentata, è di confutare le dichiarazioni di Carobbio su cui si fonda la condanna del tecnico per le omesse denunce delle combine di Novara-Siena e AlbinoLeffe-Siena. Nel procedimento relativo agli atti di Bari (che sarà discusso martedì), le contraddizioni del pentito Andrea Masiello hanno portato a sette proscioglimenti in primo grado (comunque tutti impugnati dal Procuratore Palazzi, tranne quello del portiere Daniele Padelli). L'obiettivo dei legali di Conte è far vacillare anche la credibilità di Carobbio.

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LA PARTITA DI CONTE

Summit a Vinovo

coi legali e Agnelli

Forse sarà in aula

Esaminate le carte: il tecnico è fiducioso per

l'appello di lunedì e sente la vicinanza del club

Nella riunione preparatoria, con De Rensis, pure l’avvocato Giulia Bongiorno

L’allenatore spera di essere prosciolto: in primo grado 10 mesi di squalifica

di G.B. OLIVERO (GaSport 18-08-2012)

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Una mattinata a Vinovo per ripassare la strategia difensiva, per mettere a punto le ultime cose, per guardarsi in faccia tutti insieme prima della missione di lunedì a Roma. Ieri nel centro sportivo bianconero si è svolta una riunione importante in vista del processo d'appello per la vicenda delle scommesse. Il primo ad arrivare allo Juventus Center è stato Antonio Conte: prima delle 8,30 era già nella casa bianconera di Vinovo. Poi, alla spicciolata, ecco il presidente Andrea Agnelli e gli avvocati Antonio De Rensis e Giulia Bongiorno, voluta espressamente dall'allenatore della Juve dopo la sentenza di primo grado.

Proscioglimento Conte è stato squalificato dieci mesi dalla Disciplinare: omessa denuncia per le partite Novara-Siena e AlbinoLeffe-Siena della stagione 2010-11. Ma ieri a Vinovo, analizzando con attenzione le carte dell'inchiesta e sottolineando le numerose contraddizioni che gli avvocati hanno riscontrato, c'era grande ottimismo. Conte non punta a un semplice sconto, ma a un immediato proscioglimento: l'obiettivo è dimostrare la totale estraneità alla vicenda. Infatti, prima del primo grado di giudizio Antonio era contrario al patteggiamento che, anche se non è così, da molti sarebbe stato interpretato come un'ammissione di colpa. Furono i legali, e in particolare Briamonte (avvocato della Juve e membro del cda bianconero) a insistere, convinto che fosse il male minore. Così non è stato e allora Conte ha preso in mano la situazione chiamando Giulia Bongiorno per cercare di ribaltare il verdetto. Per sottolineare il proprio stato d'animo e anche per metterci la faccia, molto probabilmente il tecnico sarà presente lunedì a Roma con i suoi legali. Conte è fiducioso: dal suo punto di vista è sufficiente che vengano prese in considerazione con serenità e attenzione le prove presentate dai suoi avvocati.

La vicinanza di Andrea Ieri a stretto contatto sono stati sempre De Rensis e Bongiorno. Agnelli era a Vinovo per altre questioni, ma naturalmente si è soffermato con i legali. Conte ha partecipato alla riunione iniziata intorno alle 9,30 e dopo un'oretta ha abbandonato la sala e si è diretto in campo per il primo allenamento di giornata. Proprio la lucidità e la professionalità con le quali Conte sta gestendo la vicenda, senza consentire che essa condizioni negativamente il suo lavoro e quello della squadra, hanno ulteriormente conquistato Agnelli che fin dal primo giorno si è schierato al fianco del tecnico. Andrea e Antonio si conoscono da una vita e anche per questo motivo il presidente della Juve non ha mai avuto il minimo dubbio sull'operato del suo allenatore. Agnelli ha speso parole importanti anche con John Elkann, che mercoledì a Villar Perosa ha ribadito un concetto che gli sta a cuore: «La Juve non vuole essere associata a queste vicende che sono difficili e sgradevoli». Il presidente della Exor non vuole assolutamente che le questioni personali di Conte, Bonucci e Pepe abbiano ripercussioni negative sull'immagine della Juve, ma è stato rassicurato da Agnelli e infatti ha completato il suo intervento a Villar Perosa con un altro concetto chiaro: «Conte è un condottiero che si è distinto per le sue grandi capacità e va difeso».

Pranzo La riunione a Vinovo si è conclusa poco dopo mezzogiorno. I due avvocati hanno subito lasciato il centro sportivo, Agnelli si è fermato a pranzo con Conte e con la squadra. L'atmosfera era serena e fiduciosa: per il campionato che inizia tra una settimana e per l'importante partita di lunedì.

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L’INCONTRO LUNEDÌ IL DIFENSORE SARÀ DAVANTI ALLA CORTE DI GIUSTIZIA

Pesoli vede Abete

«Gentile e sensibile

Ma non mi basta»

di MARCO CALABRESI (GaSport 18-08-2012)

La faccia di Emanuele Pesoli ora è più serena: davanti alla Federcalcio non ci sono più le catene, non c'è più l'ombrellone che lo aveva protetto dal sole per cinque giorni e neppure gli amici di Anagni che lo avevano sostenuto durante lo sciopero della fame. È tornato a casa nel giorno di Ferragosto, provato e con la pressione ai minimi termini; dopo aver «dormito 14 ore di fila» ha fatto il percorso inverso e, anche se l'incontro con il Presidente federale Abete non era l'obiettivo della sua protesta, per il momento può bastare, in attesa della Corte di Giustizia Federale, dove lunedì pomeriggio si discuterà della squalifica di tre anni per la tentata combine di Siena-Varese del maggio 2011.

Soddisfatto a metà 80 minuti di colloquio con Abete, alla presenza anche del legale di Pesoli, l'avvocato Paolo Rodella: «Ringrazio Abete per avermi ricevuto, interrompendo le sue vacanze — ha detto Pesoli all'uscita dalla Figc —. È stato un confronto come quelli che avvengono tra padre e figlio e Abete si è mostrato molto gentile e sensibile, pur non potendo interferire sulla giustizia sportiva. È una grande soddisfazione, questa, anche se la mia protesta era volta a ottenere un confronto con chi mi accusa, che purtroppo non ci sarà».

Speranza Vorrebbe guardarli in faccia, Gervasoni e Carobbio, e sentire con le proprie orecchie quelle parole che stanno rovinando la sua vita e quella della sua famiglia: «Non mi è stato concesso di farlo, ma lunedì in aula mostrerò comunque le mie ragioni, con la grinta che ho dentro — ha aggiunto il difensore —. Voglio tornare in campo: loro, invece, se hanno il coraggio, si presentassero in aula». Il Verona lo aspetta in campo subito dopo il processo; per Emanuele, però, lunedì c'è un'altra partita da giocare, fondamentale.

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A BARI I PM INDAGANO PURE SULLE STAGIONI PRECEDENTI A QUELLA 2010-11

Secretato il verbale

di Spadavecchia

E oggi sfilano in 5

di FRANCO CIRICI & MAURIZIO GALDI (GaSport 18-08-2012)

Due ore e mezza di interrogatorio ieri a Bari per Vitangelo Spadavecchia, assistito dall'avvocato Giampiero Orsino, davanti ai carabinieri che hanno agito su delega dei pm Ciro Angelillis e Giuseppe Dentamaro che si stanno occupando in questo periodo di uno stralcio dell'inchiesta principale, quella della retrocessione del Bari 2010-2011, relativo a presunte combine realizzate negli anni precedenti. Si tratta di Salernitana-Bari, Piacenza-Bari (della stagione della promozione 2008-2009) e Bari-Treviso dell'anno precedente. Partite che Andrea Masiello ha indicato nel corso di un interrogatorio secretato e che Vittorio Micolucci ha confermato sia alla Procura federale con un fax, sia ai pubblici ministeri di Bari.

Secretato Anche il verbale di Spadavecchia (già condannato a tre anni e tre mesi dalla giustizia sportiva per un illecito in Sorrento-Juve Stabia, confermati anche dal Tnas il 16 aprile), il tenente colonnello Francesco Rizzo e il maggiore Riccardo Barbera hanno deciso di secretarlo. Il portiere ha comunque risposto a tutte le domande che i carabinieri gli hanno fatto, soprattutto quelle relative alla partita Bari-Treviso della stagione 2007-2008, quando Spadavecchia era il secondo di Gillet.

Altri interrogatori Oggi per i carabinieri la giornata sarà intensa: cinque gli interrogatori previsti. Sfileranno nella caserma del comando provinciale altri ex calciatori biancorossi: Santoni, Bonanni, Ganci, Galasso e Santoruvo. È ipotizzabile che lunedì i carabinieri consegnino il materiale di questi giorni ai pm e che venga stabilito un altro calendario di interrogatori sempre relativi alle stagioni 2007-2008 e 2008-2009.

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Riunione fiume a Vinovo, lunedì c’è l’appello

Conte, Agnelli e la Bongiorno:

5 ore per studiare una strategia

art.non firmato (Libero 18-08-2012)

Gli avvocati di Antonio Conte stanno preparando la strategia difensiva per il processo d’appello che vede imputato il tecnico bianconero per due omesse denunce che hanno portato, nel primo grado, ad una squalifica di 10 mesi. Nella mattinata di ieri sono arrivati allo Juventus Center di Vinovo Conte, Agnelli e gli avvocati dell’allenatore De Renzis e Giulia Bongiorno (che da qualche giorno ha integrato il pool legale del tecnico salentino). La riunione è servita per fare il punto sulla strategia difensiva: gli avvocati, per dimostrare la non colpevolezza di Conte, partiranno da Novara-Siena e dalle accuse di Carobbio («Conte ci riferì nella riunione tecnica di stare tranquilli…») incrociando gli atti di Palazzi con quelli della procura di Cremona.

Il secondo grado di giudizio inizierà lunedì dinanzi alla Corte di Giustizia federale presieduta da Gerardo Mastrandrea: a partire dalle 14 si svolgerà il procedimento sul filone dell’inchiesta di Cremona. Martedì dalle 9.30 sarà invece la volta del filone di Bari. Le sentenze, visto la vicinanza dell’inizio dei campionati di Serie A e B, dovrebbero arrivare già intorno al 23-24 di agosto.

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C’E’ IL PIANO PER SMONTARE CAROBBIO

Bongiorno-Conte summit a

Vinovo per la nuova difesa

di SIMONE DI STEFANO (TUTTOSPORT 18-08-2012)

ROMA. Prima gli schemi giuridici, poi quelli sul campo. Si è svegliato di prima mattina Antonio Conte, e alle 8:30 era già al centro tecnico di Vinovo. Prima del consueto allenamento mattutino il tecnico si è dedicato a studiare le carte che lo accusano, in compagnia dei suoi avvocati Luigi Chiappero, Antonio de Renzis, e la new entry Giulia Bongiorno, salutata anche dal presidente Andrea Agnelli in un toccata e fuga extra. Un summit tecnico-operativo tra legali, in vista dell’appello di lunedì (inizio alle 14), dove Conte sarà presente per guardare negli occhi i giudici di seconda cure. Ieri si è parlato di programma e sono state affilate le armi della strategia difensiva. Un tavolo tecnico durato circa un’ora e mezzo, con la Bongiorno a dettare le nuove linee guida. Si parte dalla stigmate della Disciplinare: «È stata raggiunta solo la prova che fosse a conoscenza della combine e non che vi abbia preso parte...». L’accusa vale sia per Novara-Siena che per AlbinoLeffe-Siena. Ma la «prova» si riduce in Carobbio, inserito in un sottobosco di scommettitori e di chiamate clandestine tra “zingari”, Bertani e lo stesso Carobbio. Il pentito dice che «Conte sapeva» ma non rivela mai come venne a conoscenza della combine. E se su AlbinoLeffe-Siena siamo fermi alla congettura di Palazzi sul ruolo attivo di Stellini («davvero poco credibile - recita la sentenza - che Conte non fosse a conoscenza dell’iniziativa presa dal suo collaboratore»), su Novara-Siena neanche Carobbio sa come nacque quel pari combinato: «Non so chi per primo si accordò». Per Giulia Bongiorno parla il suo curriculum, a prova di pentito dopo aver fatto assolvere Giulio Andreotti dall’accusa di concorso mafioso. Ora è il suo turno, è stata chiamata per destrutturare Carobbio. In questi giorni ha studiato meticolosamente le carte, secondo la regola del 5: «Studio le carte 5 volte - rivelò in un’intervista - la quinta si può dire di conoscerle se un attimo prima di leggere il rigo già lo si sa a memoria». Con questo metodo, è riuscita in poco tempo a notare la prima stortura, incrociando le carte di Cremona con l’accusa di Palazzi: in Novara-Siena, Conte non poteva aver comunicato alla squadra dell’accordo, perché secondo Carobbio venne definito dai giocatori allo stadio Piola mentre la riunione tecnica era già avvenuta in albergo.

Modificato da Ghost Dog

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O’ presidente (China Soccer Files – 7)

di SIMONE PIERANNI dal blog FÚTBOLOGIA 18-08-2012

Le regole del calcio italiano in Cina: alcuni highlights cinesi.

La prima immagine che scegliamo per questa sintesi pseudo calcistica e pseudo umana, che dovrebbe rappresentare la rappresentazione del calcio in Italia (uno sciame intelligente, tanto per scomodare a sproposito qualcuno) parte naturalmente dagli allenamenti. Perché, tanto per essere chiari, le squadre sono arrivate a Pechino una settimana prima. I nostri protagonisti, per un volta, non sono gli juventini, bensì la “compagine” (e così salutiamo pure Bruno Pizzul) del Napoli.

La Juve, poco dire: si allenavano con il mister costantemente al telefono, per capire cosa sarebbe successo del suo destino di tecnico dei campioni d’Italia. Tra voci di siluramento e “no, no figurati, c’è lo stile Juve”. Auguroni.

E partiamo: la scena è la seguente: campo d’allenamento del Napoli, Gli organizzatori cinesi hanno chiuso un contratto con un campo per consentire ai ragazzi in maglia azzurra di svolgere tre (3) allenamenti prima della Supercoppa.

Arrivano al campo. Non va bene. Per niente. L’erba è troppo alta, dicono i Supremi Dirigente della Compagine Napoletana. Vabbè, fa qualcuno, sono tre (3) allenamenti. No. Gli organizzatori cinesi devono disdire il contratto – presumibilmente devono pagare ugualmente – e andare a fare un altro contratto. Altro campo, altro stadio, per tre (3) allenamenti.

La squadra arriva al campo. I ragazzi sgambettano. Mazzarri indica gli esercizi e la strada per il campo della Juve a due scagnozzi tecnici, i dirigenti sono a bordo campo. Comincia a piovere, via via più forte. Insomma, piove.

Si bagnano le panchine. I dirigenti del Napoli chiedono che le panchine vengano asciugate.

Il gestore del campo cinese, porge ai dirigenti del Napoli gli asciugamani.

No, gli fanno i Dirigenti Italiani Supremi della Squadra Napoletana: lo devi pulire tu, che sei cinese.

Il cinese non fa una piega, pulisce.

Come ultimo highlight scegliamo una bella scena, che farà sorridere, scaldare i cuori e ci ricorda il fantastico coro che abbiamo imparato da piccoli, alla prima esperienza in curva e che per futblogia adattiamo al Presidente e che fa: “presidente non ti agitare, l’importante è partecipare”.

C’è un uomo in una macchina nera. L’autista ogni tanto scorge i suoi lineamenti dallo specchietto. Ha capelli bianchi, sguardo combattivo (sembra incazzato nero, o forse è solo determinato) ha occhiali da sole scuri che non si toglie neanche quando chiede di accostare, per dirigersi ad un piccolo cesso pubblico. La macchina procede nel traffico pechinese, tra clacson, bici, tre ruote, camioncini, skate, e altri mezzi improvvisati. In teoria la sua auto dovrebbe essere insieme ad altre, ma l’autista è maldestro e ben presto si perdono il resto del gruppo. Devono procedere da soli. Partiti con largo anticipo, ora la situazione comincia a farsi pesante. I minuti di anticipo se li è mangiati il traffico di Pechino. Tra venti minuti comincia la partita e l’uomo chiuso nella macchina comincia ad agitarsi, a telefonare, a urlare al telefono. Finalmente, arrivano allo stadio: la partita è già cominciata. Cancello, barriera. La macchina non è registrata. Non può entrare. Ma come! L’autista sfodera tutto la sua supercazzola più convincente e riesce a passare. L’uomo scende, rapido e incazzato (stavolta lo è davvero). Altro controllo. Niente da fare. Lei chi è? Come chi sono! Non ci risulta il suo nome. L’uomo non sta nella pelle, comincia a chiamare al cellulare e gli esce il più classico dei classici della sfiga: lei non sa chi sono io. Insomma alla fine entra. Magari proprio mentre Cavani la mette dentro.

Poi si dice dell’organizzazione cinese che non ha funzionato, di Mazzoleni, dei furti, delle compensazioni, della sudditanza, dei complotti, delle mafie.

È tutta colpa del traffico, in realtà.

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SPY CALCIO di F.BIANCHI (Repubblica.it 18-08-2012)

Conte, Bonucci e c.

lunedì si torna in aula

Calcioscommesse, quanti altri processi ci saranno? Quanti altri calciatori-allenatori-dirigenti saranno condannati? Le inchieste (penali) non finiscono mai, i processi (sportivi) nemmeno. Lunedì 20 agosto, a pochissimi giorni dall'inizio del campionato, si ricomincia: alle ore 14, presso l'ex Ostello della Gioventù al Foro Italico, si svolgerà infatti il procedimento sportivo di secondo grado di fronte alla Corte di Giustizia Federale. Riguarda il filone d'inchiesta della Procura della Repubblica di Cremona. Il giorno seguente, martedì 21 agosto, con inizio alle ore 9,30, è previsto invece l'appello sul filone d'inchiesta della Procura di Bari.

Il processo sportivo di primo grado, che si è tenuto davanti alla Commissione Disciplinare tra l'1 ed il 4 agosto, ha riguardato in tutto 13 club e 45 tesserati e si è chiuso con le sentenze di venerdì scorso (fra cui molti patteggiamenti). Il superprocuratore Stefano Palazzi però non si arrende e ha fatto ricorso per quanto riguarda numerosi casi, fra cui quelli degli juventini Bonucci e Pepe, assolti in primo grado. Ingarbugliato il caso di Antonio Conte, tecnico della Juve: prima un patteggiamento di 3 mesi e ammenda di 200.000 euro accettato da Palazzi, ma rigettato dalla Disciplinare perché ritenuto poco "congruo". Poi il "pm" ha chiesto 15 mesi di condanna, ridotti a dieci da Artico e c.. Ora un agguerrito staff di legali della Juve (cui si è aggiunta anche Giulia Bongiorno, fra le massime esperte di diritto sportivo) si augura che fra secondo grado, ed eventualmente Tnas del Coni, si possa arrivare se non all'assoluzione piena, almeno ad una condanna più leggera (3-4 mesi). Dieci mesi sono tanti, troppi per poter allenare nell'ombra. Conte lunedì si presenterà a Roma, con grande fiducia. Palazzi inoltre chiede la condanna di Bonucci: se non per illecito, "almeno" per omessa denuncia. Poi a fine mese deferimenti, e processi da settembre, per altri calciatori di club di serie A (fra cui Lazio, Napoli e Genoa). Si rischia un campionato con molte penalizzazioni. Intanto il lavoro delle Procure della Repubblica va avanti: oggi a Bari sentiti sei calciatori (altri saranno interrogati la prossima settimana), a Cremona il procuratore Roberto Di Martino ha spiegato che l'inchiesta "non è ancora finita", non ci saranno altri arresti ma interrogatori di sicuro, che "Carobbio è credibile", che "un calciatore in attività è indagato per riciclaggio" e che è stato fatto "un buon lavoro ma dubito riuscirà a ripulire il calcio italiano". La chiusura dell'inchiesta cremonese ormai non dovrebbe essere lontana: indagato (ma mai sentito) anche Conte.

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CALCIOSCOMMESSE

Aspettando

il processo d’appello

CARO CONTE,

I CONTI NON TORNANO

Altro che vittima, c’è piuttosto da chiedersi come mai l’allenatore juventino non sia stato indagato per illecito

di PAOLO ZILIANI (il Fatto Quotidiano 19-08-2012)

Qual è il vero scandalo: che Conte, allenatore della Juventus, sia stato squalificato per 10 mesi per omessa denuncia (sanzione esagerata, secondo l’Italia juventina), oppure che Conte sia stato squalificato “solo” per 10 mesi e “solo” per omessa denuncia, invece di essere chiamato a rispondere del ben più grave reato di illecito sportivo, come sostiene una minoritaria corrente di pensiero? Domani inizia a Roma il processo d’appello per il Calcioscommesse: e mentre i pesci piccoli finiti nella rete di Palazzi (leggi Pesoli, leggi Nassi) e duramente stangati dai giudici della Disciplinare s’incatenano ai cancelli della Figc per ottenere un minimo d’attenzione , sul conto di Conte già infuriano le polemiche.

ED È UNA corsa a chiedersi: quanti mesi di sconto avrà il tecnico bianconero? La squalifica verrà abbassata a 5-6 mesi per permettergli di tornare in panchina nella parte finale della stagione? E adesso che nello staff legale, strapazzato a dovere da Andrea Agnelli, è entrata anche l’avvocato Bongiorno, si può sperare di arrivare magari ad un’assoluzione totale? Insomma: fermo restando che degli altri imputati chissenefrega, quel che conta è accorrere compatti al capezzale del condottiero bianconero. Che viene fatto passare per vittima quando invece, a ben guardare, è un miracolato. Roba da accendere un cero a San Palazzi per grazia ricevuta. Seguiteci.

Conte è stato squalificato per 10 mesi per omessa denuncia di due illeciti comprovati, le partite Novara-Siena (2-2) e Albinoleffe-Siena (1-0). Secondo i giudici della Commissione Disciplinare, che gli hanno inflitto la sanzione, “è provato che Conte fosse a conoscenza della combine” della partita AlbinoLeffe-Siena, giocata nel maggio 2011. “Carobbio - spiegano i giudici nella motivazione - riferisce che l’impegno a lasciare la vittoria all’AlbinoLeffe venne preso nel corso di una riunione tecnica, qualche giorno prima dell’incontro, a cui era presente l’intero staff tecnico. Peraltro, a ulteriore conferma che Conte sapesse, vi è la circostanza che Stellini (braccio destro di Conte al Siena, ndr) ha ammesso di essere stato egli stesso a dare incarico a Carobbio e Terzi , al termine della gara di andata, di andare a parlare con Garlini e Bombardini per ‘sistemare’ la gara di ritorno. Ed è davvero poco credibile – continuano i giudici - che Conte non fosse a conoscenza dell’iniziativa presa dal suo collaboratore, anche in ragione della personalità e del ruolo che aveva all’interno della Società, ben spiegati dalla dichiarazione resa da Perinetti (direttore generale del Siena, ndr), il quale ha affermato che l’allenatore aveva un ‘carattere accentratore’”.

Non è finita. Nel motivare più compiutamente la sentenza, la Disciplinare ricorda poi il particolare dell’ex attaccante del Siena Mastronunzio, messo fuori rosa da Conte - nel racconto di Carobbio - per non aver accettato di partecipare all’accordo illecito su AlbinoLeffe-Siena: “Conte – affermano i giudici -, chiamato a fornire una spiegazione in merito al perché un giocatore, sino ad allora titolare, non fosse stato più schierato in campo, non ha saputo dare una risposta chiara, rimanendo nel vago. Conte ha affermato di ‘ritenere che lo stesso si fosse infortunato, anche se non ho ricordi precisi in merito’”.

Ricapitolando: Conte (lo dicono i giudici) sa che la partita Albinoleffe-Siena è concordata, sa che il Siena deve perdere e che i suoi giocatori lasceranno la vittoria all’Albinoleffe come da “istruzioni” di Stellini, il suo braccio destro reo-confesso (ha patteggiato 2 anni e 6 mesi per illecito). Di più: siccome c’è un giocatore del Siena che si rifiuta di sottostare alla combine e di andare in campo per perdere (Mastronunzio), Conte pensa bene di escluderlo dalla formazione, balbettando poi scuse risibili ai giudici che gliene chiedono conto.

DOMANDA: secondo voi questa sarebbe “omessa denuncia”? O non siamo invece di fronte ad un illecito sportivo pieno e conclamato? Diciamocelo: se è vero che un allenatore non può andare in campo a segnare (o incassare) un gol fasullo, è altrettanto vero che può decidere chi mandare in campo e chi no. E allora: perché Conte, che sapeva (ribadiamo: sono i giudici a dirlo), non ha escluso dalla formazione i giocatori che tramavano per far perdere il Siena e non ha chiesto alla società di licenziare Stellini, che aveva dato ordine ai giocatori di perdere? Se i giocatori compromessi erano più d’uno, perché non ha schierato la formazione Primavera? E soprattutto: perché ha escluso il solo giocatore che apertamente si rifiutava di giocare una partita truccata? Se Conte avesse fatto il suo dovere di allenatore, e poi avesse deciso di non denunciare l’accaduto alla Procura federale, nella speranza di evitare problemi legali al proprio club, allora si sarebbe potuto parlare di omessa denuncia. Invece sappiamo che le cose andarono diversamente. E se proprio vogliamo dirlo, il vero scandalo è che Conte sia stato chiamato a rispondere del reato di omessa denuncia – e squalificato solo per 10 mesi - quando invece si configuravano gli estremi dell’illecito sportivo a tutto tondo.

Comunque sia, la figura di Conte esce da questo feuilleton a pezzi. Siamo infatti di fronte ad un allenatore che non ha il minimo ascendente sul gruppo, alcun controllo dello spogliatoio e che si avvale di un collaboratore che decide al suo posto (anche di far perdere le partite) e guida giocatori che non battono ciglio davanti alla proposta di andare in campo per perdere. Un mister, insomma, che di fronte a tanto scempio non dice nulla e anzi ci mette del suo mandando in tribuna il solo giocatore che vorrebbe giocare la partita per vincere. Domani inizia il processo d’appello e tutti concordano nel ritenere che Conte godrà di un sostanzioso sconto di pena. Contento lui, di uscire da questa storiaccia con la patente di “Grande Babbeo”, contenti tutti.

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L’amarcord

La storia Dal campionato alle coppe tante le polemiche e i sospetti nelle gare tra le squadre

Azzurri-Signora, sessant’anni di scontri e accuse

1968 al San Paolo Favalli su Sivori, poi scoppia la rissa

1992 a Torino Due rigori per Baggio, i partenopei protestano

di FRANCO ESPOSITO (IL MATTINO 19-08-2012)

Pesci in faccia e dossier. Sessantasei anni attraversati da accuse e denunce. Arbitri sudditi della Juve, sussiegosi, ammaliati dalla grandezza della Signora. In principio fu Galeati, il bolognese principe dei fischietti dell’epoca. 23 marzo 1947, il Napoli in vantaggio con Santamaria, Busani e Di Benedetto. La Juve fa pari, 3-3, con Candiani su rigore. Un regalo di Galeati, si lamenta Sentimenti II, portiere del Napoli.

Ma il primo vero attrito è del ’68 al San Paolo. Il quarantotto sul terreno di gioco. Una rissa ignobile provocata da uno juventino, il piccolo Erminio Favalli. Il ginnasiarca Heriberto Herrera, sacerdote del movimento, l’ha deputato alla custodia del suo più grande nemico. Omar Sivori. Fedele alla consegna, Favalli ci dà dentro a suon di calcioni alle caviglie di Omar. L’ultimo di una serie scatena una rissa omerica, sotto gli occhi dell’arbitro marchigiano Pieroni, impegnato a proteggere quelli della Juve. Risultato finale del cieco operato, 9 giornate di squalifica a Panzanato, 6 a Sivori, 4 allo juventino Salvadore, e due mesi per l’allenatore Chiappella. Assassinato il Napoli, una Pechino d’altri tempi. Montefusco, per fortuna, ha già scritto una sensazionale doppietta e la Juve torna a casa sconfitta.

La storia, in buona sostanza, dice questo. Madame mai maltrattata dai signori arbitri e da messeri i guardalinee. Brava gente e uomini probi? Intanto la storia racconta che la Signora non ha subito maltrattamenti arbitrali quando si è ritrovata al cospetto del Napoli in campionato. Alla luce della disgustosa conclusione certificata da un giudice in pessima giornata, la rapina a mano disarmata subita dal Napoli nello stadio a nido d’uccello una piccola ricerca. Stadio San Paolo, 15 dicembre 1974, il Napoli reduce da una trasferta di coppa giocata nel fango non si regge in piedi. Arbitra Agnolin. La Juve ne fa 6, il primo di Altafini su rigore, e un paio sul filo del fuorigioco. Il pubblico non gradisce. Una bottiglietta colpisce un guardalinee, 0-2 a tavolino e squalifica del campo.

A casa Juve, nel ’92, arbitra Cesari di Genova. Due rigori per la Juve, al 3’ e al ’44. Roby Baggio fa doppietta, e il Napoli scatena il finimondo. Siamo meno forti della Juve, però così è troppo. Il Napoli si ritiene penalizzato anche il 7 gennaio ’91, l’ultimo anno di Diego in Italia. A Torino fa gol Casiraghi all’87. In chiaro fuorigioco, sostiene il Napoli che dà così l’addio ai sogni di gloria. Polemiche e bisticci sono ricorrenti, ma una volta almeno nella vita il lamento è della Juve. Madame si ritiene derubata della qualificazione alla semifinale di Coppa Uefa. 15 marzo 1989, gara di ritorno. Il Napoli ribalta lo 0-2 dell’andata, 3-0, gol di Renica al 119’. Si dispera la Juve allenata da Zoff. Grida allo scandalo: l’arbitro avrebbe annullato un gol regolarissimo a Laudrup, sullo 0-0. Magari sarà vero, ma è pure l’eccezione che conferma una regola antica. Quella applicata a Pechino.

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CALCIOSCOMMESSE

Conte a Roma per fiutare il suo destino

di ALBERTO ABBATE (CorSport 19-08-2012)

ROMA - La mente vola già a domani. Conte alle 14 sarà a Roma. Non parlerà, guarderà negli occhi la Corte di Giustizia Federale: «La sua presenza in aula è un ulteriore segno di rispetto per far vedere quanto tenga a questa vicenda. Vuole respirare il processo e stare vicino a chi lo difende», rivela il legale De Rensis. Che sarà assistito dall’avvocato Bongiorno: «C’è già una sintonia perfetta con questa bravissima collega, testimoniata dall’incontro di Vinovo. Domani cercheremo di evidenziare le nostre ragioni. Contrasteremo le motivazioni delle sentenze della Disciplinare. Rinforzeremo inoltre la nostra linea in appello, i motivi di acredine di Carobbio verso Conte avranno ulteriori elementi. Puntiamo al proscioglimento». In realtà, una riduzione della squalifica a 6 mesi (magari con l’esclusione di un’omessa denuncia) sarebbe già un grande successo: «Poi andremo al Tnas. E i conti (obiettivo 3-4 mesi di stop, ndr) si faranno alla fine». Conte alla rovescia.

CONTE IN AULA - C’è stato un confronto a Vinovo, Conte ha trasmesso ai legali la sua energia: «E’ determinato e sereno, ha una forza incredibile. Riesce a concentrarsi sia sul campo che su questa triste vicenda. Aveva digerito malissimo il patteggiamento, ora è pronto a presentarsi al processo per far valere le sue ragioni», rivela De Rensis. Ma non si scopre sulla linea difensiva: «Lunedì si capirà quanto siamo in disaccordo con le motivazioni della Disciplinare. Lo esporremo nella nostra arringa». Si minerà la credibilità di Carobbio («Ci sono mostruose incongruenze nei suoi racconti»), facendo leva su quanto accaduto col pentito Andrea Masiello e sull’ultima dichiarazione del pm Di Martino: «Carobbio è credibile, ma bisogna vedere caso per caso». Un cavallo di battaglia della difesa bianconera. Sarà presentato un nuovo documento per rinsaldare il risentimento di Carobbio: non è andato giù che anche la Disciplinare l’abbia smontato, tirando in ballo Ficagna.

ANCORA INDAGINI SUL SIENA - S’insiste su coloro che hanno testimoniato a favore di Conte: «Perché non sono stati deferiti: sono fantasmi?», si chiede ancora De Rensis. Eppure la Commissione aveva risposto, confortata dalle parole di Di Martino: «C’è ancora un’attenzione particolare sul capitolo Siena». Tradotto: le indagini proseguono a Cremona, c’è un’inchiesta di riciclaggio sulla testa di un calciatore italiano che giocava in Svizzera. Nessuna fretta d’ascoltare Gegic (in arrivo a settembre), piuttosto incuriosisce Erodiani e i suoi spifferi coloriti. Aveva tirato in ballo pure Lotito. A propostito, De Rensis farà un discorso ampio: «Bisogna regolare il fenomeno del pentitismo, dare la possibilità di controinterrogatori. Con me Carobbio starebbe 15 ore». E sulla giustizia sportiva: «Risale agli anni ‘80, è medievale e illogica. Serve un organo terzo per i deferimenti al posto di chi indaga (la Procura Federale, ndr). Altrimenti si faranno sempre processi ingiusti. E ci sarà chi come Pesoli s’incatenerà. E’ un discorso che vale per tutti. Non ci sono vite di serie A e di serie B». Serve tempo alla verità: «E’ normale che lunedì ci difenderemo in 10 minuti e che le sentenze, per migliaia di carte, arriveranno il 23 agosto, dopo 48 ore?».

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Calcioscommesse

Al via domani il processo d’appello

Conte spera nella riduzione di pena

art.non firmato (IL MATTINO 19-08-2012)

Non può sedere in panchina, ma Antonio Conte scenderà in campo nel processo d’appello al Calcioscommesse al via domani al Foro Italico. Manca ancora l’ufficialità, ma l'allenatore bianconero valuta di presentarsi davanti ai giudici della Corte di giustizia federale che dovranno sentenziare sul suo ricorso contro la squalifica di 10 mesi inflittagli dalla Commissione disciplinare. Conte ne ha parlato con i suoi legali Giulia Bongiorno e Antonio De Rensis in un summit a Vinovo, ma la decisione definitiva la prenderà oggi. Da valutare i pro e i contro della sua presenza. L'obiettivo è far vacillare la credibilità del pentito Filippo Carobbio, ribadendo l'acredine che c'era tra l'allenatore e il suo ex giocatore che lo accusa di essere stato a conoscenza delle presunte combine di Novara-Siena e AlbinoLeffe-Siena quando entrambi erano tesserati per i toscani.

Il precedente lo ha offerto la Disciplinare che non ha ritenuto credibile completamente il pentito Andrea Masiello relativamente al filone barese dell'inchiesta (in aula martedì) e i 7 proscioglimenti fanno sperare Conte in una riduzione della pena per poi limarla ulteriormente al Tnas.

In più il difficile caso-Grosseto, di fatto retrocesso in Lega Pro, per responsabilità diretta nella presunta combine Ancona-Grosseto. Il patron, Piero Camilli, cercherà di dimostrare l'infondatezza dell'accusa tentando di cancellare anche l'inibizione di 5 anni. Vicenza e Nocerina attendono speranzose di occupare il posto dei toscani e quello del Lecce (in aula martedì).

Sempre domani tornerà dinanzi ai giudici il calciatore del Siena, Emanuele Pesoli, dopo essersi incatenato davanti alla sede romana della Federcalcio e manifestato la delusione di non poter avere il confronto in aula con i suoi accusatori: Carobbio e Gervasoni.

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Calcioscommesse Domani il tecnico potrebbe essere in aula con nuove prove

Conte, arma segreta contro Carobbio

art.non firmato (Quotidiano Sportivo 19-08-2012)

Non può sedere in panchina durante le partite della sua Juventus, ma Antonio Conte scenderà in campo nel match più importante dell’intera stagione: il processo d’appello al Calcioscommesse che prenderà il via domani pomeriggio al Foro Italico. Manca ancora l’ufficialità, ma l’allenatore bianconero sta valutando seriamente di presentarsi davanti ai giudici della Corte di Giustizia federale che dovranno sentenziare sul suo ricorso contro la squalifica di 10 mesi inflittagli dalla Commissione Disciplinare poco più di una settimana fa.

Conte ne ha parlato con i suoi legali Giulia Bongiorno e Antonio De Rensis in un summit tenuto a Vinovo, ma la decisione definitiva, come confermano fonti vicine al club, la prenderà oggi. Devono essere valutati prima tutti i pro e i contro: la sua presenza, che sicuramente catalizzerà l’attenzione dei media, vuole essere di supporto e non, in qualche modo, intralciare il lavoro dei suoi legali (del collegio fa parte anche l’avvocato della società campione d’Italia, Luigi Chiappero). L’obiettivo è far vacillare la credibilità di Filippo Carobbio, facendo leva sulle incongruenze delle sue deposizioni, ribadendo, anche nel secondo grado e con nuovi documenti, come ha anticipato il legale De Rensis ieri a Sky, l’acredine che c’era tra l’allenatore e il suo ex giocatore che lo accusa di essere stato a conoscenza delle presunte combine di Novara-Siena e AlbinoLeffe-Siena, risalenti alla stagione 2010/2011, quando entrambi erano tesserati della squadra toscana.

Domani tornerà dinanzi ai giudici il calciatore del Siena, Emanuele Pesoli, giunto alla ribalta della cronaca nazionale per lo sciopero della fame che ha condotto per quattro giorni, incatenato davanti alla sede romana della Federcalcio.

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Conte, giorni senza tregua

Tra processo d’appello e doppi allenamenti, si valuta come parlare con la panchina

Alla Juve temono ispettori in borghese. La procura può chiedere la mappa dello Stadium per controllare gli ingressi allo spogliatoio

di MARINA SALVETTI (TUTTOSPORT 19-08-2012)

TORINO. Non sarà accolto dentro al gazebo bianco come a Villar Perosa, ma stasera a San Siro Antonio Conte siederà in tribuna in attesa che la Corte federale si pronunci sull’appello. Una sorta di prova generale, qualora la squalifica di 10 mesi venga confermata, per capire come muoversi dentro le norme del regolamento senza far mancare il suo apporto a Massimo Carrera e alla squadra in campionato e in Champions League. L’esperienza di Salerno e di Pechino, con il ds Fabio Paratici e il team manager Matteo Fabris nel ruolo di messaggeri tra l’allenatore e la panchina, non ha funzionato alla perfezione, la tecnica dovrà essere migliorata cercando supporto soprattutto nella tecnologia. Il tutto, però, da svolgere con la massima prudenza perché gli 007 federali saranno inflessibili.

TRE ISPETTORI Ne sono attesi due in tribuna a ogni partita, più uno in campo per controllare che, quando Conte parla al cellulare, contemporaneamente qualcuno della panchina non sia al telefono. Pare inoltre che la Procura federale abbia intenzione di chiedere la mappa dello Juventus Stadium per vigilare le vie d’accesso allo spogliatoio. La letteratura in proposito ha consegnato pagine memorabili, come quella di nascondersi nel carrello dei panni sporchi per raggiungere lo spogliatoio, con sviluppi però diametralmente opposti: Walter Novellino alla guida del Toro venne pizzicato e denunciato, non così José Mourinho che nei quarti di Champions tra Chelsea e Bayern Monaco, rimase per tutta la sfida nella stanza.

ESCAMOTAGE In casa Juventus temono però qualche altro escamotage da parte degli 007 della procura: per esempio, gli ispettori potrebbero anziché accreditarsi (in questo caso i bianconeri verrebbero a sapere già il venerdì chi sono e dove si siedono nello Juventus Stadium) presentarsi in borghese e comprare il biglietto. Così sarebbe molto più difficile individuarli all’interno dello stadio e lo stesso problema si presenterà quando la Juventus gioca in trasferta. Di sicuro Conte avrà occhi e telecamere addosso, ma non ha intenzione di seguire la partita nel chiuso dell’albergo come è accaduto sempre a Mourinho che, in Champions con il Real Madrid, guardò la partita dalla stanza dell’hotel di Zagabria, comunicando con il suo secondo attraverso l’ipad in tempo reale, inviandogli persino gli schemi su come cambiare la disposizione in campo.

TUTTI A ROMA Dal campo alle aule dei tribunali, dal Berlusconi all’appello. Domattina Conte è atteso a Roma per l’udienza davanti alla Corte di Giustizia. «Vuole respirare l’aula, per viverla e stare a fianco degli avvocati, per guardare negli occhi i giudici» spiega il suo legale Antonio De Rensis . «Noi puntiamo al proscioglimento, le carte parlano chiaro, ci sono mostruose incongruenze. Il patteggiamento è stata un’opportunità che Conte ha digerito con grande fatica perché è innocente. Il tecnico è sereno e molto concentrato, sta dimostrando una grande forza nello scindere le due questioni: essere l’allenatore della Juventus, con tutte le responsabilità che ne conseguono, e seguire con impegno questa vicenda».

LAVORI FORZATI Proprio perché Conte è prima di tutto un tecnico, non concede tregue neppure alla squadra. Dopo la sgambata di Villar Perosa ha sottoposto i giocatori a due giorni di lavoro massacrante con doppia seduta di allenamenti a Vinovo. Tant’è che Leonardo Bonucci ha commentato con un «devastante» su twitter il programma di lavoro. E neppure oggi ci si limita alla partita ma è prevista una rifinitura mattutina. I “lavori forzati” sono necessari dopo la trasferta di Supercoppa e i tre giorni di riposo concessi per recuperare le energie. Con il campionato alle porte occorre fare il pieno di benzina per correre più veloci degli avversari in vista di una stagione ancora più tosta della precedente.

LA CURIOSITA’

Sono un centinaio i James Bond

federali che vigilano allo stadio

Percepiscono un compenso di 40 euro lordi a missione e assicurano il rispetto della squalifica

di SIMONE DI STEFANO (TUTTOSPORT 19-08-2012)

ROMA.
Svolgono il lavoro oscuro di ogni maledetta domenica, l’occhio attento e vigile del procuratore Palazzi all’interno dello stadio. Sono gli 007 federali, che da un lato controllano gli eventi esterni al campo (risse nei tunnel e negli spogliatoi, o lanci di petardi dagli spalti, cori razzisti, ecc.), dall’altro si assicurano il rispetto delle squalifiche. Se uno di loro è in tribuna, il tesserato squalificato che durante la gara interferisce, rischia la diffida. Sono gli stessi procuratori che curano le indagini e le audizioni in via Po, e che la Figc ha sguinzagliato in tutta Italia.

PASSIONE
Si tratta di una centinaia di James Bond con lo stemma Figc al petto: i più noti sono i vice procuratori di Palazzi, gli altri sono volti meno noti interni alla procura. Lo fanno quasi soltanto per passione, visto che a ogni missione ricevono circa 40 euro lordi di compenso più i rimborsi per le trasferte. In serie A sono sempre 2 o 3 a seconda della delicatezza del match. Le gare più sentite dalle tifoserie, oppure soltanto un allenatore squalificato e particolarmente indisciplinato: con Mourinho per esempio, la guardia era altissima. Spesso però è lo stesso procuratore, Stefano Palazzi, ad andare in tribuna e controllare che tutto fili liscio.

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Calcioscommesse Sono indagati per frode sportiva, hanno scelto di non rispondere

In caserma sfilano sei ex del Bari

Sotto torchio per il match con il Treviso del 2008

Gli interrogatori Dai pm Angelillis e Dentamaro: Santoruvo, Pianu, Galasso, Bonanni, Colombo e Ganci

di VINCENZO DAMIANI (Corriere del Mezzogiorno - Bari 19-08-2012)

BARI — Tre attaccanti, due difensori e un centrocampista. Sei ex giocatori del Bari, praticamente mezza squadra, ieri mattina hanno sfilato nella caserma dei carabinieri per rispondere alle domande degli investigatori che indagano sulla presunta compravendita di partite di calcio. Ma William Pianu, Vincenzo Santoruvo, Gianluca Galasso, Massimo Bonanni, Corrado Colombo e Massimo Ganci hanno fatto scena muta, preferendo avvalersi della facoltà di non rispondere. I sei calciatori, al pari dei loro ex compagni di squadra già interrogati, sono indagati, nell'ambito dell'inchiesta bis sul calcio scommesse, con l'accusa di frode sportiva.

La partita su cui la magistratura ha acceso i riflettori è Bari-Treviso dell'11 maggio 2008, terminata 0 a 1 per gli ospiti. I biancorossi, all'epoca guidati da Antonio Conte, erano ormai salvi, mentre al Treviso serviva una vittoria per evitare la retrocessione in Lega Pro (la vecchia serie C). Per i pm Ciro Angelillis e Giuseppe Dentamaro quella sfida fu truccata, il Treviso avrebbe «comprato» i tre punti pagando lautamente alcuni calciatori del Bari. A rivelare la presunta combine agli inquirenti sono stati gli ex Andrea Masiello e Vittorio Micolucci. «In riferimento alle partite del Bari - scrive Micolucci in una memoria consegnata al procuratore federale, Stefano Palazzi - le posso dire che l'anno prima della promozione in serie A il Bari regalò la partita al Treviso. Le voci dicono che presero dei soldi perché in quella stagione le ultime partite del Treviso furono quasi tutte comprate.

Nella stagione della promozione, invece, con Perinetti e Conte, sicuramente è stata fatta Piacenza-Bari con un pareggio e Salernitana-Bari con la vittoria della squadra campana... Sono sicuro e certo della vittoria della Salernitana perché in quella stagione nelle ultime partite si avvicinavano alle squadre offrendo soldi...». Su Salernitana-Bari gli investigatori avrebbero già chiuso il cerchio, grazie anche alla collaborazione di alcuni ex calciatori biancorossi che, durante gli interrogatori effettuati prima di ferragosto, avrebbero ammesso di aver ricevuto soldi per lasciare la vittoria ai campani. Ora i carabinieri sono a caccia di riscontri su Bari-Treviso, ma dalle convocazioni di ieri non hanno ottenuto nulla, visto che gli indagati sono rimasti in silenzio. La settimana prossima, però, gli interrogatori proseguiranno, nella lista dei magistrati sono finiti altri protagonisti del Bari vincente di quattro anni fa. Ad essere ascoltati non saranno solamente gli ex biancorossi, gli inquirenti hanno intenzione di sentire anche i calciatori che vestivano la maglia del Treviso. Gli accertamenti, poi, si sposteranno su Piacenza-Bari e Parma-Bari del campionato di serie A disputato due stagioni fa.

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INTERROGATORI A BARI

Santoruvo e Ganci in

silenzio davanti ai pm

di FRANCO CIRICI & MAURIZIO GALDI (GaSport 19-08-2012)

Ieri mattina si è conclusa una intensa settimana di interrogatori voluti dalla Procura di Bari per presunte combine avvenute nelle stagioni 2007-2008 e 2008-2009 e che i magistrati Ciro Angelillis e Giuseppe Dentamaro ipotizzano abbiano visto coinvolti alcuni calciatori che all'epoca militavano nel Bari. Tutti sarebbero iscritti nel registro degli indagati per frode sportiva.

Senza rispondere Ieri dalle 9.30 alle 11.50 presso il Comando provinciale dei carabinieri sono stati interrogati, dal colonnello Francesco Rizzo, in cinque. Il difensore William Pianu — con un passato anche nel Treviso (giocava nella squadra trevigiana in una delle partite finite nel mirino degli inquirenti: Bari-Treviso 0-1 del campionato 2007-2008) — si dovrebbe essere avvalso della facoltà di non rispondere. Stessa linea adottata anche da Massimo Ganci, Vincenzo Santoruvo, Massimo Bonanni e Gianluca Galasso, accompagnati dall'avvocato Piero Nacci Manara (lo stesso che in questa vicenda tutela gli interessi di Andrea Ranocchia e Daniele De Vezze), e Corrado Colombo con il suo legale, Sara Agostini. L'ex portiere Nicola Santoni, che era anche lui atteso ieri, avrebbe chiesto di posticipare l'interrogatorio. È molto probabile che gli interrogatori della Procura di Bari e del nucleo investigativo dei carabinieri proseguano fin dai primi giorni della prossima settimana.

Diverse partite Pianu giocava con il Treviso in occasione di Bari-Treviso, appunto, ma la stagione precedente aveva vestito la maglia del Bari. Sempre per la stessa partita i carabinieri avrebbero voluto avere chiarimenti da Ganci, Santoruvo, Bonanni e Galasso. Invece la Procura da Colombo avrebbe voluto conoscere aspetti legati alla partita della stagione successiva e soprattutto su Salernitana-Bari e Piacenza-Bari. Oltre alle persone iscritte nel registro degli indagati, i magistrati ora valuteranno la possibilità di sentire persone informate dei fatti tra dirigenti e allenatori.

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Scommesse, scena muta in caserma

domani inizia il processo d’appello

Bari, interrogati cinque ex giocatori. Santoni non si presenta

Tutti sono accusati di frode sportiva per due gare contro il Treviso e la Salernitana

di FRANCESCO DAMIANI (la Repubblica - Bari 19-08-2012)

Erano sei i giocatori ex Bari attesi oggi per essere interrogati e si sono avvalsi tutti della facoltà di non rispondere. L’ex portiere Santoni, addirittura, non si è neanche presentato ai carabinieri del comando provinciale per essere interrogato su alcune partite ritenute sospette del Bari degli anni scorsi fra cui un paio della stagione 2008-2009, quella della promozione in serie A con Antonio Conte in panchina. Chi invece ha affrontato le domande del colonnello Francesco Rizzo e cioè Pianu (chiamato in qualità di giocatore del Treviso nella partita del campionato 2007-2008 vinta dai veneti per 1-0 contro il Bari), Ganci, Santoruvo, Galasso, Colombo e Bonanni, ha preferito avvalersi della facoltà di non rispondere e la mattinata di interrogatori si è chiusa in un paio di ore. Per i sei ex giocatori del Bari, così come per tutti i loro colleghi che sono stati interrogati nei giorni scorsi, l’accusa è di frode sportiva. Gli inquirenti, guidati dai pubblici ministeri Ciro Angelillis e Giuseppe Dentamaro, ipotizzano che in cambio di soldi abbiano lasciato la vittoria ai loro avversari in almeno di due partite, quella contro il Treviso del 2008 e quella contro la Salernitana del campionato successivo.

Gli interrogatori continueranno anche la prossima settimana, ma da domani l’attenzione si sposta anche sul Foro Italico a Roma dove comincia il processo d’appello per il secondo filone di indagini quello che fa riferimento alle Procure di Bari e Cremona. Il procuratore federale Palazzi ha impugnato tutte le sentenze che prevedano proscioglimenti tra cui anche quelle di Bonucci e Pepe per Udinese- Bari del 2009-2010 e di Vives per il famoso derby dell’anno successivo che è costato ai giallorossi la condanna alla retrocessione in Lega Pro. Palazzi non ha accettato i proscioglimenti e subito dopo le sentenze presentò ricorso, per cui Bonucci e Pepe corrono ora il rischio di essere condannati e quindi squalificati nonostante la corte in primo grado abbia ritenuto le parole di Andrea Masiello, che aveva parlato della presunta combine in quella partita, non particolarmente attendibili. Ma non sono soltanto questi i proscioglimenti impugnati da Palazzi. Si tornerà a parlare anche di Bologna-Bari, ultima partita del campionato di serie A 2010-2011, quella della tripletta di Grandolfo al Dall’Ara in un partita che i biancorossi vinsero nonostante la retrocessione matematica già sancita da diverse settimane. In quella occasione, Carella e Giacobbe, gli amici di Andrea Masiello, sarebbero andati in missione a Bologna per gli accordi con i rossoblù. Per quella partita, l’ex capitano del Bologna Di Vaio è stato prosciolto, ma Palazzi sarebbe venuto in possesso dei tabulati telefonici con cui si dimostrerebbero contatti, peraltro sempre negati dai protagonisti, fra lo stesso Di Vaio e il suo compagno Portanova che in primo grado aveva visto ridurre la richiesta di Palazzi da illecito sportivo in omessa denuncia.

Insomma, torna tutto in discussione, ma la parola fine per questa vicenda sembra davvero molto lontana. Se fra un settimana i processi di appello potrebbero anche essere conclusi, i nuovi interrogatori della Procura di Bari apriranno inevitabilmente altri filoni e si dovrebbe arrivare ad altri processi.

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Ziliani sta forse accusando Di Martino che si appresta ad archiviare Conte di omissione d'atti d'ufficio?

Che verme lui e l'accolita degli antijuventini urlanti che si scandalizzava e vedeva come un favore a Conte la derubricazione da illecito a omessa denuncia. Fosse rimasto illecito, infatti, una archiviazione penale avrebbe OBBLIGATO all'archiviazione in sede sportiva.

La via di fuga di Palazzi nonchè la dimostrazione delle incoerenze delle accuse, per certi idioti (leggi Ziliani, ma anche Mensurati e Foschini) diventa quasi un favore a Conte.

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Calcioscommesse

Sentenze, via all'appello

Conte cerca lo sconto dei

10 mesi di squalifica

L'obiettivo Il tecnico con una riduzione di pena e il ricorso al Tnas potrebbe stare fermo 4/5 mesi

di ANDREA ARZILLI (CorSera 20-08-2012)

ROMA — Calcioscommesse, grado secondo: alle 14 di oggi, con il dibattimento sul filone di Cremona, parte l'appello alle sentenze della Disciplinare. C'è Antonio Conte, dopo il trofeo Berlusconi Milano-Roma in aereo di prima mattina per essere nelle aule dell'ex Ostello della Gioventù, metterci la faccia e dare una mano al suo collegio difensivo a cancellare, o almeno ridimensionare, i 10 mesi di squalifica arrivati in primo grado. Tenendo conto che c'è anche il terzo grado (Tnas convocabile d'urgenza già per la metà di settembre), gli avvocati di Conte, De Rensis e Bongiorno, oggi puntano direttamente al proscioglimento. E per questo si giocheranno i pochi minuti concessi alle difese dalla Corte di Giustizia nel tentativo di mettere in evidenza le «numerose incongruenze» contenute nelle dichiarazioni di Flippo Carobbio, il pentito che ha inguaiato l'allenatore della Juve sulla cui credibilità è stata costruita gran parte del processo. Il pool di Conte proverà ad insinuare il dubbio nella Corte. Carobbio può essere credibile, ma non sempre e comunque, questa è la tesi. Che i legali fondano sulle contraddizioni del pentito: Carobbio avrebbe dichiarato di non essere presente all'episodio del litigio fra le mogli? Conte è in grado di produrre materiale che testimonia il contrario. Ma il grimaldello per scardinare le certezze dell'accusa potrebbe anche essere l'uso definito «improprio» di una sentenza della Cassazione da parte del procuratore federale: per Palazzi le parole di Carobbio valgono su Conte anche in assenza di riscontri diretti perché la veridicità delle sue dichiarazioni è certificata dai controlli incrociati su altri episodi. Tutto fila per la Procura, ma non per la Cassazione, sostengono i legali: serve il riscontro diretto, ovvero qualcuno che dia conferma al pentito nell'accusa a Conte. Uno che, al momento, non c'è.

Si cerca l'assoluzione o, più pragmaticamente, di ritoccare i dieci mesi in secondo grado e poi ricorrere al Tnas per un ulteriore sconto: alla fine i mesi di stop potrebbero essere 4/5, cioè più o meno quanto ritenuto congruo dalla Disciplinare nel secondo tentativo (saltato) di patteggiamento. Oggi si discutono anche i ricorsi di Grosseto, Novara e altri 12 tesserati. Poi, da domani, la Corte di Giustizia si dedicherà al filone barese, quello che include Bonucci e Pepe e le dichiarazioni del pentito Andrea Masiello. A differenza di Conte, i due giocatori della Juve sono stati richiamati alla sbarra dal ricorso di Palazzi dopo il proscioglimento disposto dalla Disciplinare.

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Conte, il giorno più lungo

Il tecnico della Juve davanti alla Corte federale: appello ai 10 mesi, cerca uno sconto

La credibilità di Carobbio alla base della linea scelta dai legali di Conte. Via alle 14. In attesa pure il Grosseto, escluso dalla B

di ALBERTO ABBATE & EDMONDO PINNA (CorSport 20-08-2012)

ROMA - Sarà in aula, sta ancora cercando di capire. Antonio Conte seguirà in prima persona il processo d’appello allo scandalo scommesse che inizierà questa mattina davanti ai giudici della Corte di Giustizia federale. Dieci mesi la condanna che gli ha inflitto la Disciplinare per le omesse denunce delle combine di Novara-Siena e Albinoleffe-Siena, dopo un balletto fra un patteggiamento “al ribasso” (tre mesi e 20 giorni) e una successiva richiesta della Procura di 15 mesi. Sarà in aula dopo essersi svegliato all’alba (ieri era a Milano, in tribuna, per seguire il “Berlusconi”), aver preso un aereo, essere sbarcato a Roma di mattina presto e aver fatto l’ultimo summit con i suoi legali, l’avvocato Giulia Bongiorno, l’avvocato De Rensis e l’avvocato Chiappero, che però seguirà da vicino più la posizione di Angelo Alessio. Conte cercherà di capire se ci sono spiragli per limare qualcosa a quella condanna di dieci mesi che, di fatto, lo porterebbe lontano dalla panchina della Juventus per tutta la stagione. I suoi avvocati punteranno ancora sulle contraddizioni e la poca credibilità di Carobbio, sulla sua presenza alla famosa festa durante la quale la moglie dell’attaccante ebbe una discussione con la signora Conte, producendo un documento che spiegherà perché la richiesta di “risarcimento” avanzata dalla consorte di Carobbio fosse di 1500 euro. L’obiettivo è limare il più possibile in vista del Tnas (a settembre).

CASO SIENA - Conte e non solo, tutto ruota attorno alle partite del Siena. Perché oggi in aula non sarà presente solo l’allenatore della Juventus. Arriveranno anche Pellicori, Pesoli (dopo essersi incatenato alle sbarre della Federcalcio, la sua richiesta di incontrare in aula i suoi accusatori, Gervasoni e Carobbio non si è ancora spenta) e Vitiello, difesi dall’avocato Rodella, ci dovrebbero essere (saranno?) anche Terzi e Gheller, si dibatterà su amicizie di vecchia data, sulle ammissioni di colpevolezza, sulla credibilità dei teste dell’accusa.

APPELLO - Oggi davanti alla commissione presieduta da Gerardo Mastrandrea (che è anche presidente della prima sezione giudicante, quella della Lega Nazionale Professionisti) si presenteranno in quattordici, dodici tesserati e due società (resta l’incognita Ancona), in particolare Il Grosseto, che dal processo di primo grado è uscito con l’esclusione dalla serie B e l’assegnazione alla Lega Pro. Una sanzione pesante, che va di pari passo con quella inflitta al suo presidente, ovvero Piero Camilli, inibito per cinque anni per illecito sportivo.

TEMPO BREVI - Oggi si comincia alle 14, ex Ostello della Gioventù del Foro Italico, sui tavoli dei giudici della Corte Federale le carte del procedimento relativo al filone di Cremona. Domani sarà la volta dell’inchiesta di Bari, Pepe e Bonucci e il Lecce su tutti, i primi due appellati da Palazzi (e non solo gli unici). Non ci sarà tempo per grandi disquisizioni, gli avvocati sanno già che avranno i minuti contati (forse qualcuno in più rispetto a quanti ne concedeva l’ex presidente della CGF Coraggio). Le sentenze, giovedì 23 agosto. La vigilia del campionato...

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CALCIO SCOMMESSE Fra tre giorni le sentenze di 2° grado

Ecco l’appello del lunedì

Conte spera nel Bongiorno

Nel collegio difensivo anche il deputato: obiettivo assoluzione

Domani si decide sul ricorso di Palazzi contro Bonucci e Pepe

LA STRATEGIA I legali bianconeri puntano a minare la credibilità di Carobbio

SQUADRE A RISCHIO Nel filone pugliese i destini di Bologna, Lecce e Udinese

di MARCELLO DI DIO (il Giornale 20-08-2012)

Poco meno di 48 ore di udienza, poi altre 48 per le sentenze di se­condo grado. Nove giorni dopo le decisioni della Commissione Disciplinare, scatta oggi il processo d’appello per il terzo filone del calcioscommesse. Il luogo sarà sempre il solito, l’ex Ostello della Gioventù al Foro Italico a Roma, i condannati e i loro legali saranno di fronte alla Corte di Giustizia Fede­rale presieduta da Gerardo Mastrandrea. Una quarantina i ricorsi presentati dagli avvocati delle difese, Palazzi ha chiesto la revisione di una dozzina di posizioni, preparando una memoria per sferrare l’attacco contro proscioglimenti e derubricazioni di reato che non gli sono piaciute.

Ancora una volta i due filoni (Cremona e Bari) saranno trattati in udienze separate: oggi dalle ore 14 spazio a quello lombardo che riguarda tre società (l’Ancona che però è già fallito e non ha presentato ricorso, il Grosseto, che rischia la retrocessione in Lega Pro, e il Novara, condannato al-2 in classifica) e 14 tesserati, il più illustre dei quale è Antonio Conte (per lui in primo grado comminati 10 me­si di squalifica). Palazzi ha fatto ricorso per Vitiello e Coppola per il ruolo avuto nella combine su Albinoleffe-Siena. Partita per la quale viene tirato in ballo l’allenatore della Juve e il suo vice Alessio (per lui richiesti 8 mesi di stop), i cui legali De Rensis e Chiappero saran­no affiancati da Giulia Bongiorno. L’obiettivo è far crollare l’attendibilità di Carobbio, principale accusatore di Conte.

La Disciplinare ha sostenuto nelle motivazioni della sentenza che Conte «è chiamato a rispondere di omessa denuncia, in quanto è stata raggiunta solo la prova che fosse a conoscenza della combine e non che non vi abbia preso parte», in riferimento alle due partite del Siena con Novara e Albinoleffe. A ulteriore conferma che il tecnico sapesse, la circostanza che il suo collaboratore «Stellini ha ammesso di essere stato lui a dare incarico a Carobbio e Terzi di andare a parlare con Garlini e Bombardini per sistemare la gara. È davvero poco credibile che Conte non fosse a conoscenza dell’iniziativa del suo collaboratore, anche per la personalità e il ruolo che aveva all’interno della società». Il ds Perinetti, nell’interrogatorio alla Procura federale, aveva parlato di «carattere accentratore» di Conte.

Domani dalle 9.30 si passerà al filone pugliese che, dopo il ricorso del pm federale Palazzi, tratterà i casi di Bologna (30mila euro di ammenda), Lecce (richiesta di caduta in Lega Pro) e Udinese (prosciolta in primo grado), oltre che di 10 tesserati, tra cui gli juventini Bonucci e Pepe, assolti dalla Disciplinare ma rientrati nel processo insieme a Di Vaio, Salvatore Masiello e Vives. L’unico dei prosciolti sul quale non c’è stato appello della Procura è il portiere della Sampdoria Padelli.

Se le motivazioni della Disciplinare hanno messo in evidenza le contraddizioni emerse nelle diverse dichiarazioni di Andrea Masiello (fornite a più riprese a Cremona, Bari e in Procura Federale), Palazzi è invece convinto della credibilità del calciatore, forte anche di alcuni patteggiamenti conclusi nel processo di primo grado. Quindi tornano in ballo le sfide Udinese-Bari (la combine per l’over vedrebbe coinvolti, tra gli altri, lo juventino Bonucci e solo per omessa denuncia il compagno di squadra Pepe), Bologna-Bari (illecito per Portanova e omessa denuncia per Di Vaio, Palazzi ha presentato a tal proposito il tabulato di una telefonata notturna e di 40 secondi sempre smentita dai legali degli interessati e dal club felsineo) e Bari-Lecce (coinvolgimento di Vives e quindi aggravamento della posizione della società salentina per la quale il pm federale vorrebbe anche il -6).

L’INTERVENTO

Se la civiltà giuridica viene fatta

a pezzi dalla (in)giustizia sportiva

di GIUSEPPE CRUCIANI (il Giornale 20-08-2012)

Ha detto Antonio Conte ai suoi avvocati: «Non voglio scorciatoie, puntiamo all’assoluzione totale». Oggi si presenterà davanti ai giudici d’appello della Federazione. O la va o la spacca. Fosse un tribunale normale sarebbe una passeggiata. Sapete quali sono le prove a carico di Conte, accusato di essere al corrente di un paio di partite truccate e non aver sporto denuncia? Semplicemente non ci sono. I giudici di primo grado hanno preso per buone le parole di un pentito, Filippo Carobbio, ma non hanno bisogno di trovare riscontri concreti, reali, inattaccabili. La giustizia sportiva non lo prevede. Carobbio (che serve a tenere in piedi altre accuse) è credibile, senza se e senza ma. Se crolla il pentito, crolla una buona parte degli altri procedimenti in corso. Per questo la partita che deve affrontare Giulia Bongiorno, nuovo legale dell’allenatore, è paradossalmente più complicata di quella vinta contro i pentiti del caso Andreotti. In quel caso stava all’accusa provare che i pentiti dicevano la verità. Qui è tutto al contrario. Per i signori che in primo grado hanno condannato Conte a dieci mesi di squalifica il tecnico «non poteva non sapere » (vi ricorda qualcuno?) delle trame del suo vice e dei giocatori coinvolti nella partita contro l’Albinoleffe (all’epoca mister scudetto allenava il Siena) e questo semplicemente per «la sua personalità e il ruolo all’intero della società». Era cioè «un accentratore», secondo quanto riferisce ai magistrati un dirigente senese. Avete capito bene. Essendo Conte un «accentratore», se qualcuno intorno a lui si è venduto le partite, ebbene lo stesso Conte ne doveva essere per forza a conoscenza. Un abominio.

Ma non è finita. Un altro pilastro dell’accusa è il fatto che prima di un altro match incriminato (Novara-Siena) Conte avrebbe parlato alla squadra di una partita già decisa con un pareggio. Lo dice Carobbio, ovviamente. Non c’è un altro giocatore che confermi e tutti quelli portati dalla difesa non vengono ritenuti credibili perché, così scrivono i giudici di primo grado, se dicessero il contrario verrebbero incriminati. Dunque: chi ha partecipato a quella riunione dice che Conte ha semplicemente «motivato» i suoi uomini, urlando che quella partita non andava persa. Ma sono considerati testimoni di serie b, insomma non contano nulla. Questo il quadro. Intanto Conte è finito nel mirino del giornale pro-giudici per eccellenza, cioè il Fatto Quotidiano di Travaglio. Ieri c’era un articolo di Paolo Ziliani che prendeva per buone tutte le decisioni dei giudici sportivi di primo grado, scandalizzandosi del fatto che l’allenatore bianconero non sia stato accusato di illecito ma solo di omessa denuncia. Altro che vittima, scrive Ziliani, Conte dovrebbe addirittura ringraziare il procuratore Palazzi per averlo salvato da accuse più dure. Ma questi sono dettagli. Oggi la Bongiorno non avrà a disposizione più di dieci minuti. Non può controinterrogare i testimoni e gli accusatori, le regole della civiltà giuridica nello sport valgono meno di zero. Ha di fronte un muro, ma non sono previste vie d’uscita. O innocente o tutto il campionato in tribuna.

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Calcioscommesse

Processo d’appello

Conte di nuovo

davanti ai giudici

art.non firmato (IL MATTINO 20-08-2012)

Roma. Antonio Conte in aula ci sarà. Nel processo d'appello al Calcioscommesse, al via questo pomeriggio nell'ex Ostello della gioventù del Foro Italico a Roma, l'allenatore della Juventus guarderà in faccia i giudici della Corte di giustizia federale che dovranno decidere sul suo ricorso contro la squalifica di 10 mesi inflitta dalla Commissione disciplinare. Seguirà il suo pool di avvocati: Antonio De Rensis, Luigi Chiappero e Giulia Bongiorno che cercheranno di demolire le accuse del pentito Filippo Carobbio sulla doppia omessa denuncia nelle presunte combine di Novara-Siena e AlbinoLeffe-Siena.

La linea difensiva sarà votata all'attacco. «Puntiamo al proscioglimento» assicurano gli avvocati che, però, si accontenterebbero anche di una riduzione della pena a sei mesi (con la cancellazione di un capo d'imputazione) per poi cercare un ulteriore sconto dinanzi al Tnas. Si vuole mettere in discussione la credibilità di Carobbio (rimarcando l'acredine esistente fra i due ai tempi di Siena). Il caso-Conte, e quello del suo vice Angelo Alessio (fermato per otto mesi), sono comunque soltanto due dei 30 dibattimenti previsti nei due giorni del Foro Italico: 17 del filone cremonese; 13 di quello barese che sarà affrontato invece domani. Si sono appellati infatti tutti i condannati in primo grado mentre sono sei le impugnazioni di Palazzi contro i proscioglimenti, compresi quelli dei calciatori Bonucci e Pepe.

Nessun ricorso, invece, contro l'assoluzione del portiere della Sampdoria, Padelli.

Tra i club le posizioni più complicate sono naturalmente quelle di Grosseto e Lecce che tenteranno di cancellare l'estromissione dalla serie B decisa dalla Disciplinare. In Serie A, il Bologna si vedrà infliggere una penalizzazione se il suo calciatore, Daniele Portanova, sarà squalificato per illecito (secondo la richiesta originaria della Procura) e l'ex capitano Marco Di Vaio, per omessa denuncia. L’Udinese riceverà un'ammenda nel caso in cui il proscioglimento dell'ex Pepe si trasformerà in un'omessa denuncia per Udinese-Bari. La Juve, invece, perderebbe sia l'ala che Bonucci (ex Bari) dato che, per la stessa partita, Palazzi aveva chiesto tre anni e mezzo di stop.

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SCOMMESSE

Conte torna a Roma

è ora dell’appello

Si comincia con il filone di Cremona,da domani Palazzi darà battaglia sui nomi dell’inchiesta di Bari

di STEFANO CARINA (Il Messaggero 20-08-2012)

ROMA – Si riparte. Nel pomeriggio, alle ore 14, davanti alla Corte Federale della Figc prende il via il secondo grado di giudizio del filone cremonese, quello di Conte e del suo vice Alessio. Domani toccherà a Bari: per gli avvocati si prevedono 5 minuti a testa per sviluppare al meglio le difese. Poi camera di consiglio: nel giro di altre 24 ore (entro giovedì) le nuove sentenze. Occhi puntati sul tecnico della Juventus (presente probabilmente in aula) e sull’avvocato Bongiorno, entrata a far parte del pool dei legali dell’allenatore che per l’omessa denuncia in due partite contro Novara e AlbinoLeffe della stagione 2010-11 si è visto comminare 10 mesi di squalifica. L’obiettivo è destrutturare l’accusa di Carobbio, partendo dalle motivazioni della Disciplinare secondo le quali «è stata raggiunta solo la prova che fosse a conoscenza della combine e non che vi abbia preso parte». Il ragionamento che porterà avanti l’avvocato Bongiorno è di facile intuizione: sinora, la Procura Federale ha sempre ridotto le accuse alle parole del pentito. Carobbio dice che Conte (la cui posizione presso la Procura della Repubblica di Cremona, dove è indagato, è destinata all’archiviazione) sapeva ma non rivela mai come venne a conoscenza della combine. E se su AlbinoLeffe-Siena ci si riduce al ruolo attivo di Stellini (ritenendo davvero poco credibile - recita la sentenza - «che Conte non fosse a conoscenza dell'iniziativa presa dal suo collaboratore»), su Novara-Siena neanche Carobbio sa come nacque quel pari combinato: «Non so chi per primo si accordò».

In questi giorni la Bongiorno ha studiato meticolosamente le carte ed è riuscita in poco tempo a notare la prima stortura, incrociando gli interrogatori di Cremona con l'accusa di Palazzi: in Novara-Siena, infatti, Conte non poteva aver comunicato alla squadra dell'accordo, perché secondo Carobbio venne definito dai giocatori allo stadio mentre la riunione tecnica si era già svolta in albergo. L’obiettivo, per questo grado di giudizio, sarebbe quello di smontare (almeno) questa prima omessa denuncia, puntando anche sul fatto che le parole di Ficagna non smentirebbero la presunta acredine di Carobbio nei confronti dell’allenatore e che un altro pentito ritenuto molto attendibile, Gervasoni, non cita mai Conte.

La Corte Federale avrà il compito anche di riesaminare i ricorsi di Palazzi, pronto a dare battaglia soprattutto sul filone di Bari. Per il pm le dichiarazioni a rate di Masiello restano un «arricchimento progressivo» e per rafforzare il pentito ha deciso di utilizzare la deposizione «spontanea» del 4 agosto di Lanzafame che confermerebbe le accuse di Masiello per alcune gare del 2008. In merito a Bonucci, il procuratore federale sembra essersi arreso sull’illecito ma non sull’omessa denuncia: «Non si può dubitare che, quanto meno, sia stato messo a conoscenza dell'iniziativa illecita di Masiello». Palazzi inoltre precisa che «Masiello non colloca cronologicamente e spazialmente la proposta a Bonucci ma soltanto nella terza versione la specifica meglio, ma in modo del tutto coerente». E su Pepe: «Il richiamo alla Ferrari rappresenta un elemento caratterizzante dell'approccio tra i due ma di assoluta irrilevanza ai fini della finalità dell'illecito. Il differente termine (comprare o vendere, ndc) appare davvero di scarsa rilevanza e inidoneo a minarne la credibilità complessiva».

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Conte si gioca il futuro

Oggi in aula per l'appello

Di fronte alla Corte di giustizia l'allenatore della Juve punta

sul proscioglimento. Tutto ruota sulla credibilità di Carobbio

Pure la Bongiorno nel pool d’avvocati che si rifaranno al patteggiamento di Stellini

Domani il filone di Bari: Palazzi ha fatto ricorso contro Pepe, Bonucci e altri

di MAURIZIO GALDI (GaSport 20-08-2012)

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Ci sarà anche Antonio Conte oggi alle 14 all'apertura del procedimento d'appello davanti alla Corte di giustizia federale a sezioni unite (presidente Gerardo Mastrandrea) per il ricorso contro i dieci mesi di squalifica inflitti all'allenatore bianconero per le due omesse denunce di cui lo ha accusato il Procuratore federale Stefano Palazzi: Novara-Siena e AlbinoLeffe-Siena. Il collegio difensivo di Conte si è arricchito dell'avvocato Giulia Bongiorno, oltre a Antonio De Rensis e Luigi Chiappero. Conte sarà in aula, ma difficilmente prenderà la parola, limitandosi ad assistere ai lavori.

La decisione La decisione della Corte di giustizia federale si dovrebbe conoscere già mercoledì, i tempi sono necessariamente brevi visto che dai due procedimenti (quello di oggi relativo alla documentazione di Cremona, quello di domani sul materiale di Bari) dovrebbero sapere della loro sorte anche Grosseto e Lecce che in primo grado sono state escluse dalla Serie B.

Proscioglimento Rifiutato il patteggiamento (dopo un primo accordo a tre mesi «rifiutato» dalla Disciplinare), Antonio Conte e i suoi avvocati in aula chiederanno il proscioglimento dalle accuse che gli sono state mosse da Palazzi. La difesa punta sulle contraddizioni che sarebbero emerse dalle dichiarazioni di Filippo Carobbio in occasione soprattutto della partita Novara-Siena. La Bongiorno punta soprattutto sul fatto che Carobbio parla di una comunicazione sul risultato avvenuta all'interno dello stadio Piola, mentre secondo la difesa la riunione tecnica sarebbe avvenuta in albergo e non allo stadio. Insomma ci sarà battaglia sul filo della credibilità di quanto affermato da Carobbio. E su AlbinoLeffe-Siena si rifaranno al patteggiamento di Stellini che ha ammesso di aver fatto tutto da solo, tra l'altro scagionando Terzi e fornendo ai suoi legali armi per l'appello.

Attesa per domani Domattina si parlerà invece del filone scaturito dalla carte di Bari e, in particolare per i colori bianconeri, si tornerà a parlare di Udinese-Bari. Il Procuratore federale Stefano Palazzi ha appellato i proscioglimenti di Leonardo Bonucci, Simone Pepe, Nicola Belmonte e Salvatore Masiello, facendo soprattutto affidamento sulla «rinnovata» credibilità che nelle ultime ore starebbe conquistando Andrea Masiello. Le dichiarazioni, e soprattutto quelle alla Procura federale e ai magistrati baresi dopo l'arresto, in queste ultime ore avrebbero avuto conferme anche da parte di altri ex tesserati del Bari. I magistrati Ciro Angelillis e Giuseppe Dentamaro proprio in questi giorni (e Palazzi ha allegato le rassegne stampa) hanno avuto riscontri della credibilità di Andrea Masiello anche relativamente a partite delle stagioni 2007-2008 e 2008-2009. Anche in questo caso difesa e accusa si daranno battaglia sulla credibilità di tesserati che hanno deciso di collaborare sia con la giustizia ordinaria che con quella sportiva. Il compito di decidere è affidato ai giudici.

GLI ALTRI CASI

Grosseto, Lecce e lo spettro retrocessione

Domani la procura federale tirerà fuori la telefonata tra Portanova e Di Vaio

di MAURIZIO GALDI (GaSport 20-08-2012)

Il Grosseto oggi e domani il Lecce si giocano il futuro in B. La Disciplinare le ha escluse dalla serie cadetta affidando al Consiglio federale l''assegnazione ad «altra categoria» (sicuramente la Prima divisione di Lega Pro), ma solo dopo questa decisione della Cgf ci sarà una decisione ufficiale anche sull'eventuale slittamento delle due partite in calendario in Serie B che interessano Grosseto e Siena. I due club daranno battaglia per ribaltare la sentenza. Strettamente legata alla vicenda Lecce, quella del suo ex capitano (ora al Torino) Giuseppe Vives. Appellato da Palazzi che per il suo coinvolgimento chiede 5 punti di penalizzazione per la società salentina. Vives era stato prosciolto dalla Disciplinare.

Bologna-Bari La novità più grossa ci sarà domani quando la Procura federale chiederà di ribaltare la decisione in primo grado di derubricazione per Portanova (da illecito a omessa denuncia per la presunta combine di Bologna-Bari) e proscioglimento per Di Vaio (l'accusa era omessa denuncia). Palazzi ha ricevuto un'informativa dei carabinieri per la Procura di Bari in cui si trova traccia di una telefonata tra Portanova e Di Vaio (in orario compatibile con l'incontro con gli emissari di Andrea Masiello) che avevano sempre negato un contatto tra di loro in virtù di una inimicizia di lunga data.

AlbinoLeffe-Siena Oggi intanto gli avvocati Eduardo Chiacchio e Giuseppe Fusco sono chiamati a rispondere all'appello di Palazzi per Ferdinando Coppola che su AlbinoLeffe-Siena (la stessa partita che ha coinvolto Conte) è stato accusato di illecito. Con lui è chiamato anche Roberto Vitiello (lui condannato per un altro illecito, aveva visto derubricata la sua posizione per quella gara).

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Scommesse, oggi secondo round: la difesa del tecnico contro il pentito Carobbio

Conte, un appello tutto all’attacco

obiettivo minimo: stop di sei mesi

La Bongiorno punta all’inattendibilità del teste almeno per una delle due partite incriminate

di MATTEO PINCI (la Repubblica 20-08-2012)

Quando oggi alle 14 il presidente della Corte di Giustizia Federale, Gerardo Mastrandrea aprirà il secondo round del processo al calcio scommesse, mancheranno cento ore appena al fischio d’inizio dei campionati. Il 24 agosto parte la serie B, senza sapere ancora se Grosseto e Lecce, a giudizio oggi la prima e domani l’altra, potranno farne parte. Un processo ispirato quasi esclusivamente dalla necessità di “fare giustizia” in tempi più che rapidi, per garantire il regolare svolgimento della stagione calcistica: forse non il presupposto migliore per garantire anche sentenze equilibrate. Ma il circo ha fretta. E più che la posizione dei due club ancora in bilico, a tenere con il fiato sospeso i tifosi di mezza Italia sono le sorti di Antonio Conte. Lui, protagonista indiscusso del processo di appello che prenderà il via nel primo pomeriggio (domani tocca a Pepe e Bonucci, dopo l’impugnazione della loro assoluzione) assisterà all’udienza – ma senza intervenire – per assistere al lavoro dei difensori De Rensis e Bongiorno. Che hanno prodotto anche documenti scientifici per perorare la causa del risentimento, anche dal punto di vista economico (la necessità di un’ostetrica), da parte del pentito Carobbio, presente anche alla lite tra le mogli. Ma la sua credibilità sarebbe minata soprattutto, secondo la difesa, anche da una ricostruzione contraddittoria degli orari: se l’accordo per combinare Novara-Siena viene concretizzato da lui e Bertani allo stadio, come faceva Conte a esserne a conoscenza prima, nella riunione tecnica?

Il giudice Artico ha inoltre riconosciuto i contatti intercorsi tra Carobbio e il gruppo degli zingari nelle ore precedenti la gara, e che lui sosteneva di non aver avuto nell’intero periodo in Toscana. «Se ha mentito su questo punto, come si fa a escludere che possa aver mentito riguardo l’intero episodio? », la riflessione che i legali di Conte potranno esporre ai giudici. Più complicato confrontarsi con la seconda omissione di denuncia contestata, quella per Albinoleffe- Siena, dopo la confessione del suo collaboratore Stellini: «Poco credibile che Conte non sapesse», per la commissione. Per questo, l’obiettivo reale è sperare in una riduzione di pena che porti la squalifica a sei mesi circa. Sperando poi che il Tnas possa ridurla a quei 3-4 mesi che il tecnico sarebbe stato disposto a patteggiare. E che consolerebbero Palazzi con la “colpevolezza” dell’uomo simbolo della sua inchiesta sportiva.

A presentarsi davanti ai giudici saranno oggi in tutto diciassette tra tesserati e club. Spera in uno sconto anche Pesoli, incatenato fino a Ferragosto al cancello della Figc per chiedere un confronto con i suoi accusatori: l’avvocato Rodella tornerà a chiederlo in aula, istanza destinata a essere respinta. La giustizia ha troppa fretta.

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Conte, sfida in aula

Così il tecnico cerca il ribaltone

Scommesse, appello al via: nuove carte per smontare le accuse di Carobbio

DAVANTI ALLA CORTE Anche l’allenatore a Roma, la difesa punta all’assoluzione

BONUCCI E PEPE Domani tocca ai due giocatori assolti in primo grado e alBologna

di GUGLIELMO BUCCHERI (LA STAMPA 20-08-2012)

Il volo che porterà Antonio Conte a Roma atterrerà a Fiumicino, da Linate, poco dopo le otto. Poi un nuovo summit con i legali e, nel primo pomeriggio, il tecnico campione d’Italia con la Juve prenderà posto nell’aula al piano meno uno dell’ex Ostello della Gioventù. Conte ha deciso di vivere il processo d’appello sullo scandalo scommesse che lo riguarda seduto a pochi metri dalla Corte Federale della Federcalcio, che già giovedì potrebbe emettere i verdetti. Una scelta di rispetto per la giustizia sportiva che in primo grado lo ha condannato a dieci mesi di squalifica: Conte ritiene di aver subito un’ingiustizia ed è convinto di riuscire a ribaltare già in appello il verdetto di due settimane fa, ma non per questo ha assunto un atteggiamento diverso da quello di chi vuole capire il perché di certe accuse che lo hanno strattonato sotto i riflettori.

Il processo d’appello sarà breve, brevissimo. L’appuntamento in aula è per le 14, poi spazio alle difese chiamate a parlare non più di cinque minuti per ogni incolpato: una sola sarà l’udienza dedicata ai ricorsi per il filone di Cremona, così come una, quella di domani, sarà dedicata al filone d’inchiesta di Bari. Gli interventi dei legali di Conte saranno due: prima prenderà la parola l’avvocato Antonio De Renzis, poi Giulia Bongiorno. Così come in primo grado, anche stavolta non verrà messa in dubbio la credibilità del grande accusatore Filippo Carobbio, ma come quest’ultimo non sia stato attendibile sempre e comunque. A sostegno della difesa numerosissime contraddizioni o ricostruzioni prima negate e poi ammesse o viceversa: verrà fatto notare, ad esempio, come Carobbio non abbia mai raccontato di esser stato presente il giorno della lite fra le mogli dell’ex difensore del Siena e di Conte, all’epoca dei fatti contestati sulla panchina dei toscani, mentre da nuove rivelazioni lo stesso Carobbio sarebbe stato al fianco della consorte mentre rinfacciava alla signora Conte il fatto che l’allenatore non avesse accordato il permesso perché il marito assistesse al parto della figlia, episodio che avrebbe portato Carobbio a nutrire rancore nei confronti del tecnico (gli avvocati di quest’ultimo produrranno un documento sul perché la moglie spese 1500 euro in quell’occasione).

Oggi Conte sarà in aula. Domani potrebbero scegliere la stessa strada anche Bonucci e Pepe, prosciolti in primo grado, ma di nuovo a processo dopo l’impugnazione della loro assoluzione da parte del procuratore federale Stefano Palazzi. Il pm del pallone, nel suo ricorso, ha chiesto per Bonucci almeno la squalifica di un anno per omessa denuncia. Stessa cosa per Pepe. Il processo d’appello riguarderà, domani, anche il Bologna: il tabulato di una telefonata fra Portanova e Di Vaio potrebbe inguaiare la posizione dei giocatori e della stessa società dopo che, in primo grado, per il club la pena è stata un’ammenda e per Di Vaio si è arrivati al proscioglimento. Subito dopo le sentenze d’appello, per le parti condannate ci sarà la possibilità di ricorrere al Tnas, ultimo grado della giustizia sportiva: i giudici presso il Coni potrebbero esprimersi entro metà settembre.

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CONTE, TUTTO IN 10 MINUTI

Il tecnico in aula per l’appello. Difese lampo per arrivare al verdetto entro giovedì

art.non firmato (Quotidiano Sportivo 20-08-2012)

La sentenza è attesa al massimo per giovedì: a due giorni dal via della serie A. La fretta sarà quindi la parola chiave dell’appello del secondo processo sul calcio scomesse che si apre stamattina e che concederà — per capire i ritmi — al massimo cinque-dieci minuti di tempo a ciascuno dei legali per tentare di ribaltare o almeno ammorbidire la sentenza di primo grado. Oggi si inizia con il filone di Cremona, quello basato sulle dichiarazioni di Carobbio e Gervasoni che vede coinvolti, tra gli altri, Antonio Conte e il suo vice Angelo Alessio, nonchè Novara e Grosseto. Poi si proseguirà con il filone barese che riguarda tra gli altri Pepe e Bonucci. Come si ricorderà, oltre ai ricorsi di tesserati e società, anche la Procura federale si è appellata contro i proscioglimenti in primo grado, fatta eccezione per quello del solo Padelli. Da oggi in pratica tornano in aula tutti i protagonisti della vicenda fatta eccezione per chi ha chiuso i conti con i patteggiamenti. Proprio l’allenatore della Juve sarà presente in aula stamattina: un segnale chiaro da parte del tecnico tornato protagonista della sua vicenda processuale dopo aver accettato in prima istanza la strategia della società orientata al patteggiamento. Conte — stando ai bene informati — era stato sempre contrario al patteggiamento, ritenendolo una ammissione di colpa a fronte della sua dichisrata innocenza, mentre la società riteneva i tre mesi il male minore per chiudere la vicenda e non compromettere la parte più importante della stagione, da dicembre in poi. Fallito il tentativo di accordo con procura e giudice, Conte ha accelerato nella strategia di ricerca del proscioglimento, rafforzando il pool degli avvocati con Giulia Bongiorno e, appunto, decidendo di essere presente stamattina direttamente in aula. La strategia della difesa e dell’accusa è chiara: la prima punta a sottolineare le contraddizioni di Carobbio, che solo al terzo interrogatorio ha riportato la vicenda di Conte; punta inoltre sulle testimonianze degli altri presenti alla riunione tecnica, che non sono state credute in primo grado ma per le quali non sono neppure scattati i deferimenti per omessa denuncia. Infine, la difesa punta sulla vicenda dei dissapori personali tra Conte e Carobbio. L’accusa ritiene credibile il giocatore e irrilevanti le tesi difensive: ma entrambi — accusa e difesa — promettono nuovi elementi a sostegno della propria posizione.

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SCOMMESSOPOLI: L’APPELLO

Conte, oggi gli avvocati giocano l’asso

Battaglia sulla credibilità di Carobbio: mancano i riscontri esterni alle dichiarazioni

di SIMONE DI STEFANO (TUTTOSPORT 20-08-2012)

ROMA. Dove si erano lasciati? Patteggiamento saltato e 10 mesi di squalifica per Antonio Conte. E quella certezza di Palazzi sulla credibilità di Carobbio, richiamata dalla «validità di riscontri di carattere logico alle dichiarazioni di un dichiarante in correità per fondare l’affermazione di responsabilità di altri». Oggi alle 14 parte il processo di appello del filone cremonese e proprio su questo punto Palazzi sembra scivolare e gli avvocati del tecnico, Giulia Bongiorno e Antonio De Rensis, promettono battaglia. Vediamo.

CASSATO Nel caso della chiamata in correità di Carobbio su Conte, in assenza di una prova esterna (altri pentiti, telefonate, documenti, ecc.), Palazzi ritiene credibili le parole del pentito per il semplice fatto che in altri casi è stato riscontrato. Esempio: le conferme di Joelson, Conteh, Iaconi e Acerbis in Ancona-Grosseto. Ma nel caso di Conte non c’è nessun altro a supportare Carobbio (anzi ci sarebbero 23 testimonianze contrarie), manca quindi “individualizzazione” del soggetto. La segnalazione arriva da una serie di interessanti articoli apparsi sul sito Ju29ro.com curati dall’avvocato Attilio Dibari. Il pm federale - ha notato l’esperto di diritto sportivo - nel suo deferimento motiva la credibilità di Carobbio citando una sentenza della Corte di Cassazione (VI Sezione Penale n. 41352 del 23.11.2010), in cui secondo Palazzi i riscontri a Carobbio sarebbero le stesse dichiarazioni di Carobbio verificate in altri casi. Siamo al «l’ha detto Carobbio, una garanzia», ma il nodo giurisprudenziale è errato e vediamo perché.

ERRORE DOPPIO Il punto su cui cade la citazione di Palazzi è quello relativo ai «riscontri esterni alla dichiarazione». Perché, stando alla stessa Cassazione, per un Carobbio qualsiasi (considerato un indagato e non un teste), occorre che la sua dichiarazione (per due fatti, come le gare AlbinoLeffe e Siena) sia supportata da elementi esterni alla sua dichiarazione stessa. Per capirci: il «Conte sapeva» di Carobbio non può essere confermato neanche se in Ancona-Grosseto Carobbio dice la verità. Serve, appunto, l’individualizzazione di un terzo su Conte, che qui non c’è. È anche quanto allude il pm Di Martino, quando dice: «Carobbio è credibile perché la maggior parte delle persone che ha accusato hanno ammesso. Dopo di che bisognerà vedere caso per caso». Lo stesso errore di valutazione, Palazzi lo sta commettendo sul filone barese (domani il dibattimento), con le conferme di Lanzafame su alcune gare citate da Andrea Masiello del 2008/09, utilizzate come riscontri sulla credibilità di Masiello in tutti i casi prosciolti e appellati, compresi Bonucci e Pepe.

GLI ALTRI Con il tecnico bianconero (e il suo vice Alessio), saranno in tutto 13 i tesserati in appello e due società. Il Novara (-2) e il Grosseto, condannato alla retrocessione in Lega Pro. Grande attenzione anche per gli altri squalificati del caso-Siena, tra cui Emanuele Pesoli, finalmente vis-a-vis con Palazzi dopo lo sciopero della fame durato 4 giorni.

Auricchio parla di «vera Juve»

di GUIDO VACIAGO (TUTTOSPORT 20-08-2012)

«E QUALCOSA è cambiato grazie a quell’inchiesta anche se certi comportamenti lasciano ancora interdetti. Per chi tifo io? In tribunale l’ho dovuto dire sotto giuramento, un caso unico. Tifo Napoli che dubbio c’è? A Pechino però si è vista la vera Juve...». Pubblicata sul Mattino di Napoli, l’intervista al capo dei vigili urbani della città, Attilio Auricchio, ha fatto rumore più per le considerazioni paracalcistiche dell’ex tenente colonnello dei Carabinieri che per le riflessioni sui veri problemi di Napoli. D’altra parte per la maggior parte degli appassionati di calcio Auricchio è l’uomo delle indagini di Calciopoli, delle quali - durante il processo - sono emersi molti aspetti controversi e omissivi, al punto da far pendere sulla sua testa un esposto denuncia per falso ideologico, abuso in atti d’ufficio e falsa testimonianza firmato da dodici degli indagati. Se l’esposto dovesse avere un seguito sarebbe un’occasione interessante per scoprire perché non erano state brogliacciate le telefonate a discarico degli indagati, perché è scomparso il video chiave del sorteggio e perché non si è indagato su alcune società. E magari anche per capire cosa intende per «vera Juve».

STASERA MOGGI Non mancherà di commentare le frasi di Auricchio uno dei firmatari dell’esposto denuncia, Luciano Moggi, stasera ospite di un’interessante serata organizzata dallo Juventus Club Valdorcia. L’appuntamento è alle ore 18, a San Quirico d’Orcia, dove l’ex dg bianconero sarà protagonista dell’evento “Le mie verità”, condotto dal caporedattore di Radio Radicale (nonché juventilogo doc), Emilio Targia.

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IL COMMENTO

Leonardo, il salvatore

del calcio avvelenato

Il brasiliano ha comprato in Serie A per 148 milioni

La Juve parte favorita ma il caso Conte è pesante

di ENRICO MAIDA (Il Messaggero 20-08-2012)

Prima di cominciare è già successo di tutto in un clima surriscaldato da Caligola, Agnelli, Nerone, De Laurentiis, Lucifero, Zeman, Conte. Verrebbe da dire che le stagioni non sono più le stesse se non fosse che la stagione del calcio somiglia molto all'anno zero e forse anche per questo i nervi sono scoperti e le parole affondano nelle sabbie mobili di una crisi economica di cui non si intravede la fine. I soldi veri, quelli che in teoria dovrebbero fare la differenza, sono arabi o russi con qualche incursione americana, vedi Malcom Glazer, figlio di un immigrato lituano che ha fatto fortuna con i gioielli prima di acquistare il Manchester United.

Certo viene da chiedersi per quale bislacco disegno del destino due tra gli uomini più ricchi del mondo, lo sceicco Mansur e, appunto, il suddetto Glazer, decidano di rovesciare una barca di quattrini a Manchester, che non è esattamente la città dei sogni, ma tant’è: il calcio inglese esercita un fascino tutto particolare che al momento va oltre qualunque tipo di logica finanziaria e il derby di Manchester merita anche quest’anno una locandina speciale grazie alla partecipazione straordinaria di Robin van Persie, approdato alla corte di sir Alex Ferguson dopo avere ascoltato, sono parole sue, i battiti del suo cuore da bambino. Una volta le chiamavano scelte di vita.

Lo shopping arabo del Paris st Germain resta naturalmente il crocevia di un mercato anomalo. Deve essersi divertito non poco il simpatico Leonardo che dopo una onorata carriera milanista e un passaggio volante in casa Moratti si è presentato con il portafogli gonfio dal suo vecchio datore di lavoro, il cavalier Berlusconi, per portargli via Ibrahimovic e Thiago Silva in cambio di 62 milioni di euro. Aggiungete i 31 milioni versati al Napoli per Lavezzi e i 12 garantiti al Pescara per il promettente Verratti (senza dimenticare i 43 acciuffati da Zamparini per Pastore) e tirate le somme: nessuno come Leonardo ha finanziato il calcio italiano.

E’ proprio il caso di stracciarsi le vesti? Fossimo nei tifosi del Milan non ci preoccuperemmo tanto del ridimensionamento imposto da Berlusconi, quanto delle scelte tecniche che possono suscitare qualche perplessità. Senza contare il rischio di puntare su Pato, cavalier servente, dopo le tante disavventure che hanno condizionato il fidanzato di Barbara. Torna in mente Ciccio Cordova, spregiudicato corteggiatore di Simona Marchini, figlia di Alvaro, presidente della Roma che cedette Capello, Spinosi e Landini alla Juve. Altri tempi, altre storie e sicuramente altri finali: le uova marce dei tifosi romanisti resteranno un capitolo unico.

Alla crisi si possono comunque opporre coraggio e fantasia: simbolico, in un certo senso, il gol di Olinga, camerunese del Malaga, che a 16 anni e 98 giorni diventa il più giovane marcatore nella storia della Liga spagnola che riparte senza Guardiola. Il Barcellona, e anche questa è una decisione indicativa dei tempi, lascia la panchina al suo secondo, Vilanova. Si perdono le tracce di Luis Enrique. A proposito di allenatori, sarà bene osservare che i grandi ricchi del pianeta calcio affidano la gestione dei rispettivi investimenti ai tecnici italiani: Mancini al City, Di Matteo al Chelsea, Ancelotti a Parigi, Spalletti allo Zenit. Per non dire di Lippi in Cina e di Capello alla guida della nazionale russa. Qualcosa vorrà pur dire.

Un pronostico sullo scudetto? La Juve sarebbe ancora la più gettonata se non fosse per la vicenda Conte che risulta quanto meno imbarazzante. Perché due omesse denunce sono un’oscenità giuridica per evitare il processo per illecito e comunque dieci mesi di squalifica, a meno di riduzioni che possono essere solo politiche, condizionano pesantemente il gruppo: mai vista una squadra campione d’Italia con un fardello del genere.

La verità è che da molti anni non si vedeva un campionato così incerto e per certi versi pericoloso dal punto di vista della tensione. Juve, Milan, Inter, Napoli e Roma sono al momento sullo stesso piano (e occhio alla Fiorentina se non vende Jovetic). La Lazio è un caso a parte: i mille spettatori presenti all’Olimpico per la partita con il Malmoe sono un segnale che Lotito non può non cogliere. Perché la crisi dei sentimenti è molto più insidiosa di quella economica. Intelligenti pauca.

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Chiedo un minuto di silenzio

di ROBERTO BECCANTINI (EUROSPORT.COM 20-08-2012)

Propongo un minuto di silenzio in onore e alla memoria del silenzio. Non perché sia morto qualcuno, ma perché possa nascere qualcosa. Sabato comincia il campionato e tutti, per giustificare le arrampicate sul pulpito, parlano di «rumore dei nemici». José Mourinho ha lasciato un vuoto e un vocabolario. Ci sono volute le Olimpiadi e gli strilli dei sedicenti eredi per allontanarne l'audio dall'estate del nostro fermento.

Vi domando, sul serio: perché in Italia il silenzio viene considerato uno strumento ambiguo? Perché, se John Elkann non risponde a Zdenek Zeman che ha parlato di Antonio Conte che non parla in attesa di parlare (tiro a indovinare) di Walter Mazzarri che ha replicato ad Andrea Agnelli che aveva chiosato l'ultima di Massimiliano Allegri eccetera eccetera: perché, di grazia, se un dirigente (o un allenatore o un giocatore) si avvale della facoltà di non rispondere passa per colpevole, lassista, senzapalle (tutto attaccato), complice, coda di paglia, pagliaccio, zerbino, ostaggio, succube? Alla Mourinho: por qué?

Gradirei una risposta. La libertà d'opinione è un diritto, ma non un dovere. L'urlo e l'invettiva sono valori da maneggiare con cautela, affinché possano affondare l'unghia del dissenso nella carne viva delle dispute. Se però si urla sempre, il motivo diventa un «motivetto», e tutto finisce sui giornali e, di lì, nel cestino della carta.

Se uno mi attacca e io lo ignoro, per questo sono un codardo? Mi piacerebbe conoscere il vostro parere. Come la storia delle dimissioni. L'ultimo ad averne manifestato il desiderio (postumo) è stato Mazzarri. Mai uno, però, che vada oltre. Maurizio Beretta è presidente dimissionario della Lega di serie A da mesi: appeso a una scrivania, invece che a un muro, prende ordini fingendo di darli. Contento lui.

Ma il silenzio è davvero così turpe, così vigliacco, così prono? Butto lì i confini entro i quali scannarci. Da una parte, Seneca: «Da un uomo grande c'è qualcosa da imparare anche quando tace». Dall'altra, Anna Frank: «La verità è tanto più difficile da sentire quanto più a lungo la si è taciuta». Non escludo di essermi allargato, però volevo rendere l'idea e, soprattutto, lanciare un messaggio. Abbiamo bisogno di riferimenti, non di deferimenti: il bla-bla-bla isterico conduce alla pancia del web, non al cuore del problema. Il silenzio aiuterebbe anche a selezionare gli argomenti che viceversa, strillati, sembrano tutti uguali. Insomma: cosa ne pensate?

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Il caso

Attacchi Juve,

buon segno

di DAVIDE MORGANTI (IL MATTINO 20-08-2012)

Le parole di Elkann, l’ira di De Laurentiis, la rabbia di Mazzarri sono diventati il prologo nervoso del torneo. Pechino, però, ha avuto anche un effetto inatteso.

In questo groviglio di umori, di accuse e di concetti, quella sconfitta ha in realtà legittimato il Napoli come la squadra che la Juventus teme, più dello smarrito Milan e dell’incerta Inter, con la variabile meravigliosa Roma–Zeman a scardinare il sistema geometrico dell’Ovvio. Al di là delle imperfezioni in difesa, il team di Mazzarri si è ritrovato in quest’ultima settimana sulla bocca degli juventini e del suo giovane presidente con una insistenza che denota un’investitura a rivale principale da parte di chi ha ritrovato, dopo anni di detronizzazione e di umiliazione, il potere e la sua irresistibile voglia a esibirlo tutte le volte che se ne presenta l’opportunità. Obama, alle primarie, teme Romney e per questo ne parla con malcelato disprezzo; il pugile che urla durante il controllo del peso all’avversario sta solo dichiarando il suo timore mimetizzando la tensione nella sbruffoneria.

John Elkann, rimarcando il successo della Juve con la Supercoppa, evitando commenti su parzialità arbitrali, insistendo su codici sportivi e olimpici tanto ostentati da tutti quanto poi da tutti sempre disattesi, ha in fondo dichiarato la forza del Napoli, squadra capace di scomposta ed entusiasmante adrenalina, quanto di ripetitività di schemi di gioco, e per questo variabile pericolosa all’interno di quel grafico che segna accuratamente il potere che va sotto il nome di classifica. Quando, verso la metà del campionato, i giornalisti parlano dei soliti valori che alla fine vengono fuori, non si sta parlando altro che di potere; e il Napoli, se proviamo a drenare torti e diritti, è da qualche anno sempre più riconosciuto come una squadra capace di raggiungere la cima del Monte Sinai; secondo le parole di Angelo Fiore, in uno dei suo romanzi «la coscienza del mio valore mi esalta. Tuttavia cerco di sistemarmi o meglio di porre fine all’incertezza del mio stato. E voglio il benessere: la povertà non mi sgomenta, ma aspiro all’agiatezza».

Dall’indigenza della serie C, sono arrivati a una condizione di prosperità per cui il Napoli non deve più sentirsi Calimero alla corte del re, perché se ci stai seduto significa che di quel banchetto ne sei già parte. Comunque, leggendo i «paradossi» di Elkann abbiamo assistito a un battesimo, anche se fatto con il veleno. E’ chiaro che nessuno, ad agosto, può dire con certezza che il Napoli vincerà lo scudetto, parola innominabile come la morte nei discorsi a tavola ma che sarebbe ora di mettere in circolazione perché tacerla non ha portato a nulla; però leggere le dichiarazioni della dirigenza juventina o gli «aforismi» su twitter di Pepe o certi insulti dei tifosi bianconeri, fanno venire il sospetto che il Napoli sia davvero una squadra capace di poter salire sul podio, perché chi non temi resta sul fondo della tua distrazione. L’amarezza, quindi, che i tifosi napoletani hanno patito in questi giorni, dovrebbe diventare consapevolezza del proprio potere e smetterla, quindi, di voler ancora credere che l’Uomo Ragno abbia le vertigini quando passa da un palazzo all’altro, dal momento che si muove meglio tra i grattacieli che in strada.

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“The Football Crash”:

are footballers the bankers of modern sport?

by MUSA OKWONGA (The INDEPENDENT BLOGS 20-08-2012)

For some time now, the headlines about footballers’ wages have seemed oddly familiar; and, with the publication of a new report, the analogy has finally become clear. These athletes, with pay packets beyond the imagination or comprehension of the average working person, appear to be the bankers of modern sport.

Dave Boyle, the author of The High Pay Centre’s new report “Football Mad: Are We Paying More for Less?”, writes that “since the creation of the Premier League in 1992, top footballers’ salaries have mushroomed, rising by 1508% to 2010. Over the same period average wages [i.e., those of the ordinary UK worker] increased by just 186%.” Moreover, he notes that “the amount spent by clubs on wages has also increased dramatically. The percentage of turnover spent on players has increased, from 48% of turnover in 1997, up to 70% in 2011.”

These superheated salaries, continues Boyle, have hit the ordinary fan particularly hard. “Fans are now paying up to 1000% more to watch their teams play, all in order to support their club’s gargantuan wage bills,” he writes. “Fans watching at home are similarly seen as a captive market, whilst those who want to watch at the pub are paying more – or finding their local can’t afford it, given the 10,000% increase in pay TV subscriptions.” Perhaps most alarming is his observation that “since 1992, over half of England’s professional football clubs have been formally insolvent. Most only survived because the wider community received less of what they were owed in order to ensure players continued to get all of what they were promised.”

But why does this matter? Who cares about inequality of pay? After all, pubs were packed for this summer’s Euro 2012 tournament. The new season has begun in spectacular fashion, sweeping aside the last traces of Olympic fervour with a series of wonderful goals. And so what if many clubs are living beyond their means? People are prepared to shell out substantial sums in support of their teams, whose adventures offer an experience that they can’t find anywhere else. There is also the fact that the overwhelming majority of elite players have come from poor backgrounds against severe odds, and, so the argument goes, are entitled to the windfalls that come from their very short careers at the top of the game. Most of these players – contrary to the unfavourable contrasts drawn between them and Olympians – are diligent and quietly professional, which is why most of them never make it into the papers.

Strong as these contentions may be, they do not satisfactorily address two of football’s greatest problems: an increasing lack of competitiveness, and of sustainability. The Premier League is much-heralded for the possibility that any team is able to beat any other: however, a closer look at the statistics gives the lie to this assertion. In the last three seasons, the bottom three teams in the league have beaten the top three teams in the league in only 7% of the matches that they have played against each other, scoring 41 goals in those 54 games whilst conceding 151.

So what, fans might say: the football, such as Manchester City’s title-winning 3-2 victory against QPR on the last day of last season, is still thrilling. And they’d be right. On the whole, supporters have accepted, if somewhat grudgingly, the predictability of league finishes. The compelling problem relates to the health of the game itself. Directors, instead of ensuring its long-term future, are chasing quick results, desperate for same-season gratification. Accordingly, revenues are not flowing down to football’s grassroots; they are not even trickling down. They are evaporating.

It is tempting, at a time like this, to look enviously at Germany. There, notes the report, “clubs are owned by their supporters, who must control at least 50+1 % of the votes within a club. That ensures a degree of accountability to fans (which works to keep ticket prices lower) and has prevented oligarchs and other wealthy individuals taking over clubs.” There is, of course, nothing inherently wrong with a wealthy individual’s takeover – you will not hear many complaints from Chelsea or Manchester City fans, for example – but the question becomes a more vexed one when those individuals, as in the cases of Portsmouth, Malaga and Manchester United, have financial goals that are at variance with the club’s best interests.

It seems that, both on and off the field, Germany get it. Their clubs perform well, if not exceptionally, in Europe; their domestic league remains reasonably competitive, and their ticket prices remain cheap. Moreover, they invest heavily in their coaching talent, as Boyle points out: “the ratio of coaches to players in Germany is 1 to every 150 players whereas in England it is 1 to 812…whilst the German FA makes qualifications mandatory, our own FA sets them as ‘aspirations’ for improvement.”

The message from Boyle’s study is clear: just as we had a financial crash, we may soon have “a football crash”. Football is developing a serious case of tooth decay: however, even as the game is crying out for a round of root canal surgery, we keep on feeding it bowlfuls of sugar. Sooner or later, this diet is really going to hurt.

___

Exploding the myth:

there IS value in the market

by RORY SMITH (the game blog - THE TIMES 20-08-2012)

Michu scored 15 goals in La Liga last season, while playing for an unfashionable, poverty-ridden side in which the players felt such fury at the financial maelstrom which was threatening to engulf the club that they went on what is known in Spain as a “Japanese strike”: they went into work and they worked harder and better than ever before. He cost £2 million when Swansea bought him this summer.

Mladen Petric has scored goals throughout his career. Never in wondrous amounts, but consistently, reliably. He managed one in every two games at FC Basle in Switzerland and in a brief stint at Borussia Dortmund, and then he grabbed one in every three appearances in four years at Hamburg. He was released on a free this summer.

There are more examples: Riccardo Montolivo, impressive for Italy at Euro 2012, joining AC Milan for nothing from Fiorentina. Tranquillo Barnetta, a Swiss international winger of some considerable pedigree, leaving Bayer Leverkusen and going to Schalke, for free. Cristian Zapata, made available for loan by Villarreal.

There is a myth in English football, a pervasive and a perilous one, that there is no value in the summer transfer market; an authority as undoubted as Sir Alex Ferguson has even expressed as much, though the suspicion lingers that the game’s great knight only bought into the story because it suited his, and Manchester United’s, ends. It is, though, untrue. There is plenty of value in the market. You just have to know where to look.

At this point, it would be easy to cite the example of Newcastle, to cast Graham Carr, that club’s chief scout, as some sort of footballing mix of Martin Lewis and Moses, guiding his people into the promised land of bargain prices. But while many of Carr’s signings have been wondrous successes, that they have done so well in the Premier League should not really be a surprise. There is nothing miraculous about the captain of the French champions becoming an excellent midfield player in England, or signing a regular scorer of goals in the Bundesliga and seeing him score goals in the Premier League. That’s not having a magic touch. That’s having Eurosport.

And yet still, clubs voluntarily diminish their potential pool of recruits through nothing but their own obstinacy, refusing to believe that Carr’s great success – possessing even a modicum of common sense – can be replicated elsewhere. Of course it can.

Across Europe, prices are down. For now, the Premier League appears to be inured to it, but on the continent, recession is biting. In Spain, most teams outside of the old firm of Barcelona and Real Madrid do not so much as have shirt sponsors; in Italy, even Adriano Galliani, once the bombastic consigliere of AC Milan, has felt moved to recast himself as a balding Billy Beane. Lyon, once perennial French champions, want to cut their wage bill; only Paris Saint-Germain have any funds whatsoever. Money is short, and that means that prices are down.

Only a handful of managers and chairmen in the Premier League seem to have noticed. Still, they insist that there is no value in the market. And there isn’t, if you look at the market they seem determined to restrict themselves to: the domestic one, where Wolves are asking £11 million for Matt Jarvis, a winger with – at most – one good half season behind him, and even more than that for Steven Fletcher.

The natural defence for this, of course, is that Wolves – and every other club – have every right to demand a premium for their players. The Premier League vultures can afford it, after all.

Well, yes and no. Transfer spending in England is a bubble, just like the one in housing. It will not go up forever, and we have now reached a stage where clubs are no longer prepared to shell out whatever price in the mistaken belief that the good times will never end. That’s why we’re currently £200 million or so down on transfer spend from last year. The recession might not be biting just yet, but it’s breathing down our necks.

This has two consequences. The first is that it means that there is no fluidity in the market: whereas Team A might buy Player B from Team C if the price was £5 million, they won’t give them a penny if the cost is a non-negotiable £10 million. In fact, if they’re smart, they might go to Team N-With-A-Squiggle, in Spain, and get a better player for £2 million. This snarls up football’s economic mechanism, and can, potentially, have dire consequences down the leagues.

It also means that, by protecting and inflating the value of domestic players, their careers are, in a sense, jeopardised. Maybe if Jarvis cost £5 million, a better side may take a chance on him. Maybe they would play him, and maybe he would improve, and maybe we would have another English player capable of cutting the mustard at the top level. We may well never know, because he will be marooned at a lower-league club; many others are left stranded at mid-tier Premier League sides, ignored in favour of foreigners who offer better value for money, never getting the chance to better themselves. English football is what suffers, in the long run.

This seems idealistic, and it is, in a way. But football is a closed industry. Clubs are competitors, but they are also entirely reliant on each other’s existence, and continued success. They have to think about long-term benefits, for the country, for their own finances, rather than short-term greed. Then, one day, maybe we will have value in the market, too.

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