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K A L C I O M A R C I O! - Lo Schifo Continua -

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Corriere.it 09-05-2012

commento scoperto grazie a Gulag

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Arroganza?

Le Leggi dello Sport?

sefz sefz sefz tanto più piccati sono i loro commenti tanto più significa che si sentono un cactus nel cu.lo

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Juventus, terza stella o no?

Montezemolo ha detto sì, Agnelli promette una sorpresa. La terza

stella sulla maglia della Juventus è il caso sportivo del momento:

nel campionato 2012/2013 i bianconeri vestiranno la terza stella,

o si accontenteranno dei 28 scudetti che la giustizia sportiva gli

riconosce? Ecco quando le stelle fanno la differenza

di ALESSANDRO SCARANO (GQ.com 09-05-2012)

La vicenda è nota ai più, ma conviene comunque ricapitolarla. Agli inizi degli

anni Zero, e poi di nuovo verso metà, la Juventus era la squadra da battere.

Vestirono bianconero in quei campionati Inzaghi e Ibra, Viera e Trezeguet. La

allenarono Lippi e Capello, e anche Ancellotti. Capitan Del Piero ai tempi

passava ancora sotto lo pseudonimo di Pinturicchio; dopo un infortunio

occorso all'apice della sua carriera, quando se la giocava faccia a faccia con

Ronaldo (quello originale), non era più lo stesso: con le sue esitazioni sotto

porta, le resurrezioni abbozzate, i lunghi digiuni e le rivalse a suon di gol,

forniva un gran materiale ai vari Tosatti della domenica sera; e comunque da

qualche parte nel mondo c'era sempre un Signor Nessuno aveva segnato un

gol "alladelpiero". C'erano altri Agnelli e altre facce in giro. Anche lo stadio

era diverso. Dal 2001 al 2006 la Juve portò a casa quattro scudetti: dopo

l'epifania europea di fine millennio, la Vecchia Signora si sfogava in

campionato, aggiungeva scudetti a una collezione che già in Italia non

ha tuttora eguali. Poi arrivò il Moggi-gate e il sognò finì. I bianconeri da

campioni diventarono cattivi, e la Juve, che veniva da un filotto di due

campionati vinti, si vide annullati gli scudetti e spedita in Serie B. Dove

ovviamente fece sfracelli e Del Piero infilò più gol che mai, ma questa è

un'altra storia.

Quello che ci interessa qui è una faccenda di semplicissima matematica.

Allora, i numeri sono questi:

27
, il numero di scudetti che la giustizia sportiva riconosceva alla

Juve quando il campionato è iniziato;

29
, il numero di scudetti che, rubati o meno, la Juventus e i suoi

tifosi hanno vinto e festeggiato (con tutto il tipico codazzo di

maschi in mutande urlanti, tifosi che tirano fuori i lenzuoli per

portarli in processione facendo macello con i clacson delle loro Fiat

e spruzzi di champagne a più non posso, perché tanto il calcio

non conosce la crisi, neanche se sei stato in Serie B). Questi

29, ovviamente, sempre al netto del campionato 2011/2012.

Ed è proprio quest'annata a porre la pietra dello scandalo. Perché per la

giustizia sportiva la Juve, conquistato lo scudetto, sale a quota 28, e tanti

saluti. Ma per la giustizia dei tifosi, che i tifosi stessi non riconoscono

come propria ma attribuiscono alla Divinità, il conto fa 30. E come si

sa, ogni dieci scudetti si mette una stella sulla maglia. Quella stella che per i

tifosi l'anno prossimo s'ha da mettere sulla maglia, la giustizia sportiva

invece non l'ammette proprio. Sarebbe come ammettere un furto; d'altra

parte i tifosi gli scudetti li hanno visti vincere, erano lì allo stadio o si sono

pagati la pay-tv, per loro sono veri, verissimi e concreti: come fare a

spiegargli che hanno visto un fantasma? Sembra una tipica storia italiana:

tutti fanno i furbi e i conti non tornano. Andrea Agnelli, presidente

Juventino, promette una sorpresa; Montezemolo rivendica la terza stella.

Chiellini se la sente nel cuore, ha dichiarato. Insomma, tutti gli sguardi

sono rivolti a questioni celesti, alla stella della discordia, e chissà

intanto a bordo di quale campo sguazzano i piedi.

-------

Lo scudetto con tre stelle: ecco cosa dicono

Baudo, Tacconi, Beccantini e Veronesi

di OMAR SCHILLACI (GQ.com 09-05-2012)

Non si sa se sia questa la sorpresa annunciata dal Presidente della Juventus

Agnelli o se abbia in serbo qualcosa di ancora più clamoroso per i propri

tifosi, ma da questa mattina Torino ha potuto ammirare le prime tracce della

caparbietà bianconera.

Allo Juventus Stadium una gru ha trasportato un enorme scudetto con tre

stelle, montato sulla vetrata della tribuna d'onore. Se il presidente della

FIGC Abete o quello della Federazione Beretta domenica dovessero essere

ospiti di Agnelli dovranno passare e ammirare l'installazione. Anche nella sede

di Corso Galileo Ferraris è stata esposta una bandiera con uno scudetto, tre

stelle e, nel caso a qualcuno il concetto non fosse ancora chiaro, un numero

30 a prova di miopi.

Novità anche al centro sportivo di Vinovo. Il difensore De Ceglie si è

presentato a bordo della sua Jeep con il cofano tricolore e le tre stelle

d'ordinanza, una scommessa persa con i tifosi dicono. Mentre i giocatori in

campo sono stati accolti da una composizione floreale a forma di scudetto.

Niente stelle. Forse il giardiniere non era juventino.

LA REAZIONE DEI TIFOSI

Esiste uno juventino che rifiuta la terza stella?

Nella sabauda casa bianconera no. Per ordini aziendali, certo. Ma anche

perché non esiste giocatore che rinnegherebbe le proprie vittorie (vedi Vieira

e Ibra che pur lontani non hanno mai rinunciato a rivendicare quegli scudetti

"vinti sul campo). Si può ipotizzare che gli ultimi arrivati come Borriello, gli

stranieri come Vidal o ex cuori rossoneri come Pirlo non ci perdano il sonno

sulla questione. Ma per il resto fa fede la posizione di Chiellini o Buffon, che

l'ex portiere bianconero Stefano Tacconi ripete come una poesia imparata a

memoria: «nel cuore sono 30 scudetti. Tifosi e giocatori sentono di averne vinti

30 sul campo. Io ne ho vinti 30».

Per trovare posizioni diverse tocca uscire da Torino e disturbare Pippo Baudo,

fresco di visita in casa Jovanotti: «io sono superiore a questa polemica. La

Juve un piccolo rimprovero deve pur muoverselo sulla gestione Moggi. Ostinarsi

sulle tre stelle mi sembra quindi inutile, metterle sulla maglia mi sembra un

gesto da provinciale. Ha più valore lo scudetto che abbiamo vinto quest'anno

da imbattuti».

Meno netto il giornalista e juventinologo Roberto Beccantini: «il

mondo bianconero dovrebbe essere talmente forte da dire: non mettiamola.

Le sentenze vanno rispettate, ma dobbiamo anche ricordare che le

motivazioni della sentenza gettano non pochi dubbi sulle decisioni sportive.

La terza stella ha un valore profondamente simbolico, soprattutto per il tifoso.

Io credo che anche l'interista o il milanista a parti invertite rivendichebbero le

stesse vittorie. Ricordiamoci che siamo il Paese del gol di Turone, fatti degli

Anni 80 che continuano a tormentare il tifoso del nuovo millennio».

E il tifoso del nuovo millennio è tormentato. Come nel caso di Sandro

Veronesi: «la terza stella non è fondamentale in sè. Io però chiedo coerenza.

Se la Federazione decidesse di comportarsi in una maniera degna allora non

sarebbe un problema, ma dato che ciurla nel manico allora non si può impedire

a 14 milioni di tifosi di fare e pensare quello che vogliono. Dal punto di vista

della giustizia sportiva c'è stata un'anomalia. Vorrei capire come è andata

veramente, perché sembra che non se ne possa più parlare. Vorrei capire

perché una parte delle intercettazioni, guarda caso quelle che riguardavano

l'Inter, non sono state prese in considerazione. Se si fa chiarezza e si

riporta equità allora sono disponibile a rinunciare alla terza stella.

Altrimenti me la tengo stretta».

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Beccantini non l'ho mai capito.

Veronesi (non so chi sia) mi pare più credibile.

Baudo, meglio lasciarlo perdere

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Ognuno dice la sua, chi con qualche competenza, chi solo per apparire. Anche io da tifoso rancoroso dico la mia. Bene fa AA a mostrare i 30 scudi e le tre stelle dappertutto.Non esistono regole precise in merito. La FIGC che si è dichiarata incompetente per ritirare uno scudo di cartone come può all'improvviso diventare competente? Solo cambiando le regole, o inventandosene, in corso d'opera, cosa molto gradita e praticata in quel di Roma. Si vada allora allo scontro diretto, ci citino pure in Tribunale se serve per far riaprire farsopoli, cosa che autonomamente avrebbe dovuto fare la stessa FIGC alle notizie provenienti da Napoli, perizie giurate e testimonianze sotto giuramento, l'art.39 del CdGS esisteva non bisognava inventarlo, già ma allora dormivano, erano in letargo in attesa della prescrizione. Paghino il fio delle loro colpe i 444 mln non bastano.

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ilCommento di FRANCO ARTURI (GaSport 10-05-2012)

IL MOSTRO ANTICALCIO

DA UNO SCANDALO ALL'ALTRO RISCHIAMO DI PRODURRE UN MOSTRO: L'ANTICALCIO

Non chiamatelo scandalo di Serie B, ha più l'aria di una retata. Genererà un

maxi-processo per 83 deferiti fra tesserati e società, più del doppio degli

accusati di calciopoli. Ci vorrà il corrispettivo di un'aula-bunker per

tenerli dentro tutti, insieme ai loro avvocati. Ed è solo il primo troncone:

fra qualche settimana parleremo in toto di molta Serie A.

Come vedete, la terminologia che siamo costretti ad usare richiama altri

momenti lugubri della vita nazionale. Si materializza oggi un atto d'accusa

storico nei confronti del calcio italiano che produce purtroppo molta

spazzatura oltre che scudetti, gol e belle giocate. C'è solo l'imbarazzo della

scelta negli ultimi anni: dal doping vero a quello amministrativo, dai bilanci

taroccati ai passaporti falsi, dalle violenze degli ultrà a Calciopoli. Siamo

stanchi, molto stanchi di tutta questa merce avariata.

Questa volta, come nei precedenti degli anni 80, la categoria alla sbarra è

soprattutto quella dei calciatori. E così, dopo aver spesso inquisito e

condannato dirigenti, società e tifosi, abbiamo fatto un miserevole bingo. Non

serve altro per capire qual è il male di questo ambiente e da dove ripartire.

Non desideriamo addentrarci nella materia processuale vera e propria: chi

rischia che cosa lo potete leggere nelle attente ricostruzioni all'interno. Le

dolorose ed inevitabili condanne in arrivo non costituiscono il punto politico

del problema, anche se risultano per le tifoserie l'unica questione di cui

discutere. Riassumiamo.

1 Nel calcio italiano la questione morale è grande come l'iceberg che ha

squarciato il Titanic. La disaffezione è tangibile e parte da una crisi di

credibilità generale. Sulla sponda etica bisogna lavorare in modo molto più

attivo e intraprendente che non su stadi, bilanci, diritti televisivi, beghe

da cortile assortite. La mancata comprensione del potere tossico di queste

aggressioni alle regole è il peccato mortale della classe dirigente del calcio.

2 La giustizia sportiva lavora ormai da anni al traino di quella ordinaria.

Le sue sono rivisitazioni e interpretazioni su carte fornite dalle Procure

della Repubblica. Non c'è importante malefatta dell'intero sport italiano

nell'ultima fase che non abbia questa genesi. Segno dei tempi, probabilmente

inevitabile: solo i magistrati ordinari hanno un reale potere inquisitorio e

soprattutto investigativo. Ma questo non sminuisce per nulla il lavoro dei

magistrati e delle istituzioni sportive, semmai li richiama a rigore, coraggio

e soprattutto tempestività. Non sempre li abbiamo avuti.

3 L'ambiente è malato di faziosità in modo esagerato. Non c'è tifoseria che

rinunci al preventivo «giù le mani da». Le sentenze, se negative, vengono

respinte nella vulgata particolare: il revisionismo e il negazionismo anche

dell'evidenza prevalgono ciecamente su tutto, impedendo di scrivere una storia

condivisa. Il marcio, se c'è, è sempre degli altri. Connivenze e complicità

sono purtroppo la norma.

La conclusione è implacabilmente semplice: bisogna difendere il bene comune,

cioè lo sport più amato dagli italiani. Partendo dal presidio delle regole,

dai comportamenti virtuosi, dai simboli della pulizia. La crisi della nostra

società produce l'antipolitica. Il grande rischio è che traslocando da uno

scandalo all'altro stia per nascere un mostro: l'anticalcio. E' questo che

vogliamo?

___

L'INTERVISTA

PACO D’ONOFRIO, ESPERTO DI DIRITTO SPORTIVO

«Penalità l’anno prossimo.

Quanti pasticci in Figc...»

di FRANCESCO PERUGINI (Libero 10-05-2012)

Un giro di riscaldamento per prepararsi al gran ballo. È questa l’impressione

che ricava l’avvocato Paco D’Onofrio dai primi deferimenti per lo scandalo

Scommessopoli. «I veri guai arriveranno dal secondo filone», dice il difensore

– tra gli altri – di Beppe Signori nel primo processo.

Non ci saranno retrocessioni a tavolino?

«Nessuna società è stata deferita per responsabilità diretta, quindi i giudici

dovrebbero solo infliggere delle penalizzazioni».

Le pene saranno scontate sulle attuali classifiche?

«In teoria potrebbe essere anche così, ma tempi sono ristrettissimi.

L’illecito permette di dimezzare i tempi, ma se le sentenze non arriveranno

per il 30 giugno i punti saranno tolti nella prossima stagione».

Per il criterio dell’«afflittività», però, nessuna squadra può essere

sicura dei risultati ottenuti finora.

«Quello è un criterio molto relativo. Ad esempio il Milan nel 2006 scivolò dal

secondo al quarto posto con la possibilità di giocare la Champions League.

Che afflittività sarebbe?»

Come si regolerà la Corte per le squadre coinvolte in playoff e

playout?

«Anche per queste situazioni delicate, penso che tutte le pene slitterano alla

prossima stagione».

Palazzi ha lavorato male?

«No, ma è tipico dei maxi-deferimenti equiparare situazioni molto diverse e

fare degli errori ».

Quali sono le situazioni più strane?

«Di sicuro c’è quella del Rimini 1912, deferito per Rimini-AlbinoLeffe del

2008. Ma quella era un’altra società, poi fallita, e l’attuale squadra non ha

nemmeno usufruito del Lodo Petrucci. E poi c’è la Samp che paga per fatti

precedenti all’acquisto di Bertani».

Che estate sarà?

«Molto calda, perché insieme a questo filone parte anche un altro troncone

sugli agenti. E poi il secondo filone sulle scommesse: un processo talmente

importante che, secondo me, dovrebbe partire al più presto».

E invece non succederà?

«Ho il sospetto che Palazzi non abbia ancora tutte le carte in mano. Potrebbe

anche essere che Bari e Napoli non gli abbiano ancora spedito nulla. E quando

le procure non parlano, c’è da preoccuparsi».

___

L’INTERVISTA

La sentenza di Stagliano

«Classifiche da riscrivere

e calciatori daradiare»

di STEFANO CARINA (Il Messaggero 10-05-2012)

ROMA – Mario Stagliano, avvocato ed ex vice capo della procura indagini della

Figc, è uno dei massimi esperti in materia di giustizia sportiva.

Prime sensazioni dopo i deferimenti?

«È evidente che l’impianto accusatorio dovrà reggere davanti alla commissione

disciplinare. Ma qualora accadesse, ci saranno delle condanne particolarmente

severe sia per i club che per i tesserati. Questo perché a quest’ultimi

vengono addebitati più fatti, quasi sempre il conseguimento del risultato. E

le società che sono chiamate a rispondere per responsabilità oggettiva, lo

devono fare per il comportamento di più tesserati che hanno queste aggravanti.

Temo che le classifiche verranno riscritte e molti calciatori stanno per

disputare le loro ultime partite della carriera».

Quando verranno attuate le sanzioni?

«La giustizia sportiva deve attenersi al principio dell’afflittività: se ci

saranno dei club ai quali applicando dei punti di penalizzazione in questo

campionato ne trarranno uno svantaggio, la pena va immediatamente

comminata. Mi spiego meglio. Se una società di B è ottava in classifica e le

viene assegnata una sanzione che la fa finire in zona playout, la giustizia sportiva

dovrebbe applicare la penalità in questo campionato. Diverso il discorso per

quei club che lo scorso anno avevano conquistato la promozione, ad esempio

il Novara, e che essendo retrocessi verranno chiamati a scontare la

penalizzazione il prossimo anno».

Ma questo criterio come si concilia con inizio di playoff e play out di e B?

«Credo che la commissione disciplinare riuscirà ad emettere i primi

provvedimenti prima del loro inizio».

E il secondo grado di giudizio? Non verrà preso in considerazione?

«La Lega ha il potere di far slittare l’inizio di playoff e playout».

Dalle parole di Abodi l’impressione che se ne ricava è l’opposta.

«Sarà la commissione disciplinare a decidere il criterio. Ma se le pene

saranno comminate in questo torneo e la Lega deciderà di far disputare lo

stesso playout e playoff, l’eventuale club danneggiato si rivolgerà alla Corte

di giustizia, al Tnas e poi al Tar, con il risultato pressoché scritto. . . ».

Avendo letto alcune imputazioni nei confronti dei club di serie B,

cosa bisogna attendersi per il secondo filone di deferimenti che

riguarderà le società di serie A?

«Le motivazioni con le quali è stato dato credito alle parole di Gervasoni,

mi fanno ritenere che rischino tantissimo».

Modificato da Ghost Dog

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ilCommento di FRANCO ARTURI (GaSport 10-05-2012)

IL MOSTRO ANTICALCIO

DA UNO SCANDALO ALL'ALTRO RISCHIAMO DI PRODURRE UN MOSTRO: L'ANTICALCIO

[...]

La conclusione è implacabilmente semplice: bisogna difendere il bene

comune, cioè lo sport più amato dagli italiani. Partendo dal presidio delle

regole, dai comportamenti virtuosi, dai simboli della pulizia. La crisi della

nostra società produce l'antipolitica. Il grande rischio è che traslocando

da uno scandalo all'altro stia per nascere un mostro: l'anticalcio.

E' questo che vogliamo?

Sono davvero impazziti: la rosea crisi di fiducia e di vendite è tangibile.

Vogliamo un' AntiĠazzetta, comunque.

Modificato da Ghost Dog

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Arroganza?

Le Leggi dello Sport?

Ha traslocato nella sua realtà parallela......cit

Ognuno può rivendicare..."

Questo , sta fuori come un balcone...... .asd

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Inviato (modificato)

E' proprio Calciopoli il vero scandalo?

di ANGELO RIBELLE (JUVENTINOVERO.COM 10-05-2012)

Forse, focalizzandosi col faro puntato solo sulla Grande Farsa, e

analizzandone i singoli frames, a qualcuno può sfuggire cosa essa sia

davvero e come invece venga esibita al volgo. Perché dal 2006 ad oggi la

parola scandalo più associata al calcio è ‘Calciopoli’, quasi un sinonimo; e

c’è di più: non di rado, quando si parla di situazioni scabrose che toccano

l’attuale mondo del pallone, spunta, a mo’ di illustrazione, c’entri o non c’entri,

la foto di Moggi: radiato dalla Figc, ma non dall’immaginario collettivo e dalla

memoria dell’occhio e della mente di chi ha come mission quella di orientare

l’opinione pubblica.

E questo mondo mediatico (non dell’informazione, che è ben altro, e che

presuppone obiettività e non spirito di evangelizzazione) amplifica e nasconde

la realtà, a suo insindacabile giudizio: in ossequio al sentimento popolare,

demonizza alcune vicende e ne seppellisce altre.

Perché… chi nomina più Passaportopoli? Chi parla più del passaporto di

Recoba o di quello di Veron? La differenza con Calciopoli sta nel fatto che

quello scandalo non partorì deferimenti e 'condanne esemplari' per alcuna

delle società coinvolte, ma solo un primo aborto giuridico, per usare le parole

con cui De Biase (uno dei partorienti, in compagnia, tanto per fare un nome,

di Sandulli) avrebbe poi bollato proprio la sentenza su Calciopoli; perché si

arrivò, grazie alle pressioni di chi già allora certo non dormiva, ad un

cambiamento delle regole in corsa: e così, en passant, la Roma poté

tesserare Nakata, che avrebbe giustiziato lo scudetto bianconero,

tingendolo di giallorosso.

E Bilanciopoli cosa sarà mai? Il fratellino di Plusvalenzopoli e di

Marchiopoli, il cui dna è reperibile nella Legge Salvacalcio del 2003, che

ha consentito ai soliti noti (Milan, Inter, Roma, Lazio) di continuare nelle

loro gestioni economicamente dissennate (cui si contrapponeva il rigore

della Triade). E tutto finì nel nulla perché mica si poteva usare il pugno di

ferro: “Non possiamo dimenticare che abbiamo bisogno sia di Inter che

di Milan, perché in un modo o nell’altro continuano a mettere dei soldi”,

disse Matarrese; ed è proprio il modo che ci inquieta.

E così via, di scandalo in scandalo. Due esempi, che anch’essi hanno

come loro alimento fondamentale quello straordinario veicolo che è il

danaro (che è il grande assente di Calciopoli), sono saliti alla ribalta proprio

di recente: ma in realtà allignano da tempo nel mondo di questo calcio.

Parliamo di Scommessopoli, col suo carico di partite vendute, di

scommesse, di ‘zingari’, di pentiti: ci lavorano tre Procure della Repubblica

(Cremona, Bari e Napoli) e il Procuratore Federale Palazzi; che dovrà star

bene attento a distinguere il grano dal loglio: infatti, tenendo conto delle

peculiarità della giustizia sportiva che pone l’onere della prova a carico

dell’accusato, occorreranno cautela e riscontri prima di prendere per oro

colato le parole di chi, nel tentativo di alleggerire le proprie posizioni (sul

fronte sportivo e giudiziario), dice di vuotare il sacco.

E poi c’è l’altro scandalo, ancora tutto da scoprire, sui procuratori,

per una storia gigantesca di evasione fiscale che vedrebbe anche la

connivenza delle società calcistiche, che iscrivevano i costi sostenuti e

derivanti dalle prestazioni professionali rese dagli agenti dei calciatori

nella voce ‘Diritti pluriennali dei calciatori professionisti’, eludendo cosi

le imposte sul valore aggiunto e sui redditi: così affermano la Guardia

di Finanza e la Procura di Piacenza, che indagavano sul fallimento del

Piacenza calcio.

E tutto ciò è solo la punta dell’iceberg rappresentato da un calcio

malato: un calcio in balìa degli ultras (lo dicono i fatti di Genoa in primis,

ma anche a Roma la situazione non è rosea); un calcio preda del denaro

(altro che la maglia…) e perciò succube di chi gliene dà (pay tv, tanto

per stare nella legalità); un calcio in cui a decidere il migliore non è più il

campo (troppo spesso di patate) ma il vento mediatico che segue,

orienta e spinge il sentimento popolare; un calcio dove Lega e Figc

giocano a nascondino, continuano a decidere di non decidere nulla: poi

magari, quando meno te l’aspetti, ricacciano fuori la testolina per far valere

un’autorità che è in realtà solo un guscio vuoto, perché priva di qualsiasi

contenuto di autorevolezza; il che non fa altro che aumentare il disordine e la

litigiosità di un mondo che sta perdendo sempre più la sua credibilità. Anche

perché, proprio con Farsopoli, ha dimenticato la giustizia, che altro non è

che la trasposizione, sul piano del diritto, dell’equità, intesa come parità di

trattamento: l'altra grande assente di Farsopoli.

E, dunque, è proprio Calciopoli il vero scandalo? O non è invece la coperta,

corta in verità, che viene tirata fuori ogniqualvolta si vogliono coprire

inefficienze e scandali veri?

Secondo me è la coperta...

Modificato da Ghost Dog

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ci ho ragione, allora ghgh ghgh ghgh ghgh

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Inviato (modificato)

Juventini e no

Stefano Nazzi -ilpost.it - 10-05-2012

Andrea Agnelli non sta facendo molto per rendere la Juventus una squadra simpatica. Diciamo che la strategia è un po’ quella del marchese del Grillo: «Io so’ io e voi non siete un C***O». Così all’ingresso dello Juventus Stadium, a Torino, è stato appeso un grande scudetto con la scritta 30. Per la giustizia sportiva e per tutto il resto del mondo gli scudetti sono 28. Ci sarà una sorpresa sulle magliette, è stato detto. Immagino che la famosa terza stella in qualche modo comparirà. Insomma, i fatti sono questi: alla Juventus, in seguito allo scandalo di calciopoli del 2006, due campionati vinti sono stati revocati: quello del 2004-2005 non è stato assegnato; quello del 2005-2006 è stato assegnato all’Inter perché le prime due della classifica sono state penalizzate. Non è una questione opinabile: ci sono stati verdetti sportivi, i dirigenti juventini di allora sono stati radiati. Già, dice la Juventus oggi, «ma noi quegli scudetti li abbiamo vinti sul campo». Però il campo era quello che aveva “disegnato” Moggi.

Intendiamoci, non muore nessuno se la Juventus si mette tre stelle sul petto. Qualche fischio in più sui campi dove andrà a giocare l’anno prossimo, tutto lì. Però anche questo è un bello specchio dell’Italia. Qui tutti dicono la frase di rito: «Le sentenze si rispettano» e poi però fanno assolutamente quello che gli pare. Non credo che in Inghilterra o Germania potrebbe accadere, federazione calcio e lega delle squadre di serie A prenderebbero provvedimenti. Qui per ora tutto tace: se non interverranno è come se non esistessero.

E a quel punto però varrà tutto. Il Milan avrebbe potuto far girare classifiche parallele con i tre punti in più dovuti al gol di Muntari non assegnato durante Milan-Juventus. Andando indietro la Roma potrebbe prendersi lo scudetto 1980-1981, quello del gol di Turone e della questione di centimetri. E l’Inter quello del 1997-1998 quando Iuliano buttò giù Ronaldo in area e l’arbitro si voltò dall’altra parte. E poi ci sono le storie di oggi. Seguendo questo principio una squadra che sarà eventualmente retrocessa in serie B per l’attuale scandalo scommesse potrà presentarsi l’anno prossimo sui campi di serie A dicendo «Ma noi la serie A ce la siamo conquistata sul campo».

Non tutti nella Juventus sono per la linea dura. Così anche tra i tifosi: quando scoppiò lo scandalo nel 2006 la stessa componente ultras si spaccò in due tronconi, una parte difese la società senza se e senza ma, un’altra, consistente, contestò Moggi, Bettega e Giraudo. Credo che quella curva sia ancora divisa.

Vedremo domenica, ultima di campionato, che atteggiamento prenderà la Juventus, che polemiche ci saranno. Forse la dirigenza dirà «Le sentenze si rispettano» e le rispetterà davvero. Credo che però sia improbabile. Ma io non sono juventino, si era capito, no?

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Punti e stelle

Luca Sofri - wittgenstein.it -10-05-2012

Al di là del merito e delle tifoserie (non sono juventino, non sono interista, non ho interessi in ballo), ho un’obiezione “tecnica” a quello che scriveva ieri Michele Serra e a quello che scrive oggi Stefano Nazzi, sull’implicazione sovversiva e di violazione delle regole della pretesa della Juventus di attribuirsi 30 scudetti e 3 stelle.

Riassumo Serra – col quale già ne parlammo – in pochissime parole: se decidi di comportarti come se una sentenza pronunciata da un organismo che implicitamente rispetti e condividi sia sbagliata, ne mini le fondamenta e fai saltare tutto il patto.

L’obiezione è che Serra confonde l’obbedienza a una regola con la sua contestazione, confonde un reato con un’opinione. La Juve non è parte dell’istituzione, non è tenuta a condividere pubblicamente i suoi pronunciamenti, mentre è tenuta invece a obbedirvi: anche perché se non lo facesse compierebbe nuove violazioni di regole che sarebbero sanzionate.

La Juve non ha deciso di non partecipare più al campionato (poteva farlo, se avesse voluto mettere in discussione il sistema), o di andare alla sede dell’Inter e portarsi via dei trofei: sta solo manifestando il suo dissenso da quella sentenza, che ha comunque inevitabilmente subito e “rispettato”, punti di penalizzazione compresi. Ufficialmente, gli scudetti sono 28, punto.

L’equivoco è importante, perché discende direttamente dalla pretestuosa obiezione che nella società civile pretende che non si possano discutere e criticare le sentenze della magistratura: il “rispetto delle sentenze” è una formula ingannevole e strumentale usata per mettere a tacere i dissensi. Le sentenze le fa rispettare lo Stato, e la forza pubblica, eventualmente: ma io, mentre le subisco, mentre sconto la pena, ho diritto di dire che non è giusto e che per me il colpevole non sono io. Ho diritto di dirmi innocente, che lo sia o no. Ho diritto di fare tutto quello che non violi una regola scritta, nel qual caso ne sarò perseguito. E sostenere che esercitando questo diritto io metta a rischio il patto sociale è un ricatto morale che trascura la libertà di opinione.

La Juventus ha 28 scudetti, punto. E ha diritto di dire che ne ha vinti 30. Punto.

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LO SCANDALO

Calcioscommesse, arrestati ultras del Bari

chiesero ai giocatori di perdere tre partite

repubblica.it -10-05-2012

Operazione dei carabinieri del comando provinciale del capoluogo pugliese. Contestato il reato di violenza privata aggravata. Non ci sarebbero collegamenti con la criminalità organizzata. A parlare delle richieste dei tifosi l'ex centrocampista barese Marco Rossi, ora al Cesena, e l'ex capitano Jean Francois Gillet, ora portiere del Bologna

BARI - Non sembra mai finire il baratro in cui è caduto il calcio italiano, devastato dal nuovo scandalo del calcioscommesse. E quando non sono i calciatori a ideare e sponsorizzare combine, sono i tifosi: i carabinieri del comando provinciale di Bari hanno eseguito una serie di arresti contro capi ultras della squadra biancorossa che avrebbero chiesto ai giocatori di perderealmeno tre partite per assicurarsi forti vincite con le scommesse. Ai tre indagati viene contestato il reato di concorso in violenza privata aggravata. Dalle indagini - a quanto si è saputo - non sarebbero emersi collegamenti dei capi ultrà con ambienti della criminalità organizzata, come invece si era ipotizzato in un primo momento. Ma, oltre alle minacce ai giocatori, i tre, secondo le accuse, preparavano ritorsioni nei confronti di due giornalisti (dei quali si parla in alcuni colloqui telefonici intercettati) in seguito ai commenti che gli stessi hanno fatto nei loro articoli censurando le minacce dei tre tifosi ai danni di calciatori biancorossi dopo l'arresto di Andrea Masiello del 2 aprile scorso.

Il procuratore Laudati, durante la conferenza stampa nella quale è stata illustrata l'operazione, ha detto: "I giornalisti hanno rischiato molto,

a loro va la mia solidarietà. Sono i fari nel clima oscuro e omertoso nel mondo della criminalità organizzata". Gli arresti, ha spiegato Laudati, sono stati eseguiti "perché le intimidazioni proseguivano e c'era il rischio di inquinare le indagini". Il procuratore ha aggiunto che "era stata organizzata anche una spedizione punitiva a Bologna per indurre Gillet a ritrattare".

FOTO GLI ULTRAS ARRESTATI, VOLEVANO 'SALVARE' IL BARI

FOTO 'IL PARIGINO' CON GILLET, CASSANO E VENTURA

SCHEDE CHI SONO GLI ULTRAS ARRESTATI

I capi della tifoseria finiti in manette sono Raffaele Lo Iacono, Roberto Sblendorio (portati in carcere) e Alberto Savarese (ai domiciliari): da loro pretese e minacce per costringere alla sconfitta in alcune partite parlano negli interrogatori a cui sono stati sottoposti nei mesi scorsi l'ex difensore barese Marco Rossi, ora al Cesena, e l'ex capitano del Bari Jean Francois Gillet, ora portiere del Bologna. Entrambi hanno sostenuto che le richieste degli ultrà furono respinte. Gli arrestati sono accusati di aver tentato di imporre ai calciatori, prendendone uno a schiaffi, di perdere le successive gare di serie A.

I fatti contestati si riferiscono alla stagione agonistica 2010/2011, quando il Bari militava ancora nella massima serie del campionato di calcio ed ormai ultimo in classifica, era ad un passo dalla sicura retrocessione in ''B''. Emergono propositi ritorsivi , di alcuni calciatori e di ultrà di altre squadre di calcio dal provvedimento di arresto notificato dai carabinieri a tre capi della tifoseria barese.

Sono tre le gare che i capi ultrà volevano 'far fruttare', con forti vincite col calcioscommesse, puntanto sulle sconfitte pretese dai biancorossi: si tratta di Bari-Samp (23 aprile 2011, 0-1), che segnò la retrocessione matematica dei biancorossi, Cesena-Bari (17 aprile 2011, 1-0), Bari-Chievo (1-2, del 20 marzo 2011). Rossi (ascoltato come indagato) ha detto agli investigatori che "poco prima della partita Cesena-Bari, alcuni capi ultrà avevano intimato ai rappresentanti dei giocatori, tra cui il portiere Gillet e lo stesso Andrea Masiello, di perdere le successive due partite di campionato, ovvero Cesena-Bari e Bari-Sampdoria, in quanto avevano essi stessi scommesso sulla sconfitta del Bari".

Laudati ha spiegato che i tre arrestati devono rispondere di violenza privata "perché in più occasioni questi personaggi, che non definisco tifosi perché ho rispetto della parola 'tifosi', si sono resi protagonisti di atti violenti nei confronti di giocatori del Bari al fine di perdere le partite, non di propria iniziativa ma mandati da alcuni scommettitori". I tre ultras durante lo scorso campionato minacciarono alcuni calciatori del club biancorosso di perdere le tre gare con Samp, Cesena e Chievo. "Il primo episodio si è verificato durante l'antidoping di Bari-Chievo - racconta Laudati - quando si sono introdotti nello spogliatoio per fare minacce. Il secondo episodio è stato invece prima di Cesena-Bari e il terzo prima di Bari-Samp, quando sono andati sul campo, hanno preso anche a schiaffi i calciatori e li hanno minacciati creando un clima di paura".

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Sono 30, non uno di meno

di ANTONIO CORSA (uccellinodidelpiero.com 10-05-2012)

Sapete cosa mi fa più sorridere dei soloni moralisti che in questi giorni si

stanno riempendo la bocca sulla terza stella giustamente e orgogliosamente

rivendicata dalla Juventus? Che ne fanno ormai un fatto di forma e non più

di sostanza. E a me, che sono all’antica, piace la sostanza. Dice: ci sono delle

sentenze sportive che vanno rispettate. Per questo, gli Scudetti sarebbero

28 e dovremmo adeguarci. Chi lo dice non prova neanche più ad entrare nel

merito, rivendicando partite truccate o comportamenti illeciti: nonostante ci

abbiano provato subito dopo la condanna di Moggi a Napoli, le sentenze sono

scritte in un italiano davvero troppo comprensibile per stravolgerle, e

dicono chiaramente che il campionato 2004/05 non fu alterato, mentre

quello successivo non fu oggetto d’indagine. Ora va di moda il rispetto delle

regole, la forma. “Le sentenze si accettano”, “voltiamo pagina”, eccetera.

Quello che questa gente non ha capito, però, e anche in questo caso il

Presidente (sempre sia lodato) Andrea Agnelli si è espresso in un italiano

fin troppo chiaro per poterlo stravolgere, è che il punto è la disparità di

trattamento, giudicata da questa dirigenza intollerabile. Non ne parlano i

giornalisti, di questo, perché fa male e non saprebbero che dire (ovvero

ci sarebbe tanto da dire, ma si troverebbero in difficoltà a farlo). Chi non

riconosce la legittimità della terza stella e dei 30 Scudetti vinti sul campo,

infatti, per coerenza – ed è in questo la sfida della Juventus – dovrebbe

essere in prima linea anche per un’altra battaglia, ovvero quella per far

togliere uno scudetto dal palmares dell’Inter e, in un mondo perfetto,

anche di una Champions League da quello del Milan.

Entrambi i trofei sono infatti nelle rispettive bacheche esclusivamente

tramite scorciatoie e raggiri: il cartonato dei nerazzurri, lo sanno tutti

e nessuno mai lo ricorda, è lì solo perchè chi di dovere ha aspettato

talmente tanto a dare risposta ad un esposto presentato dalla Juventus

(e anche qui: era scritto in un italiano semplice..), che ha fatto scattare

la prescrizione. Su di esso non c’è alcuna sentenza sportiva, ma etica sì

(oltre ad una dettagliata relazione di Palazzi). Eppure gli stessi che si

scandalizzano per la terza stella e per un club che teoricamente

prenderebbe in giro le istituzioni rivendicando qualcosa (per loro) non

suo, non hanno lo stesso atteggiamento con l’Inter.

O col Milan, che ha potuto partecipare (e vincere) una Champions solo per

un buco normativo di un’incazzatissima UEFA che, per capire la situazione,

ha creato una regola che in gergo dovrebbe prendere il nome proprio dal

Milan, ovvero il divieto di far partecipare a competizioni europee squadre

che siano state condannate dalla giustizia sportiva. Sappiamo tutti come

andò nel 2006 e perchè alla fine la squalifica fu ridotta di quel giusto per

far iscrivere il Milan alla Coppa, non c’è bisogno di ricordarlo. Eppure

nessuno ha mai messo in dubbio la “moralità” di quella vittoria. Non in

Italia, almeno (all’estero, come detto, l’hanno fatto eccome).

Molto più facile mettere due sţronzate in fila contro di noi, miste a

retorica e ad un moralismo da quattro soldi. “Vende” pure di più. Ed è

per questo che, se questo è il nostro Paese e soprattutto se queste sono

le nostre istituzioni, a maggior ragione è giusto delegittimarli ed esporli

ad una figura di melma mondiale. Sono trenta, non uno in meno. Se ne

sono capaci, che ci provassero, a togliercele. Stavolta non ci sarà alcun

passo indietro.

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Un po’ Agnelli e molto Giraudo

di STEFANO OLIVARI dal blog GUERIN SPORTIVO 10-05-2012

Andrea Agnelli dovrebbe iscrivere la Juventus al campionato francese o a

quello svizzero, se ritiene che la FIGC sia nemica della Juventus. Se non lo

ritiene, o comunque se vuole partecipare ai suoi tornei, dovrebbe rispettarne

le sue sentenze. Anche a quelle che ritiene ingiuste, perché non è che una

sentenza sia per definizione giusta. In tutta questa carnevalata della terza

stella, iniziata con lo stadio, che prevedibilmente aprirà rivendicazioni

di ogni tipo da parte di altri (se l’albo d’oro non va in prescrizione si

potrebbero riaprire almeno metà dei campionati alla luce di rivelazioni

‘successive’), sfugge la logica di un comportamento che solletica solo il

moggismo più becero e va addirittura contro il sentimento dei giocatori

bianconeri. Anche di ‘quelli che c’erano’, come Buffon e Del Piero, che al

riguardo sono stati chiari: ‘Quei due scudetti li sentiamo nostri, ma adesso

pensiamo al presente’. Visto che Agnelli è solo arrogante, di quell’arroganza

che deriva da un secolo di Fiat padrona reale d’Italia (prima di essere

schiantata da chi produce macchine migliori), ma certamente non stupido,

sa che il regolamento riguardo alle maglie impedisce chiaramente qualsiasi

soluzione grafica che non sia esplicitamente ammessa, con la Lega di Beretta

(scattano le risate) che dovrebbe fare da controllore. Insomma, visto che il

prodotto Juve non deve essere venduto perché ha già i suoi acquirenti, non

si può parlare nemmeno di marketing. Abbiamo ascoltato il radiato Luciano

Moggi a Radio 24 sostenere che con Agnelli si sente regolarmente, ma ci è

sembrato un penoso voler mettere il cappello su uno scudetto in cui lui non

c’entra nemmeno per interposto dirigente. In questo agitarsi senza un vero

perché di Agnelli non vediamo la furbizia che è propria di Moggi, ma

piuttosto la cattiveria dell’altro grande radiato della situazione, Antonio

Giraudo, lui sì rimasto vicino (non ufficialmente) al figlio del suo vecchio

capo, attraverso consigli e strategie. Quale è il senso di tutto questo? Il

solito: minacciare cento per ottenere venti, magari su altri tavoli. Per adesso

ci guadagnano i rivenditori di merchandising taroccato, ma quando ci sarà

da fare politica sportiva vera allora queste minacce, seguite prevedibilmente

da un gesto distensivo in cui Agnelli reciterà la parte del magnanimo,

torneranno buone.

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Tre stelle alla Juve: male necessario per farla smettere?

Nuovo stemma su sede e stadio (che già espone gli altri 29). Novara e Casale non hanno vinto 10 campionati. Eppure...

Mario Celi - il Giornale.it - 10-05-2012

«Dica 30...3». Ai tifosi della Juventus viene benissimo rispondere, è la cosa più facile del mondo: 30 come gli scudetti vinti sul campo secondo il presidente Andrea Agnelli e qualche milione di bianconeri, 3 come le stelle che il club vuole cucire sulle maglie nella prossima stagione, una ogni dieci scudetti vinti.

E, affinché non ci siano dubbi, la Juve si è portata avanti: fuori dalla sede del club è stata esposta la bandiera con lo scudetto, sulla quale campeggia il numero 30 e la tanto discussa terza stella. Iniziativa promossa anche dal sito web della società: «Se vi capita di passare dalle parti di corso Galileo Ferraris, a Torino, quando arrivate vicino al numero civico 32, alzate lo sguardo al cielo - si legge -. E ammiratela. Da questa mattina, sventola la bandiera più bella». Lo stemma tricolore con il numero 30 e la terza stella è stato esposto anche nell’altra «casa» bianconera, all’ingresso dello Juventus Stadium, in vista della grande festa di domenica pomeriggio per la sfida contro l’Atalanta, ultima giornata di campionato.

Una provocazione? Non più dei 29 scudetti che già fanno mostra di sé nel corridoio che dagli spogliatoi porta al campo di gioco dello Juventus Stadium. Ventinove stemmi davanti ai quali sono sfilate tutte le squadre ospiti (soltanto l’Inter diede cenni di nervosismo). E 29 più 1 fa 30. Non più provocatorio di Ibrahimovic quando dice di aver vinto nove scudetti in cinque squadre diverse. Perché due di quegli scudetti li ha festeggiati con addosso la maglia della Juventus e sono proprio quelli «abbattuti» da calciopoli. Non più provocatorio, forse suo malgrado, di Giancarlo «Ponziopilato» Abete, presidente di una Federazione Giuoco Calcio che nel luglio del 2011 decide di non decidere sul ricorso contro lo scudetto 2006 assegnato a tavolino all’Inter. «Sindrome di incompetenza» ritenuta irrispettosa dai vertici bianconeri.

Quindi si va avanti con le stelle, assolutamente tre. Un modo per riaffermare la richiesta di giustizia, dopo la scoperta tardiva del filone di intercettazioni che riguardava anche l’Inter, finito però, come si sa, in prescrizione. Perché in tutta questa storia, almeno due domande hanno risposte chiare. Se il procuratore Palazzi, nel 2006, fosse stato a conoscenza di quanto emerso successivamente al processo di Napoli, avrebbe deferito anche l’Inter? Sì. E si sarebbe mai potuto assegnare all’Inter lo scudetto revocato alla Juve? No.

Per questo la Juventus reclama quei due scudetti vinti sul campo e tolti dalla Federcalcio «per slealtà sportiva e illecito strutturale», come affermano le sentenze passate in giudicato. E se la Juve non vuole rinunciare agli scudetti vinti sul campo, l’Inter non ha alcuna intenzione di restituire il suo scudetto non vinto ma assegnatole dal commissario federale Guido Rossi, suo ex consigliere d’amministrazione. Tornare a 17 sarebbe inaccettabile.

Posizioni da sei anni inconciliabili soprattutto a causa di una Federcalcio incapace di imporre il rispetto di regole, invocate a volte anche a sproposito e in alcuni casi inesistenti (come quelle che regolano le divise delle squadre di Serie A e non citano la parola «stella» e la relativa tradizione). Ed è un guaio che il calcio italiano non abbia organi di governo, né federali né di Lega, capaci di reggere e tenere la direzione politica e amministrativa di un settore che, indotto incluso, è la quinta industria del Paese. E amministrare giustizia senza vendette o peloso buonismo.

In fondo, concedere la terza stella alla Juve potrebbe essere il male minore purché la si finisca con questa stucchevole guerra santa da una parte e dall’altra.

Potrebbe essere un compromesso accettabile, quello delle tre stelle sulla maglia. Ad esempio, Novara e Casale hanno una stella nel loro stemma. Ma non si sognano di affermare di aver vinto 10 scudetti.

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Mi servirebbe la sentenza di calciopoli che dice che il campionato 2004/2005 non era truccato. Dove la trovo?

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Mi servirebbe la sentenza di calciopoli che dice che il campionato 2004/2005 non era truccato. Dove la trovo?

Ti devo linkare la Gazza

P.s.

Se vuoi dare un'occhiata agli articoli di giornale del periodo

(febbraio 2012) puoi consultare questo topic dalla pagina 132.

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SPY CALCIO

VIA ALLA FASE NUMERO 2 - PALAZZI A BARI PER LE CARTE

Fulvio Bianchi - repubblica.it - 10-5-2012

Via alla fase numero 2: domattina, alle ore 10, il procuratore Figc, Stefano Palazzi, sarà a Bari dove incontrerà il capo della Procura della Repubblica, Antonio Laudati. Fra i due ci sono ottimi rapporti: tra l'altro Palazzi, magistrato militare, è stato anche auditore di Laudati. Non si sa ancora quali e quante carte Bari potrà fare avere a Palazzi, ma di sicuro si dovrebbe trattare di un materiale più che consistente, che riguarda fra l'altro i due club pugliesi, il Bari e il Lecce. A tremare anche la Sampdoria. Un altro lavoro immenso quindi attende gli 007 della Figc che percepiscono solo 40 euro al giorno (vero, presidente Abete?). Per mettere a punto tutti i deferimenti dell'altro giorno, Palazzi e il suo pool hanno lavorato anche di notte: gli uffici di via Po sono stati tenuti aperti "h 24" venerdì, sabato e domenica scorsi. Ora, come detto, la seconda ondata. Bari è pronta a consegnare le carte, nessuna notizia invece almeno per adesso da Napoli. Di sicuro, nella seconda trance saranno coinvolte altre squadre di serie A, dopo Atalanta, Novara e Siena, già rinviate a giudizio.

Alla fine potrebbero essere una decina ad andare a processo, con responsabilità diverse. Palazzi spera di chiudere la nuova inchiesta entro giugno (ma dovrà sentire tantissima gente): la Figc vuole che i processi si concludano entro luglio, in modo da poter presentare all'Uefa, magari con un piccolo slittamento, già ai primi di agosto la lista delle italiane iscritte alle Coppe.

Da stabilire ora i tempi del primo processo che si terrà all'Olimpico: di sicuro dopo il 21 maggio, non prima. "I playoff e playout per ora non slittano", sostiene Andrea Abodi, presidente della Lega di B. Ma è possibile che anziché il 30 maggio, partano qualche giorno dopo: non si giocherebbe comunque a cavallo della gare azzurre agli Europei (10, 14 e 18 giugno). La B rischia di essere sconvolta. Così come la Lega Pro e qualche club, magari retrocesso, potrebbe avere in futuro seri problemi per iscriversi al campionato. Un caos che durerà tutta l'estate, ma quello che sta venendo fuori da intercettazioni e verbali è sconvolgente.

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TEMPO SCADUTO

LA FRETTA DELLA FIGC SOLO UN TRISTE SLOGAN

Aligi Pontani - repubblica.it - 10-05-2012

A tutta velocità, con i finestrini aperti e i capelli di Palazzi sconvolti dal vento. E' questa l'immagine della macchina della giustizia sportiva, lanciata a tavoletta sulla pista piena di buche del calcio scommesse. Non è però un'immagine allegra: dietro ogni curva, anche quella svoltata ieri con la prima tranche di deferimenti, c'è un muro. E l'impressione è che la Federcalcio tutta finirà presto per schiantarcisi contro.

Faremo bene e in fretta, aveva promesso a marzo l'incauto Abete, presidente federale risvegliato dal rumore del crollo dopo aver ignorato con un'alzata di spalle mesi di orribili scricchiolii. Faremo entro aprile, si era spinto ad azzardare. Al netto di un trascurabile ritardo di 10 giorni, ora c'è da chiedergli: sì, ma faremo cosa, benedetti signori? Perché la pirotecnica ondata di provveddimenti annunciati ieri, decine di club e calciatori da processare più o meno istantaneamente, non ha fatto in realtà che confermare, nelle sue modalità, tutti i timori sulla capacità delle strutture federali di gestire uno scandalo lontanissimo dall'essere ormai chiarito, con almeno tre procure ancora al lavoro, processi sportivi istruiti contro squadre e tesserati ancora nel mirino dei magistrati, notizie fresche di giornata che rischiano e rischieranno sempre più di modificare, ampliare, chiarire la materia sulla quale tra due settimane dovrebbero essere emessi dei verdetti.

Si può fare bene qualcosa, in un contesto del genere? No, non si può. Si può solo fare in fretta. E nel caso specifico, si può solo fare male. Basti pensare all'incredibile doppio binario utilizzato già nella prima tranche di provvedimenti: deferiti i club di B, stralciati la maggior parte di quelli di A con la scusa risibile dell'attesa di documenti da parte delle procure di Bari e Napoli. Ma se nelle carte di Cremona, le uniche a quanto pare prese in considerazione da Palazzi, già compaiono a mazzi partite e giocatori di A, come mai si è deciso di aspettare, per loro e solo per loro, altro materiale? Le regole, i criteri di indagine e di giustizia, non dovrebbero essere uguali per tutti? Perché se così fosse, la Figc avrebbe dovuto avere il coraggio e la sincerità di dire: signori, prima di avere tutto il materiale dalle procure, i processi sportivi non si fanno per nessuno, a costo di partire l'anno prossimo con campionati sub judice, a costo di spostarne l'inizio, a costo di fermarsi. Faremo bene, e basta.

C'era certo anche un'altra possibilità, non contemplata dai santoni che governano il calcio italiano, gli stessi che per un semplice, purissimo principio di responsabilità (oggettiva) avrebbero già da tempo dovuto lasciare ad altri i loro posti ammettendo l'incapacità di controllare e proteggere un patrimonio di tutti gli italiani. Costoro avrebbero potuto chiedere di trattare la materia scommesse come fu trattata calciopoli: come un evento devastante e dunque straordinario, non certo gestibile dal valoroso Palazzi e dalla sua truppa di inquirenti a cottimo. Avrebbero potuto chiedere, in previsione del disastro che ora fronteggiano vivendo alla giornata, semplicemente aiuto. Faremo bene e presto, hanno invece detto i maestri dello slogan. E poi si stupiscono se gli stessi magistrati, scuotendo la testa, pensano e dicono che il calcio per ripartire avrebbe una sola, impensabile e avvilente possibilità: l'amnistia.

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Ti devo linkare la Gazza

P.s.

Se vuoi dare un'occhiata agli articoli di giornale del periodo

(febbraio 2012) puoi consultare questo topic dalla pagina 132.

Grazie.

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LA JUVE, LA TERZA STELLA E LA RISPOSTA DELL'INTER

Roberto Rizzo - giornalistinelpallone - corriere.it - 10-05-2012

Eccoli, stanno arrivando, non aspettavano altro. Gli stilisti juventini hanno già esposto, in sede e allo Stadium, coccarde e bandiera con la terza stella. Le stelle sono tante, milioni di milioni…

Tanto questo è il paese dell’illegalità e tutto si può fare. Ora, aspettando la nuova casacca bianconera, se è vero che ogni club sulla propria magliapuò mettere quello che vuole, alcune proposte per la prossima divisa nerazzurra da sfoggiare in occasione dei futuri derby d’Italia:

1) Sotto il nome dello sponsor, una citazione dall’inno “C’è solo l’Inter”, nello specifico il passaggio “Io non rubo il campionato e in B non sono mai stato”.Possibilmente in caratteri color oro che rendono bene.

2) Ogni calciatore, al posto del proprio nome sulla schiena, potrebbe sfoggiare la dicitura “Siamo tutti brindelloni”.

3) Prima del fischio d’inizio, per ravvivare il tradizionale scambio dei gagliardetti, capitan Zanetti dovrebbe consegnare a Buffon una scheda telefonica svizzera con il sentito augurio “Il telefono la tua voce”.

4) Infine, un numero: se loro sfoggeranno 3 (stelle), noi potremmo rispondere con 5 (anni) e 4 (mesi). Ovvero, la condanna comminata a Luciano Moggi, ex dg della Juventus, per “associazione a delinquere”. Come dice Del Piero, che dalla Juve se ne andrà, le sentenze vanno rispettate. Come canta Califano, grande tifoso interista, “tutto il resto è noia”. Anche le loro 3 stelle.

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COLLOQUIO CON MARADONA

«Ridatemi Napoli»

A un quarto di secolo dal primo scudetto nel Golfo, Moggi incontra Diego

a Dubai: «Insegno calcio, ma sogno l’Italia. Ho perso 18 anni d’amore»

di LUCIANO MOGGI (Libero 11-05-2012)

Metti un giorno a Dubai con Maradona, un invito dello sceicco, un incontro

annunciato e caloroso. Con Diego non ci eravamo mai persi di vista, un

rapporto sempre francoecordiale, fin da quando ero il direttore generale del

Napoli. L’avevo rivisto a Torino, quando ero alla Juve, in quella occasione mi

propose giocatori argentini, era accalorato nel farlo, difendeva le sue

valutazioni, ma sul punto non ci incontrammo. Lo rividi con piacere a Napoli

nel giorno dell’addio di Ferrara al calcio giocato, la sua presenza cambiò

faccia all’evento, sembrava la partita del “suo” addio, Ciro però l’aveva

messo in conto, gli bastava sapere e si sapesse che Diego era tornato a Napoli

solo per lui.

A Dubai Diego sta da re. Vive in un complesso faraonico, tra piante, fontane e

cascate d’acqua, c’è da dribblarle per non cadere, il complesso sta su

un’isola artificiale, la Jumeirah Palm. Tutto è grandioso e studiato, anche i

particolari. Quando Diego rientra nella sua suite, non c’è il suono sommesso

del piano bar ma quello dell’arpa alla quale attende una giovane donna. Mi

accoglie in questo paradiso, mi pare quello di sempre, ha voglia di fare e di

farsi sentire come una volta, come se gli anni non fossero passati. Rivela un

suo progetto, dedicato ai ragazzi di 14 e 16 anni. «Ecco soprattutto per loro

vorrei lasciare un segno». Il calcio degli emirati arabi è appena agli inizi,

però gli piace la gente che non lo assilla. Ci tiene a dire “qui sto bene e

vorrei restarci”. Credo che sappia che è arrivato a Dubai soprattutto per

motivi di immagine. Chi più di Maradona poteva infatti attirare l’attenzione

sulle nascenti ambizioni dell’ Al Wash e del suo presidente Marwan? La Società

è giovane, il presidente ammira il calcio europeo e vorrebbe prenderlo a

modello, e semmai copiarlo, come fece il Giappone che ha poi mandato suoi

giocatori in Italia. Lo sceicco lo vuol fare, non so se lo farà ancora con

Maradona, Diego ci vuol stare, sicuramente fino al 2013 secondo contratto. «Al

di sopra di tutto - dice - metto sempre il Boca, ribadisco che ci andrei anche

a piedi. Ma penso anche al Napoli, anzi penso molto alla città cui sono

rimasto attaccato e ai suoi tifosi. So di averli fatti felici, so che mi sono

stati vicini quando ho attraversato momenti difficili, so che nessuno mi ha

mai dimenticato ». Ha ragione Diego, a Napoli nessuno lo ha dimenticato, sulle

mura di alcune case campeggia la scritta “il sole risorgerà ancora”, il sole

per i napoletani è Maradona.

«Il mio problema - continua - è che voglio tornare a Napoli libero da

qualunque incombenza e senza che qualcuno mi tolga orologi o orecchini. Debbo

risolvere quella questione del fisco, che mi fa rabbia e mi intristisce. Io

evasore? Neanche per idea. Ho preso di petto la questione, ed ho fiducia nel

mio avvocato. Questa vicenda mi sembra un incubo».

La questione è affrontata proprio in questi giorni, Diego potrebbe anche

presentarsi di persona accanto ai suoi difensori. Per chi non lo sapesse la

cosa nacque quando l’esattore dell’agenzia delle Entrate bussò alla casa che

era stata di Maradona e non lo trovò, non era più in Italia, l’accertatore

stampigliò sulla missiva “sloggiato e sconosciuto”. Siniscalchi, uno dei suoi

primi avvocati, bollò la burocratica espressione, «Maradona sconosciuto? Ma si

può?».

«Mi hanno tolto 18 anni di amore dei napoletani», ribadisce, gli hanno

sottratto anche occasioni di lavoro in Italia, aggiungo io, Diego si mise in

gara a “Ballando con le stelle”, d’improvviso dovette smettere, il fisco

esigeva per legge gli introiti del contratto. Diego è nell’età in cui ti

prende anche la nostalgia, ed è sincero quando dice che vorrebbe venirsi a

prendere un caffè a Piazza Plebiscito, assieme a Bagni, Bruscolotti, Giordano,

Renica, alcuni dei compagni con cui visse i suoi sette anni napoletani.

«Sarebbe molto bello camminare nei luoghi che sono rimasti impressi nella mia

memoria ». Gli dico che la ressa per vederlo sarebbe quella di sempre.

Non esiste nella storia del Napoli chi abbia saputo trasmettere alla città e

al suo popolo più passioni ed emozioni di quelle che ha dato Maradona. Stento

anche a trovare casi di medesima intensità nella storia del calcio, e non è a

dire che ciò accade perché la gente di Napoli vive normalmente in eccesso le

proprie emozioni. È vero, i napoletani gli hanno perdonato tutto, e ciò non è

stato sempre un bene, tutti a gara nel blandirlo, ad esempio la mia posizione

diversa era in minoranza.

Si può discutere Maradona, ci si può infilare ancora una volta nella

stucchevole domanda se sia stato più grande lui o Pelè, ma se dici a Diego che

qualcuno discute ancora su questo tema, reagisce come morso da una tarantola.

I raffronti tra diverse epoche non si dovrebbero mai fare, se qualcuno però

vuole sapere il mio parere non ho dubbi, il più grande è stato Diego.

Ieri è stato il 25° anniversario del primo scudetto del Napoli. Seguirono il

secondo, la Coppa Uefa, la Supercoppa italiana e la Coppa Italia, vinta nello

stesso anno del primo scudetto. Imprese tutte grandi, ma al primo amore si

resta sempre attaccati di più, così come l’amore per Diego, che resta

sconfinato per i napoletani. E quando gli dico che Napoli potrà essere ancora

nel suo destino, il sorriso che gli apre la bocca dimostra quanto e da quanto

tempo ci pensa.

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Terza stella

Figc pronta ad agire

se la Juve alza i toni

La festa di domenica sarà un passaggio significativo:

dubbia la presenza di Abete all’inaugurazione del museo

di MARCO IARIA (GaSport 11-05-2012)

Mentre guelfi e ghibellini si azzannano e perfino i giuristi scendono in campo

per discettare se la terza stella s'a da fare oppure no, c’è qualcuno che se

la gode: gli strateghi del marketing. Perché mai il lancio di una maglia di

calcio è stato accompagnato da un’attesa così spasmodica. In attesa di

scoprire in cosa consista la «bella sorpresa» annunciata da Andrea Agnelli per

le nuove divise di gioco della Juventus, c’è un appuntamento da mettere in

agenda nell’estenuante telenovela sui trenta scudetti che, in realtà, sono

ventotto. Ed è la cerimonia di premiazione di domenica allo stadio, già sold

out. Sono attesi effetti «pirotecnici», prevedibile epilogo del crescendo di

questi giorni: dalle parole del post-vittoria dei dirigenti alla bandiera e il

vessillo inneggianti ai trenta titoli esposti nella sede sociale e allo

stadio. Di fronte a queste espressioni di dissenso nei confronti delle

sentenze di Calciopoli (la revoca di due scudetti, uno dei quali finito

all’Inter a tavolino), la Federazione resta silente perché non ci sono ancora

gli estremi per un deferimento. Silente sìma non a tempo indeterminato, è

ilmessaggio che filtra da via Allegri.

Facoltà La Figc potrà incidere sulla maglia, perché è scritto nei regolamenti

che le squadre debbano chiedere l’autorizzazione alla Lega e, se vogliono

fregiarsi di una stella per ogni dieci scudetti vinti, direttamente agli

uffici federali. Peraltro, il passaggio da Roma va fatto anche per avere l’ok

per le coppe europee: l’Uefa, infatti, si attiene alle prescrizioni delle

federazioni locali. Gli strumenti formali ci sono, ancor più se ci si

ricordasse delle delibere del 1958 del consiglio federale e del direttivo di

Lega, che certificarono per la prima volta—proprio su richiesta di Umberto

Agnelli—il distintivo per la celebrazione dei dieci scudetti. Ma prima della

maglia ci sono altri passaggi che, a livello istituzionale, pesano molto.

Innanzitutto la festa di domenica. Se la Juventus continuerà ad alzare i toni,

può darsi che Giancarlo Abete prenda posizione, andando oltre il salomonico

«rispetteremo le regole». Il presidente della Figc è stato invitato

all’inaugurazione del museo bianconero, in programma mercoledì: qualora la

situazione precipitasse, potrebbe decidere di disertare l’evento. Perché non

ha alcuna intenzione di ripetere la «serataccia » del battesimo dello stadio,

quando a sorpresa si ritrovò all’interno di un impianto tappezzato di

ventinove scudetti (compresi quelli tolti nel 2006) e, per educazione, fece

finta di niente.

E la Lega? Domenica le celebrazioni saranno divise in due parti. La solennità

della premiazione ufficiale, col presidente Maurizio Beretta a consegnare la

coppa scudetto alla squadra, e l’entusiasmo disinibito della festa per i

tifosi. Nel primo caso, verrà evitato qualsiasi riferimento al battage sul 30°

titolo. Poi, largo alle danze.

-------

GLI ALTRI CASI

Marsiglia, Legia e quei titoli strappati

I francesi contano anche i campionati del 1929 e 1993

di GIULIO DI FEO (GaSport 11-05-2012)

A volte i campionati fanno vedere le stelle, altre no ma lasciano comunque un

bel mal di testa. La Juve ne mette sulle bandiere due che la Figc le ha tolto,

ma non è l'unico caso di campionati revocati e rimpianti. In Francia, per

esempio, il Marsiglia in bacheca ne espone 11 invece dei 9 da albo d'oro. Uno

è quello del 1929, ma era il campionato amatori delle regioni, non

riconosciuto. L'altro è roba più fresca, quello del 1993, revocato in seguito

al processo per corruzione della gara con il Valenciennes e non assegnato: sul

sito c'è un asterisco che rimanda al provvedimento, ma in bacheca lo contano.

Sullo stemma l'Olympique ha una stella, ma è per la Champions vinta col Milan

6 giorni dopo la gara dello scandalo: l'hanno messa nel 1996, alla fine del

calvario che li ha portati prima in B e poi al tracollo.

Contestati In Italia il Bologna un paio di anni fa chiese la revisione del

titolo del 1927: prima del derby Allemandi della Juve sarebbe stato corrotto

da un dirigente del Torino, che aveva il fiato degli emiliani sul collo. Anche

qui, scudetto granata, poi revocato e mai assegnato. Un romanzo l'ultima

giornata del 1993 in Polonia: Legia e LKS Lodz prime a pari punti, decide la

differenza reti. Guarda caso, segnano a raffica contro team che avevano già

dato (Wisla-Legia 0-6 e LKS-Olimpia 7-1). Chi c'era la descrive comica: gol di

qua, due minuti dopo gol di là. Ma i tifosi del Wisla e la stampa s'incavolano,

la Federazione apre un'inchiesta e, spalle al muro, annulla le due gare. E

per mandare una squadra in Coppa Campioni, dichiara vincitore il Lech Poznan,

terzo, mentre il Wisla scioglie i contratti coi presunti corrotti e poi va in

B (niente punti di penalità, non c'era un regolamento che li prevedeva) e

quelli del Legia ancora reclamano un campionato per loro vinto e scippato. Fu

salvo, invece il titolo belga dello Standard nel 1983 nonostante la scoperta,

poco dopo, che la gara col Waterschei fu comprata: stangata ai protagonisti,

ma coppa mantenuta e niente retrocessione per prescrizione sopravvenuta. In

Yugoslavia nel 1986 il Partizan fu costretto a rigiocare una partita sospetta

con lo Zeljeznicar: perse 3-0 (prima aveva stravinto) e titolo alla Stella

Rossa. Per un anno solo, il ricorso restituì il maltolto l'anno dopo. Pure

sulle stelle storie tese. Ai Mondiali ne andrebbe una per ogni coppa,

l'Uruguay conta pure le Olimpiadi e ne ha 4. La Dynamo Berlino invece chiese

alla federazione di far valere i 10 campionati vinti a Est del muro. E pure in

Francia, il Nantes se ne mette 8, ognuna per ogni titolo. Finché non passano i

confini dello stemma, nessuno obietta.

-------

Ma c’era bisogno

delle polemiche

sulla terza stella?

Lo scudetto conquistato con merito era

l’ occasione per tagliare i ponti col passato

di UMBERTO ZAPELLONI (GaSport 11-05-2012)

La Juventus sulla carta non era la miglior squadra in campo, ma ha vinto

perché ha giocato meglio. Non capita sempre, ma ogni tanto capita. Ha giocato

così bene che in diverse occasioni anche chi indossava altri colori sociali è

stato rapito da quello che Conte è riuscito a mettere in campo con

intelligenza, applicazione, perseveranza. Impossibile non ammirare una squadra

così, una squadra proiettata nel futuro, ma con rispetto (almeno in campo) per

un passato chiamato Del Piero. Questa Juve può cancellare in un colpo solo

tutto quell’alone di antipatia che la squadra bianconera si era attirata

addosso in passato, quando l’arroganza dei suoi dirigenti aveva infranto ogni

regola. Giovane come il suo presidente, grintosa come il suo allenatore,

saggia come il suo giocatore simbolo. Una Juventus fatta apposta per svoltare

con il passato. Invece...

Invece ecco apparire sul balcone della sede e sui muri dello Stadio lo

scudettone con il numero 30 e le tre stelle. Ma che bisogno c’era? Che

necessità c’è di dare voce ai tifosi più intolleranti e intransigenti che non

vogliono accettare i verdetti della giustizia sportiva? «La terza stella? È

nel nostro cuore perché sul campo abbiamo vinto gli scudetti, ma bisogna

rispettare le sentenze », ha detto Alessandro Del Piero uno che la Juve ce

l’ha nell’anima e sulla pelle e che per la Juve ha accettato pure la Serie B.

La risposta più saggia tra quelle ascoltate in giorni in cui anche una persona

come Luca di Montezemolo, che si è sempre battuto per la legalità, è arrivato

a dire: «Certo che metterei la terza stella, nello sport contano i risultati

sul campo», dimenticandosi che proprio lui ha sempre contrastato duramente chi

cercava di ingannare in F.1. Tutti commenti legittimati dalla mancata presa di

posizione di Federazione e Lega che aspettano l’evoluzione della festa di

domenica, prima di uscire allo scoperto. Sperando che poi non capiti come il

giorno dell’inaugurazione dello stadio quando, di fronte all’esposizione dei

29 scudetti nello spogliatoio, si scelse la linea indispettita, ma morbida,

consentendo così gli show di questi giorni.

Uno scudetto vinto con merito, cancellando alla fine anche le recriminazioni

milaniste sul gol di Muntari, avrebbe dovuto proiettare la Juve nel futuro,

non farla ricadere nel passato. Guardate la rosa bianconera, il progetto

tecnico, quello societario, lo stadio di proprietà: questa è una realtà che in

Italia con l’arrivo di un bomber vero e di un paio di rinforzi strategici per

reggere al doppio impegno, può aprire un ciclo. Può arrivare alla terza stella

prima che Milan e Inter conquistino la seconda. Perché spargere veleno sui

festeggiamenti con la simbologia del 30? Perché non rispettare le sentenze

della giustizia sportiva (tutti i gradi) e quello che recita l’Albo d’oro del

nostro campionato? «Noi accetteremo i 28 scudetti quando anche l’Inter se ne

sarà tolto uno», ha scritto un tifoso illuminato come Sandro Veronesi. Una

tesi che può anche essere condivisibile e cancellerebbe pure gli scempi

sportivi firmati dal commissario Guido Rossi (ex consigliere nerazzurro), ma

che, dopo i tentennamenti federali, non è più percorribile. Se ci sono delle

regole vanno rispettate. Soprattutto da chi aspira a entrare in Consiglio

Federale. E’ vero che esporre bandiere e striscioni non infrange nessuna

regola. Ma se non si approfitta dell’ondata di simpatia che ha raccolto questa

Juventus sul campo, si corre il rischio di non riuscire più a tagliare i ponti

con un passato che qualche guaio lo ha procurato.

-------

GaSport 11-05-2012

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Il nostro Giulio Cesare-Sermonti potrebbe commentare

E nun ce vonno sta'

Modificato da Ghost Dog

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Parla Petrucci Dall’Italia che piace (quella olimpica) all’Italia che scotta

«Le tre stelle? Con tutti i guai che ha il calcio...»

«Il calcioscommesse non condizionerà la nazionale. Faremo piazza pulita»

di RICCARDO SIGNORI (il Giornale 11-05-2012)

Giorgio Armani ha provveduto di persona a dare gli ultimi tocchi al vestire

degli atleti. Poi tutti in passerella a mostrare che Italia sarà, almeno nella

moda. Ieri casa Armani era casa Italia, con il presidente del Coni Petrucci e

il patron stilista idealmente a braccetto a spingere l’Italia che piace verso

le Olimpiadi.

Italia senza distinzione di sport e campioni. Ed eccoli gli azzurri vestiti

d’un bianco e di un blu scuro elegante, stile anni ’70: da Paolo Croce (volley)

a Anzhelika Szavrayuk (ginnastica ritmica). L’inno di Mameli inciso a

caratteri d’oro all’interno della tuta, l’inizio di “Fratelli d’Italia“ sul

colletto. «Sono state le due idee che mi hanno prodotto emozione e gioia, non

è retorica ma realismo. Del resto chi viene dal basket ha qualcosa in più», ha

sintetizzato il presidente, ammiccando alla passione di Armani. Appunto basket

che, insieme al calcio, non ci sarà ai Giochi, lasciando grande rimpianto nel

Coni.

Ma questa è l’Italia che piace. Destinata a soffrire per acchiappare

medaglie. Quella che fa dire a Andrea Cassarà, campione del fioretto:

«Speriamo di cantarlo quest’inno». Oppure a Valentina Vezzali,

pluricampionessa e ideale portabandiera, con un pizzico di civetteria: «Noi

del fioretto abbiamo vinto tanto e l’inno lo conosciamo bene. Servirà per chi

non è abituato».

Poi c’è l’Italia che ti mette nell’imbarazzo. Leggi calcio e non sbagli mai.

Anche ieri. Tutti a godersi l’aria pura dell’azzurro speranza, ma discorsi

inzuppati nei pasticci pallonari. Petrucci si è lasciato mettere al muro, ha

preso atto e rilanciato di spada e fioretto. Certo toccherebbe alla

federcalcio metterci mano. «Ma se non la mettono loro.... ». Perchè dovrebbe

metterla lui, il sottinteso. Il Coni assiste e intreccia le dita. Le tre

stelle juventine che campeggiano sullo stadio, sulle bandiere, magari

finiranno sulle maglie, rischiano di essere l’ennesimo veleno che traverserà

il pallone. E allora... Spallucce. O realismo. «Ma vi pare che con tutti i

problemi del calcio, e con quelli che avrà, stiamo a parlare delle tre

stelle?». Replica comoda per togliersi dall’impaccio. Petrucci ha un debole

per l’Agnellino. «Andrea è un ragazzo intelligente. Se ho capito, troverà modo

di mettere la terza stella in modo che non si possa dirgli niente». Appunto

nello stemma societario. Certo, il mondo del calcio è maestro nel far

trionfare furbate e mezzucci. E Moggi ci ha spiegato che Agnelli è un suo

allievo.

Eppoi, c’è di peggio. Calcioscommesse e tutto quanto ne seguirà. Ormai una

tradizione, non più un’eccezione. Ogni 5-6 anni... «Statisticamente purtroppo

è vero», ammette Petrucci. «Oggi perdiamo un campione come Nesta e mi

dispiace: Nesta è bravo e corretto. Un esempio. Gli dico: bravo e grazie. Però

è vero che il calcio ha bisogno di riforme. Ma è importante che il nostro

sport punisca chi lo tradisce. E state tranquilli: nulla, nessun processo

condizionerà la nazionale. Palazzi vada avanti, senza problemi. Noi siamo i

soliti: se fa una cosa, non va bene. Se non la fa, non va bene lo stesso. É

importante, invece, fare piazza pulita. E si farà».

Sì, certo ci vorrebbe il fuoco della fiaccola olimpica per bruciare il

bubbone di questa Italia. Invece il fuoco sul tripode di Londra servirà solo a

distrarci. Poi chissà che i simboli richiamati ieri dal presidente del Coni

(«i nostri azzurri garantiranno etica, correttezza, niente scommesse e niente

doping») un giorno vengano scritti anche sulle maglie del calcio. Con stelle o

senza.

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