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K A L C I O M A R C I O! - Lo Schifo Continua -

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In Italia c’è il fascismo

Christian Rocca - camilloblog -31 maggio 2012

E Gigi Buffon è il nostro Gaetano Salvemini. I giornali sono vergognosi, e poi si lamentano di non vendere copie e di perdere autorevolezza. Buffon ha criticato il circolo mediatico giudiziario, la vera peste italiana degli ultimi 20 anni, e il giorno dopo una vecchia informativa di una qualche procura è diventato un PDF scaricabile sui siti dei giornali titolati a tutta homepage: “Le scommesse milionarie di Buffon”, sottinteso illegali e collegate alle inchieste di questi giorni. E invece non c’entra niente, quella vecchia informativa “risevata” non ha portato ad alcuna indagine nei confronti di Buffon, che non è indagato, è solo una ritorsione della magistratura e della stampa dopo le giuste e doverose accuse di ieri. Una ritorsione. Quell’informativa che fa titolare i giornali, anche quelli in amichevoli rapporti con gli zingari scommettitori clandestini, “Le scommesse milionarie di Buffon” da sottintendere sempre illegali e collegate alle inchieste di questi giorni, dice invece che non si puó escludere che Buffon non scommettesse legalmente, attività peraltro al tempo consentita e lecita anche per i calciatori (ora non più). Per i giornali quel “non si può escludere” sotto dettatura della casta dei magistrati diventa “scommetteva” naturalmente illegalmente. Io non so se Buffon scommettesse. So che in Italia c’è il fascismo.

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Una vera e propria emergenza democratica!

Francesco Alessandrella - Spazio Juve -31-05-2012

Ormai è una certezza: siamo di fronte ad una vera e propria emergenza democratica. La vicenda del calcio scommesse, al di là del tifo calcistico sta facendo emergere una questione molto più grave delle responsabilità dei singoli calciatori.

I fatti:

1) il 3 maggio la procura di Cremona invia, tra gli altri, una informazione di garanzia (volgarmente detto “avviso”) a Criscito, nel ritiro della Nazionale. Ciò provoca la mancata convocazione del calciatore per gli europei. Nel pomeriggio si sparge la voce che anche Bonucci sarebbe destinatario di pari provvedimento. Tale voce è smentita dal giocatore, dallo staff dell’Italia e addirittura dallo stesso procuratore di Cremona. Ma qualcuno insiste e questo pomeriggio il sito di un quotidiano pubblica la foto di quella che è tecnicamente una “iscrizione nel registro degli indagati” del difensore juventino, spacciandola per avviso di garanzia. Chi vi scrive è un avvocato che qualche esamino di procedura penale l’ha fatto e conosce bene la differenza tra i due atti, cosa che, forse, manca al giornalista. L’iscrizione nel registro degli indagati è un atto dovuto da parte del magistrato quando è a conoscenza di una notizia di reato. Se io vado in Procura a dire che uno ha fatto qualcosa che la legge individua come reato, chi riceve la notizia è tenuto per legge ad iscrivere quella persona nel registro. Nel corso delle indagini seguenti alla detta iscrizione, se ci sono degli atti che l’indagato deve compiere o di cui deve venire a conoscenza, scatta l’informazione di garanzia (e attenzione che la parola “garanzia” è riferita all’indagato, è una tutela per questi)! Ma la vera gravità del fatto è che tale atto, e cioè l’iscrizione nel registro degli indagati, che per sua natura non è necessariamente notificato alla persona indagata (e a Bonucci non è stato notificato, si ripete), finisce in internet violando ogni principio costituzionale o di legge prima che il soggetto ne sia venuto a conoscenza! Potrebbe sembrare una cosa da poco, ma la legge questo fatto lo chiama REATO, e chi lo commette è un delinquente! E attenzione: i delinquenti, qui, sono almeno 2: chi pubblica la cosa e chi gliela fa avere in modo da pubblicarla…

2) Questo pomeriggio ecco arrivare il turno di Buffon. Perché oggi? Ma ovvio: ieri sera il portiere della nazionale aveva osato accusare stampa e magistratura esattamente di quello che abbiamo scritto al punto 1. Se alle sei del mattino ci sono le telecamere a Coverciano per aspettare l’arrivo delle volanti, se le cose finiscono in rete prima che agli interessati, c’è qualcosa che non va. Ebbene, con un tempismo e una precisione straordinarie ecco arrivare quello che si può definire senza paura di essere smentiti una intimidazione di stampo mafioso. Sullo stesso giornale ecco la pubblicazione di quelle che lo stesso giornalista definisce “nota riservata inviata dalla procura di Torino a quella di Cremona”. Pazzesco: una nota RISERVATA che una procura invia ad un’altra finisce immediatamente su internet. Attenzione: qui non si sta nemmeno parlando di iscrizioni nel registro degli indagati come nel caso di Bonucci. Qui siamo in una fase assolutamente precedente nella quale una procura sta – legittimamente – svolgendo delle indagini ma nella quale Buffon non risulta nemmeno indagato! E attenzione alle date: Torino chiede a Cremona, a mezzo del sostituto Dott. Parodi copia degli atti relativi alle trascrizioni delle intercettazioni nelle quali Buffon sarebbe stato indicato come soggetto dedito a scommesse addirittura il 29 DICEMBRE 2011! La nota con la quale la Guardia di Finanza, nucleo polizia tributaria di Torino evidenzia il flusso animalo nella emissione degli assegni da parte del portiere della Juve nel periodo gennaio – settembre 2010 è addirittura del 13 GIUGNO 2011 (Prot. 225297/11). E la risposta di Cremona a Torino, con la quale il Dott. Di Martino trasmette copia della trascrizione delle intercettazioni ambientali nell’ambito della quale viene fatto il nome di Buffon è del 16 GENNAIO 2012! In questa nota, il Procuratore di Cremona fa riferimento alla intercettazione ambientale di Santoni e chiaramente fa intendere di non averla presa in nessuna considerazione in quanto scrive: “allo stato questo ufficio non ha in programma iniziative investigative nei confronti del predetto Buffon che non risulta tra gli indagati”. Insomma, stiamo parlando di cose vecchie, addirittura già smentite dallo stesso Santoni che aveva bollato come millanterie queste sue presunte conoscenze di scommesse da parte di Buffon (per inciso, in quella intercettazione vengono fatti anche i nomi di Gattuso e Cannavaro!). Ma per i giornali chissenefrega! Sbatti il mostro in prima pagina, questo è ormai il motto. E non solo per modo di dire perché la home page del maggiore quotidiano italiano è stata per tutto il pomeriggio di oggi aperta con questa notizia vecchia, prima di quelle relative al terremoto che anche oggi ha fatto tremare mezza Italia. E anche qui viene spontanea una domanda: chi ha fornito queste carte alla stampa? Chi ha permesso che una persona NEMMENO INDAGATA venisse sbattuta in pasto alla demenziale ignoranza di chi ci costruirà castelli e supposizioni che nemmeno una archiviazione del caso, come è naturale che avverrà, potrà mai abbattere?

Questo è un modo vergognoso, anzi, ripetiamo, delinquenziale di fare informazione e di fare giustizia, indegni di un paese civile. Speriamo davvero che questa sia l’ultima frontiera e che qualcuno paghi per questa cosa. Anzi, vi anticipo che sto preparando una denuncia querela che presenterò alla Procura più vicina per i reati commessi da ignoti per la divulgazione di queste notizie. Adesso basta!

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AGNELLI

“Pronti per un top player

La Juve sarà da Champions”

Il presidente bianconero: “Singolare che l’informativa su Buffon esca ora”

di MASSIMILIANO NEROZZI (LA STAMPA 01-06-2012)

Andrea Agnelli, ha pianto per lo scudetto?

«Ho realizzato solo qualche giorno dopo, quando ho parlato alla squadra: lì

ero emozionato. La sera della vittoria non mi sembrava reale, sentivo i

clacson della gente: non mi ero ancora reso conto di averla fatta grossa».

Perché non era andato a Trieste?

«Come per le ultime quattro trasferte. Quella con il Cesena l’avevo seguita

con le mail, in un parcheggio di una fabbrica della “Chrysler”, a Detroit:

figurarsi quando ho visto scritto 4 minuti di recupero».

La sterzata della stagione?

«A Napoli, il discorso dell’allenatore, all’intervallo. Ho pensato: “Ce la

giochiamo”. Ha fatto capire le potenzialità dei giocatori, ha cambiato la

mentalità. Altri 5 minuti e la vinciamo 5-3, non 4-3 (finì 3-3, ndr)».

«Dal Paradiso all’Inferno e ritorno», ha scritto. 12 mesi fa mai

pensato, ci tocca ancora il Purgatorio?

«Dissi: “Se l’anno prossimo, di questo periodo, avremo questi problemi, allora

avremo un problema. Ma erano due settimi posti diversi: il primo di fine ciclo,

quello in piena fase di ristrutturazione».

Uscimmo a rivedere le stelle, restando a Dante: quante sulla maglia?

«Per noi gli scudetti sono trenta: come ho detto, sulla maglia ci sarà una

sorpresa».

Alla Cnn ha parlato di 28 scudetti.

«Sul campo, trenta. Poi c’è l’albo d’oro della Federazione. Come c’era la

nostra domanda per una parità di giustizia. E il nostro esposto rimasto senza

risposta: sarebbe stata un’opportunità politica da parte della Figc per

rimettere a posto le cose. L’Inter, che nel 2006 era arrivata terza perché in

mezzo a noi c’era il Milan, è andata in giro con lo scudetto degli onesti.

Tutt’al più dei prescritti. Noi rispettiamo le istituzioni, abbiamo accettato

le sentenze, e chiesto di rivedere un episodio: non l’hanno fatto, quello è

stato uno sgarbo».

Che ne pensa dell’inchiesta sul Calcioscommesse?

«Se qualcuno ha sbagliato è giusto che paghi in maniera severa, perché si

tocca la credibilità, i sogni della gente. Però non bisogna far confusione con

quello che può essere un logico ragionamento sportivo, e qui do un sostegno

alle parole di Buffon. È chiaro che se serve un punto a me per la Champions e

uno a te per salvarti, difficilmente uno gioca con il coltello tra i denti. Fa

parte del mondo dello sport e nulla ha a che vedere con l’arrangiare le

partite o le combine. Il problema è serio, ed è sacrosanto che la magistratura

sportiva e ordinaria utilizzi tutti i mezzi in suo possesso per fare

chiarezza. Quello che è fastidioso è come queste vicende vengono enfatizzate e

spettacolarizzate».

Sono finiti sotto i riflettori Buffon e Bonucci.

«Gigi Buffon è un atleta assolutamente leale e non ha bisogno di arrivare a

situazioni di scommesse per fare quadrare nulla. Quello che sicuramente è

singolare, è che questa informativa esca oggi. Il fatto poi che Buffon non sia

neppure indagato, stupisce doppiamente. Così come è singolare, e grave, che

oggi venga pubblicata l’iscrizione nel registro degli indagati da parte di

Cremona, trasmessa a Bari, dove si trovano anche nomi di persone che, a oggi,

sono state sentite solo come semplici testimoni».

Conte resterà l’allenatore della Juve anche in caso di squalifica?

«Poniamoci i problemi di oggi. A quanto è la nostra conoscenza, la sua

posizione è vicino all’insignificante. Poi faremo tutte le valutazioni, nel

caso qualcosa si modifichi. Dopo di che, ci sono altre cose».

Cioè?

«Un codice di giustizia sportiva vicino all’arcaico, se pensiamo ai termini di

fatturato che ha raggiunto il calcio, sui 18 miliardi a livello europeo. So

benissimo che cambiare le regole in corsa è sbagliato, ma, appena possibile,

abbiamo bisogno di rivedere i codici che ci governano. Paragonare la posizione

di Andrea che gioca un torneo domenicale di golf con atleti professionisti di

sport di altissimo livello è sbagliato: parlo di responsabilità oggettiva e

omessa denuncia, per esempio. Non sarebbe l’unica riforma, però».

Un menù di quelle necessarie?

«Rivedere la governance della Lega di A, per essere un interlocutore credibile

davanti alle istituzioni, Stato, Coni e Figc. La legge sugli impianti sportivi,

che permetta ai privati di investire in maniera rapida e a condizioni

favorevoli, la legge 91 dell’81 con la possibile introduzione della figura

dell’atleta professionista, la tutela dei marchi, una revisione dei campionati,

con la Federazione. Competere vuol dire anche darsi un orizzonte: vogliamo

sostenere l’eccellenza in Europa o la mediocrità in patria ed essere il Paese

campanilistico dei 60.000 comuni?»

Intanto ha ristrutturato la Juve.

«C’è stato un processo di grande rinnovamento, sportivo e aziendale: ogni anno

dieci giocatori nuovi. In quel contesto cercare il campione che ti cambiasse

il rendimento della squadra era impensabile. Oggi puoi pensare di farlo. Ma

poi si apre l’altro interrogativo: andiamo a creare disequilibri o inseriamo

un valore aggiunto? La risposta dipende anche da quel che si trova sul

mercato: un conto è dire ho capacità di spesa illimitata, un altro che devo

trovare il campione giusto a un prezzo accessibile e ragionevole».

Vi siete dati un salary cap?

«No. Dico solo che la Juve ha una capacità di fuoco, cioè stipendi più

ammortamenti, che sta tra i 150 e i 160 milioni di euro. E che questo ci pone

nelle prime dieci in Europa. Entro questa, vale tutto. Se poi vale l’equazione,

rendi per quanto costa la squadra, sei sempre almeno negli ottavi o nei

quarti di Champions League».

Cruijff diceva: «Vinca il migliore, al di là del budget». È ancora

possibile?

«Sono epoche diverse. Oggi si è modificato tutto, basta prendere gli ultimi

due decenni: i principali Paesi sono dominati da poche squadre. Quelle con

bacino di utenza, che portano gente agli stadi e vendono immagini televisive».

Di una star, pesa di più il prezzo di acquisto o la busta paga?

«Lo stipendio è quello che squilibra di più».

Si aspettava che Conte fosse così bravo e decisivo?

«Aveva vinto due campionati di B, e poi ne conoscevo il carattere. Antonio è

stato la ciliegina sulla torta, ha funzionato da acceleratore: lui conosce il

dna Juve, l’ambiente, al pari di quel che io facevo in società».

Il Milan vende, voi comprate: come ha fatto a capovolgere il mondo?

«Duro lavoro da parte della società, e della parte sportiva. Direi Marotta,

Paratici, Giovanni Rossi, Nedved, Pessotto. La capacità vera è tenere una

squadra competitiva costante nel tempo, senza arrivare a fine ciclo. Noi

eravamo a fine ciclo: e a un certo punto devi sapere chi cambiare. Via Zidane,

uno che sembrava insostituibile, per Nedved, Thuram, Buffon. L’esempio più

lampante, la capacità di rinnovarsi».

Per questo non c’è più Del Piero?

«Da una parte quello, e poi tutte le storie hanno una fine. Neppure il miglior

sceneggiatore avrebbe immaginato di meglio: lui che alza la Coppa dello

scudetto, nel nuovo stadio di cui sentiva parlare da quando era qui».

Più difficile vincere la Champions o portare la “Ryder Cup” in Italia?

«Sono due cose diverse. Per la Juve, stando alle risorse disponibili, vincere

la Champions è un obiettivo. L’anno prossimo partecipa e ha l’ambizione di

vincere. Siamo andati oltre la nostra pianificazione, non oltre la nostra

ambizione. Portare la “Ryder Cup” qui è davvero difficile, perché il peso

specifico del golf italiano su quello mondiale è marginale».

Juve di Capello contro Juve di Conte, chi vince?

«La Juve».

Prandelli pagherebbe un biglietto per una partita di Zeman: lei?

«Per vedere “Anfield Road”, mai sentito “You never walk alone” dal vivo».

Se il top player è la squadra, come ricordava John Elkann, Van Persie,

Higuain e compagni sono impossibili?

«Assolutamente no: volendo, si può fare. Due anni fa sarebbe stato inutile:

c’era da costruire la casa, inutile metterci una tv al plasma. Poi bisogna

fare valutazioni a 360 gradi: vedere se uno è un bravo ragazzo o uno spirito

ribelle. Tevez o Van Persie?»

Quando non era presidente ma solo tifoso chi avrebbe preso?

«Mi importava vincere».

Perché Van Persie ha fatto un giro turistico a Torino?

«Ah sì?»

Lei come ha vissuto questi due anni?

«La vera sfida è stata rivitalizzare una società che era quasi morta: due anni

fa, a metà maggio, vado in sede sabato mattina e la trovo sprangata. Un anno

dopo, sabato mattina, vado e ci sono 25 persone in ufficio. Ridare entusiamo a

chi lavorava, ai nostri tifosi che dal 2006 al 2010 avevano smarrito la

squadra: come la vecchia Dc, una tifoseria di correnti. Ma d’altronde, i

cambiamenti sono di rottura e di ricostruzione».

«Un sogno realizzato smette di essere un sogno», diceva Valeri

Lobanovsky. Ha già il prossimo?

«Lo scudetto è già finito, bisogna ricominciare da zero. Il prossimo trofeo

che alzeremo sarà il più bello».

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ilCommento di RUGGIERO PALOMBO (GaSport 01-06-2012)

Scandali, pasticci

e patteggiamenti

un po' troppo miti

Prandelli ne converrà, non era il giorno più indovinato per descriverli come

«quaranta sfigatelli». Dal caso Bonucci a quello Buffon, le carte della

Procura di Cremona rubano la scena al primo atto del processo sportivo di Roma

e non danno tregua alla Nazionale, che per inciso stasera, non si sa con che

spirito, affronta la Russia nella superstite amichevole pre-Europei. Bonucci,

Buffon, il processo: tre situazioni diverse, ciascuna degna di relativo

approfondimento.

Caso Bonucci Bonucci è indagato dalla Procura di Cremona dal 3 maggio

per presunta «associazione per delinquere finalizzata alla frode sportiva e alla

truffa». La stessa ipotesi di reato che ha mandato a casa Criscito, a carico

del quale c'è stata in sovrapprezzo la spettacolare perquisizione a Coverciano

con annessa notifica dell'atto. Cosa che secondo la Federcalcio fa la

differenza. Il «notificato» Criscito, per Abete e Valentini, è diverso dal

«non notificato» Bonucci. Mentre il Coni tace e riflette, noi ci permettiamo

di dissentire dalle conclusioni cui è arrivata la Federazione che si è

appoggiata ai tradizionali «pareri» tanto cari ad Abete. Che evidentemente non

coincidono con quelli raccolti da noi, secondo i quali le posizioni di

Criscito e Bonucci davanti alla giustizia ordinaria combaciano quasi come due

gocce d'acqua. Conclusione: delle due l'una, o vanno a casa entrambi, perché

l'ipotesi di reato è troppo pesante; oppure entrambi dovrebbero partire per

gli Europei, perché fino a prova contraria vale la presunzione d'innocenza. La

sensazione è che la vicenda non si chiuda qui. La notte, forse, potrebbe

portare consiglio ad Abete.

Caso Buffon A quanto sembra e risulta alla Guardia di Finanza, Buffon

è incline a giocarsi pure la camicia. Fatti e soldi suoi, fin qui. Lo fa in un

luogo «tra l'altro abilitato», come è scritto nelle inquiete informative

girate tra la Procura di Torino e quella di Cremona, «a raccogliere scommesse

calcistiche». Cosa vietatissima per un calciatore, lo dicono le norme di Figc,

Uefa e Fifa. Ma il punto è proprio questo: il Buffon che si spara

unmilionecinquecentottancinquemila euro beato lui o povero lui, fate voi tra

gennaio e settembre 2010 in un luogo «tra l'altro abilitato» alle scommesse

sul calcio ma che raccoglie pure tutto il resto dei giochi legali di questo

sciagurato Paese, dove sta scritto che abbia commesso un reato o quantomeno un

reato sportivo? Da nessuna parte. Certo, ripensandoci bene anche il buon Gigi

poteva risparmiarsi quella sparata del giorno prima perché in certi casi il

silenzio è d'oro. Ma di sicuro non può andare sotto processo, penale, sportivo

e mediatico, solo perché, anche qui fino a prova contraria, ha solo un

maledetto «vizietto». Se poi i «sospetti» di Fiamme Gialle e istituti bancari

si rivelassero fondati, è altra storia. Che però oggi non si sa nemmeno se mai

comincerà.

Processo di Roma Pioggia di richieste di patteggiamento, com'era previsto.

Meno prevedibile, che Palazzi le accettasse tutte e che la Disciplinare gli

andasse dietro con sentenze tutto sommato miti: possibile che i tesserati

beneficiati siano diventati usignoli pronti a dare il loro contributo alla

causa della pulizia del calcio, così collaborativi da incassare tutti la

riduzione della pena? Ancora più difficile comprendere il senso degli sconti

riservati in qualche caso alle società. Si sapeva che per la discussa

responsabilità oggettiva si sarebbe usata la mano leggera. Ma andate a

spiegare a Empoli e Vicenza perché il pluringuaiato Grosseto deve partire

grazie alla riduzione della pena da -6 la prossima stagione quando anche solo

con gli stessi punti in meno sarebbe finito dietro al Vicenza, in pieni

playout.

Megascandalo, ma anche profumo di megapasticci.

___

l'Analisi di LUIGI GARLANDO (GaSport 01-06-2012)

SIAMO STUFI ANCHE NOI

Fino al primo pomeriggio di ieri, sembrava che l'unico problema a Coverciano

fosse il mal di denti di Balotelli. Una parvenza di normalità salutata da

Cesare Prandelli con un sospiro al momento di accomodarsi in aula magna per la

conferenza stampa: «Oggi voglio parlare solo di calcio».

Come non detto. Buffon e Bonucci, l'informativa della Finanzia e il registro

degli indagati... Un'altra giornata livida, lunga e muta. Azzurro tenebra.

Demetrio Albertini, capo spedizione all'Europeo, in volo verso Zurigo, ha

sbottato: «Siamo stanchi. Non ne possiamo più di questo stillicidio», mentre

il presidente della Juve, Andrea Agnelli, a Torino, trovava «singolare e

grave» la tempistica della informativa su Buffon e la conferma dell'iscrizione

di Bonucci nell'albo degli indagati. Più o meno il sospetto di un'esecuzione

il giorno dopo l'accusa di Buffon: «La fuga di notizie è vergognosa».

Quasi il bollettino di guerra di una Nazionale che si sente sotto tiro,

logorata dall'attesa nel suo deserto dei Tartari, assediata da un nemico che

non si vede. Forse perché il nemico non c'è.

Chiediamo un piccolo sforzo agli azzurri (dirigenti, allenatore, giocatori.. . )

: guardate un attimo oltre al fortino. Oltre le mura c'è la gente, quella che

ama la Nazionale, quella che spetta il pretesto di un gol per

po-po-po-po-po... Non pensate che anche quella gente vorrebbe sedersi da

qualche parte e sospirare: «Parliamo solo di calcio»? Non pensate che anche

gli sportivi che frequentano gli stadi, i ragazzi che giocano sognando di

diventare campioni «siano stanchi di questo stillicidio» di notizie

giudiziarie che tolgono spazio al pallone? C'è il capitano della Nazionale che,

secondo un'informativa della Finanza, ha staccato assegni per oltre un

milione e mezzo, destinati al proprietario di una ricevitoria, con il sospetto

di scommesse e un'indagine per riciclaggio. Tutto da provare, certo, ma

intanto Buffon si è ficcato in questa situazione imbarazzante. Se uno sportivo

la giudica «singolare e grave» sbaglia?

Se l'86,5% che ha risposto al sondaggio di giornalaccio rosa. it non ha capito la

differenza tra Bonucci e Criscito, forse è perché la mancata notifica di un

avviso di garanzia, in presenza di uno status identico a quello di Criscito,

pare a molti una foglia di fico che poco c'entra con l'albero del codice

etico. Forse non è sotto assedio la Nazionale, ma la gente che la ama e che

ha creduto all'Italia della rinascita, delle regole e del sorriso. E ora non

capisce tutto. Le Procure non si divertono a piazzare provvedimenti a

orologeria, ma sono al lavoro per ripulire il calcio dagli «sfigatelli» che

sono più di 40. Ai giornali, credeteci, convengono più i gol che i processi.

Se proprio vi serve come macumba per evocare l'effetto-2006, cari azzurri,

restare pure chiusi nel fortino, altrimenti uscite incontro alla gente. Chi ha

qualcosa da spiegare, lo faccia in modo limpido. E poi giocate e divertiamoci.

-------

«Malato di gioco»

La Parma di Gigi e la tabaccheria degli eccessi

Già nel 2006, prima del Mondiale, il portiere finì al centro di un'indagine sulle scommesse

di ANDREA SCHIANCHI (GaSport 01-06-2012)

Il triangolo è sempre lo stesso: Buffon, le giocate e Parma. Oggi come nel

maggio del 2006: allora si era alla vigilia del Mondiale di Germania, ora

siamo alle porte dell'Europeo di Polonia e Ucraina. Sei anni dopo cambiano i

personaggi di contorno e le cifre (se prima si ragionava su investimenti di

migliaia di euro, ora siamo arrivati a 1, 585 milioni) non la sostanza. Un

amico che conosce Buffon da una vita e preferisce restare anonimo,

interpellato dalla Ġazzetta, a proposito di questa propensione del

portiere per il gioco, parla apertamente di «malattia». Ed era stata una ex

fidanzata, Linda Cerra, legata a Gigi ai tempi del Parma, a dichiarare che

Buffon spendeva almeno 2 milioni all'anno in scommesse, casinò e puntate

varie.

L'amico tabaccaio Secondo l'inchiesta della Guardia di Finanza di Torino,

Buffon giocava attraverso una tabaccheria di Parma, in via Garibaldi 42, pieno

centro, gestita da Massimo Alfieri. Un giro di denaro pazzesco, più di un

milione e mezzo all'anno, che ha messo in allarme gli inquirenti. Va detto

subito che si tratta di giocate legali e regolari, tanto che il portiere

azzurro non è neppure indagato. Il problema è che, nel caso di Buffon, si

tratta di un tesserato e dal novembre del 2005 ai tesserati Figc è proibito

scommettere sul calcio. Il gestore della tabaccheria è un amico di vecchia

data di Gigi, uno di quelli che lo ha conosciuto da ragazzino.

Gli eccessi Oggi, nel centro di Parma, tra una chiacchiera sull'ormai

prossima definizione della giunta «grillina» del neosindaco Pizzarotti e un

pensiero al terremoto, si discute della questione Buffon. Per la gente di

Parma Gigi è un figlio. Basta una parata, un'uscita spericolata, e ci si

dimentica del diploma falso comprato per evitare l'esame di maturità, del

«Boia chi molla» scritto sulla maglietta, del numero 88 scelto nel 2000 che,

in quanto simbolo nazista, sollevò l'indignazione della comunità ebraica. Sono

alcuni degli eccessi di un ragazzo che eccessivo lo è sempre stato.

Da un conto all'altro Nel maggio 2006, quando scoppiò il precedente

scandalo parmigiano di Buffon, il portiere venne interrogato dal pm Errede

e, all'uscita dal tribunale con il team manager azzurro Gigi Riva, si rivolse ai

cronisti dicendo: «È tutto a posto, ora penso solo al Mondiale». Il 29

dicembre di quello stesso 2006, fresco campione del mondo, Buffon tirò

un sospiro di sollievo: il procuratore federale Palazzi, sulla base anche di

un interrogatorio dell'allora capo dell'Ufficio Indagini della Federcalcio

Borrelli, archiviò il procedimento. L'inchiesta penale, invece, si basava su

un'ipotesi di accusa pesantissima: associazione per delinquere e violazione

della legge sulle scommesse. Era a carico di 4 persone, due delle quali legate

da stretta amicizia a Buffon. In sostanza si sospettava che una somma di

10mila euro, prelevata il 16 gennaio 2006 (dopo l'entrata in vigore del

divieto di scommesse per i tesserati) dal conto corrente bancario del portiere,

fosse finita su quello di Paolo Pelizzoni, titolare di un internet point,

come pagamento di scommesse. Buffon si difese sostenendo che quei soldi

servivano per ripianare un vecchio debito. E Pelizzoni ammise che lui doveva

sì avere 10 mila euro, ma non da Buffon, bensì da Alessandro Brignoli, detto

Camacho, uno dei più cari amici di Gigi. In pratica, avendo il gip negato

l'autorizzazione alle intercettazioni telefoniche e ambientali, la faccenda si

sgonfiò, nonostante fossero state fatte inchieste accurate perfino a Malta e

nel Regno Unito a caccia di intermediari e prestanome. Oggi, 6 anni dopo, a

Parma si rivive la stessa scena. Non c'è un'ipotesi penale, ma si parla sempre

di Buffon e di soldi puntati utilizzati per il gioco. Scommesse? Da qualunque

parte la si guardi non è una bella storia.

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In un’informativa i sospetti sul n.1: più di 1,5

milioni per le puntate, ma non è indagato Agnelli lo

difende, Nazionale turbata E anche Bonucci è indagato

Il gioco si fa duro

Le scommesse shock di capitan Buffon

di GIULIANO FOSCHINI & MARCO MENSURATI (la Repubblica 01-06-2012)

Una manciata di assegni per un totale di un milione e mezzo di euro

"movimentati" in soli nove mesi imbarazzano Gianluigi Buffon. Allegato

all´ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip di Cremona nei giorni

scorsi per Mauri, Milanetto ed altri, c´è un documento che racconta di una

indagine della procura di Torino nata da una segnalazione fatta dalla Banca

d´Italia alla Guardia di finanza. Il conto corrente del calciatore - si legge

nell´informativa datata maggio 2011 - avrebbe registrato «un´anomala

movimentazione caratterizzata dall´emissione nel periodo gennaio

2010-settembre 2010 di 14 assegni bancari, di importi tondi compresi tra

50mila ed euro 200mila per un totale di 1.585.000 euro tutti a favore di

Alfieri Massimo (titolare di tabaccheria a Parma, abilitata, tra l´altro, alle

scommesse calcistiche)». Nella relazione è riportata anche la versione

dell´avvocato di Buffon che però non è molto utile a chiarire perché un

calciatore dovrebbe fare assegni milionari a un tabaccaio abilitato alle

scommesse calcistiche: «L´avvocato Marco Valerio Corini, legale che segue

il calciatore da anni, a tutela della privacy del suo assistito, non ha voluto

dettagliare la ragione dell´operatività segnalata. E si è limitato a

descrivere il beneficiario degli assegni come persona di assoluta fiducia,

spiegando che i trasferimenti di liquidità sono volti a tutelare parte del

patrimonio personale di Buffon. L´avvocato ha, inoltre, accennato ad una

società fiduciaria e all´acquisto di immobili a Parma, senza specificare

l´esistenza o meno di scritture private o atti di compravendita donazione».

L´analisi della Gdf dimostra «come a fronte dei rilevanti fondi trasferiti da

Buffon, sono puntualmente identificabili addebiti di importo abbastanza

comparabile tramite Rid a favore» di Lottomatica Spa e Lis Finanziaria Spa. E

non si può dunque escludere che Buffon «abbia posto in essere un´intensa

attività finanziaria legata al mondo delle scommesse sportive».

Tutto abbastanza fumoso per generare più di un sospetto. Come sintetizza il

pm, nella missiva d´accompagnamento alla richiesta: «Questo ufficio – scrive -

ha in corso accertamenti (…) relativi ad ingenti somme di denaro che lo stesso

Buffon (che non è indagato, ndr) avrebbe utilizzato per scommesse presentate

avvalendosi di soggetti terzi». Scommesse che, nel caso avessero ad oggetto

partite di calcio (come ipotizza la banca d´Italia), sarebbero assolutamente

vietate dalla Federazione e comporterebbero una pesante squalifica per il

giocatore che per altro era già stato al centro di un caso simile nel 2006.

Allora la sua posizione fu archiviata dopo che il capitano raccontò ai

magistrati di aver sperperato, sì, una fortuna ma non in scommesse sportive,

bensì nel cosiddetto "gioco delle palline", un videogame d´azzardo.

Atterrato a Zurigo nel pomeriggio – la notizia è venuta fuori mentre la

nazionale era in volo – Buffon non ha voluto commentare (mentre il suo

avvocato parla di «imboscata»). A dire due parole è il capo spedizione,

Demetrio Albertini che difende senza titubanze l´ex collega: «Ora basta con

queste illazioni, non c´è nulla, quando ci sarà qualcosa parleremo». In

mattinata la Figc era stata raggiunta dalla notizia "ufficiale" secondo cui

anche Bonucci è indagato per associazione a delinquere, nello stesso giorno e

per lo stesso reato di Domenico Criscito al quale però è stato riservato un

trattamento ben diverso: è stato costretto a lasciare la nazionale.

A parlare è anche il presidente della Juventus, Andrea Agnelli il quale fa

notare come sia «strano che l´informativa sia uscita oggi (ieri,ndr)». Vale a

dire il giorno dopo la polemica con il pm Di Martino sollevata dal giocatore

in conferenza stampa dal ritiro di Coverciano. La "storia" del documento

lascia però pensare ad una vera coincidenza. Il 29 dicembre del 2011 il pm

Parodi legge sul quotidiano "la Stampa" una notizia proveniente da Cremona

che parlava di una intercettazione nella quale si faceva riferimento al "vizio" di

Buffon, prende carta e penna e scrive al collega di Cremona per avere la

trascrizione integrale. Nel motivare questa richiesta riporta l´intera

relazione della Guardia di Finanza che, molto prima della polemica con Buffon,

finisce tra i documenti allegati agli arresti eseguiti lunedì scorso. E quindi

pubblici da quasi una settimana.

__

LE PUNTATE DEL CAPITANO

di MAURIZIO CROSETTI (la Repubblica 01-06-2012)

Un milione e mezzo di euro scommessi in un anno: non è un reato, ma se ti

chiami Gigi Buffon e sei il portiere della nazionale, forse non è il massimo

dell´eleganza.

Anche perché il Coni proibisce ai calciatori le scommesse sulle partite, e

nessuno può sapere se Buffon puntasse i suoi ingenti capitali anche lì, tra

campi e parquet, oppure se preferisse limitarsi a ipotizzare il sesso

dell´eventuale primogenito/a di William e Kate.

Grandissimo atleta, Gigi Buffon era già cascato nella trappola del gioco nel

2006, prima dei mondiali poi vinti in Germania: lo convocarono, e lui riuscì a

convincere la giustizia sportiva che le sue scommesse riguardavano solo il

"gioco dei pallini". Insomma, Gigi ha il vizio, patisce la "scimmia"

dell´azzardo, un po´ come accadeva a Beppe Signori (che scommetteva anche sui

Buondì Motta, poi però non si fermò alle merendine), ma giura di non mescolare

professione e "hobby": ognuno, in fondo, può bruciare il denaro come crede,

soprattutto quello guadagnato con poca fatica e divertendosi. Anche se, in

tempo di crisi devastante, la cosa assomiglia a una beffa per tante persone

che non arrivano al 27, non quello della roulette. Una domanda, dunque, a

Buffon bisogna rivolgerla: ha mai scommesso sul football?

Nella settimana più devastante nella storia del calcio italiano, con

giocatori in galera perché si vendevano le partite e azzurri svegliati dai

poliziotti a Coverciano, il milione e mezzo di Buffon non aiuta a rasserenare

l´atmosfera. La nazionale è in partenza per gli europei, e sia ben chiaro che

il risultato sportivo a questo punto è l´ultimo dei problemi, rispetto al

destino e alle condizioni generali del nostro sport più amato; ma Buffon di

quella squadra è il capitano, il leader, e non sarà facile pensare che uno

scommettitore compulsivo e recidivo come lui possa, allo stesso tempo, essere

il simbolo della squadra che rappresenta un intero Paese.

Ammettiamolo, non può non sorprendere la tempestività con cui la notizia del

milione e mezzo di euro è diventata di pubblico dominio: guarda caso, il

giorno dopo la durissima (e un tantino incauta) esternazione dello stesso

Buffon contro giudici e giornalisti. Qualcuno grida già alla vendetta. Ma ciò

che conta sono i fatti. In quell´esternazione il portiere juventino si era un

po´ confuso tra reati e notizie: la stampa fa il suo mestiere, i magistrati

indagano, i tribunali giudicano (quelli sportivi un po´ meno, e con più calma)

e gli atleti, fino a prova contraria, devono pensare a rispettare le regole.

Compresa quella che vieta loro le scommesse sportive. Allo stesso modo, è un

po´ puerile leggere gli eventi di questi giorni come un complotto planetario

contro la Juventus: Bonucci, Conte, adesso Buffon. Ognuno avrà qualcosa da

spiegare, a tempo debito, e comunque la Juve non c´entra nulla, semmai può

diventare parte lesa e perdere tesserati senza avere combinato nulla di male.

Quello che colpisce, in questa storia, è l´assoluta mancanza di

consapevolezza dei ruoli. I campioni li chiamiamo così proprio perché

dovrebbero essere unici, prototipi e modelli insieme: quello che un ragazzino

vuole diventare. Il capitano della nazionale dovrebbe essere un esempio. Bene,

Buffon se lo lasci dire: negli ultimi mesi non lo è stato proprio, e qui non

c´entrano le sue vecchie e discutibili passioni politiche. Prima quel pallone

che era dentro la porta, e invece lui parò come se fosse fuori, restando ben

zitto di fronte alla verità. Poi, quella pessima frase sui "due feriti meglio

di un morto" a proposito dei taciti accordi in campo, a fine stagione, realtà

consolidata ma ugualmente da rifiutare: perché gli atleti devono giocare

sempre per vincere, non per trovare una convergenza di interessi. Infine, la

brutta faccenda delle scommesse, questo incredibile flusso di denaro verso una

tabaccheria di Parma. In un´Italia ammalata di miseria e povere illusioni, con

la gente che all´autogrill e dal tabacchino "gratta e perde", le scommesse

sono diventate un´autentica piaga sociale: vedere atleti famosi che le

pubblicizzano non è un bello spettacolo. Peggio, però, se quegli stessi atleti

trascorrono il tempo libero tra una puntata e un azzardo, eppure non avrebbero

certo bisogno della dea bendata per risolvere i problemi. Il guaio è che a

volte sono loro, ad essere bendati. Ciechi, di fronte alla fortuna che hanno.

Modificato da Ghost Dog

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TUTTO RUOTA ATTORNO ALLE DICHIARAZIONI RESE DAI DUE PENTITI

«Portate in aula Gervasoni e Carobbio»

Coro unanime degli avvocati degli altri tesserati: «Serve un confronto». Ma Palazzi dice no

Il patteggiamento dei due (20 mesi a testa) di fatto cristallizza le confessioni e suona come un verdetto anticipato per tutti gli altri

di ETTORE INTORCIA (CorSport 01-06-2012)

ROMA - Tutti contro Gervasoni e Carobbio. Questo primo round dell'estate 2012

è un processo che ruota essenzialmente intorno alle dichiarazioni rese dai due

nuovi pentiti. In buona parte anche il rito che sarà celebrato a luglio si

baserà sulle loro rivelazioni. C'è un solo modo, dunque, per demolire

l'impianto accusatorio: mettere in discussione la credibilità dei due.

Il fatto è che ieri Gervasoni e Carobbio, attraverso i propri legali, hanno

patteggiato: 20 mesi di squalifica a testa, una sanzione equa, secondo il

procuratore federale Palazzi, che ha riconosciuto l'atteggiamento

collaborativo avuto dai due calciatori. In effetti, dopo aver vuotato il sacco

a Cremona, non potevano regolarsi diversamente in Federcalcio. Alla luce del

patteggiamento, Gervasoni e Carobbio escono di scena: viene meno, dunque,

la possibilità di un confronto con buona parte degli altri tesserati deferiti

proprio in base alle loro dichiarazioni. Di più: il patteggiamento

cristallizza le loro confessioni come un dato di fatto, indiscutibile. Per

qualcuno, la pena "concordata" con l'accusa suona già come un giudizio

anticipato nei confronti degli altri tesserati.

L'AFFONDO - A guidare l'affondo nei confronti di Gervasoni è l'avvocato

Rodella, che fa riferimento alla posizione di Mastronunzio - uno dei tanti

giocatori tirati in ballo per Ancona-Mantova 2-2 - ma che amplia il discorso

anticipando temi del secondo processo: « Nutro sospetti sull'attendibilità di

Gervasoni. Quando un mio cliente mi giura su mamma, moglie e figlia che

le accuse non sono vere, devo credergli. Il contraddittorio è l'unico modo

per garantire il diritto alla difesa ». L'avv. Rodella parla di « artificiose

consonanze » nelle dichiarazioni rese dal « duetto Gervasoni-Carobbio » e

chiede che i due vengano comunque ascoltati in fase dibattimentale, pur in

presenza di un patteggiamento.

Tutti vogliono ascoltare Gervasoni: i legali di Narciso, Nassi e Locatelli;

il Monza; la difesa di Job, che vuole anche Conteh (altro patteggiamento) in

aula; l'avvocato di Gianni Rosati, ex diesse della Reggina, e quello di

Federico Cossato. E l'avvocato di Gianluca Nicco, Flavia Tortorella, rincara

la dose: « Che io sappia sono l'unica che ha anche già incartato una querela

nei confronti di Gervasoni ai sensi dell'art. 368 del codice penale ». Cioè

per calunnia. L'avv. Grassani, per conto del Padova e di Italiano, ha chiesto

che vengano ascoltati entrambi i pentiti, Gervasoni e Carobbio.

LA REPLICA - Il procuratore Palazzi ha risposto un secco no: «Ribadisco

l'attendibilità delle dichiarazioni, non è significativo ascoltare di nuovo i

due dichiaranti ». Insieme con l'opposizione della Procura, è arrivata la

reazione della difesa di Gervasoni: « Sento parlare di dichiarazioni non

attendibili. O di calunnie. Secondo qualcuno, rispondono a una strategia

difensiva. Se si trattasse di una strategia difensiva, francamente sarebbe

stata una tattica suicida ».

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Poco alla volta stiamo arrivando al delirio

Ecco cosa vorrebbe instillare il Fatto Quotidiano

___

Dobbiamo andare agli Europei?

-------

PERCHÈ SÌ

Proviamo a tifare i “probabili onesti”

di OLIVIERO BEHA (il Fatto Quotidiano 01-06-2012)

Apprezzo anche solo il fatto di domandarsi se sia il caso di andare o no agli

Europei, visto il tracollo etico-penale di Scommettopoli: è almeno un passo

avanti nell’ipocrisia e nella mafiosità ambientali imperanti da un pezzo tra i

finti tonti di regime. Eppure penso che si debba andare comunque, ma a certe

condizioni. Si debba andare perché a mia memoria l’ultimo Europeo senza una

Nazionale fu in Svezia, nel 1992, dove la Jugoslavia frantumata nel sangue

della guerra venne sostituita in extremis dalla Danimarca, con i giocatori

raccolti già in vacanza sulle spiagge (che poi vinsero, e fu memorabile…).

Quindi niente confronti tra 4 o 40 porcaccioni e una stagione assassina come

quella. Anche perché comunque non tutto il calcio è corrotto: ma come, diamo

mostrine e premi al Farina del Gubbio che denuncia la corruzione, e poi

rispediamo a casa l’intiero pallone bucato sub specie azzurra? E poi mi pare

indispensabile che i simboli macchiati dalla storiaccia si prendano in Polonia

e Ucraina quelle palate di m… che pioveranno loro addosso, perché non siamo

stati capaci di tenerli puliti. Di Buffon ho scritto da un pezzo, scommettere

è un reato sportivo e naturalmente questo in Federcalcio lo sapevano tutti

benissimo senza aspettare ieri la notizia. Dunque tra i prandelliani a casa

non solo coloro i quali sono arrestati o indagati dalle Procure, ma a casa

tutti coloro i quali per un’ipotetica giustizia sportiva sempre in ritardo,

abborracciata e temo mirata, sarebbero passibili anche solo di una menzione di

disonore, da Buffon in giù, senza opportunismi zozzoni. Capisco che possono

sembrare conati giustizialisti, ma insomma davvero non se ne può più. Che

aspettiamo, che tra i selezionati sia una specie di “23 piccoli indiani”, con

Agatha Christie che dialoga con Abete? Vogliamo far ridere ancora di più?

Dunque dentro gli altri, tutti quelli che sentendo l’inno non dovrebbero

vergognarsi di nulla… anche se trovarne di davvero “ignari” sarà una specie di

miracolo. Ma almeno tiferemo per dei “probabili onesti”.

-------

PERCHÉ NO

Sotto le maglie un prodotto avariato

di GIANCARLO PADOVAN (il Fatto Quotidiano 01-06-2012)

Un pezzo alla volta sta saltando la Nazionale. Prima Criscito, poi Bonucci e

adesso Buffon. Insieme non la può certo tenere nemmeno il patetico, e ormai

obsoleto, codice etico del c.t. Prandelli. Che cavilla, come un vecchio

azzeccagarbugli, tra gli avvisi di garanzia ricevuti, quelli in partenza e le

informative della Guardia di Finanza e della Procura di Torino.

Insieme a qualche squarcio di verità ci piacerebbe anche sapere quale sarà

nelle prossime ore la posizione della Federcalcio, così sollecita a depennare

Criscito dalla lista dei ventitré, e muta sul resto. Forse perché le parole

sono finite, forse perché di fronte a un milione e mezzo di euro buttati nelle

scommesse (vietate) da parte del portiere titolare e capitano della Nazionale,

non c’è nulla da dire. Certo, non basta sostenere che Buffon non è indagato,

come si è fatto per Bonucci e come, probabilmente, si farebbe per qualche

altro pur di far sopravvivere l’idea di una squadra alla disfatta di un

ambiente. Bisogna prendere una decisione forte e onesta: rinunciare

all’Europeo perché la Nazionale ha perso la sua stessa istituzionalità.

L’ipotesi, che sarà subito rispedita al mittente in nome della Realpolitik

calcistica, non è né un azzardo, né (solo) una provocazione. Piuttosto diventa

un atto dovuto. Non perché manchino i calciatori, ma perché mancano quelli

credibili. Ora, ammettiamo che in un sussulto di trasparenza, Prandelli e i

vertici federali decidano di privarsi delle prestazioni di Buffon. Chi è il

secondo? Morgan De Sanctis, un ottimo portiere e un’ottima persona. Tuttavia

pure su di lui, solo qualche mese fa, si addensarono dubbi a proposito di

un’incazzatura nel momento in cui la sua squadra, nel finale di partita, andò

in vantaggio contro il Lecce. Perché reagì così?

Il punto, ovviamente, non è De Sanctis e, per quanto possa sembrare anomalo,

non lo è nemmeno Buffon. È che dall’Italia – e mi riferisco ai tifosi delle

nostre stesse squadre – al resto d’Europa, nessuno più crede nel nostro calcio,

nessuno vuol venire nel nostro Paese per giocarci. È un prodotto avariato la

cui esportazione è altamente sconsigliata e la sua diffusione quasi tossica.

Prima ne prendiamo atto e, forse, prima ne possiamo uscire.

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Buffon, la giustizia e i due cortocircuiti

La tecnica di sputtanare i non indagati e le leggerezze dei calciatori

Editoriale de IL FOGLIO 01-06-2012

Forse Gigi Buffon avrebbe dovuto evitare, qualche giorno fa, di spiegare ai

giornalisti con nonchalance che i pareggi combinati a fine stagione sono

all’ordine del giorno. Così come avrebbe dovuto immaginare che il suo attacco

al circuito mediatico-giudiziario lo avrebbe proiettato al centro dello

stesso. Il portiere della Nazionale mercoledì ha denunciato il clima attorno

alle inchieste sul calcioscommesse per cui i giornali sanno tutto quello che

succede nelle procure in anticipo e le procure spesso si dedicano più allo

spettacolo che alla ricerca della verità (prassi piuttosto consolidata da

qualche anno in Italia, che peraltro scandalizza solo oggi molti neo

garantisti che in altri casi applaudivano il lavoro dei magistrati). Fatto sta

che dopo l’atto di accusa a pm e giornali, Buffon ieri e oggi si è ritrovato

accusato sui giornali per una serie di scommesse che avrebbe giocato nel 2010.

A fine dicembre 2011 la procura di Torino ha chiesto a quella di Cremona gli

atti in cui Buffon, in un’intercettazione, viene definito persona dedita alle

scommesse. Questo perché la Guardia di Finanza aveva recapitato un’informativa

riservata (talmente riservata che ieri pomeriggio si poteva scaricare da

Repubblica.it) in cui segnalava versamenti di denaro per un milione e mezzo

effettuati da Buffon al titolare di una ricevitoria di Parma. E per questo non

poteva “escludere a priori che il soggetto segnalato abbia posto in essere

un’intensa attività finanziaria legata al mondo delle scommesse sportive”.

Curiosamente questa informativa, datata giugno 2011, è uscita soltanto ieri.

Buffon non risulta indagato né a Cremona né a Torino (e quante cose non

si possono escludere a priori!), ma i siti hanno subito parlato di “scommesse

milionarie di Buffon” (Corriere.it, ore 18) confermando nei fatti le accuse

del portiere: tra procure e giornali c’è un circuito vizioso che tende a

punire in modo esemplare chi ne denuncia le storture. Va da sé che se in

futuro risultasse un coinvolgimento di Buffon in un giro di scommesse illegali

questi andrebbe giudicato e punito, ma la tecnica di sputtanare chi ancora non

risulta indagato davanti all’opinione pubblica è un vecchio vizio che è duro a

morire. Forse chi gioca e allena (ieri il c. t. Prandelli ha parlato di “40-50

sfigatelli” che scommettono) dovrebbe stare più attento, soprattutto se sa di

essere attaccabile (il binomio Buffon-scommesse non è nuovo, anche se non

è mai stato provato nulla di illecito). E dunque, perché dare l’occasione a

procure e giornali di ridisegnare a loro piacimento anche l’album Panini dopo

che hanno già deciso gli organigrammi dei partiti e influito sul prossimo

conclave?

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Dopo lo sfogo a Coverciano è spuntata l’informativa sul portierone. Ma, con mezza

Italia che sapeva degli arresti da un mese, questa «rivelazione» lascia molti dubbi...

La vendetta dei pm

Chi sbaglia deve pagare. Ma la sberla non sembra arrivare per puro caso...

di FABRIZIO BIASIN (Libero 01-06-2012)

Gigi la Trottola un giorno sputa veleno contro tutto e tutti e quello dopo

finisce nel letamaio più lurido che c’è. Gigi il Bullo non ha paura di dire

quello che pensa, e una volta inneggia al «boia chi molla» e quell’altra dice

che «a volte sono meglio due feriti piuttosto che un morto» (parla di partite

aggiustate con taciti accordi nei finali di stagione, mica di gangster con

l’orzaiolo). Gigi il milionario, in definitiva, è sempre «nei premi», secondo

il principio che se c’è un casino pallonaro puoi star tranquillo che lui

c’entra qualcosa o quantomeno dice la sua, neanche fosse lo studente

secchione in prima media.

Nel caso specifico ci ritroviamo a parlare di un milione e mezzo di

bruscolini che il capitano della beata Nazionale azzurra e della sacra Juventus

avrebbe utilizzato per scommettere su eventi sportivi non meglio specificati.

Mica cento lire, una cucuzza e mezzo.

Il vizietto

Ora, detto che saranno anche cavoli di Gigetto se ha il vizio del «punta e vinci»

e vuole sputtanarsi la paghetta al picchetto, detto pure che un milione e

mezzo per il signor Seredova sono una somma tutto sommato non esagerata

(ne incassa sei a stagione solo di ingaggio), detto questo e quell’altro, la

verità è che se sei un tesserato Figc non puoi scommettere per regolamento e

se ti beccano sono affaracci tuoi.

Bene, tutti d’accordo: Gigi il pirlacchione è nella m***a come una mosca

affamata. Prima di affilare la mannaia per sgozzarlo tipo capretto il dì di

Pasqua, però, ci preme fare un paio di considerazioni. La prima riguarda la

solita noiosissima faccenda del «garantismo »; e quindi Gigione è innocente

fino a prova contraria (in ambito sportivo, sia chiaro, perché di penale qui

non c’è proprio niente). Per capirci: meglio evitare di sputare addosso al

campione del mondo 2006 prima di fare la figura di quelli che erano fuori dal

Raphael a tirare le monetine sul capoccione di Craxi e qualche tempo dopo

hanno cambiato idea («In fondo era una brava persona, il Bettino»).

Lingua lunga

La seconda considerazione ci fa leggermente girare i santissimi. Da che mondo

e mondo il calciatore tipo è facilmente definibile: più o meno bravo a giocare,

mediamente inetto, abile a interloquire come un licheno siberiano

(giornalista: «Hai giocato bene oggi». Risposta: «Ringrazio il mister ».

Giornalista: «Domenica c’è una partita importante». Risposta: «Rispettiamo

tutti gli avversari, ce la metteremo tutta per vincere»). Gigi il pestifero è

un bel po’ diverso dai colleghi: dice sempre quel che pensa. La sua favella

gli ha creato parecchie rogne in carriera, ma ora siamo ai massimi livelli, al

«tu rompi le balle a me e io le rompo a te», al «hai voluto fare il fenomeno e

mo’ te la prendi in saccoccia».

Cioè, il portierone canta come un usignolo in conferenza stampa a Coverciano,

attacca pm, giudici, giornalisti, dice quello che pensa (e alcune cose sono

francamente esagerate, ma altre sono pura verità), veste i panni del capitano

coraggioso e cosa succede? Il giorno dopo si becca il siluro nel didietro.

Diciamo le cose come stanno: se Buffon ha scommesso di nascosto alla faccia

del regolamento sportivo, allora è giusto che venga squalificato e finisca in

prima pagina come l’Alba Parietti dei bei tempi.

Quello che non è accettabile è che un cumulo di scartoffie pregne di inghippi,

fatti e fatterelli succosi (se pubblichiamo sei pagine un motivo ci sarà. . . )

venga a galla proprio il giorno successivo alla conferenza «accusa-inquirenti».

Sarà puro caso, ci mancherebbe, ma le carte dicono che certi fatti a Cremona

erano noti da parecchio tempo. Persino noi poveri giornalisti di Libero

sapevamo da giorni e giorni che nella città del torrone stava per esplodere il

macello. E allora vien da pensare male se improvvisamente saltano fuori le

magagne di Gigi, calciatore dalla lingua lunga, troppo lunga.

Puro caso?

Difficile immaginare cosa accadrà, anzi no. Buffon da ieri è per tutti un

maledetto scommettitore che parla bene e razzola male. Qualcuno lo fischierà,

altri chiederanno (come nel 2006) che venga escluso dalla Nazionale (salvo poi

pentirsi quando abbiamo tirato il collo ai Galletti francesi). Poi magari

verrà assolto, ma la faccenda finirà in un trafiletto.

Viceversa sappiamo che da oggi nessun calciatore oserà più dire quello che

pensa, perché ognuno di noi ha i suoi scheletri nell’armadio (più omeno grossi,

per carità): non si sa mai che in procura ci sia un fascicolo a nome «Mario

Rossi » pronto a finire in pasto a noialtri giornalisti assatanati.

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Attualità

SCOMMESSOPOLI

Football clan

Dietro lo scandalo del calcio boss italiani e stranieri.

Mentre spunta pure la banda della Magliana

di LIRIO ABBATE (l'Espresso | 7 giugno 2012)

C'è persino l'uomo nero. Nel baratro di corruzione, scommesse e partite

pilotate che sta inghiottendo il calcio spunta anche un fantasma delle trame.

Un neofascista degli anni di piombo, che metteva a segno affari e delitti con

la Banda della Magliana e già allora aveva in mano i giri di puntate

malavitose. Massimo Carminati, il volto segnato dall'occhio perso in una

sparatoria con i carabinieri, adesso si materializza anche negli atti

dell'inchiesta di Cremona sui campionati combinati: è lui che ha ispirato "Il

nero" di "Romanzo Criminale" e il suo nome potrebbe aprire la prossima pista

in un sistemone di scandali così profondi da avere spinto il premier Mario

Monti a ipotizzare di fermare la palla per almeno un paio di anni. Lo choc per

il raid della polizia nel santuario azzurro di Coverciano, l'arresto del

capitano della Lazio e l'indagine su altre 43 persone - inclusi presidenti,

l'allenatore della Juventus e due nazionali - rischia di far passare in

secondo piano l'incredibile pressing di gang e mafie d'ogni regione e d'ogni

nazionalità che si sono infilate negli spogliatoi. È un risiko che vede

lanciarsi in campo gruppi slavi, magiari, "zingari", singaporiani, cinesi,

ungheresi, pronti a fondere i loro interessi con ultras veronesi, bolognesi,

romani e genovesi spesso infiltrati da cosche e estremisti di destra. Ma il

mucchio selvaggio protagonista della maxi-inchiesta di Cremona ha un confine

insuperabile: l'asse Roma-Bari. Sotto questa linea i padroni sono altri: boss

di camorra, 'ndrangheta e persino Cosa Nostra, oggetto delle istruttorie

antimafia che proseguono nei capoluoghi del Sud. Ma già lo scenario disegnato

dagli inquirenti lombardi incarna "il concentrato di fattori deprecabili" che

ha indignato il premier e i milioni di italiani che vogliono credere nel gioco

più popolare.

L'asso della Locride. In questa ragnatela di partite truccate chi collega la

punta dello stivale alle Alpi è un calciatore calabrese della locride:

Giuseppe Sculli, attaccante del Genova, con un passato nelle file della Lazio,

cresciuto in una famiglia di 'ndranghetisti a cominciare dal nonno, Giuseppe

Morabito, "U Tiradritto", padrino delle cosche reggine. Il nipote del mafioso

adesso è accusato di associazione per delinquere dai magistrati di Cremona.

E c'è un filo che collega Sculli a Carminati. Il neofascista dalla pistola

facile è stato al servizio dei Nar e della Magliana: i pentiti lo hanno

indicato come il killer di Mino Pecorelli, ma è stato assolto da questa e da

molte altre imputazioni. Oggi è libero e frequenta le stesse persone che

Sculli riceve in hotel alla vigilia di incontri importanti. Un intreccio di

contatti che per gli investigatori è più di un indizio. Il 19 marzo scorso

l'attaccante del Genoa viene pedinato a Roma dagli agenti del Servizio

centrale operativo. Il calciatore, nonostante la squalifica, segue la sua

squadra per il posticipo serale contro la Roma. E nell'albergo ai Parioli

convoca un paio di amici: il primo fa parte dello staff di fisioterapisti

della Lazio mentre il secondo è un uomo con i capelli rasati, un campione di

kick boxing di Milano. È l'atleta del ring a essere legato a Carminati, con

contatti intensi e cadenzati anche sul ritmo dei colloqui con Sculli. La

polizia ha analizzato questa triangolazione di rapporti e telefonate, che

adesso è al vaglio degli inquirenti.

Grifoni e mafiosi. Sculli in ogni città che va incontra o stringe relazioni

con persone poco raccomandabili. A Genova compatta i mafiosi siciliani tifosi

del "grifone" con altri pregiudicati e trafficanti di droga. Secondo i

magistrati, è lui che spinge i compagni di squadra a combinare i risultati

delle partite in modo da favorire gli "amici" scommettitori. Che puntano somme

pesanti su tutto: sul risultato finale e persino sul punteggio parziale del

primo tempo. Sono incredibili le conversazioni registrate tra Sculli e un paio

di capi ultras - fra cui Massimo Leopizzi, con diversi precedenti penali e

legami nella destra estrema - il giorno dopo la partita Genoa-Siena. Quel 22

aprile i giocatori vengono obbligati dai tifosi a interrompere il match e

togliere le maglie. Fu graziato solo Sculli, a cui dalla curva dedicarono il

coro "Sei uno di noi". E lui parlando con Leopizzi ringrazia per avergli

"risparmiato questo affronto".

Ma le frequentazioni tra il leader degli spalti e l'attaccante calabrese sono

antiche. Nel 2006 il capo ultrà venne fermato con due pistole mentre andava ad

ammazzare la moglie. Quando uscì dai domiciliari, ci fu una grande festa alla

quale parteciparono anche due titolari rossoblu: Milanetto e Sculli. Tanta

confidenza lo spinge a sfogarsi nella telefonata del 23 aprile. Il bersaglio è

il presidente Preziosi, che aveva chiesto l'arresto dei tifosi violenti. "Ma

come gli viene in mente di dire queste cose?", dice Leopizzi a Sculli: "Per

lui in passato ho fatto anche falsa testimonianza quando sono stato sentito

per la partita con il Venezia". Il discorso riguarda un'altra indagine sempre

per accordi sottobanco (vedi box a pag. 54). È possibile che Leopizzi millanti,

ma Sculli non lo contesta. Adesso le conversazioni sono state acquisite dai

pm di Genova. E mostrano come la curva genoana fosse pronta persino

a concordare con Sculli la sconfitta dei propri colori, pur di fare soldi

scommettendo.

A Roma pensa la Banda. L'ex calciatore Alessandro Zamperini, con un passato

anche nella Roma, era il costante strumento di mediazione tra il gruppo degli

"zingari" ed i calciatori, corrotti o corruttibili, della serie A. Zamperini

operava in particolare nella Capitale ed avrebbe ingaggiato il capitano della

Lazio Stefano Mauri. L'inchiesta ha fatto emergere due snodi. Il primo è la

saldatura fra i gruppi di scommettitori genovesi e romani, realizzata grazie

al solito Sculli. Il secondo è ancora più inquietante: accanto alle combine

architettate da Zamperini c'era la criminalità organizzata romana. Le vecchie

attività della banda della Magliana per le corse dei cavalli e partite

dell'Olimpico, si sono modernizzate: ora puntano on line sul calcio,

investendo sui risultati sicuri dei match pilotati di Lazio, Genoa e Lecce. E

sulla piazza romana arrivano anche gi uomini di Angelo Senese, del clan

camorrista dei Moccia. Ma a credere nelle virtù di Internet erano pure

Federico e Michele Cossato, ex del Chievo che avrebbero messo in campo

uno schieramento autonomo di veronesi: con forti capitali e giocate sui siti

online austriaci.

La rotta dei Balcani. Qui in Italia tutti li chiamano "gli zingari", sono

gangster balcanici che però si muovevano in parallelo con un faccendiere di

Singapore. L'uomo, attualmente latitante, sul finire del campionato faceva

arrivare direttamente da Singapore un corriere con la borsa piena di banconote

per pagare i calciatori. Il boss investiva ogni settimana 600 mila euro per

corrompere e guadagnava almeno due milioni scommettendo sui risultati già

decisi. Era questo fiume di soldi ad aprire le porte degli spogliatoi, dove

gli "zingari" distribuivano ricche mazzette ai giocatori. Consigliati da un

pool di ex calciatori, miravano alle squadre in crisi finanziaria che

ritardavano nel versare gli stipendi. Loro si presentavano con pacchi di

contanti, reclutando nuove pedine per la loro compagine criminale. Quando

nello scorso novembre la prima retata ha fatto terra bruciata intorno agli

"zingari", al loro posto sono entrati gli ungheresi che si sono limitati ad

agire nella stessa maniera: varcavano la frontiera con borse zeppe di cash,

assoldavano chi gli garantiva il risultato sul campo e moltiplicavano

l'investimento on line. Tutti felici e contenti. Tranne i veri tifosi,

costretti a vedere umiliare la passione per il calcio da questa orda di

malavitosi senza frontiere. n

-------

E Mezzaroma scommetteva contro se stesso

di LIRIO ABBATE (l'Espresso | 7 giugno 2012)

Sono quattro le partite incriminate del Siena, allenato lo scorso anno da

Antonio Conte in un trionfale campionato di serie B. I pm di Cremona indagano

su una serie di illeciti evidenziati dagli investigatori della polizia di

Stato che coinvolgono calciatori, dirigenti sportivi, e il presidente Massimo

Mezzaroma. Gli incontri sotto inchiesta si sono svolti a fine campionato, e il

risultato sarebbe stato condizionato da "precedenti accordi tra dirigenti e

tecnici, delle società". Dall'analisi degli investigatori emerge che il Siena,

in più occasioni, avrebbe alterato il risultato "non solo per l'infedeltà di

tesserati corrotti", ma anche "da vere e proprie direttive, espresse da organi

dirigenziali o tecnici della compagine calcistica". Il calciatore Filippo

Carobbio ha rivelato ai pm che l'incontro Siena-Torino (2-2) era stato

pilotato. Questa partita garantiva la matematica promozione in serie A della

formazione toscana. Per Carobbio vi sarebbe stato un illecito accordo di "non

belligeranza" tra gli stessi giocatori, al punto che su di essa, come aveva

detto Gervasoni, un altro calciatore che collabora con i pm, non sarebbero

confluite scommesse da parte degli "zingari", i quali avevano giudicato il

pareggio prevedibile e le quote troppo basse. Le accuse proseguono. Carobbio

rivela al pm "gravi elementi di responsabilità" a carico del presidente

Mezzaroma e fa riferimento all'incontro con il Varese. "Le dichiarazioni di

Carobbio aprono uno scenario singolare che vedrebbe direttamente coinvolto

il presidente toscano nel tentativo di combine della gara (poi non

concretizzatosi), peraltro, finalizzato ad un'ingente scommessa sulla

sconfitta interna della propria squadra". Queste dichiarazioni, sostengono i

pm, "coinvolgono l'intera struttura societaria del Siena".

-------

Caccia al terzo livello

di GIANFRANCESCO TURANO (l'Espresso | 7 giugno 2012)

Si apre la caccia al terzo livello. Al primo ci sono i calciatori corrotti. Al

secondo, faccendieri e ultras che hanno fatto soldi con le partite truccate.

Al terzo, i veri intoccabili, i padroni del calcio, dirigenti e proprietari

dei club di serie A, quelli che si sono trovati nella tempesta a loro insaputa,

che non avrebbero mai immaginato, che sanno anche in quale discoteca

trascorrono la serata i loro dipendenti e, se necessario, li fanno pedinare e

intercettare, ma non immaginavano che aggiustassero le partite per

scommetterci. Quelli che continuano a recitare il ruolo di parte lesa. "Non

voglio che i miei dipendenti e i giocatori abbiano contatto con questa gente",

ha dichiarato Enrico Preziosi, proprietario del Genoa Cricket and football

club, la squadra più antica d'Italia. La "gente" in questione sono i

capitifosi del Grifone come Fabrizio Fileni e Massimo Leopizzi, fotografati

assieme ai calciatori Mimmo Criscito e Giuseppe Sculli e agli emissari degli

scommettitori stranieri. Preziosi ha la memoria corta. Leopizzi, uno dei capi

della curva Nord di Marassi, condannato per avere tentato di uccidere la

moglie e i suoceri, ha avuto un ruolo importante già nello scandalo del giugno

2005, quando il proprietario del Genoa comprò la partita contro il Venezia per

assicurarsi la promozione in serie A con 250 mila euro in contanti. Lo ricorda

uno dei pubblici ministeri del processo penale per frode sportiva concluso

dall'indulto. "Tra Preziosi e i capi ultras c'erano rapporti per lo meno

strani", dice il magistrato Alberto Lari. "Nei loro incontri in un ristorante

genovese, il presidente era invitato a staccare il telefonino per non essere

intercettato e, a sua volta, veniva registrato dai tifosi che, poi, nei

colloqui telefonici fra loro dicevano di avere avuto dritte sulle partite

aggiustate. Abbiamo passato tutte queste informazioni alla giustizia sportiva

che, però, non ha ritenuto di dare seguito".

Insomma, chiacchiere tra tifosi. Così almeno hanno deciso alla Procura della

Federcalcio, anche se quei tifosi avevano rapporti diretti con la proprietà e

mostravano una particolare fortuna nelle scommesse. Gli inquisitori della Figc,

al tempo, hanno preferito concentrarsi sull'illecito di Genoa-Venezia. Il

processo per l'illecito si è concluso con la retrocessione in serie C1 dei

rossoblù. I guai di Preziosi includono anche gli arresti nel settembre 2005

per la bancarotta del Como e una condanna penale a 23 mesi in primo

grado prima che subentrasse l'indulto. Sotto il profilo della giustizia sportiva, il

curriculum del "Prez" contempla due condanne al massimo della pena. Una

a cinque anni di inibizione con proposta di radiazione per il crac del Como e

l'altra a cinque anni con proposta di radiazione per Genoa-Venezia. Un'altra

inibizione gli è arrivata per la cessione di Thiago Motta e Diego Milito

all'Inter di Massimo Moratti, che lui non avrebbe potuto trattare perché già

inibito.

Eppure, dopo un lungo iter di ricorsi, Preziosi è bene in sella grazie ai

suoi rapporti con i potenti della Lega calcio. Gli ultras, a loro volta, sono

ancora saldi al timone della curva e Sculli ha fatto in tempo a diventare un

eroe quando, durante Genoa-Siena dello scorso aprile, ha fatto da

mediatore con i tifosi infuriati per lo 0-4. Tra loro, l'amico Fileni. Alla fine,

su ordine degli ultras avallato da Preziosi, i suoi compagni si sono tolti la

maglia. Sculli, il nipote del boss Peppe "Tiradritto" Morabito, la maglia l'ha

tenuta.

"Nel calcio c'è più omertà che nella mafia", conclude un investigatore dello

Sco della polizia. E, occupandosi abitualmente di crimine organizzato, sa di

che parla.

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LA CRISI

Gli insostenibili costi del calcio

In Italia stipendi al 75% dei ricavi

Il mondo del pallone è in salute: il fatturato in Europa sfiora 17 miliardi di euro, ma i conti non tornato.

Secondo la ricerca Deloitte solo la Bundesliga e la Liga spagnola sono vicine all'equilibrio

di LUCA PAGNI (Repubblica.it - ECONOMIA & Finanza 31-05-2012)

MILANO - Nemmeno la crisi (e tantomeno gli scandali legati alle scommesse)

riescono a stoppare la popolarità del calcio. E conseguentemente continuano a

crescere i numeri dell'economia che gira attorno al mondo del pallone e alle

sue società. Nel 2011 sono saliti i fatturati complessivi delle società

europee; ma allo stesso tempo il peso dei costi, in particolare degli stipendi

dei calciatori, sul totale dei ricavi è sempre maggiore. Del resto, i richiami

dell'Uefa e del suo presidente Michel Platini si scontrano con le ambizioni

dei nuovi ricchi del pallone, emiri arabi su tutti, che non badano a spese per

assicurarsi campioni e scudetti.

Lo rivela la ricerca della società di consulenza Deloitte che ogni anno

dedica al calcio in Europa. Il risultato più eclatante è l'aumento dei costi

per un altro 4 per cento, il che porta il fatturato complessivo della Football

spa a sfiorare i 17 miliardi. E nonostante la crisi, il mondo del pallone si

conferma spendaccione senza riserve alcune, visto che per tutte le cinque

principali leghe di serie A i costi sono saliti. I campionati di Inghilterra,

Germania, Spagnia, Italia e Francia da soli raggiungono 8,6 miliardi di

fatturato, con un aumeno del 2 per cento sul 2010. Ma le squadre della nostra

massima divisione si confermano quelle con il peggior rapporto spese sul

fatturato.

Vediamo nel dettaglio. La più ricca si conferma la Premier League con

2,50 miliardi di fatturato e costi per 1,77 miliardi (70% rapporto spese

sul fatturato). Al secondo posto, la più virtuosa, la Bundesliga: 1,75 miliardi

di ricavi e 920 milioni di costi (rapporto al 53%). Poi viene la Liga spagnola,

dove il fatturato è salito a 1,72 miliardi con i costi a 1,01 miliardi

(rapporto al 59%). Infine la Serie A, con un fatturato di 1,55 miliardi e

spese per 1,16 miliardi (per un rapporto pari al 75%). Ultima la Ligue 1

francese, il cui rapporto fatturato/costi è pari a quello italiano.

Ma ci sono differenze importanti tra i campionati e non di secondo piano.

Grazie alla politica di tetto agli stipendi avviata già da tempo la Bundesliga

continua a essere il campionato più reddittizio, superato solo

dall'Inghilterra che gode di ottime entrate televisive. In Spagna la Liga è

dominata economicamente dai due colossi: Real Madrid e Barcelona da soli

coprono la metà del fatturato e hanno un risultato operativo positivo. Ma nel

complesso il calcio spagnolo è in perdita, così come quello italiano, con ben

sei società che hanno chiuso la stagione in amministrazione controllata.

Infine, la Serie A è l'unica tra le leghe maggiori ad aver avuto gli stipendi

in calo nel 2011 (-2%). E tutto fa pensare che dopo il calcio scommesse, il

monte ingaggi sarà ancora più sobrio.

Del resto, l'unica via di uscita, come sottolinea Dario Righetti, partner di

Deloitte che ha lavorato alla ricerca è un accordo in Europa che dia regole

uguali a tutte le società: "Il controllo dei costi rimane il problema

principale delle società di calcio e per la loro sostenibilità economica. Per

cui va visto con favore il pressing della Uefa per nuove regole che limitino

le spese".

___

Daily chart

What recession?

If wage bills at top football clubs were a reliable indicator

of economic activity, Europe would be doing just fine

May 31st 2012, 14:27 by The Economist online

ON JUNE 8th the European football championship kicks off, when Poland play

Greece in Warsaw. However, most money in European football lies with clubs

rather than in international matches. The English Premier League has the

biggest wage bill, according to an annual report by Deloitte, a consulting

firm. Italy’s Serie A has the second-biggest, equivalent to 75% of clubs’

revenue (the highest ratio, with France’s Ligue 1). Alas, Italian football is

suffering from a new bout of an old financial ailment: allegations of

match-fixing. Two games in Serie A and several in Serie B, the second division,

have been called into question. Players in the lower leagues are often paid

late, and so might in theory be susceptible to bribes from gambling

syndicates. But why highly paid top players would risk their careers in

exchange for relatively small payments is a mystery. Mario Monti, Italy's

prime minister, provided the punchiest explanation in an interview with La

Stampa: the bribery, lies and pursuit of fame involved in the latest scandal

are, he said, a “concentrated portrait of the most reprehensible aspects of

Italian society.”

20120602_woc341.png

Modificato da Ghost Dog

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LE “PUNTATE” DI BUFFON E LE PAROLE DI PRANDELLI

Disinfestiamo il calcio, prima che sia tardi

di GIGI GARANZINI (Il Sole 24 ORE 01-06-2012)

In attesa di poter pesare finalmente i fatti, si possono cominciare a pesare

le parole. Erano state molto dure quelle pronunciate ier l'altro da Gigi

Buffon, che della Nazionale non è soltanto il portiere ma è soprattutto il

capitano. Sono in compenso molto lievi quelle cui ha fatto ricorso Cesare

Prandelli, che della Nazionale stessa è il commissario tecnico, e da ieri fa

ufficialmente rima con sfigatelli.

Buffon se l'era presa, nientemeno, con stampa e magistratura. Senza dedicare

un solo accento, come dire, ai compagni che sbagliano. Anzi, agli amministrati

che sbagliano, visto che da un paio di settimane il portiere azzurro è anche

vicepresidente dell'associazione italiana calciatori.

Strano però, proprio per un portiere, pensare che la miglior difesa sia

l'attacco. A maggior ragione se, preparando la partita, non si tien conto del

pericolo di un contropiede improvviso, quale quello messo a segno ieri

dall'informativa della Guardia di finanza. Non è indagato Buffon, e continua a

valere per lui come per tutti la presunzione d'innocenza. Ma se dopo aver dato

una scorsa alle cronache qualcuno dovesse concludere che in materia di maîtres

à penser se ne son visti di più autorevoli, beh, potrebbe non essere del tutto

fuori strada.

Prandelli in compenso non se l'è presa con nessuno. Se non, per l'appunto,

con quei pochi sfigatelli che rovinano l'immagine del nostro calcio. Pochi

sfigatelli? Nessuno pretende da un commissario tecnico la lettura degli atti

giudiziari, visto che c'è già da tanto da fare con le palle inattive. Ma

un'occhiata al quadro d'insieme no? Alle proporzioni del fenomeno neppure?

E già che ci siamo, perché Criscito no e Bonucci sì?

Alla fine, anzi all'inizio di questa scopertura di una fogna in piena regola,

dove c'è spazio per esempio per un'intercettazione in cui Sculli parla di Toni

con un pregiudicato dicendo «ho certe sue foto», come un Corona qualsiasi, e

chissà che almeno non arrossisca chi lo dipinse come un eroe, Sculli, per aver

parlamentato con gli ultras il giorno della vergogna di Marassi, alla fine le

uniche parole di questi giorni che abbiano avuto un senso compiuto sono quelle

pronunciate da Mario Monti. Già il solo fatto che il Professore, per una volta,

avesse rinunciato ai suoi toni flautati e anziché al fioretto dell'ironia, o

del sarcasmo, avesse fatto ricorso alla clava, qualcosa doveva pur

significare. Poi sui due-tre anni piuttosto che sui due-tre mesi si può anche

ragionare. Purché sia il tempo necessario alla disinfestazione.

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Grazie di tutto, Buffon.

Ora, però, a casa

di GIANFRANCESCO TURANO dal blog RAGÙ DI CAPRA 01-06-2012

Gigi Buffon, il migliore portiere italiano dopo Dino Zoff, deve essere

rimandato a casa. Ha scommesso, e pesantemente, per interposto tabaccaio.

Ha violato una norma del regolamento Figc introdotta nel 2005 e non si vede

come possa essere il capitano dell’Italia agli Europei.

Né si vede perché dovrebbe rimanere nel ritiro di Coverciano soltanto perché,

a differenza di Mimmo Criscito, non risulta indagato sul piano penale.

Per la giustizia ordinaria, scommettere non è un reato. Ogni cittadino può

farlo. Dunque, Buffon non può essere messo sotto inchiesta per avere puntato

1,5 milioni di euro alla Lottomatica. Ma la violazione, in termini sportivi, è

molto grave, soprattutto da parte di un calciatore che, pochi giorni prima,

aveva espresso il suo parere su certe partite aggiustate di fine campionato

con la frase “meglio due feriti che un morto”.

Il portiere della Juventus, al momento, non ha commentato i movimenti

di denaro ricostruiti dalla Guardia di Finanza. Lo ha fatto per lui il club di

Andrea Agnelli che, ispirandosi al proprietario del Milan, ha invocato strane

coincidenze temporali e la mitica “giustizia a orologeria”, visto che le

puntate del campione del mondo risalgono al 2010.

E allora? È scattata la prescrizione della martingala? O, nel frattempo, Gigi

si è redento?

Purtroppo Buffon è uno dei non pochi calciatori (vedi Beppe Signori o

Cristian Vieri) con il vizietto delle scommesse. È un vizio che ha portato il

calcio italiano al punto di non ritorno creando un mercato parallelo di

faccendieri nazionali ed esteri pronti a puntare per conto e dai conti dei

tesserati Figc.

La colonna portante di questo sistema è proprio nella frase di Buffon. Col

morto non si guadagna. Con i due feriti, sì. E quando proprio il morto non si

riesce ad evitare, la famiglia del caro estinto può sempre consolarsi

giocandosi un over o un risultato a sorpresa come accadeva con il Bari avviato

alla retrocessione in B nel torneo 2010-2011.

Che fare? La reazione al caos del presidente Federcalcio Giancarlo Abete è

quella di un uomo confuso, incapace di reggere la pressione dei club espressa

dalla Lega calcio, commissariato nei fatti, in affanno tra i buchi di una

giustizia sportiva che da anni garantisce una giustizia parziale, saltuaria e

a corrente alternata.

In quanto alla campagna di moralizzazione, non si capisce perché Criscito sia

stato espulso da Coverciano e Bonucci, pure indagato, resti in ritiro.

Dopo gli arresti di Bari e di Cremona, il caso Buffon è la mazzata finale.

Non c’è bisogno di mosse drastiche, come quella annunciata da Prandelli (”se

serve non andiamo agli Europei”). C’è un modo più semplice per presentarsi

negli stadi dell’Europeo evitando la patente di nazionale Magliari&Taroccatori.

Quindi, grazie Gigi. Sei sempre il numero uno. Ora, però, vai a casa.

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Così si offusca la vera inchiesta

di DAVIDE COPPO (Studio 01-06-2012)

Come per magia, se Buffon non è andato allo scandalo, lo scandalo è andato a

Buffon. Puntuale come un orologio svizzero, come tutti sapete, è giunta la

ripicca: una nota di sei pagine della procura di Cremona che testimonia come

Buffon abbia trasferito 1 milione e 585 mila euro alla persona di Massimiliano

Alfieri, titolare di una tabaccheria a Parma (l’equazione

tabaccheria-ricevitoria è immediata e pruriginosa) e – secondo la

testimonianza dell’avvocato Corini – amico fraterno del capitano della

Nazionale. Si precisa che la nota è stata inserita in un normale scambio di

informazioni tra procure (Torino e Cremona, appunto) e che il portiere non è

in alcun modo indagato per nessun illecito. Il day after si apre con i soliti

titoloni-sentenza: 1) Corriere della Sera, “Scommesse, gli assegni di Buffon”

in prima pagina, e “Shock Buffon, scommesse per 1,5 milioni” all’interno. 2)

Il Fatto Quotidiano, “Puntate vietate per oltre un milione e mezzo – Le

scommesse di Buffon, gli azzurri nella bufera”. 3) Repubblica, “Buffon,

scommesse per 1,5 milioni”. L’Unità, “Buffon puntò 1,5 milioni”.

Inutile dire che non vi è prova che Buffon abbia scommesso quei soldi,

inutile segnalare che l’illecito eventuale non riguarderebbe lo scandalo

denominato “Last Bet” o “New Last Bet” ma la violazione della norma Figc

che proibisce ai professionisti di puntare denaro su partite calcistiche

(e soltanto calcistiche). Insomma, nulla di penale, semmai sportivo.

Lo stesso Prandelli, che sta nel complesso gestendo l’assurdità della

situazione in maniera discreta (per vendere due copie il tirassegno sulla

Nazionale è la scorciatoia perfetta), l’ha sparata grossa in mattinata

odierna: «Se serve, rinunciamo all’Europeo». Ma come, a sette giorni

dall’esordio? Sarebbe forse contento Mario Monti, che potrebbe barattare

l’ambita sospensione per «due o tre anni» dei campionati di calcio italiani

per una rinuncia alla competizione continentale, senza pensare agli introiti

che verrebbero a mancare (le tasse sugli stipendi dei professionisti si

aggirano intorno al miliardo di euro, per dirne una). L’importante non è

giocare, ma fare sensazione.

Il tutto ha un doppio effetto collaterale: quello di destabilizzare il gruppo

azzurro, pratica da cui nessuno trarrebbe alcun vantaggio, e quello più grave

di distogliere l’attenzione dall’inchiesta originale, dalla vere colpe e dai

veri indagati. Perché laggiù, nelle carte dei pm, c’è un mondo marcio, uno

schifo vero, quello di Doni, Masiello, Gervasoni, Paoloni. Il marcio che ha

parzialmente falsato – si può dire senza esagerare – l’andamento di più

campionati di Serie B e Lega Pro è provato, appurato, limpido sotto il sole

della giustizia. Non sono “sfigatelli”, sono rei confessi, ingranaggi di una

rete criminale internazionale. Questa inchiesta non è un bluff, ma rischia di

apparire tale se la verità dei fatti appurati viene occultata a favore dello

spettacolo del sensazionalismo. Sette club hanno patteggiato, ma nessuno

di questi si chiama Juventus, Inter o Milan. Sedici giocatori sono già stati

condannati, ma rispondono ai nomi di Ruopolo, Tamburini, Conteh. Nessun

Bonucci, nessun Buffon, nessun Totti e nessun Pazzini. Ma con i colpevoli di

serie b non ci si fanno i titoli, e pazienza se la cancrena delle scommesse

illecite e delle partite truccate sia iniziata lì, nei campionati minori,

persino in Svizzera, al Bellinzona. C’è una Nazionale in odore di Europeo,

perché non spararci sopra?

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Il caso I legali dei calciatori annunciano risarcimenti milionari. L’avvocato Ruggiero: «Ha ragione il premier Monti»

Il contropiede degli accusati: «Chiederemo i danni»

di ALESSANDRO CAPPONI (CorSera 01-06-2012)

ROMA — A metà pomeriggio il procuratore federale Stefano Palazzi chiede se

il calciatore Kewullay Conteh «è in aula, se può firmare questa carta», e in

effetti Conteh, dopo le decisioni prese dai magistrati a Cremona, una firma la

deve mettere, sì, ma al commissariato, due volte a settimana. Sia chiaro,

confondersi è facilissimo perché questa sala è stracolma, ci sono un'ottantina

tra club e calciatori, quasi tutti di B, rinviati come un pallone al giudizio

della Disciplinare. E ci sono alcune richieste strampalate, le gaffe, le

proteste, le urla alla fine del presidente della Nocerina: sì, ma non solo.

Perché quelli che oggi rischiano la radiazione promettono domani di chiedere

i danni, se arriverà l'assoluzione della magistratura ordinaria. Cifre a sei

zeri, neanche a dirlo.

Il contropiede degli accusati va in scena sul viale delle Olimpiadi, la

strada che solitamente conduce i calciatori allo stadio Olimpico — maestoso,

il tetto bianco avorio sotto la luce del sole, qualche metro più in là — ma

che stavolta li vede fermarsi poco prima, all'Ostello della gioventù, dove si

celebra il processo. Arrivano con i loro trolley da trasferta, fotografati e

ripresi da operatori che non li riconoscono (da Al Jazeera a France 2, gli

accreditati sono un centinaio) e invece i calciatori che non ci sono hanno una

buona scusa — il carcere, gli arresti domiciliari, l'obbligo di firma — o sono

in vacanza, o ancora hanno scelto di non presentarsi, di affidarsi agli

avvocati scelti. E infatti è lì, nell'aula al piano seminterrato dove si

svolge l'udienza, che il contropiede parte: l'avvocato Francesco Maresca parla

di «danno economico per i giocatori sospesi o radiati, danno che diventa

insopportabile se l'esito del processo penale fosse diverso da questo. . . ».

Dice, lui che difende Mario Cassano, il portiere accusato da Doni di aver

biscottato un rigore ormai famoso, che questa giustizia sportiva sta

«imponendo dei tempi insopportabili. E in caso di condanna in questo

procedimento, ma di assoluzione nel processo ordinario, chiederemo

risarcimento». A perfezionare «l'attacco» è un avvocato noto, il legale delle

stelle, come lo chiamano, da tanti anni difensore di Maurizio Costanzo, Maria

De Filippi, e che, data la lunga e brillante carriera, si è occupato di un po'

di tutto, dalla Banda della Magliana al terrorismo (rosso e nero): ecco, per

Roberto Ruggiero, in una delle pause del processo, «Mario Monti ha ragione,

per me basterebbe un anno di sospensione, ma che crolli il sistema calcio! La

giustizia sportiva ha dimostrato, con l'autonomia, di non essere efficace:

visto quanti scandali? Zamperini, il mio cliente, lo radiassero pure. Poi una

volta assolto dalla giustizia ordinaria, la Figc ci risarcirà». Sorride: «Gli

faccio sequestrare il palazzo, pignorare i mobili». Torna serio, e quantifica:

«Per lui un paio di milioni, se lo facesse anche Stefano Mauri potrebbe

chiederne dieci». È evidente che, nell'aula del processo sportivo, l'obiettivo

(fallito) degli avvocati fosse ottenere la sospensione in attesa della

conclusione delle carte da Cremona, e che un altro scopo potrebbe essere fare

pressione sui giudici del calcio, indebolirli, chissà. «Ma no, è la legge, c'è

una sentenza della Cassazione nel 2006 — dice Ruggiero — secondo la quale

il procedimento disciplinare va sospeso, "si impone", perché da quello ordinario

può dipendere l'esito anche di questo». Per lui, detto a gran voce in aula,

quello tra giustizia ordinaria e sportiva non è solamente un intreccio: «È un

incesto».

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SPY CALCIO di FULVIO BIANCHI (Repubblica.it 01-06-2012)

Palazzi e il colpo di spugna

Abete, chiarezza o caos

E' vero, il presidente federale Giancarlo Abete può intervenire per impugnare

le sentenze, il colpo di spugna del superprocuratore Stefano Palazzi. Ma certo

questa facoltà (già adottata in passato dallo stesso n.1 della Figc, anche per

cause nobili) getterebbe un'ombra inquietante sul processo in corso a Roma, e

di sicuro non "rafforzerebbe" la posizione del "pm" del calcio. Venti mesi a

pentiti che hanno detto poco o nulla, solo sei punti al Grosseto (mentre per

l'Albinoleffe ne sono stati chiesti oggi 27, per il Piacenza 19. . . ): si è

voluto premiare in maniera davvero eccessiva chi ha collaborato, o ha fatto

finta di collaborare. C'era la fila degli avvocati davanti a Palazzi ma se

Abete non interviene davvero per riequilibrare certe accordi (subito avallati

dalla Disciplinare... ) c'è il rischio che questi patteggiamenti facciano

giurisprudenza. Che succederà nel processo-ter di luglio, quello con i club di

serie A? Anche lì corsa ad usufruire di sconti, mini-penalizzazione per la

prossima annata (chi non ha denunciato 2-3 mesi, altro che pugno duro

promesso...). I club terzi interessati sono furiosi e minacciano già cause per

danni. Una situazione di caos: Abete deve fare chiarezza, e in fretta. Una

cosa comunque ha detto l'udienza di stamani: Palazzi ha chiesto solo

un'ammenda per la Samp, deferita in maniera surreale come ha detto

l'avvocato-onorevole Giulia Bongiorno. E' la stessa identica situazione che- a

livello teorico, lo ricordiamo- potrebbe riguardare la Juve, nel caso il suo

allenatore Conte venisse davvero deferito per "associazione", anche se per

fatti accaduti quando era al Siena. Di sicuro la società bianconera non

rischierebbe di dover rinunciare alla Champions, che vuole vincere. L'Uefa, e

Platini, se ne renderebbero perfettamente conto che questa Juve non c'entra

nulla. Diverso il caso del Napoli e della Lazio: anche se la norma Uefa (basta

essere "coinvolti" anche se indirettamente) è terribilmente pesante,

ingiustamente pesante. Lo scorso anno il club turco del Fenerbhace fu escluso

dalle Coppe, poi il club (non i tesserati) risultò innocente. Insomma, Platini

deve capire che è sacrosanto usare il pugno duro (e lo spieghi magari a

Palazzi..) ma senza massacrare i club. Ultima cosa: se quello che ha detto

oggi Prandelli, lo avesse detto un ct, chessò di volley o di pallanuoto, alla

vigilia dell'Olimpiade che avrebbe fatto Petrucci? Prandelli deve pensare solo

a fare la squadra per stasera, certe sue dichiarazioni dimostrano che forse ha

perso la testa. Di certe cose se ne occupa la Figc, solo la Figc, e al seguito

della Nazionale c'è il vicepresidente Demetrio Albertini. Abete vada davanti

alle tv e spieghi lui quello che sta accadendo e, soprattutto, cosa vuole

fare. Ne ha la facoltà...

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TEMPO SCADUTO di ALIGI PONTANI (Repubblica.it 01-06-2012)

Il calcio è senza controllo

Qualcuno dovrebbe spiegarci, rapidamente, come sia possibile che in poco più

di venti mintui succeda che:

a) L'allenatore della Nazionale dica in tv che l'Italia è pronta a ritirarsi

dall'Europeo, nella totale e fragorosa assenza della Federcalcio, fino a prova

contraria unica istituzione in grado di sostenere o confutare una simile

ipotesi .

b) Il presidente della stessa Federazione lasci trapelare l'intenzione o

anche soltanto la possibilità di impugnare le sentenze emesse meno di 24 ore

prima da un organo della sua stessa federazione, la procura sostenuta da

Palazzi.

Sembrano domande di forma: invece dentro c'è la sostanza viva, quasi odorante,

dello sbando del governo del pallone di fronte all'onda che lo sta

sommergendo. Un si salvi chi può in cui non c'è più nessuna regia, nessuna

autorità abbastanza solida da dettare una linea, da stabilire cosa fare e cosa

dire, da prendere in mano la barra della crisi. Prandelli, che è una magnifica

persona e un eccellente allenatore, è stato lasciato a macerarsi in una

solitudine struggente, a gestire l'ingestibile. E infatti rischia seriamente

di deragliare: non è più in grado di spiegare, per esempio, in forza di quale

codice etico tra due giocatori accusati esattamente degli stessi reati

(Bonucci e Criscito) e raggiunti dal medesimo avviso di garanzia, uno possa

giocare con la maglia azzurra e uno debba restare a casa. Solo e assediato,

Prandelli fa tenerezza, quando usa parole sbagliate come crociata, o

sfigatelli: non sa dove girarsi, perché accanto non c'è nessuno che abbia la

testa e il coraggio per prendersi la briga di decidere, come pure dovrebbe

fare, per ruolo, stipendio e responsabilità.

Quanto al soldato Palazzi, stremato dai fascicoli, dalle sollecitazioni, dai

proclami, dalle pressioni a fare presto, si ritrova adesso totalmente

delegittimato proprio dal suo capo, il presidente Abete, quello che gli diceva

di sbrigarsi. Lui si è sbrigato accogliendo a gruppi i pentiti dell'ultima ora,

cui accordare sconti generosi pur di chiudere subito un inutile processo

sommario. Qualcuno però glielo aveva chiesto, lo stesso che adesso gli dice

che no, che così non va bene, che le sentenze non sono adeguate e che lui ha

il diritto di impugnarle.

Allora, presto e bene come direbbe Abete, ci spieghino cosa diavolo sta

succedendo in Figc: se c'è ancora un presidente, se c'è qualcuno che ha una

minima idea di cosa fare, se il ct deve fare marcia indietro, se il

procuratore Palazzi deve andare avanti, fermarsi, dimettersi. Ecco, l'ultimo

verbo: è ora che qualcuno lo consideri. Prima che un premier o un presidente

della Repubblica chiarisca meglio a che punto è arrivata la notte del calcio.

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Repubblica SERA 01-06-2012

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Il Video-editoriale di FRANCESCO MERLO

DOVE SONO GLI EROI DELLE FIGURINE

Calciatori corrotti o scommettitori, o che fanno pubblicità al gioco d'azzardo

Possibile che non esistano più campioni all'altezza di quelle immagini che i

nostri figli continuano ad attaccare sull'album?

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il commento di MARCO MENSURATI

LA PARTITA AZZURRI-PM

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BLOOOOG! di FABRIZIO BOCCA (Repubblica.it 01-06-2012)

E anche questo scandalo è subito

diventato una guerra ideologica

Vedo che anche questo scandalo scommesse 2012, come Calciopoli 2006,

sta prendendo una piega ideologica preoccupante. Per me niente affatto

sorprendente, nel senso che il calcio ormai da anni ha perduto il suo senso di

equilibrio, addirittura i connotati di sport direi. Ci si schiera da una parte

o dall’altra non a seconda del torto o della ragione, ma del tifo, della

squadra di appartenenza, del partito. Trasformando i processi, che pure si

devono fare se si vuol tener pulito lo sport, in una guerra per bande. E’ quel

clima avvelenato che alla fine ha permesso al calcio di perdere i punti di

riferimento, di imbarbarirsi, di non avere più veri, seri e rispettati

personaggi guida, siano allenatori, calciatori o dirigenti. Un luogo dove le

regole sono decadute e l’egoismo è diventato l’unico interesse. E’ che quel

clima pesante che poi permette al presidente del consiglio di fare

affermazioni esagerate e ingiuste – “Il calcio andrebbe sospeso per due o tre

anni” – che comunque però trovano il loro motivo proprio in questa totale

mancanza di equilibrio e correttezza.

Ognuno pensa che ogni notizia, ogni indiscrezione, ogni rigo di verbale sia

pilotato a favore o contro qualcuno. Si guarda talmente vicino al proprio naso

da non vedere la montagna che c’è dietro.

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Se la giustizia spettacolo colpisce il campione.

Il cortocircuito mediatico giudiziario colpisce i campioni del

nostro calcio, e milioni di italiani hanno la possibilità di toccare

con mano i guasti della giustizia spettacolo che, da sempre,

l’Unione denuncia all’opinione pubblica. Di seguito il documento.

di UNIONE CAMERE PENALI ITALIANE 01-06-2012

Gli avvocati penalisti sanno quanto il dibattito modello “Bar Sport” nuoccia

alla comprensione delle complesse questioni che ruotano intorno ai processi

penali, ma per una volta lo sport viene utile per tornare sul tema della

giustizia spettacolo.

Le dichiarazioni dei calciatori Buffon e Criscito hanno avuto il pregio di

far arrivare a milioni di cittadini le domande che da anni poniamo, forti

dell’esperienza di chi difende le persone e non la maglia della nazionale di

calcio.

Adesso sono sulla bocca di tutti quesiti elementari quali “perché se uno

viene interrogato ciò che dovrebbe restare segreto dopo 5 minuti è già di

pubblico dominio?”; “per quale ragione l’imputato conosce gli sviluppi del suo

processo dai giornali?”; “com’è possibile che le telecamere siano informate

prima di arresti e perquisizioni da eseguire all’alba?”; “come mai l’avviso di

garanzia, strumento che dovrebbe essere a tutela dell’imputato, viene

trasformato in giudizio sommario di colpevolezza, idoneo a spezzare

carriere?”. Per finire alla domanda più inquietante: “è un caso che

all’indomani della reazione di Buffon siano filtrate notizie a suo carico,

benché non indagato?”.

Il modus operandi che ha fatto reagire i calciatori, e che possiamo definire

più scandaloso degli scandali che vuole scoprire, deve indurre tutti a

recuperare il senso e l’importanza del segreto d’indagine; ossia quella cosa

che negli ultimi anni si è abituati a trattare alla stregua di una censura

antidemocratica che è legittimo – addirittura doveroso! – infrangere anche se

farlo costituisce formalmente reato.

Occorre rammentare che il segreto è funzionale al sereno accertamento

giudiziario; che il processo è governato da regole poste a tutela del diritto

di difesa delle persone; che la pubblicità vanifica dette regole e,

conseguentemente, i diritti; che il processo di piazza caratterizza le

dittature e contraddice i principi fondamentali dello stato di diritto; che la

presunzione di non colpevolezza, ed i connessi diritti di difesa, sono cardini

fondamentali dello stato democratico.

Deve essere chiaro, anche a chi usa l’alibi del diritto di cronaca, che il

processo penale e le sue regole non sono un peso che rallenta la democrazia,

ma lo strumento con cui essa si afferma; e pertanto non si può sacrificarli al

mito della “società di vetro”, di retrogusto Orwelliano; un mito che

immancabilmente emerge nei momenti di debolezza della politica – colpevole o

incolpevole che sia - per limitare la libertà dei cittadini.

Non è un caso che in questi giorni vadano prendendo piede le idee, professate

da nuovi e vecchi predicatori, di processi pubblici, con un fiorire di

discorsi ed interviste che evocano - nemmeno tanto indirettamente - i

famigerati tribunali del popolo di altri tempi ed altri luoghi.

Ebbene, se qualcuno vuol farci scegliere tra Buffon e Vishinskij sappia che

non avremo dubbi. E non per ragioni di tifo.

La Giunta

Roma, 1 giugno 2012

visualizza il Documento in pdf

visualizza gli articoli del "Corriere della Sera" e di "la Repubblica"

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In Italia c’è il fascismo/2

di CHRISTIAN ROCCA dal blog camillo 01-06-2012

Due giorni di gogna mediatico-fascista dopo, da un secondo take dell’Ansa

si apprende che l’Agenzia dei Monopoli che controlla i flussi di scommesse

ricevitoria per ricevitoria non ha riscontrato nessuna anormalità nelle

scommesse giocate nella ricevitoria dell’amico di Buffon. Nessuna. Zero.

Si scopre inoltre che le ricevitorie identificano gli scommettitori che puntano o

incassano più di mille euro. Di nuovo, secondo l’Agenzia non ci sono stati

movimenti particolari. In ogni caso, prima di usare l’olio di ricino i

giornalisti e i magistrati dovrebbero dare una telefonata a quell’agenzia; ci

fate vedere l’elenco degli scommettitori? C’è il nome di Buffon? Invece

niente. Manganello subito, sangue istantaneo, Juve ladra e poi si vede.

Questa telefonata non è stata fatta, quindi tutto quello che hanno scritto i

siti ieri e i giornali oggi è falso, è velina dei magistrati, è buca delle lettere

delle toghe che avevano bisogno del nome grosso per andare sui giornali.

Ma domani non aspettatevi granché, nemmeno dopo questo lancio Ansa.

Questa è ritorsione giudiziaria nei confronti di un calciatore che ha denunciato

il fascismo imperante in Italia. Dovrebbe scattare l’obbligatorietà dell’azione

penale nei confronti di questi Torquemada alla vaccinara. Ma non succede

nulla. Siamo un paese da operetta, gestito al bar dello sport. I giornali sono

complici di questa barbarie. Ci fosse un ordine dei giornalisti serio, ma per

fortuna non c’è, radierebbe a uno a uno dall’albo questi complici. Di nuovo,

non so se Buffon scommettesse. So, però, che in Italia c’è il fascismo.

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Repubblica SERA 01-06-2012

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Il Video-editoriale di FRANCESCO MERLO

DOVE SONO GLI EROI DELLE FIGURINE

Calciatori corrotti o scommettitori, o che fanno pubblicità al gioco d'azzardo

Possibile che non esistano più campioni all'altezza di quelle immagini che i

nostri figli continuano ad attaccare sull'album?

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il commento di MARCO MENSURATI

LA PARTITA AZZURRI-PM

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BLOOOOG! di FABRIZIO BOCCA (Repubblica.it 01-06-2012)

E anche questo scandalo è subito

diventato una guerra ideologica

Vedo che anche questo scandalo scommesse 2012, come Calciopoli 2006,

sta prendendo una piega ideologica preoccupante. Per me niente affatto

sorprendente, nel senso che il calcio ormai da anni ha perduto il suo senso di

equilibrio, addirittura i connotati di sport direi. Ci si schiera da una parte

o dall’altra non a seconda del torto o della ragione, ma del tifo, della

squadra di appartenenza, del partito. Trasformando i processi, che pure si

devono fare se si vuol tener pulito lo sport, in una guerra per bande. E’ quel

clima avvelenato che alla fine ha permesso al calcio di perdere i punti di

riferimento, di imbarbarirsi, di non avere più veri, seri e rispettati

personaggi guida, siano allenatori, calciatori o dirigenti. Un luogo dove le

regole sono decadute e l’egoismo è diventato l’unico interesse. E’ che quel

clima pesante che poi permette al presidente del consiglio di fare

affermazioni esagerate e ingiuste – “Il calcio andrebbe sospeso per due o tre

anni” – che comunque però trovano il loro motivo proprio in questa totale

mancanza di equilibrio e correttezza.

Ognuno pensa che ogni notizia, ogni indiscrezione, ogni rigo di verbale sia

pilotato a favore o contro qualcuno. Si guarda talmente vicino al proprio naso

da non vedere la montagna che c’è dietro.

Infatti Bocca dovresti lucidarti qualche neurone poi metterti un bel paio di occhiali e renderti conto che l'iceberg che hai difronte non è uno scandaluccio più o meno esteso di sfigatelli o delinquenti che li vuoi chiamare, ma è la fine della democrazia.

La vedi la montagna Bocca?

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L'INTERVISTA

«Magistrati troppo esposti

Errore Figc su Mimmo»

Il giudice Calabrò: «Ok i pm a Bari, non a Cremona. Buffon ha ragione, ma è ingenuo»

di CARLO LAUDISA (GaSport 02-06-2012)

Piero Calabrò, 58 anni, giudice a Monza e capitano della nazionale magistrati.

Juventino da sempre e opinionista tv di chiara fede. Da uomo di legge prende

posizione su Scommessopoli e con tesi scomode per la sua categoria.

«Non entro nel merito delle inchieste: non ho conoscenze dirette e evito

riferimenti per deontologia professionale. Da cittadino, però, sono stupefatto

da alcune situazioni capitate alle persone (e sottolineo la parola persone)

coinvolte nell'inchiesta».

A cosa si riferisce?

«Gli organi d'informazione fanno bene il loro lavoro, ma stupiscono le

immagini all'arrivo della polizia all'alba a Coverciano o la diffusione della

foto dei genoani indagati, ancor prima che venisse verificata la loro

posizione».

Le indagini, però, sono a buon punto.

«Ma servono tante verifiche. Intanto i calciatori sono stati messi alla

gogna. Anche se sono uomini pubblici, come tutti sono innocenti sino a prova

contraria».

Per esempio?

«In un'indagine la sola foto di Criscito è tutto e nulla, ma la reputazione è

già demolita, anche se fosse innocente».

E Criscito è rimasto a casa.

«Altro fatto gravissimo. La Figc ha consulenti legali? L'informazione di

garanzia è una tutela. S'emette quando serve la presenza del legale,

null'altro. Invece così sembra che Criscito sia più inguaiato di Bonucci o di

altri. Mah».

Così critica la spettacolarizzazione?

«Certo. L'esempio viene dai pm di Bari che non hanno mai dialogato in

pubblico con gli indagati e hanno custodito i tempi del loro lavoro. A tutela

di tutto e tutti».

Ce l'ha, allora, con Di Martino?

«Beh, il p. m. di Cremona ha risposto in pubblico ad alcune critiche,

sostenendo d'aver atteso la fine del campionato per adottare alcuni gravi

provvedimenti. Un vero autogol».

In che senso?

«Per la custodia cautelare occorrono 3 requisiti: pericolo di fuga,

d'inquinamento delle prove e della reiterazione del reato. Allora o non

c'erano gli elementi per l'arresto o è stato un rischio ritardarli. Certe

esternazioni sono da evitare».

Condivide lo sfogo di Buffon?

«In buona parte. Troppo clamore sulle indagini, ma Gigi è stato ingenuo con

l'espressione "meglio due feriti che un morto". Credo si riferisse alle

situazioni tipiche dei club già appagati a fine stagione. La Figc dovrebbe

intervenire. Ma non lo fa mai...».

E le indagini della Finanza sui suoi conti?

«Vediamo se da questi movimenti si risale davvero a scommesse calcistiche. In

tal caso Gigi rischierebbe almeno 18 mesi. Ma è tutto da vedere. Certo, non è

etico e non mi piace che sperperi così i soldi. E' uno schiaffo a chi non

arriva a fine mese. Ma anche la tempistica di queste notizie non mi

tranquillizza».

-------

GaSport 02-06-2012

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Palazzo di Vetro di RUGGIERO PALOMBO (GaSport 02-06-2012)

FEDERCALCIO, GIORNI COMPLICATI

E' IN ARRIVO LA TEMPESTA PERFETTA?

Dal Criscito no al Bonucci sì, dal Prandelli in libera uscita dialettica alle

sentenze da impugnare perché è prerogativa del presidente, non è un momento

fortunato per la Federcalcio. Garbati, sempre disponibili e costituzionalmente

«moderati», Abete & Valentini si trovano catapultati dentro una

centrifuga. Intorno a loro, un silenzio di tomba che non promette niente di

buono. Che la tempesta perfetta stia addensandosi sul palazzo di via Allegri?

Probabile. Per fortuna c'è l'Europeo. Hai visto mai lo si porti a casa, i due

passerebbero direttamente dall'essere degli appestati a una santificazione di

massa. In fondo, ci sono già passati nel 2006.

Aspettando domenica 1 luglio, il giorno della finale di Kiev, bisogna però

cercare di far passare la nottata e non è facile, tanto più dopo la scoppola

con la Russia. Abete tiene duro su Bonucci e non farà un passo indietro,

nonostante il diverso parere che gli è arrivato dal Coni e da più di un

presidente di Lega. Il cavallo di battaglia di un'argomentazione che merita

rispetto ma rimane del tutto non condivisibile è il ruolo che Bonucci ha

ancora di semplice «testimone» presso la Procura di Bari. Il cui capo, Laudati,

farà propria l'imputazione della Procura di Cremona, analoga a quella di

Criscito, più in là. Poco meno di un artifizio contabile, insomma, per

mascherare il peccato originale: l'eccessiva fretta con cui è stato mandato a

casa Criscito.

Su Prandelli c'è poco da dire, se non che è un dipendente della Federazione e

qualche volta non sarebbe sbagliato ricordarglielo. La sua sortita sul

«possiamo pure ritirarci dall'Europeo» non è piaciuta a nessuno, a cominciare

da Abete. Che però sa bene, da vecchio capodelegazione della Nazionale, che il

conto di certe gaffes a un dato momento viene presentato ad altri che non il

commissario tecnico.

Il capitolo più spinoso riguarda il processo di Roma. Non è stata una buona

idea quel trasferire in tarda mattinata all'Ansa l'indiscrezione da «ambienti

Figc» di una voglia di impugnazione da parte di Abete delle sentenze (miti) di

giovedì scorso. Se è vero, come sembrano sostenere gli incazzatissimi membri

della Disciplinare e della Procura federale, che i patteggiamenti non possono

essere oggetto di impugnazioni da parte di chicchessia, presidente federale

incluso, si tratterebbe di un autogol. E anche se questa convinzione si

rivelasse confutabile, è il metodo che non convince: un avviso ai naviganti,

fatto con modalità insolite, nel bel mezzo di un processo sportivo che,

considerando Scommessopoli nella sua complessità, rappresenta solo il primo

atto di una lunga storia. Siamo stati anche noi critici sulla mitezza di parte

delle sentenze, ma non era questo il modo per rimetterle subito in

discussione. Qualcuno dice che in questo frangente Abete sia stato mal

consigliato dall'alto. Se è vero, vorrà solo dire che ha sbagliato in buona

compagnia.

Piero Gnudi, ministro vigilante sullo sport, tace più di Petrucci. Ma dal suo

dicastero qualcosa trapela: «Le ultime vicende vengono seguite con attenzione.

E un certo sbigottimento». Amen.

Pasticcio federale

Abete: no ai patteggiamenti

Ma non li può impugnare

«E' un atto nei miei poteri», dice il presidente gelido con Palazzi

per le sentenze troppo morbide. Per l'articolo 23 però non è così

di MAURIZIO GALDI (GaSport 02-06-2012)

Seconda giornata di udienza della Disciplinare, il Procuratore federale

Palazzi comunica le sue richieste di sanzioni per il calcioscommesse, ma

arriva la bomba: «Potrebbero tornare in discussione le sanzioni decise ieri

nell'ambito del processo sportivo in corso a Roma per le scommesse illecite.

Alla luce del dispositivo e valutate le motivazioni - si apprende in ambienti

Figc - su singoli casi potrebbe scattare il potere di impugnazione in capo al

presidente federale», scrive l'Ansa da Zurigo, dove ci sono la Nazionale,

Abete e Valentini. In serata ai microfoni Rai, Abete pur manifestando «massima

fiducia negli organi di giustizia sportiva»; ribadisce che «può impugnare le

sentenze», ma in questo caso non sarebbe così: il patteggiamento non è

impugnabile.

Reazioni La Disciplinare non commenta, la Procura nemmeno, ma con un sorriso

tirato al termine dell'udienza, Palazzi dichiara: «La Federcalcio potrebbe

impugnare i patteggiamenti decisi durante il processo? Non ho avuto nessun

contatto con Abete. Comunque siamo in fase dibattimentale e non posso

rispondere: il presidente è un galantuomo, così come tutti i componenti della

federazione». Ha appena finito la lunga giornata di lavoro per la quale gli

organi di giustizia sportiva federale dovrebbero ricevere 40 euro lordi al

giorno che comunque non vengono pagati da dicembre in attesa di chiarimenti

sulla famosa «legge Tremonti» sui tagli ai gettoni di presenza. Una giornata

in cui Palazzi passa dalla carota di giovedì al bastone: chiesti

complessivamente 137 anni e 9 mesi per i 39 tesserati, 81 punti di

penalizzazione in classifica e 340.200 euro per i 14 club che sono rimasti

dopo i patteggiamenti (ieri lo ha fatto anche Locatelli: due anni) e gli

stralci. Ai cronisti che gli chiedono conto di questo ribaltone spiega: «Non è

giusto dire che ieri (giovedì, ndr) è stata la giornata della carota con i

patteggiamenti e oggi (ieri, ndr) il giorno del bastone con le richieste

avanzate dalla Procura - ha spiegato —. Abbiamo soltanto utilizzato un

istituto giuridico previsto dall'ordinamento sportivo come da quello statuale,

per il quale sono libere anche persone che hanno commesso omicidi e reati

gravissimi».

Il regolamento Quello che sembra però essere sfuggito agli «ambienti Figc» è

che il patteggiamento non sarebbe «impugnabile» neanche dal presidente

federale che ha questo «potere», ma relativo alle sentenze emesse dagli organi

di giustizia. Il patteggiamento (articolo 23 del Codice di giustizia sportiva)

è un accordo tra le parti (Procura e difesa) che si basa su calcoli precisi

che prevedono la riduzione di un terzo della sanzione base. La Disciplinare,

in questo caso, deve solo valutarne la «congruità», dopo non emette una

sentenza, ma ratifica l'accordo con un'ordinanza «non impugnabile». Diverso è

il calcolo che viene fatto con la combinazione di due articoli del Codice di

giustizia sportiva, il 23 (patteggiamento) e il 24 (la collaborazione). In

questo caso oltre alla riduzione di un terzo, scatta anche l'accordo tra le

parti per la collaborazione fornita.

La rabbia Ed è su questo che la Federcalcio, leggendo anche i giornali, è

scattata. Sembra proprio che ai vertici Figc non sia andato a genio

l'eccessivo sconto a Carobbio e al Grosseto, ma entrare in tackle con il

procedimento aperto e contro le scelte della Procura federale proprio non è

piaciuto. Non è piaciuto neanche alla Disciplinare che sembra abbia fatto

sentire con forza la sua voce soprattutto per ribadire la «correttezza delle

scelte» e «l'intempestività» dell'intervento.

Il patteggiamento L'istituto del patteggiamento, dal 2007 introdotto nel

Codice di giustizia sportiva, ha consentito alla Federcalcio di incassare

diverse centinaia di migliaia di euro. Il Grosseto oltre i «contestati» sei

punti di penalizzazione dovrà versare alla Figc 40 mila euro, 25 mila

l'Atalanta oltre ai due punti di penalizzazione, 20 mila euro l'Ascoli oltre

al punto, 30 mila la Cremonese, 15 mila il Livorno. E questo solo con

l'ordinanza di giovedì pomeriggio.

-------

IL CASO LE RICHIESTE DEL PROCURATORE FEDERALE SULLE SITUAZIONI DI BERTANI E CAROBBIO

Solo ammende per Samp e Spezia,

Juve più tranquilla

L'avvocato Giulia Bongiorno: «Una responsabilità per fatti di altri? E' surreale»

di ROBERTO PELUCCHI (GaSport 02-06-2012)

«Questa non è responsabilità oggettiva, ma surreale. Una responsabilità per

fatti altrui». Giulia Bongiorno si arma di ironia per contestare il

coinvolgimento della Sampdoria nel processo di questo filone. La sola colpa

del club, infatti, è quello di avere tesserato l'attaccante Cristian Bertani,

accusato di far parte dell'associazione finalizzata alla commissione di

illeciti articolo 9 Cgs. Bertani questi illeciti li avrebbe commessi quando

giocava nel Novara. Ma secondo il procuratore federale Stefano Palazzi il

reato associativo è «permanente perché non c'è un atto di recesso da cui si

possa dedurre che i soggetti abbiano abbandonato l'associazione».

«Riconosciamo l'autonomia della giustizia sportiva — ha replicato la Bongiorno

— ma l'arbitrio no. Dovete fissare dei paletti, altrimenti le società saranno

impossibilitate ad acquistare i giocatori. Durante le visite mediche occorre

fare anche interrogatori sui comportamenti precedenti?». Per Sampdoria e

Spezia sulla stessa barca per avere acquistato Carobbio il procuratore

federale ha chiesto 50 mila euro di ammenda. Non una pena di sconvolgente

pesantezza, «ma è una questione di principio», ha precisato la Bongiorno.

Due binari diversi Il fatto che non siano stati chiesti punti di

penalizzazione dovrebbe tranquillizzare la Juventus per le possibili posizioni

future di Conte, Bonucci e Pepe. In realtà, questi tre tesserati al momento

non hanno nulla in comune con Bertani e Carobbio. Infatti, l'accusa di

associazione per delinquere a livello penale non può essere messa sullo stesso

piano di quella sportiva, non si va di pari passo. Bertani e Carobbio sono

accusati di aver fatto parte di un gruppo di persone che combinavano le

partite in cambio di soldi. Non risulta, invece, che gli juventini nelle loro

precedenti squadre abbiano avuto comportamenti di questo tipo «criminale». Al

massimo ed è tutto ancora da verificare possono avere partecipato ad alcuni

illeciti o, nel migliore dei casi, sono venuti a saperlo, ma non l'hanno

denunciato. Con questi elementi è impossibile che scatti l'articolo 9.

-------

Bonucci come Criscito:

prevista perquisizione

Il programma è cambiato perché il pm Di Martino ha girato gli

atti a Bari. C'è una lista di indagati dove figura lo juventino

di FRANCESCO CENITI & LUIGI PERNA (GaSport 02-06-2012)

Le perquisizioni a Coverciano dovevano essere due: oltre a quella effettuata a

carico di Domenico Criscito, la polizia aveva in programma di bussare anche

alla stanza che ospitava Leonardo Bonucci. La richiesta protocollata è

presente negli allegati dell'inchiesta New Last Bet: tra l'altro il giocatore

è il primo di una lunga lista (che comprende pure Antonio Conte), ma nulla è

accaduto nonostante sia indagato dal 3 maggio per associazione a delinquere

finalizzata alla frode sportiva. Come sappiamo a «salvare» il difensore della

Juve è stata la scelta del pm Di Martino che ha girato per competenza gli atti

ai colleghi di Bari, alle prese con il filone Masiello (l'accusatore di

Bonucci). Insomma le posizioni dei due giocatori sono identiche, nonostante la

Federcalcio ritenga corretta la propria scelta che ha impedito a Criscito di

partecipare all'Europeo, mentre il c. t. Prandelli potrà fara affidamento

sull'ex barese.

Il tunnel «Sono solo un capro espiatorio», lo sfogo alla giornalaccio rosa dell'ex

genoano affonda le radici in un malessere più generale. L'idea di figli e

figliastri all'interno della Nazionale non è un bel biglietto da visita. Non

era meglio appellarsi alla presunzione d'innocenza, permettendo a entrambi di

partecipare all'Europeo? Tra l'altro lo stesso pm ha spiegato pubblicamente

che non c'era nessun motivo investigativo (interrogatori o divieti d'espatrio)

così urgente da bloccare la partenza di Criscito. Non è bastato: in poche ore

l'esclusione del giocatore è diventata ufficiale. Ma la grana era dietro

l'angolo. La sera stessa la posizione di Bonucci è stata messa in discussione

e la mattina successiva si sapeva per certo che anche lo juventino era sotto

inchiesta a Cremona. Il resto della storia lo conosciamo già. Quello che forse

non è così noto, sono i motivi che hanno portato Bonucci sul registro degli

indagati. Accuse precise e circostanziate, messe a verbale dall'ex compagno

Andrea Masiello davanti al pm di Bari Angelillis e al gip Abbattista. I

particolari li potete leggere qui sotto, ma è bene spiegare nei dettagli i

potenziali rischi che corre il difensore. Che al momento sembrano molto più

gravi rispetto ai problemi di Criscito.

Tentato illecito Si parla di un tentato illecito per la partita Udinese-Bari,

ultima giornata del campionato 2009-2010. Masiello racconta di aver proposto a

Belmonte, Salvatore Masiello e Bonucci una combine, cercando di indirizzare la

gara sul pari con gol in modo da scommettere e farci molti soldi. Non ci sono

Zingari nei paraggi, ma sarebbe stata una iniziativa dei giocatori. Andrea

Masiello sostiene che i compagni accettano la proposta. Indica date precise,

soldi da scommettere attraverso il ristoratore De Tullio e il tentativo

«d'ingaggiare» anche Simone Pepe, per avere una sponda in casa Udinese. Sponda

rifiutata. Nonostante questo il 3-3 finale frutta una vincita modesta (8. 000

euro), divisa da Masiello con Iacovelli. Bonucci, ascoltato a Bari due volte

come testimone, ha negato ogni addebito. La Procura sta facendo accertamenti

tecnici, in particolare per scoprire se davvero Salvatore Masiello ha

telefonato a Pepe. In questo caso le accuse ne uscirebbero rinforzate e la

posizione dei tre giocatori indebolita: in sede sportiva rischiano 3 anni per

il tentato illecito, mentre Pepe un'omessa denuncia (da 3 a 12 mesi). E visto

l'aria che tira dalle parti di Roma...

-------

IL VERBALE LA COMBINE DI UDINESE-BARI DEL 2010

Masiello: «Leo mi disse: pari?

Se si può io ci sto»

Ecco i passaggi più importanti dell'interrogatorio di Andrea Masiello davanti

al gip di Bari Giovanni Abbattista.

Giudice: «Masiello, c'è la partita Udinese-Bari dell'altro campionato».

A. Masiello: «Sì».

G.: «2009-2010».

M.: «Sì».

G.: «Diamone atto a verbale. Anche qua mi deve raccontare cosa è successo sia

con riferimento alla partita perché qua viene trascinato... viene chiamato in

causa anche l'attuale nazionale azzurra di calcio (. . . )».

...

M.: «(...) Eravamo per l'ultima giornata di campionato talmente tranquilli e

rilassati che... Fu una delle tante volte che ho incontrato De Tullio

(ristoratore indagato, ndr) al suo ristorante, perché andavamo spesso a

mangiare là, era un po' il ritrovo di tutti i giocatori, anche della società

che mangia lì (...). Fatto sta, una delle tante volte, mi disse che c'era

questa possibilità, che lui poteva scommettere sul live perché. . . ».

G.: «In diretta?».

M.: «Sì».

...

M.: «Io vado al campo e parlo con Bonucci, Belmonte, Parisi e Salvatore

Masiello e gli faccio presente questa cosa, De Tullio era pronto a scommettere

sul live e che in caso di pareggio ci avrebbe dato. . . ».

G.: «Masiello, la blocco un attimo».

M.: «Sì».

G.: «Lei parla di Bonucci».

M.: «Sì».

G.: «Quando è successo questo, che giorno della settimana? Perché Bonucci è

in ritiro con la Nazionale».

M. : «Sì, è successo prima di partire in ritiro a Udine».

...

G. : «Quindi Bonucci è rientrato dal ritiro con la Nazionale?».

M.: «Sì, io gliel'ho detto a lui, gli avevo fatto presente che insieme agli

altri compagni, c'era De Tullio che era pronto a darci determinati soldi, non

so quanti, che era pronto a scommettere su live se la partita finiva in

pareggio, e lui e gli altri compagni erano a favore, comunque ha detto: "Se si

può fare siamo interessati". (...)».

G. : «Scusi Masiello, ha detto: "Erano interessati"».

M.: «Sì».

...

G.: «Lo hanno detto Belmonte...».

M.: «Belmonte...».

G.: «...Parisi e Bonucci».

M.: «E Salvatore Masiello (...).

Il fatto sta che durante il ritiro Salvatore Masiello chiama Pepe, Simone

Pepe, con un'utenza che aveva... una scheda telefonica che mi aveva lasciato

lacovelli per usi privati miei. In pratica chiamò Pepe e gli disse.. . se lui

era disposto a. . . oppure no. Pepe appena ha saputo. . . ».

G.: «Un linguaggio da amici per fargli capire...».

M.: «Sì, sì. Appena staccò la chiamata si girò verso di me, eravamo in camera

io e Belmonte, si girò verso di me e disse: "No, Pepe ha detto di no"».

...

G.: «Ecco, questo mi deve anche spiegare, cioè l'accordo era il pareggio o un

pareggio con tante reti?».

M.: «No, il pareggio con tante reti, però non sapevo se bastavano due o tre,

quindi ero un po' preoccupato. Nel caso perdevi la scommessa si comunque

dovevi dare dei soldi a chi li aveva persi (.. . ). Al momento che io sono

salito sul pullman e ho parlato con Giacobbe, i miei compagni mi hanno detto:

"Allora com'è andata, si sa niente per quella cosa?", io ho fatto: "Guardate,

non so niente».

La gara finisce 3-3: Masiello racconta di essere andato con Iacovelli al

ristorante di De Tullio, che gli consegna 8.000 euro, dicendo «questa è la tua

parte». «Di questi — racconta Masiello — 2. 000 li ho dati a Iacovelli».

-------

La Finanza in tabaccheria

La Figc sentirà Buffon

Parma, perquisita la ricevitoria dove Gigi ha trasferito gli

assegni. «Servivano per 20 Rolex». Ma c'è un fascicolo aperto

Già nel 2006 il portiere azzurro fu al centro di un'indagine.

E un anno dopo arrivò l'archiviazione

di MAURIZIO GALDI & ANDREA SCHIANCHI (GaSport 02-06-2012)

Prandelli lo sostituisce a Zurigo, la Procura federale apre un fascicolo su di

lui, la Guardia di Finanza di Torino perquisisce la tabaccheria di Parma il

cui titolare ha ricevuto assegni per oltre 1, 5 milioni di euro. Insomma

giornata no per Gianluigi Buffon. Della sostituzione a Zurigo si parla a parte,

l'apertura del fascicolo è un atto dovuto. Al centro dell'indagine che

condurrà la Procura federale le somme versate alla tabaccheria di Parma al

centro di un'informativa della Guardia di Finanza di Torino «girata» dai

magistrati torinesi alla Procura di Cremona. Un percorso analogo già avvenne

nel 2006, in quel caso i legali di Buffon dimostrarono che il portiere aveva

smesso di scommettere dal novembre 2005, anche se non aveva mai giocato su

partite del campionato italiano, ma su altri sport o altri giochi e sempre in

maniera legale. Palazzi, in quel caso, chiese l'archiviazione.

La perquisizione La novità arriva però in tarda serata. Poco prima della

chiusura della tabaccheria, i finanzieri di Torino sono arrivati in via

Garibaldi 42 a Parma. Dentro ci sono i parenti. Oltre tre ore per controllare

il computer dove sono registrate le giocate e una accurata perquisizione alla

cantina dove dovrebbe essere archiviata la documentazione antiriciclaggio:

quella autocertificazione che deve essere compilata per ogni movimento di

giocate superiori ai 999 euro. Il titolare della tabaccheria, Massimo Alfieri,

si trova negli Stati Uniti con la famiglia e la tabaccheria sarebbe affidata

ai genitori e ai suoceri.

Parola all'Ams Dalle dichiarazioni raccolte da Agipronews presso l'Ufficio

scommesse dei Monopoli di Stato nel pomeriggio, si apprendeva come «non si

hanno informative circa comportamenti scorretti da parte del bookmaker

(Lottomatica, ndr) e del titolare del punto vendita, ivi compresi quelli

relativi all'antiriciclaggio, che obbliga il gestore al riconoscimento del

giocatore che scommetta o incassi vincite per cifre superiori a mille euro».

Quindi per approfondire i dati registrati dal punto vendita i finanzieri hanno

acquisito i documenti utili per l'identificazione degli scommettitori.

Quando sentire Buffon Sicuramente l'audizione del portiere della Nazionale

sarà rimandata a dopo l'Europeo. Non c'è fretta visto che i fatti si

riferirebbero al 2010. La situazione è analoga e sovrapponibile a quella del

2006, allora addirittura c'era stata un'iscrizione nel registro degli indagati

per il portiere della Nazionale. Inizialmente aveva indagato Parma, poi tutto

passo alla Procura della Repubblica di Torino. Se ne occuparono i pm Marco

Gianoglio e Giancarlo Avenati Bassi e all'inizio del 2007 arrivò anche

l'archiviazione per la vicenda penale.

La difesa L'avvocato Corini, legale del portiere della Nazionale, intervenuto

a Radio Radio Tv ha spiegato: «Il bonifico più cospicuo, del 13 settembre 2010,

riguarda l'acquisto di venti Rolex, che sono nella cassaforte di Gianluigi da

mesi. Un acquisto compatibile con il suo reddito e che è scritto nella causale

del bonifico: cos'altro deve fare? Siamo in grado di dimostrare che ogni

pagamento effettuato non riguarda le scommesse sportive». L'avvocato Marco

Valerio Corini ha anche spiegato che «non c'è nulla che possa dimostrare che

Buffon abbia scommesso, sono transazioni economiche tra due persone che si

conoscono da anni di cui uno svolge anche quella di avere una ricevitoria. Da

lì non ci si pone il dubbio che possano essere operazione immobiliari o altro,

si pensa necessariamente che devono essere scommesse e per giunta illegali. Ma

non si ha neanche la prova che sia una scommessa».

-------

«Palazzi mi ha preso in giro

Siamo sfigati, ma più di 50»

Paoloni un anno dopo: «Ero il Bin Laden del calcio, ce l'ho a morte con

la giustizia sportiva. Combine e fuga di notizie: Buffon ha ragione»

di DAVIDE ROMANI (GaSport 02-06-2012)

Dalla lunga notte che ha portato all'inchiesta Last Bet al «Gol di Notte»

televisivo. Un anno fa Marco Paoloni veniva arrestato, era l'1 giugno quando

scattava la prima ondata di fermi della procura di Cremona nell'ambito

dell'inchiesta sul calcioscommesse. Oggi, indagato dalla giustizia ordinaria e

radiato da quella sportiva nel processo dell'estate scorsa, l'ex portiere di

Cremonese e Benevento si diletta come commentatore tv nella trasmissione «Gol

di Notte» in onda sulla tv romana T9 e condotta da Michele Plastino. «Da

quello che è successo, l'unica cosa positiva è che mi sento maturato». È

questo il primo commento dell'uomo che un anno fa veniva fermato con l'accusa

di aver tentato di avvelenare, con il Minias, i compagni di squadra

nell'intervallo della gara Cremonese-Paganese. Colui che fa nascere

l'inchiesta che, dopo 12 mesi e 4 ordinanze, sta facendo tremare il mondo del

calcio.

È passato un anno da quella mattina. Oggi cosa pensa di quello che è

successo?

«Mi sono liberato di un peso. Quello delle scommesse. Giocavo tutti i giorni

e perdevo sempre. Il 1° giugno 2011 sono uscito dal ricatto con Erodiani e

sono entrato in quello della giustizia sportiva. Ero descritto come il Bin

Laden del calcio italiano, ma adesso la situazione mi sembra cambiata».

In 12 mesi ha potuto pensare alla sua condotta. Che cosa si

rimprovera?

«L'unico sbaglio che ho fatto è stato quello di scommettere».

In un anno l'inchiesta della Procura di Cremona si è allargata a

macchia d'olio, quella sportiva è stata impietosa con lei: radiazione.

«Spero che la giustizia ordinaria faccia chiarezza al più presto perché

voglio tornare a vivere, mentre quella sportiva mi ha deluso tantissimo. Con

il calcio posso aver chiuso per sempre ma non ho chiuso con chi mi ha

condannato. Ce l'ho a morte con la giustizia sportiva. Avevano già deciso le

pene prima del processo. Al procuratore federale ho chiesto: "Ma come potete

condannarmi se la giustizia ordinaria non mi ha ancora condannato?". Mi hanno

risposto: "Potrai sempre chiedere il risarcimento"».

Nella sua foga di scommettitore non ha mai pensato che anche le

società potessero combinare delle partite?

«Non ho mai avuto idea che anche le società potessero accomodare delle

partite. Ma credo che un anno serve a una squadra, un anno ad un'altra. La

famosa frase di Buffon "meglio due feriti che un morto"».

Ora i giocatori che stanno collaborando ottengono sconti di pena. Lei

non ha mai pensato di percorrere questa strada?

«Io potevo, volevo collaborare. Palazzi mi ha detto: "Se tu dici questo,

avrai uno sconto della pena". Ma perché avrei dovuto dire cose che non ho

fatto?».

Cosa le ha lasciato l'esperienza in carcere?

«È un luogo dove spero di non tornare mai più. Ma in quei giorni ho potuto

conoscere persone vere, che mi hanno aiutato».

In questi giorni c'è un altro portiere al centro dell'attenzione per

la sua mania di scommettere: Gigi Buffon.

«Quando Buffon parla di "vergogna" per la fuga di notizie ha ragione. I miei

familiari e i miei legali hanno saputo della mia scarcerazione attraverso Sky.

In un Paese normale questo non è possibile».

Prandelli vi ha definito 50 sfigati.

«Prandelli ha ragione a dire che chi scommette è uno sfigato. Ma si sbaglia

su una cosa: non siamo 50. Siamo molti di più».

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IL DIRITTO DI CERCARE LA VERITÀ

la vostra verità

editoriale de la Repubblica 02-06-2012

Da due giorni, gonfiato sul web ed eccitato da avventurose considerazioni, un

vento di minaccia regolarmente anonimo colpisce i colleghi Giuliano Foschini e

Marco Mensurati. Con una grossolana manipolazione dei fatti, il lavoro di

inchiesta giornalistica sul calcio-scommesse, la loro intervista pubblicata

l´11 marzo scorso al latitante Hristiyan Ilievski, lo "Zingaro», un uomo con

precedenti penali per omicidio (uno scoop ripreso dalla stampa europea e poi

diventato parte integrante dell´indagine giudiziaria), si è trasformato in un

marchio utile ad additarli al risentimento di qualche capo-bastone ultrà. La

menzogna che viene scambiata come preziosa «rivelazione» è che i due colleghi

siano responsabili del coinvolgimento nell´inchiesta del calciatore del Genoa

Giuseppe Sculli, nipote del boss di ‘ndrangheta Giuseppe Morabito, detto

Peppino Tiradritto. In una telefonata intercettata sull´utenza di Ilievski

alle 11. 42 dell´11 marzo scorso lo "Zingaro», furioso e verosimilmente

spaventato per la sua intervista dalla latitanza pubblicata da «Repubblica»,

prova minacciosamente a ritrattarne il contenuto con Marco Mensurati, negando

di aver pronunciato quel nome - Sculli - nel ricostruire la combine della

partita Lazio-Genoa.

Per smontare la calunnia è sufficiente la lettura del passo che l´ordinanza

del gip dedica alla vicenda (pagina 186). Scrive Salvini: «L´ira di Ilievski

riguarda il fatto che il giornalista abbia pubblicato la notizia del

coinvolgimento di Sculli, non tenendo conto che le rivelazioni erano state

formulate in via del tutto confidenziale. Al telefono, Mensurati obietta che

le informazioni erano state rivelate dal macedone in un contesto di

intervista. «Ascolta, Hristian! Ascolta, Hristian! Tu hai detto Sculli ed io

ho chiesto: Sculli?». E tu hai detto: «Un milione per cento!» Ricordi? «Un

milione per cento!»». Aggiunge quindi il gip: «Nel prosieguo della

conversazione, Ilievski, consapevole di essere intercettato e spaventato, si

muove su più fronti con argomentazioni insostenibili su importanti giocatori

di calcio ed altre situazioni riguardanti il fenomeno del calcio-scommesse,

con il chiaro intento di inquinare il tutto».

Mensurati e Foschini, dunque, fanno solo il loro lavoro. Onestamente, con

chiarezza. A marzo individuano e incontrano Ilievski a Scopje. In Macedonia

arrivano con domande e taccuini, dichiarando il mestiere che fanno. Per

raccogliere notizie che nessuno ha, per cercare la verità. Non sono «amici» di

nessuno. Non dello "Zingaro", di cui riferiscono fedelmente le parole. Né

della polizia o della procura, che sul calcio-scommesse indagano già da un

anno e che a loro insaputa li ascoltano mentre parlano con Ilievski. Ecco

perché le minacce sono insensate, oltre che inaccettabili.

-------

Le carte contro Bonucci

un cavillo gli salva l´azzurro

Volevano perquisirlo, ma l´inchiesta era di un´altra procura

Criscito via, lui in nazionale da indagato. Il ruolo di Pepe, coinvolto da Andrea Masiello

di GIULIANO FOSCHINI & MARCO MENSURATI (la Repubblica 02-06-2012)

Tutti si aspettavano le stranezze della coppia Cassano-Balotelli, finora si

sono viste solo quelle di Abete e Prandelli. La più clamorosa è in corso

tuttora e riguarda il parametro con cui sono state soppesate le due posizioni

di Domenico Criscito e Leonardo Bonucci, entrambi indagati per associazione a

delinquere finalizzata alla truffa e alla frode sportiva, entrambi accusati,

in sostanza, di aver organizzato una partita, ma trattati in maniera opposta:

il primo allontanato con ignominia dal ritiro azzurro, il secondo difeso ad

oltranza. Una difesa che si è protratta fino ad oggi, anche di fronte

all´evidenza della pubblicazione su tutti i siti Internet del documento della

procura di Cremona - allegato alle carte dell´inchiesta New Last Bet - con cui

il pm Roberto Di Martino disponeva l´iscrizione al registro degli indagati di

Bonucci. E che si protrarrà, probabilmente, anche oggi di fronte alla notizia,

ricavata sempre dai medesimi allegati, di una richiesta di "perquisizione

soggettiva" di Bonucci, firmata dal Servizio centrale operativo della Polizia.

Richiesta che, se possibile, equipara ulteriormente le due posizioni visto che

è stata solamente una considerazione di tipo procedurale e non sostanziale

a convincere il pm a lasciar perdere: su Bonucci - è infatti l´opinione di Di

Martino - è competente la procura di Bari e non quella di Cremona. Un cavillo

al quale la Figc e Prandelli si sono aggrappati disperatamente, alla faccia

del codice etico e a dispetto delle dichiarazioni rese ad entrambe le procure

dal calciatore Andrea Masiello. Dichiarazioni che configurano un´accusa non

meno specifica rispetto alle fotografie di Mimmo Criscito (ritratto con alcuni

ultrà e trafficanti di droga e partite di calcio): «Prima della partita -

racconta ad esempio Masiello al giudice del tribunale Giovanni Abbattista

riferendosi all´incontro di calcio Udinese-Bari del 2009-2010 - noi andavamo

spesso a mangiare al ristorante di De Tullio (il ristoratore è indagato

nell´inchiesta pugliese, e anche in quella della procura di Napoli ndr).

Avevamo 51 punti prima di quella partita, quindi eravamo talmente tranquilli e

rilassati che… De Tullio mi disse che poteva scommettere live (cioè in diretta,

ndr). E se volevo contattare qualche mio compagno per dirgli se voleva

vincere qualche cifra importante… di farglielo sapere, che lui era pronto. Io

vado al campo e parlo con Bonucci, Belmonte, Parisi e Salvatore Masiello e gli

faccio presente questa cosa». Trovasse riscontro il racconto di Masiello, già

in questo momento tutti i calciatori commettono un grave illecito sportivo:

l´omessa denuncia. Ma Masiello va ancora avanti: «Lui ha detto, "Se si può

fare siamo d´accordo"». Il principale alibi dato da Bonucci nei suoi due

interrogatori sostenuti (da testimone) a Bari è sempre stato quello della

nazionale: «Ero in ritiro a Coverciano quella settimana». Ma l´alibi sembra

non reggere. A domanda del giudice, infatti, Masiello precisa: «Era il sabato,

il giorno prima della partita. Bonucci c´era (…) È successo prima di partire

per Udine. Lui disse: "Sì, se si può fare si fa", così». Ma non è tutto,

perché Andrea Masiello ha coinvolto (almeno per quanto riguarda la giustizia

sportiva) un altro giocatore, Simone Pepe, oggi alla Juve al tempo a Udine:

«Durante il ritiro, Salvatore Masiello chiama Pepe con una utenza telefonica

che Iacovelli (tuttofare del Bari già coinvolto nell´inchiesta, ndr) mi aveva

lasciato per usi privati miei. Salvatore è napoletano, Pepe pure (in realtà è

romano, ndr). Sono amici da tempo e si capiscono…». Insomma, secondo

Andrea Masiello parlarono in codice. "Ma la Ferrari tu la vendi?" e dall´altra

parte… "No, no la Ferrari non la vendo, non la compro, non faccio niente".

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LO SFOGO DI PRANDELLI

Un commissario tecnico, non politico

di ANTONIO POLITO (CorSera 02-06-2012)

La Nazionale di calcio a Coverciano sta come il governo Amato nell'anno di

Tangentopoli: è nelle mani dei pm. Volendo, le Procure potrebbero fare la

formazione. Criscito è già caduto, Bonucci è incerto, Buffon periclita. Con

questi problemi in difesa, è del tutto normale che Prandelli, persona per bene,

abbia perso un po' del proverbiale autocontrollo. Il suo «se serve al bene

del calcio agli Europei non ci andiamo» è però sbagliato per due motivi. Il

secondo è che qualche malevolo commentatore potrebbe interpretarlo come

un ricatto d'amore esercitato sulla passione calcistica degli italiani: o ci

lasciano in pace oppure non giochiamo. Ma il primo e più fondato motivo è che

sembra perpetuare il malinteso sul quale prospera la corruzione nel mondo del

calcio: e cioè che esso sia riformabile dall'interno. È l'idea per cui la rinuncia

a un Europeo, o la sospensione di una partita per i cori razzisti, o la mancata

assegnazione di uno scudetto, possano rappresentare uno choc così salutare

su un corpo fondamentalmente sano da riparare al male fatto dalle mele

marce, i «50 sfigatelli» di cui parla Prandelli.

Purtroppo non è così, e lo abbiamo visto dalle tante recidive. Già nell'82

andammo ai Mondiali dopo uno scandalo (e li vincemmo); poi nel 2006 ci

andammo nel pieno di uno scandalo (e li vincemmo). A parte l'implicito

augurio scaramantico per il 2012, resta il fatto che sono trent'anni che ci

siamo dentro. Vuol dire che le cure omeopatiche non funzionano. Non si capisce

per esempio perché la Figc lasci la difficile responsabilità di decidere e

giudicare a mister Prandelli, che di mestiere fa il commissario tecnico e non

il commissario politico del collettivo azzurro, deve allenare dei calciatori

non valutare gli avvisi di garanzia e parlare alla nazione. D'altra parte

anche il capo delegazione è un ex calciatore, Albertini, pure lui bravissima

persona, ma inadatta a gestire politicamente una vicenda così esplosiva. Per

giunta, quando la Figc parla lo fa per contraddire e contestare il suo stesso

«special prosecutor» Palazzi, come ha clamorosamente fatto ieri

delegittimandone la strategia processuale nello scandalo scommesse. Insomma,

verrebbe da dire che il calcio è diventata una cosa troppo seria per lasciarla

gestire ai calciatori, agli allenatori e ai soliti noti della Figc. E infatti

è bastato un prefetto che guardasse le cose un po' da fuori come il ministro

Cancellieri a smontare tutto questo psicodramma di Coverciano, rispondendo

a Prandelli con il più sensato degli inviti: «Giocate, giocate bene, e forza

Italia». Come a dire: meno chiacchiere e più cross.

Non è un cinico «the show must go on»; è una giusta divisione del lavoro. Il

mito decoubertiniano cui si ispira Prandelli, che ogni volta somministra la

maglia azzurra come un voto in condotta per decidere se uno sputo o una

bestemmia, un fallaccio o una scommessa la meritino oppure no, non regge

più in un mondo che assomiglia sempre più al wrestling e sempre meno al rugby,

e nel quale la malavita organizzata può investire settecentomila euro in

corruzione su una sola partita perché sa che se il risultato è giusto ne

incasserà due milioni. Questa è roba per una Fbi del calcio, con tecniche e

investigatori all'altezza di una nuova mafia internazionale.

Inutile star lì a chiedere ai calciatori di fare da modelli, esempi apollinei

di «mens sana in corpore sano». Ormai sono gladiatori tatuati, chiamati a dare

spettacolo; e si muovono in un ambiente ad alto rischio, perché inondato dai

soldi. Non tocca davvero a loro prosciugare lo stagno, riducendo i soldi e lo

spettacolo.

-------

Il dubbio di PAOLO OSTELLINO (CorSera 02-06-2012)

Presunti innocenti e segreti violati

C’è chi scrive che la Juventus ha appena vinto un «campionato virtuale»

Che se ne fa, adesso, Antonio Fazio della sentenza della Corte d'appello di

Milano che lo riconosce innocente dell'accusa di aver favorito (illegalmente)

scalate bancarie tentate, nell'estate del 2005, da imprenditori a loro volta

oggi assolti dalla condanna per accordi parasociali illeciti, aggiotaggio e

altre illegalità, dopo essere stato costretto a dimettersi da governatore

della Banca d'Italia, aver visto la propria carriera e la propria onorabilità

distrutte? C'è ancora, la presunzione di innocenza in questo (osceno) Paese

dove la Giustizia ci mette anni a raggiungere una «verità processuale» che

smentisca quella che, con la complicità di un giornalismo irresponsabile, ha

gettato, dapprima in pasto alla gogna dell'opinione pubblica, e condannato

penalmente, poi, tanta gente? Una brutta notizia è (anche) l'ultima

esternazione del presidente della Repubblica. Con quale autorità politica, e

legittimità costituzionale, Napolitano dice che «il capo dello Stato deve

essere una figura imparziale» e censura la proposta di revisione

costituzionale in senso semi-presidenziale, dopo aver fatto calare sul

Parlamento, con procedura costituzionalmente anomala — quale che fosse il

giudizio su quello precedente — un governo «tecnico»? Anche se la nostra

anacronistica e contraddittoria Costituzione ne esclude, normativamente e di

fatto, la revisione, spetta ancora alle forze politiche proporre di cambiarla

o al presidente della Repubblica dire se sia lecito farlo, condannando il

semi-presidenzialismo come una forma di autoritarismo? Caro presidente

Napolitano — con l'immutata stima che le porto — lei sa che, qualora me ne

avesse offerta l'occasione, glielo avrei detto: era preferibile il silenzio.

Complice silente un giornalismo che già scrive, di quello vinto dalla

Juventus, di «campionato virtuale», c'è voluto un giocatore di calcio (!), il

portiere della nazionale, per denunciare le illegali e vergognose procedure

del circuito mediatico-giudiziario. Ma, subito dopo, puntuale come un

«pizzino» mafioso, è uscita, dalla procura di Torino, un'informativa della

Guardia di Finanza del 2010-2011 dalla quale si potrebbe dedurre che Buffon

sia uno scommettitore abituale. Mi chiedo se non stia diventando pericoloso

vivere in un Paese dove certi magistrati lanciano — forti delle informazioni

riservate di cui dispongono — «avvertimenti» di stampo mafioso a chi non sta

al loro gioco. Presidente Napolitano, perché non chiede al Consiglio superiore

della magistratura se non sia il caso di intervenire davanti a una tale

violazione del segreto istruttorio che sconfina nella prassi mafiosa? Se

«questa magistratura» è il cane da guardia della nostra democrazia c'è davvero

di che inquietarsi. Da quel democratico e gran galantuomo che è, sono certo si

sia inquietato anche lei e mi aspetto, perciò, voglia farlo sapere

ufficialmente.

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Sbaffo, un futuro appeso a un fax

Ha solo 21 anni e rischia 39 mesi di stop perché nessuno lo ha interrogato

La convocazione della Procura mai recapitata all’Ascoli: così

niente patteggiamento. Pugno di ferro di Palazzi anche con

Albinoleffe (-27) e Reggina. Altre quattro richieste di radiazione

di ETTORE INTORCIA (CorSport 02-06-2012)

ROMA - Alessandro Sbaffo è una mezz’ala di talento, tre gol nell’ultimo

campionato di B con l’Ascoli, tutta una vita davanti e la possibilità presto

di firmare per un club importante, di A. Si parlava della Fiorentina, ma i

viola non sono (o non erano) gli unici a seguirlo. Ora a ventuno anni rischia

di stare fermo per 3 anni e un po’, 39 mesi, esattamente il doppio del pentito

che lo accusa, Gervasoni, che di illeciti ne ha ammessi e commessi ben più di

uno. Tutto questo per colpa di un fax che non è mai arrivato. Giovedì il suo

legale aveva chiesto il patteggiamento, proponendo 16 mesi e un’ammenda di

100.000 euro, mica bruscolini. Palazzi aveva dato l’ok, la Disciplinare aveva

detto no.

Nella giornata dei patteggiamenti regalati, il suo è stato l’unico ad essere

bocciato. Perché? Perché, dice la Disciplinare, Sbaffo non ha collaborato con

gli inquirenti. E’ vero, non ha collaborato, ma solo perché nessuno lo ha

interrogato. La Procura mostra il fax inviato nella sede dell’Ascoli, fax che

il club sostiene però di non aver mai ricevuto. «Un documento di una sola

pagina che ci mette 3 minuti e 29 secondi per passare? Si vede che c’è stato

un problema di trasmissione», fa osservare l’avvocato Chiacchio ai commissari.

Che a questo punto ha chiesto lo stralcio: un nuovo procedimento nel quale

Sbaffo possa difendersi davvero. «E’ l’unico a non essere stato interrogato, è

l’unico a non aver ottenuto il patteggiamento. E’ un ragazzo di ventuno anni,

ragionate come farebbe un padre», l’accorato appello del suo avvocato. Palazzi

non ha replicato, la difesa spera che l’istanza venga accolta già nell’udienza

di lunedì. Sbaffo era stato tirato in ballo da Gervasoni per Livorno-Piacenza:

il “pentito", allora suo compagno di squadra nel club emiliano, gli chiese di

avvicinare alcuni giocatori amaranto, tra cui il portiere De Lucia. Gervasoni

(1 anno e 8 mesi) e De Lucia (5 mesi) hanno patteggiato. Sbaffo no, non c'è

riuscito.

PUGNO DURO - C'è un solco netto tra chi ha collaborato con gli 007 della

Procura Federale e chi no. Sconti generosi, anche troppo, per i “pentiti",

richieste severissime per tutti gli altri. Sbaffo c'è finito in mezzo, ma non

è il solo. Per quattro tesserati Palazzi ha chiesto 5 anni con preclusione,

cioè la vecchia radiazione: Zamperini, Sartor, Santoni e Mario Cassano.

Nessuna sorpresa, in questo senso. Tra i calciatori il conto più salto è

quello presentato a Job, 4 anni e 6 mesi, tra i dirigenti spiccano i 4 anni e

6 mesi ad Andrea Iaconi (ds Brescia, ma era a Grosseto) e i 4 anni a Gianni

Rosati, ex Reggina.

CLUB STANGATI - Si agita la Reggina, che Palazzi vorrebbe vedere punita con

un -6, proprio come il Grosseto che ha 8 partite sul groppone e non una come i

calabresi. Ma richiesta più pesante, a livello di società, è toccata

all'Albinoleffe: 27 punti di penalizzazione. Se la Disciplinare accogliesse la

linea dell'accusa, nel prossimo campionato di Prima Divisione i bergamaschi

dovrebbero conquistare circa 70 punti sul campo per salvarsi. Missione

impossibile.

In tutto questo fa sorridere il -10 inflitto all'Ac Ancona, il “vecchio"

Ancona: retrocesso dalla B nel 2010, ripartì dalla Terza Categoria ma senza

mai scendere in campo, rimediando l'esclusione dal torneo. Il “nuovo" Ancona

1905 gioca in Serie D e non c'entra nulla. Il vecchio club è ancora affiliato

ma non è iscritto a nessun campionato. Se mai decidesse di ripartire, lo

farebbe da -10. Ma, tranquilli, in Terza Categoria non si può retrocedere.

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L’OPINIONE

IL PALAZZO DELEGITTIMA ANCHE... PALAZZI

di ALBERTO DALLA PALMA (CorSport 02-06-2012)

Nemmeno il tempo di annunciare le prime sentenze e di accettare tutti quei

sorprendenti patteggiamenti che il caos è già totale. Inaccettabile, secondo

la Federcalcio, il buonismo con cui il Procuratore Federale Stefano Palazzi ha

dispensato giovedì le squalifiche a tesserati e club. Talmente inaccettabile

da far dire al presidente Giancarlo Abete che «esiste nelle nostre norme un

potere per il presidente di impugnare determinati provvedimenti». Tradotto in

parole povere: non è escluso che il Palazzo possa scendere in campo contro. . .

Palazzi chiedendo una revisione delle sentenze più tenere. Tipo quelle contro

Gervasoni e Carobbio (1 anno e 8 mesi) oppure quella contro il Grosseto (6

punti di penalizzazione nel prossimo campionato), club che sulla carta

rischiava addirittura la retrocessione per il cumulo di irregolarità commesse

in molteplici partite.

Coloro che sono stati giudicati ieri, cioè il giorno successivo, non hanno

potuto usufruire di tanta generosità e così in sole ventiquattro ore sono

saltati tutti i parametri. Il caso emblematico? Il giovane Sbaffo, che rischia

di chiudere la sua carriera: 3 anni e 3 mesi la richiesta di Palazzi per un

giocatore che ha sbagliato ma non ha taroccato, come Gervasoni e Carobbio,

il calcio italiano.

Insomma, siamo alle solite: la Giustizia Sportiva italiana non funziona e non

lo diciamo soltanto noi, che siamo al di sopra delle parti, ma la stessa

Federazione, pronta addirittura a delegittimare Palazzi e a far ribaltare le

sue sentenze. Pensate che cosa potrà accadere quando la Disciplinare

affronterà il prossimo processo, in cui saranno coinvolti i club più

importanti - come Lazio, Lecce, Genoa, Siena, Bari - e i giocatori più in

vista, di cui Mauri è l’icona. La sensazione è la stessa del 2006: che la

fretta di finire presto è cattiva consigliera e porta su strade sbagliate.

Forse è arrivata l’ora di rivedere tutto il sistema e di riformarlo.

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il Giornale 02-06-2012

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Prandelli e i garantisti sì, ma scemi no

Le parole dell’allenatore e il doppio senso del suo “non esagerate”

Editoriale de IL FOGLIO 02-06-2012

Non esagerate. Cesare Prandelli è una persona a modo che solitamente ci

pensa due volte prima di aprire bocca per lanciare messaggi agli amici giornalisti.

Non c’è dubbio che anche ieri il commissario tecnico della Nazionale abbia

riflettuto a lungo prima di eccitare i giornaloni con quel suo clamoroso “se

ci dicessero che per il bene del calcio la Nazionale non deve andare agli

Europei non sarebbe un problema”. La frase naturalmente è un periodo del tutto

ipotetico, del resto prontamente evaporato dal ministro dell’Interno Annamaria

Cancellieri con il suo benedicente “giocate, giocate bene e forza Italia”. Ma

pur nel suo paradosso evidente (tranquilli, tra poco si scende in campo)

l’uscita di Prandelli merita di essere commentata almeno per due ragioni. La

prima riguarda la comprensibile insofferenza dell’allenatore per questo clima

da caccia alle streghe, da “crociata” come ha detto lo stesso commissario

tecnico, che si è venuto a creare attorno a quella che dovrebbe essere una,

seppur clamorosa, normale inchiesta giudiziaria; e si può dire che Prandelli,

come tutti gli italiani di buon senso, abbia gradito poco quello schizofrenico

cortocircuito che è riuscito a trasformare un vecchio appunto di una procura

in una “prova schiacciante” contro una persona che al momento non risulta

neppure essere indagata. La seconda riguarda un concetto altrettanto

importante, che negli ultimi tempi Prandelli ha mostrato di avere

particolarmente a cuore. Perché va bene tutto, va bene impegnarsi in prima

persona anche per difendere l’onore dei ragazzi che si ritrovano colpiti dagli

schizzi di fango che arrivano dalle procure (e tenerli distinti dai “quaranta

sfigatelli” che scommettono). Ma è necessario, per il bene del calcio, anche

essere sinceri e dare il buon esempio, e non far finta di non capire che un

calciatore che si ritrova indagato perché invece di pensare a giocare pensava

a scommettere, o peggio a truccare le partite, non può essere un calciatore da

portare come esempio in un campionato europeo. “Per quanto riguarda i

giocatori – ha detto ieri il ct – continuiamo a dire che quelli che sono

coinvolti non partiranno per gli Europei”. E immaginando che con la parola

“coinvolti” Prandelli intendesse un calciatore che viene indagato per un reato

come quelli del calcioscommesse, e che per questo non può rappresentare

l’Italia in una competizione internazionale, allora verrebbe da dire: bravo

Prandelli. Perché garantisti sì, ma scemi no.

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Mistero Buffon

di MARCO TRAVAGLIO (il Fatto Quotidiano 02-06-2012)

Quando Paolo Rossi fu beccato nel primo calcioscommesse (quello del 1980) e si

prese 2 anni di squalifica per un paio di puntate da 20 milioni di lire, un

cronista gli domandò che cosa l’avesse spinto a rovinarsi per così poco, visto

che guadagnava 5 miliardi all’anno. E lui: “Ho un figlio da mantenere”. Da

allora ci si domanda chi scrive i testi ai calciatori.

Ma anche ai presidenti, che un tempo Giulio Onesti chiamava “ricchi scemi” e

non paiono cambiati granché. Andrea Agnelli ha fatto le scuole alte, è figlio

del dottor Umberto, è nato e cresciuto nell’unica real casa rimasta in Italia

dopo la caduta della monarchia, una famiglia nota per aver sempre professato

il massimo rispetto nelle regole della giustizia, anche quando le violava. Il

rampollo vince il primo scudetto della rinascita bianconera, dopo l’inferno

della serie B e il purgatorio della lenta ricostruzione. E, anziché gioire per

un trofeo conquistato finalmente sul campo, senza aiutini né moggismi, si

affretta a dire che è il numero 30, non il 28, rivendicando i due revocati

perché truccati da Calciopoli. Così getta lo scudetto meritato nel calderone

di quelli immeritati. Un genio. Già che c’è elogia come “grande manager” Moggi,

radiato dalla Federcalcio e condannato in tribunale per associazione per

delinquere e minacce, e in appello per violenza privata. Non contento, appena

emergono le accuse a Conte (ovviamente tutte da dimostrare), indagato per

associazione a delinquere per un episodio relativo alla sua esperienza al

Siena, si presenta al suo fianco e, anziché limitarsi a precisare che la Juve

non c’entra, nutre fiducia in Conte, ma attende il verdetto dei giudici, si

sporge in avanti anticipando la sentenza (“Conte è estraneo a tutto”) e

annunciando che qualunque cosa accada “Conte guiderà la Juve nella prossima

stagione”. Dichiarazione quantomeno azzardata, visto che l’indagine di Cremona

è serissima: tant’è che finora gli indagati han quasi tutti patteggiato

squalifiche con la giustizia sportiva. E Conte, se risultasse anche lui

colpevole, rischia una squalifica da 3 anni alla radiazione e dunque non

potrebbe allenare neanche una squadretta di Promozione. Agnelli non batte

ciglio nemmeno quando Conte si copre di ridicolo attaccando la Procura perché,

“prima di perquisirmi e indagarmi, avrebbe dovuto chiamarmi”. Ma certo, quando

un magistrato deve perquisire qualcuno, la prima cosa che fa è chiamarlo,

annunciargli l’arrivo degli agenti e prendere appuntamento se non è troppo

disturbo.

Anche Buffon fa un’uscita che pare un’entrata, giustificando i pareggi in

saldo di fine stagione (“due feriti sono meglio di un morto”) e sparando a

zero sui pm e i giornalisti per i “blitz annunciati” e le “fughe di notizie”

(verbali depositati e dunque non segreti). Due giorni dopo un rapporto della

Finanza rivela che Buffon ha scommesso 1 milione e mezzo in 10 mesi in una

tabaccheria di Parma, come già nel 2006 in piena Calciopoli. Se si provasse

che scommetteva su partite di calcio, avrebbe violato il codice sportivo e

verrebbe squalificato. Ma i suoi legali, anziché escludere subito questa

evenienza e spiegare su cos’altro scommetteva, vaneggiano di “privacy

violata”. E Agnelli, anziché far luce sulle scommesse del suo portiere nonché

capitano della Nazionale, strilla alla giustizia a orologeria: “Singolare che

l’infor mativa esca proprio ora”. E quando avrebbe dovuto uscire, di grazia?

Qui lo scandalo sono eventualmente le scommesse, non la notizia. Oltre a

parlare come un Berlusconi qualsiasi (infatti Giornale e Libero titolano:

“Vendetta dei pm su Buffon”), Agnelli non s’accorge che “a orologeria”

potrebbe essere l’uscita preventiva di Buffon. Sapendo di avere scommesso

cifre esorbitanti e sospettando di essere stato scoperto, il portiere potrebbe

aver giocato d’anticipo attaccando i pm per gabellare l’inda gine per una

ritorsione. Ma a questo punto si fa strada l’ipotesi più inquietante di tutte:

che Andrea Agnelli i testi se li scriva da solo.

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il Fatto Quotidiano 02-06-2012

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