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K A L C I O M A R C I O! - Lo Schifo Continua -

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L’ULTIMO INCUBO DEL CALCIO?

MELEG GIOCATORE-SCHIAVO

di ALEC CORDOLCINI (EXTRATIME 22-05-2012)

Talento purissimo. Così la stampa olandese il 1° aprile 2012 ha presentato il

17enne Dejan Meleg: lo attendeva l’Ajax per un provino. Meleg è legato al

procuratore Mihael Stankovic con un contratto con scadenza 2030: fino ai 35

anni, sarà rappresentato da lui. Tutto nero bianco, con regolare contratto

validato dal tribunale di Novi Sad: un caso di schiavitù nel calcio dei tempi

moderni. Stankovic ha convinto il papà di Meleg, trequartista-esterno sinistro,

e per la procura del minorenne Dejan ha pagato 3 mila euro, impegnandosi a

corrispondere «l’attrezzatura sportiva necessaria» al ragazzo (il primo

acquisto sono state sei paia di scarpe da calcio) più 200 euro annui. Il

contratto prevede invece che Meleg versi a Stankovic l’8% di tutti i suoi

profitti, sponsorizzazioni incluse, più bonus. Infine, Stankovic può

abbandonare la procura di Meleg pagando 1. 800 euro, mentre Meleg per lasciare

lui dovrebbe pagarne 200 mila. Il Vojvodina Novi Sad, club in cui ora gioca

Meleg, ha denunciato il contratto alla Fifa e lo ha messo fuori rosa. L’Ajax

si è dichiarato all’oscuro e ha offerto al Vojvodina 450 mila euro, il costo

dell’indennità di formazione. Per Dejan si prospetta una squalifica dalla

Federcalcio serba. Suo malgrado, è già famoso.

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Inviato (modificato)

A sangue freddo

Non chiamatelo tsunami; lo stillicidio di notizie che trapelano

sulla vicenda del calcioscommesse ricorda piuttosto un romanzo

thriller in cui si incrociano finanza, globalizzazione, dramma,

indifferenza, provincia, finzione, anti-eroi. Piccola inchiesta

sulla scena di un crimine che rischia di diventare un classico

italiano ma con un insolito, grande assente: l'indignazione

di DAVIDE COPPO (Studio | MAG-GIU 2012 | NUMERO 8)

La scena del crimine

Il campionario metaforico è ampio e per raccontare, analizzare e

interpretare quello che chiamiamo, per la seconda volta nell'arco di

trent'anni, "calcioscommesse", se ne può attingere a piene mani. L'ambito

più sfruttato è quello sismico: "terremoto calcioscommesse" è una

soluzione usata e forse abusata, ma facile, convincente e già impressa

nell'immaginario italiano, sia giornalistico che da bar. D'altronde uno

scandalo è di per sé sempre un sisma, scuote le certezze come instabili

grattacieli e abbatte le abitazioni reali o astratte che si credevano

indistruttibili. E però un terremoto si manifesta e si realizza in un

momento coincidente, come a dire: tutti se ne accorgono quando la terra

trema. Per questo la soluzione sismica non è del tutto convincente.

È stata utilizzata anche l'immagine più "mediaticamente moderna" di uno

tsunami, che in un villaggio vacanze, felice e spensierato come sotto

certi aspetti può apparire l'universo calcio, irrompe con la sua forza

sconsiderata e trascina con sé attori e scenografie fino a cambiare

totalmente e in maniera indelebile la paesaggistica. Questa scelta è stata

utilizzata meno, ma presenta gli stessi limiti del "terremoto": disastro e

coscienza del disastro coincidono.

Quello che è accaduto serialmente negli ultimi tre anni e che è venuto

alla luce soltanto negli scorsi mesi, invece, ha un che di strisciante,

silenzioso, calcolato e nascosto. Qualcosa che nelle catastrofi naturali

non è riscontrabile, ed è invece peculiare dell'azione umana. Ci troviamo

di fronte a un'indagine che ha preso vita da una singola partita

(AlbinoLeffe-Piacenza, 20/12/2010, segnalata dalla United Kingdom Gambling

Commission che aveva notato la "stranezza" di sei milioni e mezzo di euro

giocati quasi interamente sul pareggio) e ha dissotterrato, un po' per

coincidenza un po' per evidenza, un filo interminabile di altre partite,

altri crimini, altri indagati e presunti colpevoli. Ricorda piuttosto il

caso, reale o cinematografico, di un qualche serial killer la cui rete di

vittime viene alla luce soltanto a posteriori, in seguito alla scoperta

quasi fortuita del primo cadavere. C'è un'altra peculiarità, nello

scandalo scommesse, che rende quest'ultima metafora più adatta delle

precedenti: lo scenario del crimine. La provincia, anche se non intesa

come scenografia rurale. La provincia in questione è insieme urbana e

calcistica, lontana dalla globalizzazione delle metropoli e altrettanto

lontana dal gigantismo sportivo. Nelle complessive cinquecento pagine

prodotte dalle procure di Cremona e Bari si incrociano mondi umanamente

diversi ma con uno sfondo comune: Cremona, Piacenza, Mantova, Chiasso,

Grosseto, Lecce, Bergamo. E Bari, l'epicentro del terremoto, la principale

scena del crimine.

Del 1980 e delle Fiat 128 della celere parcheggiate sulla pista bagnata

di atletica dell'Olimpico rimangono sbiaditi fermo-immagine di un Tg1

trasportato su Youtube, la memoria delle manette a Paolo Rossi si è

sbiadita fino a eclissarsi, con una Coppa del Mondo insperata e ancora

leggendaria, un pallone d'oro forse troppo generoso e un posto fisso di

sorridente opinionista calcistico. Il Milan e i suoi tifosi hanno

cancellato Farina e la Serie B con Silvio Berlusconi e Sacchi, Capello,

Ancelotti. Di quel trauma non è rimasto quasi più nulla, se non dell'utile

giurisprudenza. La scena del crimine è stata pulita, e tutto è tornato

alla normalità, come e più di prima. Poi, a distanza di trentuno anni in

un'estate politicamente ed economicamente caldissima, sulle pagine prima

sportive e poi cronachistiche dei quotidiani è ricomparso il misfatto,

solo aggiornato globalmente come si conviene a questo mondo contemporaneo,

così diverso da quello ancora, sotto certi aspetti, post-bellico di fine

anni '70. L'Italia assisteva non attonita ma poco interessata, dunque,

alle rivelazioni della procura di Cremona e del giudice Guido Salvini che

gli inviati distillavano, giorno per giorno, sui giornali e sul web,

stralci asettici di un romanzo globale al contrario pieno di thrill, spy,

colpi di scena. All'inizio, anzi, la prima reazione del tifoso, ma non

soltanto, consistette in un certo sentimento di incredulità che risiede,

in buona parte, nello sgomento, non l'incredulità dello shock. Spiega

Giuliano Foschini, inviato di Repubblica Bari, che ha seguito dall'inizio

la vicenda, sia a Cremona che nel capoluogo pugliese: «L'idea generale era

quella della solita notizia esagerata dai giornali e dai giornalisti, che

si sgonfia in due, tre giorni al massimo. Soprattutto a Bari, una città

che dimentica molto facilmente. È la città degli americani che dovevano

comprare la squadra, investire sul fotovoltaico. Tom Barton, si chiamava,

l'imprenditore texano. È sparito nel nulla».

Gli "zingari" la paprika

Singapore

Lo sfondo del grande complotto non è soltanto italiano, ma mondiale.

L'organizzazione che gestiva le scommesse, e di conseguenza le partite, ha

una struttura perfettamente piramidale: il suo head office a Singapore, il

suo Ceo nella figura di Eng Tan Seet (chiamato per comodità Dan),

misterioso asiatico di cui rimane soltanto qualche sfocato fermo immagine

della telecamera di qualche aeroporto, gli amministratori delocalizzati in

giro per l'Europa in un gruppo di personaggi serbi, slovacchi, sloveni,

chiamati comodamente ma erroneamente "zingari". I vassalli, le pedine, i

soldati semplici in prima linea sono, nel nostro caso, tutti italiani:

Sartor, Doni, Carobbio, Santoni, Gervasoni."

Lo stesso gergo utilizzato dalla procura cremonese negli atti d'inchiesta

è, talvolta, molto lontano da quell'idea che ne ha chi dalle procure sta

generalmente fuori, e distante anche da quello generalmente calcistico o

sportivo (e giudiziario/sportivo), per sposare invece un vocabolario

internazionale o finanziario, più proprio di un'inchiesta su un Bernard

Madoff che su un terzino destro. Si legge, in uno dei primissimi passaggi:

«L'alterazione dei risultati delle partite ottenuta operando a diversi

livelli in vari paesi, trasforma il sistema delle competizioni sportive in

un meccanismo che unisce corruzione ad una sorta di insider trading».

E infatti l'immaginario narrativo di questo eccidio sportivo, sotterraneo

e sommessamente spietato, è quello tipico della spy story, anche sotto il

profilo linguistico. Non potevano mancare le parole in codice, facenti

parte di quel mondo così stereotipato proprio del "calciatore

contemporaneo". Così i calciatori corrotti diventano "le macchine", ma

anche "le ragazze" o "le ragazzine", mentre un tocco di esotismo viene

aggiunto dalla "paprika", che indica i contanti (con l'involontaria

comicità di intercettazioni come «è saltato tutto, dobbiamo restituire

tutta la paprika»). Lontana anni luce dall'eterno "problema ultras", la

delittuosità del pallone si è evoluta e informatizzata. Gli "zingari" e i

calciatori si chiamano su Skype, Sartor vola a Singapore, Eng Tan Seet

atterra a Malpensa, rimane tre ore in un albergo in compagnia di due

giocatori, riparte immediatamente per l'Asia. I server di scommesse cinesi

e thailandesi si rimbalzano le quote gonfiate di partite dell'Albinoleffe

o della Cremonese, in un fusion cuisine che mescola Oltrepò e Mekong e che

ha dell'esilarante se non fosse sintomo di un panorama così tristemente

desolato: calciatori che non hanno mai assaggiato nemmeno la Svizzera sono

ora al servizio di figuri di un mondo lontano e sconosciuto, piovre che

manovrano campionati in Finlandia, Ungheria, Sud America, Asia.

I colpi di scena

Il mantra più diffuso vuole che l'Italia sia calcisticamente provinciale:

vero. Ma la provincialità è attributo che tocca il mondo del calcio in

generale, non solo nostrano. Il calcio stesso è un paese nel Paese, il

primo però con l'iniziale minuscola. Un piccolo mondo che continua a

essere - per fortuna sotto alcuni aspetti, purtroppo per altri - antico,

in un suo peculiare spazio e tempo (non soltanto domenicale) che nulla ha

a che spartire con le prime pagine economiche, politiche, governative.

Dopo la scoperta dell'efferato crimine, come in una Holcomb (la cittadina

del Kansas teatro e sfondo di A Sangue Freddo) pallonara, eseguita

l'autopsia sui cadaveri delle partite - dissezionate, minuto per minuto,

con moviole chirurgiche spesso ancora disponibili su Youtube - interrogati

i presunti colpevoli, cosa rimane? In questa Italia così manettara e

sempre passionale, pazza e gelosa nei confronti del proprio giocattolo, la

reazione è stata delle più inaspettate. Non l'indignazione che riempie le

piazze, e nemmeno la più classica caccia alle streghe. Piuttosto un

silenzio sgomento, questa sì incredulità che nasce nel territorio

dell'assurdo, del grottesco, del surreale.

I coup de théàtre, tragici fino all'inverosimile, sono principalmente due,

messi a segno immancabilmente dai due attori protagonisti, gli anti-eroi

di questa triste storia. Cristiano Doni e Andrea Masiello. Del primo, che

fino all'ultimo ha inseguito la teatralità, pare anche tentando una goffa

e infelice fuga dall'arresto (ma c'è chi smentisce questa ricostruzione),

si ricordi la prestazione del 19 marzo 2011, la doppietta su rigore in

un'apparentemente innocente Atalanta-Piacenza finita 3 a 0. Quella che è

diventata famosa per essere "la partita venduta due volte", prima agli

zingari, poi all'organizzazione del calciatore Rickler e dei fratelli

Cossato, la partita della famosa "stretta di mano" tra il bergamasco e

Gervasoni, vede Doni esultare, la prima volta, mostrando una maglietta con

dedica al padre (19 marzo, festa del papà), la seconda battendo il palmo

della mano sul mento, nel suo tradizionale modo di mimare la posizione,

allegoria dell'onore e dell'onestà, "a testa alta". Le immagini e la

finzione perfetta, da manuale, ricordano la freddezza spietata di un

killer, privo di umanità e sentimenti. Pietro Serina, giornalista dell'Eco

di Bergamo e intimo dell'ex capitano dell'Atalanta, lo stesso presente

nelle intercettazioni con Doni, parla di atteggiamento patologico. «Non ci

fu solo l'esultanza: dopo la partita si presentò in conferenza stampa,

dicendo di voler dedicare quella doppietta a suo padre, che stava vivendo

un momento non felice. Ma se li era comprati. È un folle, un malato».

Masiello il vizio della giocata, a differenza di Doni, non l'ha mai avuto,

o almeno così sembra. Il "Thuram italiano", titolo di cui venne investito

da Capello, venticinquenne in ascesa e perenne odore di nazionale, ex

capitano e colonna dei galletti di Giampiero Ventura che registrarono il

record di punti nel campionato come lo conosciamo oggi, è personaggio

difficile da decifrare con gli strumenti. La lucida crudeltà con cui si

lancia sul pallone buttato in area da Jeda, lo appoggia in rete e si

dispera, sordo alle urla di Gillet, uno che qualcosa ci aveva capito, che

lo addita, che si sbraccia. Una recita così perfetta che era sembrata

realtà, prima delle grottesche e spietate parole della confessione: il

tradimento per «cristallizzare definitivamente l'esito di sconfitta per il

Bari». Più a sangue freddo di così.

Bergamo,

cancellare e ripartire

A Bergamo e provincia, spiega ancora Serina, non si va allo stadio. Si va

all'Atalanta. Il gergo è dialettale, ma sincero: l'identità municipale è

tutt'uno con quella sportiva. Se la tendenza, nelle piazze più periferiche

del panorama calcistico, è di prestare il proprio cuore - magari non tutto,

soltanto un pezzetto - alle schiacciasassi da podio di classifica per

godersi spizzichi di trionfo e assaggi d'Europa, Bergamo si sente,

orgogliosamente, capitale calcistica pur sull'altalena tra Serie A e

cadetti. Una passione che trascende le classi, legata a doppio filo

all'essere cittadini. Anche questo ha amplificato la lacerazione del

tradimento. Ma come in un film di Gondry il cui titolo italiano è bene non

ripetere, Bergamo ha cancellato Cristiano Doni. Doni che non ha lasciato

l'Atalanta, ma l'ha tradita. «Ci ha preso tutti per il ċulo» dice Serina,

«io ero un suo strumento, l'Atalanta era un suo strumento, Bergamo era un

suo strumento». Sia l'Eco che la società, la tifoseria, la città, hanno

difeso il loro capitano fino all'ultimo. «L'interesse dell'Atalanta è

l'interesse di Bergamo. Ma c'è una soglia chiamata verità». Il

centrocampista, primo realizzatore nella storia della Dea, continua a

vivere a Torre Boldone, sobborgo bergamasco, come un ectoplasma, il

fantasma dell'uomo, e del mito, che fu . Non ha cambiato abitudini, non ha

cambiato nemmeno la scuola della figlia, che frequenta la quinta

elementare. È stato cancellato, eliminato, e se il contributo statistico

alla maglia nerazzurra non si può lavare, la sua memoria è dannata. I

bergamaschi, spiega il giornalista, non hanno nemmeno per un attimo

abbandonato il calcio. Hanno piuttosto voltato pagina, e l'Azzurri

D'Italia anziché svuotarsi si è riempito: negli ultimi dieci anni, in

Serie A, la stagione in corso è quella che sta registrando la media

spettatori più alta, 15.518. Il merito non è soltanto dell'entusiasmo

generato da gare contro Juventus, Milan e Inter: quelle ci sono sempre

state. La costanza è l'indice di vero attaccamento, e la cifra non è mai

scesa sotto gli undicimila. Non accadeva da nove anni. Nemmeno l'arrivo e

la turbolenza portata da Masiello, che per un caso del destino mai troppo

cieco è finito da Bari proprio qui, ha scalfito il rapporto tra la città e

il calcio. Una reazione, nella sua studiata tenacia, così razionale da

apparire completamente innaturale. L'unico commiato, uno striscione

sbrigativo ed eloquente: "Cristiano ƒottiti".

Bari,

«Hanno tradito tutti»

Per Bari la questione è diversa. Un altro mondo, un altro popolo, quasi

antipodico, non soltanto geograficamente. Bari è la città meridionale più

atipica, smarcata dal luogo comune, così come Bergamo sa non essere fredda,

cinica, incapace di passione. Negli anni '80 era "la Milano del sud",

protagonista e beneficiaria di quel piccolo boom socialista rivelatosi poi

bolla. Anche sul versante sportivo Bari respirava l'illusione del

benessere e ossigeno di internazionalità, e della riapertura delle

frontiere arrivarono gli inglesi Rideout e Cowans prima, il fenomeno Joao

Paulo poi. L'entusiasmo entrò poi nelle vie strette della città vecchia e

nei petali del colosso San Nicola, con il trionfo in Mitropa Cup, unico

trofeo in centroquattro primavere. Nicola Lagioia, scrittore, quegli anni

li ha visti, vissuti, descritti (Riportando tutto a casa, Einaudi). «Si

assistette a un cambiamento di paradigma. Bari diventò una città craxiana,

con la nascita di una nuova borghesia. Ma era ancora divisa in due: c'era

il mondo dei commercianti, avvocati, piccoli e grandi palazzinari, e i

quartieri dormitorio come Japigia. Ovviamente, poi, c'era la città vecchia,

negli anni '80 una sorta di città proibita. Ma era ancora una Bari

moderna e non postmoderna, con confini ben definiti. Poi, scivolando verso

gli anni '90, è iniziato un processo di normalizzazione, livellamento che

si è trasformato in mimetizzazione. Città legale e città illegale sono

diventate sempre più difficili da distinguere ». In questa esplosione

borghese, il calcio è rimasto indietro. Arrivarono i Matarrese a prendersi

la società (Vincenzo, il maggiore di Antonio, proprio nel 1989 venne

nominato Grande Ufficiale dell'Ordine al merito della Repubblica, su

proposta della presidenza del Consiglio dei Ministri, in quel momento

presieduta da Ciriaco De Mita, con vicepresidente il socialista Gianni De

Michelis), padroni di Bari come gli Agnelli a Torino, mai amati dalla

città e ancor meno dalla tifoseria: il Bari vinceva "nonostante Matarrese"

e perdeva "per colpa di Matarrese". «Più che scioccare la città, questi

fatti l'hanno preoccupata. È una reazione borghese, l'avevamo già vissuta

con il caso D'Acidario o Tarantini » dice Lagioia. «Bari è diversa da

Napoli o da Palermo, le altre grandi città del sud. È più fredda e

razionale, ha perduto la vera plebe che è il motore capace delle passioni

più forti». Aggiunge Giuliano Foschini: «I Baresi, più che indifferenti,

sono sconsolati. Questa città è stata sempre travolta dagli scandali: non

si può rompere anche l'ultimo giocattolo buono. A livello psicologico è

davvero complicato pensare che perfino il calcio possa essere stato

toccato. Dopo l'indifferenza iniziale c'è stata una trasformazione forte e

immediata, arrivata con l'arresto di Masiello. In quel momento i tifosi

sono stati toccati nell'intimo. E il meccanismo psicologico che si è

attivato è stato quello della rimozione». Tra i petali del colosso San

Nicola le tribune rimangono vuote, con i maxischermi rotti e le muffe

dell'umidità di un gigante di cemento in mezzo al deserto. Hanno tradito

tutti, scriveva sul Foglio Beppe Di Corrado, avvocati, notai,

professionisti, calciatori e tifosi, nella città che «ha fatto

dell'egoismo la propria cifra». Una sconfitta collettiva che è stata però

rimossa, quasi immediatamente. E in città si parla già di "quando

ripartiremo dalla Serie C".

L'effetto collaterale dell'eliminazione e dell'oblio della ferita,

sostiene Lagioia, arriverà con un certo ritardo. Si chiama

romanticizzazione, indossa gli abiti della nostalgia di ciò che è stato e

sa distruggere senza boati né clamore gli anticorpi del presente. «È

questa la garanzia che fatti simili siano ciclici, e si ripetano sempre

nella storia, gattopardescamente. È successo nel 1980, nel 2006, e

succederà anche domani». E adesso? Dice Foschini, eloquente e un po'

teatrale: «Verrà distrutta la Serie A, in maniera pesante. Poi non

succederà più niente. E gli incazzati saranno incazzati».

Modificato da Ghost Dog

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SPY CALCIO di FULVIO BIANCHI (Repubblica.it 22-05-2012)

La "piaga" delle scommesse

processo anche ad agosto

I membri della commissione disciplinare (primo grado della giustizia sportiva)

sono stati già messi in preallarme: questa estate niente vacanze, almeno sino

al 10 agosto. Sì, perché i processi del calcioscomesse rischiano di non

concludersi in luglio, tanti saranno i deferiti (per ora 22 club) nella

prossima ondata, ma di protrarsi anche nei primi giorni di agosto. Con un

problema serio per la Figc che a fine luglio deve dare all'Uefa l'elenco delle

squadre iscritte alle Coppe. E se qualcuna è coinvolta nei processi? Che farà

Giancarlo Abete? Uno scandalo di dimensioni enormi che tocca serie A, B e Lega

Pro. Non ci sono solo calciatori infedeli o avidi ma anche troppi che sapevano,

sono stati zitti e si sono voltati da un'altra parte. "Una piaga che colpisce

tutto lo sport, non solo il calcio, ma io ho fiducia nella Figc e nel lavoro

di Palazzi e della procura": anche Gianni Petrucci, presidente del Coni, sa

che sarà una lunga estate di processi. Fatta salva la presunzione di innocenza,

visto che sinora non è stato condannato ancora nessuno, è comunque evidente

come quello che viene fuori dalle procure di Cremona, Bari e Napoli sia

qualcosa di inquietante, che scuote alle fondamenta il mondo del calcio. E per

fortuna che c'è la magistratura ordinaria che ha scoperchiato questo immenso

pentolone: senza intercettazioni (a volte casuali, perché riferite ad altre

indagini) mai avremmo saputo nulla. Il sistema è talmente omertoso, e

inquinato dalla malavita, che il silenzio dominava. Ma veniamo alla situazione

sportiva. Ci saranno, come noto, due processi. Il primo avrà inizio il 31

maggio all'ex Ostello dalla gioventù al Foro Italiaco. In aula anche il 1°

giugno, poi stop e possibile ripresa il 4 giugno (se servirà). Ma è probabile

che serva visto che ci saranno stuoli di avvocati agguerritissimi pronti ad

una valanga di eccezioni. Sentenza quindi verso fine giugno, dopo playoff e

playout di B e Lega Pro: con soddisfazione di Andrea Abodi e Mario Macalli.

Stefano Palazzi picchierà duro, risparmiando solo i "pentiti". Possibili

penalizzazioni da scontare la prossima stagione, senza andare così ad

intaccare quella che si sta per chiudere. Anche perché i "reati" non

riguardano questo campionato ma i precedenti e gli eventuali terzi interessati

avrebbero le armi spuntate (avrebbero. . . ). Seconda inchiesta: Palazzi,

impegnando nel sostenere l'accusa al (primo) processo con il vice Mensitieri,

la lascerà ad una squadra guidata da Piccolomini, Squicquero e Ricciardi,

investigatori di lunga data che facevano parte già dell'Ufficio Indagini del

generale Italo Pappa. In procura sono arrivate le carte (le prime) da Bari.

Presto ne potrebbero arrivare altre da Cremona, dove in settimana sarebbero

attesi nuovi fuochi artificiali. Più indietro Napoli, è possibile che

l'inchiesta non venga chiusa entro l'estate: in questo caso Palazzi non

potrebbe utilizzare i verbali di Gianello , l'ex portiere del Napoli. Qualche

tesserato o qualche club potrebbe farla franca sino all'autunno. Ma la procura

Figc, lo ricordiamo, non ha alternative: deve andare (sempre) a rimorchio

della magistratura ordinaria e questo causa, purtroppo, a volte ingiustizie

con chi viene condannato prima e con chi magari viene condannato dopo (o la

scampa). Nel secondo filone potrebbero entrare molti club di A e anche

tesserati eccellenti: ad esempio, il pool della procura dovrà sentire ancora

Carobbio e molti altri calciatori, dopo le accuse che l'ex calciatore del

Siena aveva rivolto nei confronti del suo club e del suo ex allenatore Conte.

Parole tutte da verificare: ripeto, la presunzione di innocenza vale per

tutti. Sino a sentenze definitive. Una mole di lavoro impressionante per la

procura. Presto dovrebbe essere stilata una prima lista di nuovi interrogatori

(sinora sono state già sentite 111 persone...). I deferimenti forse a fine

giugno, ma è più probabile che slittino a luglio, appena finiti gli Europei. E

maxiprocesso, come detto, che si trascinerebbe sino ad agosto.

Olimpico più sicuro. "Derby di sera e bambini in tribuna"

Archiviata in maniera positiva la temutissima finale di Coppa Italia (vedi Spy

Calcio del 21 maggio), ecco che la questura di Roma, con il suo numero 1,

Francesco Tagliente, ha fatto un bilancio della "gestione" dell'Olimpico dal

2007 alla stagione appena chiusa. Bilancio positivo, e un merito va dato anche

ai tifosi di Roma e Lazio, non solo ad un'organizzazione che adesso è molto

più attenta rispetto a prima. I dati: spettatori di Roma e Lazio in (piccola)

crescita, forze di polizia ridotte del 14 per cento (e impiegate sul

territorio), ridotti i feriti fra poliziotti e tifosi, meno denunciati e

arrestati (solo 10) e zero lacrimogeni impiegati. Di sicuro, rispetto al

passato, agli anni neri, è stati fatto un passo avanti importante. Tagliente

ha ringraziato tutti per il "gioco di squadra", non dimenticando "tifosi e

ultrà che sono una grande risorsa del calcio". E ricordato come "siamo

riusciti a giocare il derby di sera, riportando anche i bambini sugli spalti".

Restano, è ovvio, problemi da risolvere e, soprattutto, la necessità di non

abbassare mai la guardia. Ora la parola tocca al Viminale: finito il

campionato di A, sarà necessario fare in fretta il punto sulla questione della

tessera del tifoso (o, se preferite, fidelity card). I sostenitori dei club

hanno diritto di sapere, e per tempo, cosa succederà il prossimo anno. Come

fare per abbonarsi, per andare in trasferta?

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Conte diffamato e mai interrogato, la fiducia della Juve, il fattore Capello

Xavier Jacobelli - calciomercato.com 22-05-2012

La Juventus campione d'Italia lavora al rafforzamento della squadra in vista della prossima stagione. La tournée nordamericana, che prevede fra gli altri, i test con il Paris St.Germain e il Real Madrid, è soltanto un segnale dei progetti ambiziosi del club. Che, come calciomercato.com ha riferito, ha già pronto il rinnovo del contratto sino al 2015, in cambio di 3 milioni di euro netti a stagione.

A frenare la strategia bianconera è l'inchiesta sulle scommesse, che non riguarda per nulla il club di Agnelli, ma ne condiziona l'operatività a causa delle pesanti accuse lanciate dal pentito Stefano Carobbio a Conte, in qualità di allenatore del Siena nella stagione 2010-2011. Prima considerazione: a parte il fatt9o che Carobbio è stato smentito da diversi ex compagni di squadra, il verbale del medesimo è datato 29 febbraio e oggi è il 22 maggio.

Sono trascorsi 83 giorni, l'allenatore della Juve deve essere considerato un cittadino oggettivamente diffamato, eppure non è stato mai chiamato da Palazzi o dai suoi collaboratori perchè raccontasse la sua versione e ribattesse punto su punto alle parole dell'ex giocatore. Perchè? E' giusto questo? E' giusto che Conte, proprio nei giorni del trionfo tricolore, sia stato investito da gratuiti schizzi di fango propalati in quantità industriale? No che non è giusto. E, fermo restando il massimo rispetto per la metodologia lavorativa della procura federale, si può sapere, di grazia, quando Conte verrà ascoltato?

Seconda considerazione: Conte è un galantuomo e un grande uomo di sport. Uscirà a testa alta da questa vicenda. La Juve lo sta difendendo a spada tratta, com'è giusto che sia. Ma il limbo in cui il tecnico viene sospeso dalla lentezza della giustizia sportiva, nuoce evidentemente a Conte e nuoce ai neocampioni d'Italia. Si dirà: è una questione di forma e non di sostanza, stante la reiterata fiducia della società nell'uomo che le ha appena dato lo scudetto. Ma, a volte, la forma è anche sostanza. Conte, la Juve, i tifosi della Juve hanno il diritto di pretendere che questa vicenda si chiuda in tempi rapidi.

Terza considerazione: stamane su Qs Quotidiano Sportivo, il sempre bene informato collega Giulio Mola ha scritto che, a titolo precauzionale, la Juve ha bloccato Fabio Capello. L'indiscrezione è attendibile, la mossa è comprensibile e dettata dall'esigenza alla quale ogni società deve necessariamente sottostare ovvero, prefigurare i possibili scenari futuri, nella buona come nella cattiva sorte. Se - e il se è grande come i dubbi sull'attendibilità di un pentito che, pur di sfangarla, potrebbe dire di tutto - la Juve si ritrovasse nella malaugurata condizione di sostituire Conte, l'alternativa Capello sarebbe più che plausibile. Sia per il valore assoluto del signore di Pieris sia per i suoi eccellenti trascorsi bianconeri sia per gli strettissimi rapporti intrattenuti con Andrea Agnelli ("Con il quale mio padre si sentiva spesso quand'era a Londra", ha confidato Pierfilippo Capello, erede di Fabio, brillante avvocato e manager dello stesso genitore).

Questa è la situazione ad oggi, 22 maggio 2012. Ottantatrè giorni dopo la verbalizzazione delle accuse di Carobbio. Alle quali, Conte non ha ancora potuto rispondere. E non per colpa sua.

800px-Mexican_Wolf_065.jpg

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Juventus defiant in match-fix controversy

By Alex Thomas and Paul Gittings, CNN

May 22, 2012 -- Updated 1714 GMT (0114 HKT)

(CNN) -- When Juventus' long wait for a Serie A crown ended this month, it focused attention on the corruption scandals which have blighted Italian football in recent years.

The Turin giants were stripped of the titles won in 2005 and 2006 and

relegated to Serie B because of their involvement, along with several other top clubs, in match fixing.

The "Calciopoli" affair saw former Juventus managing director Luciano Moggi banned for life by the Italian football authorities, and he is still facing criminal proceedings for sporting fraud.

But while those successes were expunged from the record books, Juventus president Andrea Agnelli has told CNN that they still count for everyone involved with the club -- making it 30 Scudettos overall, not 28.

After clinching the title two weeks ago with victory over Atlanta, a sign displaying the number 30 appeared at the entrance to Juve's new stadium, which has been used for the first time this season.

"It's a very tough matter, I would say. One of the privileges of managing Juventus is managing people's dreams and emotions -- in our emotions and our feelings we have 30.""Well for the official records it's the 28th, for every single Juventina (Juventus fan) in the world it's the 30th," said the 36-year-old Agnelli, the fourth member of the famous family which owns car manufacturer FIAT to take the helm at Juventus.

Three stars controversy

Reports in Italy also claim that Juventus players will have three stars embroidered inside their official club badges on shirts to be worn next season.

The tradition of depicting a star for every 10 championships won was started by Agnelli's father Umberto, a legendary former Juventus president.

The move could put the club at odds with the Italian football federation (FIGC) at a time when another potential match-fixing scandal has been made public.

The FIGC said in a statement last month that nine former Bari players were under investigation for the "alleged fixing of nine matches in last season's Serie A championship."

Former Bari defender Andrea Masiello -- now playing for Atalanta -- was arrested as part of the probe which also implicated eight of his former teammates.

In August 2011, former

Atalanta captain and Italian international midfielder Cristiano Doni was banned for three and a half years for his part in the "Calcioscommesse" match-fixing and betting scandal involving Serie B matches.

It left Atalanta, who were promoted from Serie B, with a six point penalty at the start of this year's Serie A season.

Three stars on their shirts or otherwise, Agnelli, who took over the helm two years ago, is on a mission to restore his club's reputation as a major force. Statistically the most successful team in Italian football history, Juve also won the European title in 1985 and 1996.

Champions League hopes

Well for the official records it's the 28th, for every single Juventina in the world it's the 30th

Andrea Agnelli

Not content with going unbeaten through the Serie A season under coach Antonio Conte, Agnelli believes the Bianconeri can win the Champions League in their first appearance in the competition since the 2009-10 season.

"It's never too early," he said. "Juventus takes part in every single competition with ambitions of winning it."

The only blot on this season's copybook came in the final match, as an unbeaten 43-game run ended in the Coppa Italia final on Sunday.

A 2-0 defeat to Napoli meant disappointment for Juventus legend Alessandro Del Piero in the final match of his 19-year career with the club.

It was a bitter pill to swallow, but Agnelli is philosophical about the defeat.

"If they would have asked me in September, 'At the end of the year you win the Scudetto but lose the Coppa Italia final,' I would have signed a hundred times no question about it, so we're extremely proud of what we've done," he said.

"I think it's been an extraordinary result, let's say we've just missed a little topping on the cake and we might leave that for next year."

What I've tried to do is to revive the pride of being at Juventus. We're all extremely proud that we've achieved that in only two years

Andrea Agnelli

Agnelli appointed former Juve player Conte after sacking Luigi Delneri as coach in May 2011 and it proved a master stroke.

But Agnelli -- a graduate of Britain's prestigious Oxford University -- has had to overhaul the team and the club's commercial operations in order to compete with leading Europe rivals.

"There's been a lot of changes," Agnelli admitted.

"What I've tried to do is to revive the pride of being at Juventus. We're all extremely proud that we've achieved that in only two years."

Star quality

Working with Conte, Agnelli has placed the emphasis on youth and players who are on the upward curve in their careers.

"We might not be full of stars but we're full of "wannabe" stars.

He cites Chile midfielder Arturo Vidal as an example: "He is going to become a star -- he's 24, he's got over 40 caps for his national team, he can be a star."

But Agnelli also credited his more senior players such as goalkeeper Gianluigi Buffon, who stayed with the club despite the relegation, and has special praise for retiring fans' favorite Del Piero.

"I think Alessandro, as I've said many times, will always represent Juventus," he said.

"He's been our captain for 10 years and what a finale -- lifting the trophy, that's an amazing story. I think we always have to be grateful to him."

con i video

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Quanto costa la stupidità delle curve italiane

Dai cori razzisti ai fischi a Mameli

il becerume ha il suo prezzo. Ridotto

Multe lievi ai club per responsabilità oggettiva e gli ultrà restano impuniti

di GUGLIELMO BUCCHERI (LA STAMPA 23-05-2012)

Ora che l’inno di Mameli è stato fischiato e chi l’ha fischiato è stato punito

con 20 mila euro di multa, il senso di impunità delle curve più becere

d’Italia si legge con evidente chiarezza. La vergogna del popolo di fede

napoletana che occupava la curva Nord dell’Olimpico nella notte della finale

di Coppa Italia Juve-Napoli non fa altro che arricchire il già variegato mondo

delle sanzioni del giudice sportivo, senza causare effetti se non quelli già

vissuti in passato: gli ultras, o meglio i teppisti, macchiano con cori o

striscioni le partite, le società pagano un conto di cui farebbero volentieri

a meno, ma la responsabilità oggettiva che le punisce non si traduce (e non

potrebbe) in un danno economico insostenibile e, quindi, la giostra riprende.

«Becerume», ha chiamato la vergogna di domenica il presidente del Coni,

Gianni Petrucci. Quello stesso becerume che, in forme più o meno sfumate,

occupa i gradoni della quasi totalità degli stadi italiani. La lista delle

idiozie è lunga, lunghissima, quella delle sanzioni anche e se le cifre non

sono da capogiro, non è certo per colpa del giudice sportivo perché la toga

del pallone, in questi casi, non ha altri strumenti se non quelli di applicare

codici e precedenti consolidati nel tempo. Tre sono i tipi di discriminazioni

che prendono, spesso, in ostaggiolo stadio: c’è quella territoriale che si

traduce in scritte o striscioni offensivi nei confronti di città e loro

popolazioni, c’è quella razziale che prende di mira un giocatore per il colore

della pelle e c’è anche quella etnica, quando la follia ultras si scaglia nei

confronti, ad esempio, di un calciatore che ha origini nei Paesi balcanici.

Per la discriminazione territoriale, è di 10 mila euro la pena in denaro,

qualcosa in più se la tifoseria è recidiva o se gli striscioni sono più di uno;

per quella razziale si può arrivare fino a 30 mila euro di ammenda per il

club, poi il giudice chiude la curva o il settore dello stadio incriminato ed,

infine, per la discriminazione etnica il caso, ad esempio, del serbo Ljajic

dopo la zuffa con Delio Rossi e i cori offensivi degli stessi tifosi viola

immediatamente sulle barricate in difesa del loro tecnico - la multa è di 15

mila euro.

Il corto circuito evidente va avanti da decenni e lascia i folli al loro

posto (nella stagione appena conclusa mai un settore è stato sbarrato) e le

società con il conto da pagare in mano, meno salato ogniqualvolta il club ha

messo in campo, secondo protocollo, tutto ciò che sarebbe servito per arginare

il fenomeno o farlo finire. Nell’arcobaleno dalle scene o dei gesti da

cancellare c’è anche il punto di partenza: 5 mila euro è di solito la sanzione

da accollarsi per chi getta in campo petardi o bengala. Poi, se la mira

dell’attentatore è da cecchino, un accendino che centra il quarto uomo può

costare diecimila euro, uno sputo sempre diecimila. E il sempre usato laser

verde negli occhi dell’avversario? Settemila euro di danno per la società, è

la prassi.

«È il momento di una riflessione per capire se abbia ancora un senso o meno

investire ne calcio, visto che un gruppo di tifosi violenti, di fessi,

distrugge lo sport più bello del mondo», il pensiero del patron della

Fiorentina, Diego Della Valle.

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Calcioscommesse, Semeraro jr indagato. E il Lecce ora trema

Giuseppe Calvi - Maurizio Galdi - Gasport -23-05-2012

Ormai manca davvero pochissimo alla chiusura del primo filone di indagini della Procura di Bari. Il Procuratore capo Antonio Laudati ha cominciato a dare alla Procura federale le prime risultanze dell’inchiesta e risulta che anche Pierandrea Semeraro sarebbe stato iscritto nel registro degli indagati, per il reato di frode sportiva, nell’inchiesta per la presunta combine nel derby Bari-Lecce del 22 maggio 2011, che fu vinto dalla squadra salentina per 2-0 e garantì la salvezza ai giallorossi di De Canio.

Le indagini I carabinieri hanno completato gli accertamenti sui conti bancari dell’ex presidente del Lecce disposti dalla Procura, acquisendo elementi utili per l’indagine, che tende a riscontrare eventuali intrecci tra gli assegni emessi da Semeraro, nel periodo immediatamente vicino al 22 agosto, e il versamento di contanti per la prima tranche di 50 mila euro consegnata proprio in quella data ad Andrea Masiello e ai suoi complici. Anche attraverso la tracciabilità dei conti bancari di Pierandrea Semeraro, la Procura di Bari ha cercato di risalire a un presunto coinvolgimento diretto dell’ex presidente con l’imprenditore Carlo Quarta (già indagato) e con l’avvocato Andrea Starace — entrambi non sono stati interrogati dai magistrati baresi —, riconosciuti da Masiello come i due personaggi da lui incontrati all’hotel Tiziano nel pomeriggio del 22 agosto per lo scambio assegno-contanti. Entrambi secondo gli inquirenti, però, non avrebbero avuto la disponibilità economica totale di 230 mila euro. Sull’Ansa, però si legge anche che «Dall’entourage dell’ex presidente salentino, invece, trapela ottimismo per l’esito degli accertamenti perché – viene fatto osservare – in nessuna occasione è stato mai versato danaro per truccare il derby».

Gli spostamenti Il verbale principale per l’accusa è quello dell’interrogatorio di Andrea Masiello condotto dai magistrati Antonio Laudati e Ciro Angelillis (confermato da quello di Carella e Giacobbe, ma la posizione di quest’ultimo è più defilata rispetto alla presunta combine nel derby), ancora secretato e che potrebbe aver fornito ulteriori spunti di indagine. Per questo oltre agli accertamenti bancari, gli investigatori hanno lavorato anche sugli spostamenti dell’allora presidente del Lecce per verificare dove, al momento dell’incontro all’hotel Tiziano, fosse Pierandrea Semeraro.

Il rischio Se fosse accertato un collegamento tra Semeraro e il suo amico Quarta nella combine organizzata per determinare il successo del Lecce al San Nicola, scatterebbe ovviamente la responsabilità diretta per il club salentino. E, in tal caso, alla retrocessione in serie B maturata sul campo, ne seguirebbe un’altra in Prima divisione.

Decisione del Gip Intanto questa mattina il gip di Bari Ambrogio Marrone dovrebbe decidere (accogliendole) sulle richieste di patteggiamento che nei giorni scorsi hanno presentato Masiello, Carella e Giacobbe. Per tutti anche la Procura della Repubblica ha espresso parere favorevole sia al patteggiamento che alla remissione in libertà. Andrea Masiello ha proposto una pena di ventidue mesi, diciassette la proposta di Gianni Carella e Fabio Giacobbe.

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Petrucci. "Le combine vera piaga"

Gasport -23 - 05 -2012

"L'estate sarà piena di processi e legittime difese. Questa è una piaga pessima e negativa che non colpisce solo il calcio, ma tutto lo sport". Il presidente del Coni Gianni Petrucci, a margine dela Consiglio nazionale, torna così a commentare lo scandalo del Calcioscommesse. "Ripeto la mia serenità perché c'è un'organizzazione seria già all'opera - ha aggiunto Petrucci -, Fa bene Palazzi a lavorare serenamente perché ha tutto l'appoggio dello sport italiano. E' una persona seria, sia lui che i suoi collaboratori". Il numero uno del Coni però glissa sulla possibilità del presidente della Uefa Michel Platini di radiare a vita chi altera i risultati delle partite. "Platini propone la squalifica a vita? Non faccio proposte, non lo contraddico, ma non faccio proposte".

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Mi prendo Zeman e vi lascio tutti gli altri

Oliviero Beha - olivierobeha.it - 22-05-2012

Caro, carissimo Schifani, mi immedesimo in chi come Lei rappresenta lo Stato essendone la seconda carica, va allo stadio in una serata di maggio per la finale di Coppa Italia tra Juventus e Napoli, e invece di bersi l’inno di Mameli tra gli applausi viene travolto da una bordata di fischi che ho ascoltato da casa mia (quartiere eccentrico…). Povero Schifani, povero Napolitano di cui Lei era delegato, povera Arisa new look che cantava con un accompagnamento imprevisto, poveri “alti papaveri” del pallone e della politica, o della politica nel pallone, in Tribuna Autorità, se ci fosse stato il miglior Jannacci delle sue ballate “e povero anche il maiale…”. Ma sempre umilmente mi viene da chiederLe: davvero si è tanto meravigliato per i fischi?

Davvero non si è chiesto perché fischiassero, oltre a lamentarne la “vergogna”?Davvero non è arrivato al punto di domandarsi “perché non avrebbero dovuto fischiare”, giacché ormai il vero interrogativo che viene da un profondissimo disagio italiano socio-economico-politico ecc., è proprio questo? Lo stadio e soprattutto lo stadio televisivo che lo contiene sono occasioni di sfogo e sfiatatoio troppo ghiotte per non sfruttarle.Dunque “fischiare è normale”, “vergognoso” ma normale. Anche perché quella che a Lei, pur profondo conoscitore di misteri italiani calcistici e non, hanno presentato come maestosa e tricolore Coppa Italia in realtà è diventata Tim Cup, e al posto dell’inno di Mameli ormai dovrebbe diffondere qualche suoneria particolare, con o senza Arisa. Magari lo stadio rispetterebbe la novità ammodernata, e i commentatori tv (muti fino all’inverosimile quando si tratta di cogliere aspetti para-sportivi scomodi e insidiosi, hai visto mai che la politica e i partiti che li hanno piazzati dove sono si risentissero anche solo alla lontana) potrebbero sbizzarrirsi in serenità. Magari si riscoprirebbero i cantori epici delle suonerie e delle tattiche sub specie giornalistica, oggi per lo più sostituiti da ex calciatori. Di qui la domanda: ma è possibile che in tv e radio per commentare il calcio ormai ci siano solo ex calciatori?Certo, è possibile perché in giro ormai tripudiano quasi solo ex giornalisti.

Tornando a Juve-Napoli, con un arbitraggio di Brighi di una modestia imbarazzante e senza alcun piglio decisionale, è andata persa dagli eredi Agnelli la Coppa, l’imbattibilità e Del Piero, per la gioia paracinematografica di Aurelio De Laurentiis. Meritata la vittoria del Napoli? Tutto sommato direi di sì, perché la Juve era sazia, vincente e senza la colonna Chiellini che diventa importantissimo soprattutto quando non c’è (una specie di Prevert sul “rumore che hai fatto andandotene”…). E il Napoli era invece affamato. Torino aveva festeggiato lo scudetto, Napoli fa i botti con la Coppa e dell’inno, Schifani, francamente se ne frega. Anzi, a pensarci bene astuto com’è Lei dovrebbe apprezzare questa ostilità fischiaiola di superficie perché l’indifferenza sarebbe peggio: oppure no? Dipende da come è abituato nelle sue cose… Ma è anche vero che Torino una settimana dopo rifesteggia, ed è tutta una memoria di carne e sangue che corre dietro all’epopea granata. Ritorna in A il Toro (con uno dei migliori allenatori sulla piazza, Ventura, sconfitto a Bari soltanto dalle scommesse), ed è già derby, con la Mole, la memoria della Storia torinista ineguagliabile, la diversità antropologica tra le due tifoserie ecc., come se il calcio fosse ancora vero.

Vero? Perbacco, ma qualche volta è ancora vero: sinceramente e iperbolicamente, tra Bayern-Chelsea di Champions vinta a sorpresa non sorprendente dagli inglesi di Di Matteotroppo sfavoriti per non vincere, Juve-Napoli di Schifani e Sampdoria-Pescara, mi prendo mille volte quest’ultima. Dovete sapere che dopo tutte le sue peripezie, pensavo che Zemanfosse stanco di allenare in un calcio in cui bisogna essere cosà, essendo Zeman così. Dunque la mia proposta è stata per anni quella di farlo diventare presidente della Federcalcio, se proprio non lo si prevedeva alla guida del Coni per eccesso di competenza sportiva e difetto di “politicità”. Fuma, tace, ti guarda… il contrario di un politico e di un politico sportivo oggi (e difatti, difatti…). Come sapete, la mia modesta proposta, quella di uno che non si stanca di ripetere che per Calciopoli pur agli antipodi di Zeman non c’è stata giustizia bensì “iniuria”, non è stata presa in alcuna considerazione, e l’etica del boemo, la sua leggendaria coscienza di Zeman alla Svevo, sono state da sempre considerate come il fumo (della sua sigaretta) negli occhi del sistema. Quindi, non cariche ma emarginazione. Eppure sbagliavo.

Da due anni con un pochino di rodaggio per il Mister che ha perso via via ogni sua ruggine,Zeman prima a Foggia e poi a Pescara ha ricominciato alla grande a miracol mostrare, prima a insegnare calcio e poi a imporlo. Domenica a Marassi il terreno di gioco sembrava ampio il doppio quando il Pescara aveva palla, e credo che contro le squadre di Zdenek ogni avversario sia quasi costretto a figurare al suo meglio per non soccombere. Non è solo tattica farcita di preparazione e voglia e ludus, è maieutica pallonara come non ve ne sono. Chi immaginerebbe uno Zeman dentro il calcio-scommesse, come, per dire, oggi molti altri allenatori anche di forte impatto? Con lui i conti del calcio grigio non tornano né tornerebbero mai. Adesso, in attesa che la Fiorentina o qualche altro club bisognoso se lo faccia scappare perché non se lo merita, ho un’altra modestissima proposta per un uomo dabbene e un ottimo allenatore tradizionale come Cesare Prandelli, Ct della Nazionale (Claudio Cesare, ma chi te l’ha fatto fare di rischiare la faccia, tua e di tuo figlio, per un incarico in Nazionale nel Paese di Parentopoli? Chi? Qualcuno che ti voleva male, per forza…).Prandelli faccia giocare la Nazionale come il Pescara, adattandone caratteristiche e mentalità e scegliendo tra la sua trentina in ritiro quei 15,16 in grado di imitare Zeman per tre partite, nel primo girone. Forse usciremmo, ma certo con onore e divertendo, e nessuno fischierebbe l’inno nazionale, pur con Schifani in tribuna in Polonia…

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Palazzo di vetro

Scommessopoli par condicio: procure, occorre aiutare Palazzi

Ruggiero Palombo - Gasport - 26-05-2012

Al netto di Europei e playoff, le vacanze del calcio sono ormai alle porte. Un «liberatutti» che porterà tanti giocatori in giro per il mondo, proprio mentre la Procura di Cremona tarda a dare seguito alle fin troppo annunciate nuove misure investigative. Un’altra settimana di ritardo e diventerà difficile raggiungere questo o quel tesserato anche solo per chiedergli conto quale «persona informata dei fatti». Niente di straordinario di fronte ai tempi biblici della giustizia ordinaria, ma molto di preoccupante per quel che riguarda il futuro del Procuratore federale Stefano Palazzi. Da una parte, non può fare a meno delle Procure della Repubblica, dall’altra ne rischia quotidianamente di diventare prigioniero, con buona pace di una «par condicio» dei processi sportivi sempre più problematica e lontana. Giovedì comincia quello relativo alla prima tranche di Cremona (seconda se consideriamo anche i processi a Doni e compagni dell’estate scorsa). Poi toccherà alla Serie A e alle carte provenienti dalla Procura di Bari (caso Masiello e dintorni), l’unica a mostrarsi puntuale. Se Cremona non si sbriga, c’è il rischio di un impasse dal quale il calcio farà fatica a tirarsi fuori. Cremona, d’altra parte, non rappresenta il problema più grosso. Preoccupa infatti il «silenzio» della Procura di Napoli, che pure s’era prenotata un posto in prima fila nelle inchieste su scommessopoli fin dall’estate scorsa. A Napoli sono fermi, chiusi nei cassetti della Procura, verbali di interrogatorio risalenti addirittura al giugno 2011. Naturalmente ci rifiutiamo di dare credito al pettegolezzo che vuole la Procura napoletana impegnata nell’allungare i tempi di un’inchiesta i cui riflessi sulla giustizia sportiva potrebbero mettere a rischio l’Europa League del Napoli per la prossima stagione. Rinviare ogni trasferimento degli atti alla Federcalcio a dopo l’estate equivarrebbe solo a coinvolgere tutti in una brutta figura internazionale. Palazzi lo sa bene ma da buon magistrato non può che restare al suo posto, in trepidante attesa. E’ la Federazione nella sua accezione «politica» a doversi dare una mossa. Abete ha il ruolo e l’autorità, specie dopo avere letto sui giornali anticipazioni e stralci di quei verbali, per farsi vivo presso la Procura di Napoli e sollecitare quell’aiuto e quella trasparenza di cui il calcio italiano ha oggi assoluto bisogno. Se una volta tanto volesse muoversi in anticipo, per prevenire i problemi e non inseguirli, si risparmierebbe probabilmente tutta una serie di grane legali. Qualcuna delle società coinvolte nei processi sportivi che si faranno prima dell’inizio del prossimo campionato potrebbe infatti non condividere l’idea che il Napoli i suoi problemi con l’Europa sia chiamato ad affrontarli, al contrario di altri, solo in autunno inoltrato. Ps. «Casa Italia in tour» è l’ultima brillante iniziativa del Coni. Sta facendo tappa a Napoli e poi andrà a Torino, Milano e Roma. Speriamo alla fine approdi a Londra. Dove Casa Italia, per ora, è solo un semplice, controverso progetto.

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Mi pare che...

Ecco perché la Juventus

deve reclamare 30 scudetti

di LUCIANO MOGGI (Libero 25-05-2012)

Immagino che qualcuno nei salotti federali e in quelli dell’Inter avrà

pensato: “finalmente l’ha detto”: «Per i documenti ufficiali gli scudetti sono

28». Ma non è così, Andrea Agnelli non ha cambiato idea, ha scelto una formula

sapiente per ribadire il suo pensiero, «per qualunque juventino nel mondo sono

30, è un fatto di sentimento e di emozioni» e anche, aggiungo io di ciò che si

è meritato sul campo.

Dunque Agnelli non si muove di una virgola e bene fa, perché l’ignoranza su

molti aspetti della questione è crassa. Andiamo ad esempio allo scudetto

regalato all’Inter dal suo ex dirigente Guido Rossi. Di fronte alla richiesta

di revoca da parte della Juve, Abete ebbe a dire che l’eventuale decisione di

revoca avrebbe avuto bisogno di una «pezza d’appoggio», cioè di un

provvedimento disciplinare della giustizia sportiva. Constatato che su questa

strada avrebbe preso solo legnate, Abete passò all’incompetenza, sostenendo

che non c’era un atto ufficiale che sanciva quella decisione e quindi non

poteva essere cassato ciò che non c’era (!). Rossi quindi, l’aveva blindato:

più di un pateracchio insomma, perchè è bene chiarire che la sentenza sportiva

parlava solo della revoca del titolo 2004-2005 e della «non assegnazione del

titolo 2005-2006». I posteri che vorranno cercare di capire dov’è l’inghippo

non capiranno.

Il mite Abete

Il cosiddetto “mite” Abete si nasconde dietro un dito quando le cose scottano

e sa attardarsi oltre ogni limite di tempo; nell’occasione si scopre però che

quella lentezza salva per prescrizione l’Inter e i suoi dirigenti da accuse

non di illecito strutturale, come inventato per la Juve, ma di illecito

sportivo vero e proprio. Al punto che sulla strada di Abete troviamo sempre

un’Inter beneficata e graziata: la Figc non interviene sulla revoca dello

scudetto, perché non si può (non lo si vuole); si blocca l’accusa di illecito

sportivo e della più che prevedibile retrocessione in B, oltre che di

squalifiche per i suoi dirigenti (anche radiazioni?) per intervenuta

prescrizione. È appena il caso di dire che se Palazzi si fosse mosso per tempo,

quella prescrizione non sarebbe stata raggiunta. Se poi a ciò aggiungiamo che

le sentenze sportive nulla accertarono (ed anzi esclusero) l’alterazione di

qualsiasi gara, al punto di inventarsi il già citato illecito strutturale (ma

cos’è?) sullo sfondo di un «sentimento popolare» messo in sostituzione di

reati inesistenti (un’offesa alla Giustizia) è evidente che ci troviamo di

fronte a decisioni ingiuste. Le corti sportive corsero a perdifiato per

arrivare last minute alle condanne. Se anche il giudizio penale di primo grado

ha escluso qualsiasi alterazione di gare, quelle sentenze sportive la Juve non

può accettarle, soprattutto nelle conseguenze della revoca dello scudetto

2004-2005, edella non assegnazione del titolo 2005-2006 neanche sotto indagine,

poi regalato all'Inter.

Magari arriveranno pressioni da ogni parte perché Agnelli faccia un passo

indietro, si potrebbe addirittura arrivare a mettere sul tavolo la posizione

di Conte in Scommessopoli per una specie di do ut des anche se, per chi

conosce Antonio, sa perfettamente che i suoi successi odorano di sudore e

tanta fatica, certamente lontani dal mondo delle scommesse.

Disinformazione?

Tantomeno si può tentare di mettere in testa alla Juve l’idea che essendo

tornata a vincere può mettere una pietra sul passato. La Juve non deve nulla a

nessuno, ha vinto con le sue forze e la fatica e l’applicazione dei suoi

giocatori e del suo tecnico, come avvenuto in passato. La rivendicazione del

passato va fatta per cancellare una pagina ingiusta di infamia dai “documenti

ufficiali”.

Un grosso problema sta intanto nella molta disinformazione. Ad esempio un

noto opinionista ha parlato qualche giorno fa a Radio Sportiva del

patteggiamento fatto da Giraudo, con il velenoso annesso commento «e se ha

patteggiato si può capire perché (ammissione di colpevolezza, ndr)». La realtà

invece è che Giraudo non ha affatto patteggiato, ha semplicemente scelto il

rito abbreviato, tant’è che tra non molto si celebrerà l’Appello.

Disinformazione voluta o non conoscenza delle Leggi?

Modificato da Ghost Dog

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SERIE B NOVITA’ DALL’ASSEMBLEA

Clamoroso: la Lega di B

entra in Confindustria!

Nuove opportunità commerciali e maggiori introiti

E’ la prima volta di un’associazione sportiva. Fronte tv: si pensa a una partita in chiaro. Non sarà rinnovato l’accordo con Bwin

di STEFANO SCACCHI (TUTTOSPORT 24-05-2012)

MILANO. La nomina di Giorgio Squinzi , proprietario del Sassuolo, a presidente

di Confindustria dava già una nuova centralità al campionato di serie B. Ma

l’associazione dei club cadetti ha voluto andare oltre: la Lega di B diventerà

la prima associazione sportiva italiana di categoria a entrare in

Confindustria. L’ingresso ufficiale sarà certificato alla prossima Giunta di

Viale dell’Astronomia (la ratifica, inizialmente prevista per oggi, è slittata

proprio perché i lavori odierni sono tutti dedicati all’investitura di Squinzi

al posto di Emma Marcegaglia ). Per la Lega di B è una notevole opportunità

dal punto di vista commerciale, l’ideale per un campionato che sta cercando di

aumentare i ricavi autonomamente dalla serie A. Alcuni esempi arriveranno già

nella prossima stagione: sta per essere chiuso l’accordo per avere un pallone

ufficiale del torneo che non sarà Nike come quello della A (finora il

contratto era sempre stato in comune con la massima divisione).

NOME NUOVO Occorrerà invece trovare un nuovo “naming right” al campionato,

considerato che difficilmente sarà rinnovato l’accordo con Bwin in scadenza al

30 giugno dopo due stagioni. «C’è comunque reciproca soddisfazione da entrambe

le parti», dice il presidente Andrea Abodi . La modifica della politica

aziendale è stato determinato dall’ingresso nella proprietà della

multinazionale austriaca di nuovi azionisti inglesi che, già da qualche mese,

avevano congelato il prolungamento dell’accordo. Sono già stati individuati

nova soggetti interessati a sostituire Bwin. Ora le loro candidature e

proposte saranno valutate: si tratta di imprese, tra gli altri, dei settori

“automotive” (auto, motocicli, camion) e giochi.

PARTITA IN CHIARO E l’assemblea di ieri pomeriggio si è occupata anche di

identificare nuove idee sul fronte dei diritti tv. Non sono arrivate offerte

alla prima fase dei bandi pubblici. Ora si procederà a trattativa privata. Ma

la Lega di B inizia comunque a prendere in considerazione percorsi

alternativi. Il primo, spesso evocato anche dalla massima divisione in caso di

pacchetti invenduti, riguarda la creazione di una piattaforma autonoma della

Lega di B su canali satellitari e digitali. La seconda, più originale, prevede

la trasmissione di una partita in chiaro per giornata su una tv generalista.

«In piccolo sarebbe una modalità di copertura televisiva modello Champions con

la gara più importante visibile da tutti gli appassionati», spiega Abodi. E,

dopo anni di calcio nazionale sempre più criptato, sarebbe una piccola

rivoluzione.

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CALCIOSCOMMESSE

Palazzi e il boom di pentiti

Già in 15 cercano sconti

di FRANCESCO CENITI (GaSport 24-05-2012)

Manca una settimana all'inizio del primo processo sul calcioscommesse, ma in

procura federale piovono le richieste di patteggiamento. Sono circa una

quindicina i calciatori (nessun club) che vorrebbero uno sconto di pena per

aver ammesso comportamenti fuori dalle regole. Un numero molto alto che fa ben

capire come la «tolleranza zero» e il rischio di andare incontro a condanne

severe, abbia consigliato i tesserati a una strategia difensiva diversa dal

solito «non c'entro nulla». Le richieste, comunque, non sono sinonimo di

sconto: Palazzi dovrà vagliarle e darà parere positivo solo se riscontrerà una

fattiva collaborazione alle indagini. In altre parole, lo status di pentito è

riconosciuto se oltre ad ammissioni di fronte a contestazioni precise, il

giocatore ha fornito dettagli e altri nomi sconosciuti alla Procura.

Altrimenti Palazzi potrebbe respingere la richiesta di patteggiamento e

portare il soggetto in questione a processo. Per pentirsi e imboccare la

strada che porta a una riduzione della squalifica, c'è tempo fino a un minuto

prima dell'inizio del patteggiamento. Quindi fino al 31 maggio.

Video Aic E a proposito di pentiti. Ieri è stato reso pubblico (...) il video

di 13' preparato dall'Associazione italiana calciatori per sensibilizzarli sul

fenomeno delle scommesse. A rendere particolarmente crudo il video è

un'intervista a un giocatore, che ha voluto restare anonimo (facendosi

riprendere di spalle) e che ha spiegato come è finito nella trappola del

calcioscommesse. «A due giornate dalla fine del campionato — racconta —

ricevo una telefonata da un calciatore che conoscevo perché ci avevo già

giocato contro. Noi eravamo salvi e affrontavamo una squadra sotto di noi

in classifica. Lui non faceva parte di questa squadra, ma mi disse che c'erano

dei soldi da prendere se avessimo perso la partita. Dissi subito di no. Lo

dissi solo al mio procuratore, ma si decise di restare in silenzio senza

denunciare». Un anno dopo altra telefonata, sempre dallo stesso calciatore:

«C'era da pareggiare, la società non pagava gli stipendi. Da lì è cominciato

tutto, e non sapevo più come tirarmi fuori. Poi la Procura mi ha chiamato: mi

sono lasciato andare e ho raccontato tutto. Se tornassi indietro non lo

rifarei, sono rovinato, mi vergogno: ho tradito i miei compagni, i miei

genitori e mio figlio».

Tommasi Soddisfatto Damiano Tommasi, presidente Aic: «Vedendo il video

sono nati parecchi confronti e scambi di opinione in tanti spogliatoi. In alcuni

casi ci siamo fermati a parlarne per più di un'ora, di come esporci, uscirne e

soprattutto come difenderci. In altri l'emozione è stata forte, silenzio e

riflessione, che è quello che volevamo».

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PANORAMA | 30 maggio 2012

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Repubblica SERA 23-05-2012

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GaSport 24-05-2012

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GaSport 25-05-2012

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Il caso

Fuga da 'hedge fund' e Borsa

Per investire meglio il calcio

Sta diventando tendenza: in questo periodo di crisi dei mercati,

i ricchi investitori tentano la fortuna con la proprietà dei diritti

economici dei calciatori. E' il fenomeno delle 'parti terze', come

li chiama il regolamento Fifa. Da Tevez a Mascherano a Neymar:

è caccia agli 'artisti' del pallone, come fossero Van Gogh

di STEFANO SCACCHI (Repubblica.it 26-05-2012)

MILANO - Dagli hedge fund a Neymar e agli altri giovani fenomeni del calcio.

E' la nuova tendenza sui mercati finanziari devastati dalla crisi mondiale.

Sempre più spesso ricchi investitori, stufi di perdere soldi tra listini e

obbligazioni, lasciano la Borsa per tentare la fortuna con uno dei pochi

settori che garantisce guadagni stratosferici in pochi mesi: la proprietà dei

diritti economici dei calciatori. E' da anni che in Sud America i gruppi

privati detengono quote di controllo dei giocatori: è il fenomeno delle "parti

terze", come le chiama il regolamento Fifa che vieta ogni interferenza tecnica

dei privati sulle vicende tecniche relativi agli atleti. Ha iniziato Kia

Joorabchian con la sua Msi che spostava da una squadra all'altra Tevez e

Mascherano. Poi sono entrati grande società brasiliane come Traffic

(specializzati nel calcio: hanno addirittura due squadre oltre a decine di

giocatori) e Sonda (supermercati). Quest'ultima ha ottenuto rendimenti

elevatissimi dalla cessione di Breno dal San Paolo al Bayern. E ora spera di

fare altrettanto con Neymar (ha in mano il 40 per cento della nuova stella

della Seleçao).

In Brasile ormai questo settore viene valutato al pari degli altri

investimenti finanziari. Settimana scorsa, durante un dibattito sulle "parti

terze" al Wyscout Forum a Milano, organizzato con la collaborazione del Centro

Studi Diritto Sport, un avvocato brasiliano, Nilo Effori, ha mostrato una

slide dalla quale emergeva il vantaggio smisurato di chi aveva investito nel

calcio, anziché in petrolio, materie prime o telecomunicazioni. E questa

consapevolezza si sta estendendo anche al resto del mondo. "Ho portato via 20

milioni di euro da un hedge fund in Lussemburgo. Ero stanco di perdere. Voglio

investirli nel calcio. C'è qualche club dove posso farlo sperando di

guadagnare qualcosa?", si è sentito chiedere un avvocato d'affari italiano da

un cliente nelle scorse settimane. Il legale aveva già la risposta pronta:

"Con un club non guadagna nessuno. Provi con la proprietà dei calciatori".

Non a caso alcune società finanziarie, da alcuni mesi, stanno simulando le

performance di fondi basati proprio sulle quote di controllo dei giocatori. I

risultati sono assolutamente confortanti: anche se l'operatore non centrasse i

risultati migliori - come quelli ottenuti da Sonda con Breno (un incredibile

+2400 per cento, frutto di una scommessa riuscita alla perfezione grazie al

trasferimento quasi immediato in Germania) - l'andamento sarebbe nettamente

superiore a quello degli indici di Borsa degli ultimi rovinosi mesi. E così,

contrariamente a ogni previsione, il calcio sta diventando un bene rifugio per

milionari in fuga dai mercati finanziari. Paradossale dopo decenni nei quali

questo sport pareva essere un buco nero buono solo per imprenditori in cerca

di visibilità, ma sicuramente non foriero di guadagni. Invece i calciatori

sono considerati come forzieri dove trovare riparo, come è sempre stato con i

quadri d'autore.

Ma non tutti sono entusiasti di questa ulteriore iniezione di affarismo nel

mondo del pallone. L'Uefa potrebbe arrivare a vietare la partecipazione alle

coppe europee dei calciatori, controllati da "parti terze". La proposta,

lanciata durante il Comitato strategico sui calciatori professionisti

settimana scorsa a Monaco di Baviera, sarà discussa per l'eventuale

approvazione nella prossima riunione dell'Esecutivo di Nyon. Il governo del

calcio continentale è preoccupato anche per le possibili influenze dei gruppi

criminali attivi nelle scommesse illegali che aumenterebbero a dismisura nel

caso in cui certi delinquenti riuscissero a gestire uno o più calciatori per

squadra. Qualcosa di simile è già successo in Finlandia con il Tampere (caduto

nelle mani dei gruppi di Singapore indagati a Cremona), nel 2011 sospeso da

ogni attività calcistica dall'Uefa. Chissà se queste preoccupazioni basteranno

a rendere più disciplinato l'assalto dei milionari in fuga dalle Borse, a

caccia dei nuovi Neymar come fossero capolavori di Van Gogh.

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Calcio & Legge 'Merchandising, tutti ad imparare dal Manchester!'

calciomercato.com - 26-05-2012

Calciomercato.com ha posto all’Avvocato Agente Fifa Jean-Christophe Cataliotti, titolare dei corsi per agenti fifa e osservatori di calcio (info su www.footballworkshop.it), e al Dott. Tommaso Fabretti, laureato in Economia e Management, alcuni quesiti sul tema del merchandising nel mondo del calcio professionistico.

Una prima domanda è d’obbligo: che cosa si intende per merchandising nel mondo del calcio?

Parlando di merchandising, si fa riferimento alla commercializzazione di prodotti con il nome o il marchio della società, che possono essere direttamente connessi al mondo del calcio come le magliette da gioco, le scarpe, i cappellini, le bandiere, oppure articoli che possono riferirsi all’oggettistica utilizzata quotidianamente, come portachiavi, portafogli, spallette, articoli di cancelleria. Altri prodotti commercializzabili possono essere legati addirittura al comparto di servizi, come le carte di credito o il bancomat.

Quali sono le squadre che riescono meglio a vendere ai tifosi di tutto il mondo i propri prodotti?

Oltre ai due principali club spagnoli, Barcellona e Real Madrid, il discorso del merchandising nel mondo del calcio si associa spesso alla squadra che ne ha fatto un businnes di grande rilievo su scala mondiale: il Manchester United rappresenta, infatti, l’esempio più importante e vincente del settore.

Qual è il tratto di rilievo dell’assetto commerciale dei Red Devils?

E’ rappresentato dalla commercializzazione in proprio dei propri prodotti (gestione diretta), che vengono venduti sia attraverso i propri punti vendita sia attraverso il proprio sito internet. La società commercializza una serie ampissima di prodotti e provvede direttamente anche al catering in occasione delle partite interne disputate all’Old Trafford, durante le quali viene servita addirittura la Manchester United Cola. In particolare, il club inglese realizza il 50% del proprio fatturato legato al merchandising mediante vendita all’ingrosso e il rimanente 50% con vendita al dettaglio. Nell’ambito di quest’ultima voce, la società di Manchester ricava un importante incasso sia attraverso i propri negozi che via internet o per corrispondenza.

Perché il merchandising è attualmente una fonte di ricavo trascurata dai club italiani?

Questa arretratezza nel campo commerciale rispetto, in particolare, ai club spagnoli e inglesi, può essere fatta risalire a due motivazioni prevalenti: in parte, le italiane sono ancora schiave della pirateria (arrivata ormai a riprodurre con precisione invidiabile ogni tipo di oggettistica calcistica), in parte per una sorta di attitudine culturale, che generalmente porta i clienti a spendere più per capi di moda che per prodotti della propria squadra di calcio. Da notare, non per ultima cosa, che le società italiane preferiscono affidare a terzi l’intera gestione del marchio (gestione indiretta); in pratica, le società outsourcing che se ne occupano ricevono in licenza il marchio versando alla società delle royalties proporzionali alle vendite effettuate.

Quindi, è solo la gestione diretta del merchandising a risultare vincente?

La gestione diretta del merchandising risulta funzionale e vincente solo nel caso in cui un club riesca ad allacciare, con il proprio pubblico di riferimento, un contatto costante che riesca a portare alla fidelizzazione del cliente nei confronti del proprio brand. I club inglesi, in particolare, riescono ad interagire con i propri appassionati, sparsi in tutto il mondo, attraverso strategie globali e locali.

Vale a dire?

Con le strategie globali, le società effettuano un forte sfruttamento del proprio sito internet, in cui vengono lanciati quotidianamente quiz, sondaggi e ogni tipo di iniziativa in grado di coinvolgere gli internauti. Con le strategie locali, ogni club predispone un proprio museo, abbinandolo alla visita dello stadio.

In questo modo, i tifosi di tutto il mondo arrivano, ogni anno, da ogni parte per visitare quelli che, da impianti sportivi, si stanno sempre più trasformando in veri e propri luoghi di culto. Le strategie locali servono ovviamente anche per tener sempre vivo il progetto di fidelizzazione dei tifosi residenti sul suolo inglese, pur nell’ottica di una continua internazionalizzazione del proprio brand.

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Il dibattito delle idee

Diritti tv, oligarchi russi, sceicchi miliardari:

cosa insegna l’ultima sconfitta del Bayern

     Palloni

sgonfiati

Nel calcio neoliberista

i ricchi sempre più ricchi

E i poveri restano ultimi

di TOMMASO PELLIZZARI (laLettura #28 - 27 maggio 2012)

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Invece di accusarlo di essere il nuovo oppio dei popoli, e di guardarlo per

questa ragione con distacco o disprezzo, molti intellettuali neomarxisti o

semplicemente antiliberisti farebbero bene a osservare il calcio da vicino,

perché potrebbero scoprire cose interessanti. Tra cui soprattutto una: il

calcio è quel microcosmo in cui l’applicazione pratica dei principi

fondamentali del neoliberismo nella sua versione più radicale (in estrema

sintesi, quella per cui solo ilmercato puro è in grado di regolare se stesso)

ne ha reso evidenti molti limiti. In particolare, il calcio contemporaneo

dimostra che alcune delle critiche fondamentali mosse all’ideologia

neoliberista contemporanea si sono rivelate fondate. E cioè: a) non è per

l’appunto vero che, senza intervento di un’autorità indipendente superiore

agli attori in campo, un mercato finisce comunque per autoregolarsi; b) senza

interventi redistributivi dall’alto i ricchi tenderanno a diventare sempre più

ricchi e i poveri sempre più poveri; c) sul mercato del lavoro, gli operatori

devono affrontare la concorrenza di forza lavoro extracomunitaria; d)

l’eccesso di finanziarizzazione crea un eccesso di dipendenza dalle

fluttuazioni dei mercati e finisce per allontanare il cuore dell’impresa dal

territorio di cui è espressione e fornitore d’identità al tempo stesso.

Il «piede» invisibile

Così come Adam Smith non è Milton Friedman, il calcio del terzo millennio non

è quello che va dagli inizi di fine ’800 agli anni 90 del ’900. In altre

parole, quello del calcio è sempre stato un mondo caratterizzato dai princìpi-

base del liberalismo economico. In fondo, si tratta di un’arena in cui una

serie d’imprenditori competono fra loro investendo denaro all’interno di un

sistema di regole certe che permettono di determinare con chiarezza vincitori

e sconfitti. Esattamente come in qualsiasi altra attività economica, ci sono

imprenditori più e meno ricchi, e quindi diverse opportunità di successo per

ogni singolo attore, con l’ovvia conseguenza che chi parte avvantaggiato ha

più probabilità di ottenere successi, che a loro volta forniscono ulteriori

mezzi per rafforzare il proprio predominio e così via.

Una significativa carenza di equilibrio è quindi sempre stata piuttosto

fisiologica al sistema calcio. Come ricordano Simon Kuper e Stefan Szymanski

nel saggio Calcionomica (Isbn, 2010), in Italia «dal 1960 al 2009 Juve, Inter

e Milan hanno vinto 37 scudetti su 50, rispetto ai 35 titoli spagnoli che

nello stesso periodo si sono spartiti Real Madrid e Barcellona e ai 32

campionati inglesi finiti nelle bacheche del triumvirato Manchester United,

Liverpool e Arsenal». Ma se, restando solo in Italia, tra il 1960 e la fine

degli anni 80 gli scudetti conquistati dalle tre grandi sono circa i due terzi,

tra il 1992 e il 2009 la percentuale è salita quasi al 90%. In Spagna, degli

ultimi dieci campionati uno lo ha vinto il Valencia, 5 il Barcellona e 4 il

Real Madrid. Quest’anno, i blancos di José Mourinho hanno conquistato la Liga

con un punteggio mai visto prima, 100 punti. È la prima volta:

nel 2010 il Barcellona di Pep Guardiola si era fermato a 99. Il problema è che

se nei due anni precedenti il Valencia (terzo classificato) aveva totalizzato

71 punti (cioè 28 e 25 meno del Barcellona campione), quest’anno si è fermato

a 61: il distacco è cioè salito a 39 punti. Con i suoi 50 gol, il

capocannoniere del torneo Leo Messi ha segnato da solo più di quanto siano

riuscite a fare 13 squadre del campionato. È anche per questo che la

definizione che il presidente del Siviglia José Maria Del Nido ha dato del

campionato spagnolo non sarà molto in stile London School of Economics, ma

rende l’idea: «Una Liga de mierda». E non parlava degli oltre 750 milioni di

debito che i club hanno col fisco, o del buco in bilancio da 2. 153 milioni

complessivi di Real, Barcellona, Atletico Madrid, Athletic Bilbao e Valencia

(i 5 club arrivati alle semifinali di Champions ed Europa League). Del Nido si

riferiva alla «scozzesizzazione» del calcio spagnolo, cioè alla trasformazione

in un campionato in cui la sfida si riduce a due squadre (come Rangers e

Celtic) mentre tutte le altre partecipanti al torneo si limitano a fare da

comparse.

In Inghilterra, da quando il campionato inglese è diventato Premier League, 12

volte ha vinto il Manchester United, 3 l’Arsenal, 3 il Chelsea (dopo l’arrivo

del miliardario russo Roman Abramovich). L’unica eccezione, del 1994-95, è

stata il piccolo Blackburn Rovers: retrocesso nel 1999, è tornato in Premier

nel 2001 senza mai più andare oltre il sesto posto. Domenica 13 maggio 2012 è

infine arrivato il Manchester City. Da quando ne è divenuta proprietaria, nel

2008, la famiglia dello sceicco Mansour bin Zayed al-Nahyan ha speso circa 1, 1

miliardi di euro. Come ha ricordato Dave Simpson sul «Guardian», il Leeds,

l’ultima squadra a vincere il campionato inglese prima che diventasse Premier

League nel 1992, era costato 10 milioni.

La prima rivoluzione

Proprio la data del 1992 è fondamentale, perché in quell’anno avviene la prima

rivoluzione: Rupert Murdoch perfeziona l’idea della francese Canal+ e inonda

di soldi le squadre di calcio in cambio dei diritti di trasmissione delle

partite via satellite a pagamento. A quel punto, il peso specifico di una

squadra diventa il parametro fondamentale per l’individuazione dei criteri di

ripartizione: anche nel modello più «partecipativo», le vittorie, il numero di

tifosi e il cosiddetto «bacino d’utenza» di una squadra determinano l’arrivo

di più o meno risorse. Teoricamente è come la famosa democrazia secondo

Winston Churchill («il sistema peggiore, eccetto tutti gli altri»): però in

Spagna, per esempio, a Real Madrid e Barcellona va quasi la metà dei diritti

tv, il resto viene diviso tra le altre 18 squadre. Le due squadre hanno

ciascuna 600 milioni di debito con le banche, ma il credito continua a essere

concesso grazie a fatturati intorno al mezzo miliardo annuo, agli ottimi

andamenti delle attività di merchandising e alla sicurezza di asset come gli

stadi di proprietà. Un po’ quello che succede in Inghilterra, dove la

variabile fondamentale sta diventando il capitale investito (si fa per dire)

da personaggi di ricchezza incalcolabile come Abramovich o la famiglia Mansour,

che spendono sul mercato molto più di quanto una distribuzione di diritti tv

più equa o il merchandising possano garantire.

In un’ottica strettamente neoliberista, peraltro, il modello di business in

parte funzionerebbe (grazie anche agli Stati che pure qui chiudono un occhio

sui debiti): il calcio dei ricchi, infatti, si vende — e bene — in tutto il

mondo. Il problema è che la soglia d’ingresso nel mercato che conta si alza

ogni giorno, rendendo sempre più difficile l’affermazione dell’equivalente

della start up nata in un garage. Se Davide non batte mai Golia, ricordano

Kuper e Szymanski, il calcio inizierà a perdere appassionati, insieme alla sua

essenza. Nel 2012, Davide è ilMontpellier campione di Francia con un bilancio

di 36 milioni, davanti al Golia-Psg degli emiri. Ma è lo stesso presidente

Louis Nicollin, il terzo imprenditore più importante di Francia nel

trattamento dei rifiuti, a spiegare che non può durare: «Del Psg parleremo per

almeno cinque anni».

Il meccanismo, descritto da Gianfrancesco Turano in Tutto il calcio miliardo

per miliardo (Il Saggiatore, 2007) è nel complesso semplice: «Se più soldi

significano più campioni, il denaro delle televisioni ha ulteriormente

rafforzato il potere dei grandi club; più si guadagna più si vince, ma è

altrettanto vero che più si vince e più si guadagna», per poi ricomprare altri

campioni e così via. Ma se i campioni costano sempre di più è per via della

seconda rivoluzione che, negli anni 90, investe il calcio: quella determinata

dalla cosiddetta «sentenza Bosman ».

La seconda rivoluzione

Bosman sarebbe Jean-Marc Bosman, un calciatore destinato a un destino da

totale sconosciuto se non fosse per la causa (storica) che vince nel 1995.

Cinque anni prima la sua squadra, il Liegi, gli aveva proposto un rinnovo al

ribasso del suo contratto da 40 mila euro l’anno in scadenza. Bosman aveva

rifiutato e aveva firmato per i francesi del Dunkerque. Imponendo un prezzo

d’indennizzo di 200 mila dollari, il Liegi fa saltare il trasferimento,

costringendo Bosman a chiudere la carriera a La Réunion, mentre il

procedimento alla Corte di giustizia europea segue il suo iter. Fino alla

sentenza, secondo la quale ogni lavoratore a fine contratto è libero di

trasferirsi in qualsiasi Paese dell’Unione e senza che sia dovuto alcun

indennizzo.

A quel punto i club decidono di tutelarsi proponendo da una parte contratti

lunghi e ricchi ai fuoriclasse (o a quelli che sembrano tali), perché è con

loro in squadra che i risultati si ottengono più rapidamente. Dall’altra,

completano la rosa andando a pescare nei mercati più convenienti: Est europeo,

Africa e soprattutto Sudamerica. Così, manodopera a basso costo, ad alto

rendimento e virtualmente infinita per potenza demografica, invade il mercato

europeo modificando radicalmente la natura del calcio. Gli esempi sono

infiniti: il club campione d’Inghilterra (il Manchester City) è di proprietà

degli sceicchi degli Emirati arabi. Il suo antagonista, lo United, è in mano

agli americani, come il Liverpool. La squadra campione d’Europa, il Chelsea, è

del russo Roman Abramovich. La nazionale inglese, teoricamente espressione di

uno dei due campionati migliori del mondo, è piena di calciatori di livello

medio, perché le squadre principali sono piene di stranieri (come l’Inter

vincitrice della Champions League 2010, in cui l’unico italiano in campo è

Marco Materazzi, entrato all’ultimo minuto). In Spagna, dove il vivaio del

Barcellona (la mitica cantera) resta comunque un’eccezione, in cima alla

classifica marcatori ci sono due argentini (Messi e Higuain), un portoghese

(Ronaldo), un colombiano (Falcao) e un francese (Benzema).

E poi c’è la Germania. Nel 2002, il fallimento del gruppo televisivo Kirch

lasciò i club senza soldi, così quella di puntare sui vivai non fu una scelta,

ma una necessità. Sarà un caso, ma negli ultimi anni il calcio tedesco ha

scavalcato di slancio quello italiano nel ranking Uefa e la sua nazionale è la

favorita (altro caso, insieme alla Spagna) all’Europeo 2012. Con i suoi

splendidi stadi nuovi e sempre pieni, costruiti per il Mondiale 2006, e le sue

squadre multietniche e autosufficienti (da 19 anni il Bayern Monaco ha i

bilanci in ordine) quello tedesco è il modello che fa o dovrebbe fare scuola.

Nella sua Storia delle idee del calcio, Mario Sconcerti scrive che il modo di

giocare di un Paese rispecchia la sua maniera di vivere. Volendo ancora

guardare all’Europa come a un’Unione, la finale di Champions tra Chelsea e

Bayern Monaco somiglia molto a uno scontro simbolico tra due concezioni non

solo di calcio. Se è così, non ci vuole molto a indovinare per chi possa avere

tifato il presidente dell’Uefa Michel Platini. L’ex fuoriclasse francese, con

le sue battaglie per il fair play finanziario e per la difesa delle identità

calcistiche nazionali, sembra sempre più un vecchio socialista utopista—un po’

come Obama secondo gli avversari della riforma sanitaria negli Usa. Che pure è

lo stesso Paese in cui gli stipendi milionari dei fuoriclasse dello sport sono

regolati dal «socialistissimo» salary cap.

Il fatto che comunque, alla fine, la Champions l’abbia vinta il Chelsea di

Abramovich, con il premier conservatore David Cameron (al G8 di Camp David) a

braccia alzate di fianco a un’impietrita Angela Merkel, è un segnale in più

per l’Europa affaticata di questo 2012.

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Molti dei dati utilizzati in questo articolo sono tratti dal saggio di Simon Kuper e Stefan

Szymanski «Calcionomica. Meraviglie, segreti e stranezze del calcio mondiale» (Isbn, 2010)

e dal libro-inchiesta di Gianfrancesco Turano «Tutto il calcio miliardo per miliardo. Il

pallone da Rocco ad Abramovich» (Il Saggiatore, 2007). La teoria di Mario Sconcerti secondo

la quale «un Paese gioca a calcio come vive» è contenuta in «Storia delle idee del calcio»

(Baldini Castoldi Dalai editore, 2009). Per un riassunto delle principali dottrine neoliberiste: John

Cassidy, «Come crollano i mercati. La logica delle catastrofi economiche» (Einaudi, 2011) e Colin

Crouch, «Il potere dei giganti. Perché la crisi non ha sconfitto il neoliberismo» (Laterza, 2011)

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Algeria

Football v politics

ORAN

The rowdiness of football fans makes the regime queasy

by The Economist | May 26th-June 1st 2012

FOOTBALL terraces in President Abdelaziz Bouteflika's Algeria are a privileged

space for free speech expressed by the part of the population that his regime

fears most: angry young men. Thousands of police are bussed in to keep an eye

on them at matches, but the fans have safety in numbers. The authorities

anyway think football fanaticism a safety valve, preferable to protests on the

streets.

However, in the Algerian cup final, which saw the Algiers team, CRB, lose to

the north-eastern city of Sétif on May 1St, one slogan that rang through the

stadium before the start of play was "Ouyahia out!", a rude reference to Mr

Bouteflika's hapless prime minister, Ahmed Ouyahia, who has borne the brunt of

anger over a lack of jobs that has left more than one in five young people out

of work. Other chants called for a boycott of the recent general election, on

May 10th. A recent slogan was, "One! Two! Three! Screw those who vote!", along

with another old favourite (which rhymes in Arabic): "The firms are all closed

down, the generals are all thieves!"The cheekiest of the jingles are speedily

posted on YouTube.

Not all the chants are political. The atmosphere is often good-humoured, with

tambours and castanets accompanying club anthems. Mr Bouteflika has craftily

proclaimed himself as the nation's football-fan-in-chief. Last year a huge

poster showing him with a football was draped down one side of the capital's

main soccer stadium. When the Algerian team played Egypt in a World Cup

qualifying match in Cairo (and lost 2-0) in 2009, he provided cheap flights

for many Algerian fans.

But worries about football violence are rising. A policeman was killed at a

big match in March. Players, police and fans have been wounded and seats burnt

at more recent games. At one in Algiers on April 2nd two cameras belonging to

a state television channel were smashed; a cameraman narrowly escaped harm.

The regime still uses a more traditional conduit for spreading its message

among the restless young: the Friday mosque sermon. A recent homily, preached

across the land, was devoted to persuading worshippers that the practice of

self-immolation was not the best response to the difficulties of daily life.

In the election on May 10th, which was duly won by the independence-era

National Liberation Front (FLN), the turnout was put officially at 43%, though

many Algerians think it was probably a lot smaller. Young men were notable by

their absence. A senior FLN man admitted, "Perhaps we are out of step with the

younger generation."

YouTube impertinence carries risks. Tarek Mameri, a young man from Algiers,

began posting his unedited thoughts on the state of the country, urging a

boycott of the election. Footage shot at dusk shows him and a couple of men

throwing election billboards to the ground, to a soundtrack of frenetic

Algerian rap. He was promptly picked up at home by police in plain clothes. He

was later freed, but faces the magistrates at the end of the month.

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Processi e inchieste

Il calcio è sotto tiro

Palazzi da giovedì porta a giudizio 22 club e 61 tesserati

Mentana al tg: «Nella notte arresti, pure giocatori di A» (Al lupo, al lupo! Stavolta è successo)

di FRANCESCO CENITI (GaSport 28-05-2012)

Con i campionati di A e B archiviati (o quasi: da decidere una promozione

nella massima serie e una retrocessione in Lega Pro) e l'Europeo distante

(prima gara dell'Italia il 10 giugno contro la Spagna), l'attenzione dei

prossimi giorni sarà sugli sviluppi caldissimi sul calcioscommesse. Giovedì a

Roma si apre il primo processo a carico di 22 società (tre di A: Atalanta,

Novara e Siena) e 61 tesserati, 52 i calciatori in attività. Si tratta del

troncone avviato da Palazzi sugli incartamenti avuti dalla Procura di Cremona,

ma molti atti sono stati stralciati e faranno parte di una seconda ondata

prevista a luglio e che dovrebbe investire in pieno la A. Anche perché nelle

prossime settimane Palazzi potrà operare nuove audizioni sui documenti avuti

dall'inchiesta di Bari. Non solo, da tempo «voci» indicano una nuova attività

investigativa da parte di Cremona. Attività che potrebbe avere presto sviluppi

importanti.

Le tv annunciano arresti Ieri sera prima in modo più soft il Tg5 e in seguito

in maniera più diretto il tg La7 nell'edizione serale (quella col maggiore

ascolto) hanno annunciato prossimi arresti, anche giocatori di A. Arresti che

secondo il direttore Enrico Mentana «saranno eseguiti nel corso della notte».

Cioè stamani. Di sicuro da tempo il pm Roberto Martino (che dal dicembre 2010

indaga sul calcioscommesse, ipotizzando una associazione a delinquere

internazionale) sta scavando sugli intrecci tra gli zingari e giocatori

«infedeli». Quelli ingaggiati per alterare le partite. L'inchiesta di Cremona

ha già portato a diversi ordini di custodia cautelare: i primi nel giugno 2011

(tra gli arrestati Beppe Signori, Antonio Bellavista, Vincenzo Sommese e il

portiere Marco Paoloni); una seconda raffica il 19 dicembre (in manette anche

Cristiano Doni, Gigi Sartor e gli attuali pentiti Carlo Gervasoni e Filippo

Carobbio); la terza a febbraio 2012 con la cattura del portiere Mario Cassano.

I processi sportivi L'estate del calcioscommesse sarà dunque caldissima.

Il processo che inizierà giovedì è solo l'inizio. Sono oltre un centinaio i

calciatori indagati dalle tre procure ordinarie (Palazzi aspetta anche le

carte anche da Napoli, dove l'ex portiere degli azzurri Gianello ha confessato

una tentato illecito per la gara contro la Samp - e contro l'Inter, nevvero

ndt) e potrebbero aumentare. La linea della Figc è tracciata: pugno duro,

specie con i calciatori. Sconti possibili solo a chi collabora. Unica strada

possibile per evitare radiazioni e squalifiche pesantissime.

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Inviato (modificato)

Una scommessa li sotterrerà

di OLIVIERO BEHA (il Fatto Quotidiano 29-05-2012)

Era già basso, bassissimo impero: adesso il pallone rischia la fine

dell’Impero romano, imbarbarito al punto da non riprendersi più. Per scendere

un pochino di tono, rischia la polverizzazione dell’ippica, o della boxe. Dopo

aver tenuto (forse) a bada le farmacie denunciate da Zeman, è precipitato nel

doping del denaro che contiene tutte le altre forme di doping e adesso

agonizza nelle sale-corsa ormai anche solo virtuali delle scommesse col trucco.

DOPO GLI arresti di ieri, a naso neppure gli ultimi al punto da far dire al

procuratore capo di Cremona sotto i riflettori: “Non posso continuare

all’infinito, i miei magistrati sono sotto organico...”, venuti a rate, al

ralenti o alla moviola dopo un anno di alone giudiziario, questo è diventato

un articolo difficile. Sono cose che ho scritto e riscritto (ma è colpa mia se

ne parlavo solo io...?). Almeno per chi legge questo giornale, non una novità.

Ma ecco, magari parto proprio dal lettore di queste righe. Se se ne fotte del

calcio, gli manca una lente di ingrandimento delle magagne italiane, a partire

dalla deriva del tifo che è debordato dagli stadi/studi alla politica vuota

dei contemporanei. Se invece è emotivamente coinvolto da qualche squadra, o si

accinge comunque a suffragare “gli azzurri di Prandelli agli Europei” (che ne

avrebbero certamente bisogno...), quello che è accaduto con gli arresti, gli

indagati, le violazioni dei santuari (leggi Coverciano), le cifre da capogiro

ecc., non dà solo un’accelerata al precipizio, uno scandalo o una porzione di

scandalo in più. No. Se costui non cede il cervello al gatto completamente,

persino in trance tifosa da ora in poi sarà difficile che abbocchi: ma

guardate quella Lecce-Lazio dell’anno scorso riproposta ieri in tv mille volte,

e solidarizzate con me con i telecronisti ispirati, i commentatori esperti,

le falangi sugli spalti e gli hinchas via etere. Una gigantesca presa per il

C**O. C’è il rischio che perfino un Paese in coma in tutto o quasi prenda atto

dello “spread” tra quello che gli danno a bere e quello che è invece la

realtà. C’è insomma il rischio benefico che i tifosi si sveglino dalla

franchigia emotiva e irrazionale del tifo. Ma poi? Sarebbe un’altra Italia. . .

Quella di oggi ha ignorato un anno di segnali inquietanti. Qualcuno ricorda

quando il Procuratore capo Di Martino, lo stesso di oggi, disse da Cremona che

erano forse coinvolti club di A? I media gli saltarono addosso, e lui si

corresse in un più prudente “solo mie sensazioni”. Oppure il capo della

polizia, Manganelli, che mesi fa in una conferenza stampa presagì il peggio? O

ancora lo stesso Di Martino che sempre mesi fa alluse alla necessità “forse di

un’amnistia”, lasciando intendere la gravità solo sfiorata dello scandalo?

NIENTE, nessuna reazione, l’opinione pubblica veniva deviata su campionato e

Coppe, l’idea di fondo era che ci fosse in giro “qualche mascalzone” come in

qualunque altro settore sovrabbondante della vita italiana. Troncare, sopire,

anche qui. Ebbene, non è così. Adesso si deve sapere che il calcio può sparire,

ridursi a qualcosa di simile al famoso catch di Roland Barthes in Miti d’oggi

degli anni 50. Le scommesse, praticamente incontrollabili, possono tagliare le

radici di questo sport, già sempre meno popolare, sempre più indotto e sempre

più televisivo, devastato dal denaro e guastato, fin dalla pratica dei bambini

o “pulcini” che siano, da un sistema malato in cui soprattutto i genitori sono

latori del contagio. Le scommesse legali e tutto il sistema di trucchi e

corruzione e frode che si stanno portando dietro per quello che appare oggi

possono riuscire dove altri scandali e altre nequizie avevano fallito: possono

rendere finto, ancora più finto, tanto finto da disturbare anche palati

grossolani, il gioco del calcio, sempre meno gioco, sempre più scommesse.

Soluzioni? Immediata consapevolezza politica ad alto livello (ma di chi?), per

non lasciare la fessa in mano ai ragazzini sportivi giacché nel settore (ahimé

non solo in questo) siamo pieni di Romoli Augustoli. Misure serissime nei

confronti di tutti i coinvolti, giacché ormai è più facile indicare chi “non”

ha truccato le partite e quindi ci ha scommesso o ci ha fatto scommettere

sopra piuttosto che chi è del tutto estraneo al fenomeno.

CHE È avanzato così tanto proprio per questo, perché è stato “nor malizzato”:

chi non scommette – ovviamente su partite prestabilite – è un fesso. Quindi se

è vero che a Coverciano hanno preso un Criscito, ditemi che tutti gli altri

del giro azzurro, a partire da Buffon, non sapevano o addirittura non sanno

dello scandalo? Lo sanno benissimo, e se sono onesti non lo accettano senza

però denunciarlo a meno che non vengano coinvolti e rifiutino tale

coinvolgimento. Nel regno dell’ipocrisia e dell’omertà tutti sanno tutto, a

partire da quella stessa giustizia sportiva che li deve indagare e giudicare:

in altre situazioni la chiamano mafia, o mafiosità, qui, nel regno del gioco

sconvolto, la possiamo chiamare “pallonismo amorale”, una grande famiglia

sulla soglia dell’estinzione che dà un pessimo esempio a un Paese sulla

medesima soglia.

___

Repubblica SERA 28-05-2012

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Modificato da Ghost Dog

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Caso Conte, quello che non quadra

di MARCIO SCONCERTI dal blog Lo sconcerto quotidiano (Corriere.it 29-05-2012)

Non giudico Conte. Per me lui e tutti gli altri coinvolti, compresi quelli in

carcere, sono innocenti fino a prova contraria. Dobbiamo però tornare ad

abituarci a due tipi di giustizia, quella penale e quella sportiva. Un’omessa

denuncia, per esempio, non è un reato penale, fa di un indagato un innocente,

ma è un reato serio per la giustizia sportiva. Proporrei di aspettare per

capire di più senza agitare subito le nostre passioni sportive. C’è però una

cosa che non mi torna nella vicenda Conte. Carobbio, il suo accusatore, dice

che Conte parlò della combine con il Novara nella riunione tecnica prima della

partita. Cioè davanti a tutta la squadra. Perchè avrebbe dovuto farlo davanti

a tanti testimoni? Che bisogno aveva di “tranquillizzare la squadra” in modo

così ufficiale e palese? Sarebbe stato molto più logico rimanere in silenzio e

far girare parola attraverso uno dei suoi giocatori più fidati. Perchè far

sapere a tutti che sono a conoscenza dell’illecito? Non quadra. E’ però vero

anche l’opposto: perchè Carobbio avrebbe dovuto scegliere per l’accusa un

argomento così facilmente smentibile? C’è qualcosa che sfugge. Potete

aiutarmi?

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TUTTOSPORT 29-05-2012

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-------

Se squalificato, niente panchina

E la Juve rischia la Champions

di ALVARO MORETTI (TUTTOSPORT 29-05-2012)

ROMA. Ma cosa si rischia, in caso di condanna in sede sportiva di Antonio

Conte? Il fatto che l’avviso di garanzia della procura di Cremona sia per

associazione per delinquere non è detto che venga tradotto in sede sportiva

nell’articolo 9, quello dell’associazione finalizzata all’illecito. Il

problema è che in quel caso rischia un trascinamento del club che ha tesserato

Conte, anche se dopo i fatti attribuiti quando era in carica al Siena, dunque

la Juventus. E’ già capitato alla Sampdoria con Bertani, ai sensi

dell’articolo 4. 2 sulla responsabilità oggettiva. La presunta attività

illecita di Conte dovrebbe aver esondato la data del tesseramento, in ogni

caso il problema vero non sarebbe quello della sanzione: Palazzi, eseguendo il

dettato della norma, chiederebbe un punto in classifica, ma anche in Procura

non piace quella norma che punisce chi non ha nessuna responsabilità e le

corti potrebbero ridurre il tutto ad una ammenda. Il problema sarebbe il

requisito morale per l’iscrizione alla Uefa: se sei coinvolto in scandali per

illecito, sei fuori. A prescindere. Ma per Platini conta il momento in cui

avviene il fatto illecito: il caso qui è chiaro, la Juve non può rispondere in

Europa per fatti accaduti al Siena. D’altronde il niet preventivo all’esposto

Juve, basato proprio sulla norma approvata dopo l’iscrizione del Milan

nell’edizione 2006-2007 nonostante la penalizzazione per Calciopoli in

un’edizione vinta proprio dai rossoneri. Da quel 27 aprile 2007 c’è l’articolo

2, che funziona anche come moral suasion, visto il caso Fenerbahce. Per la

cronaca proprio Platini, leggendo le notizie che arrivavano dall’Italia ha

piegato la bocca in una smorfia: «Fare piazza pulita». Ma senza penalizzare

chi non era responsabile dei proprio tesserati all’epoca dei fatti.

E Conte, in caso di squalifica, per qualche mese in caso di omessa denuncia o

di più? Nessuna inibizione allo svolgimento del suo lavoro in allenamento,

niet totale alla guida tecnica in partita sia in Italia che all’Estero.

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La giustizia sportiva

Conte rischia lo stop, la Lazio l´Europa

Corsa contro il tempo per i processi: entro luglio devono arrivare le sentenze

Mano pesante per chi non patteggia: per i giocatori arrestati c´è anche l´ipotesi radiazione

Tra i club Siena e Lecce potrebbero essere retrocessi per responsabilità dei presidenti

di ALBERTO ABBATE & FULVIO BIANCHI (la Repubblica 29-05-2012)

ROMA - E´ la scossa più forte, vacilla il calcio italiano. E si vergogna

maledettamente: «È una giornata amara - sussurra il presidente della Figc

Abete - perché non si può rimanere insensibili di fronte a certe immagini». Il

blitz nel ritiro della nazionale a Coverciano, Mauri e Milanetto in manette

per Lazio-Genoa, Conte indagato per associazione a delinquere e perquisito

insieme al presidente Mezzaroma. Il Siena rischia la retrocessione - qualora

dovesse essere accertato il coinvolgimento del suo presidente - per

responsabilità diretta. Il 31 maggio, nel primo processo sportivo già fissato,

dovrà solo difendersi da quella oggettiva, colpa del suo ex calciatore, il

"superpentito" Carobbio.

Si accavallano le inchieste della Federcalcio con i blitz dei pm, e ormai è

una lotta contro il tempo: a fine luglio va data all´Uefa la lista dei club

italiani ammessi alle Coppe, basterebbero i rinvii a giudizio a escluderli.

Sulla base di quanto accaduto a Samp e Spezia, deferite per fatti risalenti

alle ex società di Bertani e Carobbio, rischierebbe persino la Juve per Conte.

Per fine luglio comunque, al massimo si potrà slittare di un paio di giorni,

non di più (anche perché il 2 agosto l´Inter dovrà giocare i preliminari di

Europa League - povera Inter, magari ci saranno ulteriori sviluppi con

coinvolgimento nerazzurro ndt) bisognerà mettere la parola fine: faranno in

tempo Stefano Palazzi e il suo pool a indagare e a completare i processi? Ci

sono due mesi: pochissimi vista la mole di carte in arrivo anche da Bari.

Soprattutto perché, almeno a Cremona, le indagini sono ancora in corso: «Non

escludiamo possa esserci il coinvolgimento delle dirigenze per Lecce-Lazio»,

ha tuonato addirittura il pm Di Martino. I salentini - già retrocessi -

andrebbero in C, la Lazio non vuole neppure pensare a ipotesi estreme: «Ci

sono sospetti totalmente infondati», urla il comunicato del club.

Palazzi ha già fatto istanza per avere i nuovi atti e conta di tornare a

Cremona proprio per spiegare la sua fretta. In Figc sono abbastanza ottimisti:

«Dovremo farcela». E anche il Coni vuole che si chiuda in fretta: «Con sdegno,

ci auguriamo ci sia la massima severità», dice Petrucci. Lo scandalo però

stavolta ha proporzioni gigantesche e a tremare sono tantissimi tesserati e

club. Chi ha scommesso andrà incontro ad uno stop non inferiore ai due anni e

a una multa minima di 25mila euro. In caso di omessa denuncia, la sanzione è

di otto mesi mentre per l´illecito si parte dai tre anni per arrivare alla

radiazione. Previsti sconti di pena: giovedì al primo processo ad esempio

saranno tantissimi a patteggiare. Nei guai anche i club coinvolti per

responsabilità oggettiva, presunta e diretta. La diretta comporterà la

retrocessione all´ultimo posto in classifica: è quello che rischiano Siena e

Lecce. Negli altri casi, responsabilità oggettiva o presunta, la condanna

dovrà essere afflittiva: vale a dire la "penalizzazione che si appalesi

inefficace nella stagione sportiva in corso può essere fatta scontare, in

tutto o in arte, nella stagione sportiva seguente". La Lazio, ad esempio,

potrebbe scontare 7 punti nel prossimo campionato. Ma attenzione alle squadre

promosse nelle Coppe europee: l´Uefa, il 27 aprile 2007, ha cambiato il

regolamento. Chi viene coinvolto, direttamente e/o indirettamente, in attività

volte ad influenzare il risultato di incontri nazionali o internazionali viene

escluso. Basta, come detto, il coinvolgimento. Per questo la Lazio potrebbe

non partecipare all´Europa League, se le accuse a Mauri fossero confermate

anche in sede sportiva.

-------

I verbali

"Mauri era al soldo degli zingari

e sulla combine tra Lecce e Lazio

d´accordo anche i dirigenti dei club"

Nel mirino la gara tra i salentini e l´Inter. Spunta il nome di Vieri

Mauri manifestava la costante disponibilità, a favore degli "zingari", ad alterare i risultati della Lazio

Su Lecce-Lazio entrambe le squadre erano coinvolte, e presumibilmente anche i capi dei club

di GIULIANO FOSCHINI & MARCO MENSURATI (la Repubblica 29-05-2012)

CREMONA - La storia non insegna. Anzi, spesso si ripete. E così pare quasi di

vederlo, stanotte, su questa pianura illuminata dai lampeggianti della polizia,

quel filo biancoceleste che collega la biografia disordinata di Giorgio

Chinaglia a quella di Bruno Giordano, Lionello Manfredonia, Giuseppe Signori,

fino a quella di Stefano Mauri. Tutti calciatori della Lazio, tutti capitani

nel fango. Ma le accuse della procura di Cremona, questa volta, rischiano di

andare anche oltre, lasciando intuire che non solo i calciatori hanno avuto un

ruolo nelle combine, ma anche le dirigenze dei club. Come del resto, il

procuratore Di Martino dice chiaramente, a fine mattinata. «No, non lo

escludiamo affatto che i dirigenti siano coinvolti. Anzi». Anzi: è l´ipotesi

investigativa della prossima fase dell´indagine.

I CAPI DEI CLUB

La partita chiave, è Lecce-Lazio. Secondo la ricostruzione è la gara che

celebra la saldatura tra il gruppo degli zingari e quello degli ungheresi,

«che si erano recati in Italia - scrive il gip Guido Salvini - portando in

auto 600mila euro destinati alla corruzione dei calciatori. In un primo tempo

si era parlato di corruzione dei giocatori del Lecce, ma poi si comprende

chiaramente che tutte e due le squadre erano coinvolte, e presumibilmente

anche i capi dei club, e cioè i dirigenti». Su quella partita, ha spiegato

ieri il pm Di Martino, «i gruppi criminali realizzano due milioni di euro».

IL RUOLO DI MAURI

Quella partita, dunque, fu organizzata attraverso la corruzione dei giocatori

sia del Lecce, in particolare Vives (indagato a Bari per Bari-Lecce e autore

di un autogol sospetto) e Ferrario, sia della Lazio, in particolare Mauri che

da tempo "collaborava" con gli zingari ai quali era stato presentato dal suo

amico Zamperini. «Mauri - scrive il gip - manifestava la sua costante

disponibilità, a favore del gruppo degli "zingari", ad alterare in cambio di

denaro il naturale risultato di partite della Lazio nell´ambito del campionato

2010-2011, favorendone la vittoria anche per una migliore posizione in

classifica».

IL TELEFONO CRIPTATO

In questi mesi di indagine gli investigatori hanno ricostruito i frequenti

(quasi ossessivi) contatti intervenuti tra Mauri e Hristjan Ilievski e Almir

Gegic, i due capi degli zingari, tracciando alla fine una ragnatela

inquietante di incontri, in hotel o allo stadio, telefonate notturne, sms. Un

vortice di contatti avvenuti perlopiù attraverso un´utenza criptata, che Mauri

si era procurato tramite un complice, e che gli investigatori hanno

individuato e "seguito", ricostruendo tutti i movimenti del calciatore in

corrispondenza delle partite "incriminate". L´ordinanza di custodia cautelare

contiene passaggi abbastanza chiari sul punto. Tipo questo: «Dopo che Ilievski

era atterrato a Roma il 14.5. 2011 (giorno della partita Lazio-Genoa, ndr)

intrattenendo subito una serie di rapporti telefonici con Tan Seet Eng (il

boss di Singapore, ndr), lo stesso giorno alle 10. 14 Mauri inviava sms a

Zamperini che dopo aver parlato con Ilievski alle 11. 39, mandava un sms a

Gervasoni (indagato e reo confesso, ndr) e poi di nuovo a Mauri alle 11, 40. A

partire dalle 12.10, presumibilmente fino alle 15,20, Zamperini e Ilievski si

trovano assieme a Roma. Tra le 12.42 e le 12. 45 i due predetti si trovano

presso il centro sportivo della Lazio, ove si incontrano con Mauri per

definire gli accordi. Quindi Zamperini e Iliesvki si spostano presso l´albergo

di Roma che ospitava i calciatori del Genoa, dove sicuramente Ilievski si

trovava alle 13,04 e nell´occasione si incontrano con il Milanetto (…)».

INTER-LECCE FU COMBINE

I racconti arrivati per rogatoria dall´Ungheria e una "rilettura" delle

vecchie intercettazioni cremonesi alla luce dei fatti nuovi accertati hanno

poi gettato nuovi dubbi su una partita già emersa durante la prima tornata di

un anno fa, Inter-Lecce (1-0) del 2011. Riassume il giudice Salvini: "Il

20.3.2011 alle 17.33 (tre ore prima del match, ndr) Ivan Tisci (esponente di

spicco dell´associazione, ndr) manifestava il suo interessamento anche alla

partita Inter-Lecce. Il giorno dopo, Tisci riferiva a Bellavista di essersi

recato a Milano e di aver appreso dai giocatori, ai quali si era unito Bobo

Vieri, che la squadra dell´Inter aveva fatto "dei danni" in quanto tutti

avevano scommesso sull´Over per la notizia che si era sparsa in giro. Nella

successiva conversazione sempre del 21.3.2011, riprendendo il discorso, Tisci

spiegava a Bellavista quanto aveva appreso circa la partita Inter-Lecce, dalla

quale si desumeva che l´Inter non era stata in grado di ottenere il risultato

perché dall´altra parte, e cioè dalla parte del Lecce, avevano voluto giocare

e solo l´ultimo quarto d´ora si erano messi d´accordo». In un´altra

intercettazione sempre del 21 marzo, «Tisci comunica a Bellavista di avere

appreso, anche da Vieri Cristian (…) che la partita Inter-Lecce era stata

giocata per oltre 700. 000 euro anche sul circuito inglese Bet Fair. In

particolare, le puntate sul risultato finale, over 3. 5, erano assolutamente

prevalenti, fino al punto che la notizia della possibile combine aveva

travalicato i confini nazionali».

-------

SE QUESTO È UNO SPORT

di MAURIZIO CROSETTI (la Repubblica 29-05-2012)

CALCIO marcio, anche in nazionale. È devastante l´immagine delle volanti che

entrano a Coverciano, la casa del pallone, la tana degli azzurri.

È la fine di un mondo, e di un inganno. Come una lapide sulla credibilità del

nostro calcio, uccisa da un anno tremendo: giocatori in galera, il luccichìo

delle manette all´alba, l´allenatore della Juventus indagato per associazione

a delinquere (ma per fatti che si sarebbero svolti quando lui era al Siena),

gli "zingari", gli "ungheresi", campioni fotografati con criminali comuni

fuori da un ristorante. Perquisizioni notturne, computer e telefoni cellulari

sequestrati, cassetti rovesciati, armadi svuotati. Come per le vicende di

mafia, camorra o riciclaggio. Come nei film. Invece, questo sarebbe sport.

Almeno sette partite truccate in serie A, diciassette in B, con diciannove

arresti: anche il capitano della Lazio e l´ex capitano del Genoa dietro le

sbarre. Il calcio non riesce a togliersi lo sporco di uno scandalo, che subito

s´inzacchera con il successivo: siamo ancora qui a discutere sulla terza

stella bianconera, ed ecco che da Calciopoli si passa all´"illecito

strutturale" delle scommesse, una vicenda dai confini mondiali, dall´Asia fino

a casa (o cosa) nostra passando per l´Est europeo, l´Ungheria, la Svizzera.

All´inizio, sembrava una vicenda di quattro balordi, giocatori a fine carriera,

pesci piccoli, squadre minori. Pareva poco più di un furto di galline, una

commedia grottesca con il portiere che mette il sonnifero nell´acqua dei

compagni per stordirli, e perdere meglio la partita tutti insieme. Poi gli

arresti di Beppe Signori, uno dei più forti attaccanti della storia, oggi

accusato pure di riciclaggio, poi i carabinieri da Cristiano Doni che prova a

scappare in garage. Poi le testimonianze dei pentiti, la ragnatela sempre più

estesa fino all´altra parte del mondo, i nomi dei club coinvolti: roba grossa,

enorme. Finché, ieri mattina, il fango non è tracimato addirittura in

nazionale, la squadra che il povero commissario tecnico Prandelli –

l´inventore del sacrosanto codice etico, persona più pulita di uno specchio –

ora dovrà condurre agli europei navigando nella tempesta: Criscito va a casa,

Bonucci invece resta, pure lui indagato, già così sembra una vicenda quasi

impossibile da gestire. Anche se la nazionale, in passato, ha trovato forza

proprio dentro la bufera, vincendo il mundial ´82 dopo le scommesse

preistoriche dei fruttivendoli, e la coppa del 2006 in piena Calciopoli. Ma la

vergogna non può alimentare la statistica.

Il marcio è mondiale, però la fragilità del sistema è tutta nostra. L´ha

messa alla prova, e smascherata, proprio la stagione più nera della storia.

Non solo le scommesse, anche la violenza, anche gli ultrà padroni: come quando,

a Genova, hanno obbligato i loro amati giocatori a levarsi le maglie. E

nessuno lo ha impedito. Così come nessuna regola riesce a vietare che campioni

affermati facciano pubblicità alle scommesse, sia pure legali: forse non è più

il caso, anche per una questione di eleganza. E di credibilità: come può il

tifoso, ingenuo nelle sue passioni ma sempre più stanco e disincantato,

continuare a fidarsi di quello che vede in campo? Come convincerlo che non è

tutto trucco, tutto inganno?

La squadra che rappresenta un intero Paese, la nazionale, e la società più

amata, la Juventus che pure non c´entra niente, come simboli di una ferita

profondissima: è beffardo per i bianconeri, appena tornati campioni d´Italia,

rischiare di perdere l´allenatore che li ha riportati fin lassù. Ma l´accusa

nei confronti di Antonio Conte è grave, non solo omessa denuncia. E nel

diritto sportivo l´onere della prova spetta agli accusati, non agli

accusatori. Il presidente Agnelli si è immediatamente schierato con il suo

allenatore, e ha fatto bene. Ha messo in moto un formidabile apparato legale:

questa volta, c´è da risolvere un problema più grande dello scudetto di

cartone di Moratti e dell´Inter.

Tutto è caos, paura, incertezza. Squadre di grande nome come Lazio, Genoa,

Siena ma anche, in misura minore, Udinese e Chievo, non sanno che campionato

andranno a disputare, con quanti punti di eventuale penalità. E c´è chi

potrebbe addirittura retrocedere. La giustizia penale, con i suoi tempi non

rapidissimi, e quella sportiva, che ha invece esigenze di maggior celerità

(campionati da disegnare, calendari da preparare, tesserati da punire o

assolvere), ora incrociano i territori. Impossibile prevederne l´esito. Le

procure di Cremona, Bari e Lecce hanno agende che non possono essere quelle

della procura federale, ma neppure si può restare troppo in attesa di

giudizio: anche se la fretta della giustizia sportiva, da Calciopoli in avanti,

ha quasi sempre fatto danni. Forse, servirebbe il coraggio di fermare il

calcio per qualche mese, ma interessi economici colossali non lo permettono. È

meglio andare avanti così, in maschera? In attesa di altre manette?

Niente processi sommari, niente colpi di spugna. I giudici, sportivi e

ordinari, si prendano il tempo che occorre alla chiarezza. Nell´attesa, le

istituzioni del nostro sport affrontino finalmente il dovere del cambiamento.

Servono idee e volti diversi per riportare il calcio su un asse di moralità,

per fermare la spaventosa asimmetria etica che lo ha devastato. Il terrore del

nuovo alimenta solo il vecchio male.

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Il pallone di Luciano

Il parallelo con Calciopoli è senza senso

di LUCIANO MOGGI (Libero 29-05-2012)

La piega presa ieri dalla vicenda del calcio scommesse ci amareggia. Non

essendo per natura giustizialisti, restiamo prudenti ed immaginiamo che chi ha

firmato quei provvedimenti l’abbia fatto mosso da prove o quantomeno indizi

inconfutabili. In situazioni del genere il diagramma dovrebbe scattare quando

è stato superato ogni ragionevole dubbio, non abbiamo quindi motivo di credere

che il punto non sia stato soppesato da ogni parte, visto l’esito deciso.

Sarebbe d’altra parte sconvolgente ogni altra valutazione, non

sufficientemente suffragata, perché in procedimenti del genere la vita delle

persone accusate - e anche delle loro famiglie - viene letteralmente

sconvolta. Al punto che anche quando i capi d’accusa vengono smantellati, come

talvolta è accaduto, quelle vite non potranno mai più tornare serene.

L’impressione è di decisioni ponderate, sebbene viste tutte finora dalla parte

dell’accusa. Il nostro ordinamento lascia tempi sufficienti per le difese, ma

chi è stato colpito dai provvedimenti più duri si sentirà travolto più dallo

tsunami della vergogna che dalla consistenza delle accuse, ed è da questa

sensazione che deve uscire prima ancora di cominciare a difendersi.

Dalla parte di Antonio

Non possiamo entrare nel merito, non ci compete e non conosciamo gli atti, ma

conoscendo ad esempio Conte, ora in posizione di indagato, non abbiamo dubbi

che uscirà pulito dalla vicenda: conosce solo lavoro e sudore, la

perquisizione è un atto dovuto, così come quella per Criscito.

In linea generale, vedendo la vicenda nel suo complesso sono comunque da

respingere parallelismi con Calciopoli, qui si indaga su organizzazioni

accusate di lucrare su scommesse e su gare che a questo fine sarebbero state

indirizzate, ci sarebbero movimenti di danaro alla base. In Calciopoli, al

contrario, solo chiacchiere. Ricordate quello che disse Corrado De Biase, pm

del calcio scommesse dell’80, quando gli chiesero un parere su Calciopoli?

«Non c’è traccia di illecito, non c’è danaro, non ci sono assegni. L’illecito

ambientale? Non è un reato, contemplato da nessun codice». E sul procedimento

sportivo, De Biase fu sferzante: «Un aborto giuridico. Quando si vuole

espletare in due settimane un procedimento che richiederebbe almeno sei mesi

per un corretto iter investigativo, non può che venir fuori un aborto

giuridico. Quando si cassa per motivi di tempo un grado di giudizio, quando si

impedisce agli imputati di portare testimoni, dossier e filmati in loro

discolpa, ma si concede solo 15’ per un’arringa difensiva, non si può non

parlare di aborto giuridico. E non venitemi a parlare di normative Uefa o di

liste da dare alla stessa per le coppe europee; i diritti degli imputati, tra

cui quelli di potersi difendere con i mezzi che l’ordinamento mette a loro

disposizione, vengono prima».

Questa dichiarazione la segnaliamo a Del Piero e allo “scemetto” del

quartierino che si è posto in difesa di Alex per scaricare come sempre fango

su altri (Moggi ndr). Non riteniamo infatti che Del Piero abbia bisogno di

difese, la sua storia, come uomo professionalmente inattaccabile, ci è ben

presente e la difendiamo come sempre fatto. Puntualizzare sul numero degli

scudetti non è certamente un attacco, che sono 30 e non 28 per tutti gli

juventini, ancor più per i giocatori, e non possono non essere tali anche per

Del Piero, che li aveva riconosciuti a Trieste nel dopo-partita con

l’Atalanta: «I miei scudetti? Questo è l’ottavo che festeggio. Non ho dubbi».

Ci sembra quindi lecito domandarsi perché i dubbi li abbia avuti dopo.

Rivediamo le sentenze

Sarebbe perciò opportuna la rilettura delle sentenze, anche quelle sportive,

che hanno escluso che qualsiasi gara e qualsiasi campionato siano stati

alterati. Conclusione alla quale è arrivata anche la sentenza penale di primo

grado. Non si capisce perchè la Juve dovrebbe accettare le sentenze sportive

di revoca del titolo ’04-’05 e di non assegnazione di quello ’05-’06. Invece

di insistere sul numero di scudetti della Juve, Abete spieghi perché non ha

revocato lo scudetto regalato all’Inter dal suo ex dirigente Guido Rossi: è

quello il preliminare necessario prima della sua restituzione alla Juve.

Il “mite” Abete, specializzato in due pesi e in due misure, è abbarbicato

alla sua poltrona, non l’hanno smosso il fallimento al Mondiale 2010, la

mancata qualificazione dell’Under alle Olimpiadi, e ancora la perdita

dell’assegnazione dell’Europeo che sta per cominciare. Intende sopravvivere

anche allo tsunami del calcio scommesse? Se non si è mai accorto di niente, è

colpevole quanto meno di omessa vigilanza, abbastanza per avere la dignità e

l’etica (valore a lui ben noto, ma in concezione variabile) per andarsene. Lo

dice Fabrizio Bocca su Repubblica: «I dirigenti sportivi italiani dovrebbero

tutti lasciare le poltrone su cui si sono accomodati per troppo tempo». Da

parte nostra segnaliamo che il Dio del calcio è incavolatissimo in difesa

delle vittime innocenti di Calciopoli.

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