Vai al contenuto
CRAZEOLOGY

K A L C I O M A R C I O! - Lo Schifo Continua -

Recommended Posts

Joined: 14-Jun-2008
11014 messaggi

Cosa Nostra, tentata strage all’Olimpico

di MAURIZIO MARTUCCI dal blog il Fatto Quotidiano.it 09-03-2012

Stagione stragista 1993/1994, intoppo nell’atto finale, ai calci di rigore.

“Il telecomando all’Olimpico non funzionò”. Strage mancata dopo i colpi in

casa a Capaci (Falcone) e Via D’Amelio (Borsellino) e le trasferte corsare a

Via Fauro (Roma), Via dei Georgofili (Firenze), Via Palestro (Milano). Prima

delle bombe in Chiesa a San Giorgio al Velabro e fuori la Basilica di San

Giovanni in Laterano.

L’ultima svolta nelle indagini della Procura di Caltanissetta, rimanda alle

deposizioni di Gaspare Spatuzza, pentito di Cosa Nostra: la summa teologia

nella trattativa tra Stato e mafia era una strage allo stadio, un botto alla

talebana per una carneficina di carabinieri e tifosi, orrore esplosivo di

cinquanta chili di tondini di ferro dal diametro di un centimetro, letali tra

divise, blindati, sciarpe e bandiere laziali. Contro tutto e tutti per

rivendicare l’abolizione dell’articolo 41-bis, rigorosamente in pay per view,

fuori onda come diretta di un calcio da ferire al cuore su Tele + (all’epoca,

unica piattaforma prima di Stream e Sky).

Era il 31 Ottobre 1993, all’Olimpico c’è Lazio-Udinese. Biancocelesti con

Dino Zoff in panchina, friulani sconfitti dalle reti di Winter e Signori, è la

decima del girone d’andata di Serie A, stagione scudetto numero 14 del Milan

di Berlusconi, poi penta campione d’Europa. “Era già tutto pronto per

l’attentato, ma il telecomando all’Olimpico non funzionò” – racconta Spatuzza

ai magistrati di Torino nel processo contro il Senatore Dell’Utri“Ci

trovavamo sulla collinetta di Monte Mario. Benigno provò a dare impulso con il

telecomando ma non successe nulla. Intanto i carabinieri si stavano

allontanando. A quel punto dissero di lasciar stare e l’attentato era fallito.

Lasciammo stare l’auto e ritornammo a Palermo.

Luca Tescaroli, già Pubblico Ministero nel processo per la strage di Capaci,

ora Sostituto Procuratore a Roma e autore di un libro sul delitto ‘annunciato’

di Giovanni Falcone con cui ha vinto il Premio Paolo Borsellino, sostiene che

“l’obiettivo in quel caso era di colpire soprattutto i carabinieri e di

uccidere il più possibile. L’attentato non va a buon fine solo per il

malfunzionamento del telecomando. Sarebbe stata la strage più tremenda:

l’autobomba doveva esplodere di domenica, al termine della partita di calcio.

Venne piazzata nel punto di concentramento degli appartenenti dell’Arma di

servizio allo stadio, in occasione dell’incontro di calcio Lazio-Udinese”.

L’ordigno era stato piazzato all’interno del complesso del Foro Italico,

lungo Viale dei Gladiatori che conduce ai cancelli di Tribuna Monte Mario e

Curva Sud, a pochi passi dall’ex Aula Bunker dei processi alla Banda della

Magliana, per l’attentato al Papa e contro la colonna romana delle Brigate

Rosse per rapimento e uccisione di Aldo Moro.

“Un amico mi ha tradito”, sfogandosi in lacrime rivelò Borsellino, poco prima

di saltare in aria. L’identikit del traditore porta ad un “esperto e anziano

carabiniere”, sostengono oggi gli inquirenti nisseni, parlando di un pezzo

grosso della stessa famiglia di quei militari che 19 anni fa erano in

pattuglia allo Stadio Olimpico. Cavie con i tifosi.

Misteri d’Italia, enigmi all’italiana tra Cosa Nostra e pezzi delle

istituzioni, col calcio sullo sfondo, a far da cornice. Tra una bomba e il

boato di un goal. Un po’ di pallone non guasta mai.

La mafia ordinò: “Fermi”

E la bomba non scoppiò

GENNAIO ‘94: LA STRAGE ALL’OLIMPICO

PROGETTATA, RINVIATA E ANNULLATA

di ENRICO FIERRO (il Fatto Quotidiano 27-06-2012)

“Fate sapere a madre natura che bisogna fermare il Bingo”. Usano codici

cifrati i mafiosi di rito corleonese. Siamo nel biennio di sangue che è

iniziato il 12 marzo 1992 con l’omicidio di Salvo Lima. Totò Riina non si

ferma, uccide Falcone e Borsellino, sbarca sul Continente con le bombe a Roma,

Firenze e Milano. È una lunga stagione di sangue che a un certo punto si deve

fermare. Perché lo Stato ha capito. Ed è venuto a patti. Oppure, come

sostengono mafiosi trasformatisi in pentiti, è cambiato il potere, al governo

ci sono i nuovi, gli amici. Madre natura è Giuseppe Graviano, re di Brancaccio

e componente influente della direzione strategica di Cosa Nostra. È il 12

gennaio 1994, quando Francesco Tagliavia, boss di Corso dei Mille, durante un

processo avvicina suo padre e gli affida un messaggio da trasmettere a

Graviano: “Fermate il Bingo”. Le stragi mafiose. Ma per capire dobbiamo

rileggere quegli anni di fuoco illuminandoci con le cose che sappiamo oggi

grazie al lavoro delle procure di Palermo, Caltanissetta e Firenze. Bisogna

andare ai mesi che separano l'estate del 1993 dall'inizio del 1994. Al governo

c'è Carlo Azeglio Ciampi, ministro dell'Interno è Nicola Mancino, alla

Giustizia c'è Giovanni Conso. Il 27 luglio, appena due mesi dopo la strage di

Firenze, è scoppiata la bomba di via Palestro a Milano, il 28 quella di San

Giovanni Laterano a Roma. È la fine di luglio quando Giovanni Brusca incontra

Leoluca Bagarella e gli chiede se se ci sono novità, segnali, disponibilità

istituzionali dopo le bombe.

“LE COSE SONO un po’ ferme. Non ho contatti”, risponde Bagarella.

Brusca detta la linea: “Luchino a questo punto non ti conviene fermarti, vai

avanti, perché se ti fermi ora è come se tu hai cominciato e non hai fatto

niente”. Insomma, i vantaggi acquisiti dopo le stragi e le bombe in

Continente, rischiano di essere vanificati da una strategia attendista. È lo

stesso Brusca, anni dopo, a spiegarlo ai magistrati: “I motivi per andare

avanti erano sempre quelli. Cercare le persone per andare a contatti con lo

Stato, per portare avanti un vecchio progetto che noi pensavamo che era

già attivato”. Alleggerimento del carcere duro, ridimensionamento del ruolo

dei collaboratori di giustizia, introduzione, anche per i reati mafiosi, della

“dissociazione” (mi pento e confesso tutti i miei reati senza fare

rivelazioni sull'organizzazione), revisione di alcuni processi importanti. Quando

Brusca e Bagarella si confrontano Cosa Nostra sta già lavorando a un nuovo

progetto stragista. Una bomba allo stadio Olimpico di Roma da far esplodere

durante una partita di campionato e destinata a lasciare sul terreno un

centinaio di carabinieri. Una cosa grossa che avrebbe piegato in due lo Stato

e gettato il Paese nel terrore. “All'Olimpico – rivela anni dopo il mafioso pentito

Gaspare Spatuzza – dove vamo usare una tecnica esplosiva che neppure

i talebani avevano mai usato”. Una Lancia Thema imbottita di esplosivo e pezzi

di ferro stipati in un bidone da 50 litri. Il commando è già a Roma il 5 giugno

1993. Otto giorni dopo la strage dei Georgofili, fa i primi sopralluoghi. Sono tutti

uomini di Cosa Nostra che nella capitale dispongono di due appartamenti (zona

Tuscolana) e una villetta sul litorale. Tutto è pronto, a ottobre l'esplosivo

arriva da Palermo. Ma a un certo punto il meccanismo così preciso, così oleato,

si blocca. “Ricevemmo un contrordine e tornammo tutti in Sicilia”, rivela un

pentito. Confermano i magistrati della procura di Firenze: “Vi furono due

momenti diversi di operatività del gruppo. Il primo durò 4-5 giorni e fu

interrotto da un contrordine, il secondo iniziò subito dopo le feste di Natale

del 1993 e si protrasse fino all'esecuzione dell'attentato”.

AGLI INIZI di gennaio la Lancia Thema viene parcheggiata allo stadio Olimpico

in una zona dove sicuramente sarebbero passati i bus con a bordo i carabinieri

di servizio. Ma qualcosa va storto. Quando Salvatore Benigno, 'o picciriddu,

aziona il telecomando, la macchina non esplode. Riprova, ma è inutile. La

Thema è lì, al suo posto, imbottita di esplosivo. È arrivato un altro

contrordine? E perché? Anni dopo, da pentito, Gaspare Spatuzza offre una

spiegazione che non convince i magistrati. Le bombe si fermarono perché stava

cambiando tutto. Ora in politica c'erano gli amici. “Quello di Canale 5 e il

nostro paesano che ci stanno mettendo nelle mani l'Italia”.

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti
Joined: 14-Jun-2008
11014 messaggi

Libro e moschetto,

calcio e fischietto

di GABRIELE VENDITTI Direttore della Biblioteca "Michele

Romano" di Isernia dal blog FÚTBOLOGIA 27-06-2012

«Italia piccola e triste, carica di monumenti in redingote,

nella cui capitale il gioco del calcio, italianissimo,

dovevano essere i primi a giocarlo, con gran fuga di bambinaie

e contravvenzioni di guardie municipali, i seminaristi inglesi,

nei prati di Villa Borghese»
(O. Vergani, 1928)

Quando Vergani nella prefazione di Vita al Sole di De Marchi ci consegna il

bozzetto di una Villa Borghese messa a soqquadro dalle tonache svolazzanti

di albionici chierici albini che inseguono la palla come in una fotografia di

Giacomelli, ci sta in realtà traviando l’immaginario consegnandoci una

fotografia di primo Novecento, giacché alla fine degli anni Venti

l’italianissimo, e quindi fascistissimo, gioco del calcio non è più bizzarro

passatempo per seminaristi inglesi, quanto passione matura e popolare,

che si gioca negli stadi e si legge sui giornali.

Nel calcio, il Fascismo c’è già entrato prepotente così come ha, del resto,

fatto in tutti gli altri ambiti della società italiana, dalla radiodiffusione

all’uncinetto. Si comincia nel 1926, a (meno di) quattro anni dalla Marcia su

Roma – nota manifestazione podistica dagli sviluppi infausti per il Paese. A

quella data, la squadra in nero è già pesantemente intervenuta in tackle sulle

deboli caviglie dello Stato liberale. La società italiana si è già fascistizzata,

mostrandosi – salvo i pochi noti – felicemente conquistata dai nuovi istituti

introdotti dal Regime: l’omicidio di Stato, come continuazione della politica con

altri mezzi (Giacomo Matteotti, ucciso nel giugno del ’24); la soppressione della

libertà di stampa; lo scioglimento dei sindacati; la mortificazione del Parlamento

e dell’idea democratica di rappresentatività; la creazione del Tribunale speciale

per la sicurezza dello Stato, giudice inappellabile chiamato a sanzionare ciò

che si è, non ciò che si è fatto.

Se il Fascismo si immischia di calcio lo fa – oltre che per l’horror vacui

tipico delle dittature – perché, lungimirante, comprende che la fascinazione

popolare per il calcio può essere usata a scopo di propaganda, come

collante del consenso al Regime. Il calcio crea identità, unisce individui. Le

vittorie della squadra, sono la vittoria del Paese. Le sconfitte della squadra,

non esistono. Sulle maglie attillate dei campioni, accanto al tricolore sabaudo

compare immancabile il fascio littorio. La cosa, del resto, funziona bene

con tutti gli sport. Nel bene come nel male, il Regime s’identifica con i suoi

figli sudati: i Mussolini boys alle Olimpiadi californiane del ’32; il gigante

Carnera, del quale non si pubblicano foto da sconfitto.

Dal punto di vista del potere, il calcio è la più abbordabile delle droghe, è

oppio dei popoli, acquavite dello spirito: distrae chi potrebbe magari

decidere di orientare altrove le sue energie da ultras. Già: poiché il calcio,

su cui ogni discorso non può non farsi carico delle mille contraddizioni, –

oltre che unire – divide, separando in tifoserie. Allora immischiarsene può

significa controllare la valvola di sfogo del conflitto sociale, comunque

esistente in una società irreggimentata. Il monopolio della violenza, del

resto, deve rimanere allo Stato-partito. Per dire: nel 1925, alla stazione di

Torino Porta Nuova, dopo l’ennesimo spareggio per lo scudetto, tifosi

bolognesi prendono a pistolettate i pari del Genoa. Se non ci scappano i

morti, è solo per fortuna. Ma poiché c’è contiguità tra squadra e

squadraccia, l’inchiesta viene archiviata contro ignoti. Non è successo

nulla. Miccette.

Il documento programmatico con cui si interviene a riformare il calcio

italiano è la Carta di Viareggio, parto rapido di un triumvirato di tecnici

fedelissimi al Regime, che viene adottato dal Comitato Olimpico Italiano – si

è detto – nell’agosto del 1926. S’introducono regole che sono calco, anche

stupito e innecessario, dei fondamenti mistici del Fascismo. Per dire, quella

stessa sprezzante considerazione mostrata verso tutti gli istituti della

rappresentatività democratica – e che altrove porta, per es. , i podestà

a sostituirsi ai sindaci, il Parlamento a evaporare – determinerà la

designazione dall’alto, e a tempo indeterminato, per tutte quelle cariche

federali che precedentemente erano elettive e determinate circa la durata.

Così come, ispirato al più becero nazionalismo – l’Italia agli italiani – è il

divieto di tesseramento di giocatori stranieri, che diviene operativo dal

campionato 1928-29; non uno scherzetto: le società iscritte ai due gironi

del campionato italiano 1926-27 hanno, tutte insieme, quasi un centinaio

di portieri, terzini, centromediani e attaccanti che vengono per lo più dalla

Mitteleuropa. Esodati. Senza più ungheresi e austriaci – la “Scuola danubiana”

allora per la maggiore – i vertici del calcio italiano dovranno ricorrere alla

formula paracula dell’oriundo che salvando la purezza del sangue italiano,

porta campioni sudamericani a vestire financo la maglia azzurra.

La Carta tenta di porre ordine e disciplina anche nella formula del

campionato, che risulta alquanto caotica, e ha visto nel corso degli anni

alternarsi gironi interlocutori su base regionale, spareggi, ripescaggi, salti

e capriole; finanche una scissione di club ribelli che ha portato ad un doppio

campionato nazionale (1921-22). In più, c’è il problema di un campionato da

sempre sbilanciato a vantaggio delle élite del calcio settentrionale contro le

arrangiate schiere romano-napoletane della Lega sud, nella quale militano le

mediocri squadre romane (altro che Roma doma). Il campionato va quindi

riformato obliterando formule divisionali su base regionalistica – che cozzano

con l’idea fascista di Patria una e indivisibile – e nel contempo va ridimensionata

la schiacciante superiorità delle squadre del nord, disegnando una nuova

Divisione Nazionale nella quale i posti vengano attribuiti tenendo conto anche

delle esigenze politiche: per es. una Trieste italiana, dopo il 1918, impone

una Triestina in massima divisione. La formula tracciata in Versilia – divisione

unica organizzata su due gironi, con successivo torneo ristretto ai primi tre

di ciascun girone – durerà per tre campionati, ma aprirà al girone unico

nazionale di tipo inglese del primo campionato davvero unitario, quello del

1929-30 (la prima Serie A).

Passare da quasi un centinaio di iscritti – molti con dimensione di club di

quartiere – ai pochi posti nel nuovo girone determinerà una serie di fusioni

societarie operate d’ufficio, spesso inaudita altera pars. Difficile per una

stessa città, mantenere più squadre. Nascono così club moderni – la

Fiorentina, la Roma – o fossili come l’Ambrosiana, la cui vicenda è

emblematica e va raccontata. L’Internazionale – l’Inter – è una blasonata

squadra milanese, che nel ’27 ha già vinto due titoli nazionali e diversi

piazzamenti; meno brillante è l’Unione Sportiva Milanese, che però ha

come presidente una ambiziosa camicia nera, Ernesto Torrusio, salita su

da Salerno a conquistarsi cariche e prebende; per inciso, Torrusio è vice

podestà di Milano e segretario dell’Ente Sportivo Provinciale Fascista (E.S.P.F.),

di cui è presidente il federale della città, Rino Parenti, suo sodale. Va detto

che l’E.S.P.F. è l’organo destinato ad attuare, in periferia, le direttive della

Carta di Viareggio, compiendo la semplificazione del numero dei club chiamati

a giocare nella massima serie. Torrusio, così, si prende l’Inter con un

golpe: si presenta ai vertici nerazzurri – fascistissimi pure loro, ma meno

sgamati – con la nomina a dirigente della nuova società Ambrosiana, firmata

da sé stesso in qualità di segretario dell’E.S.P.F.. La cosa, va da sé, non viene

rilevata in anni in cui il conflitto di interessi è cosa esotica quanto l’ananasso.

Alla semplificazione resistono, invece, i due club torinesi, protagonisti,

nel 1928, del primo scandalo del calcio italiano. È l’affaire Allemandi,

che vede un terzino della Juventus avvicinato da emissari granata

perché sia indulgente, lasciando filtrare qualche pallone in più, assicurando

al Torino il risultato nel derby, utile allo scudetto. È il 5 giugno 1927 e il

pretium sceleris è di 50.000 lire, che vanno versate per metà all’inizio e per

metà a fine gara. Il Torino vince per 2-1 – e conquista lo scudetto davanti

al Bologna – tieni a mente – ma Allemandi ha fatto così bene il suo lavoro

da essere stato il migliore in campo e i corruttori non gli versano la seconda

tranche. Pazienza. A distanza di un anno, voci del fattaccio arrivano alle

orecchie di Leandro Arpinati, a un tempo presidente Federcalcio e – qui

casca l’asino – podestà di Bologna. Ne segue una pilotatissima

inquisizione, compiuta dallo stesso Allemandi Arpinati, che porterà alla revoca

dello scudetto ai granata ma non alla sperata assegnazione al Bologna

che-tremare-il-mondo-fa, pare per intervento dello stesso Duce, preoccupato

della possibile perdita di credibilità degli organi di governo del calcio. Si dirà

pure – e qui la dietrologia assume i connotati tipici delle vicende italiane

– che il buon Allemandi – squalificato a vita, poi amnistiato – fu comodo

fesso su cui far ricadere tutta la colpa, che andava invece distribuita

anche su altri non sputtanabili uomini-nazionale.

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti
Joined: 30-Aug-2006
776 messaggi

Via alla campagna abbbonamenti - Tra i fedelissimi della scorsa stagione, 13% era donna, l'1,8% arrivava dall'estero

Stadium pieno? Così si compra Asamoah

Il tutto esaurito del 2011-12 ha portato 22 milioni. Siamo ai livelli delle big europee.

L. B. (dovrebbe essere Luca Bianchin) - Gasport - 27-06-2012

Un anno fa la Juve non si fermò neanche davanti a San Giovanni Battista. Il 24 giugno, giorno del patrono di Torino, gli uffici restarono aperti e stamparono abbonamenti per il nuovo Juventus Stadium. Si arrivò a 24.531 tessere, su un totale di circa 41.000 posti quasi sempre esauriti. Quest’anno la Juventus ha santificato la festa — San Giovanni Battista cadeva di domenica — e ha aperto la campagna abbonamenti solo ieri. Più che i primi dati, non disponibili e comunque poco significativi, conta la tendenza. Perché uno tra Isla e Asamoah, lo ha comprato lo Juventus Stadium. Spiegazioni: secondo l’analisi di Deloitte, che nel campo fa legge, nel 2010-11 la Juventus ha incassato 11,6 milioni alla voce «matchday». Biglietti e altri introiti da stadio. Nel 2011-12 la cifra è in pratica triplicata, come ha dichiarato recentemente Marotta, arrivando vicina ai 33 milioni, nonostante lo stadio sia rimasto in funzione solo il giorno della partita.

Tutta Italia I dati del 2011-12 però restano impressionanti, come si nota nel grafico a fianco. Uno su tutti: la Juve è da Champions per i numeri sul riempimento dell’impianto. In stagione lo Juventus Stadium ha lasciato vuoto solo l’8% dei seggiolini: il 92% di riempimento è a livello dei grandi impianti europei e nettamente superiore alle cifre delle altre italiane. Milan e Inter comprese: sfavorite da uno stadio molto più grande, le milanesi in questa classifica arrivano dopo Cesena, Siena, Atalanta e Novara. Giovanni Palazzi, presidente di StageUp, società che si occupa di business nello sport, analizza i dati: «Non mi sorprende che la Juventus abbia abbonati all’estero, al centro o al sud. Spesso in passato si è scherzato sul fatto che la Juve avrebbe avuto più spettatori lontano da Torino».

La crisi Nell’ultima settimana si è discusso molto sull’aumento, molto netto, nei prezzi degli abbonamenti: 29% per i rinnovi e 42% per le nuove tessere in curva. Palazzi la vede dal punto di vista dell’economista: «Capisco le polemiche ma, se la percentuale di riempimento è il 92%, l’aumento è economicamente giustificato. Per la situazione economica, però, credo che le vendite non arriveranno con tempi record: la crisi convince molti ad attendere». Quindi pochi abbonamenti nei primi giorni, poi una probabile accelerazione. Con una domanda che resta in sospeso. Se l’1,8% dei 22.000 abbonati standard, quelli inseriti nell’analisi, è 122, significa che oltre 120 persone ogni due settimane viaggiano fino a Torino per vedere la Juve. Diciannove volte l’anno, più le coppe: siamo seri, ma come fanno?

aadFYHfx.jpg

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti
Joined: 30-Aug-2006
776 messaggi
Inviato (modificato)

Esclusiva/Calcioscommesse - Il "teorema" Gervasoni e il caso del portiere Alberto Fontana

Marcel Vulpis - sporteconomy.it - 28-06-2012

Si entra nel vivo dello scandalo calcioscommesse con l'appello del 2 luglio prossimo a Roma, dove sfileranno, nuovamente in aula, una serie di calciatori delle massime serie professionistiche che non sono riusciti a dimostrare la loro completa innocenza. Tra questi spicca il caso di Alberto Fontana, portiere del Novara calcio, finito nel tritacarne delle rivelazioni di Carlo Gervasoni, il "pentito" più ascoltato dalla procura di Cremona (guidata da Roberto De Martino).

Reo di essere stato convocato per una partita, per certi versi inutile, come Chievo Verona-Novara del 30 novembre 2010. Non un match di cartello di serie A, ma una gara secca di Coppa Italia (finita per tre reti a zero per i gialloblù), più difficile da vincere che da perdere.

E', però, una di quelle gare che Carlo Gervasoni ritiene possa aver generato per alcuni giocatori del Novara "infedeli" una somma vicina ai 150 mila euro. Eppure per il procuratore Roberto De Martino, Gervasoni dice sempre la verità, non si sbaglia mai (come nel caso di Rijat Shala, non a caso poi assolto con formula piena nonostante le indicazioni opposte dello stesso).

Sporteconomy, come per il calciatore kosovaro Rijat Shala (risultato assolutamente innocente), ha letto con attenzione le carte dell'inchiesta, la difesa d'appello dell'avvocato Davide Gatti, ma, soprattutto, ha voluto sentire, in esclusiva, il portiere Alberto "Jimmy" Fontana.

D: Che partita è stata quel Chievo-Novara del 30 novembre 2010, che l'ha scaraventata in nel nuovo filone di inchiesta?

R: Una partita come tante altre, dove non era poi così impossibile prevedere una vittoria del Chievo, visto che giocavamo con le seconde linee ed io per primo in quel periodo venivo solo utilizzato per le gare di Coppa Italia, sulla base di un turnover naturale, che avviene ciclicamente in ogni club che si rispetti, quale che sia la serie.

D: Cosa ricorda di anomalo di quella gara al Bentegodi?

R: Come fu più volte ricordato dal conduttore de LA7 era un campo ignobile, difficilissimo, lento, per certi versi anche melmoso. Insomma un campo dove non disputare alcuna partita. Eppure giocammo lo stesso.

D: Ma più in generale notò qualche anomalia?

R: No, assolutamente. Il Chievo Verona vinse perchè era più forte e sfruttò al massimo il fattore campo. Non notai nulla di strano nè tra i miei compagni, nè tra i veronesi. Nessuno di noi avrebbe voluto perdere, siamo tutti professionisti, ma ripeto giocavamo con le "seconde linee". E' sufficiente leggere i tabellini di quella partita e qualsiasi giudice si accorgerebbe che al massimo c'erano quattro elementi del Novara che avevano fatto più di 4-5 presenze in campionato. Eravamo indubbiamente più deboli rispetto ai nostri avversari. In sintesi, una squadra di riserve e anche piuttosto giovani. Mi sarei meravigliato se avessimo vinto al termine della gara e infatti finì 3-0 per loro.

D: Ha mai avuto contatti con Gervasoni?

R: No, assolutamente. In alcuno modo. Credo di non averlo mai incontrato non solo nell'ambiente calcistico, ma soprattutto in campo. Trovo difficile aver potuto ordire una trama del genere, senza averlo mai sentito direttamente o indirettamente.

D: Ma allora perchè è finito, nonostante tutto, in questo scandalo?

R: All'inizio di questa storia sono rimasto basito, non ci credevo neppure. Poi dopo aver metabolizzato lo shock mi sono fatto una idea personale.

D: Puo' spiegare meglio cosa intende?

R: Voglio dire che il mio nome emerge solo dopo il terzo interrogatorio di Carlo Gervasoni. Nei primi due non si parla assolutamente della mia persona, poi gradualmente lo stesso inizia a ricordare a pezzi e alla fine, sulla base della tesi del "sentito dire", emerge il mio nome.

D: Perfetto, ma perchè il suo nome e non quello di un altro?

R: Perchè nel "modus operandi" di Gervasoni e del suo modo di intendere questi business illegali non poteva non esserci la figura del portiere (secondo lui figura centrale nella combine di una partita di calcio). Esce così il nome del sottoscritto, taciuto fino a quel momento. Della figura del portiere, ormai, si puo' dire tutto e il contrario di tutto, perchè dietro ogni errore si puo' costruire la tesi del complotto.

D: Gervasoni parla di personaggi equivoci (il cosiddetto "clan degli zingari") negli alberghi dei rititi nel pre-partita. Ha mai visto quel giorno dei movimenti anomali?

R: L'albergo di Verona scelto dal Novara calcio era un posto dove non c'era solo la nostra squadra, ma diversi manager d'azienda o business men, ma posso garantirle di non aver visto assolutamente nulla che potesse far pensare a una combine e anche il mio compagno Ventola, coinvolto in questa indagine era tranquillissimo. Non ho riscontrato alcun elemento di nervosismo o di particolare freddezza in lui. E' un giocatore del sud, particolarmente emotivo e me ne sarei accorto se fosse stato nervoso o freddo nei confronti di alcuni di noi.

D: E' d'accordo che, ormai, nel calcio si muovono personaggi quantomeno "strani"?

R: Non lo posso escludere a priori, ma solo perchè nel calcio girano tanti soldi e forse non c'è un livello culturale eccessivamente elevato. Il calcio è uno sport nazional-popolare.

D: Cosa pensa di Carlo Gervasoni, il teste-chiave di questa indagine?

R: Un testimone "puro" o "diretto" ha un grande valore in una indagine come questa, ma Gervasoni parla troppo spesso per "sentito dire". E' semplicemente un pentito. Credo che un pentito abbia un valore nel momento in cui puo' essere riscontrato o verificato tutto ciò che sa o racconta agli inquirenti. Non mi sembra che sia il caso di Carlo Gervasoni, a partire dalla mia storia.

D: Il "sentito dire" è collegato alla conoscenza di questo pentito con il calciatore del Chiasso, Almir Senan Gegić attualmente latitante. Se si consegnasse agli inquirenti quale sarebbe il suo primo pensiero?

R: Sarei strafelice, perchè sarebbe il mio migliore alleato, perchè mi potrebbe scagionare, visto che non sono in alcun modo coinvolto in questa ipotetica combine.

D: Come sta passando queste ultime ore pre-sentenza d'appello?

R: In modo molto normale. Sto prestando la mia opera all'interno di una scuola calcio per bambini nella provincia di Cuneo. E' una attività che svolgo ogni anno e non è questa storia che mi può o deve distruggere la vita.

D: Cosa rimarrà di questa storia?

R: Il dolore che provocato nei miei famigliari. Mi creda, non sono affatto contento di quello che sta succedendo ed ero sicuro che sarei stato assolto già in primo grado, ma non ho paura di niente e di nessuno e il prossimo 2 luglio sarò a Roma, perchè credo fermamente in questa nuova commissione e nel lavoro di studio delle singole difese. Non si può essere condannati per un "sentito dire". Io credo nella giustizia e non può finire così. Sono innocente e lo dimostrerò.

D: E se anche questa volta non risultasse assolto?

R: Proseguirò fino all'ultimo grado di giudizio come qualsiasi persona che si professa innocente.

D: E' vero che è molto credente?

R: Sì, ma non voglio passare per un "pretino". Ho sempre pregato fino ad oggi, ma per le cose belle della mia vita. Questa invece non lo è sicuramente. Pregherò dopo il 2 luglio, solo per "ringraziare", ma è un mio momento personale che non condividerò con nessuno.

D: Ci ha colpito anche il discorso del contratto quinquennale con il Novara, un mese prima di quella partita al Bentegodi?

R: Una partita non si trucca mai e per me non esiste la possibilità di tradire i compagni di gioco, a priori. Figuriamoci di fronte a questa opportunità professionale che mi aiuterebbe a creare un nuovo futuro professionale. Solo un cretino distrugge il proprio futuro.

D: Si ritiene danneggiato?

R: Sì, molto. Non escludo di querelare chi mi ha tirato dentro, senza alcun motivo, in questa storia. E' vergognoso che sia avvenuto e soprattutto deve farci riflettere sui rischi del cosiddetto "de relato".

L'impressione che emerge da questa intervista è che Carlo Gervasoni non possa essere considerato come il teste chiave dell'indagine, a meno che tutto ciò che ha raccontato non sia verificabile punto per punto da parte degli inquirenti. Al momento ci sono troppi "sentito dire" e non si può condannare sui ricordi, neppure troppo freschi, di questo soggetto. Perchè il rischio di rovinare la vita di un potenziale innocente, come nel caso di Rijat Shala, non vale l'intera indagine in esame. Su questo speriamo che la commissione d'appello ragioni e confermi le condanne solo per quei casi incontrovertibili. Ma non lo è sicuramente quello di Alberto Fontana.

428982_242370862514792_59910039_n.jpg

Modificato da huskylover

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti
Joined: 30-Aug-2006
776 messaggi
Inviato (modificato)

Calcioscommesse, la verità di Carobbio: "Ho sbagliato e sto pagando"

L'ex giocatore di AlbinoLeffe, Bari e Siena si confessa: "Mi sono rovinato la vita da solo. Se entri in un certo giro è difficile uscire"

Giulio Mola - ilgiorno.it -27-06-2012

Milano, 27 giugno 2012 - Filippo Carobbio è un ragazzone di 32 anni che amava il calcio e lo giocava da protagonista nella sana provincia italiana. Un bel giorno il pallone avvelenato gli ha fatto perdere la testa, il centrocampista dai piedi buoni arrivato in serie A dopo tanta gavetta è diventato uno dei simboli del football malato. Ha taroccato partite, è finito in galera, si è pentito. Un tunnel lunghissimo affrontato con angoscia, paura, dubbi. Quando finirà quest’inferno? L’ex di AlbinoLeffe, Bari, Grosseto e Siena risponde al cellulare da Bruxelles. E’ a casa di parenti, la voce emozionata. Ha voglia di sfogarsi, di far conoscere la sua verità, di respingere certe accuse. Ma ha pure il timore di cadere in trappole mediatiche. Lo rassicuriamo, si fida. E apre lo scrigno dei segreti.

Le prime sentenze della Procura Federale hanno dimostrato l’attendibilità delle sue rivelazioni, ma questo non gli basta, non lo rasserena. Resta una macchia indelebile, quelle stagioni («Due, non sette o dieci come qualcuno sostiene») a combinare partite che gli sono costate venti mesi di squalifica.

Uno sconto dovuto al ravvedimento, ma che non evita la vergogna.

«Prima il carcere, poi la gogna, poi le offese, ora la squalifica. Sono sei mesi che non dormo e mi sogno i personaggi dell’inchiesta, magistrati, Conte e altri ancora. Non ho mai avuto tutta questa popolarità, ma la vita me la sono rovinata da solo, sto pagando per gli errori commessi e ancora oggi ho paura quando sui muri vicino a casa e su internet leggo certe cose terribili su di me. La parola più gentile è infame...».

Come può un calciatore di serie A inguaiarsi in questo modo?

«Sono stato troppo “leggero“ su cose molto gravi. Pensavo di combinare una cavolata, alla fine mi sono reso conto di aver fatto una pazzia e mi sono preso le mie responsabilità. Ma mi sono pentito per davvero, mai e poi mai rifarei certe cose».

I verbali sono impietosi con lei...

«Ho venduto delle partite e combinato delle altre, ma non ho mai scommesso altrimenti mi sarei arricchito. E non lo sono. Io avevo paura delle scommesse, e quando Gervasoni, saputo dell’accordo con l’AlbinoLeffe mi propose di scommettere con lui, gli risposi di no. In vita mia ho giocato solo una volta al casino, 500 euro. Poi mai più».

Ma vendersi una partita trattando con gli zingari è più grave che scommettere. Possibile non se ne sia reso conto?

«Sono stato ingenuo, non immaginavo cosa ci fosse dietro. Incontri certa gente, brutta gente, e poi entri in un meccanismo da cui è complicato venirne fuori, una sorta di circolo vizioso. Se tu fai parte di quel sistema la prima e la seconda volta, poi ti vengono a cercare, ti rompono le scatole, e alla fine perdi la testa. Me ne sono accorto troppo tardi ma non sono il male del calcio. Ho vinto 4 campionati, ho contribuito alla salvezza dell’AlbinoLeffe, ho indossato quella maglia 175 volte e certo non ho mai giocato per far retrocedere la mia squadra. Non sono io ad aver rovinato il mondo del pallone».

Infatti siete in parecchi a pagare...

«Ancora pochi, forse. Vedo tanta omertà e ipocrisia. Nel calcio tutti sanno ma nessuno parla, perché c’è tanto da perdere in un ambiente che non perdona e dove basta poco per sputtanarsi. Se qualcuno avesse vuotato il sacco come ho fatto io, togliendosi un peso dalla coscienza, allora sarebbe stato il finimondo. Anche Gervasoni, l'altro pentito, ha avuto un atteggiamento diverso dal mio: lui ha raccontato ciò che gli riferivano, io ho detto quel che ho visto e combinato. Per fortuna, comunque, un po’ di pulizia è stata fatta, anche se non so fin quando durerà. Prima o poi il marcio ricomparirà».

Forse di lei non si sarebbe parlato tanto se non avesse fatto il nome di Conte...

«L’ha presa male e mi spiace per lui, ma io ho solo detto la verità: prima di Novara-Siena ci disse di stare tranquilli, in albergo si capiva che la gara sarebbe finita così, da giorni c’era puzza di pareggio e alla fine lo savevano tutti. Da parte mia resta stima nei confronti del mio ex allenatore e non è certo quel che è accaduto che mi fa cambiare idea su di lui. La verità è che nessuno dice che a fine stagione certe cose sono sempre accadute, che è normale che ci si metta d’accordo. Sbaglio o anche Buffon ha detto che è meglio avere due feriti che un morto?»

Qualcuno sostiene che fra lei e Conte ci fosse dell’astio...

«Non è assolutamente vero. Mi ha portato prima al Bari e poi mi ha voluto al Siena. Nel Bari restai pochi mesi, non giocai neppure una partita perché Conte si dimise il 30 giugno e arrivò Ventura. E in piena estate io fui mandato al Grosseto».

Conte a parte, ci sono diverse gare dei toscani sotto inchiesta. Non solo le partite di fine stagione.

«E’ vero, ce ne sono 7-8, ma io non conosco tutto quel che accadeva. Ho raccontato gli episodi relativi alle partite col Novara e l’AlbinoLeffe, ma per quel che riguarda le accuse dei calciatori del Modena al presidente Mezzaroma che si sarebbe comprato la gara, non so niente».

Cosa le resta dopo tutta questa vicenda?

«Tanta amarezza. Io non ho l’immagine e il curriculum di altri calciatori e quindi tutti si dimenticano di me. Per ora aiuto una comunità di tossicodipendenti, almeno faccio del bene a qualcuno. Dopo venti mesi di squalifica, se tutto mi va bene, al massimo potrò tornare a giocare in prima categoria. Ma resterò per sempre l’infame...».

Modificato da huskylover

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti
Joined: 14-Jun-2008
11014 messaggi

PROCESSO TELECOM

«Archiviavamo tutti i report»

Dossier Ladroni nel pc di Tavaroli?

di MARCO IARIA (GaSport 28-06-2012)

MILANO Udienza senza sussulti al processo Telecom sui dossier illegali.

Pierguido Iezzi, ex vice di Tavaroli alla sicurezza del gruppo, ha raccontato,

tra l'altro, che tutti i report dei fornitori «venivano conservati nei nostri

archivi». Un particolare che l'avvocato Paolo Gallinelli, legale dell'ex

arbitro De Santis, ritiene «importante perché confermerebbe che nel pc

di Tavaroli poteva essere contenuto il dossier Ladroni». Quello stesso pc

sequestrato nel 2005 dalla procura di Milano, nell'ambito dell'inchiesta

Telecom, e ispezionato dagli stessi carabinieri romani che si occupavano

pure di Calciopoli.

Ora l'attesa è per l'interrogatorio dell'investigatore privato Emanuele

Cipriani, fissato per il 18 luglio. Alla sua società, la Polis d'istinto,

venne delegata una parte del dossier Ladroni, che secondo Tavaroli fu

commissionato dal patron dell'Inter Massimo Moratti per trovare conferme

alle rivelazioni di Nucini su possibili frodi sportive. Nella causa milionaria

mossa dallo «spiato» Christian Vieri contro Inter e Telecom (sentenza entro

l'estate), Cipriani ha fatto mettere a verbale: «Tavaroli telefonò in mia

presenza almeno una volta a Moratti e almeno una volta a Ghelfi e riportò

l'esito degli aggiornamenti intermedi dell'operazione Care (quella su Vieri e

altri calciatori nerazzurri, ndr). Quando consegnai il rapporto, ho sentito

personalmente Tavaroli chiedere alla segreteria di Moratti di fissare un

appuntamento per riferire l'esito dell'indagine. Poi Tavaroli mi disse di

essersi incontrato con Moratti, che era rimasto soddisfatto del lavoro

svolto».

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti
Joined: 14-Jun-2008
11014 messaggi
Inviato (modificato)

Milanetto: «Su di me

solo errori e infamità»

Il centrocampista va all'attacco: «Incarcerato con zero prove

Genoa-Samp combinata? Ma se ho fatto io l'assist per il 2-1»

di MAURIZIO GALDI (GaSport 28-06-2012)

Omar Milanetto, si sente un giocatore ancora in attività o le vicende

processuali l'hanno allontanata dal calcio?

«Ciò che mi è capitato ha dell'incredibile, non ha un senso logico. Prelevato,

senza sapere nemmeno perché, alle cinque della mattina da casa, davanti a mia

moglie e ai miei figli. Tutto questo avrebbe abbattuto anche un toro, non me,

tanto è vero che sono carico e prontissimo a iniziare la stagione 2012-13».

Prima Lazio-Genoa poi Genoa-Sampdoria, che cosa ci può dire di queste

partite?

«Posso giurare su quello che ho più caro al mondo di avere sempre giocato con

il massimo impegno in tutte le squadre in cui ho militato, dai pulcini fino

all'ultima gara giocata con il Padova. Mi ripugna il solo pensare che il mio

nome possa essere accostato a combine».

Ma allora il pm di Cremona ce l'ha con lei?

«Guardi, non so se Di Martino ce l'ha con me, non voglio nemmeno pensarlo, ma,

anche se non sono un avvocato, questa vicenda insegna come nessuno, anche

se non ha commesso nulla di male, si possa sentire tranquillo dalle iniziative

della legge. Una carriera onesta, senza macchia, infangata in questo modo. Non

esiste, ma qualcuno, alla fine, ne risponderà».

L'ombra del derby non si allontana, però

«Questa è l'infamia più grossa, specie per chi, da giocatore, ha vinto più

derby nella storia del Genoa. Vogliamo ricordare alla gente, e ai giudici, che

in quel derby ho fatto l'assist al 97' a Boselli, per il gol vittoria, e che

alla fine sono stato contestato pesantemente per una mia reazione volgare

nei confronti della curva che ci accusava di scarso impegno?».

Quindi niente combine, nemmeno tentata?

«Io all'Osteria del Coccio di Genova, dove si sarebbe parlato di questa cosa,

non ci sono mai stato in vita mia, non so nemmeno dove si trova esattamente,

quelle persone non le ho mai incontrate prima del derby. Si figuri che le

carte su Genoa-Sampdoria pubblicate da voi ieri, e che tanto clamore hanno

generato, sono state prodotte due giorni fa da Di Martino, in udienza, davanti

al Tribunale del riesame, dove si doveva discutere solo di Lazio-Genoa.

Infatti non sono state nemmeno prese in esame. Perché tutto questo, mi

domando io?»

Safet Altic, ora in carcere, era noto per essere un pregiudicato. Lei

lo sapeva? E, se sì, le sembrava normale frequentarlo?

«Non sapevo che era pregiudicato e non lo frequentavo. Mi sono rivolto a lui,

anche se la faccia non era proprio delle più raccomandabili, perché

rappresentava l'ala più moderata del tifo, uno con cui cercare di confrontarsi

dopo le violentissime contestazioni a seguito della mia parolaccia rivolta ai

tifosi al termine del derby che mi aveva scatenato contro l'intera curva».

Ma si è fatto un'idea del perché di tutto questo e del perché lei?

«Ci ho pensato giorno e notte dal 28 maggio, ho cercato motivazioni e

spiegazioni, mi sono letto decine di volte l'ordinanza del gip che mi ha

mandato in carcere, senza trovare nulla, ripeto nulla, a mio carico. Date,

orari e dati sbagliati su di me, semplici sentito dire e presunzioni,

testimonianze in seconda, terza persona, mai nessuno che dicesse "ho

visto Milanetto fare questo". Ho prodotto agli investigatori centinaia di pagine

di estratti conto, tabulati telefonici, telepass, ho messo a nudo la mia vita, ma

non è servito a niente. Spero l'incubo possa finire al più presto e senza

ulteriore fango sulla mia persona».

Sul fronte sportivo che cosa si aspetta?

«Che la magistratura sportiva sia più prudente e riflessiva di quella penale.

Sbattere il mostro in prima pagina è facile per chiunque, specie se si

esercita un certo tipo di potere, ma bisogna avere rispetto delle persone,

della loro storia, e muoversi solo quando si hanno prove certe, valutate

attentamente e riscontrate. Davanti alla Procura federale ho già reso un

interrogatorio di tre ore, dicendo tutto quello che sapevo. Mi auguro che si

chiuda qui e che Palazzi capisca che sono una vittima, non un carnefice.

Ho già dato e tanto».

-------

L’AVVOCATO GRASSANI

«Al summit con gli

zingari lui non c'era»

art.non firmato (GaSport 28-06-2012)

Avvocato Mattia Grassani, come giudica la vicenda che ha coinvolto

Milanetto?

«Una situazione con tante ombre e pochissime luci».

Qualche esempio?

«In sede di interrogatorio di garanzia, dopo l'arresto, Milanetto doveva

rispondere della sola partita Lazio-Genoa, ma il pm ha contestato fatti nuovi,

mai emersi prima, su Genoa-Sampdoria. Il gip ha stoppato subito il pm, per cui

non è stato affrontato il tema, ma la cosa più assurda è che, nella

pubblicazione del verbale di interrogatorio, nessun omissis è stato inserito

in corrispondenza di queste domande che non potevano avere alcuna attinenza

con l'arresto di Milanetto».

E l'incontro all'hotel di Milano con gli zingari?

«Ecco un altro passaggio incredibile: secondo il gip, il giorno dopo

Lazio-Genoa, a Milano, in un noto hotel molto di moda, si sarebbe svolto un

"summit di eccezionale valenza investigativa" a cui avrebbero partecipato

Milanetto, gli slavi e l'organizzazione dedita alle scommesse. A riprova di

ciò si legge della contemporanea presenza, in albergo, di Ilievski, Zamperini,

due ungheresi e Bellavista. Ebbene di questi 5, nel periodo in cui Milanetto,

Dainelli e altri 10 amici festeggiavano l'addio al celibato del difensore, era

presente solo il Bellavista, già alloggiato lì da 4 giorni. Nel verbale il gip

dice "questo mi era sfuggito"».

-------

GaSport 28-06-2012

aajJUGpy.jpg

Modificato da Ghost Dog

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti
Joined: 31-Jul-2007
1401 messaggi

: Il Fatto Quotidiano > Giustizia & impunità

L’ultima soddisfazione di Petrini: da morto, ha vinto la causa contro Moggi

L'ex direttore generale della Juventus aveva querelato il "grande accusatore" per gli attacchi contenuti all'interno dei suoi libri. Il Tribunale di Milano ha però dato ragione all'ex giocatore, morto il 16 aprile scorso dopo una lunga malattia

di Matteo Lunardini | 27 giugno 2012

Commenti (9)

petrini-interna.jpg?47e3a5

Più informazioni su: Arthur Koestler, calcioscommesse, carlo petrini, Kaos edizioni, luciano moggi, Raffaele Guariniello, tribunale di Milano.

Share on printShare on emailMore Sharing Services87

Carlo Petrini fu implicato nel calcio scommesse 1980 e poi divenne il fustigatore del “dio pallone” attraverso parecchi libri editi dalla Kaos Edizioni. E’ morto il 16 aprile di quest’anno in seguito a una lunga malattia. Nel suo ultimo libro (Lucianone da Monticiano), dedicato ancora una volta al suo acerrimo nemico Luciano Moggi, aveva scritto: “A differenza del mio compaesano Lucianone, io non sono il tipo che infierisce sulla gente in difficoltà, e oggi il signor Moggi è in disgrazia: radiato dal calcio, e con una raffica di condanne sul gobbo (per la Gea, per minacce, per Calciopoli), sia pur non ancora definitive. Però l’assurdità della querela che mi ha mandato, il potere che ancora mantiene a livello mediatico, la faccia di bronzo che continua a esibire in giro, e la capacità dell’opinione pubblica di dimenticare, mi hanno convinto della necessità di dedicargli in queste pagine”.

Ebbene, pochi giorni fa il tribunale di Milano ha emesso la sentenza per la causa civile intentata a lui e alla Kaos Edizioni da Luciano Moggi. Troppo tardi però, perché Carlo Petrini potesse godersi questa vittoria che, come lui stesso scriveva, era prima di tutto storica: “Voglio che fra trenta e quarant’anni la generazione dei miei nipoti possa […] leggere le gesta – quelle vere e senza censura, cioè quelle delinquenziali accertate dai carabinieri a proposito della sua associazione a delinquere – del mio celebre compaesano”.

Si dà il caso infatti che Petrini fosse di Monticiano, Siena, e abitasse a pochi metri da Moggi. Calcisticamente parlando, invece, la sua fu una carriera romanzesca sempre vissuta ai limiti. Dopo aver fatto largo uso di doping e aver taroccato le partite, divenne il capro espiatorio dello scandalo del 1980 e pagò oltremisura. Scappò all’estero braccato dalla malavita. Una volta rientrato fu colpito da una brutta malattia che per prima cosa lo rese cieco. A quel punto decise di dedicare il poco tempo che gli restava per denunciare ciò che i media non mostrano: il marcio del calcio. Scrisse molti libri, mischiando a ricordi personali notizie cui i giornali davano poco spazio, o su cui stendevano il velo dell’omertà. Ma non lo fece per togliersi il solito sassolino dalla scarpa, né per sostenere la retorica del “così fan tutti”. Lo fece per spiegare quei meccanismi, psicologici e non, che portano uno sportivo a doparsi o truccare le partite. Ossia quella forza del male che ti può trascinare nel fango del Dio pallone. Per questa sua crociata fu anche convocato dal procuratore Guarniello quando indagava sul doping.

Naturalmente “Big Luciano” era uno dei protagonisti delle sue storie e dei suoi libri. Ma stranamente, invece di pensare a difendersi dai processi che intanto lo travolgevano, l’ex “grande burattinaio” del calcio italiano se la prese con Petrini. In particolare non gli perdonò alcune frasi inserite nel libro Calcio nei co*****i. Frasi del tipo: “Ci sono voluti i carabinieri per fermare il boss Luciano Moggi”, “il potere delinquenziale dell’amico Lucianone ha permesso al caro Marcello… (Lippi, ndr)”, “la banda Moggi”. Dunque la querela non entrava solo nel merito delle accuse e dei contenuti, ma era anche per i termini usati.

Comunque sia il tribunale ha deciso che queste frasi non sono diffamatorie. Erano semplicemente desumibili dal rapporto steso dai Carabinieri durante l’indagine Off-Side del 2005, tra l’altro ampiamente riportato dai giornali. Dal quale si evinceva pure “l’influenza di Luciano Moggi sulla gestione della Nazionale italiana di calcio”. Ma non solo. “Boss”, “banda” e “delinquenziale” sono la “mera trasposizione dei gravi fatti-reato descritti nella denuncia di polizia”. Nulla di più e nulla di meno, insomma. E per di più Luciano Moggi dovrà pagare le spese processuali.

Purtroppo Petrini non riceverà mai quei soldi. Né avrà la soddisfazione di aver ottenuto giustizia. Vengono in mente le parole di Arthur Koestler, che in Buio a mezzogiorno scriveva: “Chi risulterà di avere avuto ragione? Lo si saprà solo più tardi. In attesa egli è tenuto ad agire a credito e a vendere la sua anima al diavolo, nella speranza dell’assoluzione della storia”. Certo, si obietterà che Carlo Petrini non ambiva all’assoluzione della storia (leggi l’intervista di Malcom Pagani e Andrea Scanzi). E l’anima al diavolo l’aveva venduta tempo fa. Però la sentenza del tribunale di Milano gli avrebbe dato una soddisfazione immensa. Per la verità storica, ovviamente. E non per infierire.

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti
Joined: 14-Jun-2008
11014 messaggi
Inviato (modificato)

Le opinioni

Lode ai bravi

giornalisti sportivi

Anche se scrivono solo di partite di calcio, i giornalisti

sportivi britannici sono più efficienti e professionali dei

loro colleghi. La loro qualità più apprezzata è la velocità

di DAVID RANDALL senior editor del settimanale Independent

on Sunday di Londra (Internazionale 955 | 29 giugno 2012)

Quasi tutti i settori hanno le loro misteriose gerarchie interne, per cui

persone che prendono lo stesso stipendio e hanno la stessa età, per motivi

che dall’esterno non sembrano chiari, hanno uno status sociale diverso.

Questa curiosa gerarchia la troviamo anche nel giornalismo, dove i cronisti

politici e i corrispondenti dall’estero, per esempio, godono di un prestigio che i

loro colleghi esperti di sport (e in particolare di calcio) non hanno. Forse questo

potrà sembrare strano ai milioni di persone convinte che essere ben pagati e

spesati per seguire gli Europei di calcio sia il massimo.

E in effetti lo è, ma il giornalismo sportivo non è una cosa seria. E perciò,

senza il prestigio che conferisce raccontare le guerre, la politica e le crisi

finanziarie, nell’ambiente è considerato frivolo, cosa su cui i giornalisti

sportivi scherzano volentieri. Spesso si definiscono “i ragazzi in fondo

all’autobus”, immagine che evoca un ipotetico viaggio in pullman dei

redattori di un giornale in cui i cronisti politici e i corrispondenti discutono

di cose serie nelle prime file, mentre in fondo i ragazzi del calcio se la

spassano bevendo birra e facendo gestacci alle auto che li

seguono.

Eppure, anche se scrivono solo di partite, i cronisti sportivi britannici

sono più efficienti e professionali di qualsiasi altra categoria di

giornalisti. La loro qualità più apprezzata è la velocità. In Gran Bretagna le

partite di calcio di solito si giocano di sabato pomeriggio. Quando questo

sport cominciò a diventare popolare, verso la fine dell’ottocento, in tutte le

grandi città di provincia nacquero giornali chiamati football specials, che

riportavano i risultati e le cronache, e si vantavano di essere in edicola

un’ora dopo la fine delle partite. Per far arrivare più in fretta i loro

articoli, i cronisti sportivi avevano in dotazione un cesto di piccioni

viaggiatori. Scrivevano le loro cronache a puntate su fogli di carta velina e

li legavano alle zampe dei piccioni, che volavano alla redazione del giornale,

dove era stato creato un ufficio speciale sul tetto per riceverli. Incredibile,

ma vero.

Con il passare del tempo i telefoni hanno sostituito i piccioni e, alla fine

degli anni settanta, quando lavoravo nella redazione sportiva di un giornale

della domenica, il sistema per far arrivare le cronache sportive era ben

rodato. Le partite finivano alle 16.50 e il pezzo doveva essere in redazione

alle 17.05. Scrivere circa 600 parole in 15 minuti non è facile, così le prime

200 venivano dettate al telefono durante l’intervallo, le seconde 200 al 75°

minuto, e le ultime 200 (divise in 100 di introduzione e cento di conclusioni)

alla fine della partita. Era un ottimo modo non solo per imparare a

strutturare un articolo, ma anche per scrivere cose che non potessero essere

smentite da quello che sarebbe successo dopo (come, per esempio, un paio

di gol all’ultimo minuto). I computer portatili e internet hanno reso tutto più

facile, ma non hanno cambiato molto la situazione. Quello che invece ha

influito di più è stata la tv e tutti i soldi che ha portato con sé.

Nell’entusiasmo del momento i cronisti di calcio descrivono quello che

succede sapendo che i loro lettori, grazie ai replay al rallentatore da tutte

le angolature, sicuramente avranno visto più dettagli. Una sensazione che

gli altri cronisti non conoscono.

Probabilmente è questo che ha prodotto la deprimente tendenza del

giornalismo sportivo di oggi a sprecare più parole per le cose dette dopo la

partita che per le cose successe in campo. Come ha detto una volta un mio

collega: il peso dato alle interviste del dopopartita è talmente esagerato

che molti giornalisti sportivi potrebbero continuare a fare il loro lavoro

anche se diventassero ciechi. Le conferenze stampa in cui si raccolgono

perle di saggezza sembrano un passo avanti rispetto ai tentativi del

passato di strappare un commento a un commissario tecnico o a un

giocatore mentre lasciava lo stadio, ma in realtà non è così. Prima i singoli

giornalisti potevano avvicinarsi a un tecnico o a un giocatore, farci amicizia e

passare memorabili serate insieme, mentre oggi esistono solo gli agenti e

le dichiarazioni accuratamente preparate. Tutto questo fa parte dell’attuale

gestione del calcio e riflette il fatto che i giocatori un tempo guadagnavano

più o meno quanto i giornalisti che scrivevano di loro, mentre oggi dal punto

di vista economico vivono su un altro pianeta. E poi c’è Twitter, che non solo

fornisce una serie ininterrotta di notiziole (di solito scritte da curatori di

immagine) ma fa anche lavorare di più i giornalisti, alcuni dei quali sono

costretti a twittare una trentina di volte durante una partita.

Eppure, dato che vivono in questo mondo magico e si occupano di cose che,

nel quadro generale della realtà, non sono poi troppo importanti, i cronisti

sportivi possono essere molto più creativi di altri reporter. È per questo

che li leggiamo, che il loro lavoro attira le penne migliori e che gli articoli

sportivi sono raccolti in antologie e continuano a essere letti anche a

distanza di decenni.

Modificato da Ghost Dog

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti
Joined: 14-Jun-2008
11014 messaggi

La testimonianza L’ex capitano della Nazionale campione del mondo ascoltato a Napoli in una causa per diffamazione

Fabio Cannavaro contro la Rai:

danneggiato da un falso scoop

Il processo

«Un video scherzoso su una flebo mi ha danneggiato perché sono stato definito un dopato»

di LEANDRO DEL GAUDIO (IL MATTINO 29-06-2012)

La sera prima della finale di coppa Uefa, la vigilia in un albergo di Mosca,

un video amatoriale in cui scherza con i compagni di squadra, era il Parma

del 1999. Poi, qualche tempo dopo, la diffusione di quel video e una serie di

contraccolpi: un fascicolo aperto dalla Procura federale, poi l’archiviazione,

ma anche l’associazione del suo nome al doping. Una storia raccontata ieri

pomeriggio dall’ex campione del mondo Fabio Cannavaro, ascoltato ieri in

aula nel corso di un processo che vede imputati due giornalisti Rai

- Giovanni Masotti e Massimiliano Parisi - gli autori dello scoop sulla notte

prima della finale di coppa, quella del Grand hotel Marriott a Mosca, 11

maggio 1999, prima della finale di coppa Uefa vinta dal Parma per 3-0

contro il Marsiglia.

Tredici anni dopo, il caso torna attuale. Aula 220, parla Fabio Cannavaro.

È parte lesa in un processo per diffamazione e violazione della privacy,

sostiene di essere stato danneggiato dalla pubblicazione di quel servizio. Che

storia è questa? Cosa ha spinto Cannavaro a sporgere querela e a presentarsi

in un’aula di tribunale? Dinanzi al giudice monocratico Sassone, lo spiega

l’ex campione del mondo: «Eravamo in ritiro, in un albergo di Mosca, era la

notte prima della finale Uefa, era un video amatoriale nel quale comparivo

anch’io, oltre ad alcuni miei compagni di squadra». È così che Cannavaro si

mette a recitare la parte del finto «tossico» napoletano, nella scena in cui

gli viene applicata una flebo mentre è disteso su un lettino. Non erano

sostanze dopanti - come venne dimostrato dinanzi agli organi disciplinari -

eppure, a sentire il racconto reso ieri da Cannavaro, quel servizio televisivo

lo avrebbe danneggiato anche negli anni successivi. Difeso dal penalista

napoletano Roberto Guida, Cannavaro ha ricostruito la sua versione:

«Ancora oggi c’è un giornalista di Roma che insiste a definirmi dopato o ad

associarmi a storie di doping. Quel video mi ha creato problemi anche nei

rapporti con gli sponsor». Difesi dal penalista Carmine Ippolito, i due giornalisti

Rai sostengono invece di aver agito in modo corretto, dal momento che nel

servizio non era stato mai associato il nome di Fabio Cannavaro al doping o

all’uso di sostanze vietate.

___

GaSport 29-06-2012

aacFI9qZ.jpg

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti
Joined: 14-Jun-2008
11014 messaggi

l'Espresso | 5 luglio 2012

aayor3MC.jpg

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti
Joined: 30-Aug-2006
776 messaggi
Inviato (modificato)

Calcioscommesse

Bertani ritorna in libertà: "Non è nell'associazione"

Per il Tribunale del riesame può aver combinato le gare pur stando fuori dal gruppo

Roberto Pelucchi - Gasport -29-06-2012

Se è un calciatore corrotto, e non lo si può escludere, tre partite probabilmente taroccate, e tutte della sua squadra (all’epoca, il Novara), sono poche per considerarlo parte integrante e continua di un’organizzazione dedita alla frode sportiva. E’ questa la conclusione a cui è giunto il Tribunale del riesame di Brescia, che ieri ha annullato gli arresti domiciliari di Cristian Bertani, attaccante della Sampdoria, rimettendolo in libertà. Dichiarata inammissibile, invece, la richiesta di riesame per Omar Milanetto, perché la misura cautelare nei suoi confronti era già stata revocata dal gip Guido Salvini.

Prove insufficienti Il pronunciamento a sorpresa del Riesame è, evidentemente, un punto a favore della difesa, anche se i giudici non escludono che Bertani abbia effettivamente taroccato le partite. Ma «la consumazione di singoli reati-fine non comporta, di per sé e secondo un automatismo probatorio, la prova dell’adesione al sodalizio criminoso, dal momento che a tale ultimo fine occorre un compendio grave in termini di consapevole contributo dell’indagato all’azione del gruppo ed alle sue finalità». «Ad avviso del Collegio — si legge ancora — nel caso di specie il materiale rimesso nei confronti del ricorrente Bertani è ampiamente insufficiente a dimostrazione del suo inserimento nell’associazione a delinquere di cui erano parte, tra gli altri, Gegic, Ilievski, Tisci e Zamperini. L’affermazione prescinde, ovviamente, dall’ascrivibilità a Bertani di singoli reati». Ma il numero di partite eventualmente manipolate dall’attaccante (tre) e l’arco temporale in cui queste manipolazioni sarebbero avvenute (circa un mese), sono considerati elementi in contraddizione «con l’addebito associativo, negando quel più ampio coinvolgimento. in termini anche di durata, nel rapporto». A Cremona, ovviamente, la pensano diversamente. Per gli inquirenti il quadro indiziario su Bertani è molto più grave di quello su Tisci, ma mentre per quest’ultimo lo stesso Riesame ha accettato l’ipotesi del reato associativo, per l’ex attaccante del Novara questo non è avvenuto.

Tra Bari e Roma Andrea Masiello ha riproposto il patteggiamento in sede penale con le stesse modalità precedentemente respinte (1 anno 10 mesi), lo stesso ha fatto l’amico Carella. Aggiornato il calendario delle audizioni in Procura federale: Pagano (Nocerina) e Vincenti (osservatore Livorno) saranno ascoltati il 5 luglio, Ariatti (Pescara) viene spostato al 9.

557597_420813741291285_1869006080_n.jpg

Modificato da huskylover

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti
Joined: 08-Jul-2006
21591 messaggi

l'Espresso | 5 luglio 2012

aayor3MC.jpg

borda

riborda

ariborda

aririborda

mah ochettaddi

riusciranno i nostri eroi a ritrovare il loro amico misteriosamente scomparso nel 2006??

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti
Joined: 10-Sep-2006
5209 messaggi

l'Espresso | 5 luglio 2012

aayor3MC.jpg

Che vuol dire?

Abbiamo perso tutte le occasioni?

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti
Joined: 24-Oct-2006
11399 messaggi

borda

riborda

ariborda

aririborda

mah ochettaddi

riusciranno i nostri eroi a ritrovare il loro amico misteriosamente scomparso nel 2006??

Difficile, fino a quando ci sarà questa proprietà.

E se un giorno cambierà la proprietà, fatto ugualmente difficile, quella nuova difficilmente se ne occuperebbe...

Ancora la decisione del Tar ci manca, poi possiamo lanciare il topic delle dimissioni di Andrea Agnelli.

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti
Joined: 14-Jun-2008
11014 messaggi

Il caso Fontana?

Un assist a Conte

«Spero di ribaltare la condanna e dare una mano a chi vive la mia situazione»

di STEFANO LANZO (TUTTOSPORT 30-06-2012)

TORINO. Il mondo era improvvisamente crollato addosso ad Alberto Jimmy

Fontana, portiere del Novara condannato il 18 giugno dal primo grado della

giustizia sportiva a tre anni e sei mesi di squalifica per la vicenda Scommessopoli.

«E questo perché sono stato tirato in ballo da una persona che io non conosco

e non ho nemmeno mai visto, Carlo Gervasoni . Il quale, negli interrogatori del

22 e del 23 dicembre, non ha mai fatto il mio nome. Poi, cinque giorni dopo,

il 27 dello stesso mese, mi ha citato, perché avrebbe sentito una terza

persona parlare di me. Ciò mi ha lasciato completamente di stucco,

paralizzato».

SIMILITUDINI Ma Fontana non si è abbattuto, non ha nemmeno gridato

allo scandalo. Ha cercato dentro se stesso e nel costante affetto dei familiari

la forza di andare avanti, confidando nella giustizia, convinto che alla fine la

verità verrà fuori. Nessuna polemica, nessuno sfogo scomposto né

tantomeno furia cieca contro il sistema. Semplicemente la consapevolezza,

unita alla speranza, che il secondo grado di giustizia possa ribaltare tutto.

E magari dare una mano a chi, in situazioni più o meno simili a quelle di

Fontana, attende di scoprire quali saranno i nuovi sviluppi degli altri filoni

di indagine. Con i conseguenti provvedimenti. E’ il caso di Antonio Conte ,

finito nel calderone perché direttamente citato da un altro pentito, Filippo

Carobbio , per la partita Siena-Novara del campionato 2010-11 di serie B.

PROVE CONCRETE Sono situazioni differenti, però con un denominatore

comune, come spiega il portiere del Novara: «Il punto è che la mia difesa non

vuole screditare la posizione dei pentiti, ma ha l’obiettivo di evidenziare che la

parola di un pentito possieda valore soltanto se confermata da riscontri. Da

prove concrete. Non essendoci appunto riscontri, tutto questo castello di

accuse dovrebbe cadere. Nel mio caso poi il pentito non riporta un’esperienza

diretta, ma parla per sentito dire. Il mio non è un grido di disperazione: io

continuo a nutrire rispetto e fiducia nella giustizia sportiva e ho la

speranza che la condanna che mi è stata inflitta possa essere cancellata,

perché la verità è che ci sono soltanto la citazione di un pentito, peraltro

di seconda e terza mano, e l’assoluta mancanza di riscontri a queste

affermazioni».

IL PARADIGMA La partita più lunga della carriera di Alberto Fontana riparte

lunedì, dal processo di appello che si terrà all’ostello della gioventù di

Roma: via alla prima udienza della Corte di giustizia federale. Un passaggio

cruciale, anche e soprattutto per le sanzioni che arriveranno successivamente,

sulla base degli altri filoni di indagine e del lavoro delle altre procure,

non solo quella di Cremona. Fontana sarà difeso dall’avvocato Davide Gatti ,

del foro di Asti, il quale presenterà una memoria difensiva che punterà a

dimostrare l’inconsistenza di un’accusa che, secondo il legale dell’ex

portiere del Torino, «non è supportata da prove, per di più trattandosi di una

testimonianza non diretta». C’è in bilico la carriera di un ragazzo di 37 anni

che aveva firmato un rinnovo di contratto quinquennale con il Novara, con

la prospettiva, una volta appesi i guantoni al chiodo, di vestire gli abiti da

dirigente. Fontana è a un bivio: dal secondo grado potrà uscire la conferma

della prima sentenza oppure l’assoluzione completa. Non ci sono vie d’uscita.

E, considerata la vicenda del portiere, paradigmatica per valutare casi

similari, la speranza di Fontana va a braccetto con quella di chi attende gli

sviluppi di un’estate torrida per il calcioscommesse. Ecco perché il

granatissimo Jimmy potrebbe, per così dire, dare una mano alla Juventus

e al suo allenatore. La nuova partita è appena cominciata.

-------

Ma il tecnico finora

non è stato deferito

Il procedimento “Cremona ter” che coinvolge Conte sarà esaminato

a fine luglio, però il bianconero potrebbe starne fuori del tutto

di SIMONE DI STEFANO (TUTTOSPORT 30-06-2012)

ROMA. Sono passati 4 mesi da quando per la prima volta Filippo Carobbio

accusò Antonio Conte sulle presunte riunioni galeotte del Siena. Da quel giorno

il pm federale Stefano Palazzi si è concentrato su altro (processo Cremona bis

e ora inchiesta di Bari e Napoli), ma Conte quando intende sentirlo?

TER Rientrando nel Cremona ter, nel caso in cui Palazzi decidesse di

procedere prima con Bari e Napoli, è possibile uno slittamento dell’audizione

tra fine luglio e i primi di agosto (l’ultima audizione napoletana è il 9

luglio). Palazzi attende tuttavia riscontri anche dalla perquisizione subita

da Conte il 28 maggio nella sua abitazione. Quello stesso giorno vennero

perquisite anche le abitazioni dei suoi ex giocatori senesi Vitiello , Coppola,

Terzi , del suo vice Stellini , e dei dirigenti del Siena Perinetti e

Faggiano , oltre che del patron Massimo Mezzaroma . Hard disk, schede

telefoniche, tutto copiato dalla Polizia. Da Cremona è già stata trasmessa

l’ultima ordinanza, ma Palazzi vorrebbe avere in mano tutto il materiale prima

di aprire il caso-Siena, che vede poche prove: Carobbio da una parte, i senesi

compatti dall’altra.

NOVE NO Qualcuno ha ventilato il rischio che Conte possa essere eventualmente

deferito con l’articolo 9 (associazione), mandando a processo (seppur con una

sola multa) anche la Juventus come accaduto per Samp, Siena e Spezia con

Bertani e Carobbio. Una strana applicazione estensiva della responsabilità

oggettiva che la Disciplinare ha accolto, ma che ora rischia di cadere in

secondo grado. Le recenti sentenze del Tribunale del riesame di Brescia

offrono in questo un assist ai club, visto che sia a Turati che a Bertani è

stato tolto il capo d’accusa associativo. L’avrebbero detto anche a Milanetto

e Mauri se il Gip Salvini non li avesse scarcerati prima, per questo il

laziale ricorrerà in Cassazione e l’ex genoano potrebbe fare altrettanto.

Intanto gli avvocati tuonano contro il «mostro giuridico» della responsabilità

oggettiva. Ieri all’Università di Milano, al corso di perfezionamento in

diritto sportivo, c’erano anche il legale della Juve, Chiappero, e quello del

Milan, Cantamessa, i quali ritengono l’oggettiva una norma che «tutela un solo

soggetto: il sistema».

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti
Joined: 14-Jun-2008
11014 messaggi
Inviato (modificato)

Palazzo di Vetro di RUGGIERO PALOMBO (GaSport 30-06-2012)

PRIMA RIPUDIATI, ORA SANTI SUBITO

CRONACA DI UN EUROPEO SPECIALE

Da presunti appestati a «santi subito», il percorso di Giancarlo Abete

e Antonello Valentini è ormai ultimato. Partiti sotto la cattiva stella di uno

0-3 amichevole con la Russia, di una gestione bifronte dei casi Bonucci

e Criscito, di qualche mancato controllo sulle esternazioni di Prandelli e

di qualche eccessiva interferenza sui patteggiamenti di scommessopoli,

presidente e direttore generale della Federcalcio tornano stravincitori

dall’Europeo, a prescindere da come andrà a finire domani con la Spagna.

Cambiale in bianco per una riconferma alla guida della Federazione che,

vedrete, finirà con l’avvenire per acclamazione proprio a cura di tutti

quelli che erano già pronti, sotto sotto, a scatenare in caso di fallimento

la tempesta perfetta. Cose che capitano nelle migliori famiglie.

D’altra parte, questo degli appestati o se preferite dei ripudiati che

diventano vincenti è proprio il leit motiv di un Europeo mai così azzurro, e

la cosa non può non indurre a qualche riflessione. Prendete i tre grandi

protagonisti: Prandelli ripudiato dalla Fiorentina dei Della Valle, Balotelli

ripudiato dall’Inter di Moratti (e di triplete Mourinho), Pirlo ripudiato dal

Milan di Galliani e/o Allegri. Sono constatazioni oggettive, mica invenzioni.

E dicono che il calcio italiano e la grande maggioranza dei suoi dirigenti di

club, afflitti da eccessive insofferenze e da stranierismo acuto, spesso e

volentieri prendono memorabili cantonate. Succede. Che fare? Intanto come

ha già fatto la Juventus di Agnelli, che all’atto della sua ennesima rifondazione

ha con decisione virato, pur senza rinunciare a guardare oltreconfine, sul

prodotto italiano. Nella Nazionale che ha schiantato la Germania di juventini

ce n’erano in campo sei, un numeromostruoso se solo pensiamo che Inter,

Milan e Roma, per citare qualche nome tra i club più in vista, sei italiani

contemporaneamente in campo li riescono a schierare solo in casi eccezionali

(l’Inter, per la verità, neanche in quelli visto che sei italiani proprio non

ce li ha). Una bella riconversione industriale, magari con occhio più attento

ai vivai e un po’ meno sensibile ai procuratori, specie quelli che promuovono

senza tregua le suggestioni del calcio sudamericano, non guasterebbe.

E l’Europeo non sarebbe passato invano.

E’ una convinzione della quale già da tempo stanno facendo tesoro in

Federcalcio. Non solo Prandelli, ma anche Albertini e Sacchi, il dopo

Sudafrica è stato un susseguirsi di persone giuste al posto giusto. Grazie

all’andamento dell’Europeo, ora queste persone possono e devono essere

messe nelle condizioni di poter lavorare meglio di quanto non abbiano potuto

fare finora. Abete lo sa e oggi ha la forza per persuadere anche i più refrattari

tra i presidenti dei club. E’ necessario che Prandelli esca da questo Europeo

vincitore «oltre» la finale con la Spagna. Sperando che poi quello non decida,

proprio perché vincitore, di sfilarsi. «Alternative inesistenti», sussurrano

in Federazione. Tremando un po’.

-------

GaSport 30-06-2012

aabL9isF.jpg

Modificato da Ghost Dog

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti
Joined: 14-Jun-2008
11014 messaggi
Inviato (modificato)

CALCIOSCOMMESSE

Genova, spuntano

altri nomi nell’indagine

La procura ligure chiede gli atti a Cremona.

Intanto Palazzi ancora non ha fissato l’interrogatorio per Conte

di ANDREA RAMAZZOTTI (CorSport 30-06-2012)

CREMONA - La sua volontà di tornare in Italia per chiarire la sua posizione si

è limitata a una telefonata un paio di settimane fa ai magistrati cremonesi,

poi il silenzio e nessun viaggio nel nostro Paese. Almir Gegic ha deciso di

trascorrere un'estate in patria evitando per almeno un altro paio di mesi il

carcere della città sul Po. Forse arriverà a settembre, cercando di limitare

il numero di giorni dietro le sbarre (le vacanze dei magistrati in estate gli

avrebbero fatto rischiare un soggiorno «importante»). Nessuna notizia

invece da Ilievski, l'altro boss degli zingari.

NUOVI NOMI - Due giorni fa intanto la Procura di Genova ha chiesto a

Cremona gli atti relativi all'inchiesta sui tifosi rossoblù per Genoa-Siena,

un'indagine che però ha risvolti anche sul derby dell'8 maggio 2011. Entro

una decina di giorni in Liguria saranno inviate anche intercettazioni inedite

(alcune devono essere ancora trascritte) nelle quali emergono responsabilità

di nuovi calciatori che finora non erano stati citati per la famosa colletta

milionaria che sarebbe stata organizzata per comprare la gara (5 «premi»

da 350.000 euro l'uno per altrettanti giocatori rossoblù). Gli inquirenti di

Cremona viste le cifre in ballo hanno qualche perplessità, ma non

considerano quelle di Leopizzi semplici chiacchiere da bar. Adesso però il

compito di approfondire spetterà alla Procura di Genova.

MEMORIE DI CONTE - Il tecnico della Juventus non è stato ascoltato a

Cremona, ma in compenso i suoi legali hanno presentato voluminose

indagini difensive per chiarire l'estraneità ai fatti del loro assistito.

La stessa documentazione è stata fornita a Palazzi che per il momento

non ha ancora fissato l'interrogatorio di Conte. Gli inquirenti cremonesi

avevano pensato di chiamare sia il presidente del Siena Mezzaroma sia l'ex

portiere dei toscani Coppola (che non a caso non è stato ancora ascoltato

da Palazzi...), ma per il momento hanno temporeggiato. Su Bertani, che il

Tribunale del Riesame di Brescia non ha «catalogato» come membro fisso

dell' associazione, è probabile il ricorso in Cassazione della Procura di

Cremona che riguardo all'attaccante della Samp ha una serie dettagliata

di contatti telefonici e incontri con Ilievski e altri personaggi chiave della

vicenda. A settembre Di Martino definirà qualche posizione procedendo

allo stralcio di alcune di queste. Approcci per arrivare a un patteggiamento

ci sono già stati. Per il processo sarà necessario attendere oltre un anno,

possibile che per l'associazione siano una trentina le persone a giudizio.

-------

L’INTERVENTO

Il pm Di Martino

«Buffon? Il migliore

E ce l’abbiamo noi»

di ANDREA RAMAZZOTTI (CorSport 30-06-2012)

CREMONA - Chi pensava che il pm Roberto Di Martino avesse qualcosa

contro l’Italia o contro Gigi Buffon dopo l’inchiesta sul calcio scommesse che

sta portando avanti da oltre un anno, ieri ha capito di sbagliarsi perché il

magistrato cremonese ha voluto fare i complimenti alla Nazionale e al capitano

azzurro: « Buffon è il miglior portiere del mondo - ha detto - ma non l’ho

scoperto in questi Europei perché lo sapevo già da tempo. E’ stato decisivo

anche contro la Germania e senza di lui non saremmo arrivati in finale. E’ un

plus: noi ce lo abbiamo e gli altri no». C’è chi sostiene che l’inchiesta di

Cremona abbia dato la spinta alla squadra, che abbia ancora più cementato il

gruppo. Di Martino, però, non la pensa così: « Io a queste cose credo poco

perché quando uno gioca, si libera la mente. La concentrazione in certe

competizioni è tale che non hai in testa altro. A questa inchiesta qualcuno

avrà pensato il primo giorno, ma la nostra operazione non credo abbia influito

nel bene o nel male sui risultati dell’Italia. Se siamo arrivati in finale è

perché siamo i migliori e la nostra squadra ha qualità».

___

il Giornale 30-06-2012

aajvf4hG.jpg?st=FlGoWNh-wDxyeqPQqzBoOA&e=1341439895

Modificato da Ghost Dog

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti
Joined: 14-Jun-2008
11014 messaggi
Inviato (modificato)

Eurodeliri in libertà:

“Ora lo spread

lo decidiamo noi”

QUELLI CHE CONFONDONO

IL PALLONE E LA REALTÀ

di MALCOM PAGANI (il Fatto Quotidiano 30-06-2012)

“Cani randagi”. Non quindi i “Rabid dogs” di Mario Bava, i cani arrabbiati e

banditeschi del cinema italiano più amato da Quentin Tarantino, ma Antonio

Cassano e Mario Balotelli “persone non autosufficienti” descritti con eleganza

da Reinhold Beckmann e dall’ex Bayern Mehmet Scholl, dai microfoni della tv

pubblica tedesca.

Eccolo il partito dell’amore, il primo prodotto di Euro 2012, la grottesca

riedizione del 13 ottobre 1943. Italia e Germania in guerra e interpreti meno

convincenti del professor Kranz di Villaggio: “Chi viene voi adesso?” o di

Busacca e Jacovacci, Gassman e Sordi, in una precedente puntata dell’eterno

conflitto con l’univer so asburgico. “Fegato dicono, conoscono solo quello

alla veneziana”. Gli attori di oggi sono caratteristi. Macchiette.

E la partita virtuale, disturbata dalle rifrazioni reali, c’è da giurarlo,

continuerà a lungo. Gianni Petrucci, in delirio mistico, detta il proclama

alla patria: “Potete dire ufficialmente” concede “che lo spread lo detta la

Nazionale”. Poi con afflato da bonifica pontina, il “Duce” del Coni ora

neosindaco di San Felice Circeo lancia la campagna per la raccolta del

grano: “Le chiacchiere stanno a zero. Questa è la realtà: facciamo divertire

e per questa Nazionale non finisce qui”. Aulico: “La vittoria più bella”

filosofeggia: “è quella che deve ancora venire”. Cronache marziane da un

Paese piegato dal caldo, dall’ebrezza improvvisa, dai colpi di fucile e dalle

notti magiche. Carnevali fuori stagione.

I Pm che tra Cremona, Napoli e Bari hanno indagato sul calcioscommesse cambino

passaporto. Foglio di via immediato. Riprovazione. Come nel 2006, quando

Marcello Lippi partì da Giordano Bruno e ritornò da Torquemada, l’onda d’urto

è violenta.

I dubbi bruciati in piazza. Forza Italia. Lo urlano i dirigenti sportivi

all’ultimo giro che si riscoprono felici, gli zingari della dichiarazione a

gettone che rinunciano al nomadismo e piantano la tenda nel campo

dei vincitori e i politici preoccupati di strappare lo 0, 1% alle prossime

elezioni. Mentre Monti fa sapere che domenica sarà a Kiev, il più querulo,

come a volte gli capita è Daniele Capezzone. In piena sindrome

ormonal-pallonara, il portavoce del portavoce del portavoce, alza il timbro:

“Fino a qualche giorno fa fioccavano i commenti giustizialisti e manettari,

c’era chi si spingeva a chiedere l’esclusione di Buffon, dopo una campagna

mediatica di insinuazioni e sospetti privi di valenza giuridica”.

NEL DUBBIO di essere ignorato, Capezzone rispolvera la categoria preferita

dal capo. Amore e, soprattutto, odio: “Resta ancora qualche isolato pasdaran

che, sempre in nome del giustizialismo, proclama di tifare contro l’Italia di

Buffon (E ammettetelo che avete il capo dei de-menti in redazione... ndt). Chi

fa così dà la misura di un approccio distruttivo, di chi sa solo odiare, e

vorrebbe ballare sulle macerie del Paese, molto al di là del calcio”.

Meno ecumenico di Cesare Prandelli: “Adottati da Napolitano” (che a sua volta

aveva parlato di “impresa che riempie di gioia”), di Papa Ratzinger: “Come

Vescovo di Roma, Il Papa gioisce con la gente”, ma in linea con l’ elegante

carrello delle fantasie bollite e dei revanchismi che ieri mattina, sui

quotidiani nazionali, ci facevano insultare la Germania. Avvicinandoci più di

quanto non sospettassimo alla demenza del duo Beckmann-Scholl e al

ruolo sacrificale della Grecia e al comprensibile livore ellenico. Più odioso

di certe copertine di Der Spiegel di un’epoca lontana e oltre qualsiasi piatto

di spaghetti, pistola fumante, stilizzazione di penisola, ecco Il Giornale di

Feltri, enigmatico: “Ciao, ciao culona”. Poi Libero di Maurizione Belpietro:

“Vaffanmerkel” e, romanocentrico, il Tempo di Sechi: “Due pizze e via”.

Poi gli altri. Da Tuttosport: “Li abbiamo fatti neri” a Il Corriere dello Sport:

“Le abbiamo fatto uno Spread così” padre legittimo di un editoriale dal titolo

sublime: “Restituita felicità a un Paese”. E, anche se le possibilità esistono,

non abbiamo ancora vinto.

In attesa di beatificare Buffon, santificare Bonucci (“Linciato” secondo

Capezzone) e rivedere le scene del 2006 con pullman aperti e sabba

popolari, ci si può accontentare di quelli telematici. Su Facebook ,

vetrina dell’insulto libero in cui trasfigurare Angela il cancelliere alternativamente

in Hitler o Nosferatu, si esercita un ragazzo dalle grandi speranze. Di

contumelie è un sommo esperto (suo l’indimenticabile tomo “Berlusconi ti odio.

Le offese della sinistra a B.”) e di nome fa D’Alessandro. Luca D’Alessandro.

Il capo ufficio stampa del Pdl, preoccupato dal contropiede di Capezzone, ha

voluto giurare fedeltà alla nazione. A modo suo. Un post delicato. Un’ironia

lieve: “E la culona inchiavabile lo prende in quel posto”. Statisti si nasce,

tifosi si diventa, saltimbanchi si resta per tutta la vita. Palla al centro.

Abbasso il mafioso. Dagli al crucco.

Modificato da Ghost Dog

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti
Joined: 10-Sep-2006
5209 messaggi

Eurodeliri in libertà:

“Ora lo spread

lo decidiamo noi”

QUELLI CHE CONFONDONO

IL PALLONE E LA REALTÀ

di MALCOM PAGANI (il Fatto Quotidiano 30-06-2012)

Cani randagi”. Non quindi i “Rabid dogs” di Mario Bava, i cani arrabbiati e

banditeschi del cinema italiano più amato da Quentin Tarantino, ma Antonio

Cassano e Mario Balotelli “persone non autosufficienti” descritti con eleganza

da Reinhold Beckmann e dall’ex Bayern Mehmet Scholl, dai microfoni della tv

pubblica tedesca.

Eccolo il partito dell’amore, il primo prodotto di Euro 2012, la grottesca

riedizione del 13 ottobre 1943. Italia e Germania in guerra e interpreti meno

convincenti del professor Kranz di Villaggio: “Chi viene voi adesso?” o di

Busacca e Jacovacci, Gassman e Sordi, in una precedente puntata dell’eterno

conflitto con l’univer so asburgico. “Fegato dicono, conoscono solo quello

alla veneziana”. Gli attori di oggi sono caratteristi. Macchiette.

E la partita virtuale, disturbata dalle rifrazioni reali, c’è da giurarlo,

continuerà a lungo. Gianni Petrucci, in delirio mistico, detta il proclama

alla patria: “Potete dire ufficialmente” concede “che lo spread lo detta la

Nazionale”. Poi con afflato da bonifica pontina, il “Duce” del Coni ora

neosindaco di San Felice Circeo lancia la campagna per la raccolta del

grano: “Le chiacchiere stanno a zero. Questa è la realtà: facciamo divertire

e per questa Nazionale non finisce qui”. Aulico: “La vittoria più bella”

filosofeggia: “è quella che deve ancora venire”. Cronache marziane da un

Paese piegato dal caldo, dall’ebrezza improvvisa, dai colpi di fucile e dalle

notti magiche. Carnevali fuori stagione.

I Pm che tra Cremona, Napoli e Bari hanno indagato sul calcioscommesse cambino

passaporto. Foglio di via immediato. Riprovazione. Come nel 2006, quando

Marcello Lippi partì da Giordano Bruno e ritornò da Torquemada, l’onda d’urto

è violenta.

I dubbi bruciati in piazza. Forza Italia. Lo urlano i dirigenti sportivi

all’ultimo giro che si riscoprono felici, gli zingari della dichiarazione a

gettone che rinunciano al nomadismo e piantano la tenda nel campo

dei vincitori e i politici preoccupati di strappare lo 0, 1% alle prossime

elezioni. Mentre Monti fa sapere che domenica sarà a Kiev, il più querulo,

come a volte gli capita è Daniele Capezzone. In piena sindrome

ormonal-pallonara, il portavoce del portavoce del portavoce, alza il timbro:

“Fino a qualche giorno fa fioccavano i commenti giustizialisti e manettari,

c’era chi si spingeva a chiedere l’esclusione di Buffon, dopo una campagna

mediatica di insinuazioni e sospetti privi di valenza giuridica”.

NEL DUBBIO di essere ignorato, Capezzone rispolvera la categoria preferita

dal capo. Amore e, soprattutto, odio: “Resta ancora qualche isolato pasdaran

che, sempre in nome del giustizialismo, proclama di tifare contro l’Italia di

Buffon (E ammettetelo che avete il capo dei de-menti in redazione... ndt). Chi

fa così dà la misura di un approccio distruttivo, di chi sa solo odiare, e

vorrebbe ballare sulle macerie del Paese, molto al di là del calcio”.

Meno ecumenico di Cesare Prandelli: “Adottati da Napolitano” (che a sua volta

aveva parlato di “impresa che riempie di gioia”), di Papa Ratzinger: “Come

Vescovo di Roma, Il Papa gioisce con la gente”, ma in linea con l’ elegante

carrello delle fantasie bollite e dei revanchismi che ieri mattina, sui

quotidiani nazionali, ci facevano insultare la Germania. Avvicinandoci più di

quanto non sospettassimo alla demenza del duo Beckmann-Scholl e al

ruolo sacrificale della Grecia e al comprensibile livore ellenico. Più odioso

di certe copertine di Der Spiegel di un’epoca lontana e oltre qualsiasi piatto

di spaghetti, pistola fumante, stilizzazione di penisola, ecco Il Giornale di

Feltri, enigmatico: “Ciao, ciao culona”. Poi Libero di Maurizione Belpietro:

“Vaffanmerkel” e, romanocentrico, il Tempo di Sechi: “Due pizze e via”.

Poi gli altri. Da Tuttosport: “Li abbiamo fatti neri” a Il Corriere dello Sport:

“Le abbiamo fatto uno Spread così” padre legittimo di un editoriale dal titolo

sublime: “Restituita felicità a un Paese”. E, anche se le possibilità esistono,

non abbiamo ancora vinto.

In attesa di beatificare Buffon, santificare Bonucci (“Linciato” secondo

Capezzone) e rivedere le scene del 2006 con pullman aperti e sabba

popolari, ci si può accontentare di quelli telematici. Su Facebook ,

vetrina dell’insulto libero in cui trasfigurare Angela il cancelliere alternativamente

in Hitler o Nosferatu, si esercita un ragazzo dalle grandi speranze. Di

contumelie è un sommo esperto (suo l’indimenticabile tomo “Berlusconi ti odio.

Le offese della sinistra a B.”) e di nome fa D’Alessandro. Luca D’Alessandro.

Il capo ufficio stampa del Pdl, preoccupato dal contropiede di Capezzone, ha

voluto giurare fedeltà alla nazione. A modo suo. Un post delicato. Un’ironia

lieve: “E la culona inchiavabile lo prende in quel posto”. Statisti si nasce,

tifosi si diventa, saltimbanchi si resta per tutta la vita. Palla al centro.

Abbasso il mafioso. Dagli al crucco.

Leggendo questi righi (impossibile chiamare sta roba "articolo") mi rendo conto che bisognerebbe cambiare il titolo da KALCIOMARCIO a MENTIMARCE!

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti
Joined: 14-Jun-2008
11014 messaggi

Nasce l'Organo UEFA per il

Controllo Finanziario dei Club

Il Comitato Esecutivo UEFA ha approvato e ufficialmente nominato i

membri dell'Organo UEFA per il Controllo Finanziario dei Club (CFCB),

che sostituirà il Panel UEFA per il Controllo Finanziario dei Club.

di UEFA NEWS | Sabato, 30 giugno 2012, 13.22CET

Il Comitato Esecutivo UEFA ha approvato e ufficialmente nominato i membri

dell'Organo UEFA per il Controllo Finanziario dei Club (CFCB) fino al 30

giugno 2015. or a term of office ending on 30 June 2015. Il CFCB sostituirà il

Panel UEFA per il Controllo Finanziario dei Club.

Il CFCB è formato da un'Unità di Indagine, guidata dal responsabile per le

indagini del CFCB, che si occupa della fase preliminare dei procedimenti, e

da un'Unità Aggiudicativa, presieduta dal presidente del CFCB, per la fase

giudiziale degli stessi.

Obiettivo del CFCB è assicurare la corretta applicazione del Sistema di

Lizenze per Club UEFA e del Regolamento del Fair Play Finanziario. Il CFCB

può intraprendere misure disciplinari e gli eventuali ricorsi in merito alle sue

decisioni dovranno essere inoltrati presso il Tribunale per gli Arbitrati

Sportivi di Losanna.

Il CFCB potrà dunque comminare sanzioni disciplinari in caso di mancato

soddisfacimento di requisiti e deliberare sui casi di idoneità alla

partecipazione alle competizioni UEFA per club.

Il CFCB sarà presieduto da José Narciso da Cunha Rodrigues. Ex

procuratore generale della Repubblica di Portogallo, il Signor Cunha

Rodrigues ha ricoperto l'incarico di giudice presso la Corte di Giustizia

dell'Unione Europea (CJEU) a partire dal 2000 ed entrerà in carica dall'8

ottobre 2012, data in cui abbandonerà il precedente incarico presso

la CJEU.

Unità Aggiudicativa

José Narciso da Cunha Rodrigues (POR), Presidente CFCB

Christiaan Timmermans (NED), Vicepresidente CFCB

Louis Peila (SUI), Vicepresidente CFCB

Charles Flint (ENG), Membro

Adam Giersz (POL), Membro

Unità di Indagine

Jean-Luc Dehaene (BEL), Responsabile Indagini e Presidente dell'Unità di Indagine

Jacobo Beltrán (ESP), Membro

Egon Franck (GER), Membro

Umberto Lago (ITA), Membro

Petros Mavroidis (GRE), Membro

Brian Quinn (SCO), Membro

Konstantin Sonin (RUS), Membro

Yves Wehrli (FRA), Membro

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti
Joined: 30-Aug-2006
776 messaggi

Illecito sportivo e responsabilità disciplinare: ecco come difendersi

Si è tenuto ieri il Convegno "Illecito sportivo e responsabilità disciplinare: la responsabilità presunta e oggettiva" organizzato dall'Associazione Alumni Diritto Sport presso l'Università degli Studi di Milano (Facoltà di Giurisprudenza)

30.06.2012 12:30 di Lorenzo Casalino

Venerdì 29 Giugno 2012 presso l'Università degli Studi di Milano (Facoltà di Giurisprudenza), si è tenuto il Convegno "Illecito sportivo e responsabilità disciplinare: la responsabilità presunta e oggettiva" organizzato dall'Associazione Alumni Diritto Sport in occasione della giornata conclusiva del corso di perfezionamento in "Diritto Sportivo e Giustizia Sportiva" ideato e coordinato dal Prof. Avv. Lucio Colantuoni e giunto, ormai, alla sua VI edizione.

L'Associazione, presieduta dall'Avv. Antonella Carbone, annovera tra i suoi iscritti gli ex allievi del corso di perfezionamento e si prefigge come obiettivo quello di organizzare seminari e convegni in materia di diritto sportivo, nonché quello di approfondire gli istituti e le problematiche giuridiche proprie del mondo dello sport. Al Convegno sono state analizzate le principali problematiche giuridiche legate alla responsabilità disciplinare delle società sportive, cercando di offrire spunti di discussione e soluzioni operative che consentano in futuro un maggiore controllo.

Alla due tavole rotonde hanno partecipato illustri professionisti operanti nel settore, molti dei quali sono stati anche direttamente chiamati a prestare la propria assistenza legale nel corso dell'ultimo scandalo del nostro calcio. Dopo i saluti introduttivi da parte del Prof. Avv. Lucio Colantuoni e del Prof. Avv. Francesco Delfini (autorità accademiche dell'Università degli Studi di Milano - Facoltà di Giurisprudenza), l'Avv. Antonella Carbone (Presidente dell'Associazione Alumni Diritto Sport e organizzatore del congresso), ha sottolineato la sempre crescente esigenza di professionalizzazione nel settore del diritto sportivo, ramo del diritto che ha raggiunto ormai un'importanza considerevole da non sottovalutare.

Il corso di perfezionamento rappresenta quindi un'occasione unica di formazione per tutti quegli avvocati e professionisti in generale che si affacciano al mondo del diritto sportivo e che in esso si vogliono specializzare.

Il moderatore della tavola rotonda, il Dott. Dario Nicolini (Sky Sport), ha introdotto la tematica, descrivendo la notevole portata dello nuovo scandalo calcioscomesse e l'importanza del concetto di responsabilità oggettiva.

L'Avv. Leandro Cantamessa (Milano - Milan), ha introdotto i lavori del primo panel, tracciando le linee guida generali della responsabilità oggettiva nei diversi ordinamenti. In ambito penalistico la rilevanza è soltanto residuale e la sua ratio consiste nell'allargare l'area della punibilità. In ambito civilistico è, invece, ben più diffusa e l'ordinamento sta andando, tutt'ora, nella direzione di un suo ampliamento. La ratio, in questo caso, è obbedire ad un'utilità sociale, ovvero la tutela di posizioni giuridiche di svantaggio quali, ad esempio, i consumatori. A livello sportivo, infine, vi sono maggiori criticità, perché il soggetto tutelato, in questo caso, è il sistema stesso (ovvero quello stesso soggetto che infligge la pena in sede di giustizia disciplinare). Ciò premesso, ha sottolineato le criticità relative all'applicazione della responsabilità oggettiva, nonostante il nuovo Codice di giustizia del CONI non la preveda. Nonostante ciò, sono poche le possibilità di una riforma in tempi brevi, tenuto conto che tale forma di responsabilità tutela in primis il sistema stesso.

L'Avv. Luigi Chiappero (Torino - Juventus) problematica del volontariato degli organi di giustizia (condivisibile al massimo nel dilettantismo. Clausola compromissoria da tener presente che vincola alla giustizia sportiva. ha sottolineato come la responsabilità oggettiva vada mitigata per trovare una maggiore razionalità del sistema. Ha contestato, inoltre, l'obbligo di denuncia così come previsto ex art.7 del Codice di Giustizia Sportiva, poiché impone qualcosa che va ben oltre quanto richiesto al comune cittadino. Il CONI, dal canto suo, prevede un obbligo per il tesserato di comunicare i procedimenti in corso nei suoi confronti, cosa diversa dall'obbligo di denuncia degli illeciti di cui si è venuti a conoscenza. In un'ottica di riforma, si potrebbe consentire la ritrattazione così come avviene in sede penale con la falsa testimonianza.

L'Avv. Stefano Campoccia (Treviso - Udinese) ha posto in rilievo come il quadro attuale preveda grande disparità di trattamento tra soggetto tesserato e la società di appartenenza che, generalmente, è parte lesa anche, e soprattutto, da un punto di vista economico. Di fronte ad un fenomeno così dilagante, ancor maggiore rispetto al passato, le Lega Serie A deve poter proporre delle modifiche al fine di meglio affrontare una tale criticità. In tal senso, la Lega ha introdotto delle modifiche al proprio Statuto, che sanciscono la necessità di adottare modelli di gestione e controllo ex d.lgs. 231/2001. In sede de iure condendo, si sta inoltre riflettendo sulla possibilità di richiedere l'adozione di tali modelli come condizione necessaria per l'iscrizione al campionato di massima serie. Nel frattempo, in quest'ottica è stata prevista la creazione di un Alto Comitato per l'Etica con funzione direttive e di controllo al fine di prevenire efficacemente la commissione di illeciti.

L'Avv. Pierfilippo Capello (Milano), chiudendo la prima parte dei lavori della giornata, si è soffermato sulle maggiori criticità all'interno dell'ordinamento sportivo. Nel doping, ad esempio, è sufficiente la presenza della sostanza vietata perché scatti una squalifica (trattasi quindi di responsabilità oggettiva pura). Tale principio è stato introdotto dalla WADA, e sarà applicato anche ai prossimi Giochi Olimpici di Londra. A riguardo, il CIO ha chiesto ad un pool di esperti un parere sulla compatibilità di tali principi stringenti con la Dichiarazione dei diritti umani. Per garantire la legittimità del sistema, è stato necessario introdurre un sistema di uscita (c.d. di way out): ovvero prevedere che soltanto in casi eccezionali sia possibile vincere tale responsabilità oggettiva. Nella seconda parte del Convegno sono state affrontate le tematiche relative all'illecito sportivo e alla responsabilità oggettiva seguendo un taglio maggiormente pratico, grazie anche all'intervento di alcuni professionisti del settore anche direttamente coinvolti nell'attività difensiva nel corso dell'attuale scandalo del calcioscommesse.

L'Avv. Eduardo Chiacchio (Napoli), introducendo il secondo panel, ha descritto le problematiche insite nella responsabilità oggettiva a danno delle società, che vive, in certi casi, un vero e proprio dramma non soltanto sportivo ma anche, e soprattutto, economico. Generalmente i soggetti coinvolti sollevano il problema soltanto al momento di un deferimento dimenticando, però, di aver accettato tale norma insieme a tutto il sistema di giustizia sportiva, all'atto del tesseramento con la Federazione. In ogni caso, negli ultimi 30 anni, tale normativa non ha subìto modifiche e pertanto, sono accolti con favore i propositi di riforma attualmente in discussione. Allo stato attuale, il giudice non può far altro che applicare la normativa vigente, aldilà della condivisione sulla formulazione della responsabilità oggettiva. E' da tener, comunque, presente che le pene sono state via via diminuite in maniera significativa dagli organi giudicanti, graduando la responsabilità caso per caso.

L'Avv. Enrico Angelini (La Spezia - Spezia) ha descritto, invece, la peculiarità della situazione che si trova a vivere la società che sta attualmente difendendo, per essere stata deferita a titolo di responsabilità oggettiva per fatti commessi da un suo giocatore quando questo era, però, tesserato per un altro club. Tutto ciò sulla base della continuazione del reato associativo finalizzato all'illecito che, sulla base dell'interpretazione offerta dalla Procura federale ed avvallata in primo grado, continuerebbe anche durante il tesseramento con il club successivo.

L'Avv. Massimo Diana (Bologna), dal canto suo, ha posto l'accento su alcune criticità insite nell'attuale ordinamento sportivo. Alla luce dei recenti scandali, è emerso un nuovo quadro dove i giocatori non solo hanno commesso illeciti senza l'ausilio ed il supporto del club, ma talvolta addirittura giocando contro il sodalizio per il quale sono tesserati. Di conseguenza, è emersa una difficoltà concreta nel predisporre le difese dei club e dei giocatori che non si possono più porre sullo stesso piano, mirando ad interessi confliggente.

L'Avv. Cesare Di Cintio (Bergamo - Novara) ha descritto quali problematiche deve affrontare un legale nella difesa di una società incolpata a titolo di responsabilità oggettiva. Il club, per limitare la propria responsabilità, è andata a dimostrare come fosse stata vittima essa stessa dell'illecito, tenuto conto che il modello societario ex d.lgs. 231 era già stato adottato nel 2006. E' stato, inoltre, creato un codice antifrode al fine di controllare i flussi anomali di scommesse relativi al club ed effettuare una denuncia agli organi di giustizia. Tutto ciò per sottolineare quanto sia importante creare meccanismi di prevenzione e controllo, tenuto conto che il modello ex d.lgs. 231 è già previsto dallo Statuto di Lega e bisogna verificarne l'applicazione ed il rispetto.

L'Avv. Davide Gatti (Asti - Difensore Alberto Fontana) ha descritto, invece, la strategia difensiva messa in campo per tutelare gli interessi di un tesserato coinvolto nel calcioscommesse a causa delle dichiarazioni di un c.d. atleta pentito. In particolare, si è soffermato sulla difficile situazione, anche personale, di quei tesserati che si trovino coinvolti in provvedimenti sportivi, a seguito delle dichiarazioni di terzi c.d "pentiti". Ha poi chiuso l'intervento sottolineando le criticità della giustizia sportiva, tra le quali le carenti motivazioni dei provvedimenti e la difficoltà di far ammettere alcuni tipi di mezzi di prova, oltreché ad ottenere una valutazione a riguardo.

L'Avv. Gian Pietro Bianchi (Milano) ha chiuso la tavola rotonda trattando alcune questioni salienti interne alla giustizia sportiva tra cui l'istituto della continuazione e alla contestata possibilità del TNAS di supplire alle carenze motivazionali degli organi di giustizia endofederali. Ha, infine, espresso alcune considerazioni relative all'utilità o meno di chiedere un patteggiamento della pena in sede disciplinare.

582180_200497343409583_1423043464_n.jpg

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti
Joined: 14-Jun-2008
11014 messaggi
Inviato (modificato)

Eroi in mutande

di MARCO TRAVAGLIO (il Fatto Quotidiano 01-07-2012)

Siccome la mamma dei cretini è sempre gravida, c’è chi – soprattutto gli

onanisti di twitter, più un insettucolo di Radio24 e un tal Macioce del

Giornale – continua a menarla sul fatto che tifo contro gli “azzurri” agli

Europei. Non mi riferisco a chi ci scherza sopra, com’è giusto che sia (tipo

la banda del Misfatto), ma a chi replica con argomenti seriosi, patriottici,

nazionalistici: tifare contro la Nazionale di calcio sarebbe disfattismo,

tradimento, intelligenza col nemico teutonico. Se è per questo ho tifato pure

per Spagna, Croazia, Irlanda e Inghilterra quando giocavano contro l’Italia.

Invece ho tifato per l’Italia in altri tempi, quando a simboleggiarla erano i

Bearzot, gli Zoff, i Trap. Anche allora c’era qualche furbetto coinvolto in

scandali, tipo Rossi nel 1982: ma avevano pagato il conto con la giustizia.

Ora invece, si usano le vittorie sportive (anche quelle meritate, come contro

la Germania) per chiudere altre partite senza neppure aprirle: quella del

calcioscommesse, che al rientro dei nostri eroi in mutande sfocerà nei

deferimenti di club di serie A e di parecchi giocatori, forse anche azzurri; e

addirittura quella della politica e dell’economia europea, con una ridicola,

puerile, penosa ricerca di vendetta su paesi più virtuosi del nostro. Tipo la

Germania della Merkel. Io vorrei sapere, che si vinca o si perda, cos’è quel

milione e mezzo versato da capitan Buffon a un tabaccaio di Parma. Vorrei

sapere quali e quanti dirigenti e calciatori coinvolti nell’inchiesta di

Cremona per essersi venduti le partite in barba ai tifosi e alla lealtà

sportiva, sono colpevoli o innocenti. E vorrei che i colpevoli fossero radiati

e condannati. Nessuna vittoria all’Europeo può cancellare lo scandalo. E

invece c’è chi confonde i piani. È bastato che Buffon parasse tutto ai

tedeschi perché Capezzone, disperso da mesi, rialzasse il capino e intimasse

non si sa a chi né perché di “chiedere scusa a Buffon”. È bastato un paio di

partite vinte perché tutti si scordassero che uno dei nostri eroi, Bonucci, è

indagato nel calcioscommesse. Era già accaduto nel 2006, col Mondiale vinto un

mese dopo Calciopoli: la coppa diventò un aspersorio per benedire e assolvere

mediaticamente i ladroni con l’Operazione Amnesia, che ha la stessa radice di

Amnistia. La stessa magliarata si sta tentando ora nel campo della politica.

Per vent’anni ci siamo fatti governare, salvo rare parentesi ed eccezioni, da

delinquenti e/o pagliacci che ci han portati al fallimento. Poi un

provvidenziale colpo di palazzo orchestrato più a Berlino, Bruxelles e

Francoforte che a Roma, ha messo su un governo tecnico guidato da una

persona seria, almeno più seria di chi c’era prima, costringendo un

Parlamento indecente ad appoggiarlo per paura delle elezioni. Ora son bastati

sei mesi di travestimento, il loden al posto della bandana e del toupet, i prof

al posto delle mignotte, per farci dimenticare che razza di paese siamo e chi

abbiamo eletto per tutti questi anni, mentre l’odiata Germania si faceva

governare dagli Schroeder e dalle Merkel. Ora è passata addirittura l’idea che

il nostro debito pubblico e tutti gli altri guai dipendano dalla linea dura della

Merkel. Piegata la quale torneremmo nel Regno di Saturno. Ma se, rispetto ai

tedeschi, il nostro stato sociale fa schifo, spendiamo la metà in ricerca e

sviluppo, i nostri operai guadagnano la metà, abbiamo il debito pubblico al

122% del pil contro l’82, il pil a -1,9% contro il + 0.8, il tasso sul debito

al 5,7 contro l’1,6, l’inflazione al 3,2 contro il 2,1, la disoccupazione al

10,2% contro il 6,7, le esportazioni a picco mentre in Germania crescono,

continueremo ad averli anche se abbiamo battuto la Germania a pallone. Non

è colpa della Merkel, ma di chi ci ha governati e di chi l’ha votato. E non c’è

gol azzurro che possa cancellare queste colpe. Dicono che la Merkel non va

perché “fa gli interessi dei suoi elettori”. Ecco: vorrei anch’io poter

accusare un premier italiano di fare gli interessi dei suoi elettori.

-------

Misfatto satira & sentimenti da

il Fatto Quotidiano 01-07-2012

aavAPVaR.jpg

___

IL FOGLIO.it 01-07-2012

aahEGeqc.jpg

Modificato da Ghost Dog

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti
Joined: 10-Sep-2006
5209 messaggi

Fu proprio lui che una volta si fece sorprendere in mutande!

Mi pare che ultimamente il suo giornale sia diventato più irritante della gazza rosa.

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti
Joined: 14-Jun-2008
11014 messaggi

Fu proprio lui che una volta si fece sorprendere in mutande!

Mi pare che ultimamente il suo giornale sia diventato più irritante della gazza rosa.

Ho appena letto su JU29RO le dichiarazioni di Narducci alla presentazione del suo

capolavoro, ieri, a Monticiano.

Pappa & Ciccia.

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti

Crea un account o accedi per lasciare un commento

Devi essere un utente registrato per partecipare

Crea un account

Iscriviti per un nuovo account nella nostra community. È facile!

Registra un nuovo account

Accedi

Sei già registrato? Accedi qui.

Accedi Ora

  • Chi sta navigando   0 utenti

    Nessun utente registrato visualizza questa pagina.

×
×
  • Crea Nuovo...