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CRAZEOLOGY

K A L C I O M A R C I O! - Lo Schifo Continua -

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La sfida impossibile di

Palazzi contro Bonucci

Le tre versioni di Masiello, i soldi che non ci sono e la telefonata inesistente a Pepe. Ecco i punti su cui la Procura Federale dovrà convincere la Corte di Giustizia per ottenere la condanna dei due juventini

di GIOVANNI CAPUANO (PANORAMA.IT 14-08-2012)

E' una montagna impervia quella che il procuratore federale Palazzi dovrà scalare se vorrà ribaltare il giudizio della Disciplinare su Pepe e Bonucci. L'impugnazione del proscioglimento dei due calciatori non è una mossa a sorpresa, anche se ambienti vicini alla Procura federale avevano lasciato intendere che tra le opzioni ci fosse anche quella di 'mollare' i due bianconeri insieme a Salvatore Masiello, Belmonte, Di Vaio, Portanova e gli altri al loro destino concentrandosi solo sul filone cremonese dell'inchiesta. Alla fine ha prevalso la certezza di poter cambiare il verdetto della Disciplinare anche se le motivazioni del proscioglimento rappresentano uno scoglio durissimo da superare.

I giudici del primo grado hanno infatti minato alla radice l'impianto accusatorio di Palazzi ereditato dalle carte arrivate in via Po dalla procura di Bari. "Dichiarazioni in alcuni casi non veritiere, in altri non provate e in altri ancora smentite da quanto in atti" hanno scritto relativamente ad Andrea Masiello, il pentito che con le sue contraddizioni ha messo in crisi la Procura federale. Vale la pena, però, guardare dentro le motivazioni per capire quali sono i punti su cui Palazzi deve puntare se vuole uscire dal processo d'appello con una condanna per Bonucci e Pepe. Il ricorso si basa sulla convinzione che Masiello sia credibile e che la sua credibilità sia certificata dal contenuto delle sue dichiarazioni al Gip e ai magistrati di Bari successive al suo arresto. Parole che secondo Palazzi non sarebbero in contraddizione con quelle precedenti e, dunque, confermerebbero l'avvenuta combine in Udinese-Bari 3-3 del 9 maggio 2010.

Un percorso non semplice da percorrere perché Palazzi dovrà convincere i giudici della Corte di giustizia federale a rivedere il pronunciamento dei colleghi della Disciplinare in tre punti fondamentali:

TRE VERSIONI SU OBIETTIVI E MODALITA' DELLA COMBINE - Masiello si contraddice fornendo tre versioni differenti su obiettivi della combine e modalità di comunicazione della stessa ai compagni di squadra. "Dichiarazioni non credibili non essendo univoche e certe" argomenta la Disciplinare e ricorda, ad esempio come sia risultato "non corrispondente al vero" che Andrea Masiello abbia parlato con Bonucci in spogliatoio essendo quest'utimo in ritiro con la Nazionale per uno stage pre-Mondiale. La seconda e terza versione, compresa quella fornita il 10 luglio alla Procura Federale perdono di credibilità anche perché confutate dalla testimonianza dello stesso Bonucci che colloca se stesso e Masiello "distanti almeno sette o otto file" sul pullman con cui la squadra raggiunge l'aeroporto di Bari per volare a Udine. E' il momento in cui Masiello racconta (nelle versioni successive) si aver agganciato Bonucci proponendogli la combine. L'Ufficio inchieste mostra già in fase di interrogatorio di ritenere credibile la "rigidità di assegnazione posti" sul pullman come prassi nelle squadre di calcio durante i trasferimenti.

NON ESISTE ALCUN PASSAGGIO DI DENARO - Ammesso che la combine sia stata realizzata e il gruppo abbia vinto perché pareggio c'è stato e pure con tanti gol, chi ha incassato i soldi? Sicuramente Andrea Masiello cui De Tullio, operatore nel settore delle scommesse, gira un assegno da 8.000 euro di cui 2.000 girati al factotum Iacovelli. Non risultano, invece, pagamenti a nessun altro dei soggetti coinvolti. Lo stesso Masiello spiega di non sapere se gli altri "hanno preso i soldi o no" e di non aver "chiesto nulla anche dopo la partita". I giudici della Disciplinare obiettano: "Appare poco credibile, se non inverosimile, che i presunti sodali di Andrea Masiello, dopo aver aderito alla proposta di combine e dopo aver ottenuto sul campo quel pareggio che sarebbe stato predeterminato a tavolino, non si siano interessati in nessun modo alla presunta vincita". Lo scrive in realtà anche il Gip di Bari Giovanni Abbattista a pagina 74 dell'ordinanza cun cui dispone l'arresto di Masiello. E De Tullio nega con forza di aver dato soldi ai giocatori.

LA TELEFONATA INESISTENTE - E' il contatto tra Salvatore Masiello e Pepe in cui il gruppo di Bari avrebbe proposto la combine al giocatore dell'Udinese ricevendo un netto rifiuto (senza però denuncia e da qui il deferimento per il centrocampista oggi alla Juventus). I giudici argomentano che dell'esistenza di questa telefonata "non vi è alcuna prova oggettiva" e anche sul contenuto ci sono due versione discordanti. Andrea Masiello infatti il 15 marzo 2012 racconta ai magistrati di Cremona che Salvatore Masiello avrebbe chiamato Pepe "chiedendogli se voleva acquistare una Ferrari", mentre alla Procura Federale (10 luglio 2012) si corregge e dice: "Ricordo che dopo i saluti di rito gli chiese se voleva vendere una Ferrari". Nessuno conferma la telefonata di cui non c'è traccia nei faldoni e anche se fosse avvenuta, dicono i giudici della Disciplinare, "non è verosimile ritenere che dal contenuto Pepe possa aver inteso dell'esistenza della presunta combine".

Tre macigni che Palazzi dovrà spostare dalla sua strada per dimostrare l'avvenuta combine in Udinese-Bari e riuscire così a condannare Bonucci, Salvatore Masiello e Belmonte per illecito e Pepe per omessa denuncia. Il pasticcio sul patteggiamento con derubricazione e super-sconto offerto in extremis davanti alla Disciplinare non depone a favore del procuratore la cui debolezza su questa gara è parsa evidente sin dal primo momento. In fondo nelle carte non solo non esistono conferme certe all'impianto accusatorio, ma addirittura le parole (giudicate di "rilevanza decisiva") di De Tullio e Carella, due dei soci di scommessa di Andrea Masiello, secondo cui non vi fu alcuna combine. "Quella partita se l'è inventata lui" ha detto De Tullio con conferma di Carella: "La partita si vedeva che non era organizzata".

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L’ouverture ammuffita del pallone nostrano

La cerimonia inaugurale dei Giochi del Bel Paese è stata la sceneggiata napoletana di Pechino. C'è poi la disfida Juventus-Zeman con Conte al centro e gli ignobili urli razzisti di Varese contro il bomber di casa Ebagua

di TONY DAMASCELLI (IL VOSTRO QUOTIDIANO.it 14-08-2012)

Sento un puzzo che cresce, aumenta, ammorba sempre di più. Arriva dal pallone nostrano ammuffito e tossico. Il calcio italiano continua a farsi riconoscere in ogni dove, Pechino e la sceneggiata napoletana hanno rappresentato la cerimonia inaugurale dei Giochi del Bel Paese.

Poi sono incominciate le competizioni, la squalifica di Conte ha permesso ai giornalisti di stuzzicare il signor Zeman, il quale già in precedenza aveva firmato, tra gli applausi del popolo, una maglietta con una frase bellissima “Odio la Juve!!!”, tanto per ribadire un concetto risaputo. Il siculo boemo che veniva chiamato “U’ mutu” da suo zio Cestmir Vycpalek, vincitore di due scudetti rubati, secondo la teoria del nipote, il tecnico della Roma, dicevo, ha dichiarato che secondo lui un allenatore che viene squalificato per più di tre mesi non dovrebbe continuare ad allenare, dunque a lavorare. Non so se il criterio etico da applicarsi alla squalifica sia come il latte, a scadenza: meno di tre mesi tutto ok, se si va oltre i novanta giorni allora fuori, via, smamma da questo mondo di onesti e puri. La Juventus ha replicato per voce del suo direttore generale Marotta che ha ricordato al boemo di badare ai fatti suoi e di spiegare, se proprio insiste, quel famoso Lecce-Parma, finito sotto inchiesta, con l’allenatore medesimo fumante e di spalle ai contendenti avendo capito, forse, chissà U’ mutu è stato zitto in tribunale, che qualcosa di losco ci fosse dentro.

Poi a confortare questo clima da discarica si sono messi gli ultras del Varese che hanno “uheggiato” con cori razzisti contro Ebagua durante la sfida del secolo contro il Ponte San Pietro che ha risposto mostrando il dito ai suddetti, rivedendo il famoso detto latino in medio stat virtus. Ora, direte voi, che altro può accadere? Beh, rispondo io, siamo soltanto alle fasi iniziali delle Olimpiadi calcistiche italiane. Dobbiamo prepararci al peggio, l’insulto e la violenza, verbale e fisica, sono ingredienti ormai naturali, sono saltate le marcature, non quelle in campo, ma nella vita quotidiana, va da sé che il football rappresenta la valvola di sfogo, la latrina dove scaricare ciò che si ha in testa e in corpo.

Non vedo soluzioni diverse, si andrà avanti tra una minaccia e l’altra, le trasmissioni radiotelevisive aggiungeranno veleni e volgarità, il nostro meraviglioso pubblico si distinguerà da Nord a Sud, Isole comprese. L’Italia cerca di recuperare tra le grandi d’Europa, il premier Monti si impegna, Draghi ci difende, Napolitano ci tutela, il Papa ci benedice. Poi l’arbitro fischia e vanno tutti a spalare il mare. Ho scritto il mare. Ma volevo dire…

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Match fixers face 10 years in jail under new laws

by SEAN NICHOLLS (The Sidney Morning Herald 14-08-2012)

MATCH fixing, race fixing and other forms of corruption in sport will be punishable by up to 10 years in jail in NSW under new laws on cheating at gambling.

NSW will be the first Australian jurisdiction to enact the laws, amid calls for state and federal governments to toughen their oversight of sport following allegations in the Herald last week of race fixing.

Under the proposed legislation, a penalty of up to 10 years' imprisonment would apply to anyone who intentionally fixes or influences the outcome of a sporting event for financial benefit, including bookmakers, officials, players and jockeys.

The laws, to be introduced to the NSW Parliament shortly, will cover ''match-fixing behaviours'' agreed by a standing committee of federal, state and territory attorneys-general in November.

They include deliberate underperformance, withdrawal from a contest and intentional misapplication of the rules by referees, umpires or officials.

Other behaviours guiding the legislation include use of insider information, accepting or offering a bribe or other benefit and bookies taking bets on an event they know has been fixed.

The NSW Sports Minister, Graham Annesley, told the Herald there was ''no bigger threat to the integrity of sport'' than match fixing. ''This legislation will ensure anyone involved in the industry is sent a very strong message about the risks and consequences,'' he said.

The Racing Minister, George Souris, said the new laws were ''essential for a safe, transparent and legitimate market in sports and racing betting''.

The legislation responds to the recommendations of a NSW Law Reform Commission report on match fixing tabled in Parliament a year ago by the Attorney-General, Greg Smith.

The report was commissioned by the former Labor government following a scandal over a betting plunge on a rugby league match between Canterbury and North Queensland in 2010.

It found sports betting has become a large industry in Australia and it was ''essential'' appropriate criminal offences be in place to combat cheating and corruption.

While the O'Farrell government will take up the commission's recommendation on the new penalties, it would not comment on its view of another recommendation.

The commission found the regulatory environment in NSW ''unduly complex'' and urged the government to consider the creation of a new central gambling authority to replace the Office of Liquor, Gaming and Racing and the Independent Liquor and Gaming Control Authority.

Last week, the Herald revealed details of a police investigation into Australian racing figures, including leading jockey Danny Nikolic, for alleged race fixing involving a horse called Smoking Aces.

Racing figures are alleged to have fixed a race in Victoria last year by arranging for two jockeys to ride in a way that would reduce the favourite's chances of winning and boost Smoking Aces's chances.

The alleged fix is estimated to have netted participants $200,000. Nikolic has declined to comment.

On the weekend, The Sun-Herald revealed the concerns of greyhound owners, trainers and breeders about the industry, including allegations of race fixing and money laundering.

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La serata nera di Pechino, i cartellini rossi, gli eccessi

dell’arbitro Mazzoleni visti dal senatore con il cuore azzurro

Quagliariello:

«Danni da stupidità»

di ANTONIO FIORE (Corriere del Mezzogiorno - Napoli 14-08-2012)

NAPOLI — «Quello che è successo sabato scorso sul campo di Pechino mi ha avvelenato per due giorni». Al terzo giorno, però, il senatore Gaetano Quagliariello, senatore Pdl, prova a disintossicarsi, mettendo in mostra una calma olimpica pari a quella che esibisce a Linea Notte quando Bianca Berlinguer gli toglie la parola perché il tempo a sua disposizione è scaduto: senatore, a proposito di Napoli-Juve finita come è finita se la sente di parlare di complotto anti-partenopeo? «Io non sono mai per i complotti. Penso però che quanto abbiamo visto sul campo sia una prova della stupidità umana».

Si riferisce per caso all'arbitraggio del signor Mazzoleni di Bergamo?

«Certo, e l'ho anche scritto sulla mia pagina Facebook: A volte un arbitro cretino può essere peggio di un arbitro venduto».

Quindi esclude che l'arbitro abbia volontariamente orientato il match a favore dei bianconeri?

«Io dico che, come in tutti i campi, anche su quelli di calcio le cose vanno gestite seguendo il regolamento, ma senza mai dimenticare il buonsenso. Se tu concedi un rigore che palesemente non c'è, nel momento in cui ti rendi conto di aver ingiustamente calcato la mano nei confronti del Napoli dovresti almeno evitare di danneggiare ulteriormente la squadra: cosa che è invece avvenuta con il rosso diretto a Pandev, l'episodio che si è rivelato poi decisivo nel falsare la partita e il risultato finale. Di più: che ha trasformato un momento di festa in un'inutile gara tra recriminazioni e accuse».

Un rigore un po' fantasma, due frettolose espulsioni (anzi tre con quella del mister Mazzarri): fino al campionato scorso il Napoli era la squadra-simpatia, adesso sembra che il vento sia cambiato, e che sia iniziata la fase dell'accanimento giudiziario. Che cosa è successo?

«È successo che quando si diventa più forti si paga sempre uno scotto. Oggi il Napoli non è più il simpatico outsider di qualche stagione fa, ma una compagine protagonista. Questo deve spingere i giocatori e la società a resettarsi, a sintonizzarsi su una nuova lunghezza d'onda nell'affrontare le situazioni che via via si presenteranno sul suo cammino».

Sta dicendo che la scelta di disertare per protesta la cerimonia di premiazione è stata un errore? Fosse stato al posto di De Laurentiis avrebbe deciso anche lei per l'Aventino?

«Io alla premiazione ci sarei andato. E dico ciò con convinzione ancora maggiore dopo aver visto domenica la dignità con cui il pugile Cammarelle ha affrontato alle Olimpiadi di Londra un verdetto negativo che lo ha ingiustamente privato della medaglia d'oro. Partecipando alla cerimonia di Pechino, i giocatori del Napoli avrebbero ulteriormente rimarcato l'antisportività e l'assurdità della situazione».

Gli assenti hanno sempre torto, come in Senato.

«Sì, e si capisce anche dai commenti di gran parte della stampa non napoletana. Secondo la quale, visto che all'arbitraggio sfavorevole avrebbe fatto seguito un comportamento poco corretto, tutta la faccenda si sarebbe conclusa con un salomonico pareggio. Proprio per evitare una valutazione del genere ci sarebbe stato bisogno da parte della società di una maggiore freddezza: anche se mi rendo conto che a caldo, sull'onda della legittima indignazione, certi ragionamenti è difficile farli».

Insomma, dopo Pechino il Napoli rischia di disperdere quel capitale di ammirata simpatia che le ultime stagioni gli avevano consentito di raccogliere anche lontano dal San Paolo?

«Questo no, il calcio ha questo di bello: che ogni volta si gira pagina. E del resto gli azzurri, soprattutto con calciatori-modello di comportamento come Cavani o Insigne, sprizzano simpatia da tutti i pori. Ma, ripeto, il rango da protagonista ormai conquistato dal Napoli deve fargli mettere nel conto che anche in campionato non avrà certo un trattamento di riguardo, e che sarà un "osservato speciale" lungo tutto il torneo. D'altra parte sarà bene farsi sentire nelle sedi ufficiali: prima ho citato lo spirito delle Olimpiadi, ma lì finita l'ultima gara se ne riparla dopo quattro anni. Qui la storia è diversa, e spero che serva di esperienza non solo al Napoli ma ai designatori arbitrali: il primo metro di giudizio deve essere il buonsenso, la maniera in cui si porta a termine una partita».

Quagliariello ottimista sul futuro del Napoli più di quanto lo sia su quello del governo Monti?

«Lo vedremo dalle squalifiche che verranno comminate. Spero che chi dovrà deciderle tenga conto non solo delle tante e fondatissime attenuanti, ma anche della circostanza che l'incontro di Pechino era un evento del tutto esterno al campionato, il cui corso non può dunque venire alterato dai "cartellini" affibbiati sabato. E una riflessione generale andrebbe fatta anche sulla sacrosanta denuncia di Zeman: come è possibile che un allenatore sospeso per dei mesi continui comunque a guidare la squadra anche se non dalla panchina, come nel caso di Conte, mister della Juventus? Però un'ultima cosa a De Laurentiis devo proprio dirla, e non riguarda la mancata partecipazione alla cerimonia finale...».

Dica.

«Presidente, a noi serve uno in difesa. Ogni volta che Cannavaro esce, la difesa balla. Glielo dico come consiglio da parte di uno che come tanti tifosi nutre comunque per lei un sentimento di riconoscenza: perché dopo tanti anni di silenziosa sofferenza possiamo almeno tornare a incazzarci».

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L’analisi

Troppi errori, compresi quelli azzurri

di RAFFAELE AURIEMMA (Corriere del Mezzogiorno - Napoli 14-08-2012)

Viaggiare, sbagliare. Il senso duplice dell'errare humanum est è racchiuso in quella Supercoppa giocata a Pechino: «partita» piena di errori. E quando ce ne sono spudoratamente troppi, le responsabilità non ricadono mai da una parte soltanto. Ammettiamolo, in questa storia nessuno può appropriarsi del candore di scagliare la prima pietra, nemmeno il Napoli che con un ritardo confessato anche dal presidente De Laurentiis ha dichiarato che fu una leggerezza dire di sí alla faticosa trasferta asiatica. Il dietro front solo accennato ha avuto come effetto di scatenare le ire della Lega Calcio, preoccupata dei contraccolpi che avrebbe provocato la diserzione del Napoli nei rapporti con la potentissima Uvi, pronta a portare in Cina la finale di Supercoppa per altri tre anni. Diciamo pure che questa macchia ha condotto il Napoli alla sfida contro la Juve in una posizione di debolezza, cioè quella condizione che induce gli esseri umani a cadere in fallo. Ed è qui che entra in gioco il gruppetto di arbitri designati per dirigere Napoli-Juventus a Pechino, prima sfida italiana ad adottare anche quelli di porta, per un totale di sei tra direttore in campo, assistenti di linea e di porta, oltre al quarto uomo. Mazzoleni, Rizzoli, Tagliavento, Bergonzi, Faverani, Stefani: con il meglio della classe arbitrale si poteva star tranquilli. O no? Purtroppo non è andata cosí e l'esperimento è naufragato nel mare della modernizzazione di un calcio, quello italiano, ancora condizionato da regole troppo elastiche e facilmente eludibili da chi pensa di trarre profitto in maniera illecita. I sei arbitri in campo non sono stati inversamente proporzionali agli errori commessi, ma hanno prodotto l'equazione di raddoppiarne il numero. Tristemente, aggiungerei, perché sarebbe sufficiente adeguarsi al principio attivo dello strumento tv per azzerare il numero di sviste in campo. E con esso anche i costi per potenziare l'organico degli arbitri da mandare su tutti i campi della serie A. Si voleva esportare a Pechino la vetrina luminosa dell'italico calcio, invece è andato in scena soltanto il peggio che rischia di tracimare nel campionato che avrà inizio tra meno di due settimane. Mazzoleni che va in affanno e comincia a tirare fuori cartellini a casaccio ed a sfavore della squadra che aveva lasciato nella mente di tutti l'idea dei guastafeste. E poi, assistenti (Stefani) che da un orecchio sviluppano i superpoteri dell'udito bionico per espellere Pandev, mentre dall'altro accettano offese in ogni lingua senza comprenderne il senso. Ma non va trascurata la diserzione del Napoli dalla cerimonia di premiazione e dalla conferenza stampa, condivisibile come sistema di tutela dei tesserati per evitare loro pericolose considerazioni a caldo, ma eticamente scorretto perché il vincitore va sempre applaudito. Domanda finale: bisognava fare tutti questi chilometri per mostrare anche all'estero ció che dalle nostre parti è consuetudine? Se poi, come precisa De Laurentiis, giocandola in Italia ci sarebbero stati introiti anche maggiori, allora sí che il gioco non è valso nemmeno la candela. Errare humanum est...

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IL CASO DA VIA ROSELLINI TRASPARE AMAREZZA PER LE CRITICHE DEL PRESIDENTE DEL NAPOLI SULL’ORGANIZZAZIONE DELLA SUPERCOPPA A PECHINO

Lega: «De Laurentiis, accuse ingenerose e infondate»

di MARCO IARIA (GaSport 14-08-2012)

«Critiche ingenerose e infondate». La Lega di Serie A replica così all'attacco di Aurelio De Laurentiis che, dopo aver ritirato il Napoli dalla cerimonia di premiazione della Supercoppa, ha sparato a zero contro l'arbitro e gli organizzatori.

I cinesi De Laurentiis: «Sono rimasto deluso dall'organizzazione cinese. Io amo questo Paese ma certe manifestazioni meritano altro». La Lega ricorda che la United Vansen Sports è un partner «affidabilissimo» avendo riempito per tre edizioni uno stadio, il Nido d'Uccello di Pechino, non abituato a eventi calcistici. Garanzie ai massimi termini: la Uvs ha pagato in anticipo, interamente, il compenso pattuito di 3,3 milioni di euro da suddividere tra le finaliste, assicurando almeno un altro milione in servizi. Già perché tutte le spese della trasferta sono state coperte dagli organizzatori che si sono pure fatti carico della rizollatura del campo, laddove fino a un mese fa c'era una lastra di cemento. E poi l'affidabilità: in un sistema burocraticamente complesso come quello cinese, la Uvs è andata incontro agli italiani in tutte le loro esigenze. Esempio: era stata fornita una lista di 10 hotel a cinque stelle tra cui scegliere, il Napoli non ne ha trovato uno di suo gradimento, ha chiesto il Park Hyatt ed è stato accontentato.

La tv De Laurentiis: «Sarà molto difficile verificare le azioni incriminate, perché l'evento è stato affidato alla Rai e la Lega avrebbe dovuto pretendere le medesime tecnologie di Sky». La Lega rammenta che i diritti sono stati assegnati alla tv di Stato (peraltro all'interno del pacchetto della Coppa Italia) al termine di una procedura competitiva; che la produzione è stata curata da Beijing Television, la seconda emittente cinese; e che lo standard era identico a quello di anticipi e posticipi di A (14 telecamere) con facoltà per i broadcaster di integrare altre riprese.

La Lega De Laurentiis: «La Supercoppa non vale niente, è solo una festa pacchiana per i 40 delegati inviati in Oriente». Via Rosellini sforna i numeri. Oltre ai club, la delegazione italiana era composta da 37 persone, le cui spese sono state pagate da Uvs, come da contratto: 7 del team arbitrale, 3 dell'antidoping, 2 della procura federale, 10 in rappresentanza dei partner della Lega e 13 funzionari della Lega (più presidente e d.g.), ognuno con un compito specifico.

I guadagni De Laurentiis: «In Italia avremmo incassato una decina di milioni di euro, invece che una manciata di yuan». Tra diritti tv e ingaggio cinese, il guadagno netto è stato di 4 milioni. In Italia, ad agosto, sarebbe molto complicato arrivare a tanto, tenuto conto pure dei costi. La Lega fa poi notare che andare in Cina, dove 425 milioni di famiglie seguono la tv, rappresenta un vantaggio per tutto il calcio italiano, tanto che — per una volta — sono le altre leghe europee (spagnola e tedesca) a imitarci.

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Il caso Dopo le critiche del patron azzurro De Laurentiis la rappresentanza associativa fa il punto sulla trasferta a Pechino

La Lega: «Supercoppa, organizzazione ok»

«Ai due team oltre un milione a testa e costi coperti. Un intoppo nel trasferimento allo stadio»

di ROBERTO VENTRE (IL MATTINO 14-08-2012)

Dopo le critiche del presidente De Laurentiis all’organizzazione, dalla Lega filtra il messaggio che tutto è stato fatto al meglio. La Supercoppa ha fruttato a Napoli e Juventus tre milioni, pagati in anticipo dagli organizzatori cinesi. Da aggiungere 300mila euro da dividere tra le due società per eventi aggiuntivi. E poi la copertura di spese e costi: il viaggio andata e ritorno in classe business per 60 persone a squadra, cinque giorni di soggiorno gratis in albergo. Un evento che, sempre secondo quanto filtra dalla Lega, difficilmente in Italia, con i diritti tv già venduti, avrebbe potuto fruttare di più anche con un’eventuale doppia sfida di andata e ritorno considerando il periodo e le spese inerenti all’organizzazione di una partita.

A giudizio della Lega il modello organizzativo sperimentato da anni ha funzionato: lo stadio a Pechino era pieno e c’è stato il ritorno d’immagine per il nostro calcio. Una macchina che, come in altre edizioni ha assecondato, pur in una situazione complessa come quella cinese per via della burocrazia, tutte le richieste last minute della società, compreso il cambio del campo di allenamento richiesto dal Napoli. Il problema del trasferimento allo stadio di De Laurentiis, c’è stato un intoppo del quale la Lega ha già chiesto conto agli organizzatori cinesi. Le delegazioni si sono mosse in carovana con la scorta della polizia lungo il viaggio, la Juventus e gli arbitri non hanno avuto problemi. Pur capendo la delusione del Napoli l’epilogo finale della mancata partecipazione degli azzurri alla cerimonia è stato definito come l’ultimo pezzetto mancante a una serata riuscita.

Per quanto riguarda la ripresa Tv i diritti della Supercoppa sono stati aggiudicati dalla Rai con regolare bando insieme a quelli della coppa Italia e si è registrato un incremento del cinquanta per cento in più all’edizione scorsa di Pechino. La partita è stata prodotta dalla Lega dando il servizio in appalto a Beijing Tv, Telepechino, che copre metà Cina, tecnicamente l’evento è stato trattato come anticipi e posticipi serali, una trasmissione standard con la copertura di 14 telecamere Le due edizioni precedenti sono state riprese da CC Tv Rai ma, sempre dalla Lega, fanno sapere che questa è stata la migliore edizione dal punto di vista delle riprese e dei replay. Gli organizzatori cinesi hanno pagato le 37 persone che hanno partecipato alla Supercoppa: 12 i rappresentanti della Lega, oltre al presidente Beretta e al direttore generale Brunelli, c’erano altri dieci rappresentanti che hanno seguito le squadre, gli arbitri, la logistica, la stampa, e l’agronomo che si è occupato del manto erboso. Il resto della comitiva era composto dai 7 arbitri, dai rappresentanti della procura federale, e da quelli dell’antidoping. La Lega ha proposto la soluzione Cina all’assemblea che ha accettato creando un’opportunità che ha un senso dando continuità nel tempo, una proposta che è stata votata e più volte rinnovata. E c’è una clausola che permette alle società di non giocare a Pechino, il limite ultimo per quest’edizione era l’11 giugno.

Intanto il ct della nazionale Prandelli è molto deluso dalle polemiche scaturite durante e soprattutto dopo la finale tra Juve e Napoli. E invita tutti a seguire il fair play degli atleti olimpici. «Ho visto alle Olimpiadi accettare da grandi atleti le sconfitte nel modo giusto - ha detto - Ecco noi dovremmo imitare e seguire questi atleti. Ci possono essere momenti e occasioni per fare rimostranze, ma mai bisognerebbe mancare di rispetto nei confronti degli avversari, di chi ospita un evento».

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Il caso

Oggi il giudice sportivo

decide su Pandev e Zuniga

Il macedone rischia 2-3 giornate, il colombiano dovrebbe cavarsela con una

di PASQUALE TINA (la Repubblica - Napoli 14-08-2012)

La quiete dopo la tempesta di Pechino è soltanto una tregua effimera che terminerà stamattina. Le decisioni del giudice sportivo Tosel possono trasformarsi in un’inesorabile mannaia ai danni del Napoli. Il club azzurro rischia una forte multa e addirittura il deferimento per la mancata partecipazione alla premiazione della Supercoppa. L’episodio, infatti, è stato prontamente segnalato dagli ispettori della Procura Federale, presenti allo stadio Bird’s Nest, che hanno inviato una relazione dettagliata a Tosel su quanto accaduto nell’infuocato post partita con le veementi proteste di De Laurentiis e Mazzarri per l’operato dell’arbitro Mazzoleni. L’episodio — comunque vada — è destinato a fare giurisprudenza. Il precedente della Juve, datato 1998, non fu punito perché sei giocatori furono richiamati in fretta e furia dagli spogliatoi per salvare il cerimoniale. Il referto del direttore di gara, invece, sarà decisivo per valutare l’entità delle squalifiche di Pandev e Zuniga. Il regolamento — contestato dal patron azzurro — prevede che le pene vengano scontate in campionato. Il Napoli si è già rassegnato: dovrà fare a meno di questi titolari per la sfida del Barbera contro il Palermo. Lo stop del macedone sarà probabilmente più lungo. Il rosso diretto per l’insulto ai danni dell’assistente Stefani è di solito punito con almeno due giornate. L’attaccante ha cercato pure un chiarimento al termine della partita ribadendo fino allo sfinimento di non aver offeso nessuno ma, se verrà confermata la linea dura, sarà difficile trovare un appiglio. Palermo e Fiorentina, dunque, senza Pandev. La speranza di Mazzarri è che la punizione non sia ancora più lunga. Zuniga, invece, potrebbe cavarsela con una sola partita: è stato espulso per doppia ammonizione e se non ci sono aggravanti, l’assenza sarà circoscritta alla sola trasferta in Sicilia, in programma domenica 26 agosto. In ansia c’è anche l’allenatore che punta ad un’ammenda per non disertare l’esordio in campionato, altrimenti il vice Frustalupi sarà protagonista di un’insolita doppietta: guiderà la squadra a Palermo ma anche nella prima gara di Europe League del 20 settembre. Mazzarri, infatti, dovrà scontare l’ultimo turno di stop della squalifica Uefa.

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Strascichi di Supercoppa

Gli errori arbitrali valgono almeno come quelli di De Laurentiis

di SERGIO DE BENEDETTI (Libero 14-08-2012)

L’analisi sbagliata. Sabato scorso il comportamento del Napoli a fine gara è stato sicuramente da censurare. Ospiti infatti della Federazione cinese, per doveroso rispetto, giocatori e dirigenti avrebbero dovuto «comunque» partecipare alla cerimonia di premiazione, prendendosi la medaglia di consolazione ed, eventualmente, senza rilasciare alcuna dichiarazione ovvero, per non farsi mancare nulla, ignorando i giocatori juventini per manifestare la loro profonda amarezza riguardo le decisioni arbitrali.

Detto questo per onestà intellettuale, siamo però incappati nella «analisi» di qualcuno che conta, rimanendo sconcertati dalle critiche a senso unico contro il Napoli. «Non discuto il risultato, né le decisioni arbitrali», dice l’eminente analizzatore, ma che razza di analisi è? Chiaro che il risultato non si discute (come si potrebbe? Spieghi per favore) mentre le decisioni arbitrali possono invece determinare il risultato finale. Se Zuniga subisce un fallo evidente non punito dall’arbitro e subito dopo, stupidamente, ne commette uno del tutto simile che determina invece una seconda ammonizione e la conseguente espulsione, la decisione arbitrale non conta?

Errori a ripetizione della dirigenza napoletana ma perché dimenticare quelli della classe arbitrale che ha esasperato gli animi? Cominciamo bene...

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SUPERCOPPA: LE SQUALIFICHE

Pandev, l’insulto in italiano costa due giornate di stop

Oggi le sentenze: l’assistente mette a referto una parolaccia nella nostra lingua.

Mazzarri stop. Napoli: deferimento per l’assenza alla premiazione?

di ALVARO MORETTI (TUTTOSPORT 14-08-2012)

IL REFERTO del sestetto arbitrale e dei due uomini della Procura Federale che hanno preso parte - decisamente attiva - alla Supercoppa di Pechino è arrivato in via Rosellini, stamane sarà reso pubblico. E le cartelle compilate da Paolo Silvio Mazzoleni e dai suoi collaboratori, gli assistenti di porta Rizzoli e Tagliavento , il quarto uomo Bergonzi , più - soprattutto - gli assistenti Stefani e Faverani lascerebbero poco spazio per atti di clemenza del giudice sportivo appena riconfermato, Gianpaolo Tosel .

CHE MACEDONIA Un primo essenziale chiarimento: la frase ingiuriosa di Goran Pandev all’assistente numero 2, Stefani , quando gli è stato fishiato un legittimo fuorigioco di rientro al minuto 85’ di gara non è stata pronunciata in macedone. A dire il vero, in ogni caso, Pandev non aveva dato ragguagli sul tipo di espressione macedone usata: se ha parlato in macedone, cosa ha detto Goran? L’insulto - viceversa come rilevabile con un po’ d’attenzione anche in tv alla moviola - è un più nostrano «pezzo di m...» Almeno così trapela: e l’intellegibilità dell’insulto percepito dall’assistente di linea non è da mettere in dubbio. Il Nido d’Uccello, riferiscono i presenti, era sì pieno di 80 mila cinesi ma assai meno rumorosi e compatti dal punto di vista dei decibel rispetto agli stadi italiani. Insomma, l’insulto - secondo quanto refertato - si è sentito forte, chiaro e... italiano. Verrebbero a cadere le numerose versioni fornite dal calciatore e dal suo entourage nel dopo-gara e nel giorno successivo. Il macedone, l’uomo più in forma nel Napoli del dopo Lavezzi, personaggio chiave in chiave realizzativa e di costruzione del gioco d’attacco dovrà fermarsi per i primi due turni del campionato che prende il via, per la squadra di Mazzarri , con la trasferta di Palermo. Salterà anche la prima in casa, dopo la sosta, in programma il 2 sttembre. La tariffa minima per gli insulti agli arbitri (occhio, quest’anno le orecchie abilitate ad ascoltare sono diventate 12...) è proprio di due turni. In ogni caso ieri pomeriggio catena di solidarietà trasversale e antijuventina su twitter col trend #GoranPandevSiamoConTe a dominare la scena dei cinguettii italiani.

ANCHE MAZZARRI A fortissimo rischio di squalifica per il primo turno di campionato anche Walter Mazzarri: il pesante alterco all’uscita dal campo di Zuniga per la seconda espulsione maturata durante Juventus-Napoli costerà cara al tecnico azzurro. Il faccia a faccia con Mazzoleni e Bergonzi costerà un turno di stp, con tutta probabilità.

ZUNIGA STANDARD L’espulsione per doppia ammonizione di Camilo Zuniga , invece, rientra nella ordinaria amministrazione: un turno per il cartellino rosso guadagnato con il doppio giallo maturato in pochi minuti con qualche giustificazione: nel primo giallo, preso per reciproche scorrettezze con Lichtsteiner , nasceva da un probabile fallo di Pirlo ; il secondo è un fallo davvero brutto ai danni di Giovinco che merita il giallo (era da... arancione) ma anche lì c’era un fallo precedente. In ogni caso, tutto nella norma.

MULTA PER ART. 1 Il problema procedurale era sulla sanzionabilità del Napoli (per responsabilità diretta) per la mancata partecipazione alla cerimonia finale della Supercoppa, o anche per le proteste reiterate collettive di fine gara. Gli uomini della Procura federale (il vicario di Palazzi , Mensitieri , e il sostituo Corona ) hanno refertato il comportamento. Non esiste una norma specifica che obblighi alla partecipazione alla cerimonia di premiazione. Ma un referto sarebbe stato vergato per un’ipotesi di violazione dell’articolo 1, la norma base della giustizia sportiva che sanziona i comportamenti non probi e corretti. Sarebbe proprio questo il caso: l’ipotesi sanzionatoria è quella di una multa, comunque.

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«De Laurentiis, fatti

sentire in Federcalcio»

Dai giocatori del Napoli l’appello al presidente perché elevi una protesta ufficiale contro Mazzoleni, Rizzoli e Stefani. Mercato: assalto ad Alvaro Pereira

di RAFFAELE AURIEMMA (TUTTOSPORT 14-08-2012)

NAPOLI. «Presidente, si faccia sentire nelle sedi opportune: è avvilente ciò che abbiamo dovuto subire in campo a Pechino», i calciatori del Napoli urlano vendetta in coro e lo fanno sollecitando De Laurentiis a un intervento istituzionale affinchè ci sia il dovuto rispetto da parte degli arbitri. Mazzoleni - Stefani - Rizzoli , tre facce della stessa medaglia che nascondeva un lato oscuro. Il Napoli aveva capito subito che sarebbe stata una serata-no, dopo la riunione tecnica prepartita.

RACCOMANDAZIONE «Mi raccomando, niente falli, niente chiasso sulla panchina e niente capannelli in campo», raccomandazioni che Mazzoleni aveva rivolto solo alla squadra azzurra: perché? La risposta non è stata trovata nemmeno durante la serata in discoteca con champagne offerto dal patron, unitamente al riconoscimento del premio previsto per la squadra in caso di vittoria della Supercoppa: 500mila euro lordi. I calciatori hanno suggerito al patron di proporre a chi governa la classe arbitrale, il prospetto comparativo degli episodi verificatisi in campo: perché Pandev è stato espulso per aver espresso epiteti in lingua macedone su segnalazione dell’assistente Stefani che, invece, aveva tollerato i tanti “vaffa” che gli aveva rivolto Lichtsteiner ? Perché l’arbitro di porta Rizzoli è stato così solerte nel segnalare ad alta voce «rigore, rigore» l’irregolarità di Fernandez su Vucinic e non ha fatto altrettanto, sempre in quell’area di rigore quando Barzagli ha messo giù Behrami ? Intanto è pronta la protesta da mandare in scena domenica, nell’amichevole al San Paolo contro l’Olimpiakos. Il primo applauso post Pechino, la squadra lo riceverà domani al primo allenamento a Castelvolturno.

SOSTIENE PEREIRA Intanto De Laurentiis si sarebbe convinto della necessità di tornare sul mercato. In queste ore è tornato caldo il nome del portoghese Alvaro Pereira , 26enne esterno sinistro del Porto, in rotta di collisione con il suo club. Il Napoli lo vorrebbe in prestito con diritto di riscatto a fine stagione per nove milioni di euro.

Modificato da Ghost Dog

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Il territorio a rischio

Nuovi stadi con colata di cemento

Il pasticcio di una legge

Palazzi e ipermercati Tregua tra i partiti per approvarla (in mezz’ora).

Gli ambientalisti: deroghe per palazzi, ipermercati e hotel accanto agli impianti

di SERGIO RIZZO & GIAN ANTONIO STELLA (Corsera 04-08-2012)

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Viva il Milan e viva l'Inter, viva l'Atalanta e viva la Sampdoria, viva il Palermo e viva la Salernitana e insomma viva tutti: ma perché costruire uno stadio dovrebbe essere più facile che tirar su una scuola, una caserma dei pompieri o un ospedale? Te lo chiedi leggendo la nuova legge che vorrebbe dare un'accelerata a tutti i nuovi impianti sportivi che abbiano in allegato ipermercati, ristoranti, condomini... Legge votata in mezz'ora, grazie a una tregua-lampo nella rissa tra i partiti, da un'ammucchiata mai vista.

Tema: possibile che un Parlamento capace di rifiutare la corsia preferenziale alla legge sui bilanci dei partiti mentre si consumava lo scandalo dei rimborsi elettorali gestiti dai tesorieri della Margherita Luigi Lusi e della Lega Francesco Belsito, non l'abbia invece negata a un provvedimento come questo, approvato fulmineamente in 30 minuti netti dalle 13.55 alle 14.25 di giovedì 12 luglio, in «sede legislativa» da una commissione di 44 deputati, senza passare per l'aula?

Seconda domanda: perché se n'è occupata la Commissione cultura, scienza e istruzione invece di quelle che hanno a che fare con l'urbanistica o i lavori pubblici? Perché ha competenza sullo sport? Ma «che c'azzecca», per dirla in «dipietrese», con la costruzione di questi trans-stadi-ipermercati-hotel? Ma qui proprio il caso dipietrista pone la terza domanda: come mai, nel bel mezzo di una guerra termonucleare contro tutto e tutti, la stessa Idv s'è associata al coro degli entusiasti della nuova norma?

Tutti, l'hanno votata. O quasi: la sola Luisa Capitanio Santolini, a nome dell'Udc, ha votato contro: era delusa che il testo, frutto «del lavoro condiviso», non fosse «meditato e discusso ulteriormente». Gli altri, tutti insieme appassionatamente. Maria Coscia, del Pd, lo ha benedetto come «un provvedimento di grande utilità per il mondo dello sport». Rocco Crimi, il tesoriere del Pdl, ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega per la vigilanza sul Coni, già consulente farmacologo della Roma Calcio e dell'istituto di Medicina dello sport Coni-Fmsi, ha esultato per gli «importanti miglioramenti» apportati nella seconda lettura alla Camera dopo il passaggio al Senato nell'ormai lontano 2009. Pierfelice Zazzera, vicepresidente della commissione, dipietrista, ha applaudito. E non è mancata, in chiusura, l'aspersione dell'incenso governativo: operazione assegnata al ministro dello Sport Piero Gnudi, speranzoso d'aver dato il via a «un volano per l'economia». Le firme in calce alla legge, risultato dell'unificazione di più proposte, sono un arcobaleno. Spiccano su tutti gli azzurri Luigi Grillo e Paolo Barelli, presidente della Federnuoto. Ma anche esponenti del Pd quali l'imprenditore farmaceutico Andrea Marcucci, Mariapia Garavaglia o Anna Maria Serafini, moglie di Fassino. E i leghisti? Hanno preferito non sbilanciarsi in dichiarazioni di voto: metti mai che poi i tifosi padani dell'Albinoleffe o della Solbiatese… Ma il loro okay, alla fine, non lo hanno fatto mancare.

La lettura del provvedimento è molto istruttiva fin dal titolo: «Disposizioni per favorire la costruzione e la ristrutturazione di impianti sportivi anche a sostegno della candidatura dell'Italia a manifestazioni sportive di rilievo europeo o internazionale». Messa così, sembrerebbe il via libera a uno sforzo per costruire nuovi «Maracanà» o nuovi «Santiago Bernabeu». Insomma: tre o quattro spettacolari strutture in grado di farci fare un figurone planetario.

No: per beneficiare della «semplificazione e dell'accelerazione delle procedure amministrative» non serviranno più neppure i limiti previsti dalla versione uscita dal Senato: almeno 10 mila posti a sedere allo scoperto e 7.500 al coperto. Nella nuova stesura ne basteranno rispettivamente 7.500 e 4.000. Col risultato, tremano gli ambientalisti, che la soglia si è abbassata al punto di invogliare alla costruzione di stadi e palazzetti «ibridi», cioè affiancati da ipermercati e hotel e sale gioco e beauty center in deroga ai piani urbanistici, anche nelle cittadine di provincia. Che certo non punteranno mai a ospitare le Olimpiadi o gli Europei. Novità: la società sportiva che realizza l'impianto dev'essere riconosciuta dal Coni. Che si va ad aggiungere alla miriade di enti e istituzioni che hanno competenza sulle opere pubbliche.

Fin qui, direte, è roba di sport. Vero. Ma tutto fa pensare che la «ciccia», quella vera, non sia negli impianti. Ma in quel comma, il numero 2 dell'articolo 4, più insidioso. Che recita: «Il progetto per la realizzazione di complessi multifunzionali può prevedere ambiti da destinare ad attività residenziali, direzionali, turistico-ricettive e commerciali».

Poche parole, ma tali da far sospettare a Legambiente, come si legge nel dossier elaborato con l'Istituto nazionale di Urbanistica e il Consiglio nazionale degli Architetti, che «questo provvedimento non è pensato per le squadre di calcio ma per chi vuole realizzare speculazioni edilizie. Perché altrimenti prevedere che si possano realizzare case e alberghi, centri commerciali e uffici? E senza neanche una scadenza legata a un avvenimento sportivo, per cui varrà per sempre come procedura speciale, permettendo in pochi mesi di rendere edificabili terreni agricoli e persino, con alcune forzature, aree vincolate»!

Assurdo, accusa il dossier: «Del resto l'unico grande stadio realizzato in Italia in questi anni, lo Juventus Stadium di Torino, non ha avuto bisogno di procedure speciali, né di essere finanziato dalla costruzione di case e alberghi». Qui no, qui «la vera invenzione è nella formula "complessi multifunzionali" definiti come "complesso di opere comprendente ogni altro insediamento edilizio ritenuto necessario e inscindibile purché congruo e proporzionato ai fini del complessivo equilibrio economico e finanziario"».

Parole così generiche da comprendere e consentire tutto.

Le procedure, accusa Legambiente, «sono davvero speciali: si presenta uno studio di fattibilità finanziario e di impatto ambientale, entro 90 giorni la giunta comunale si esprime, convoca una conferenza di servizi per le varianti ai piani vigenti e l'approvazione del progetto da concludersi entro 180 giorni, e poi dopo l'approvazione del consiglio comunale (entro 30 giorni), si può partire con i lavori». Evviva la velocità: ma i rischi? Un solo caso tra i tanti ricordati dal dossier: l'area scelta dalla Lazio, 600 ettari e su cui realizzare 2 milioni di metri cubi, «si trova intorno al km 9,4 della via Tiberina in area di esondazione del Tevere vincolata dal punto di vista idrogeologico ed archeologico».

Un pasticcio. Che spacca anche i partiti. A partire dal Pd. Basti leggere le dichiarazioni di fuoco, dopo il via libera della legge alla Camera (adesso deve tornare in Senato ma stavolta dovrà passare per l'aula) di Ermete Realacci o di Roberto Della Seta e Francesco Ferrante, secondo i quali è «una nuova legge-porcellum. Tagliata su misura sugli appetiti speculativi di pochi presidenti di società di calcio. Gli stadi sono solo un pretesto, la vera intenzione è realizzare grandi volumetrie commerciali, residenziali, direzionali fuori dalle previsioni e dai limiti dei piani regolatori». Rispondano anche i tifosi: ne vale la pena?

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L’iter e le regole

Il testo

Lo scorso 12 luglio la VII Commissione (Cultura) della Camera ha approvato il progetto di legge A.C. 2800 per la realizzazione di nuovi impianti sportivi e la ristrutturazione di quelli esistenti. Ora il testo dovrà ora tornare all’esame del Senato (da dov’era partito) dopo qualche modifica

Il contenuto

Il provvedimento ha come obiettivo dichiarato di semplificare le procedure amministrative e il processo di realizzazione degli impianti sportivi con almeno 7.500 posti a sedere allo scoperto o 4.000 al coperto. Tra le varie disposizioni c’è anche quella di un aumento edificatorio delle cubature nelle aree interessate dai progetti

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Componenti e proponenti

I membri

I deputati che compongono la Commissione cultura della Camera sono in tutto 44: 15 del Pdl, 15 del Pd, 4 della Lega Nord, 3 dell’Udc, 2 di Fli, 3 misto, 1 dell’Idv e 1 di Popolo e Territorio

Al Senato

Il progetto di legge ora al vaglio del Senato è stato proposto nel 2009 dagli eletti a Palazzo Madama di diverse aree politiche

L’iter

Al Senato l’iniziativa legislativa è stata esaminata in prima lettura in commissione nel periodo gennaio-ottobre 2009, successivamente è approdata alla Camera dove, nella Commissione cultura, è stata discussa in prima lettura da maggio 2010 fino allo scorso luglio, dov’è stata approvata con modifiche. Ora è ritornata al Senato

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VENDITTI E LA ROMA

ZEMAN CAPOCCIA

“Dopo anni, andrò allo stadio per lui

È il manifesto dell’etica di ritorno”

Marziani del calcio “Il giallorosso vuole vincere onestamente.

In Italia siamo alieni e nessuno ci capisce, a cominciare dai laziali

Ragioni e torti “Conte, più che allenare, dovrebbe riflettere,

e con molta attenzione. Dieci mesi è il tempo minimo”

di MALCOM PAGANI (il Fatto Quotidiano 15-08-2012)

Lucio Dalla si affacciò dalla jeep, mi invitò ad accostare e vide un fantasma nello specchio dell’Autogrill: «Devi tornare a casa, Antonello. È ora. C’è un appartamento a Trastevere, è perfetto per te, vallo a vedere». Da 2 anni, sprofondato in deliri e sofferenze sentimentali, ero nomade tra Bologna e Milano. Seguii il consiglio, ma rimasi perplesso. Poi andai allo stadio, presi la “scossa” e ci ripensai. Per prima cosa feci arrivare un pianoforte. Grazie Roma nacque così, in una notte d’ottobre dell’82. Mesi dopo, nelle stesse stanze, vidi Liedholm sollevato dalla folla a Genova vincere lo scudetto. Dalle finestre dei vicini, la mia canzone. Io da solo, su un divano, in una domenica da non buttare”. Per la squadra che dà coraggio quando l’amore diserta, Antonello Venditti si improvvisò pioniere: “Ero un mago della bassa frequenza. L’alternativa all’esodo domenicale negli studi Rai di calciatori squalificati o infortunati. In salone, avevo impiantato una specie di preistorico decoder. Ospitavo Bruno Conti e Ancelotti, consumavo con loro sigarette e partite, dimenticavo tutto. Il calcio ha questo potere. Cancella le ombre. Nel ’70, con la 500, scesi da Nord a Sud non perdermi l’esordio messicano dell’Italia. Dieci 10 ore, motore quasi fuso. Visioni. Arrivai al fischio d’inizio. La ragazza che mi aveva costretto a quella follia, al gol di Domenghini, già non esisteva più. Ero giovane. Quando ci passi è un inferno. Quando ricordi, un paradiso”.

Prima partita?

Nel ’59, con la Sampdoria, rigore di Zaglio. Mio zio, Adalberto Sicardi, due metri di anticonformismo, fu socio fondatore e poi finanziatore della Roma. Mi regalava palloni firmati invitandomi ai dopocena in cui gli eroi in mutande si trasformavano. Brillantina, whisky, donne, poker. Da tifoso disapprovavo.

Moralista?

Come ogni bambino. Ad Angelillo, Manfredini, Lojacono e compagnia, mio zio copriva le bugie della dolce vita. In quelle sere c’erano tutti. Da Costa era un mistero. Brasiliano fortissimo, ma bianco. Ci sembrava innaturale. Per risolvere l’arcano avremmo dovuto aspettare Falcao, 20 anni dopo.

La Roma ’82-83.

Amici fraterni e un grande presidente, Dino Viola. Aravamo per chilometri la spiaggia di Sabaudia. In marcia, parlando del gol di Turone e della rivalità con la Juve. Trattava Nela e Ancelotti, chiedeva consigli, prendeva informazioni, indagava. Viola era arguto, sottile, ironico.

Lo Zeman dei presidenti?

Zeman incarna un’idea di giustizia molto romanista. Noi vogliamo vincere onestamente. Siamo marziani e nessuno, a partire dai laziali, riesce a capirci. Discutono di noi e non di loro. Si affermano negando la nostra esistenza.

Con Viola e Boniperti, Roma-Juventus iniziava mesi prima. Con Zeman in sella e Conte squalificato, il revival è certo?

Noi non accettiamo scudetti irregolari e non mettiamo stelle sulle maglie. Zeman è il manifesto dell’etica di ritorno. È un’onda che si fa spazio nel Paese, travolgerà giochetti e strane manovre.

Il calcioscommesse 2012?

Agli antipodi di quello dell’80. La cupola è internazionale, globalizzata. Se ancora pensiamo che ‘ndrangheta e mafia abitino a Locri o Palermo non abbiamo capito un C***O.

Quindi?

Pretendiamo che chi ha barato, paghi. Ci sono le regole e il calcio, che è una zona franca, deve farsene una ragione. I tifosi si lamentano: “L’Italia è diventata il paese dei magistrati”, ma nei paesi civili, se non ti autoregoli, interviene il diritto. Si sono venduti le partite, adesso che vogliono? Quando Monti propone di chiudere il circo non ha torto. Anche l’omessa denuncia, me lo faccia dire, è tristissima.

Conte ha pagato. Zeman sostiene che sopra i tre mesi di squalifica sia meglio non allenare.

Conte, più che allenare, deve riflettere attentamente. Fossi in lui dedicherei i prossimi mesi a un’approfondita riflessione.

Quindi ha ragione Zeman?

Zeman è la ragione.

Lei giocò?

Terzino, nell’Abelarda, fino a 17 anni. Poi misi gli occhiali e mi ritirai. Le lenti a contatto non esistevano e i figli di ρuttana, puntavano sempre lì. Ho ripreso anni dopo. La squadra si chiamava sdegno democratico, con i “compagni” de L’Unità, sfide continue.

La Roma per lei?

Messa laica, stazione di libertà, fuga dalla famiglia borghese, nell’Italia degli anni 60 in lotta tra boom e repressione, edonismo e cappa cattolica. Allo stadio incontravi meccanici e ingegneri, ladri, onesti, zoccole e camerieri. Salivi le scale e poi vedevi il verde. Il giallo e il rosso che avevamo dentro.

Per il Pci il calcio equivaleva al demonio.

Era in costante ritardo, lo considerava sottocultura. Poi arrivò Berlusconi. Con pallone e tv conquistò il Paese. Il Pci avrebbe potuto rivestire una funzione popolare. Aveva il network quando Berlusconi cercava ancora le frequenze, ma si arroccò nella riserva di Rai 3. Strategia assurda che i miei semidistrutti carteggi sovietici, non riescono a illuminare. (Ride)

Dolori romanisti?

La notte con il Liverpool, segnata dai presagi e dall’eclissi parziale di sole. E la morte di Agostino. Il campione va protetto prima, quando ha detto addio è tardi. Al genio, che si chiami Hendrix, Tenco, Pantani, Winehouse o Di Bartolomei, serve un amico. Qualcuno che ti ami e ti salvi per quello che sei. Non per ciò che rappresenti.

Lei ce l’ha?

Ho la Roma. La rete sotto il trapezio. Una filosofia da condividere. Una comunità. Quando scrissi Roma Roma, la feci firmare a tutti i filo romanisti della Rca. Era un posto magico quello. Il sommo Rubinstein poteva appartarsi in mensa e sentirsi scuotere dalla Bertè: “E bravo il vecchietto che se magna l’ovetto”.

La Roma l’ha resa ricco?

Non ho mai preso un biglietto, un abbonamento, una lira. I miei concerti erano feste per la città. Spiace che, ferendomi, qualche biscia abbia scritto il contrario.

Tornerà allo stadio?

Dopo anni di assenza. Per Zeman.

Sempre lo stesso?

Una balla. È cambiato in meglio e può vincere. Se il 31 agosto non ci strappano Osvaldo o De Rossi, forse, pronunceremo la parola proibita.

Scudetto?

Zitto, per carità.

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Calcioscommesse

Palazzi: su Pepe e Bonucci

«valutazioni erronee»

di ANDREA ARZILLI (CorSera 15-08-2012)

ROMA — La difesa della fonte investigativa, l'«errore» contestato alla Disciplinare, la richiesta di almeno un'omessa denuncia per Leonardo Bonucci: con l'impugnazione delle sentenze di primo grado, Palazzi prova a restaurare la credibilità di Andrea Masiello dopo la mazzata della Disciplinare sul filone barese. La verità del pentito «è arricchita, mai in contraddizione e le dichiarazioni sono convergenti e coerenti», scrive il procuratore Figc nel ricorso. Di più, le parole di Masiello troverebbero conferme anche nell'interrogatorio spontaneo di Lanzafame (4 agosto), e i molti «omissis» dell'audizione del pentito in Figc (10 luglio) costituirebbero la bussola della Procura di Bari nell'inchiesta-bis in corso, quella che in autunno porterà ad un altro processo sportivo. Masiello, cioè, risulta attendibile per la magistratura ordinaria e anche per la Disciplinare, con l'eccezione di Udinese-Bari. Per questo Palazzi ha chiesto alla Corte di Giustizia federale di rivedere le sentenze scaturite da una «valutazione erronea» in primo grado, e di confermare l'omessa denuncia per Pepe (1 anno) e l'illecito (3 anni e mezzo o un'omessa denuncia da 1 anno) per Bonucci.

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Spunta una telefonata

Calcioscommesse, Palazzi scova una chiamata di Portanova a Di Vaio

Alto rischio di un -2 per il Bologna, 3 anni al centrale e 1 all'ex capitano

I tabulati di Bari Il procuratore federale ha ottenuto solo lunedì i registri dei cellulari dei due giocatori

di FERNANDO PELLERANO (Corriere di Bologna 15-08-2012)

L'asso di briscola, la pistola fumante: una telefonata. Adesso c'è. È quella intercorsa fra Daniele Portanova e Marco Di Vaio nel tardo pomeriggio del 18 maggio 2011, quattro giorni prima della discussa partita Bologna-Bari 0-4, finita nell'inchiesta sul calcioscommesse.

L'ha prodotta il Procuratore federale Stefano Palazzi nelle carte con le quali ha impugnato la sentenza di primo grado che aveva visto assolto Di Vaio dall'omessa denuncia e punito Portanova con 6 mesi di squalifica (per omessa denuncia), stralciandogli però l'imputazione più grave di illecito. Pochi giorni fa la vittoria per i due giocatori, la cui difesa si è concentrata proprio sull'inesistenza della telefonata, e per il club che non è stato penalizzato (solo 30 mila euro di ammenda). Oggi il tavolo s'è drammaticamente ribaltato. La telefonata c'è, è sui tabulati. E le parti rischiano grosso: la sensazione è che si vada verso la conferma delle richieste di Palazzi (-2 al Bologna, ma non di più, un anno a Di Vaio e tre per Portanova), con un possibile aggravio per i giocatori che hanno tradito la buona fede. I due giocatori, uno capitano l'altro vice ai tempi dei fatti, hanno sempre negato la telefonata: che invece c'è e rafforza il castello accusatorio di Palazzi.

Un colpo di scena che spacca il Bologna al suo interno, già fragile con quella fiducia semicieca accordata (soprattutto) a Portanova. L'appello si preannuncia doloroso e devastante. Il 20 e il 21 l'udienza, dal 22 al 24 le sentenze. Difficilissima a questo punto la difesa dei giocatori, la cui credibilità pare frantumata. E con lei quella del club (comunque tradito dai suoi giocatori), che di fatto si rimetterà alla clemenza della Corte.

Perché Palazzi non ha prodotto prima la telefonata? Al Procuratore, assai indaffarato in primo grado nel presentare numerosissimi fascicoli, la «fotografia» di Portanova e degli emissari baresi saliti a Bologna per organizzare la combine sembrava più che sufficiente. La sentenza di primo grado lo ha sconfessato, ma gli ha dato un'ulteriore spinta: controllare i tabulati telefonici di Portanova. Così ha fatto richiesta alla Procura ordinaria pugliese (che prima li aveva negati alla difesa di Portanova) e lunedì mattina alle 8.50 gli è arrivato un plico di 15 pagine con tanto di allegati dei Carabinieri di Bari con tutte le chiamate e anche gli spostamenti in città (con la piantina, sì) dei protagonisti ricavati dalle celle telefoniche. Ecco la pistola fumante, appena in tempo per ricorrere. Ecco la telefonata di Portanova a Di Vaio alle 19.08 (sul suo telefono personale, seppur intestato alla moglie Malisa), ecco la passeggiata di un emissario pochi minuti dopo nel centro di Bologna dove abita il difensore rossoblù (che era lì, lo confermano le celle). In sostanza, al di là dell'ok o meno alla combine (tutti dicono che venne rifiutata), la testimonianza dei baresi Giacobbe e Carella (due dei tre emissari) pare confermata in pieno: «Portanova ci disse che doveva parlare col Capitano, si allontanò, e tornò pochi minuti dopo dicendo che non si faceva niente».

L'avvocato Magnisi per Di Vaio e Bordoni per Portanova sostengono la stessa tesi: telefonata non attinente al processo. «L'orario della telefonata e la sua durata, circa 40 secondi, fanno intuire come si tratti di una conversazione che non può avere alcun rapporto coi fatti di cui in oggetto», dice Magnisi, mentre il suo assistito conferma di non ricordarsi affatto, dopo tanto tempo, di quello squillo. «È una telefonata di cui i due non avevano nemmeno memoria», dice Bordoni, «dal contenuto talmente banale da non meritare nemmeno di essere ricordata».

Può darsi, ma chi glielo va a dire alla Corte Federale? E con quale credibilità? Il punto è questo. Magari hanno parlato davvero di altro — dei premi, dei costi della grigliata appena conclusa (ma dialogavano allora?) — ma raccontarlo oggi è imbarazzante. Costruire delle controdeduzioni adesso sarà difficilissimo.

Fra l'altro cambia anche la temporalità degli eventi: un primo incontro di Portanova con gli emissari ci fu intorno alle 16/17, dopodiché ce ne fu un secondo dopo due ore, un lasso di tempo cioè utile a scandagliare disponibilità etc etc.

Profondamente sorpreso della svolta anche l'avvocato Mattia Grassani che difende il Bologna Fc. «Apprendiamo solo adesso, grazie alla meritevole attività di indagine della Procura, l'esistenza della telefonata fra i due giocatori (…) appaiono pertanto mutati lo scenario e il quadro di riferimento dell'indagine e del processo anche se la società intende ancora credere ai propri giocatori (…) ora risulta inadeguato tirare le fila e prendere posizioni: i conti si faranno alla fine del giudizio (…) e il Bologna ne trarrà le dovute conclusioni». Di più, davvero, non poteva dire.

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Il pomeriggio incriminato Le carte dell’accusa

Incontri e spostamenti

Il caso del terzo uomo

di FERNANDO PELLERANO (Corriere di Bologna 15-08-2012)

Quel pomeriggio di un giorno da cani. Ero il 18 maggio 2011. Siamo nel cuore della città, piazza Maggiore. A Casteldebole si sta svolgendo la grigliata rossoblù di fine anno: un festone allegro. Portanova va però via nel primo pomeriggio e si dirige appunto in piazza Maggiore, dove l'attendono tre persone arrivate da Bari: Carella, Giacobbe (amici dell'ex compagno di suqadra Masiello ai tempi di Siena) e un certo De Benedictis che dovrebbe aprire un ristorante a Bologna. L'ora non è certa, diciamo fra le 15,30 e le 17, ma i quattro parlano. Pare anche della possibilità di «truccare» la partita di domenica, Bologna-Bari. Quello che succede dopo è difficile stabilirlo. Fatto sta che il gruppetto si ritroverà di nuovo da quelle parti due ore dopo, alle 19. Orari che emergono dalle risultanze di un'indagine avviata dai Carabinieri di Bari sul tabulato del cellulare di Portanova e degli altri protagonisti.

Alle 19.08 infatti il difensore chiama Di Vaio sul suo cellulare (che era andato via da Casteldebole mezzora prima) e parlano per una quarantina di secondi. Dopodichè i Carabinieri rilevano dalle celle telefoniche di Portanova e De Benedictis (gli altri due spengono tutto) i loro spostamenti documentati e segnati con precisione su una mappa della città. Il giocatore è dalle parti di piazza Maggiore (abita in via Drapperie) mentre De Benedictis si trova alle 19.18 nella Galleria del Leone, due minuti dopo in via Indipendenza, alle 19.19 in via Gandusio (oltre ponte Matteotti) e alle 20.07 è ormai in viaggio verso Bari, a Bertinoro. Tutti elementi che supportano la tesi di Palazzi che a si rifà alla versione di due dei tre emissari, Giacobbe e Carella che nella loro testimonianza parlano di due incontri con Portanova, con l'ultimo piuttosto veloce dove il rossoblù, sentito al telefono Di Vaio, dice che la combine non s'ha da fare.

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La società prova a smarcarsi Zanzi: «Il Bologna parte lesa»

Il dg: «Il quadro è cambiato, hanno calato l'asso di briscola»

di GUIDO DE CAROLIS (Corriere di Bologna 15-08-2012)

Non c'è scampo. Lo sanno. Il Bologna si rimetterà alla clemenza della corte e non è tanto per dire. Partire con una penalizzazione è quasi una certezza, anche se manca il timbro della corte d'appello della Figc. Il procuratore federale Stefano Palazzi «ha calato l'asso di briscola», come spiega un sempre lucido ma sorpreso Roberto Zanzi. Il direttore generale del Bologna fatica a credere al miracolo, sarebbe il secondo in pochi giorni. L'assoluzione in primo grado era stata un'inaspettata manna. Mai dire mai, ma pescare due volte il biglietto vincente della lotteria va oltre il mondo dei sogni. «Mi preme sottolineare che il Bologna in tutta questa storia è parte lesa». Lo è davvero. E lo sarà ancor di più se la stagione partirà appesantita da un -2. Non una penalizzazione impossibile da recuperare sul campo, di certo un pieno di vergogna.

Albano Guaraldi, atteso oggi in città, vuole leggere personalmente tutte le carte, ma è infuriato. Ha ragione, perché il club che più di tutti storicamente si è battuto per il calcio pulito si troverà — quasi inevitabilmente — infangato da «una macchia infamante», come il presidente l'aveva definita nel giorno dell'assoluzione. È un po' come se Zeman venisse trovato positivo a un controllo antidoping.

Pagherà il Bologna. Zanzi è sconsolato, ma nelle sue parole c'è l'amarezza di chi si sente tradito. Nel primo processo erano state presentate tre differenti memorie, ma tutte incentrate sulla linea della buona fede. Portanova e Di Vaio non avevano più rapporti da mesi, non vi era prova di una telefonata. «La Disciplinare aveva riconosciuto che non poteva bastare il sospetto di Palazzi che i due avrebbero potuto comunicare in altri modi, su Skype o tramite WhatsApp (sistemi di messaggistica istantanea per pc e cellulari, ndr). Adesso spunta una telefonata, è chiaro che il quadro è cambiato. Palazzi ha calato l'asso di briscola».

La partita è all'ultima mano: Portanova, Di Vaio e il Bologna paiono incartati. Non ci sarà più una linea difensiva comune con i giocatori. A questo punto il Bologna si «appellerà alla clemenza della corte». Probabilmente i giudici lo saranno, comminando un -2 ai rossoblù per responsabilità oggettiva. Quando la nave sembrava salva in porto si è rovesciata. Non è detto poi che le pene non vengano aumentate.

Va riletta oggi sotto altra luce la picconata di Guaraldi contro Portanova: «Un errore dargli la fascia di capitano», disse il patron rossoblù in ritiro. Il difensore, fresco di fascia di capitano si sentì «pugnalato dalla società». Adesso il club imbraccerà le armi, tra i due finisce qui. Di sicuro s'è mosso meglio di tutti il team manager Marcello Sanfelice, patteggiando 4 mesi. Peccato che il tempo degli accordi sia già scaduto.

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Il retroscena

Richieste danni milionarie e rescissione del contratto

Il club è pronto a partire con il «Metodo Rickler»

di GUIDO DE CAROLIS (Corriere di Bologna 15-08-2012)

Se arriverà una sentenza di condanna la società attuerà il «Metodo Rickler». Già solo il nome invita a pensare a un piano di guerra. Ed è quella pronta a scoppiare tra il Bologna e Daniele Portanova. Dopo essersi giurati amore eterno, come le migliori coppie finiranno in tribunale. Il club è quasi rassegnato a una penalizzazione di 2 punti e alla squalifica di tre anni per il giocatore. Se così andrà non ci sarà nessun accordo. A Rickler, l'ex difensore rossoblù squalificato per quattro anni per aver contribuito ad aggiustare una partita quando giocava nel Piacenza, oltre alla rescissione del contratto il presidente Guaraldi ha chiesto 2 milioni di danni. Stessa sorte toccherà a Portanova se giudicato colpevole. Il capitano del Bologna ha un contratto fino a giugno 2015, a circa 700-800 mila euro a stagione. La rescissione sarà il primo passo, poi verranno avviate le pratiche di richiesta danni. Stessa sorte per Marco Di Vaio. Lui non è più sotto contratto con il Bologna, ma non è detto che il club lo risparmi dal «Metodo Rickler» e non gli presenti il conto. Ma il nodo non è il bomber, ormai solo un ex, piuttosto Portanova. È chiaro che, comunque finirà il processo, il rapporto con il club è al capolinea. Se arriverà la squalifica la strada è tracciata, ma anche se dovesse salvarsi — per riuscirci a questo punto serve davvero un miracolo dell'avvocato Gabriele Bordoni — il club non vorrà più avere il giocatore in rosa. La società era sconvolta dalla nuova prova del Procuratore Federale Stefano Palazzi, quella telefonata che ha di fatto disintegrato le difese. Poco importa ciò che si dissero i due «compagni-nemici». L'accusa farà pesare la menzogna e i giudici della corte d'appello con ogni probabilità gli crederanno. «Colpevole d'innocenza, Forza Daniele» era lo striscione appeso, ancora ieri, sulle inferriate di Casteldebole. La società non lo dice ma anche lei ha già emesso il suo verdetto.

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La telefonata che inguaia il Bologna

C’è la prova della conversazione Portanova-Di Vaio Palazzi ha i tabulati. Il club si sente vittima della bugia

Nei ricorsi si rivaluta l’attendibilità di Andrea Masiello: «Lanzafame ripete le sue dichiarazioni»

L’appello della Procura alla Corte su Bonucci: «Almeno dategli l’omessa denuncia»

di ALBERTO ABBATE (CorSport 15-08-2012)

ROMA - Cinquantaquattro secondi di slealtà: «Non ci siamo mai sentiti» , urlavano Portanova e Di Vaio. Palazzi l’inchioda con i tabulati telefonici. Redatti il 17 luglio, richiesti domenica, lunedì alle 8.50 erano già in Procura Federale. E ora il Bologna è furioso: a prescindere dal contenuto, dall’eventuale tentativo di combine, si sente truffato. Portanova lo aveva giurato sui suoi figli, Di Vaio in conference call dal Canada. «Siamo certi che quella telefonata non esista» , assicurava davanti alla Disciplinare l’avvocato Bordoni. Invece adesso - a meno di un’inammissibilità della nuova prova - dovrà spiegarla il 21 agosto davanti alla Corte di Giustizia Federale. Palazzi sogghigna, aveva ragione: Portanova e Di Vaio sono nei guai. Nessun ulteriore elemento su gli altri proscioglimenti impugnati, piuttosto un tentativo di “rafforzare” la credibilità del pentito Andrea Masiello. Sette articoli di giornale sulle conferme di Lanzafame: Bonucci, Pepe, Vives e gli altri non sembrano così scossi.

BOLOGNA NEI GUAI - Le bugie hanno le gambe corte: Di Vaio e Portanova non si parlavano? Era addirittura stata allegata una piantina dello spogliatoio nelle memorie difensive per dimostrarlo, invece Palazzi con una “carta” li mette con le spalle al muro. L’obiezione: una scheda era intestata a Malisa, moglie di Di Vaio? Ecco la nota della Procura Federale: «Il giocatore, in sede di denuncia il 13 giugno 2011, aveva comunicato quel numero come suo recapito telefonico». Non solo la telefonata, nei documenti depositati da Palazzi alla Corte di Giustizia Federale si certifica pure il secondo incontro fra Portanova e i Masiello Boys, subito dopo la conversazione con Di Vaio (ore 19:08:30 -19:09:24). Il difensore sosteneva che i truffatori fossero già in autostrada, invece: «Le utenze di Portanova e De Benedictis dalle 19.08 alle 19.21 agganciano la zona di Piazza Maggiore» . Le celle non mentono: gli altri due “intermediari”, Carella e Giacobbe, avevano il cellulare spento. Adesso il Bologna rischia di ribeccarsi in secondo grado 2 punti e 50mila euro per le “colpe” di Portanova (3 anni) e Di Vaio (1 anno). E pensare che era stato lo stesso club a richiedere i tabulati, ma ci volevano 180 giorni...

BONUCCI E PEPE - Quasi un atto di rito l’appello di Palazzi per Udinese-Bari e gli altri prosciolti. Non si volevano creare disparità, ma non ci sono nuove prove, solo un tentativo di rivalorizzare la credibilità di Andrea Masiello agli occhi della Corte di Giustizia Federale: «Le dichiarazioni di Lanzafame, presentatosi spontaneamente il 4 agosto in Procura Federale, hanno pientamente riscontrato quelle del difensore. E hanno ulteriore grande valenza» , si legge. Eppure il pentito si contraddice troppe volte sul coinvolgimento di Bonucci: «Specifica solo una migliore circostanziazione del momento e del luogo in cui gli fece presente la possibilità di alterare la gara e ricevette la relativa disponibilità. La terza versione è del tutto coerente» , il ricorso di Palazzi. E sull’omessa denuncia contestata (1 anno e 50mila all’Udinese) a Pepe: «Il richiamo alla Ferrari è caratterizzante dell’approccio» . Al telefono con Salvatore Masiello per il quale - come per Bonucci e Belmonte - Palazzi chiede ancora 3 anni e 6 mesi. Perché nessuno riscuote il bottino della combine? «I calciatori – secondo Palazzi – regolano i loro rapporti singolarmente e prescindendo dall'intervento di Masiello. Le dichiarazioni di De Tullio non assumono valenza pari a quelle di Masiello, in quanto da una parte, ove ammettesse la dazione di denaro, si renderebbe partecipe di un reato; dall'altra non appare aver intrapreso un percorso di collaborazione analogo a quello di Masiello» . La Procura Federale non è affatto certa d’aver ragione su questo ricorso: «Qualora la Corte di Giustizia Federale non dovesse ritenere integrati gli estremi dell’illecito sportivo per Belmonte e Bonucci, si chiede che gli stessi vengano dichiarati responsabili di omessa denuncia e sanzionati con un anno ciascuno». Magari senza altre rincorse in aula. Il 21 agosto (ore 9.30) saranno di nuovo all’ex Ostello della Gioventù. Il 23 agosto sapranno il loro destino. Non sarà una telefonata.

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Pesoli aspetta Abete. In catene

IL GIOCATORE INSISTE NELLA PROTESTA: “CONDANNATO PER DUE TELEFONATE”

di LUCA CARDINALINI (il Fatto Quotidiano 15-08-2012)

Nell’afa e nel vuoto di questa Roma ferragostana, c’è un tizio che se ne sta seduto su una sdraio, notte e giorno, l’ombrellone fissato con lo scotch ad un’inferriata, rifiutando il cibo, bevendo acqua e integratori, e ripetendo a chiunque gli sfila davanti: “Voglio giustizia”. O è uno squilibrato o un calciatore di serie B. È la seconda.

L’ultima istantanea di questa folle estate del calcio italiano, ritrae l’ingresso della Figc, in via Allegri a Roma, sbarrato. Lì si è accampato Emanuele Pesoli, 32 anni, difensore di Siena, Varese e altre squadre, ora da ultimo anche del Verona, contratto firmato ma non depositato. E non per sbadataggine.

Pochi giorni fa la commissione disciplinare lo ha squalificato, in primo grado, a 3 anni. “Mi è crollato il mondo addosso, sono preoccupato per mia moglie e i mie due figli, so solo giocare a pallone”.

Secondo la procura federale avrebbe partecipato alla combine di Siena-Varese del 21 maggio 2011. Partita quasi inutile ai fini della classifica, col Siena già promosso e Varese ai play off. Eppure, nella narrazione di Gervasoni – a quel tempo calciatore del Piacenza, tanto per non farci mancare niente - Pesoli lo avrebbe contattato qualche giorno prima chiedendogli se qualcuno del Siena era disposto a concordare un pareggio. Gervasoni “lealmente” si attivò, ma compare Carobbio, da Siena, gli rispose di no, visto che era l’ultima di Conte sulla panchina toscana. Pesoli sbuffa: “Non conoscevo Gervasoni. Qualche giorno prima lui mi chiamo tramite Skype, chiedendomi se quale poteva essere la formazione titolare, cose così”. Santa innocenza: la chiama uno sconosciuto collega del Piacenza, curioso delle formazioni di Siena-Varese, e non le vengono dei dubbi? “Ma no, era cortesia rispondere, ci siamo sentiti un’altra volta sempre via Skype, poi scambiati una quindicina di messaggi, ma uno non può essere condannato tre anni per due telefonate e 15 sms”. Forse dipende dal contenuto. “Ma lei pensa che io a 32 anni mi alzo una mattina e mi metto a fare le partite? E da solo? Dalla panchina?”

DI QUEL disgraziato Siena-Varese – di cui Pesoli è l’unico indagato e quindi condannato – finita 5-0, il difensore ha giocato solo l’ultimo quarto d’ora (curioso, come Carobbio, nel Siena, ndr), entrando sullo 0-4. “Se, come dice Gervasoni, avessi cercato di combinare un pareggio, beh, il campo da solo smentisce il tutto”. Molte cose non tornano. Per quella partita Carobbio ha inguaiato il suo ex presidente Massimo Mezzaroma. Raccontando della confidenza di uno “sconvolto” Coppola, portiere dei toscani, avvicinato “da un personaggio non identificato vicino al presidente Mezzaroma” che gli avrebbe suggerito di perdere la partita per mandare a buon fine una scommessa sicura. Perdere per vincere, insomma.

Stavolta, forse l’unica, Palazzi non gli ha creduto, addebitando tutto a Gervasoni e Pesoli (tentato illecito), e Carobbio (omessa denuncia). Siena e Varese hanno patteggiato (rispettivamente 6 e 1 punto).

“Non esistono riscontri, Carobbio addirittura ha detto agli inquirenti che ‘forse’ ha parlato con me una volta tramite skype. Chiedo un processo vero, vorrei vedere in faccia chi mi accusa e mi sta distruggendo la vita”.

Non che sia caduto dalle nuvole, Pesoli, quando la scorsa estate deflagrò il nuovo scandalo scommesse. “Le chiamate e i messaggi con Gervasoni erano di pochi giorni prima e dicevo a mia moglie: vuoi vedere che risalgono fino a me? Ho vissuto per mesi con questo peso”.

A marzo, la convocazione in procura federale: “Il 90% dell’interrogatorio è stato su Varese-Piacenza, 1-0 per noi, che non ho nemmeno giocato. Solo verso la fine mi chiedono se avessi visto qualche strana presenza nell’albergo del ritiro, in occasione di Siena-Varese.

MI ASPETTAVO al massimo un’omessa denuncia per la prima partita. Quando l’avvocato mi ha comunicato la richiesta del procuratore Palazzi, illecito, per Siena-Varese, 3 anni, non ci volevo credere. Leggere i verbali mi ha fatto ancora più male”.

Perché? “I magistrati volevano sapere come facesse Gervasoni ad avere il mio numero. Leggendo le carte ho saputo che glielo ha dato Riccardo Fissore (calciatore del Mantova, squalificato a giugno per 3,9 anni, ndr). Eravamo amici, ci frequentavamo fuori con le famiglie. Ora mi manda messaggi del tipo: forza, sono con te, gli ho risposto ad 1 su 10. Se sono qui, in mezzo alla strada, è anche per quella sua leggerezza”.

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L’inchiesta Via vai di avvocati per le repliche ai ricorsi

Calcioscommesse

lunedì e martedì

processo d’appello

Dopo i proscioglimenti impugnati a giudizio gli juventini Bonucci e Pepe ma anche Di Vaio e Portanova

di DONATO SOLIMENA (IL MATTINO 15-08-2012)

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Roma. Il giorno dopo il ricorso della Procura federale contro le sanzioni comminate dalla Commissione Disciplinare, per l'accusa e le difese del processo al Calciosommesse è stata inevitabilmente un'altra giornata di lavoro. Entro oggi, infatti, scadono i termini che sono stati fissati per consegnare alla Corte di Giustizia federale le eventuali repliche ai ricorsi presentati lunedì.

Il via vai di avvocati negli uffici federali di via Po, quindi, non si è fermato neanche ieri: qualcuno ha preferito lavorare celermente anticipando la consegna per evitare di trascorrere il Ferragosto a studiare le carte; qualcun altro, invece, attenderà l'ultimo giorno per ultimare la propria linea difensiva in vista dell'inizio del processo che prenderà il via dal prossimo lunedì pomeriggio (ore 14) presso l'ex Ostello della Gioventù del Foro Italico con il procedimento che è basato sul filone d'inchiesta condotto dalla Procura della Repubblica di Cremona.

Dal mattino seguente, invece, l'attenzione della Corte di Giustizia federale presieduta da Gerardo Mastrandrea si concentrerà su quello nato dal lavoro della Procura di Bari. Nei due giorni di processo torneranno alla sbarra tutti i protagonisti visti al Foro Italico. Il Procuratore federale, Stefano Palazzi, si è appellato contro i proscioglimenti decisi dalla Disciplinare (con l'eccezione del portiere della Samp, Daniele Padelli) anche in merito a Udinese-Bari: gli juventini Leonardo Bonucci e Simone Pepe, il torinese Salvatore Masiello, il senese Nicola Belmonte, ma anche l'Udinese chiamata a rispondere nuovamente per responsabilità oggettiva per l'ex Pepe.

In aula si tornerà a parlare anche di Bologna-Bari, dato che Palazzi ha fatto ricorso sia contro il proscioglimento dell'ex capitano del Bologna, Marco Di Vaio, sia contro la derubricazione da illecito ad omessa denuncia del difensore felsineo Daniele Portanova (torna a rischiare la penalizzazione in classifica anche il Bologna).

Il nuovo punto di forza del Procuratore sarebbe il tabulato telefonico che dimostrerebbe l'esistenza della telefonata tra i due calciatori. Per l'accusa un elemento in più per dimostrare la tentata combine. «Sono contento - risponde l'avvocato di Portanova, Gabriele Bordoni -, perché quei tabulati li avevo cercati io, ma mi erano stati negati. Questa è la miglior prova del fatto che quella telefonata che adesso emerge non abbia nessuna attinenza con l'episodio al centro del processo, perché altrimenti non si spiegherebbe la nostra ricerca di quei tabulati».

Dovrà difendersi nuovamente anche l'ex leccese Giuseppe Vives, scagionato dalla Disciplinare, per la combine di Bari-Lecce. Il club salentino, che deve lottare per ribaltare la sentenza che lo retrocede in Lega Pro (come il Grosseto), in caso di condanna per illecito del suo ex calciatore, rischia anche la penalizzazione.

In attesa del processo, Emanuele Pesoli, prosegue da sabato mattina il suo sciopero della fame incatenato davanti alla sede della Figc. Il calciatore del Siena, condannato a tre anni dalla Disciplinare, manifesta per avere un confronto con i suoi accusatori: i pentiti Filippo Carobbio e Carlo Gervasoni. «Dopo aver rovinato l'immagine del calcio italiano e molte famiglie, se Gervasoni ha le palle dovrebbe presentarsi in aula», ha detto in serata.

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L'assist di Bari a Palazzi: ecco

la telefonata Portanova-Di Vaio

Subito dopo il difensore avrebbe detto a Carella che «il capitano» non voleva

L'avv. Bordoni: «Meno male, avevo cercato i tabulati ma me li avevano negati»

di MAURIZIO GALDI (GaSport 15-08-2012)

Il Procuratore federale Stefano Palazzi ha lavorato tutta la domenica a predisporre gli appelli. Dalla corrispondenza si deve riconoscere che anche la Procura di Bari ha lavorato e alle 8.54 di lunedì sono arrivate sulla scrivania di Palazzi prove fresche che potrebbero essere utilissime negli appelli.

L'informativa Il pm Ciro Angelillis ha fatto arrivare una recentissima informativa dei carabinieri del 17 luglio. Un'informativa che i carabinieri puntano su Bologna-Bari mostrando per la prima volta come tra Portanova e Di Vaio ci fosse stato un contatto telefonico il giorno che Portanova incontrò Carella e Giacobbe, un telefonata breve, ma intorno alle 19.08. Subito dopo Portanova avrebbe detto a Carella che la combine non si poteva fare perché il capitano (Marco Di Vaio) non voleva. La telefonata avviene proprio tra i due incontri e la «lettura» delle celle è compatibile con la ricostruzione fatta da Carrella e Giacobbe.

Le difese «Sono contento, perché quei tabulati li avevo cercati io, ma mi erano stati negati. Questa è la miglior prova del fatto che quella telefonata che adesso emerge non abbia nessuna attinenza con l'episodio al centro del processo, perché altrimenti non si spiegherebbe la nostra ricerca di quei tabulati. È evidente che se noi avessimo avuto il dubbio che ci fosse una telefonata compromettente non avremmo certo cercato di provarla», l'avvocato Gabriele Bordoni nega che sia un colpo di scena a favore dell'accusa anche se in aula aveva come il suo assistito detto che tra Portanova e Di Vaio non c'erano rapporti perché aveva litigato.

Gli altri appelli Ora si dovrà vedere se e come l'informativa potrà cambiare la posizione di Portanova e Di Vaio davanti alla Corte di giustizia federale. Gli altri legali, in particolare per la partita Udinese-Bari che vede appellati i proscioglimenti di Bonucci, Pepe, Belmonte e Salvatore Masiello, si dicono tranquilli. In questo caso Palazzi punta a riaccreditare le dichiarazioni di Andrea Masiello le cui dichiarazioni sarebbero state confermate ai pm di Bari da Micolucci (sebbene de relato), Stellini e Gillet (in parte) e da Lanzafame, anche se a sostegno al momento ha presentato solo articoli di stampa. Infine l'appello su Vives che coinvolge anche il Lecce, ma ora la richiesta (oltre l'esclusione dalla B) diventa di 5 punti di penalizzazione, cade la responsabilità presunta. In appello possono essere ammesse nuove prove anche se non possono essere modificate le motivazioni alla base dei deferimenti.

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Il calcioscommesse

Palazzi fa ancora tremare il Bologna

Il ricorso del pm: Di Vaio e Portanova si telefonarono alle 7 di sera

E subito dopo spunta un nuovo incontro fra il difensore e i baresi in piazza Maggiore

di SIMONE MONARI (la Repubblica - Bologna 15-08-2012)

Perché Stefano Palazzi, il procuratore federale, ha aspettato solo ieri per depositare i tabulati con la famosa, e sin qui sempre negata, telefonata fra Di Vaio e Portanova? È la domanda del giorno, di questo lungo giorno che rimpalla di nuovo il Bologna fra ansie e timori, aspettando un altro processo. È difficile, oggi, dare una risposta. Forse Palazzi sperava di non doversene servire, o forse ha tergiversato, essendo la prova a discolpa a carico degli imputati (contrariamente al penale, dove si è innocenti fino a prova contraria). Oppure la sua è stata una lucida strategia per stanare gli avversari e colpirli in contropiede.

Ma è in fondo una questione secondaria. L’aspetto chiave, e preoccupante se osservato da questi lidi, è che Palazzi ha impugnato le sentenze della Disciplinare non limitandosi ad ampliare i suoi argomenti, che sono poi quelli di un pm convinto che davvero ci fu un illecito in quel Bologna- Bari 0-4 del 22 maggio 2011: tentato o consumato fa lo stesso, per la giustizia sportiva. No, Palazzi ha calato un asso. Una bella briscola, notava ieri amaro il presidente Guaraldi. «Non rilascio dichiarazioni, rientro dalla Sardegna domani - oggi per chi legge, ndr - e vedo le carte. Sono assai confuso, ora». Comprensibile. Il giorno dei deferimenti si era lasciato andare a pesanti rilievi su Portanova, per il quale la Procura aveva chiesto tre anni. E l’indomani aveva fatto marcia indietro. Perché la barca era la stessa e occorreva remare insieme, con Portanova e Di Vaio.

È vero che una telefonata, tanto più brevissima, non prova nulla. E il contenuto nessuno lo conosce. Inoltre, in secondo grado, sarà Palazzi a dover provare le sue accuse, portando prove autentiche. Ma la credibilità dei due giocatori è azzerata. E quella del club scalfita. Che i due si detestassero è ormai stranoto. Eppure, scrive Palazzi nel suo ricorso, si telefonarono proprio il 18 maggio, il giorno dell’incontro di Portanova coi tre famigerati “parenti di Masiello”. Saliti a Bologna per organizzare una combine, per l’accusa. La telefonata sarebbe delle 19.08, il primo incontro risaliva alle 17, poi ce n’era stato un altro poco dopo. Per Palazzi ce ne sarebbe stato un terzo, in piazza Maggiore. Lo dimostrerebbe una nuova chiamata alle 19.21 fra Portanova e De Benedictis, uno dei tre “parenti”. Di quest’ultimo appuntamento sin qui nessuno sapeva nulla. Come del contatto telefonico fra i due rossoblù. L’avvocato Magnisi diceva a Roma, durante il processo: «Basterebbe l’acquisizione dei tabulati delle telefonate di quel pomeriggio eventualmente intercorse tra le rispettive utenze telefoniche di Portanova e Di Vaio, a smentire l’eccentricità di tale ricostruzione, assolutamente inverosimile! ». Aveva pure allegato il Tutto-Città, per provare l’impossibilità di un loro appuntamento de visu, mentre Bordoni, il legale di Portanova, aveva detto nella sua arringa: «Siamo certi che quella telefonata non esiste». Il 21 processo in Corte di giustizia federale. Non sarà una passeggiata, dopo la sberla di ieri.

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Le reazioni

Di Vaio tornerà per il 21, a Casteldebole esce lo striscione per Portanova. Bordoni: “Quella carta l’avevo chiesta io”

Gli avvocati alla battaglia dei tabulati

“Un breve colloquio che non prova nulla”

Magnisi, legale del bomber, prepara la memoria: “I due si sentono appena per 40 secondi”

di LUCA BACCOLINI (la Repubblica - Bologna 15-08-2012)

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Al telefono, seimila chilometri a ovest, la voce serenamente esasperata da un fardello che non vuole lasciarlo: «C’è poco da aggiungere su quella telefonata, hanno già detto tutto gli avvocati per me, non ha senso che dica altro». Marco Di Vaio stringeva così il proprio riserbo, ieri, valutando la possibilità di presentarsi per la seconda volta a Roma il 21 agosto, davanti alla giustizia sportiva. Tre giorni prima, il 18, avrebbe una trasferta a San José, California. L’attendono cioè 15.000 chilometri in 72 ore, dopo che aveva già esultato per lo scampato pericolo (“Giustizia è fatta, vado a letto più sereno”, scriveva su twitter il 10 agosto, all’indomani del proscioglimento), fidando anche sul fatto che le deposizioni dei baresi l’avevano scagionato da ogni accusa.

Il ricorso di Palazzi e la telefonata con Portanova registrata dai tabulati, invece, l’han riportato nell’incubo. Per Di Vaio significherebbe carriera chiusa in anticipo, se venisse riabilitata la richiesta di squalifica per omessa denuncia. Il suo avvocato Guido Magnisi sta preparando una seconda memoria difensiva integrativa. Si lavorerà duro anche oggi, a Ferragosto, perché domani il plico va consegnato a Roma: «Per l’orario della telefonata e per la sua durata di circa 40 secondi - obietta Magnisi - si tratta di una conversazione che non ha alcun rapporto coi fatti. Oltretutto, i tabulati telefonici integrali erano stati negati alla difesa di Portanova e ovviamente erano inaccessibili allo stesso Di Vaio, perché in quel processo non era né indagato né ritenuto persona informata».

A Casteldebole, intanto, la squadra ha ripreso ad allenarsi, senza Portanova, però, che è già partito per Roma a riorganizzare la sua difesa. Guarente gli aveva dato l’appoggio dello spogliatoio («siamo con lui fino alla fine, ma il gruppo deve rimanere concentrato»); i tifosi il loro sostegno con lo striscione “Daniele colpevole d’innocenza” appeso ai cancelli.

La difesa vera, invece, tuonava contro la Procura Federale: «Andremo a discutere questo ulteriore elemento con serenità scandiva l’avvocato di Portanova, Gabriele Bordoni -, e noto poi che l’acquisizione dei dati è avvenuta a rate. Un modo singolare di procedere, che crea solo suggestioni. La telefonata si colloca in un orario incompatibile con i fatti contestati ed ha un contenuto assolutamente neutro ». Bordoni punta tutto sulla richiesta dei tabulati telefonici a conferma della buona fede: «Quei tabulati li avevo cercati io, ma mi erano stati negati. È evidente che se avessimo avuto il dubbio che ci fosse una telefonata compromettente non avremmo cercato di provarla».

E allora perché negare ogni comunicazione tra Portanova e Di Vaio, che oggi diventa la vistosa crepa che rischia di compromettere l’intero impianto difensivo? «Si tratta di una telefonata di cui i due non avevano memoria, brevissima e talmente banale da non meritare nemmeno d’essere ricordata». Il motivo, per non essere ricordata, andrà spiegato il 21 alla Procura.

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Il retroscena

In caso di condanna può scattare il “metodo Rickler”: causa con richiesta di risarcimento

Zanzi: “La società è parte lesa”

E le strade della difesa si dividono

di SIMONE MONARI (la Repubblica - Bologna 15-08-2012)

Non tutto è perduto. Anche se ieri a Casteldebole, una volta visto calare l’asso di Palazzi, è sceso un gelo che faceva a botte con la temperatura. Il dg Zanzi, soprattutto, era allibito. «Si è letto tutte le carte neanche fosse un avvocato», rivelava qualche settimana fa, piacevolmente sorpreso, proprio uno dei legali che hanno difeso il club, Portanova e Di Vaio. Lo stesso Zanzi ora dice: «siamo parte lesa». Lui che ad Andalo, lontano da occhi indiscreti, col presidente Guaraldi aveva preso da parte Portanova per provare a capire se davvero ci fosse stata una combine, e se davvero lui e Di Vaio si fossero sentiti. Un colloquio serrato, nel quale Portanova, a quanto s’è appreso, aveva negato tutto. Tant’è che il club, e i legali dei giocatori, sulla mancanza di rapporti fra i due avevano puntato con decisione.

E adesso? Adesso bisogna difendersi (il processo ci sarà il 21 a Roma), e a Casteldebole qualcuno confessa in privato che sarà durissima. Non è da escludere che le strade fra il Bologna e i giocatori si separino. Indicative ieri le parole di Mattia Grassani, legale del Bfc: «Solo oggi e solo a seguito dell’attività inquirente, meritevole del massimo rispetto come dimostra l’incisività dell’appello redatto da Palazzi, apprendiamo che Portanova ha telefonato a Di Vaio nel pomeriggio in cui lo stesso ha incontrato in città il gruppo dei baresi. Appaiono mutati, pertanto, lo scenario ed il quadro di riferimento dell’indagine e del processo, anche se la società intende ancora credere ai propri giocatori, almeno sino alla definizione del giudizio di appello, ben consapevole che dall’estraneità di Portanova dall’illecito sportivo e di Di Vaio dall’omessa denuncia dipende la conferma del proscioglimento del club».

Se ne può dedurre che, in caso di condanna in secondo grado, scatti per Portanova e Di Vaio il “metodo Rickler”, l’ex rossoblù che si è preso 4 anni per un illecito compiuto quand’era al Piacenza e al quale il Bologna ha chiesto 2 milioni di danni. La strada è tracciata, il precedente è indicativo, ma la priorità ora è un’altra. Uscirne indenni. Dura, ma non impossibile. Perché va ricordato che a Roma al centro di tutto non c’è il Bologna, ma la Juve e Bonucci, tirati in ballo da Masiello. Il quale per la Disciplinare non è credibile. Infatti Bonucci è stato assolto nonostante la Procura avesse chiesto 3 anni e sei mesi di squalifica. Se Masiello non è credibile anche per la Corte di giustizia federale, il Bologna può salvarsi, al di là di una telefonata di cui nessuno conosce il contenuto, non essendo frutto di un’intercettazione. In sé il contatto fra i due, della durata inferiore al minuto (dalle 19:08:30 alle 19:09:24 del 18 maggio 2011), non prova nulla. È un bel colpo di Palazzi, che quei documenti li ha richiesti queste domenica al procuratore capo della Repubblica di Bari Antonio Laudati e al sostituto procuratore Ciro Angelillis e lunedì li ha ricevuti. Alle 9 ha iniziato a preparare il ricorso, sapendo che avrebbe potuto giocarsi un carico pesante. Perché tutti quella telefonata l’avevano sempre negata. Ora, non è un bel vedere per la difesa, ma neppure è una prova. Anche perché la sentenza della Disciplinare batteva sulle incongruenze dei “parenti di Masiello”, le loro contraddizioni persino sul risultato da aggiustare (1-2 per Giacobbe, 3-1 per Carella). I due concordano solo su un punto: Portanova, dopo aver parlato con Di Vaio, si tira indietro.

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Scommesse

Palazzi: «A Bonucci almeno un anno»

di GUGLIELMO BUCCHERI (LA STAMPA 15-08-2012)

Andrea Masiello è credibile e, per questo, le sentenze di primo grado della Commissione Disciplinare sono da ribaltare là dove gli imputati sono stati prosciolti. Non ha dubbi il procuratore della Federcalcio Stefano Palazzi che, per le posizioni di Leonardo Bonucci e Simone Pepe, ha consegnato alla Corte Federale quindici pagine per il ricorso: per Palazzi, Masiello è talmente attendibile che la procura della Repubblica di Bari proprio sulle nuove, e recentissime, dichiarazioni dell’ex difensore barese sta costruendo l’inchiesta bis che a settembre sarà oggetto degli interrogatori degli uomini della procura federale. Palazzi, nel ricorso, chiede la squalifica per i due bianconeri come aveva fatto in primo grado, soffermandosi su Bonucci: per il difensore chiede la conferma dell’illecito sportivo (3 anni e 6 mesi di stop) o, in subordine, «un’omessa denuncia con un anno di squalifica», pena richiesta per Pepe.

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Palazzi fa ricorso e «incassa»

i tabulati Di Vaio-Portanova

Il procuratore federale deposita la prova della telefonata,

sempre negata, alla vigilia di Bari-Bologna. «È irrilevante»

di PINO STOPPON (l'Unità 15-08-2012)

IL PROCURATORE FEDERALE STEFANO PALAZZI HA DECISO DI IMPUGNARE TUTTE LE SENTENZE DELLA DISCIPLINARE SUL CASO CALCIOSCOMMESSE, tranne quelle su Padelli e Bombardini. Palazzi ha infatti depositato i ricorsi a via Po, richiamando a processo, davanti alla corte di giustizia federale, anche Simone Pepe e Leonardo Bonucci. I due calciatori della Juventus, assolti in primo grado, si dovranno quindi presentare ancora davanti ai giudici per il 20-21 agosto, con le sentenze definitive attese per il 23-24 dello stesso mese, visto l’approssimarsi dell'inizio del campionato. Il procuratore federale ha deciso di presentare appello anche contro le sentenze di proscioglimento di Giuseppe Vives (per Bari-Lecce), Marco Di Vaio e Daniele Portanova (per Bologna-Bari).

In merito alle posizione degli ultimi due giocatori, però, Palazzi potrebbe contare su una nuova carta da giocare visto che sulla sua scrivania adesso c’è la prova che la telefonata fra i due alla vigilia della partita, sempre negata davanti alla Disciplinare, ci fu davvero. Lo dimostrerebbero i tabulati depositati dalla procura federale, una “prova” che secondo il difensore dell’attaccante ex Bologna, l'avvocato Guido Magnisi, non cambierebbe la posizione del suo assistito visto che la conversazione sarebbe stata brevissima, poco più di mezzo minuto, e dunque non potrebbe avere alcun senso nell'inchiesta della procura federale sul calcioscommesse.

La difesa di Di Vaio, ora in forza al Montreal Impact (assolto in primo grado, mentre Portanova, per il quale il procuratore Stefano Palazzi aveva chiesto una condanna a tre anni, è stato condannato a sei mesi ma solo per l'omessa denuncia), «rileva infatti come i tabulati telefonici integrali, che erano stati negati alla difesa di Portanova dalla procura della Repubblica di Bari, e che ovviamente erano inaccessibili a Di Vaio perché in quel processo non è indagato e neppure persona informata dei fatti, farebbero emergere un contatto telefonico in tarda ora tra i due calciatori. Al di là delle considerazioni processuali (infatti anche la Vodafone aveva negato a questi difensori l'accesso ai tabulati) comunque l'orario della telefonata e la sua durata, circa 40 secondi, fanno intuire come si tratti di una conversazione che non può avere alcun rapporto coi fatti di cui in oggetto».

Resta il fatto che, se le indiscrezioni sui tabulati verranno confermate, Palazzi avrebbe aggiunto un punto di forza al suo appello contro la decisione della commissione disciplinare, perché quella telefonata era stata sempre smentita dagli interessati e dallo stesso club. Il processo d'appello sarà celebrato il 21 agosto.

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Caso Bonucci

Palazzi mina le strategie della Signora

di VALERIO FELLETTI (Libero 15-08-2012)

È Stefano Palazzi a controllare il mercato della Juventus. No, il procuratore federale della Figc non ha preso il posto di Marotta e Paratici. Più semplicemente, dalle sue richieste di squalifica (e dalle sanzioni che deciderà la commissione disciplinare) dipende la campagna acquisti bianconera. Perché, dopo l’annuncio del ricorso in appello da parte di Palazzi per quanto riguarda le posizioni di Pepe e Bonucci, la Juve deve fare di nuovo i conti con il rischio squalifica. E se i due, malauguratamente, dovessero venire fermati per un lungo periodo, Marotta dovrebbe correre ai ripari per sostituirli, se non entrambi almeno il difensore, titolare accanto a Barzagli e Chiellini. Bocchetti e Bruno Alves sono i probabili sostituti del centrale della nazionale, ma l’acquisto di un nuovo difensore toglierebbe molto probabilmente la possibilità della Juve di arrivare a un top player. La società torinese ha già speso 46 milioni di euro in questa sessione di mercato, e spenderne altri trenta (almeno 10 per il difensore, circa 20 per Llorente) pare difficile visto che il Fair Play Finanziario incombe. La «battaglia» della Juve contro Palazzi va vista anche in quest’ottica: i bianconeri sperano che finisca in tempo utile per completare il mercato.

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Rilancio Palazzi: ecco i perché

Bonucci-Pepe: entra in scena Lanzafame

Nell’appello contro i bianconeri, Palazzi cerca nuovi elementi per dare credibilità a Masiello

di SIMONE DI STEFANO (TUTTOSPORT 15-08-2012)

ROMA. Di novità ce ne sono poche, piuttosto rafforzativi e un costante ripetersi di «erronea valutazione della Disciplinare». Non è abituato a scrivere da sconfitto e usa la stessa penna di un avvocato anziché del pm. Fino a domenica Stefano Palazzi non sapeva se appellare o meno i prosciolti di Udinese-Bari, ma dopo le nuove prove (vedi pezzo accanto) su Bologna-Bari, ha deciso di riportare tutti al grande ballo, compresi Bonucci , Pepe , Salvatore Masiello e Belmonte . «Il racconto dei fatti di Masiello si è sviluppato in maniera coerente, lineare e precisa, senza passaggi illogici o contraddittori», la difesa della sua fonte primaria. Per Palazzi le dichiarazioni di Masiello a rate restano un «arricchimento progressivo». Per rafforzarlo, il pm usa la deposizione «spontanea» del 4 agosto di Davide Lanzafame. L’ex Bari avrebbe confermato le stesse gare del 2008 rivelate da Masiello: «Le dichiarazioni di Lanzafame hanno riscontrato - nota Palazzi - pienamente le dichiarazioni di Masiello».

BONUCCI La Disciplinare crede alla tesi di Bonucci ma sulle varie versioni del “pentito”, Palazzi replica: «Masiello colloca cronologicamente e spazialmente la proposta a Bonucci nella terza versione e la specifica in modo del tutto coerente». E sulla mancata riscossione di soldi da parte degli altri: «I calciatori - secondo Palazzi - regolano i loro rapporti singolarmente e prescindendo dall’intervento di Masiello. Le dichiarazioni di De Tullio non assumono valenza pari a Masiello». Ma dalla sua requisitoria, il pm ritenne invece De Tullio «credibile» proprio perché non tesserato, e per questo si cautela chiedendo per Bonucci e Belmonte la derubricazione in omessa denuncia in subordine all’illecito: «Non può assolutamente dubitarsi che, quanto meno, siano stati messi a conoscenza dell’iniziativa illecita di Masiello».

PEPE Sulla presunta telefonata tra Pepe e Salvatore Masiello, Palazzi spiega che «il richiamo alla Ferrari è un elemento caratterizzante dell’approccio tra i due ma di assoluta irrilevanza». Per intenderci: «Il differente termine («vendere» o «comprare», ndr) appare di scarsa rilevanza». E se per Portanova ha chiesto i tabulati per riscontrare la telefonata, per Pepe il pm federale si ferma alle rivelazioni. Palazzi si richiama anche alle sentenze di Corte di Giustizia: «La prova di un fatto può anche essere logica piuttosto che fattuale». Assenza del risultato concordato e mancanza del “quantum”: la logica porterebbe altrove.

VIVES Anche per Vives (3 anni e mezzo), il pm usa la carta Lanzafame, poi se la prende con la Disciplinare: «Ha omesso di valutare le dichiarazioni di Carella e Giacobbe che convergono sul ruolo attivo di Vives, considerati però credibili su Semeraro ». Con Vives torna l’oggettiva al Lecce e il -5 (non -6 con la presunta) abbinato alla retrocessione. Secondo grado al via il 20 agosto alle ore 14 con il filone cremonese, quello di Conte e Alessio . Il giorno dopo Bari, con gli avvocati sul piede di guerra: si prevedono 5 minuti a testa per le difese, altro che confronti all’americana.

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IL JOLLY DEL PROCURATORE

Portanova-Di Vaio

la telefonata c’è!

di SIMONE DI STEFANO (TUTTOSPORT 15-08-2012)

ROMA. Aveva gridato all’ingiustizia: «Vorrebbero che ammettessi una telefonata che non ho mai fatto». Ora cosa dirà Daniele Portanova dopo che Palazzi ha tirato fuori l’asso nella manica? La telefonata con Di Vaio c’è, tra il primo e il secondo incontro di Portanova e i Masiello Boys in Piazza Maggiore. Lo testimoniano i tabulati che avevano chiesto invano i legali Bordoni e Magnisi e che Palazzi ha ottenuto per posta elettronica domenica dalla procura di Bari. «Sono contento - rivela Bordoni- questa è la miglior prova del fatto che quella telefonata non abbia nessuna attinenza con l’episodio al centro del processo, altrimenti non si spiegherebbe la nostra ricerca di quei tabulati».

LA PROVA Ma Palazzi è sempre stato convinto del contrario: Portanova chiamò Di Vaio che rifiutò la combine. Dai tabulati la telefonata c’è stata, alle ore 19:08 del 18 maggio. La presunta proposta di illecito dura 54 secondi, il tempo per Di Vaio di rispondere picche. «Una manciata di secondi - eccepiscono i legali - per parlare di una cosa così importante?». Interviene anche Grassani, legale del Bologna: «Nuovi aspetti che modificano il quadro in vista del processo. Diamo atto a Palazzi di avere redatto un appello incisivo. Nonostante ciò la società farà le sue valutazioni, i conti si faranno alla fine». I nuovi documenti confermano anche il successivo incontro di Portanova con i Masiello Boys. Per Portanova, Palazzi chiede 3 anni e mezzo, per Di Vaio un anno e per il Bologna -2 punti non più patteggiabili.

Modificato da Ghost Dog

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Mazzoleni story l'arbitro

più odiato dai napoletani

L'antiquario bresciano e la lunga serie di errori ai danni degli azzurri

I siti filopartenopei avevano lanciato l’allarme molto prima della finalissima giocata a Pechino

Suo fratello, anche lui arbitro e antiquario candidato nella Lega, una volta fece il gesto dell’ombrello a Lotito

di ANTONIO FIORE (Corriere del Mezzogiorno - Napoli 15-08-2012)

L'allarme lo avevano lanciato i siti filopartenopei sin dal momento della designazione: «Incubo Mazzoleni su Pechino», titolava profetico il 9 agosto PianetaNapoli. A pensar male si fa peccato però eccetera, e infatti due giorni dopo nel Nido d'Uccello si materializzò puntuale la frittata arbitrale in mondovisione, trasformando di colpo l'antiquario Paolo Silvio Mazzoleni da Bergamo nell'uomo più odiato dai Napoletani.

Di colpo? Un momento: a ripercorrere la pur breve storia dei rapporti fra il fischietto orobico e la squadra azzurra, si scopre che le preoccupazioni della tifoseria nostrana, pur notevolmente amplificate dalla passione sportiva, non erano poi del tutto infondate: nel febbraio del 2008 il Napoli aveva perso nettamente contro l'Empoli, ma sul risultato finale (1 a 3) pesò non poco il penalty accordato ai toscani per un fallo di Domizzi (che fu anche espulso malgrado non fosse ultimo uomo) probabilmente commesso fuori area; due anni dopo i più attenti ricordano ancora un rigore negato dal Mazzoleni agli azzurri contro il Cagliari per un fallo su Bogliancino; bazzecole in confronto al Parma-Napoli dell'ottobre 2011 in cui l'Antiquario non sanzionò col rigore il fallo subìto da Lavezzi in area, dimenticò di espellere per doppio giallo il parmense Biabiany, e il match finì 2 a 1 per gli emiliani. Infine, 7 aprile 2012, sull'1 a 1 con la Lazio, Mazzoleni non vede un fallo da rigore su Pandev e annulla una rete ad Hamsik per fuorigioco fantasma di Cavani: finisce 3 a 1 per i laziali, anche se in quella occasione persino i più accaniti sostenitori del Napoli ammettono che la colpa della sconfitta è più della loro squadra frollata che dell'arbitro distratto. Ma già un anno prima, in un Napoli-Brescia al San Paolo, Mazzoleni aveva dato il meglio di sé in quattro mosse: 1) Non si era accorto di un tiro di tacco di Cavani che aveva superato la linea della porta avversaria 2) Aveva annullato un altro gol al Napoli per un fuorigioco inesistente 3) Non aveva fischiato un plateale fallo in area su Mascara 4) Aveva espulso (ma questa è una diffusa tradizione arbitrale) il solito Mazzarri. Al termine, era esplosa l'ira funesta di De Laurentiis: «Se i poteri vogliono che lo scudetto se lo giocano solo le due di Milano, noi togliamo il disturbo».

Con un curriculum del genere, c'è davvero voluto del fegato, o almeno un singolare senso dell'umorismo, da parte dei designatori Nicchi e Braschi al momento di scegliere l'uomo che avrebbe dovuto guidare con spirito assolutamente imparziale la prima sfida internazionale fra due compagini già divise da antiche ruggini, cresciute proprio su presunte ingiustizie arbitrali: ecco così scendere in campo a Pechino con la sua corte di assistenti (tutti venuti dal Nord, ed anche questo era forse un segno del destino), Paolo Silvio l'Antiquario, fisico asciutto, incedere ieratico, capelli pettinati all'indietro e profilo severo tipo Christopher Lee giovane, per intenderci quello che faceva Dracula al cine. Col fischietto al posto dei canini aguzzi, nell'incubo dei tifosi l'Antiquario ha addentato il Napoli alla giugulare alla fine del primo tempo a tradimento, senza nemmeno aspettare che sullo stadio calasse il tramonto.

Nominato da quel sabato Principe delle tenebre calcistiche, adesso Paolo Silvio viene definito, dai blogger più taglienti, come il miglior top-player acquistato dalla società bianconera negli ultimi tempi, insultato in Rete dagli ultras con mania di persecuzione, dileggiato dai membri del Napoli Fan Club di Sidney che hanno avuto il privilegio di incontrarlo, il giorno successivo alla partita: per di più, proprio nel Silk Market di Pechino, il gigantesco supermercato mondiale del falso... Esagerati: il Paolo Silvio Mazzoleni, 38 anni, arbitro internazionale dal 2011, sembra più una vittima della propria inadeguatezza che l'esecutore di un piano studiato a tavolino per fregare il Napoli e tagliare le gambe alle sue ambizioni di terzo polo pedatorio d'Italia. Tuttavia, ruolino di marcia calcistico a parte, certe circostanze vanno, per dovere di cronaca, evidenziate: nella foga di dare addosso all'Antiquario, alcuni internettiani hanno infatti frettolosamente segnalato che Paolo Silvio si sarebbe macchiato nel 2007 di un riprovevole gesto (sì, quello detto appunto «dell'ombrello») all'indirizzo del presidente della Lazio, Lotito, durante una partita con l'Atalanta: cui era presente non in veste di direttore di gara, bensì di semplice tifoso atalantino. Errore grave, scambio di persona: il protagonista dell'episodio non fu infatti Paolo Silvio ma il fratello maggiore Mario, che con il congiunto condivide sia la passione per l'arte che per l'arbitraggio. Anzi, condivideva: in seguito all'imbarazzante faccenda dell'ombrello, Mario (già dimissionario dalla sezione arbitrale di Bergamo) fu sospeso per sei mesi dalla commissione disciplinare. Scoprendo però contemporaneamente un'altra travolgente vocazione, quella per la politica, candidandosi nel 2009 alle elezioni nelle file della Lega Nord come consigliere comunale di Alzano Lombardo dove possiede una delle sue quattro gallerie d'arte: «Risiedo ad Alzano Lombardo da circa 8 anni, giorno in cui mi sono trasferito con mia moglie e le mie figlie», si legge tuttora in Rete sul suo manifesto elettorale. Dall'anacoluto scritto a quello fischiato: i fratelli Mazzoleni colpiscono ancora. Ma è Paolo Silvio quello che con il maldestro arbitraggio di Supercoppa ha elevato l'errore a forma d'arte: dopo Pechino, a Napoli lo hanno soprannominato la Piccola Vendetta Lombarda.

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L'intervento

Una società pericolosa per il Palazzo

di SALVATORE SICA * (Corriere del Mezzogiorno - Napoli 15-08-2012)

La partita di Supercoppa di Lega giocata a Pechino e la reazione del Napoli alla «gestione arbitrale» della gara, con la conseguente scelta di non partecipare alla premiazione, consentono alcune riflessioni che vanno ben al di là dei soli confini del calcio. La verità è che il «personaggio» De Laurentiis risulta anomalo per una serie di motivi che proviamo ad analizzare. Innanzitutto ha acquisito il Napoli senza provenire dal mondo del calcio e dunque è stato guardato da subito con sospetto da un ambiente che, diciamolo, è una «compagnia di giro», in cui ciascuno conosce fatti (e misfatti) dell'altro. Poi ha incominciato a fare (ed a praticare) discorsi imprenditoriali che hanno portato il Napoli ad essere una società esemplare sul piano imprenditoriale e dell'attenzione al bilancio; sempre nella logica dell'imprenditore De Laurentiis, se si accetta una regola va osservata e non si tratta di generica lealtà dei comportamenti ma di orizzonte d'impresa: chi fa impresa deve conoscere il quadro delle regole e dei modelli, così da fare le sue scelte. Inoltre in un ambiente abituato alla conservazione dello status quo, De Laurentiis propone prospettive di apertura commerciale miranti ad un'effettiva «liberalizzazione» del calcio italiano. Ma tutto ciò sarebbe nulla per il calcio, per come lo conosciamo, cioè fatto di presidenti «conniventi», di procuratori ex pizzaioli, di giocatori mercenari, da sempre abituato all'ipocrisia, alla doppia morale, al presidente squalificato che fa le trattative di mercato, all'allenatore sospeso che allena comunque! In fondo questo mondo ha già metabolizzato altre anomalie, riuscendo a «riassorbire», ad esempio, Della Valle, «inducendolo» a farsi parte del sistema. Il nodo stavolta è un altro: De Laurentiis va al cuore della questione quando discorre dell'anomalia di un'attività di impresa, quella dello spettacolo calcistico, in cui gli imprenditori investono capitali e devono fare i conti con soggetti terzi, addirittura di diritto pubblico, come la Figc, che fissano le regole, possono «interferire» con la riuscita dell'investimento: è come se l'Antitrust non si limitasse a regolare i mercati, ma i suoi funzionari, ogni giorno, potessero intervenire sull'esito delle gare d'appalto. Ed ecco perché agli occhi del Palazzo De Laurentiis è ancora più pericoloso e perché ora inizia la fase più difficile. Si tratta di vincere una sfida epocale, senza, tuttavia, disporre di giornali, televisioni e, per di più, gestendo una società del Sud, che aspira ad essere riferimento leading. È una bella sfida, in cui non si dovrebbe «tifare» ma sostenere proposte, operazioni di trasparenza e chiarezza.

* Ordinario di Diritto privato comparato Università di Salerno

Direttore dell'Osservatorio Disco (Diritto- Sport - Comunicazione)

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Quanta gente che sa giudicare!

Tra gli altri, un cantante che pontifica il moralizzatore boemo e un senatore che si permette, con tutta l'arroganza che il suo status politico gli da, di chiamare stupido un uomo che si allena e suda per crecare di essere pronto a intervenire nel modo più giusto in ogni situazione della partita di pallone.

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Purtroppo il tifo acceca. Ora anche i politici son diventati tutti arbitri e commentatori sportivi dimenticando che stanno facendo più danno loro, al partito che rappresentano, che il bunga bunga.

Se persino un docente di diritto privato afferma che:"De Laurentiis risulta anomalo per una serie di motivi che proviamo ad analizzare. Innanzitutto ha acquisito il Napoli senza provenire dal mondo del calcio e dunque è stato guardato da subito con sospetto da un ambiente che, diciamolo, è una «compagnia di giro», in cui ciascuno conosce fatti (e misfatti) dell'altro." come se i vari Lotito, Berlusconi, Zamparini,Della Valle, gli americani della Roma ecc. fossero tutti discendenti di dinastie calcistiche. Ma cosa scrive? Vendono la propria dignità e quel pizzico di orgoglio professionale pur di apparire, di sembrare i salvatori della patria di voler giustificare l'ingiustificabile..... E poi ci si lamenta che le cose in Italia vanno male.....

A proposito, sentito i commenti di Cesari e Paparesta che è ancora chiuso nello spogliatoio di Reggio? A prescindere dalle loro frequentazioni in mediaset, ma hanno forse dimenticato le innumerevoli stro.nzate che hanno combinato quando arbitravano?

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Beppe Grillo pensa a Travaglio. Lui il candidato premier dell'M5S

Gianfranco Rotondi, ex ministro, è convinto che la battaglia per la premiership nel 2013 sarà a tre. Pierluigi Bersani, Silvio Berlusconi e un candidato di peso di Beppe Grillo, che "non correrà nemmeno per diventare parlamentare ma resterà il megafono del Movimento Cinque Stelle", afferma ad Affaritaliani.it il politico fieramente democristiano. Smentita l'ipotesi di Guido Barilla e tramontata quella di Maurizio Landini, il leader del Movimento Cinque Stelle starebbe puntando le sue fiches sul giornalista torinese Marco Travaglio. Il retroscena

Mercoledì, 15 agosto 2012 - 13:21:00

Gianfranco Rotondi, ex ministro e politico fieramente democristiano di lungo corso, è convinto che la battaglia per la premiership nel 2013 sarà a tre. Pierluigi Bersani, Silvio Berlusconi e un candidato di peso di Beppe Grillo, che "non correrà nemmeno per diventare parlamentare ma resterà il megafono del Movimento Cinque Stelle". Smentita la decisione di puntare su Guido Barilla, l'imprenditore parmigiano capo della nota società che produce pasta, il comico genovese si starebbe orientando su un volto molto famoso. Un giornalista amato da molti e allo stesso tempo odiato da tanti: Marco Travaglio.

Sarebbe lui infatti il calibro da novanta su cui punterebbe il M5S per conquistare la maggioranza in Parlamento e andare alla guida del Paese. I palcoscenici di “Servizio pubblico” e de “Il fatto quotidiano” garantiscono al giornalista torinese un indiscusso successo in una larga fetta di popolazione, trasversale a qualsiasi appartenenza politica (destra, sinistra o centro). Ipotesi affascinante e fantasiosa, ma che trova riscontri. E’ dunque Travaglio il misterioso candidato premier di Grillo? Qualcuno aveva parlato anche di Maurizio Landini, il leader della Fiom, l’ultimo vero oppositore di Marchionne e della Fiat, ma pare proprio che il sindacalista non abbia alcun intenzione di entrare in politica. [libero.it]

Sentito?

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Beppe Grillo pensa a Travaglio. Lui il candidato premier dell'M5S

Gianfranco Rotondi, ex ministro, è convinto che la battaglia per la premiership nel 2013 sarà a tre. Pierluigi Bersani, Silvio Berlusconi e un candidato di peso di Beppe Grillo, che "non correrà nemmeno per diventare parlamentare ma resterà il megafono del Movimento Cinque Stelle", afferma ad Affaritaliani.it il politico fieramente democristiano. Smentita l'ipotesi di Guido Barilla e tramontata quella di Maurizio Landini, il leader del Movimento Cinque Stelle starebbe puntando le sue fiches sul giornalista torinese Marco Travaglio. Il retroscena

Mercoledì, 15 agosto 2012 - 13:21:00

Gianfranco Rotondi, ex ministro e politico fieramente democristiano di lungo corso, è convinto che la battaglia per la premiership nel 2013 sarà a tre. Pierluigi Bersani, Silvio Berlusconi e un candidato di peso di Beppe Grillo, che "non correrà nemmeno per diventare parlamentare ma resterà il megafono del Movimento Cinque Stelle". Smentita la decisione di puntare su Guido Barilla, l'imprenditore parmigiano capo della nota società che produce pasta, il comico genovese si starebbe orientando su un volto molto famoso. Un giornalista amato da molti e allo stesso tempo odiato da tanti: Marco Travaglio.

Sarebbe lui infatti il calibro da novanta su cui punterebbe il M5S per conquistare la maggioranza in Parlamento e andare alla guida del Paese. I palcoscenici di “Servizio pubblico” e de “Il fatto quotidiano” garantiscono al giornalista torinese un indiscusso successo in una larga fetta di popolazione, trasversale a qualsiasi appartenenza politica (destra, sinistra o centro). Ipotesi affascinante e fantasiosa, ma che trova riscontri. E’ dunque Travaglio il misterioso candidato premier di Grillo? Qualcuno aveva parlato anche di Maurizio Landini, il leader della Fiom, l’ultimo vero oppositore di Marchionne e della Fiat, ma pare proprio che il sindacalista non abbia alcun intenzione di entrare in politica. [libero.it]

Sentito?

uno juventino al potere........................

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uno juventino al potere........................

Certo

E io mi preparerei già a votarlo

(chiedo scusa ai mod, forse sto facendo politica .asd ]

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SCOMMESSE CRIMINALI

QUEST'UOMO, DA SINGAPORE,

TRUCCA

IL CALCIO

IN ITALIA E NEL MONDO

È così misterioso che di lui esistono soltanto due fotografie.

Con i suoi traffici gestisce un giro d'affari da 90 miliardi di dollari

l'anno. L'Interpol lo segue da tempo. La Procura di Cremona ha

chiesto il suo arresto accusandolo di avere condizionato interi

campionati. «Panorama» è andato a casa sua. Scoprendo che

vive indisturbato e che la sua gang è attiva più che mai.

di GIANLUCA FERRARIS & ANTONIO TALIA (Panorama | 22 agosto 2012)

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uno juventino al potere........................

Un pallista al potere.

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Gianluca Ferraris è un giornalista serio altro che Foschini e Mensurati.

Il suo libro "Pallone Criminale" ha ben altro spessore e grado di approfondimento de "Lo zingaro e lo scarafaggio" dei due raccomandati de La Repubblica che si preoccupano soltanto di fare marketing e non ricerca della verità.

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Tre stelle vs cinque cerchi

di MARCO MENSURATI dal blog Lo zingaro e lo scarafaggio 16-08-2012

“Se si comincia a inculcare i valori sportivi nella testa dei ragazzini sin dall’inizio, se si riesce a spiegare loro sin da subito che vincere non è tutto e che se anche arrivi quarto non è un fallimento, poi non ci sarà bisogno di spendere una fortuna in psicologi federali per atleti di 28 anni con le crisi di panico”. Niccolò Campriani, oro olimpico Londra 2012

In un mondo come quello del calcio è inevitabile trovarsi precipitati nella logica binaria del tifo. O di qua o di là. Juventino o interista. Antijuventino o antiinterista. Giù le mani da, a prescindere. Forza mister. Daje capitano. E via dicendo.

Siamo dunque certi che questo post finirà per essere letto in quest’ottica. E che quindi verremo bollati, ancora una volta, come antijuventini. Corriamo il rischio e diciamo ugualmente quello che pensiamo, avvertendo il lettore – inutilmente nel caso del lettore-tifoso – che diremmo la stessa cosa anche se la maglia oggetto di questo post avesse altri colori.

E quello che pensiamo è che la scritta voluta dalla proprietà (o dal marketing?) sulla nuova maglia della juventus è demenziale. Non ci riferiamo a quella sul petto relativa al numero degli scudetti vinti sul campo. Quella non ci fa né caldo né freddo (al massimo propizierebbe un discorso sul rispetto delle regole di cui però non frega niente a noi, figurarsi al lettore). Ma ci riferiamo a quella sul colletto: “Vincere non è importante, è l’unica cosa che conta”.

Scriviamo questo post in pieno periodo olimpico. Ci siamo commossi quando abbiamo visto alla cerimonia inaugurale Coe che parlava di “atleti che con il loro comportamento ispirino una generazione” e Rogge che ricordava il valore cardine dell’olimpiade, quello secondo cui “non è importante cosa vinci ma come gareggi”. Poi abbiamo pianto, letteralmente pianto, quando abbiamo visto l’ostacolista cinese con il tendine rotto raggiungere, su un piede solo, l’ultimo ostacolo della sua corsa impossibile e maledetta, e chinarsi, e baciare quel pezzo di legno che per lui voleva dire tutto. Poi abbiamo pianto di nuovo, stavolta di dolore, quando abbiamo visto Schwazer buttare tutto nel cesso perché, testualmente, voleva “a tutti i costi stare davanti”.

Poi, un po’ per sbaglio, ci è capitata sotto gli occhi l’immagine di quella nuova maglia bianconera. Maglia gloriosa, vogliamo ricordare, maglia nobile, maglia di eroi e artisti che ci hanno fatto sognare. E ci è venuta un po’ di tristezza. Detta da un colosso come Boniperti, contestualizzata in quella sentina dello sport che è il calcio italiano di serie A, quella frase ci era sempre sembrata simpatica, persino vera. Ma stampata su quella maglietta che probabilmente adesso vestiranno sognanti milioni di bambini ci è improvvisamente sembrata oscena e, soprattutto, pericolosa.

Perché, l’affermazione per cui “vincere è l’unica cosa che conta”, semplicemente, non è vera. (

)

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Gianluca Ferraris è un giornalista serio altro che Foschini e Mensurati.

Il suo libro "Pallone Criminale" ha ben altro spessore e grado di approfondimento de "Lo zingaro e lo scarafaggio" dei due raccomandati de La Repubblica che si preoccupano soltanto di fare marketing e non ricerca della verità.

Che ti devo dire... quei due MM&GF cercano la ribalta ed è vero che si sbaglia a riportarne commenti ed analisi... ma bisogna denunciare i loro sproloqui, infatti ancora oggi

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Che ti devo dire... quei due MM&GF cercano la ribalta ed è vero che si sbaglia a riportarne commenti ed analisi... ma bisogna denunciare i loro sproloqui, infatti ancora oggi

A proposito di questo gregge che tu hai citato, anche noi abbiamo conosciuto giornalisti veri, persone autentiche, che fanno il loro mestiere con la massima professionalità.

Poi ci capita di leggere corbellerie come quelle dell'articolo da te postato: una schifezza scritta a parole.

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A proposito di questo gregge che tu hai citato, anche noi abbiamo conosciuto giornalisti veri, persone autentiche, che fanno il loro mestiere con la massima professionalità.

Poi ci capita di leggere corbellerie come quelle dell'articolo da te postato: una schifezza scritta a parole.

Quei due stanno provocando e pure pesantemente.

Nell'articolo definiscono Boniperti "colosso" e Zalone "maestro": non sono seri e cercano lo scontro verbale come ho avuto modo di constatare contattandoli su altre piattaforme.

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Che ti devo dire... quei due MM&GF cercano la ribalta ed è vero che si sbaglia a riportarne commenti ed analisi... ma bisogna denunciare i loro sproloqui, infatti ancora oggi

Non si sbaglia. Mi dispiace solo che manca qualcuno he lo faccia notare perchè Mensurati e Foschini hanno alle spalle un'autentica macchina da guerra e fa rabbia che gente come questa venga invitata ai talk show radiotelevisivi che ne amplificano la visibilità mentre giornalisti seri come Ferraris restano nel semianonimato con la notevole differenza che (come vediamo anche dalla cosa postata da te) al duo di Repubblica non interessa granchè fare analisi di un fenomeno ma cercano solo occasioni di visibilità mentre Ferraris affonda a piene mani la sua analisi nel mondo del semiprofessionismo e nelle realtà medio piccole delle zone ad alto tasso criminale per ricostruire la genesi del fenomeno e le connessioni con la criminalità organizzata (mai del tutto chiarita quella vicenda che coinvolse Lotito, Chinaglia e i casalesi per esempio).

Mensurati e Foschini con il loro moralismo banalchic da salotto buono usano l'antijuventinismo come cassa di risonanza catalizzando su di sè la visibilità mentre Ferraris va deciso ad analizzare il fenomeno. Agli uni interessano le copertine all'altro interessa la sostanza. Questo fa davvero tanta rabbia perchè da queste cose capisci che questo paese è al colmo dell'ipocrisia.

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... sulla falsariga di ciò che dicevoli che nel mio post di poco fa riflettendo trovo quanto mai necessario impegnarsi per stigmatizzare l'opportunismo di Foschini e Mensurati ... in che senso?

Ci accusano di ridurre tutto all'antijuventinismo o meno e ci accusano di essere fondamentalmente dei fanatici laddove è evidente che sono solo ipocriti opportunisti che del fenomeno del calcioscommesse se ne fregano ben poco interessandogli solo la ribalta.

E allora dovremmo impegnarci a dare ribalta e risonanza ad una analisi seria del fenomeno e a giornalisti come Ferraris proprio per smer.darli

e mostrare a tutti che sono degli ipocriti e coloro che loro chiamano fanatici hanno ben più capacità di analisi e discernimento.

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E allora dovremmo impegnarci a dare ribalta e risonanza ad una analisi seria del fenomeno e a giornalisti come Ferraris proprio per smer.darli

e mostrare a tutti che sono degli ipocriti e coloro che loro chiamano fanatici hanno ben più capacità di analisi e discernimento.

Putroppo di giornalisti, in Italia, che indaghino sui fenomeni di cui scrivono ne sono rimasti davvero pochi.

MM&GF scrivono un romanzo - non hanno il coraggio di definirla inchiesta - basato quasi esclusivamente sulle confessioni di Ilievski e sulle veline passate dalle Procure di Bari e Cremona (Napoli non pervenuta). Devo ammettere che la parte davvero interessante è quella in cui viene spiegata l'efficienza del riciclaggio di denaro sporco in Puglia attraverso il circuito delle scommesse, assurdamente agevole. Ma da un punto di vista giornalistico è sensato che si indaghi a fondo ed invece spesso preferiscono "spettegolare" (leggasi pure "romanzare") o utilizzare articoli già scritti nell'ultimo anno.

In pratica, per chi è già informato si tratta di una lettura davvero deludente mentre chi non ha seguito le vicende viene tranquillamente orientato verso i soliti capri espiatori.

E allora Mondadori ed autori hanno bisogno di tanta pubblicità, se positiva o negativa non interessa.

Modificato da Ghost Dog

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INVIATO? NO, OSPITE! - ENRICO VARRIALE, TELECRONISTA SPORTIVO RAI, SAREBBE STATO OSPITE DI AURELIO DE LAURENTIIS A PECHINO PR ALCUNI GIORNI PRIMA DI DEDICARSI ALLA TELECRONACA DELLA FINALE DI SUPERCOPPA TRA JUVENTUS E NAPOLI - LA “SOFFIATA” ARRIVA IN UN MOMENTO IN CUI VARRIALE E’ SOTTO TIRO DA PARTE DEI TIFOSI JUVENTINI - E CHI ERA L’ALTRO GIORNALISTA OSPITE? AH SAPERLO…

Carlo Tarallo per Dagospia

Il sospetto è che si tratti di una "vendetta" bianconera, ma la chicca c'è tutta: l'inviato Rai Enrico Varriale, che ha seguito per la Tv di Stato la finale di Supercoppa Italiana a Pechino tra Napoli e Juve, sarebbe stato "ospite" del presidente azzurro Aurelio De Laurentiis per alcuni giorni prima della partita.

Varriale avrebbe trascorso i giorni immediatamente precedenti la sfida di sabato scorso al Park Hyatt Hotel, lussuoso albergo della capitale cinese dove ha alloggiato il Napoli, a spese di De Laurentiis. La "soffiata" viene in un momento in cui Varriale è sotto tiro da parte dei tifosi juventini, inviperiti per i servizi dell'inviato Rai, giudicati troppo "filo azzurri" dai supporters bianconeri.

http://www.dagospia.com/rubrica-2/media_e_tv/inviato-no-ospite-enrico-varriale-telecronista-sportivo-rai-sarebbe-stato-ospite-di-aurelio-de-42760.htm

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SPY CALCIO di F.BIANCHI (Repubblica.it 16-08-2012)

Juve, Napoli e Roma

la stagione dei veleni

Una stagione al veleno: forse la peggiore degli ultimi anni. Le premesse sono davvero preoccupanti. La Juve che attacca la giustizia sportiva e la Figc (arriverà il deferimento?) perché è saltato il patteggiamento di Conte, il Napoli che diserta la premiazione della Supercoppa (sarà deferito?) perché si sente derubato dall'arbitro, Zeman che attacca Conte che allena nonostante la squalifica e la Juve che attacca Zeman ("ha vinto più Carrera in una partita che Zeman in tutta la sua carriera...", la caustica battuta di John Elkann). In più, mentre si giocherà, ecco i processi del calcioscommesse. Con Stefano Palazzi che non si arrende e dopo la pessima figura che ha fatto con il caso Conte (prima accettando un patteggiamento di tre mesi e poi chiedendo una condanna di 15 mesi) ecco che adesso ha fatto ricorso, seppure in extremis. Il procuratore federale contesterà davanti alla CGF (corte di giustizia federale) l'assoluzione dei due bianconeri Bonucci e Pepe. Si comincia lunedì 20 agosto. Poi, sotto processo altre società di A e B: si andrà avanti anche a settembre e molti club partiranno penalizzati. In autunno intanto sarà confermato Giancarlo Abete alla presidenza Figc: non ci sono alternative. Ma dovrà mettere mano, quanto prima, alla giustizia sportiva. Così non si può più andare avanti.

La Rai fra diritti esteri e giornalisti "invitati"

La Rai cerca di correre ai ripari e di acquistare in extremis, e con lo sconto, i diritti che le consentirebbero di poter trasmettere il campionato di serie A e B anche all'estero (vedi Spy Calcio del 15 agosto). Milioni di italiani che vivono e lavorano in Usa. Australia, Africa e c. sono legati alla "Giostra del Gol" che adesso Rai Sport sta cercando di rivalutare nelle telecronache e nei commenti. Prima era una serie di gaffes e di errori incredibili. E' una questione di rispetto per gli italiani all'estero: ora la Rai sta cercando di chiudere la trattativa con le Leghe Calcio interessate, a pochissimi giorni dall'inizio dei campionati. Si tratta di un piccolo sforzo economico, per una trasmissione che potenzialmente interessa milioni di persone. Da definire ancora nel dettaglio le altre trasmissioni della prossima stagione. Ci sta lavorando Eugenio De Paoli, direttore di Rai Sport ma soltanto la prossima settimana saranno ufficializzate: si sa che la Domenica Sportiva avrà sempre alla conduzione Paola Ferrari, e che partirà già domenica 26 agosto. Dovrebbe cambiare la formula di Novantesimo Minuto: i primi 15' solo immagini, poi anche i commenti (confermati Franco Lauro e Jacopo Volpi). Dribbling, il sabato, forse senza conduttore: solo servizi. Intanto, a Saxa Rubra molte discussioni sul giallo di un giornalista di Rai Sport, bravo e conosciuto, che, secondo Dagospia, sarebbe stato ospite del Napoli per alcuni giorni a Pechino, in occasione della Supercoppa.

Gruppi sportivi militari e quel "mercato" dei campioni...

Passata la legittima euforia per il risultato delle Olimpiadi, superiore alle aspettative, il Coni già a settembre si rimette in movimento: verrà tenuto un vertice con i tecnici e i medici delle Federazioni impegnate a Londra. Per capire come, e dove, bisogna migliorare in vista di Rio. Ci tiene in particolar modo il capo delegazione, Lello Pagnozzi, che è anche il candidato (favorito) per la poltrona che sino a fine febbraio 2013 appartiene a Gianni Petrucci. L'attuale n.1 del Coni a Londra ha difeso due Federazioni indifendibili. L'atletica e il nuoto. La prima, potrebbe vedere qualche candidatura contro l'attuale presidente Franco Arese. Nel nuoto sarà confermato invece Paolo Barelli e tutto sommato, caso Pellegrini a parte, ci sono un paio di giovani, guidati da Scozzoli e Paltrinieri, che fanno ben sperare. Nell'atletica no, è il deserto. Andrà risolto anche un altro problema, di cui avevamo accennato in occasione delle Olimpiadi: i gruppi sportivi militari hanno un ruolo chiave e meritorio, e ci hanno portato tantissime medaglie: ma la concorrenza fra loro, nel portarsi via i migliori atleti, alcuni autentici campioni (Campriani, Cammarelle, ecc.), sta suscitando grossi malumori da parte dell'Esercito e della Polizia (Fiamme Oro). Manca un regolamento del Coni che eviti questo "mercato", a volte poco simpatico. Dovranno occuparsene Pagnozzi e Petrucci.

___

il Fatto Quotidiano 17-08-2012

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Portanova contro Palazzi

"Il comportamento del procuratore in questa vicenda è da stigmatizzare: sbagliato nei fatti e sgradevole nei modi. Siamo delusi e amareggiati".

Gabriele Bordoni, avvocato di Daniele Portanova, ha presentato le controdeduzioni in vista dell'appello davanti alla giustizia sportiva per il suo assistito.

"Il comportamento del procuratore Palazzi in questa vicenda è da stigmatizzare: sbagliato nei fatti e sgradevole nei modi. Siamo delusi e amareggiati. Peccato, Palazzi era sempre stato un avversario ostico ma corretto. I tabulati delle telefonate di Daniele li avevo cercati anch'io".

Pesoli: "Protesta inutile

Mai pensato al patteggiamento"

Roma, 16 agosto 2012

Dopo lo sciopero della fame da incatenato davanti alla sede della Figc: "Sono stato condannato a 3 anni ingiustamente, speravo di sensibilizzare chi di dovere. Voglio difendermi, ne va della mia vita, ma non posso, mentre Gervasoni e Carobbio, i miei accusatori, sono stati ritenuti attendibili"

"Sono tornato ieri a casa dopo 4 giorni e mezzo davanti alla sede della Federcalcio. Non è stato facile, è servita grande forza psicologica, stare lì senza mangiare, dormire, ce l'ho fatta grazie al supporto di mia moglie, dei miei figli, dei miei amici". Emanuele Pesoli a Tele Radio Stereo 92.7 parla della sua vicenda e della protesta iniziata il giorno dopo la sentenza della Disciplinare. Pesoli si è incatenato e ha deciso di iniziare lo sciopero della fame contro la squalifica di tre anni che gli è stata inflitta per il calcioscomesse. E assicura di non aver mai pensato al patteggiamento: "Mai. Chi sa di avere ragione va fino in fondo, non decide di pagare pene lievi solo per uscire in fretta da una vicenda che lo riguarda".

"ingiustizia" — "Purtroppo la protesta non è servita a nulla. Vengo accusato ingiustamente per illecito sportivo, sono stato condannato a 3 anni, speravo di sensibilizzare chi di dovere. Ma a parte la Figc nessuno mi ha chiamato. Abete, Albertini e Valentini mi hanno dato ascolto e li ringrazio, ma a parte loro non sono riuscito a ottenere un confronto con chi mi ha accusato, Gervasoni e Carobbio. Quello che ho fatto in termini pratici non è servito a nulla". Pesoli ricostruisce i fatti. "Ero a casa, mi squillò il cellulare, numero sconosciuto, era Gervasoni. Non lo conoscevo, mi chiesi chi gli avesse dato il mio numero. A quella telefonata seguirono tanti messaggi. Più che altro si informava su chi avrebbe giocato magari la domenica successiva, come veniva preparata la partita. Non erano domande dirette, ma tendenti a sapere qualcosa di specifico. Capii che c'era qualcosa che non andava. Mi poteva sembrare un collega in difficoltà, perché la sua squadra, il Piacenza, lo era e doveva affrontare noi del Varese che eravamo già ai play off. Gli dissi che non avrei giocato titolare perché il tecnico mi avrebbe risparmiato in un match che per la nostra classifica contava poco. Anche se avremmo giocato alla morte, e questo gli dissi, perché volevamo mantenere la nostra posizione in classifica".

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"INVENZIONI" — "Il punto oscuro - prosegue nella sua ricostruzione Pesoli - è che con Gervasoni parlai spesso di Varese-Piacenza, ma sono stato messo in mezzo per una partita, Siena-Varese, per la quale mi sono sentito con Gervasoni solo per dire in quale albergo avremmo alloggiato, perché me lo aveva chiesto lui. Qualcosa di folle anche perché mi ritrovo condannato per tre anni per una partita che secondo Gervasoni doveva finire in parità, che è finita 5-0 e nella quale ho giocato appena mezz'ora, entrando sul 4-0. I contatti con Carobbio? Inventati. Palazzi ha creduto a quanto gli hanno detto, ossia che io abbia chiesto a Gervasoni chi potesse essere utile del Siena per combinare la partita. Gervasoni mi avrebbe dato il contatto con Carobbio e Carobbio mi avrebbe detto detto che non era possibile combinare Siena-Varese. Cose completamente inventate". Resta da capire perché Gervasoni ha coinvolto Pesoli. "Potrei pensare a una sua vendetta, una volta che capì che non avrebbe trovato terreno fertile. Oppure che ha scelto di fare così perché più persone tirava dentro, meno pena avrebbe scontato. E l'assurdo è che per questa vicenda lui ha preso tre mesi, io tre anni".

"Chiedo un confronto" — Poi Pesoli spiega cosa chiederebbe a Palazzi: "Con lui non ho mai parlato. Vorrei che mi concedesse un confronto diretto con Gervasoni e Carobbio, i due miei accusatori. Voglio difendermi, ne va della mia vita. Ma non posso, dal momento che Gervasoni e Carobbio sono stati ritenuti attendibili. Non è stato provato che io potessi ottenere soldi. Ho fatto 16 anni di gavetta per arrivare in Serie A, prendendo solo 4 cartellini rossi. A 31 anni mi sveglio e decido di combinare una partita? Da solo? Senza coinvolgere altri compagni? È assurdo. Non chiedo la grazia. Ma semplicemente un confronto. Sono un uomo e un calciatore pulito. La mia unica colpa è stata quella dell'ingenuità. Avrei potuto denunciare i contatti con Gervasoni? Purtroppo non sussiste nei contatti neanche il presupposto per una denuncia".Gasport

Calcioscommesse, Pesoli: “Un incubo, voglio difendermi e uscirne. Patteggiare? Mai”.

Scritto da Dimitri Canello il ago 16, 2012 20:14

Queste le parole a Trs di Emanuele Pesoli, calciatore del Siena che fino a ieri si era incatenato davanti alla Federcalcio dopo esser stato condannato per 3 anni nell’ambito dell’inchiesta per il Calcioscommesse: “Sono tornato ieri a casa dopo quattro giorni e mezzo davanti alla sede di via Po della Federcalcio. Non è stato facile, è servita grande forza psicologica, stare lì senza mangiare, dormire, grazie al supporto di mia moglie, dei miei figli, dei miei amici.

Purtroppo non è servito a nulla. Vengo accusato ingiustamente per illecito sportivo, sono stato condannato a 3 anni ingiustamente, speravo di sensibilizzare chi di dovere. Ma a parte la Figc nessuno mi ha chiamato. Abete, Albertini e Valentini mi hanno dato ascolto e li ringrazio, ma a parte loro non sono riuscito a ottenere un confronto con chi mi ha accusato, Gervasoni e Carobbio. Quello che ho fatto in termini pratici non è servito a nulla.

Ricostruiamo i fatti?

“Io ero a casa. Mi squillò il cellulare, numero sconosciuto, era Gervasoni. Non lo conoscevo, mi chiesi chi gli avesse dato il mio numero”.

Cosa ti ha chiesto?

“A quella telefonata seguirono tanti messaggi. Più che altro si informava su avrebbe giocato magari la domenica successiva, come veniva preparata la partita. Non erano domande dirette, ma tendenti a sapere qualcosa di specifico. Capii che c’era qualcosa che non andava. Mi poteva sembrare un collega in difficoltà, perché la sua squadra, il Piacenza, era in difficoltà. E doveva affrontare noi del Varese che eravamo già ai play off. Gli dissi che Varese-Piacenza non l’avrei giocata titolare perché il tecnico i avrebbe risparmiato in un match che per la nostra classifica contava poco. Anche se avremmo giocato alla morte, e questo gli dissi, perché volevamo mantenere l’imbattibilità casalinga. Il punto oscuro è che con Gervasoni parlai spesso di Varese-Piacenza, ma sono stato messo in mezzo per una partita, Siena-Varese, per la quale mi sono sentito con Gervasoni solo per dire in quale albergo avremmo alloggiato, perché me lo aveva chiesto lui. Qualcosa di folle anche perché mi ritrovo condannato per tre anni per una partita che secondo Gervasoni doveva finire in parità, che è finita cinque a zero, e nella quale ho giocato appena mezz’ora, entrando sul quattro a zero”.

E i contatti con Carobbio?

“Inventati. Palazzi ritenendo Gervasoni e Carobbio attendibili, ha creduto a quanto gli hanno detto, ossia che io abbia chiesto a Gervasoni chi potesse essere utile, del Siena, per combinare la partita. Gervasoni mi avrebbe dato il contatto con Carobbio, che io avrei contattato. E Carobbio mi avrebbe detto detto che non era possibile combinare Siena-Varese. Cose completamente inventate”.

Secondo te perché Gervasoni ti ha tirato dentro?

“Potrei pensare a una sua vendetta, una volta che capì che non avrebbe con me trovato terreno fertile. Oppure che ha scelto di fare così perché più persone tirava dentro, meno pena avrebbe scontato. E l’assurdo è che per questa vicenda lui ha preso tre mesi, io tre anni”.

Cosa chiederesti a Palazzi?

“Con lui non ho mai parlato. Vorrei che mi concedesse un confronto diretto con Gervasoni e Carobbio, i due miei accusatori. Voglio difendermi, ne va della mia vita. Non posso difendermi, dal momento in cui Gervasoni e Carobbio sono stati ritenuti attendibili”.

Secondo l’accusa, miravi a ottenere soldi dalla combine?

“Non è stato provato che io potessi ottenere soldi. Ho fatto sedici anni di gavetta per arrivare in Serie A, prendendo solo quattro cartellini rossi. A trentuno anni mi sveglio e decido di combinare una partita? Da solo? Senza coinvolgere altri compagni? E’ assurdo. Non chiedo la grazia. Ma semplicemente un confronto. Sono un uomo e un calciatore pulito. La mia unica colpa è stata quella dell’ingenuità. Avrei potuto denunciare i contatti con Gervasoni? Purtroppo non sussiste nei contatti neanche il presupposto per una denuncia”.

Come immagini il confronto con Abete?

“Ad Abete parlerò col cuore in mano, piango ogni giorno, lo guarderò negli occhi, so che non può fare nulla, se non darmi un appoggio morale. Però mi chiedo perché la Federcalcio permetta che qualcuno rovini ragazzi per bene per accuse infondate. La giustizia sportiva va rivista, è un sistema ormai vecchio”.

Cosa faresti se ti concedessero il confronto con Gervasoni e Carobbio?

“Dovrei mantenere la calma. Perché la calma può anche essere smarrita quando ci si trova davanti a due scorretti come quei due. Potrei non rispondere delle mie azioni se non mantenessi la calma”.

Stai pensando di rivolgerti alla magistratura ordinaria?

“Intanto aspettiamo l’appello del 20 agosto. Se andasse male ci rimetteremmo al TNAS. Comunque dovrei farmi sei mesi di squalifica. Poi ovvio che con i miei legali stiamo valutando ogni possibilità”.

Tu dal Siena andresti al Verona?

“Dove c’è il Direttore sportivo Sogliano che mi ha avuto a Varese e con cui c’è un rapporto eccezionale, anche economicamente sono per paradosso un privilegiato. Perché oltretutto avrò anche la possibilità di allenarmi, dal nuovo contratto collettivo risulta che le società possano non pagare gli stipendi a tesserati condannati. Ci sono tre strade: o ti congelano lo stipendio. O te li pagano finché non si completa l’iter processuale, o semplicemente i contratti diventano carta straccia”.

Mai pensato di patteggiare?

“Mai. Chi sa di avere ragione va fino in fondo, non decide di pagare pene lievi solo per uscire in fretta da una vicenda che lo riguarda”.

[padovagoal.it]

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INVIATO? NO, OSPITE! - ENRICO VARRIALE, TELECRONISTA SPORTIVO RAI, SAREBBE STATO OSPITE DI AURELIO DE LAURENTIIS A PECHINO PR ALCUNI GIORNI PRIMA DI DEDICARSI ALLA TELECRONACA DELLA FINALE DI SUPERCOPPA TRA JUVENTUS E NAPOLI - LA “SOFFIATA” ARRIVA IN UN MOMENTO IN CUI VARRIALE E’ SOTTO TIRO DA PARTE DEI TIFOSI JUVENTINI - E CHI ERA L’ALTRO GIORNALISTA OSPITE? AH SAPERLO…

Carlo Tarallo per Dagospia

Il sospetto è che si tratti di una "vendetta" bianconera, ma la chicca c'è tutta: l'inviato Rai Enrico Varriale, che ha seguito per la Tv di Stato la finale di Supercoppa Italiana a Pechino tra Napoli e Juve, sarebbe stato "ospite" del presidente azzurro Aurelio De Laurentiis per alcuni giorni prima della partita.

Varriale avrebbe trascorso i giorni immediatamente precedenti la sfida di sabato scorso al Park Hyatt Hotel, lussuoso albergo della capitale cinese dove ha alloggiato il Napoli, a spese di De Laurentiis. La "soffiata" viene in un momento in cui Varriale è sotto tiro da parte dei tifosi juventini, inviperiti per i servizi dell'inviato Rai, giudicati troppo "filo azzurri" dai supporters bianconeri.

http://www.dagospia....io-de-42760.htm

Cinepanettone alla Supercoppa

TELECRONACA SPONSORIZZATA

Bufera su Varriale, ospite di De Laurentiis in Cina prima di Juve-Napoli

Rabbia dei bianconeri e Rai sotto accusa: il giornalista l’aveva informata

di GIAMPIERO DE CHIARA (Libero 17-08-2012)

J-Ax, quando ancora era il il leader degli Articolo 31, nella canzone L’italiano medio cantava: «E datemi Fiorello e Panariello alla tv. Sono l’italiano medio nel blu dipinto di blu, ma a me non me ne frega tanto io sono un italiano e canto e non togliermi il pallone, non ti disturbo più. . . ». Parole e note che sembrano adattarsi benissimo in questo agosto torrido alla querelle che vede coinvolto il giornalista Rai Enrico Varriale. Uno «scandaletto» estivo che fa da appendice alle polemiche, sollevate dalla Juventus, sulla telecronaca pro-Napoli nella finale di Supercoppa italiana, disputata a Pechino lo scorso 12 agosto. E tra spread in altalena, l’Irpef che dicono potrebbe diminuire e polemiche per vacanze vip con la scorta, ecco che lo sport più amato dagli italiani torna al centro dell’attenzione mediatica.

L’accusa la lancia il sito di gossip «Dagospia»: il telecronista, peraltro autore di un libro «Napoli 8 e 1/2» sulla storia degli 85 anni d’amore tra la città e la sua squadra, sarebbe stato ospite del presidente partenopeo Aurelio De Laurentiis in Cina, il quale si sarebbe sobbarcato gli oneri della trasferta del giornalista. E c’è subito chi grida al conflitto d’interesse perchè Enrico Varriale ha commentato (da bordocampo) la finale vinta, tra le tante polemiche, dai bianconeri della Juve.

Ma cosa è successo veramente? Intanto l’unica cosa certa è che non è stato il solo Varriale ad essere ospite del vulcanico presidente partenopeo. Con la carovana azzurra, in terra cinese, sono stati ospiti del patron del Napoli anche altri giornalisti che abitualmente seguono le vicende calcistiche napoletane. Di certo, inoltre, c’è anche che la Rai ha autorizzato il proprio dipendente Varriale a seguire il Napoli a spese della società campana. Il motivo? Bisognava seguire la «Dragon cup», la settimana precedente la partita Juventus-Napoli. E che cosa è la Dragon cup? Un torneo di arti marziali? O una convention economica legata al mondo orientale? Niente di tutto questo. Quella manifestazione, che poi è saltata, era un mini-torneo amichevole cui il Napoli doveva partecipare, sfidando un paio di squadre cinesi, per saggiare e prepararsi al meglio per la finale di Supercoppa. La versione ufficiale della Rai è che la Dragon cup non si è più disputata e a quel punto non si poteva più rinunciare, per il giornalista al seguito, all’offerta di De Laurentiis. Problemi burocratici, legati ai visti, hanno fatto in modo che non si potesse tornare indietro e respingere l’offerta dell’albergo pagato dal Napoli.

A Saxa Rubra qualcuno però ha storto il naso. A Varriale è stato concesso l’ok da parte del suo direttore per accettare l’invito. Insomma più che il giornalista, che ha seguito la prassi, è la stessa Rai ad avere qualche manchevolezza. A Viale Mazzini, ai piani alti della direzione, sono caduti dalle nuvole. Nessuno sapeva nulla di questa polemica estiva. La prossima settimana, al ritorno dalle ferie di molti dei dirigenti Rai, al settimo piano - si viene a sapere - potrebbe essere presa in considerazione la questione. Anche perchè certi episodi non accadano più. Varriale, comunque, il suo lavoro l’ha fatto. In quei giorni il telecronista Rai ha seguito sia gli allenamenti del Napoli che quelli della Juventus. La squadra bianconera era, infatti, al centro delle cronache anche per il coinvolgimento di alcuni suoi tesserati nel calcioscommesse. Il presidente di uno dei sindacati interni dell’azienda di Viale Mazzini, Carlo Verna (Usigrai), spiega che: «Il comportamento di Varriale è stato ineccepibile, perchè ha avuto l’ok della direzione, ma io ho appprezzato molto, per esempio, che il direttore di RadioRai abbia rifiutato l’invito di De Laurentiis». Andando più a fondo, qualcuno in Rai, fa notare che l’azienda ha la possibilità di scegliere gli alberghi per i propri inviati e non deve certo accettare offerte o inviti a pagamento.

La notizia, uscita nel giorno di Ferragosto, ha fatto il giro dei siti sportivi e non solo. La Juventus e i suoi tifosi, che già avevano commentato e criticato la telecronaca Rai hanno così trovato un nuovo appiglio per criticare Varriale. A rigor di logica il giornalista ha fatto il suo mestiere, a prescindere dalle simpatie calcistiche. Il fatto di aver sottolineato che la partita è stata decisa dalle espulsioni e che l’arbitro, alla fine, è stato il vero protagonista, è un dato di fatto. Certo è che alla luce delle nuove indiscrezioni, i sospetti degli amanti della «Vecchia Signora» aumentano e si rafforzano. Il giornalista, spesso al centro di polemiche (vedi le liti con Roberto Mancini, Mourinho e Walter Zenga), aveva replicato prima che scoppiasse il caso. Poche parole, ma significative quelle del cronista: «Non voglio criticare gli arbitri, ma la gestione della partita è stata sbagliata».

Ieri Varriale non ha voluto replicare. Pare sia in vacanza al mare per godersi le ferie, anche in vista della ripresa del campionato dove il giornalista sarà impegnato con il suo programma domenicale «Stadio sprint». Per lui parla la sua carriera: da metà anni novanta è inviato speciale al seguito della nazionale italiana di calcio, ha partecipato a quattro campionati del mondo e a due campionati europei. E alle critiche, da parte di certe squadre, è ormai abituato. E anche alle invidie interne. Il timore, a volte, è che il nemico si nasconda in casa propria.

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