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CRAZEOLOGY

K A L C I O M A R C I O! - Lo Schifo Continua -

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Le riforme UEFA sono al passo coi tempi

Nel suo discorso al XXXVI Congresso Ordinario UEFA a Istanbul giovedì, il presidente

UEFA Michel Platini ha citato i risultati e gli sviluppi che lo rendono ottimista per il futuro.

di MARK CHAPLIN (UEFA News | 12-04-2012)

Progresso attraverso unità e armonia; voglia di proteggere il calcio;

riportare la moralità nel sistema; preservare il patrimonio del calcio;

perseguire la solidarietà. Sono i punti chiave del discorso del Presidente

UEFA Michel Platini al XXXVI Congresso Ordinario UEFA a Istanbul giovedì.

"Il calcio - ha detto il Presidente UEFA ai 53 rappresentanti delle

federazioni nazionali affiliate alla UEFA, così come agli ospiti della

politica e dello sport - è troppo bello per lasciarlo esposto alle numerose

minacce che incombono. Il calcio è meraviglioso, un tesoro che dobbiamo

preservare."

Il Signor Platini ha parlato dei vari risultati e sviluppi che lo rendono

ottimista per il futuro, sottolineando anche una determinazione condivisa a

combattere gli elementi negativi che ancora esistono.

"Prima di tutto, penso che insieme abbiamo raggiunto grandi obiettivi - ha

aggiunto -. Riformare le competizioni per club, riformare quelle per le

nazionali, riformare i nostri statuti e lanciare progetti importanti come il

fair play finanziario e le qualificazioni europee, solo per citarne alcune.

Inoltre, credo che tutti insieme stiamo andando lontano e nella direzione

giusta".

"La UEFA è un'istituzione innovativa e unica: una sorta di laboratorio di

ricerca e sviluppo che lavora senza tregua per migliorare il calcio, ma in

accordo con la tradizione; un'organizzazione all'avanguardia, ma che non

dimentica il passato e le sue radici".

Il Presidente UEFA ha fatto riferimento al nuovo sistema di marketing

centralizzato per le qualificazioni delle squadre nazionali, "un progetto che

assicurerà alle nazionali molta più esposizione e consentirà alle federazioni

di avere più stabilità finanziaria a medio e lungo termine"

Anche l'unità della famigia del calcio europeo è stata finalmente ottenuta.

"Nel 2007, (...) avevo promesso di portare intorno a un tavolo tutte le

famiglie del calcio europeo per seppellire l'ascia di guerra e mettere fine

alle tensioni che, per anni, hanno guastato le relazioni tra la UEFA e le

diverse entità del calcio - ha ricordato il Signor Platini -. E così, pochi

mesi dopo la mia elezione, abbiamo firmato dei memorandum d'intesa con i

rappresentanti dei club, delle leghe professionistiche e dei giocatori".

"Riunire tutti insieme non è stato difficile, è bastato un invito. Creare

unità è stato più arduo. Ha richiesto persuasione, ma ce l'abbiamo fatta.

Infatti – e questo è solo l'inizio – siete testimoni del rinnovo dell'intesa

oggi. È un segno di rinnovata e consolidata unità; un segno che il calcio

europeo è indivisibile".

"I [memorandum] garantiscono che, per molti anni a venire, il calcio resterà

il gioco che amiamo, quello in cui squadre di club e nazionali coesistono in

armonia".

Il presidente UEFA non ha omesso di parlare dei problemi che ancora esistono.

"In alcuni Paesi conosciamo determinati club più attraverso i loro legali che

attraverso i loro giocatori, poiché alcuni amministratori, cercando di

mettersi in luce e di ottenere facili guadagni, trascinano continuamente le

federazioni in tribunale. Questo è inaccettabile".

"In alcuni paesi i giocatori firmano o mettono fine a un contratto sotto

minaccia. Non può essere tollerato. Dobbiamo fare di più per proteggere i

giocatori, senza i quali il calcio non esisterebbe".

"In alcuni Paesi i club spendono più soldi di quanti ne abbiano, mentre altri

non pagano i giocatori. Come è possibile che nel calcio ci sia più denaro e

che allo stesso tempo i club non siano mai stati così indebitati? Il calcio

professionistico in Europa ha maturato perdite per un ammontare di 1. 6

miliardi di euro in base al nostro ultimo studio. Com'è possibile questo

paradosso? Non è sostenibile".

Il Signor Platini ha dichiarato di aver ricevuto una lettera del

vicepresidente della Commissione europea e commissario responsabile per la

competizione Joaquin Almunia. Ha descritto la lettera come "una meravigliosa

vittoria per UEFA e per il calcio". "La Commissione europea riconosce la

legittimità del fair play finanziario e, nei fatti, ci spinge ad andare oltre".

"Ogni giorno che passa - ha proseguito il Presidente UEFA - vediamo che

grazie alle nostre riforme per proteggere il patrimonio del calcio e con i

nostri progetti per incrementare l'equità e la solidarietà nel nostro sport,

ci stiamo muovendo al passo coi tempi".

Il Signor Platini ha detto di non vedere l'ora che cominci UEFA EURO 2012

quest'estate. "Perché dopo così tanti sforzi e sacrifici, sono certo che

questo torneo sarà in linea con le nostre aspettative ci regalerà tantissime

emozioni".

Il Presidente UEFA ha poi ribadito che è essenziale non avere piani segreti:

"È perché amiamo il calcio, perché siamo al suo servizio che dobbiamo lavorare

fianco a fianco".

"La violenza, le combine, le scommesse illegali, il doping, le pressioni e le

minacce contro i giocatori, i contratti fasulli, i traffici di giovani

giocatori, il denaro riciclato: queste piaghe esistono. Esistono nella società

ed esistono nel calcio. Dipende da noi combatterli con l'aiuto delle autorità

pubbliche, a cui rinnovo il mio appello oggi.

"Se proteggiamo i giocatori, proteggiamo il gioco, ripuliamo il calcio - ha

concluso il Signor Platini -. Questo è il nostro obiettiv,o ma dovrebbe essere

la nostra ossessione. Molti nostri progetti sono stati fatti con questo

spirito, per riportare la moralità al centro del gioco. Continuiamo a scrivere

la storia insieme, il calcio lo merita".

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LETTERE

PortoFranco

a cura di FRANCO ARTURI

(GaSport 13-04-2012)

aahC9pTd.jpg

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LETTERE

PortoFranco

a cura di FRANCO ARTURI

(GaSport 13-04-2012)

aahC9pTd.jpg

vedo che arrivano anche a scrivere lettere fasulle e commentarle spacciandole per vere

:haha:

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Inviato (modificato)

SPY CALCIO di FULVIO BIANCHI (Repubblica.it 13-04-2012)

Calciatori e club coinvolti

Ecco cosa potrà succedere

La (nuova) piovra del calcio. Le scommesse. I dati sono impressionanti. Graham Peaker,

Uefa "intelligence coordinator", in occasione del workshop di Helsinki, ha spiegato: "Il

mercato del fixing è globale ed endemico.

Ogni giorno hanno un nuovo modo di agire. Con una semplice telefonata, trasferiscono

ingenti somme di denari da una parte all'altra del mondo: il valore annuale stimato del

gioco è pari a oltre 500 miliardi di euro, di cui il 32 per cento in Europa, il 44 in

Asia, il 5 in Oceania, il 16 in Nord America, il 2 in Africa e l'1 in Sudamerica".

Una piovra contro cui stanno lottando Fifa, Uefa, le Federazioni nazionali. Hanno

chiesto anche aiuto all'Interpol: la "guerra" è appena iniziata. Ma, intanto, ecco che

rischia di sconvolgere i nostri campionati: dalla serie A alla Lega Pro, sarà un'estate

di processi (due? tre?), di condanne, di polemiche, di ricorsi. Saranno deferiti più di

cinquanta tesserati e decine di società: il pool di Stefano Palazzi sta lavorando ormai

a pieno ritmo. Uno staff di 12 persone della procura Figc che si sta interessando (solo)

al calcioscommesse. Il presidente Giancarlo Abete ha chiesto di fare (il più possibile)

in fretta, di fare bene, di fare pulizia. Entro fine mese ci saranno i primi

deferimenti: riguarderanno una parte (non tutta) delle carte di Cremona, perché la

procura della Repubblica di Bari, ad esempio, ancora non ha fatto avere nulla a Palazzi.

Il procuratore Figc è in ottimi rapporti con il capo della procura pugliese Laudati, di

cui è stato anche auditore. Ma le indagini a Bari sono ancora in (pieno) corso e molti

verbali sono stati secretati: la Figc non si può ancora muovere.

Comunque ha già sufficiente materiale da Cremona per "rinviare a giudizio" già un

discreto numero di tesserati e club. In serie A, a indagini concluse (calcolando quindi

anche Bari), potrebbero essere addirittura undici le società coinvolte, con

responsabilità diverse: Atalanta, Bologna, Cesena, Parma, Chievo, Genoa, Lazio, Lecce,

Novara, Siena, Udinese. In B, stando a quello che esce dai verbali, il Bari sembra

spacciato. Coinvolta anche la Sampdoria. C'è da chiedersi che controllo facevano alcuni

dirigenti sui loro calciatori... E' difficile oggi stabilire il grado di responsabilità

dei club: come noto, esistono la responsabilità oggettiva, quella presunta e diretta

(quando sono coinvolti i dirigenti). I deferimenti potrebbero riguardare l'articolo 1

(lealtà, ecc.) e il 6 (illecito). L'articolo 18 del codice di giustizia sportiva è

chiaro: "La penalizzazione sul punteggio, che si appalesi inefficace nella stagione

sportiva in corso, può essere fatta scontare, in tutto o in parte, nella stagione

seguente". La pena insomma deve essere afflittiva. Possibile quindi che alcuni club

siano puniti quest'anno (addio qualificazione europea o salvezza), e altri debbano

iniziare la stagione 2012-'13 con dei punti di penalizzazione. Alcune società rischiano

da tre punti in su: ma se la gara taroccata ad esempio ha portato alla salvezza, la pena

richiesta potrebbe essere molto più alta (anche dieci punti). Non si sommano le gare.

Nel caso dell'Atalanta, ad esempio, che già stato scontando sei punti di penalizzazione,

ci sono in ballo altre due partite: ma questo non vuol dire che avrà altri sei punti, da

scontare magari nella prossima stagione. Per una questione di "continuazione", potrebbe

averne solo due-tre. Nel caso di responsabilità diretta è prevista invece la

retrocessione all'ultimo posto in classifica. Alcuni club hanno messo all'esame del

giorno, per l'assemblea di Lega di A del 20 aprile, la questione della responsabilità

oggettiva. Una cosa deve essere chiara: i processi di questa estate si terranno con le

norme attuali. Lo ha assicurato ieri Abete. In futuro, si vedrà: la Figc già prevede

sconti di pena per chi collabora ed è anche pronta a migliorare il sistema della

responsabilità oggettiva, per evitare che, in qualche caso, i club abbiano un doppio

danno. Ma bisognerà tenere conto anche di Fifa, Uefa e Coni. Una (eventuale) riforma

quindi arriverà chissà quando. Per ora si va avanti con queste regole. Già la scorsa

estate Palazzi d'altronde chiese delle "esimenti" per i club: lo stesso dovrebbe fare

nei prossimi processi. I tesserati invece, se non si pentono, saranno stangati:

Gervasoni, ad esempio, era stato radiato dalla giustizia sportiva la scorsa estate prima

ancora che fosse indagato da quella ordinaria. L'Uefa inoltre vieta l'iscrizione alle

Coppe europee per i club condannati per illecito: insomma, le classifiche potrebbero

davvero essere sconvolte. Questo scandalo è vero che non coinvolge i vertici (Juve e

Milano, in lotta per il titolo, ne sono totalmente fuori) ma per certi aspetti è peggio

ancora di Calciopoli 2006, perché allora non ci furono gare taroccate (lo ha detto la

sentenza di Napoli), e nemmeno ci fu passaggio di denaro. Qui di soldi invece ne sono

girati tanti. Una "slavina" che lascerà sicuramente il segno sul nostro calcio. La Figc

se ne rende perfettamente conto: ma non vuole, giustamente, sentire parlare di amnistia.

Semmai, si pensa a regole più dure per il futuro. L'Uefa già tiene sotto controllo i

campionati europei di prima e seconda divisione (quindi, in Italia, serie A e B). La

Lega di A per la prima volta il 20 parlerà di scommesse: evviva, non è mai troppo

tardi... La Lega di B, con il suo presidente Andrea Abodi, a fine mese presenterà un

piano dettagliato. Perché il codice etico qui non basta più, bisogna toccare certi

calciatori (infedeli) nel portafoglio. La Lega Pro invece si è affidata alla SportRadar

per monitorare il flusso di scommesse. Una battaglia terribile, a tutto campo. Difficile

da vincere quando un calciatore di notte si collega con il computer con Singapore. Ma è

una battaglia che il mondo del calcio vuole, deve, fare. Altrimenti che si gioca a fare,

quali solo le partite pulite? Intanto, oggi Palazzi e il suo staff, conclusi gli

interrogatori di Gervasoni, Mauri e Brocchi potrebbero pensare ad un nuovo calendario, o

più probabile, chiuderanno qui questa fase e cominceranno a preparare i deferimenti. A

fine mese arriverà davvero la slavina.

Modificato da Ghost Dog

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Inviato (modificato)

Violenze anche contro i disabili.

Il calcio ostaggio degli ultrà

di GIUSEPPE CERETTI (Il Sole 24 ORE.com 13-04-2012)

Dal campo di Bari, una delle società nel mirino per l'inchiesta del calcio

scommesse, le cronache sportive hanno dato conto di un duetto in punta

d'insulti tra le fazioni della stessa tifoseria, l'una accusando l'altra di

ospitare gli "infami" che hanno trascinato nel disonore i colori societari.

Gruppi di ultrà, dice l'accusa, hanno minacciato i giocatori costringendoli di

fatto a perdere apposta e hanno scommesso contro la loro squadra del cuore.

Al di là delle responsabilità dirette che tocca alla giustizia sportiva e

ordinaria stabilire, è evidente il ruolo di agenti ricattatori svolto dalle

frange estreme del tifo. Nulla di nuovo, né fonte di particolare sorpresa.

Ma è proprio l'assenza di sorpresa che indica la profondità del fenomeno. Ciò

che lascia esterrefatti è la debolezza, che confina con la complicità,

mostrata da troppe società. Abbondano slogan equivoci che indicano negli ultrà

i proprietari "de facto" del club, credendo con ciò di realizzare una sorta di

democrazia plebiscitaria, un azionariato diffuso in pectore.

Un equivoco voluto o imposto che genera ambigue commistioni e che apre le

porte degli stadi agli affari sporchi, ai mercati illeciti e nemmeno camuffati,

alla compravendita dei biglietti, alla gestione delle trasferte, altrettante

fonti di ricatto esibite con protervia.

Vecchio problema, si dice. Vero. Solo che è rimasto per anni senza soluzione e

oggi si arricchisce di nuovi, inquietanti capitoli. Le ingerenze crescono,

entrano nel merito delle scelte degli allenatori e si fanno eclatanti.

Sabato scorso un siparietto per nulla divertente ha messo in mostra giocatori

a bordo tribune "chiamati a rapporto" dai capi degli ultrà genoani,

insoddisfatti del comportamento della squadra dopo l'incontro con il Novara.

Una sorta di resa dei conti "entro" il sacro recinto e davanti alle telecamere

perché tutti capissero. Gesti da gentleman se paragonati all'assedio a Marassi

di mercoledì dopo la deludente prova contro il Cesena. Quando non basta

l'avvertimento collettivo si passa alle minacce individuali: la cronaca, non

più sportiva ma nera, riferisce con sempre maggiore frequenza di atleti

picchiati e minacciati.

A nessuno degli addetti ai lavori sfiora il pensiero che le sole armi di

dissenso lecito siano i fischi e gli sfottò più o meno colorati sino alla

diserzione degli stadi. Queste osservazioni vengono trattate come opinioni di

allocchi, anche se rappresentano il metodo di dissenso della maggioranza.

E invece bisogna "render conto" ai professionisti del tifo ultrà a tempo

pieno che guidano truppe cammellate ovunque ritengano opportuno. Per costoro

tutto è di proprietà, dal calciatore sino allo stadio, trasformato in una

sorta di territorio amministrato da violenti che godono di omertoso rispetto.

Invano si leggono ripetute denunce di chi si vede cacciato dal posto

acquistato con regolare biglietto. Ai padroni del tifo é concesso fare il

bello e il cattivo tempo, compreso irrompere nelle postazioni dei

radiocronisti, come documentato da "A Tempo di sport", la bella trasmissione

di Radio24 condotta da Gigi Garanzini.

Per non parlare di ciò che accade nei dintorni degli stadi, anche quelli oggi

esaltati come tempio della modernità e del tifo, dal recente gioiello di

Torino sino alla Scala del calcio con le toppe d'erba che gridano vendetta.

Una recente lettera alla Ġazzetta, mai smentita, denuncia le percosse e le

violenze subite da un disabile ai margini del celebrato stadium. Al peggio non

c'è mai fine.

A furia di considerare il calcio non alla stregua di altre manifestazioni

sportive, di negare ad esso l'intima essenza di spettacolo, si finisce per

creare una terra di nessuno dominata da regole di sopraffazione. La violenza

che non risparmia nemmeno un portatore di handicap, il razzismo esibito e

ormai lasciato senza sanzioni che non siano pecuniarie, la negazione dei

diritti altrui: che altro deve accadere? La società civile che ama il calcio

nel rispetto degli altri, avversari e mai nemici, chiama invano le istituzioni,

i grandi club e i loro dirigenti a un'azione collettiva per far rispettare le

regole della comune convivenza.

E' una maggioranza che chiede voce, giustizia e tutela, prima di diventare

negli stadi una minoranza.

Allora sì che sarebbero guai. Ma fondato è il timore che gli addetti ai

lavori pensino ad altro.

In Italia lo sport è una bella teoria e il calcio è un'altra cosa. Alla voce

rigore si legge: tiro libero dagli undici metri, massima punizione inflitta

alla mia squadra da un arbitro in malafede o non data alla mia squadra da un

arbitro in malafede.

Buon campionato a tutti.

Modificato da Ghost Dog

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Calciopoli: niente revisione, anche il tribunale

Ue respinge il ricorso di "Giulemanidallajuve"

di MARCO BELLINAZZO dal blog Calcio & business (Il Sole 24 ORE.com 13-04-2012)

Non c'è che dire. Antonio Conte sarebbe fiero di loro. Della loro caparbietà e

della voglia di non arrendersi mai. Ma i tifosi juventini dell'associazione

"Giulemanidallajuve" nata per contestare le sanzioni inflitte alla Juventus

nel 2006, nell'ambito del processo sportivo di "Calciopoli", hanno subito

un'altra battuta d'arresto nella loro battaglia. Dopo che la Commissione aveva

respinto il loro ricorso nel 2009 ora è la volta del Tribunale Ue.

La vicenda. Nell'ambito del processo sportivo Calciopoli alla Juventus erano

state inflitte pesanti sanzioni che consistevano in un'ammenda, nella revoca

del titolo di campione d'Italia per la stagione 2004/2005, nella non

attribuzione del titolo di campione d'Italia per la stagione 2005/2006 e nella

retrocessione all'ultima posizione in serie A del campionato italiano. La

Juventus ha dovuto giocare in serie B per la stagione 2006/2007 con una

penalità di nove punti e non ha potuto partecipare alla Champions League.

Il ricorso a Bruxelles. Contro queste sanzioni inflitte dalla commissione di

appello federale della Figc e confermate dalla Corte Federale e dalla camera

di conciliazione e arbitrato del Coni, "Giulemanidallajuve" ha presentato, tra

le altre cose, una denuncia alla Commissione europea per violazione delle

regole dell'Unione sulla concorrenza da parte di Figc, Coni, Fifa e Uefa,

ritenendole sanzioni ingiustificate e discriminatorie. Nel 2009 la Commissione

europea ha respinto la denuncia per mancanza di interesse legittimo da parte

dell'associazione e per insussistenza di un interesse comunitario sufficiente

per proseguire con ulteriori indagini. Secondo la Commissione, infatti,

l'associazione non rappresenta gli interessi della Juventus, non agisce in

nome di quest'ultima e non è riuscita a dimostrare una lesione degli interessi

economici dei suoi membri. Le infrazioni allegate non sono inoltre tali da

incidere sul commercio intracomunitario e sul funzionamento del mercato unico.

Il ricorso al Tribunale Ue. Il 10 luglio 2009 l'associazione ha presentato un

altro ricorso al Tribunale della Ue chiedendo di annullare le sanzioni

inflitte alla Juventus e la riparazione del pregiudizio subito, puntando il

dito stavolta sulla violazione dell'obbligo di motivazione, sull'errore nella

definizione della nozione di interesse legittimo e di interesse comunitario.

Ma per il Tribunale dell'Unione europea la Commissione ha giustamente deciso

che i comportamenti denunciati non incidono in maniera significativa sul

commercio intracomunitario e ha sottolineato la limitata portata economica

della causa, l'incidenza su un numero limitato di consumatori, la limitata

portata geografica delle restrizioni. La Commissione ha inoltre correttamente

deciso per l'assenza di un interesse comunitario sufficiente per continuare a

condurre ulteriori indagini, in quanto l'impatto delle sanzioni inflitte alla

Juventus sulla struttura concorrenziale del calcio mercato non ha una portata

significativa e le sanzioni non hanno causato una disfunzione significativa

del mercato comune a causa della portata limitata delle violazioni. Il

Tribunale ha rigettato quindi il ricorso proposto dall'associazione.

Ai tifosi juventini non resta che consolarsi con i successi sul campo della

squadra di Conte, e chissà mai che in Italia i giudici non sia più comprensivi

delle ragioni bianconere. Al Tar dovrebbe essere ancora pendente la richiesta

di risarcimento di oltre 400 milioni di euro presentata dalla Juventus per i

danni subiti a causa di Calciopoli.

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Allegri: gol di Muntari puo' pesare

"Con quella rete saremmo davanti o dietro?"

(ANSA) - CARNAGO (VARESE), 13 APR - Massimiliano Allegri alza la voce per sottolineare il peso che può avere il 'gol fantasma' di Muntari nella corsa scudetto con la Juventus. "In questo momento, con il gol di Muntari saremmo davanti o dietro? - si è domandato l'allenatore rossonero -. Se finiamo a pari punti con la Juventus peserà eccome, è inutile fare chiacchiere!".

E' fissato....

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Progetto scuole Juve per i giovani atleti

Nasce una scuola dedicata ai ragazzi del Settore Giovanile bianconero. Presentato oggi alla stampa presso lo Juventus Training Center di Vinovo, il nuovo progetto della Juventus è rivolto ai calciatori delle squadre giovanili, dai Giovanissimi Nazionali (14 anni di età) alla Primavera

TORINO - Nasce il Liceo Scientifico delle Scienze applicate della Juventus. Dopo aver realizzato il nuovo stadio, il club bianconero taglia per primo in Italia un altro traguardo lanciando un progetto educativo per accompagnare i ragazzi del settore giovanile (dai Giovanissimi Nazionali di 14 anni di età fino alla Primavera) nel loro percorso scolastico. "Abbiamo constatato difficoltà nel conciliare l'attività sportiva con il regolare ed efficace apprendimento scolastico - spiega l'amministratore delegato della Juve, Beppe Marotta - Nelle giovanili, abbiamo 300 ragazzi che le famiglie ci hanno affidato e verso di loro abbiamo una responsabilità che va oltre il campo, fino alla sfera umana e personale". Tra i ragazzi che praticano sport ad alto livello, in questo caso calcio, c'è una forte dispersione scolastica per il grande impegno che viene richiesto. Frequentando regolarmente gli studi, i ragazzi potranno così avere una carta in più a disposizione nel mondo del lavoro. La Juve ha mutuato l'esempio da altri paesi europei, come Francia, Inghilterra, Spagna e Stati Uniti dove si conciliano sport e scuola, entrambi di eccellenza. "Un buon calciatore parte da una buona testa; al contrario ci si fa selezione da sè" ricorda Marotta. Dal prossimo anno scolastico -ssin collaborazione con la Fondazione Agnelli e l'Istituto Edoardo Agnelli, che curerà la didattica - partirà così il ciclo di studi con i primi tre anni, dalla prima alla terza superiore per poi proseguire con la quarta e la quinta. Al termine del ciclo, gli atleti-studenti conseguiranno il Diploma di Scuola secondaria di secondo grado. La sede delle lezioni - 30 ore di didattica più 9 di allenamento settimanali per il triennio, 27 + 9 per il biennio - sarà all'interno del centro sportivo di Vinovo (Torino), in attesa della realizzazione di una vera e propria foresteria che potrà accogliere anche logisticamente i ragazzi. "I giovani che dedicano molto tempo allo sport non chiedono alla scuola altre ore di educazione fisica, ma una scuola che eserciti la mente a pensare" sottolinea Don Alberto Zanini, direttore dell'Istituto Agnelli. Il direttore della Fondazione Agnelli aggiunge: "Il progetto ci è piaciuto per l'aspetto formativo e perchè colma un gap con altri paesi europei. Assicura infatti un'istruzione di qualità ai giovani che vogliono intraprendere una carriera nel mondo dello sport professionale". E l'idea per il futuro è ancora più ambiziosa, rivela Marotta: "Creare un domani una università a marchio Juventus, come succede negli Stati Uniti".

LE PAROLE DI TOMMASI - Ci sono bocciature scolastiche e bocciature sportive. La Juve ha deciso, con il suo Liceo Scientifico a Vinovo, di porre rimedio a tutte e due. E Damiano Tommasi, presidente dell'Assocalciatori, applaude l'iniziativa del club bianconero a favore dei suoi giovani. "Sono molto curioso di andare a vedere - commenta Tommasi - Ho già parlato con la Juve, spero di conoscere meglio questo Liceo. Ma è chiaro che il nostro apprezzamento è fortissimo". Tommasi elogia l'approccio al settore giovanile, "soprattutto perchè riguarda l'età più delicata, quello delle prime scelte e delle prime possibili bocciature sportive. Essere ancorati alla scuola - aggiunge - è fondamentale in questo periodo per un giovane calciatore. Così si limita l'abbandono scolastico, e per chi avrà la fortuna di arrivare fino in fondo al suo percorso di atleta si aumentano le qualità individuali. Brava Juve, davvero un bell'esempio".

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Inviato (modificato)

ATTN: si sta muovendo la Gazza

___

CALCIOSCOMMESSE

Tutti i sospetti

Indagini su 75 gare di A e B

Lecce e Siena: alto rischio

Bologna chiacchierato, la scheda dedicata di Bertani. Luciano

Pellissier e i Cossato: le paure del Chievo. Verona «prescritto»

di ROBERTO PELUCCHI (GaSport 14-04-2012)

A giugno qualcuno diceva: sono quattro sfigati. Undici mesi dopo il quadro è

da brividi. Tra Serie A e B ci sono 42 squadre, ma si contano sulle dita di

una mano quelle mai citate nelle inchieste di Cremona, Bari e Napoli. Poi ci

sono le società tirate in ballo «di rimbalzo», per partite per le quali non

hanno avuto ruoli (o non sono state trovate prove). I sospetti, e a volte

qualcosa di più, si addensano su 11 club di A e 17 di B. Le partite a forte

rischio di combine sono almeno 75 (50 soltanto nell'ultimo verbale di

Gervasoni). I tesserati coinvolti — tra arrestati, indagati, sospettati di

illecito sportivo o di omessa denuncia — non si contano più, sono più di

cento. Vediamo il livello di coinvolgimento delle varie squadre.

SERIE A

ATALANTA Ha già pagato con il -6 per le colpe di Doni (Atalanta-Piacenza 3-0),

ma il capitano ha confermato che movimenti strani ci furono anche prima di

Ascoli-Atalanta 1-1, mentre gli inquirenti stanno cercando le prove del

coinvolgimento della dirigenza, soprattutto per l'1-1 col Padova. I nerazzurri

hanno perso anche Masiello (per i pasticci col Bari) e ora rischia Polito

(citato per Livorno-Grosseto).

BOLOGNA Molte sconfitte della scorsa stagione, a salvezza acquisita, sono

considerate sospette. Ma, finora, ci sono elementi soltanto per Bologna-Bari

0-4 (il portantino Iacovelli dice di aver saputo da Masiello che fu combinata

con il contributo di Portanova). Masiello ha coinvolto anche Di Vaio.

CAGLIARI Il latitante Ilievski, in una intervista a giornalaccio rosa e Repubblica, ha

messo il Cagliari tra le società ritenute affidabili, ma a oggi non c'è una

gara che veda sospettati i sardi.

CESENA La partita più chiacchierata è Cesena-Bari 1-0, ma senza ruoli per

giocatori e dirigenti. Anche Cesena-Gubbio di Coppa Italia è entrata

nell'inchiesta per la denuncia di Farina («Zamperini mi offrì 200 mila euro

per ottenere un Over»). Marco Rossi è indagato per i suoi trascorsi al Bari.

CHIEVO Se l'è cavata con una multa nel primo processo sportivo per lo strano

tesseramento di Bettarini, ma ora c'è indagato Pellissier, da Palazzi è andato

anche Luciano, si sta verificando il ruolo dei fratelli Cossato, due ex. I

sospetti si sono addensati, finora senza prove, su Brescia-Chievo 0-3,

Inter-Chievo 4-3, Bari-Chievo 1-2 e Napoli-Chievo 3-0.

GENOA Le preoccupazioni maggiori sono per Lazio-Genoa 4-2, che avrebbe visto

come referente per i rossoblù Milanetto. Lo dice Gervasoni, che avrebbe avuto

notizie certe dagli Zingari. Secondo un'informativa della polizia, Milanetto e

Dainelli si sarebbero incontrati con gli slavi dopo il match in un albergo di

Milano. Sotto la lente anche Bari-Genoa 3-0.

INTER In estate si sospettò di Inter-Chievo 4-3 del 2011. Ma prove zero. Come

per Inter-Lecce: la colpa ricadde su Paoloni «il millantatore».

LAZIO Due partite, che pesano però come macigni: Lazio-Genoa 4-2 del 15

maggio e Lecce-Lazio 2-4 del 22 maggio 2011 con la regia degli slavi e di

Zamperini e il coinvolgimento di Mauri, che avrebbe anche fatto una foto con

Ilievski. «Ricordo di aver appreso dal portiere Cassano che le scommesse dei

giocatori della Lazio erano state effettuate presso un amico di Zamperini che

aveva un'agenzia di scommesse», ha detto Gervasoni.

LECCE Oltre a Brescia-Lecce 2-2 e Lazio-Lecce 2-4 (con il coinvolgimento di

Benassi, Rosati, Ferrario e altri), sono esplosive le dichiarazioni di

Masiello, che ha ammesso di aver fatto apposta autogol in Bari-Lecce.

Aggiungendo di aver ricevuto 230 mila euro in contanti da una persona vicina

ai Semeraro, padroni del club. Ancora nebuloso il ruolo di Corvia. Nel 2008

avrebbe pagato l'Ascoli per battere l'AlbinoLeffe, avversaria nella lotta per

la A (Gervasoni dice di averlo saputo da Paoloni).

MILAN Di Milan-Bari 1-1 si parla in un brogliaccio della Procura di Bari, ma

zero riscontri.

NAPOLI La Procura di Napoli indaga da mesi. Il più coinvolto è l'ex portiere

degli azzurri Gianello, indagato. Sospetti su Napoli-Parma 2-3 del 2009,

partita durante la quale venne fotografato a bordo campo, al San Paolo, il

figlio del boss Antonio Lo Russo.

NOVARA Le ombre si addensano attorno all'attaccante Bertani, ora alla Samp,

che secondo Gervasoni entrò in contatto con gli Zingari per Chievo-Novara 3-0

di Coppa Italia (che sarebbe stata combinata con l'aiuto di Fontana, Shala e

Ventola) e poi sarebbe diventato un referente affidabile al punto di avere

anche un telefono dedicato alle combine. Nel mirino anche Novara-Ascoli 1-0

(coinvolto Gazzola) e Novara-Siena 2-2 (tirati in ballo Vitiello e Drascek da

Carobbio).

PALERMO Non ha colpe nella combine non andata a buon fine con il Bari (2-1,

rigore sbagliato dall'inconsapevole Miccoli).

ROMA Bari-Roma 2-3 è stata la bolla di sapone di un giorno a causa delle

parole di Iacovelli.

PARMA Preoccupa la partita Parma-Bari 1-2; a fine partita Morrone aggredì

Marco Rossi urlandogli: «Bastardo, non erano questi gli accordi».

SIENA Tre righe di verbale che potrebbero avere effetti devastanti. Ha detto

Gervasoni: «Gegic mi riferì di aver appreso da un suo amico del Kazakistan che

il presidente del Siena diede dei soldi ai giocatori del Modena, Tamburini e

Perna, per vincere l'incontro Modena-Siena terminato 0-1». Non ci sono ancora

riscontri, ma intanto Mezzaroma è il primo presidente di A a essere accusato

direttamente. Carobbio e Gervasoni hanno parlato anche di altre partite:

AlbinoLeffe-Siena 1-0, Siena-Ascoli 3-0, Siena-Piacenza 2-3, Siena-Torino 2-2,

Siena-Varese 5-0 e Novara-Siena 2-2. Tirato in ballo anche Stellini,

collaboratore di Conte.

UDINESE Per Chievo-Udinese 0-2 Gervasoni ha detto di aver saputo dai fratelli

Cossato che l'incontro era stato manipolato. Di Udinese-Bari 3-3 ha parlato

Masiello, tirando in ballo anche Bonucci e Pepe, che sarebbero stati a

conoscenza della combine.

SERIE B

Le squadre più chiacchierate sono AlbinoLeffe, Ascoli, Bari e Grosseto.

L'AlbinoLeffe, ex squadra di Gervasoni e Carobbio, è citata nell'inchiesta per

ben 15 partite. E i due «infedeli» hanno fatto i nomi di una decina di ex

compagni. Per la maggior parte delle partite la società sarebbe parte lesa, ma

si sospetta che la dirigenza sia coinvolta direttamente in

AlbinoLeffe-Piacenza 3-3 e in Reggina-AlbinoLeffe 3-1 del 2010. L'Ascoli, già

penalizzato nel primo processo sportivo per le colpe di Sommese e Micolucci, è

coinvolto in almeno 8 partite. Gli ex Bari avrebbero taroccato almeno 5

partite: sono Andrea Masiello, Bentivoglio, Parisi, Belmonte e Marco Rossi.

Carobbio e Gervasoni coinvolgono negli 8 match manipolati del Grosseto Acerbis,

Job, Joelson, Conteh e Turati. Il Padova trema per le dichiarazioni degli

indagati sui match con l'Atalanta («combinata dalle società»), con

l'AlbinoLeffe del 2010 («vittoria pagata dal Padova») e per Mantova-Modena

(«il Modena prese i soldi dal Padova per non perdere»). La Sampdoria, con

Guberti, è stata pesantemente tirata in ballo per la vittoria di Bari, il

Torino per il 2-2 di Siena (coinvolto Pellicori). Citate anche partite di

Brescia, Crotone, Empoli, Livorno, Modena, Pescara, Reggina, Sassuolo e Varese,

ma con responsabilità sfumate o nulle. Un capitolo a parte lo merita il

Verona per le recenti dichiarazioni di Gervasoni su Verona-Piacenza 1-0 del

2006 («Facemmo una colletta di circa 70 mila euro» per vincere a cui

parteciparono «Comazzi, Biasi e Italiano» (. . . ) «La somma venne fatta

pervenire a Moscardi, Margiotta e Olivi») e Verona-Bari 4-2 del 2007 («A fine

partita ho appreso da Bellavista, Santoruvo e Marco Esposito che si erano

messi d'accordo con Sibilano tramite il d. s. Cannella». Coinvolti anche

«Cazzola e forse Micolucci». Attenzione: reato prescritto per il club, che non

rischia nulla, ma non per i tesserati.

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LA SITUAZIONE IN SERIE A

Ora rischiano

penalizzazioni

almeno 11 club

Da verificare alcuni casi di responsabilità diretta: è in ballo la salvezza

di MAURIZIO GALDI (GaSport 14-04-2012)

Responsabilità diretta, responsabilità presunta, responsabilità oggettiva. Su

queste tre opzioni ruotano le possibili penalizzazioni che la Disciplinare,

prima, e la Corte di giustizia federale, poi, infliggeranno alla società i cui

calciatori sono coinvolti nel calcioscommesse. Il peso delle tre opzioni è

diverso: la responsabilità diretta presuppone che un dirigente (a maggior

ragione se presidente o amministratore) si sia reso colpevole dell'illecito;

la presunta riguarda quegli illeciti che sono stati consumati a favore di una

società, ma senza che i suoi dirigenti ne fossero a conoscenza (ricordate i

sei punti di penalizzazione all'Arezzo per Arezzo-Salernitana?); infine c'è la

responsabilità oggettiva per cui un club paga per il fatto che un suo

tesserato abbia commesso o tentato l'illecito.

La responsabilità oggettiva Questo è il caso più complesso: le società

stanno sollevando un polverone (Atalanta in testa) perché sia cancellata

o ridimensionata. Comunque attualmente è già abbastanza modulata. Basta

ricordare che alla fine dell'iter, il Benevento (per il quale il Procuratore

federale aveva chiesto 14 punti di penalizzazione per il ruolo del portiere

Marco Paoloni) ha visto ridursi ad appena due punti il suo handicap in

classifica dal Tnas in virtù del fatto che in realtà gli illeciti erano tutti

stati commessi a suo danno.

Cosa rischiano Ad oggi la situazione non è ancora chiara, ma dalle carte

sembra potersi ipotizzare una responsabilità presunta per il Lecce (solo dopo

ulteriori accertamenti potrebbe trasformarsi in diretta) per cui rischia una

penalizzazione (guardando i precedenti almeno sei punti), mentre se fosse

provata la diretta rischia almeno la retrocessione all'ultimo posto (serie B

se si salva, Prima divisione in caso contrario). Ulteriori penalizzazioni

potrebbero riguardare Atalanta, Bologna, Chievo, Lazio, Genoa, Parma, Napoli,

Novara, Udinese e Siena. Al momento per tutte queste dovrebbe scattare la

responsabilità oggettiva, ma sul Siena si addensano nubi ulteriori per le

dichiarazioni di Gervasoni, che però in questo caso riferisce versioni di

terza mano: una posizione tutta da verificare. In B rischiano AlbinoLeffe,

Ascoli, Bari, Grosseto, Padova e Reggina. Tutte sicuramente per responsabilità

oggettiva, ma la posizione di Padova e Reggina potrebbe cambiare sempre dopo

le dichiarazioni di Gervasoni che parla di «accordo» tra presidenti. Tra i

calciatori molti rischiano la radiazione e sicuramente le sanzioni saranno

pesanti.

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GaSport 14-04-2012

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Mauri e Brocchi sereni

ma Gervasoni conferma

I due laziali sentiti in Procura federale. Cristian: «Non voglio

che si dubiti di me». L'ex del Piacenza interrogato per 10 ore

di VALERIO PICCIONI (GaSport 14-04-2012)

A sentire i loro avvocati, ma anche a guardare le loro facce dopo gli

interrogatori-maratona, Stefano Mauri e Cristian Brocchi dovrebbero essersi

difesi in modo convincente davanti agli inquirenti sportivi. Insomma, quel

«sono sereno», pronunciato da Mauri e replicato ben cinque ore dopo dal suo

compagno, sembrava sincero. Naturalmente tenendo a mente che l'interrogatorio

«sportivo» è molto, ma molto più soft rispetto a quello penale. E senza

dimenticare che mentre Mauri e Brocchi dicevano «non c'entriamo nulla», al

piano di sopra il grande accusatore Carlo Gervasoni ha confermato ogni virgola

tagliando il traguardo delle dieci ore di deposizione. Una giornata infinita

con il palazzo di via Po sotto l'assedio di microfoni e telecamere fra lo

stupore degli altri condomini: «Ma che sta accadendo?».

La foto Mauri è arrivato un minuto prima di Gervasoni al portone degli uffici

della Procura della Figc. Facendo uno più uno si è arrivati a pensare a un

confronto all'americana, ripetutamente smentito. Ma fra i due pool di

procuratori c'è stato un continuo scambio di informazioni, cosa che fa pensare

a interrogatori «comunicanti». Mauri doveva spiegare due partite sotto

inchiesta, Lazio-Genoa e Lecce-Lazio, con lo stesso risultato: 4-2. E una foto,

citata da Gervasoni nell'interrogatorio a Cremona: «Ricordo che nei giorni

successivi (a Lazio-Genoa) Ilievski mi mostrò una foto sul proprio cellulare

che lo ritraeva abbracciato insieme a Mauri». Che non ha detto:

quell'abbraccio non esiste. Ma ha spiegato di non ricordare il momento, come

mille altri di tifosi che si fanno fotografare con lui. Quindi ha respinto al

mittente l'eventualità di un incontro con Ilievski e con il suo amico

Zamperini. Ora la domanda è: c'è dell'altro nelle carte di Cremona? E quanto

di questo altro è a conoscenza dell'ufficio di Palazzi?

Il «giro» Per Brocchi il discorso è diverso. Il suo avvocato, Dania Manti,

spiega la durata chilometrica dell'interrogatorio con «la rottura di una

stampante». Sarebbe stato lo stesso Brocchi a insistere per capire la

provenienza delle accuse. La sua posizione emergerebbe in modo indiretto, come

frequentatore di un «giro» di giocatori e personaggi sotto indagine. «Brocchi

è un ragazzo che ama il calcio, un'icona, una figura specchiata», ha spiegato

ancora il suo avvocato. E lui: «Non voglio che si dubiti di me».

Gervasoni Sono stati sentiti anche Shala e Bertani, e fuori sede pure Conteh.

Ma l'interrogatorio di Gervasoni è stato per tutti il più impegnativo. Alla

fine, i suoi avvocati Alleva e Andreussi non hanno fiatato: troppo delicato il

momento anche per poche parole. Ora tocca a Stefano Palazzi, che non ha

partecipato agli interrogatori, ma che incrocerà i verbali delle audizioni con

le carte di Cremona. Una lettura decisiva per scegliere fra archiviazione e

deferimenti.

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PETRUCCI ALL’ATTACCO DELLA LEGA

«Responsabilità oggettiva: guai a toccarla»

di MARCO IARIA (GaSport 14-04-2012)

Non passa giorno che Gianni Petrucci non difenda uno dei pilastri della

giustizia sportiva: la responsabilità oggettiva. A maggior ragione adesso che

la Lega, su richiesta di 8 club, l'ha messa tra i punti all'ordine del giorno

della prossima assemblea, in programma venerdì. «Io dico che un presidente

normale, sereno, saggio - ha detto il capo del Coni — in questo momento in cui

sta uscendo quello che sta uscendo, come può ancora pensare a togliere uno dei

capisaldi dello sport, non solo del calcio? Come si può pensare che la Lega si

riunisca e di nuovo parli non di etica, ma di come alleggerire eventuali

responsabilità? Queste sono cose assurde».

Priorità Su sollecitazione dell'a.d. dell'Inter Ernesto Paolillo, l'assemblea

avrebbe dovuto discutere dei modelli aziendali di vigilanza e di controllo sui

dipendenti (la legge 231). La richiesta di Atalanta, Bologna, Cesena, Genoa,

Lecce, Novara, Parma e Siena pare tuttavia aver preso il sopravvento, tanto

più che inizialmente ci si era dimenticati del tema suggerito dai nerazzurri,

salvo poi integrarlo in un comunicato successivo. Ma Petrucci pone un niet:

«La responsabilità oggettiva mai sarà tolta, si mettano l'anima in pace,

perché non riguarda solo il calcio, ma tutto lo sport non solo italiano e il

presidente Abete che è persona perbene non pensa a questo». Proprio il numero

uno della Figc spiega: «C'è sempre una giurisprudenza che arricchisce il

quadro normativo, perché nel codice di giustizia sportiva c'è la possibilità

di calibrare diversamente la responsabilità dei soggetti qualora abbiano messo

in atto tutta una serie di meccanismi che costituiscono o attenuanti o

esimenti. Ma questo non toglie che la responsabilità oggettiva rimane un

presidio nel sistema sportivo internazionale».

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IL FILONE BARESE

Verso il processo per frode sportiva

E Quarta non parla

di GIUSEPPE CALVI (GaSport 14-04-2012)

Entro la prossima settimana la Procura di Bari potrebbe chiudere la fase

istruttoria della prima tranche legata a 5 incontri del Bari e trasmettere poi

gli atti alla Procura federale sportiva. Per il derby con il Lecce, disputato

al San Nicola il 15 maggio 2011 (che valse la salvezza in anticipo per i

giallorossi), potrebbe bastare il contributo dei protagonisti di parte barese,

se Carlo Quarta dovesse alzare un muro di silenzio. Per il reato di frode

sportiva non è obbligatorio il mandato di cattura, essendo infatti prevista

«la reclusione da 3 mesi a 2 anni, se il risultato della competizione è

influente ai fini dello svolgimento di concorsi pronostici e scommesse

regolarmente esercitati». I magistrati della Procura di Bari possono costruire

il processo penale poggiando sulle verità raccontate da Andrea Masiello e dai

suoi amici Carella e Giacobbe e, più in particolare, sulle prove documentali e

sul flusso di denaro.

La linea del silenzio Sin qui gli inquirenti non hanno ritenuto necessario

interrogare Quarta e il suo presunto complice, un avvocato leccese di nome

Andrea, suo amico di vecchia data, indicati da Masiello e Carella come i

responsabili della combine per garantire la vittoria del Lecce. E Quarta — che

prima del derby avrebbe consegnato a Carella l'assegno a sua firma di 300 mila

euro — potrebbe avvalersi, nel caso fosse convocato dai giudici, della facoltà

di non rispondere. Assistito dall'avvocato Angelo Pallara, l'imprenditore

leccese, amico di Pierandrea Semeraro (all'epoca presidente del Lecce), non ha

sollecitato agli inquirenti il suo interrogatorio. Anzi, magari Quarta

preferirà restare in silenzio, mentre i giudici setacciano conti correnti

bancari per trovare intrecci tra lui e Semeraro. Noto scommettitore, con

puntate pesanti soprattutto in un'agenzia del centro di Lecce, Quarta dovrebbe

dare conto sulla provenienza dei circa 230 mila euro portati da «mister y»,

l'avvocato identificato, nell'incontro all'hotel Tiziano di Lecce, e

consegnati a Masiello e Carella.

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Palazzo di Vetro di RUGGIERO PALOMBO (GaSport 14-04-2012)

ORA SCOMMESSOPOLI PER PALAZZI

DIVENTA UNA SFIDA CONTRO IL TEMPO

Scommessopoli è un grande scandalo. Ma per la giustizia sportiva è anche un

gran pasticcio. Carlo Gervasoni, già radiato nel processo sportivo 2011

denominato scommessopoli uno, ha parlato come una radiolina. I suoi verbali

desecretati dalla Procura di Cremona e la chilometrica deposizione fornita

ieri agli uomini del Procuratore federale Palazzi aprono la strada a

scommessopoli due, deferimenti previsti per fine mese e processo a cavallo

dell'Europeo. Nel frattempo la Procura di Bari, lì la radiolina è Andrea

Masiello, avrà chiuso la sua prima tranche d'inchiesta, gli atti arriveranno

alla Figc e sarà scommessopoli tre. Poi ci sarà una nuova puntata a cura della

Procura di Cremona, annunciata dal capo della Polizia Manganelli come una

specie di scossa sismica: per Palazzi scatterà scommessopoli quattro. E

ancora: a breve dovrebbe uscire dal proprio meditato letargo la Procura di

Napoli e sarà scommessopoli cinque. Per finire con le successive tranche dell'

inchiesta barese: scommessopoli sei e magari pure sette.

Capirete bene che raccapezzarsi dentro a questo caos è assai complicato e per

una volta è il caso di mostrarsi un po' generosi con quanti devono occuparsi

di indagini, deferimenti, processi. La giustizia penale ha i suoi tempi,

Calciopoli docet, quella sportiva ha altre necessità. Di urgenza. Relativa per

quel che riguarda i tesserati: taroccatori di partite o anche solo rei di

omessa denuncia (in giro sembra essercene un'infinità), prima o dopo tutti

dovranno vedersela con le conclusioni di Palazzi. Assoluta per quel che

riguarda le società. I campionati finiscono e devono ricominciare. Insieme

alle coppe europee, dove, è opportuno ricordarlo, vige la cosiddetta «norma

Milan» varata nel 2007, mentre i rossoneri, penalizzati in Calciopoli ma con

accesso ai preliminari di Champions League, volavano verso il trionfo finale:

da allora le coppe sono vietate per una stagione al club «direttamente o

indirettamente coinvolto in attività tesa a cambiare il risultato di una

partita». Ovvero, se sei penalizzato in Italia non puoi disputare le coppe

europee.

In Lega, dove in un rigurgito di morale avevano messo all'ordine del giorno

di venerdì prossimo il tema scommesse, sono subito tornati alla cinica,

interessata quotidianità, aggiungendoci la «richiesta delle società Atalanta,

Bologna, Cesena, Genoa, Lecce, Novara, Parma e Siena di porre in discussione

una nuova definizione del principio della responsabilità oggettiva». Puntuale

e opportuno, ci ha pensato ieri Petrucci, seguito a ruota da Abete, a

bastonarli.

Ma questo non risolve il problema di fondo e dei mesi che verranno: che

giustizia è per il calcio una giustizia a rate? Ecco perché questa volta

Palazzi, con l'aiuto delle Procure di Cremona, Bari e Napoli, deve superarsi.

Ha tempo fino al 31 luglio, anche qualcosa di meno perché il 2 agosto in

Europa cominciano i preliminari che ci riguardano. Altrimenti, statene certi,

sarà il caos. Auguri.

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ilCaso di ANTONELLO CAPONE (GaSport 14-04-2012)

QUEGLI ASTERISCHI NELLE CLASSIFICHE

TOLGONO UN VALORE: LA CERTEZZA

Piovono penalizzazioni: sono previste dalle opportune regole anti bancarotta.

Ma il tifoso chiede anche altro. Un Nord, un nuovo punto di riferimento, la

certezza di una sana e solida classifica, l'unica su cui potevamo e vorremmo

continuare a imbastire discorsi, discussioni, tabelle di marcia. Non ce la

facciamo a convivere con gli asterischi. Nè ce lo meritiamo. Perché

l'asterisco è il marchio di precarietà di oggi e noi abbiamo nel calcio il

bene rifugio. L'asterisco indica l'eccezione che sballa, riporta le

controindicazioni di una medicina che prendiamo per far passare il raffreddore

ma ci avverte che potrebbe far venire il mal di testa se il nostro bisnonno

era allergico al polline.

Passi il campionato spezzatino che ci ha tolto tuttelepartiteallastessaora:

ok, è per i soldi della tv che ci fanno acquistare i campioni. Passi lo

sciopero dei calciatori che ha portato la prima giornata a dicembre: vuoi non

solidarizzare con i lavoratori? Passi anche la neve che ci ha dato la

classifica delle palle con la Juve che era in ritardo di quattro punti, ma in

realtà era prima perché aveva due partite da recuperare e alla fine ci ha

creduto talmente tanto che ne ha fatto due e per tornare prima ha dovuto

riconnettersi con il campo magnetico. Insomma, oggi in A, in B, in Lega Pro ci

troviamo giorno per giorno la classifica scombussolata dai Gervasoni, da

Equitalia, dalla Covisoc: una mancanza del contabile in dicembre toglie i

punti a primavera! Non ci illudiamo più di capire la stagione che cambia

guardando se sono tornate le rondini. Che pure sarebbe un nostro diritto

divino. Ma è giusto pretendere che almeno la sacralità della classifica venga

ristabilita. Perché poi ci assale un dubbio: che siano tutti espedienti per

far fuori alla chetichella un tot numero di squadre per arrivare al taglio del

settore professionistico. Invece di agire di forbice lo fanno di strappo: uno

oggi, l'altro domani, finché la maglia è da buttare.

Il calcio fonda la sua fortuna sulla semplicità universale: vince chi segna

più gol. Chi fa più punti viene prima di chi ne fa meno. E giornata per

giornata puoi vedere lo stato d'avanzamento. Quant'è bella quella paginata che

appendi in camera o fa mostra nelle officine ancor più bella delle signorine:

partita dopo partita annerisci le caselline e vedi subito chi è primo, chi in

zona Champions, chi sta per cadere.

No, non vogliamo spazi per asterischi. Nè escogitare uno sbianchetto da

abbinare alla vendita della Ġazzetta. Non solo non sappiamo quanti sono gli

esodati. Non sappiamo neanche quanti punti abbiamo davvero noi e quanti ne ha

l'avversario. E non accettiamo che il contabile muova a piacimento la

classifica. Altrimenti avrebbe fatto il calciatore.

Modificato da Ghost Dog

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LA BOTTEGA di SERGIO NERI (CorSport 14-04-2012)

NON SOLO I GIOCATORI COLPEVOLI

DEL SUDICIO CHE C’E’ NEL CALCIO...

Certo non è facile in questo momento di denunce, indagini zeppe di riscontri e

soprattutto di confessioni a libro aperto, prendere le difese d'una categoria,

quella dei calciatori, alla quale la gente addebita eccessivi guadagni in

cambio d'una vita sin troppo facile e documentate prove di comportamenti

corrotti. Non è facile. Ma è doveroso farlo per capire il fenomeno che

peraltro non appartiene soltanto al calcio italiano o all'intero movimento

sportivo del nostro Paese.

Tutto lo sport e il calcio in particolare, soffre d'un fenomeno dovuto alla

globalizzazione. Tutto lo sport ha subito con la globalizzazione una

devastazione delle proprie piccole ma fondamentali virtù, diventando oggetto

di movimenti il cui obiettivo principale era, ed è ancora, quello del grande

profitto.

Il calcio, il più ricco e diffuso degli sport, il più aperto a qualsiasi tipo

di speculazione, soprattutto quando a dirigerlo si propongono personaggi che

non hanno nella passione e nella conoscenza innamorata di questo sport la

radice della loro esperienza, paga il prezzo molto salato dell'irruzione

incontrollata del denaro nel proprio sistema di vita. I soldi hanno devastato

le regole ed hanno soprattutto attratto intorno agli atleti una miriade di

persone prive di scrupoli alle quali premeva realizzare in tempi rapidi

guadagni senza limiti.

Nello sport, nel calcio soprattutto, quasi tutti hanno trovato pascoli felici

e disponibili. Naturalmente con la inconsapevole complicità della televisione

la quale è diventata, come è facile capire, il motore d'ogni tipo di

speculazione e d'affari.

E i giocatori? Ecco il punto.

I giocatori, come tanti atleti d'altre discipline sportive ugualmente

attraversate da spettacolari e nefaste correnti di denaro, sono stati

paradossalmente della perfida catena l'anello più debole. Sono diventati, per

il loro mestiere, la loro qualità ed anche per la loro naturale passione, le

pedine di cui l'intero movimento si è servito e si serve per muovere

spaventose masse di denaro e per intrecciare affari. I giocatori, naturalmente,

in quanto pedine sono stati ricoperti di soldi. La prospettiva di ricchezze

immense in tempi rapidissimi li ha indotti a credersi monumenti insostituibili

e intoccabili della grande macchina degli affari e siccome sono soltanto

ragazzi, molto giovani, non sempre sufficientemente irrobustiti da una buona

cultura e pieni di passione per lo sport che praticano, eccoli protagonisti

inconsapevoli d'una vita che li ha letteralmente ingannati.

Sono piombati nello sport personaggi capaci di prendere in mano le redini del

movimento. Per assicurarsi la posizione e i guadagni hanno naturalmente creato

intorno ai giocatori una rete di grande protezione ed hanno indotto i ragazzi

a considerarsi inattaccabili. Protetti, corteggiati, coccolati, difesi senza

alcun limite di fronte ad ogni regola in quanto determinanti per il buon

andamento degli affari e quindi convinti che tutto fosse per loro lecito.

Il doping, la corruzione, le scommesse. Tutto un gioco irresponsabile, per

loro, in quanto garantiti da una rete di sicurezza assolutamente improbabile.

La rete messa in piedi da tutti coloro che dello sport si sono impossessati

per i grandi affari possibili, grazie ad una globalizzazione che ha portato

alla presidenza di tante squadre personaggi assolutamente estranei alla storia

del movimento, sceicchi, miliardari del petrolio, affaristi d'ogni possibile

categoria ma assolutamente estranei alla storia d'una squadra e soprattutto

indifferenti di fronte ad ogni etica sulla quale era nata ed era cresciuta una

leggenda cara ai ragazzi.

I giocatori, anello debole e non proprio autori (solo loro) del sudiciume

esistente nel calcio? Beh, se ci pensiamo bene, diciamo così. Non solo loro,

anche se ora sono loro ad essere immersi nel sudiciume che purtroppo vediamo

nel mondo del calcio.

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INTERNATIONAL di PAOLO CONDÒ (SW SPORTWEEK 14-04-2012)

TIFOSI A RATE PER IL BARÇA

LA CRISI ECONOMICA HA COLPITO ANCHE IL CLUB CATALANO. IN UNDICIMILA NON HANNO

RINNOVATO LA TESSERA PER RISPARMIARE 166 EURO. E LA SOCIETÀ È CORSA AI RIPARI

La gravità della crisi economica si fa sentire anche negli uffici del

Barcellona. Secondo un servizio del Mundo Deportivo firmato da Francesc

Perearnau nella rubrica Bar a Leaks (ovvero le notizie che il club

preferirebbe tacere), ben 11 mila tessere di socio, in scadenza lo scorso 30

marzo, non sono state rinnovate. Per una società che conta più di 170mila

affiliati – il più grande esempio al mondo di azionariato popolare – il

problema sembrerebbe relativo. Ma non lo è. Intanto perché i mancati rinnovi

sono circa il doppio del precedente primato negativo (6 mila), e poi perché il

Barça, sempre in lotta con il Real Madrid in campo e fuori, fa della sua massa

critica il migliore degli argomenti per negoziare al rialzo i diritti tv e in

generale per valorizzare la propria immagine glocal (radicata sul territorio

ma amata in tutto il mondo). Il rinnovo della tessera del Barça costa 166 euro,

e dopo l’ultima variazione allo statuto può avvenire solo via prelievo

bancario; ne consegue che i conti correnti degli 11mila non contenevano questa

somma, oppure che i loro titolari hanno dato ordine di cancellazione del

prelievo. In un caso e nell’altro – considerato che la polisportiva Barça fila

alla grande dappertutto – l’evidenza della crisi è chiara.

Occorre poi tenere presente che la tessera di socio dà diritto

all’abbonamento al Camp Nou per i 95 mila che ce l’hanno (in linea di

principio lo stadio è sempre esaurito), e ovviamente a un posto in coda nella

lista d’attesa che ogni anno avanza un po’ verso l’agognato tagliando. Abbiamo

detto che il Camp Nou è esaurito soltanto in linea di principio perché la

media degli abbonati che non va a vedere la partita è molto elevata, 27 mila

tesserati a match: il loro diritto al posto può essere ceduto al club, che è

sempre subissato di richieste da parte soprattutto dei turisti, oppure venduto

fuori dallo stadio come un bagarino. Chi è disposto a cedere un biglietto del

clasico col Real Madrid, a un’ora dal fischio d’inizio può incassare il denaro

col quale pagare sia la tessera che l’abbonamento.

La preoccupazione per i soci mancanti, unita al solidarismo che da sempre

costituisce un tratto distintivo del club, ha fatto sì che il Barcellona

concedesse una proroga. In realtà, sempre secondo il Mundo Deportivo, la

durezza della crisi – la Spagna sta sperimentando adesso i momenti terribili

vissuti dall’Italia tra autunno e inverno – ha consigliato ai funzionari

catalani una strategia di rinnovo più flessibile: l’articolo parla di acconti

da 50 euro accettati, con un piano nero su bianco per un pagamento rateale

degli altri 116. Mes que un club vuol dire anche aspettare chi è rimasto

indietro.

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Fair play Uefa

Club morosi? Stop ai giocatori

di STEFANO SCACCHI (la Repubblica 14-04-2012)

MILANO - Il fair-play finanziario dell´Uefa colpirà anche i calciatori. E´

l´effetto di una delle sanzioni, che saranno annunciate il 19 maggio in

occasione della finale di Champions League, ideata per combattere il fenomeno

dei mancati pagamenti sui trasferimenti di mercato. Sempre più spesso il club

acquirente è inadempiente col venditore. E così Michel Platini ha deciso di

correre ai ripari: in caso di ritardo nel versamento di una rata concordata al

momento della firma del contratto, la società morosa non potrà più schierare

il giocatore nelle coppe europee. Al suo posto in lista potrà essere inserito

un giovane della Primavera. Il fenomeno è diffuso soprattutto in Spagna dove

molti club sono commissariati per problemi economici (mentre il Real, in

procinto di costruire un nuovo stadio, si prepara a incassare una notevole

plusvalenza immobiliare dalla vendita dell´area del Bernabeu). E´ uno dei

particolari emersi durante la lezione tenuta dall´ad dell´Inter, Ernesto

Paolillo, agli studenti del Master in Sport management dell´Università degli

Studi di Milano-Bicocca.

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Inviato (modificato)

Retroscena di PAOLO MASTROLILLI (LA STAMPA 14-04-2012)

Il riscatto dei calciatori

“Hanno un cervello superiore alla media”

Uno studio svedese sovverte molti luoghi comuni

Bravi ma tonti? Magari furbi, ma certamente superficiali e poco intelligenti?

Chiunque coltivi ancora questi pregiudizi verso i calciatori, sarà costretto a

lasciarli morire. Almeno secondo uno studio realizzato in Svezia dal

Karolinska Institute, e pubblicato sull’autorevole rivista PLoS One.

In base a questa ricerca, il cervello dei giocatori ha capacità superiori

alla media, quando si tratta di valutare le sue funzioni esecutive, la

capacità di pianificare, e quella di pensare in maniera astratta e creativa.

Elementi che farebbero comodo a tutti per emergere nella vita quotidiana, e

forse spiegano perché alcuni riescono nello sport e altri devono rassegnarsi a

guardarlo in tv.

Il dottor Predrag Petrovic, neuroscienziato, ha diviso le persone analizzate

in tre categorie: i calciatori di maggior successo nel principale campionato

nazionale, quelli della serie inferiore, e i comuni mortali che al massimo

giocano con gli amici durante il fine settimana. Quindi li ha sottoposti ad un

test classico che si chiama «D-Kefs», e serve a determinare le capacità delle

persone a risolvere problemi, agire con creatività, stabilire regole efficaci.

I comuni mortali sono andati peggio di tutti, i calciatori della serie

inferiore se la sono cavata meglio, e quelli d’elite hanno stravinto, con

risultati che li collocano nel top 2% dell’intera popolazione nazionale.

Non contenti, gli studiosi del Karolinska Institute hanno seguito per due

anni le prestazioni sul campo dei giocatori esaminati, e hanno dimostrato come

quelli che avevano ottenuto i risultati migliori nei test erano anche quelli

che poi avevano segnato più gol o fatto più assist. Dunque i calciatori sono

in generale più intelligenti della media, e il loro rendimento è direttamente

collegato alle qualità superiori del loro cervello, almeno nei settori

analizzati dagli studiosi svedesi.

Tutti vorrebbero imitarli, secondo Petrovic, perché «le doti possedute dai

giocatori sono fondamentali nel processo con cui gli esseri umani prendono le

decisioni».

Il problema è che certe qualità non si comprano in farmacia: «Secondo la

nostra ipotesi, in parte sono ereditarie, e in parte frutto dell’allenamento.

Non puoi diventare un buon giocatore, se non hai forti funzioni esecutive. Se

le possiedi, però, puoi migliorarle con l’allenamento». Anche volendo, insomma,

non basta alzarsi la mattina per decidere di scrivere un libro di barzellette

come quello di Totti: così ci si nasce.

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Denunciarsi per salvarsi

di PIERLUIGI GIORDANO CARDONE (il Fatto Quotidiano.it 13-04-2012)

L’incubo del calcio italiano ha nome e cognome: omessa denuncia. Le

inchieste delle procure di Cremona, Napoli e Bari vanno avanti, le

voci sul coinvolgimento di altri atleti/dirigenti/allenatori aumentano di

giorno in giorno, a tremare sono dieci società di Serie A. Almeno a

sentire le accuse degli inquirenti, che in questi mesi hanno interrogato

decine e decine di calciatori, dirigenti e addetti ai lavori. E continuano a

farlo: oggi, del resto, è il turno dei laziali Cristian Brocchi e Stefano

Mauri e di Carlo Gervasoni, il ‘pentito’ che ha tirato in ballo mezza Serie A.

Il problema, però, non sono soltanto i club su cui si concentrano le indagini,

ma anche lo spropositato numero di coloro che all’interno del sistema calcio

sapevano del giro di combine collegate alle scommesse illegali, ma non hanno

detto nulla a chi di dovere. Omessa denuncia, quindi: un reato che il Codice

di giustizia sportiva della Figc punisce con l’inibizione o la squalifica non

inferiore a 3 mesi e un’ammenda non inferiore a 15mila euro nei confronti di

tesserati a conoscenza di altri tesserati ‘scommettitori’. Non è questo il

caso, tuttavia. Quello che si sta vivendo in Italia è molto più grave, perché

chi ha preferito non denunciare puntate e taroccamenti ha ‘coperto’ illeciti

sportivi a tutti gli effetti. Pena: inibizione o squalifica non inferiore a 6

mesi e ammenda non inferiore a 30mila euro.

Detto ciò, si può ben comprendere cosa stia rischiando il calcio italiano.

Chiaramente il problema non è economico: qualsiasi giocatore coinvolto nello

scandalo non avrà grandi difficoltà a pagare i 30mila euro di multa, specie

dopo aver guadagnato fior di quattrini truccando le partite. Sul piano

disciplinare, al contrario, il disastro è dietro l’angolo. Se a causa della

responsabilità oggettiva delle società il pericolo è di veder sconvolte le

classifiche a campionati ormai conclusi, per quanto riguarda i casi di omessa

denuncia potrebbero volerci tempi biblici per stabilire responsabilità e, di

conseguenza, squalifiche.

Il motivo? Semplice: è assai probabile che siano centinaia i tesserati che

sapevano e non hanno denunciato. Non è un’esagerazione: basta leggere le

intercettazioni telefoniche che popolano le inchieste dei pm per comprendere

che Zingari, bolognesi, baresi e fauna varia fossero il classico segreto di

Pulcinella per i frequentatori del pallone di casa nostra. In tal caso,

all’interno del sistema calcio si sarebbe venuta a creare una scala

dell’illecito sportivo su due livelli: in testa gli imbroglioni, i corrotti;

subito dopo un sottobosco omertoso di giocatori, allenatori, direttori

sportivi, presidenti, massaggiatori, ecc. Non si tratterebbe di trovare le

mele marce, quindi, bensì di salvare quelle buone dal contagio.

Se così effettivamente fosse, quanto potrebbe impiegarci la giustizia

sportiva a stabilire pene e sanzioni? Mesi e mesi, se non anni. A prescindere

da probabili effetti kafkiani in ordine sparso (giocatori squalificati dopo il

ritiro, dirigenti in là con gli anni al tempo del reato e quindi multati

direttamente nella tomba), il pericolo maggiore sarebbe uno stillicidio di

condanne a distanza di anni e, di conseguenza, la definitiva perdita di

credibilità di tutto il sistema. Chi odia il calcio dirà: “Finalmente!

Chiudiamo tutto questo circo rozzo e cafone, pensiamo ai problemi del Paese,

alla crisi, allo spread, ai disoccupati”. Grave errore: fermare il pallone

significherebbe non solo uccidere una passione, ma anche e soprattutto

stoppare un business che, a prescindere dai pareri e gusti personali, in

Italia dà lavoro a migliaia e migliaia di persone. Il riferimento non è solo

ad atleti e allenatori, visto che le società di calcio o gli enti pubblici

collegati al calcio hanno alle loro dipendenze molta gente, dagli addetti alla

pulizia degli stadi agli impiegati negli uffici dei club.

Come fare, allora? Dato che la ‘giustizia veloce’ è una contraddizione in

termini, l’ideale sarebbe una sorta di ‘scudo fiscale‘ applicato all’omertà.

Spieghiamoci meglio: “Tu tesserato ti autodenunci subito, io giudice

diminuisco di un terzo o addirittura dimezzo la pena prevista per il tuo caso,

ma sconti tutto nel prossimo campionato. E se non cogli questa opportunità e

ti dovessi far beccare tra qualche mese, sarai radiato“. Irrealizzabile? Può

darsi, ma altre soluzioni all’orizzonte non se ne vedono. Forse proprio per

questo motivo, a fine febbraio il pm di Cremona Roberto Di Martino ha

proposto un’amnistia generale per chi è stato o sarà coinvolto nello

scandalo calcioscommesse. Apriti cielo: le istituzioni sportive hanno

rispedito al mittente l’idea, i tifosi idem. Sommo tradimento: per tutti, chi

ha barato deve pagare. In pochi, però, hanno pensato che evidentemente

il magistrato sapeva bene quale cortocircuito giudiziario-sportivo fosse dietro

l’angolo. E i protagonisti del gioco? Sull’ipotesi avanzata da Di Martino

quasi tutti zitti. E per forza: per loro l’amnistia avrebbe significato il definitivo

diritto all’oblio.

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SPORT & POLITICA

In Ucraina i nazisti non possono perdere

Bloccato il film sulla partita del k.o. della Luftwaffe: paura per i tifosi tedeschi dell'Europeo 2012.

di STEFANO GRAZIOLI (Lettera 43 | 14-04-2012)

È senz’altro una delle partite più famose della storia, nonostante non ci

fosse alcun titolo in palio e il calcio in quell’estate di guerra fosse solo

una scusa per dimenticare gli orrori quotidiani.

La mitica gara conosciuta come la «Partita della morte», consacrata prima

dalla filmografia sovietica poi da Hollywood, è ritornata alla ribalta alla

vigilia dell'Europeo 2012 di calcio grazie a un nuovo film russo che però è

stato bandito dall'Ucraina (organizzatore del torneo con la Polonia) con

l’accusa di mettere sottosopra gli animi dei tifosi, fomentare violenze, dare

un’immagine del Paese troppo distorta dalla realtà.

FILM BLOCCATO PER MOTIVI ETNICI. La pellicola The match prodotta

da Dmitry Kulikov è stata infatti bloccata dalla commissione ucraina perché

favorirebbe addirittura i conflitti etnici.

Una denuncia non da poco, visto che in fondo è solo di una partita di pallone,

ma quando si tratta di ripercorrere la storia russi e ucraini spesso non sono

molto d’accordo. E se poi ci sono di mezzo pure i tedeschi, allora è ancora

peggio.

TORNEO PER STEMPERARE LA TENSIONE. La questione gira intorno

all’incontro giocato il 9 agosto del 1942 a Kiev tra una squadra di militari

tedeschi e una formazione locale. Dopo che nazisti avevano invaso la città

nel 1941 e a seguito del massacro di Babyn Jar (oltre 33 mila ebrei uccisi) le

autorità tedesche autorizzarono un piccolo torneo di calcio per coinvolgere

la popolazione.

Lo scopo era quello di stemperare le tensioni e dare un’apparenza di

normalità nonostante il conflitto. Nella formazione ucraina dello Start erano

finiti alcuni giocatori che prima della guerra militavano tra i professionisti

della Dinamo e della Lokomotiv, non semplici dilettanti.

LUFTWAFFE SCONFITTA DUE VOLTE. Dopo aver giocato e vinto diverse

partite surclassando gli avversari, anche tedeschi, concessero la rivincita

alla squadra della Luftwaffe, l’aviazione nazista, che avevano già battuto per 5-1.

La sfida si giocò nello stadio dello Zenit (che solo nel 1981 cambiò nome in

Start, oggi ancora visitabile poco lontano dal centro di Kiev) e finì con

l’ennesima vittoria ucraina per 5-3. Fin qui la storia legata al calcio. Poi

arrivarono la leggenda e la propaganda.

Arrestati otto giocatori poi fucilati

Una settimana dopo la partita, otto dei giocatori vincitori sovietici

sarebbero stati arrestati. Uno, in realtà un collaboratore del Kgb, sarebbe

stato subito ucciso in prigione, gli altri spediti nel campo di concentramento

di Syrez, fuori Kiev, e qui tre di loro fucilati nei mesi seguenti.

PELLICOLA DI PROPAGANDA SOVIETICA. La propaganda Made in Urss

non ha contribuito a chiarire ciò che veramente accadde e ne Il terzo tempo,

girato nel 1962 da Evgeni Karelov, venne ripresa in sostanza la vicenda a

scopo patriottico. Un po’ la stessa imputazione che è rivolta oggi al nuovo film

in cui i collaborazionisti nazisti parlano in ucraino mentre le figure positive

lo fanno in russo.

PAURA PER LE RITORSIONI SUI TEDESCHI. Il produttore Kulikov ha

dichiarato che la scelta di bloccare il film in Ucraina è avvenuta su pressione

di gruppi radicali nazionalisti e ha difeso The match sostenendo di aver girato

un lungometraggio descrivendo il comportamento eroico degli abitanti di Kiev e

degli ucraini durante la Seconda Guerra mondiale.

Per la commissione che ha impedito l’uscita sugli schermi della nuova

versione della «Partita della morte» ci sarebbe inoltre il rischio che qualche

tifoso un po’ esagitato se la prenda con i tedeschi, squadra e tifosi,

soprattutto in vista dell'Europeo.

Come ha detto il politologo Volodymir Fesenko «ci sono persone, e tra questi

gli hooligans, che utilizzano il calcio per dare sfogo alla loro aggressività

e il film li potrebbe influenzare».

NEGLI USA FUGA PER LA VITTORIA. Per riconciliarsi con la storia e il pallone

meglio dunque rivedersi il classico di John Huston che nel 1981 ha raccontato

a suo modo la vicenda.

Fuga per la vittoria con Sylvester Stallone e Michael Caine (e la

partecipazione di famosi calciatori tra cui Pelé, Osvaldo Ardiles e Bobby

Moore) è basato sulla partita di quasi 70 anni fa e narra dell’incontro in un

campo di prigionia tedesco tra una squadra di nazisti e una di prigionieri

alleati finita 4-4 con un rigore parato all’ultimo minuto dal portiere

americano Robert Hatch (Stallone) e il pubblico che alla fine porta in trionfo

i calciatori facendoli scappare dal lager.

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SPY CALCIO di FULVIO BIANCHI (Repubblica.it 14-04-2012)

Calcioscommesse, il fango

e quel muro di omertà...

Almeno 75 gare a rischio-combine. Un centinaio di tesserati sotto indagine a

vario titolo (hanno truccato le partite, hanno scommesso o hanno fatto finta

di nulla?). Undici club di serie A, 17 di B, e chissà quanti di Lega Pro,

coinvolti. Il calcioscommesse rischia di travolgere i nostri campionati: ora

ci sarà il processo-bis, poi arriverà il ter, il quater, eccetera. La data di

chiusura è fissata al 31 luglio, perché andranno iscritte le squadre alle

Coppe europee: poi, si vedrà. Probabile, a questo punto, che si vada avanti

per anni. Ma non è certo colpa di Giancarlo Abete, semmai dei vari Gervasoni,

Doni, Paoloni, Masiello, eccetera. Gente che magari si vendeva per pochi soldi

(ma non sempre: in qualche caso ne pretendeva molti. . . ). Uno scandalo di

proporzioni gigantesche che scuote le fondamenta del calcio, e non è detto che

sia finito qui. Probabile, anzi certa ormai, una giustizia (sportiva) a rate.

Per forza di cose, la procura Figc deve andare a rimorchio delle (tante)

procure della Repubblica che stanno indagando in tutta Italia. Da Cremona a

Bari, passando per Napoli. Stefano Palazzi non può fare diversamente, anche se

lo volesse: deve aspettare le carte che gli passano le Procure prima di

muoversi. Lo ho criticato più volte per la sua lentezza, in qualche caso

(deferimenti per dichiarazioni, ad esempio), non giustificabile. Ma qui, su

questo terreno minato, la sua autonomia è per forza ridotta. Non ha "cimici",

non può intercettare, pedinare, arrestare. Può, certo, interrogare per dieci

ore (lo hanno fatto i suoi vice) il pentito Gervasoni che parla di 50 partite

sospette. Cinquanta partite... Palazzi deve utilizzare quello che ha, e quello

che gli passano i pm. Sufficiente comunque per istituire i processi sportivi.

La sua linea sarà quella della scorsa estate: stangare i calciatori (ma con

sconti di pena per chi si pente) e massima attenzione alla situazione dei club,

che in qualche caso (non sempre), potrebbero anche essere vittime. Quindi,

penalizzazioni eventualmente attenuate. E' previsto già nei codici, anche se

qualcuno vorrebbe cambiarli in corsa (non ci riuscirà). I calciatori che

scommettono rischiano due anni, chi ha falsato (o tentato di falsare) le

partite può andare incontro alla radiazione. Già successo proprio con

Gervasoni. E i club? Sono in tanti a tremare.

Qualcuno potrebbe essere penalizzato in questo campionato, dicendo addio alla

promozione in Europa o alla salvezza. Altri partiranno con punti in meno la

prossima stagione. Sarà una mattanza. Ma il vero problema è quello

dell'omertà: si sta scoprendo sempre più che troppi sapevano e non hanno

parlato. Abete, giustamente, ha già inasprito le pene per chi non denuncia. Ma

non basta. Va spezzato questo muro di silenzio, di direttori sportivi che

dicono ai propri calciatori: "Fate finta di non vedere e giocate". No, questa

gente deve cambiare mestiere. Bisogna toccare i calciatori "infedeli" per

portafoglio, in modo che paghino i danni. I club, invece di tentare (invano)

di attenuare la responsabilità oggettiva, meglio sarebbe se prendessero le

distanze dai loro calciatori. Come mai l'Atalanta, ad esempio, continuava a

pagare Doni dopo la prima condanna? Perché non gli ha chiesto i danni? E'

stata forse ingannata? Di sicuro, i tifosi bergamaschi hanno voltato le spalle

al loro ex idolo, difeso sempre, a spada tratta, per anni. Come mai negli

spogliatoi del Bari girava gente strana (eufemismo. . . ) e ultrà che

scommettevano? Chi doveva controllare? E il caso-Farina, forse, meriterebbe di

essere chiarito: il calciatore del Gubbio è stato fatto "santo subito", perché

avrebbe rifiutato 200.000 euro da Zamparini per combinare una partita. Ma la

sua è stata davvero una deposizione "spontanea" davanti a Palazzi? Perché

Farina, nonostante le promesse, non ha mai voluto parlare? Sta venendo fuori

il marcio del calcio, e molti suoi dirigenti ancora fanno finta di nulla. Si

turano il naso e chiudono gli occhi. Fa bene Giovanni Petrucci ad insistere,

"sarò sempre un martello" ci ha detto: senza etica (e, aggiungo: pugno di

ferro), lo sport rischia di scomparire travolto dal fango.

-------

Il calcio rischia la fine di Unire e Ippica.

La scommessa è l’Illecito Perfetto

di FABRIZIO BOCCA dal blog Bloooog! (Repubblica.it 14-04-2012)

Non sono affatto ottimista sulla vicenda scommessopoli o scommettopoli che dir

si voglia. E non perché non si possa risolvere questa crisi con una raffica di

sentenze e squalifiche come ormai succede ciclicamemente: ci saranno molti

giocatori squalificati o addirittura radiati, alcune società penalizzate più o

meno pesantemente, magari delle retrocessioni. E la solita bufera estiva

accompagnata da infinite recriminazioni sulla giustizia sportiva lampo e così

via. E poi si riprenderà accompagnando il tutto con un strascico di polemiche

tipo perché a lui sì e a me no. Ma comunque si riprenderà. Anche se in maniera

sempre un po’ meno credibile.

Non credo però che sia quasi questo il punto, quello che da mesi mi chiedo è

come sia possibile la ciclicità di certi scandali, il loro ripetersi in

maniera troppo frequente, come sia possibile che un consistente numero di

calciatori, dirigenti e mascalzoni non abbia alcuna remora nei comportamenti.

Mi chiedo come certi giocatori possano frequentare personaggi chiaramente

equivoci, ben sapendo che il loro fine è losco. Lasciando stare il sottobosco

vedo che personaggi come Doni, Signori e Masiello non hanno avuto problemi nel

fare delle mascalzonate e alcune società a comprarsi o vendersi la salvezza o

la retrocessione. Com’è possibile che succeda a pochissimi tempo di distanza

da un altro scandalo enorme come Calciopoli? Perché evidentemente questo

malcostume è molto più diffuso di quello che si venga a sapere e dà corpo a

quelle chiacchiere da bar che poi un loro fondamento lo hanno, tipo: a fine

stagione chi conosce ormai il proprio destino si regola di conseguenza…

Ecco secondo me il punto è proprio questo, nel momento in cui la gente si

rendesse conto che il calcio non è mediamente credibile e che il malcostume

non è un’ eccezione ma anzi è discretamente diffuso, progressivamente lo

abbandonerebbe. Non bisogna pensare che un settore della società e dello sport

– in questo caso il calcio – abbia un salvacondotto per l’eternità per

principio. Guardate cosa è successo all’ippica, settore un tempo florido e

adesso in aperta crisi: minata dagli scandali e incapace di risolvere i guai

di quel classico carrozzone politico italiano che è l’Unire, il suo vero e

proprio motore, è ormai in agonia. Con ippodromi che licenziano e chiudono,

cavalli che finiscono al macello, entroiti a picco. Compresi quelli delle

scommesse. Siamo sicuri che la Lega o la Federcalcio ad esempio non somiglino

un po’ all’Unire, e che l’ippica non si considerasse indistruttibile come il

calcio oggi?

Le scommesse purtroppo hanno minato la struttura del calcio, non perché non

sia legittimo farle, ma perché non si è fatto nulla per tenervi lontani i

calciatori e i tesserati in genere. Venti anni fa in Inghilterra si fecero

regole durissime per questo. La possibilità di combattere il fenomeno in

maniera efficiente è veramente bassa. Lo ripeto sempre: se un calciatore

decide nel suo stesso privato, tramite un suo account irriconoscibile o un

parente fidato, di scommettere via internet centinaia di migliaia di euro

sulla partita in cui gioca, e poi fa autogol, senza mai dire nulla a nessuno

di questo, non si troverà mai prova o testimonianza della manomissione.

Saremmo davanti al cosiddetto “illecito perfetto”. Personalmente inasprirei

tutti i divieti di scommessa, terrei lontani i giocatori dai bookmakers come

il diavolo dall’acqua santa e proibirei persino la possibilità di fare

pubblicità da parte dei calciatori ai bookmakers ufficiali.

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Perché i tifosi del Liverpool

non comprano il Sun da 23 anni

Il 15 aprile del 1989 morirono 96 spettatori nella "strage

di Hillsborough": qualche giorno dopo il tabloid pubblicò

una prima pagina che i tifosi non hanno ancora perdonato

della redazione il POST 14-04-2012

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Oggi pomeriggio, durante la partita valida per la FA Cup (la Coppa

d’Inghilterra) tra Liverpool e Everton, i tifosi del Liverpool, oltre alle

consuete bandiere e striscioni di sostegno alla squadra, hanno esposto

manifesti e striscioni di protesta inneggianti al boicottaggio del tabloid

inglese Sun, di proprietà della News Corporation del magnate australiano

Rupert Murdoch. Si tratta di una battaglia che i tifosi del Liverpool, e non

solo, portano avanti da 23 anni.

Il rancore dei tifosi del Liverpool contro il Sun ha avuto inizio il 19 aprile

del 1989, quando, a pochi giorni dall’incidente che provocò la morte di 96

persone allo stadio Hillsborough di Sheffield, il Sun pubblicò una prima

pagina molto provocatoria, molto offensiva nei confronti dei tifosi del

Liverpool, che metteva in luce alcune loro presunte azioni estremamente

negative che avrebbero commesso poco dopo la strage di Hillsborough. Una mossa

che i tifosi del Liverpool, dopo oltre vent’anni, non hanno ancora perdonato.

Ma andiamo con ordine.

La dinamica dell’incidente

Il 15 aprile del 1989 allo stadio Hillsborough di Sheffield era in programma

la semifinale di FA Cup tra Nottingham Forest e Liverpool. Come per tutte le

partite importanti, allo stadio erano previste molte migliaia di tifosi,

dell’una e dell’altra squadra. Ma verso le due mezza del pomeriggio, circa

mezz’ora prima dell’inizio della partita, centinaia di tifosi del Liverpool, i

cui pullman erano rimasti imbottigliati nel traffico, erano ancora fuori dallo

stadio, in attesa di entrare nel settore a loro assegnato, la cosiddetta

Leppings Lane, a sinistra della tribuna centrale dello stadio.

Verso le tre del pomeriggio, quando mancavano pochi minuti dall’inizio della

partita e la massa di tifosi ancora fuori premeva per entrare, la polizia

decise di aprire il Gate C dello stadio e l’idea si rivelò una catastrofe. Il

Gate C non era provvisto di tornelli e centinaia di tifosi entrarono nel

perimetro dello stadio, percorrendo l’unica via d’accesso alla Leppings Lane,

un tunnel stretto e lungo. Nel tunnel e sugli spalti arrivò così un enorme

flusso di tifosi in entrata che si accalcarono sempre di più nel tunnel,

schiacchiando quelli che erano già all’interno contro le inferriate,

provocando decine di morti soffocati o schiacciati dalla folla.

Intanto la partita era iniziata da pochi minuti, ma nessuno si accorse di

quello che stava succedendo sugli spalti che ospitavano i tifosi del Liverpool,

almeno fino a quando decine di loro non riuscirono a scavalcare le transenne

della Leppings Lane, stracolma di tifosi, gettandosi verso le tribune

inferiori o entrando in campo. La partita fu sospesa immediatamente, al sesto

minuto di gioco. Nel frattempo si attivarono i soccorsi. Alla fine il bilancio

fu di 96 morti e di oltre 200 feriti. Le indagini che seguirono l’incidente

stabilirono che la causa principale della strage di Hillsborough era stata il

comportamento irresponsabile delle forze dell’ordine durante l’ingresso dei

tifosi.

La prima pagina del Sun e il boicottaggio dei tifosi

Quattro giorni dopo l’incidente, il 19 aprile del 1989, il Sun uscì nelle

edicole con in prima pagina un titolo a caratteri cubitali, citando alcune

testimonianze di un anonimo agente di polizia e di un membro del partito

conservatore, che accusavano i tifosi del Liverpool di aver ostacolato i

soccorsi, di aver attaccato la polizia e i soccorritori e addirittura di aver

infierito sulle vittime.

sungutter.jpg

La verità:

-Alcuni tifosi hanno sfilato i portafogli dalle tasche delle vittime

-Alcuni tifosi hanno orinato sui coraggiosi poliziotti

-Alcuni tifosi hanno picchiato i paramedici mentre rianimavano i feriti

Le testimonianze anonime della polizia citate dal Sun a sostegno della sua

prima pagina non furono mai provate, mentre dai racconti di altri testimoni

emerse esattamente il contrario, ovvero che moltissimi tifosi del Liverpool

aiutarono i soccorritori e i feriti. Il giorno dell’uscita di quel numero del

Sun i tifosi del Liverpool, sentendosi oltraggiati da quella prima pagina,

hanno lanciato il boicottaggio del tabloid.

Il boicottaggio dura ancora e viene rinnovato il 15 aprile di ogni anno,

quando sugli spalti i tifosi del Liverpool espongono una finta prima pagina

del Sun con una testata che gronda sangue sotto la quale campeggia una scritta

in bianco su campo rosso che dice: «La verità: 96 morti. Non comprate il Sun».

Nella curva “Kop” dello stadio di Anfield Road, dove gioca il LIverpool,

l’orologio è sempre fermo alle 15.06, ora del fischio di sospensione di quella

tragica partita del 1989.

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Scandalo scommesse

Derby truccato,

il segnale con una pacca

Il rituale prima di Bari-Lecce fra Masiello e Vives. L'ex giallorosso indagato

di GIULIANO FOSCHINI & MARCO MENSURATI (la Repubblica - Bari 15-04-2012)

UN SEGNALE. Quella mano sulla spalla prima di Bari-Lecce, per confermare che

la partita era "fatta". E ora un nuovo indagato: Giuseppe Vives,

centrocampista lo scorso anno in forza alla squadra giallorossa. La storia del

derby venduto lo scorso anno si arricchisce di un nuovo elemento. Si tratta di

uno dei particolari raccontati nell'ultimo interrogatorio nel carcere di Bari

da Andrea Masiello: il difensore ha messo a verbale davanti al procuratore

Antonio Laudatie al sostituto Ciro Angelillis che gli fu detto dai leccesi che

lo pagarono che, qualora avesse accettato la combine, avrebbe dovuto mettere

una mano sulla spalla di un giocatore del Lecce che gli si sarebbe avvicinato

prima della partita con una frase in codice.

Effettivamente - ha raccontato Masiello - prima di entrare in campo gli si è

presentato davanti Vives, centrocampista giallorosso, che gli ha chiesto se

fosse tutto apposto e di scambiare la maglia alla fine della partita. Il

difensore del Bari lo ha interpretato come il segno indicato per combinare la

partita e a quel punto gli ha poggiato la mano sulla spalla. Dopo c'è Jeda che

salta solo in mezzo alla difesa, l'autogol che ormai ha fatto il giro del

mondo, il Lecce salvo che fa festa. La circostanza - come tutto l'ultimo

racconto di Masiello - è considerata attendibile dagli investigatori: precisa,

ricca di particolari, gli inquirenti hanno già chiesto le immagini della

partita per cercare di capire se sia stata immortalata da qualche telecamera

di Sky. Intanto però è stato convocato dai carabinieri di Bari proprio Vives,

che oggi gioca a Torino. Il centrocampista da testimone ha negato il racconto

di Masiello sostenendo che nulla sapeva della combine e che lo scambio delle

magliette era una semplice abitudine prima di ogni gara. Gli inquirenti non

gli hanno creduto, tanto che il suo nome è stato iscritto nel registro degli

indagati.

E' evidente che il particolare del segnale non è secondario. Al di là della

carica evocativa (lo stesso accadde prima di Atalanta-Piacenza con una stretta

di mano tra Carlo Gervasoni e Cristiano Doni) testimonierebbe che anche i

giocatori e quindi la squadra erano al corrente della combine. Confermando

così l'ipotesi della procura di Bari che è convinta che dietro Carlo Quarta,

l'uomo che consegnò il denaro ad Andrea Masiello all'hotel Tiziano di Roma, ci

sia qualcuno della società Lecce. L'ipotesi al momento sarebbe suffragata già

da altri elementi esterni. Le dichiarazioni di Masiello confermerebbero

l'attuale quadro accusatorio. Perché accada qualcosa, c'è però bisogno di

qualche settimana: la procura sta terminando il giro di interrogatori di

giocatori, attendono un paio di riscontri tecnici necessari dopo

l'interrogatorio di Masiello e quindi procederanno con la seconda tranche

dell'inchiesta.

Nel mirino questa volta ci sono soldi e finanziatori. Quindi, la criminalità

organizzata. La procura è convinta che dietro il giro delle scommesse ci sia

anche il riciclaggio di denaro sporco. Agli atti ci sono già una serie di

bonifici estero su estero che proverebbero giocate e provenienza di alcuni

capitali.

Non solo: i magistrati sono convinti che dietro le sortite dei tre capi

ultras prima della gara con il Cesena e con la Sampdoria (quando i giocatori

furono invitati a perdere) ci fosse qualche elemento vicino ai clan. «Si

trattava di partite con quote molto basse-è il ragionamento che fanno gli

investigatori - Quelle ideali per chi ha grandi capitali da ripulire. Non sono

certo gare che possono attirare i piccoli scommettitori come possono essere

gli esponenti della curva». Infine, dopo la fine del campionato è prevista la

tranche sul coinvolgimento delle società: si chiuderebbe così finalmente la

vicenda derby (si indaga anche sulla strana telefonata di Angelozzi in estate

al procuratore di Masiello quando disse, mentendo, che la Finanza aveva

trovato un bonifico di 260mila euro sul conto del giocatore in corrispondenza

della gara con il Lecce) così come si farebbe chiarezza sulle partite con la

Sampdoria e il Bologna.

-------

I verbali

Amico di Carella, rincorreva i giocatori per le combine

Telefonate e assegni

del secondo mister X

di CHIARA SPAGNOLO (la Repubblica - Bari 15-04-2012)

SOLDI e tabulati telefonici. Sono le tracce seguite dagli investigatori baresi

per ricostruire la storia del derby Bari-Lecce dello scorso annoe capire se la

società giallorossa sia stata il mandante della combineo se sia stata

coinvolta suo malgrado nelle manovre degli scommettitori, che avrebbero

manipolato la gara per scopi personali. Mentrea Lecce si rincorrono le ipotesi

sull'identità del nuovo misterX (avvocato, con due figlie, molto vicinoa Carlo

Quarta), nel capoluogo si lavora alacremente per capire da chi siano stati

sborsati i soldi che Andrea Masiello, Gianni Carella e Fabio Giacobbe

avrebbero ricevuto all'hotel Tiziano il 22 agosto 2011. A portarli, stando al

riconoscimento fotografico fatto dai tre indagati, sarebbe stato

l'imprenditore leccese Carlo Quarta, che arrivò all'albergo a bordo di un'auto

nera, "si convinse che la partita era stata truccata - spiegò Masiello al pm

Angelillis - e ci consegnò 230.000 euro".

Uno che, disse Masiello "ho avuto la sensazione fosse vicino alla dirigenza

del Lecce". Uno che per trattare con i giocatori baresi avrebbe usato un

intermediario, "l'amico di Carella", che si presentò al Tiziano su una

Mercedes Ml grigia. Era del secondo mister X la firma apposta in calce

all'assegno da 300.000 euro che Carella mostrò a Masiello il giorno prima

della partita, sue le telefonate pressanti fatte sul telefono di Carella, a

detta del difensore del Bari "per sondare il terreno e cercare di

corromperci". Probabilmente erano suoi anche i soldi che sarebbero stati

mostrati a Masiello, Parisi e Bentivoglio nella loro stanza dell'hotel

Vittoria e poi forse anche a Rossi e Iacovelli nella hall. Denaro che i

giocatori avrebbero rifiutato e che poi sarebbe in parte finito nelle tasche

di Masiello, Carellae Giacobbe. È questa la pista che ora seguono gli

investigatori. Insieme alla ricostruzione di una serie di telefonate che già

stanno raccontando la verità sui contatti frenetici tra alcune persone prima

del derby e in quel famoso 22 agosto in cui fu saldato il conto con chi

avrebbe truccato la partita.

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MisFatto satira & sentimenti

(il Fatto Quotidiano 15-04-2012)

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FRANCE football | VENDREDI 13 AVRIL 2012

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GaSport 15-04-2012

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Dossier / Morire di sport

“Controlli più approfonditi”

Il ministro punta al cuore

Gnudi rilancia un dibattito che i medici sportivi ritengono infondato: “Il modello

italiano di prevenzione ha fatto scuola negli altri Paesi”. Ma esami come l’Holter sono opzionali

di SIMONE DI SEGNI (LA STAMPA 15-04-2012)

Gli interrogativi sui controlli sanitari affiorano nel giorno in cui lo sport

italiano è sconvolto. La morte di Morosini ha scaraventato il tema al centro

del dibattito: il punto - secondo un sentire comune di chi opera nel calcio -

è che certe domande andrebbero poste in un'ora qualunque dell'anno. I medici

del pallone danno l'impressione di essere uniti nel respingere l'idea che il

dramma affondi le radici in un vizio del sistema: al più si parla di

applicazione delle regole, precisando che nel caso specifico del calciatore

del Livorno qualunque giudizio sarebbe affrettato.

Di fronte al decesso di un ragazzo di ventisei anni, tuttavia, è impossibile

arrendersi. Occorre spingersi oltre, porsi un quesito in più. Ecco quello del

ministro dello sport Piero Gnudi: «Quest' anno non è la prima tragedia. Forse

bisogna interrogarsi se i controlli medici devono essere più approfonditi e

forse anche più intensificati. Non è possibile che un giovane muoia giocando a

calcio», così il rappresentate del Governo a Radiouno.

Le tragedie, tuttavia, non sono circoscritte al calcio. La casistica racconta

che è il basket a guidare la classifica nera e la trasversalità non sfugge al

ministro. Gli esperti parlano di un caso di morte improvvisa ogni 100-300 mila

atleti sotto i 35 anni: cardiopatie ipertrofiche, displasie ventricolari e

problemi alle coronarie sono le cause più frequenti. Ma «il modello italiano

di valutazione pre-attività sportiva è valido e ha fatto scuola negli altri

Paesi», spiega il presidente della Federazione internazionale medicina

sportiva, Fabio Pigozzi. Il punto è questo: «Alcune patologie sono

asintomatiche e possono non essere diagnosticate. Non possiamo azzerare il

rischio di morte improvvisa».

Come sono disciplinati i controlli nel calcio italiano? Esistono delle zone

d'ombra? Il meccanismo è perfettibile? La Legge 91 del 23 marzo 1981 e i

successivi decreti ministeriali regolano la materia. I calciatori vengono

sottoposti ad indagini semestrali e - in modo più approfondito - a quelle

annuali. Il protocollo prevede un elettrocardiogramma a riposo e da sforzo, un

ecocardiogramma, un esame completo delle urine, la spirografia e una visita

medica che comprende l'anamnesi, ovvero la raccolta degli indizi tramite il

resoconto del paziente e le domande del medico: proprio in questa fase può

entrare in gioco la scrupolosità del medico nell'indagare su eventuali

sintomi. La fase 2, quella degli esami più approfonditi, scatta solo in caso

di sospetto. Domanda: perché non inserire nelle analisi di base alcuni di

questi, come l'Holter, il monitoraggio di 48 ore, la risonanza magnetica o lo

studio dei potenziali tardivi (l'osservazione dell'attività elettrica del

ventricolo)? Sull'opportunità non c'è accordo unanime. Più facile è

comprendere la difficoltà di effettuare indagini, come la coronarografia,

utili a scongiurare rare malformazioni: troppo invasive.

All'estero, invece, che succede? Risponde il medico della Nazionale italiana

di calcio, Enrico Castellacci: «Non pensiate che la situazione sia migliore.

Dovreste sapere che qui da noi molti trasferimenti vengono bloccati a seguito

di visite più accurate rispetto a quelle che si fanno dall'altra parte del

confine». Secondo il responsabile della salute degli azzurri il problema non

riguarda tanto la serie A o le altre leghe professionistiche, quanto la

schiera di italiani che pratica sport a livello amatoriale: «La morte di

Morosini ha sconvolto tutti noi. Purtroppo ci troviamo ad affrontare certi

temi soltanto quando siamo in lutto. Ma vi invito a porvi un'altra domanda: a

che punto stanno la prevenzione e l'utilizzo di strumenti come il

defibrillatore nel calcio dilettantistico e nei campi di periferia?». Già,

perché c'è un esercito di "sportivi fai da te" che spesso non sa quel che

rischia.

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La grande storia del calcio italiano 1908-1910

Juve, scippati due titoli

Inter, l'atroce beffa

di CARLO F.CHIESA (GUERIN SPORTIVO | MAGGIO 2012)

1908 FARDELLI D'ITALIA

Il fuoco cova da tempo sotto la cenere. È stato scritto che il 1908

«rappresenta la stagione delle novità e segna per il calcio italiano il

passaggio dall'età della fantasia a quella della ragione, dall' adolescenza

alla pubertà». In realtà è negli ultimi mesi del 1907 che scoppia il bubbone.

In seconda categoria è sorto l'astro della Pro Vercelli, che ha vinto il

campionato sciorinando un calcio di buona qualità grazie all'impiego esclusivo

di giocatori della città (e si confermerà nel febbraio 1908 superando in

tromba in Coppa Bona a Biella il Milan Campione d'Italia e la Juventus). Il

già citato movimento per una italianizzazione del pallone sostiene che solo

uscendo dalla soffocante "tutela" dei tanti, troppi stranieri, gli italiani

potrebbero imparare "a fare da sé", creando una scuola indigena. Ora l'esempio

dei bianchi piemontesi offre il destro ai fautori del nazionalismo più spinto

per imprimere un'accelerazione decisiva alle proprie istanze: una squadra come

la Pro non può restare fuori dal grande giro e casomai va aiutata a trovare

terreno fertile per emergere compiutamente.

Così, onde consentire ai vercellesi di giocare tra le elette con buone

possibilità di imporsi, viene avanzata la proposta di riservare un torneo, la

Coppa Romolo Buni (dal nome del mecenate offerente, campione di ciclismo e

appassionato di tutti gli sport), vinta quell'anno dall'U.S. Milanese,

esclusivamente a giocatori italiani. Alcuni applaudono, altri si schierano

subito contro, opinando che una "scuola" non si crea cacciando i. . . maestri,

cioè impedendo agli stranieri, che il gioco lo hanno importato da noi, di

continuare a insegnarlo agli italiani. Il dibattito tra gli appassionati si

accende. La questione è anche - come sempre accade - di carattere economico:

in quell'anno sono ben 52 i club iscritti alla Federazione, soprattutto del

Nord, ma anche di Toscana, Lazio e Campania. Pochissimi però dispongono dei

mezzi finanziari per rimborsare i giocatori stranieri e più in generale per

iscriversi al campionato e sostenerne i costi (soprattutto di trasporto nelle

trasferte), gli altri devono accontentarsi di giocare partite a livello

dilettantistico e strettamente locale. Per risolvere la questione, viene

convocata per il 20 ottobre 1907 a Milano una Assemblea straordinaria della

Fif, cui partecipano i rappresentanti di 24 società. La disputa raggiunge toni

accesi. All'ordine del giorno c'è infatti un passo ulteriore verso

l'italianizzazione del pallone: "Dare ai campionati una caratteristica di vera

nazionalità italiana".

SIAMO UOMINI O FEDERALI?

Mettendo insieme le varie istanze, si raggiunge un compromesso: mantenere il

campionato così com'è, ma aggiungerne un altro, riservato esclusivamente a

squadre composte da giocatori indigeni. Bene, tutti d'accordo. Macché. La

disputa diventa di fuoco quando si tratta di stabilire le denominazioni dei

due tornei: quello vecchio resta italiano, no, è quello nuovo che deve

chiamarsi italiano, riservato com'è a elementi nati nel nostro Paese. Alla

fine il presidente dell'Andrea Doria, Zaccaria Oberti, presenta un ordine del

giorno da approvare o respingere: «L'Assemblea delibera che il Regolamento

organico sia modificato in modo da comprendere due gare di Campionato: la

prima chiamata Campionato Federale, libera a tutti i soci appartenenti alle

società iscritte alla Federazione anche se stranieri, purché domiciliati

regolarmente in Italia, come prescrive il programma, e la seconda chiamata

Campionato italiano e riservata ai soli giuocatori italiani o nazionalizzati

appartenenti alle Società Federate. Alla prima sarà assegnata la Coppa

Spensley senza pregiudizio della Società che attualmente la detiene. Alla

seconda sarà invece assegnata la Coppa Buni. Le modalità delle gare saranno

coordinate in apposito regolamento da una commissione all'uopo incaricata».

Ora, la Coppa Spensley, intitolata al celebre medico grande animatore del

Genoa in quanto da lui offerta, spettava al vincitore del campionato e sarebbe

stata assegnata in via definitiva a chi fosse riuscito ad aggiudicarsela tre

volte di fila. Il Milan dunque, avendo vinto nel 1906 e nel 1907 ed essendo la

squadra più tosta in circolazione, puntava forte a far suo l'ambito trofeo.

Composto in maggioranza da giocatori nati all'estero, il club rossonero,

assieme ai rappresentanti di Libertas Milano, Genoa, Torino e Naples, protesta

vivacemente una volta che l'ordine del giorno risulta approvato a maggioranza.

Tanto vivacemente da abbandonare la riunione. I ribelli considerano offensivo

l'ostracismo che si profila nei confronti degli stranieri e in qualche modo

sminuito l 'unico campionato cui potrebbero partecipare con speranze di

successo. Oltretutto l'ammissione dei giocatori di fuorivia in campo non sarà

più libera, ma subordinata ad alcune condizioni di domiciliazione consolidata

nel nostro Paese, volte a eliminare il malcostume di ingaggiare per certe

partite giocatori dall'estero, specie dalla Svizzera.

Cedere al nuovo corso rappresenterebbe per queste società a forte impronta

internazionale il primo passo verso la definitiva espulsione degli stranieri

dal nostro calcio, il che suggerisce loro di opporre un deciso sbarramento.

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RIBELLI E DANNATI

C'è forte odore di secessione, tanto più grave in considerazione del numero

esiguo di club iscritti alla Fif. Consci di ciò, i rappresentanti rimasti ai

loro posti cercano di ricomporre la frizione approvando un ultetiore ordine

del giorno: «I delegati presenti, addolorati per il ritiro dei delegati delle

società Club Torino, Milan Club, Libertas, Genoa Club, Naples F.B.C.,

affermano solennemente il concetto che nel proporre un campionato italiano

riservato ai soli giuocatori italiani, ammesso in massima anche dai

dissenzienti, hanno inteso dare maggior incremento al giuoco, diffondendolo

ovunque in Italia, senza per questo pregiudicare i diritti delle società

composte di giuocatori stranieri, alle quali hanno riservato la maggior gara

di campionato federale». Nonostante dunque - particolare importante - venga

riconosciuto al campionato federale un rango superiore (definendolo "maggior

gara"), il tentativo di riconciliazione fallisce: tre settimane dopo, l' 11

novembre 1907, all' Assemblea ordinaria della Federazione i club "ribelli" non

si presentano e dunque si arriva al paradosso che le deliberazioni di rito

vengono assunte col voto di 21 club in gran parte minori: dei tre iscritti

nell'albo d'oro del campionato è presente solo la Juventus.

La decisione finale è che nel 1908 si disputeranno due tornei: il "Campionato

federale", aperto a squadre «spurie internazionali», cioè composte anche da

elementi stranieri residenti in Italia, e il "Campionato italiano", riservato

alle sole squadre «pure italiane», da giocarsi dopo l'altro. Le società più

antiche e forti - Milan, Torino, Genoa - composte per lo più da inglesi e

svizzeri, rifiutato il calumet della pace, lì per lì cominciano il Campionato

federale, avviando trattative per «sostenere il principio errato

dell'indirizzo attuale della Federazione e fare opera per ritornare all'antica

forma di campionato e propugnare un indirizzo più liberale di quello prima

vigente»; poi, visto vano ogni sforzo, decidono di salire sull'Aventino

ufficializzando la scissione: si ritirano dopo le prime gare eliminatorie,

lasciando che il torneo si riduca ai due soli club estranei alla dissidenza:

la Juventus, che vince, e l'Andrea Doria. Nel presentare l'ultima partita in

calendario, giocata il 23 febbraio a Torino sul campo di Piazza d'Armi e poi

annullata, "La Stampa" scrive: «È da augurarsi e da sperare che- dato l'ottimo

assieme della squadra torinese -la Coppa Spensley-De Albertis di Campionato,

che da due anni restò a Milano, venga assicurata pel 1908 alla nostra città

per merito del F.C. Juventus, che già la vinse nel 1905».

Questa dunque - di "Campionato federale" - sarebbe dovuta risultare la

"maggior gara", premiata con la Coppa Spensley (realizzata dallo scultore

Edoardo De Albertis) spettante negli anni precedenti ai campioni d'Italia. In

realtà la Coppa Spensley la Juventus non la "vede" proprio, perché il Milan

l'ha per ripicca resa al donatore, il dottor James R. Spensley, che a propria

volta l'ha regalata al "suo" Genoa. Mentre è evidente che la riduzione ai

minimi termini della partecipazione sminuisce grandemente valore e interesse

di questo torneo, promuovendo quelli del successivo.

CALOR BIANCO

Il campionato "italiano" comincia subito dopo la fine dell'altro, risulta poco

più frequentato (4 squadre) e vede primeggiare la Pro Vercelli, trionfatrice

al primo turno sulla Juventus, iscritta anche al secondo torneo e poi

ritiratasi. «Il nostro pronostico si è avverato» scrive la "Ġazzetta dello

Sport" all'indomani dell'ultima partita, vinta 1-0 sull'U.S. Milanese: «la

avevamo prevista noi la superiorità della squadra Piemontese ed essa si è

manifestata ieri se non materialmente schiacciante, certo tale da farle

meritare incondizionatamente il Campionato Italiano valorosamente conquistato.

Vada pur gloriosa la Pro Vercelli perché, senza tema di smentita, non esitiamo

a dire essere attualmente la più forte squadra italiana». I bianchi, che hanno

tra le loro file il leggendario Marcello Bertinetti, fondatore della sezione

calcio e futuro campione olimpico di scherma, confermano in effetti la portata

innovativa del proprio gioco, tutto tempesta e assalto e ben poco influenzato

da esempi stranieri. Renzo De Vecchi, il celebre "figlio di Dio" che, smessi i

panni del fuoriclasse, diventerà commentatore acuto e puntuale, spiegherà: «In

un periodo in cui si giocava in undici, ma l'individualità sovrastava

l'assieme, la Pro seppe dimostrare che si poteva andare lontano con un gioco

di squadra».

Di fatto comincia un dominio destinato a durare anni, contrassegnando

un'epoca e imprimendo un decisivo impulso alla nascita e allo sviluppo di una

"scuola italiana" del gioco importato da oltremanica.

Altra questione è quella dell'oblio riservato al Campionato federale dagli

annali, che per tradizione si limitano a sancire la Pro Vercelli come

vincitrice di un generico "campionato". Una scelta del tutto arbitraria cui

sarebbe ora di porre rimedio, poiché quell'anno i tornei di massima categoria

disputati sotto l'egida federale sono due e dunque altrettanti i vincitori del

titolo italiano: Juventus e Pro Vercelli. Tanto che "La Stampa" il 18 maggio

scrive: «Nel campo foot-ballistico il nostro Piemonte ha avuto quest'anno un

successo meraviglioso, vincendo tutti i Campionati, e cioè: Campionato di 1.a

categoria: 1.a la squadra della Pro Vercelli di Vercelli; Campionato di 2.a

categoria: 1.a la Piemonte di Torino; Campionato italiano federale: 1.a la

Juventus di Torino».

1909 BRAVI, BIS

La confusione aumenta nel 1909: per mesi laboriose trattative diplomatiche

hanno promosso un riavvicinamento dei club "ribelli" alla Federcalcio. Quando

si tirano le fila, nell'assemblea federale dell' 8 novembre 1908, la prima

questione - fondamentale in un'epoca in cui la precedenza viene attribuita ai

trofei - riguarda la Coppa Spensley, restituita polemicamente dal Milan, come

visto, al donatore. Ancora una volta, nelle vesti di grande mediatore si pone

Zaccaria Oberti, presidente dell'Andrea Doria. Il quale suggerisce di

considerarla vinta definitivamente dal Milan e di mettere in palio nel

Campionato federale un nuovo trofeo, da lui gentilmente offerto, la "Coppa

Zaccaria Oberti". La proposta viene approvata e risulta dunque confermato lo

sdoppiamento della Prima categoria in due tornei: il campionato "federale",

aperto anche agli stranieri (purché vantino un minimo periodo di residenza nel

nostro Paese), e quello "italiano", che si giocherà subito dopo, riservato a

squadre di soli italiani, con in palio la Coppa Romolo Burri.

L'esito sarà inverso rispetto all'anno precedente. Questa volta al Campionato

federale arride la maggior fortuna, nel senso che vi si iscrivono ben nove

squadre e a vincerlo è la Pro Vercelli, composta di soli italiani e capace di

dimostrarsi superiore anche agli stranieri. Scrive "La Stampa" il 26 aprile

1909 in una corrispondenza da Milano datata 25, ore 20: «Alla presenza di un

pubblico imponente, venne disputata nell'Arena la gran finale pel campionato

federale di 1.a categoria 1909. Erano di fronte la "Pro Vercelli", vincitrice

delle eliminatorie liguri-piemontesi, e l'"Unione Sportiva Milanese",

vincitrice di quelle lombardo-venete. La partita fu accanitissima. Splendido

il giuoco delle due difese ed irruente quello delle linee d'attacco. La "Pro

Vercelli" vince dunque il campionato federale di quest'anno». Poche righe più

in là, un antipasto del Campionato italiano: «Con l'odierna vittoria sul "F.C.

Piemonte", il "F.C. Juventus" entra nel primo girone, come vincitore delle

eliminatorie torinesi, contro la "Pro Vercelli", la quale, però, a quanto

dicesi, pare intenda ritirarsi dall'agone dei campionati italiani di 1.a

categoria».

La Fif il 4 maggio invia al club vercellese un telegramma di felicitazioni:

«In ossequio al deliberato unanime della seduta plenaria del Consiglio di

presidenza che ebbe luogo il 2 corr. adempiamo al gradito incarico di

presentare a cotesta Società i più vivi complimenti per il meritatissimo

titolo di campione federale riportato dalla vostra prima squadra. Questa

Federazione, presentando il plauso del Consiglio di presidenza, è sicura di

interpretare il desiderio di tutte le Società federate, che ammirano nella Pro

Vercelli la Società che volle e seppe meritare l'ambito titolo di Campione.

Ben auspicando con ciò all'avvenire del nostro sport, vi presentiamo i nostri

migliori ossequii. Per la Federazione italiana foot-ball - Il presidente - Rag.

Bosisio, Il Segretario - A. Baraldi».

IL FANTASMA ITALIANO

La Juventus, di cui già abbiamo anticipato il positivo esordio, si aggiudica

invece il campionato italiano, disputato in tono decisamente minore:

falcidiato da una serie di forfait (il primo dei quali, come visto, proprio

della Pro, appena laureatasi campione federale), raccoglie uno scarso

interesse generale, a conferma che di due tornei, uno è comunque di troppo. Il

6 giugno 1909 "La Ġazzetta dello Sport" chiude così la sua cronaca della

finale di ritorno tra Juventus e U.S. Milanese: «Gli Unionisti si accorgono,

ahimè e troppo tardi, che la vittoria non è così facile, come essi credevano.

Riprendono con maggiore energia; ma Juventus rinvigorita moralmente dal

vantaggio non vuole lasciarselo tanto facilmente carpire; respinge gli assalti

avversari ed il giuoco si fa più movimentato ed accanito. Ma il tempo passa e

nessun cambiamento nella situazione accenna a verificarsi. E quando l'ottimo

signor Gama dell'I.F.C. segna la fine, Juventus F.C. ha conquistato pel 1909

il titolo di Campione Italiano ed il possesso della Coppa Buni». Il 7 giugno

1909 "La Stampa" annuncia: «Il F.C. Juventus rimane vincitore del Campionato

Italiano di quest'anno, e della splendida Coppa Buni che ne è l'ambito

trofeo». Quello stesso giorno il "Corriere della Sera" sintetizza con maggior

precisione: «I campionati se li sono aggiudicati quest'anno tutti le società

piemontesi. La Pro Vercelli quello federale di prima categoria. La Juventus

quello italiano di prima categoria».

Ancora più ingiustificato dunque che anche per quest'anno dagli annali venga

riportato solo il nome della Pro Vercelli, vincitrice del torneo "federale", e

non si faccia menzione della Juventus, legittima Campione d'Italia anch'essa

in quanto vincitrice del torneo "italiano".

1909-10 PIÙ UNICO CHE RARO

Così ovviamente non si poteva continuare e d'altronde i fatti avevano

dimostrato che la Pro Vercelli era in grado di vincere anche battendosi con

squadre innervate da stranieri. In quell'anno 1909 Luigi Bosisio viene eletto

presidente della Federcalcio, alla cui attività e organizzazione imprime

subito un impulso decisivo: a lui si devono il nuovo statuto federale

("Regolamento Organico della F.I.G.C.") dell'8 agosto 1909, il primo di cui si

abbia notizia, con l'italianizzazione del nome della Federcalcio da Fif

(Federazione italiana del Foot-Ball) appunto a Figc (Federazione italiana

giuoco calcio); come sintetizzerà Ettore Berra, «esso dava una sistemazione

regolare alla vita calcistica nazionale; venivano creati i Comitati Regionali

e una Commissione Arbitrale composta di cinque arbitri ufficiali». Sul fronte

interno si rivela prezioso il lavoro del segretario Arturo Baraldi, il primo a

dare un organico assetto all'ufficio di segreteria federale per quanto i mezzi

limitatissimi lo consentono. La nuova organizzazione del campionato sortisce

di conseguenza, approdando a una soluzione finalmente razionale, che avvia lo

sviluppo della stagione agonistica su due anni solari ed elimina la

duplicazione dei tornei.

Scompaiono competizioni storiche come la "Palla Dapples" (definitivamente

aggiudicata al Genoa), che nel periodo precedente hanno riempito il calendario

nei troppi mesi morti, ora scongiurati grazie al meccanismo di gare "andata e

ritorno" che terrà occupate tutte le squadre, e si stabilisce che il torneo

partirà dalla fine dell'estate per chiudersi con l'inizio di quella

successiva. Una cadenza destinata a superare i confini del secolo e a

introdurre il campionato italiano nell'era moderna, com'è confermato anche

dall'avveniristica intuizione che porta all'istituzione del girone unico:

anticipatrice, per quanto senza immediato seguito, di una riforma epocale che

vedrà la luce solo vent'anni dopo.

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UN SOLO TITOLO, ANZI, DUE

Per quel che concerne la sospirata unificazione del campionato, questa viene

attuata, passando tuttavia per una formula in qualche modo ambigua; nella sua

ricostruzione nell'Enciclopedia Illustrata del Calcio Italiano del 1939, lo

stesso Ettore Berra scriverà: «Si dava un assetto stabile al campionato diviso

in federale e italiano con girone doppio completo per la categoria maggiore»,

ove "girone doppio" va inteso appunto nel senso di girone di andata e ritorno;

resta dunque la duplicazione, se non del torneo, quantomeno del titolo in

palio. L' articolo 2 del "Regolamento dei Campionati della F.I.G.C. " emesso a

Milano l'8 agosto 1909 stabilisce infatti: «I Campionati Nazionali di Calcio

sono di I e II categoria. Quello di I categoria è suddiviso in Campionato

Federale e Campionato Italiano. Al primo possono prendere parte anche

giuocatori di nazionalità estera, residenti in Italia. Il secondo è riservato

esclusivamente ai giuocatori di nazionalità italiana». Già però il periodico

"Lettura Sportiva", a commento della seconda assemblea generale estiva delle

società, tenutasi in agosto, precisa: «La famosa divisione netta, recisa,

distinta delle prove di campionato in due categorie, "federale" e "italiano",

virtualmente venne eliminata: non ne sussiste che la veste superficiale, la

forma apparente per accontentare la maggioranza, per salvare - come si suol

dire- capra e cavoli».

Quale sia questa forma lo spiega "La Stampa", nel suo punto della situazione

del campionato alla vigilia di Natale 1909: «La nostra "Juventus", quantunque

ottimamente piazzata, non ci pare in condizioni di aspirare più al primo posto,

perché fece un match nullo e toccò una sconfitta da due squadre che, sia

l'"Internazionale", che la "Pro Vercelli", non dureranno fatica a vincere.

Comunque, il campo è ancora aperto per le piazze d'onore, poiché non crediamo

che alla "Pro Vercelli" possa più sfuggire il titolo di campione italiano, ed

all'"Internazionale" quello di campione federale. È noto infatti come

quest'anno dall'unico campionato di 1.a categoria che venne istituito, finite

le gare, verrà proclamato campione italiano il Club meglio classificato fra le

squadre pure italiane, e campione federale il Club meglio classificato fra le

squadre spurie internazionali. Quindi, sebbene, come abbiamo detto, le squadre

che hanno maggior probabilità di vincere le due serie di campionato, italiano

e federale, siano rispettivamente la "Pro Vercelli" e l'"Internazionale",

tuttavia vivissima sarà ancora la lotta per il primo posto assoluto di

classifica generale».

CASO DALLE NUBI

In realtà, per l'ultima volta si parla di un titolo duplice e la macchinosa

costruzione teorica rimarrà sulla carta. Formalmente si ha un "Campionato

d'Italia" di 1ª Categoria, nel quale si assegnano un titolo di "campione

federale" alla squadra che risulterà prima in classifica, mentre andrà un

titolo (nella sostanza puramente onorifico) di "campione italiano" alla

squadra composta di soli italiani meglio classificata. Tanto che, nei

resoconti settimanali del "Campionato d'Italia", la rivista ufficiale della

Federazione - "Foot-Ball" - che pubblica il suo primo numero il 9 gennaio 1910,

distingue con un asterisco «le squadre che partecipano al Campionato

italiano» e cioè Andrea Doria, Ausonia, Pro Vercelli e U.S. Milanese. Il che,

sia detto per inciso, porta ulteriore acqua al mulino dell'importanza

quantomeno equivalente dei titoli "federale" e "italiano" nei due campionati

precedenti. Tuttavia, quando la lotta entra nel vivo con l'entusiasmante

duello proprio tra le due portabandiera -la Pro Vercelli, tutta italiana, e

l'Internazionale, in gran parte straniera- la logica impone di parlare di un

unico titolo, che addirittura richiederà, per l'aggiudicazione, una gara di

spareggio. E infatti lo stesso "Foot-Ball" non fa più alcun cenno al teorico

titolo "italiano" vinto dalla Pro.

Il grande fermento del calcio italiano porta altresì in questa stagione

sportiva il fresco presidente federale Bosisio a una nuova storica svolta:

l'avvio di una attività internazionale ufficiale, grazie alla creazione della

Nazionale, in concomitanza con la celebrazione a Milano del settimo congresso

della Fifa. Ne parleremo a parte. La breve ma intensa gestione di questo

straordinario protagonista della storia del nostro calcio verrà tuttavia

oscurata dal caso Pro Vercelli. Una vicenda incresciosa, talmente aspra e

gravida di conseguenze da influire pesantemente anche sulla cifra tecnica

delle prime due partite della neonata rappresentativa. Poco dopo Bosisio

abbandonerà la carica.

LA SCENA DELLE BEFFE

E veniamo al giallo. Il girone unico del campionato di Prima categoria si

chiude con due vincitori, Pro Vercelli e Internazionale, entrambi in testa

alla classifica a pari punti. La Pro è dunque "campione italiano", ma il

"campione federale" non c'è e dunque per assegnare tale titolo - l'unico che

conti davvero, scaturendo da un primato assoluto - si darà luogo, come prevede

il regolamento all'articolo 8, a una «partita decisiva da combattersi sul

campo della società che conterà al suo attivo il numero maggiore fra le porte

fatte e perdute». Dunque, uno spareggio con sede a Vercelli, per la miglior

differenza reti in classifica (31 contro 29).

I tempi sono piuttosto stretti, visto che il 10 maggio la rappresentativa

nazionale debutterà a Milano contro la Francia e nei giorni immediatamente

precedenti (il 5 e l'8 maggio) sono in calendario le partite di prova con cui

la Commissione tecnica arbitrale sceglierà gli uomini per il fatidico varo. Al

punto che lo spareggio si giocherà quando ancora si devono recuperare alcune

gare di campionato, essendo ormai chiaro al 10 aprile che le due squadre

finiranno in testa da sole.

Sono in ballo tre domeniche: 17 e 24 aprile, 1 maggio. La Pro chiede di

evitare la prima, poiché alcuni suoi giocatori devono disputarvi un torneo

scolastico organizzato da "Il Secolo" (quotidiano milanese); in realtà essi

non vi partecipano affatto, in quanto fermati dal preside dell'Istituto

tecnico di Vercelli per mancanza di speciale autorizzazione dei genitori.

Sospettando dunque che il rinvio sia stato chiesto solo per consentire ai

propri elementi un maggior riposo e magari il recupero di alcuni acciaccati,

la Federcalcio fissa senz'altro la partita per il 24 aprile, nonostante la Pro

vi abbia tre propri elementi (Innocenti, Fresia e Milano II) impegnati a

Milano, con la squadra del 53° Reggimento di fanteria di stanza a Vercelli,

nel "Campionato militare di calcio" indetto anch'esso da "Il Secolo". I

piemontesi chiedono dunque un nuovo rinvio, proponendo la data del 1° maggio.

L'Internazionale rifiuta, adducendo impedimenti per due atleti: Zoller, il cui

impiego a Milano scade il 30 aprile, e Fossati, chiamato a partecipare quel

giorno all'assemblea della società per cui lavora. La Federazione resta

irremovibile e programma per il 1° maggio l'ulteriore eventuale spareggio da

giocare in caso di match nullo. La decisione, provenendo da Milano, sede della

Federcalcio ma anche patria degli avversari diretti, fa infuriare i vercellesi,

che credono di vedervi un chiaro tentativo di aiuto all'Internazionale. E

approntano una singolare forma di forfait: mandare in campo in segno di

scherno una squadra di bambini.

Il 23 aprile 1910, alla vigilia della partita, l'avvocato Luigi Bozino,

battagliero presidente della Pro Vercelli, penalista principe del foro,

fervente patriota e grande oratore (celebre una sua definizione della

proclamazione di Roma capitale d'Italia, in occasione della celebrazione del

cinquantenario: «Un grido di entusiasmo convertito in legge!»), creatore della

leggenda della Pro, annuncia la ribellione in un comunicato diretto ai tifosi:

«Ad evitare giusti eventuali reclami del pubblico che intendesse presenziare a

Vercelli, giorno 24, alla gara decisiva campionato prima categoria, avvertiamo

che nessun giocatore della prima squadra della Pro Vercelli prenderà parte

alla gara».

I PIEDI IN TESTA

"La Stampa" prende una dura posizione: «Ma è possibile che nell'anno di grazia

1910 una Federazione sportiva permetta e provochi anzi, simili schermaglie che

siamo in dovere di classificare non solo antisportive, ma poco serie per un

Ente e per delle Società che hanno in capo delle persone autorevoli, ed hanno

un passato glorioso da difendere? Ma cosa sta a fare questa Federazione che

non ha né tatto, né autorità sufficiente a prendere una decisione netta e

definitiva in una controversia di simile importanza? Una volta di più dobbiamo

constatare che gli uomini ancor oggi preposti a dirigere le vicende del giuoco

del calcio in Italia, sono assolutamente inadatti alla mansione loro affidata.

Per il buon nome dello sport italiano v'è da augurarsi che questo governo di

tentennanti abbia presto a cessare, per cedere il campo a sportsmen energici e

capaci di mostrare che il giuoco del foot-ball non lo si diffonde e lo si

pratica solo coi piedi ... ». Permane tuttavia dall'altra parte il sospetto

che l'indisponibilità per infortunio di un paio di giocatori vercellesi sia

l'autentico movente della richiesta di rinvio. Se ne fa portavoce una

inquietante "ultim'ora" in fondo alla presentazione del match da parte di

"Foot-Ball", tre giorni prima della data fatidica: «Come è noto, la nostra

Federazione mise a disposizione delle due Società interessate tre date da

scegliere per disputare il grande incontro: 17 aprile, 24 aprile e 1 maggio.

La scelta cadde sulla seconda data, e domenica prossima avverrà la finale.

All'ultimo momento, veniamo a conoscenza di un incidente di particolare

gravità! Mercoledì mattina si sono recati a Milano vari dirigenti della Pro

Vercelli. Agli amici che li hanno avvicinati, essi hanno dichiarato che

sfortunatamente non parteciperanno alla grande giornata gli ottimi Rampini e

Coma, ammalati entrambi. Si diceva pure che i vercellesi avessero fatto

pratiche per il rinvio del match, tanto più che pare che qualche altro

elemento della prima squadra sia impegnato nelle gare militari indette dal

Secolo. Ma il Presidente del FC Internazionale, da noi interpellato, ci ha

recisamente smentito che pratiche di tal genere siano state fatte presso il

Club. La Pro Vercelli sarà dunque incompleta, a quanto si dice! Ecco una

brutta notizia per quanti aspettano trepidanti la grande finale».

La domenica, in campo scendono i ragazzini (età media: undici anni) della

quarta squadra, che perdono 10-3, consegnando ai nerazzurri un titolo

nazionale decisamente svilito dalle modalità dell'ultimo atto.

MONETA FARSA

Ora, sarà il caso di entrare dentro questo episodio tra i più clamorosi e

gravi della storia del nostro calcio, troppo spesso sbrigativamente liquidato

dalla storiografia tradizionale come una "partita beffa" su cui spendere al

massimo qualche briciola di ironia. Intanto, va precisato che l'incontro alla

vigilia è circondato da una spasmodica attesa, visto dagli appassionati come

una sorta di "giudizio di Dio" rispetto alle polemiche su italiani e stranieri

che hanno tormentato gli ultimi anni. Finalmente arriverà una risposta chiara

dal campo, poiché l'italianissima Pro affronterà col titolo in palio

l'Internazionale per antonomasia, imbottita di giocatori di origine svizzera.

Si può allora immaginare lo sgomento quando sul terreno della "Pro" non solo

si presenta da parte vercellese una ciurma di bambini, ma questa appare

istruita apposta per provocare gli avversari, sotto l'incitamento di un

pubblico folto e infuriato. Il commento di "Foot-Ball", che quattro giorni

dopo titola a tutta pagina "Una burla deplorevole", è significativo in

proposito: «A noi, oggi, tocca un compito triste e ingrato. Noi che su questo

foglio abbiamo versato tante volte tutto l'entusiasmo che lascia una

combattuta giornata del foot-ball, oggi siamo costretti a commentare, con

l'animo ancora commosso di sdegno, quella che avrebbe dovuto essere l'apoteosi

del tanto combattuto campionato del 1910 e che fu mutata in una giornata di

grande follia, in uno spettacolo da burattini. Un giorno, a mente calma, anche

i vercellesi si avvedranno del male che si hanno fatto a se stessi. Oggi, il

mondo sportivo ha giudicato, con generale riprovazione, quella che fu una

temeraria provocazione. La Pro Vercelli dunque mandò in campo, in una finale

di campionato di prima categoria, la sua quarta squadra: si fece rappresentare

dai bambini. L'eccitazione, che non può essere descritta, da cui era invaso il

pubblico, avrebbe offerto motivo a uno studio interessantissimo sulla

psicologia delle masse: tutto era stato dimenticato. Mentre sul terreno undici

marmocchi alti un soldo di cacio, spalleggiati da tutto un pubblico in follia,

davano sfogo a tutta la malvagità propria dell'infanzia abbandonata ai suoi

istinti (veri enfants terribles); nella tribuna ove se ne stavano, muti e

accorati, soci dell'Internazionale, soci d'altri clubs e vari giornalisti, si

dileggiavano gli spettatori sconosciuti: si giunse a oltraggiare chi parlava

in tedesco. Chiunque poteva invadere il campo: a quando a quando, parecchi

dirigenti della Pro Vercelli accorrevano dall'arbitro o si recavano a dar

consigli ai giocatori, mentre si svolgeva la partita. E quando il match

indecoroso ebbe termine, abbiam visti alcuni spettatori accanirsi a dar calci

nelle gambe, a tradimento, ai giocatori dell'Internazionale. Voi, dirigenti

della Pro Vercelli, avreste dovuto impiegarvi a che non fosse stato toccato

uno solo dei vostri ospiti!

SCHERNI A PARTE

«Ma voi, teneri pargoletti» prosegue "Foot-ball", «forse solo l'inconscio

strumento di una vendetta sportiva: voi rappresentate, nella vostra piccolezza,

tutta la piccolezza della passione malvagia che animava il pubblico

schernitore. E, più che altro, è degno di una grande infinita pietà, che in

tal modo si sia abusato dell'incoscienza della vostra età. Voi non lo sapevate

che nello sport (che è un mondo meraviglioso, vastissimo, che ha i suoi

fanatici e i suoi denigratori, che ha le sue vergogne e i suoi eroismi) non si

conosce lo scherno e la vendetta. Domandatelo agli undici compagni della

vostra prima squadra, se essi si sarebbero prestati, per divertire il pubblico,

a far penetrare il pallone nella propria rete a bella posta, a presentare

gessi e cioccolatini, a voltare le terga in atto indecente, a far atto di dare

ceffoni, trovandosi di fronte a valorosi avversari. Essi se ne sarebbero certo

vergognati. Non avrebbero avuto il coraggio. Invece vi hanno mandati voi:

credeteci, essi hanno abusato di voi. La Pro Vercelli si è dimenticata di una

grande parola, ospitalità: che dice la più bella idea dell'umanità; che fu

conosciuta fino dagli evi più remoti ed è praticata fino dai popoli più

selvaggi, quella per cui uno straniero che si reca inerme in casa vostra,

confidando nella vostra civiltà, deve essere rispettato. Bambini: se un giorno

(quando sarete grandi e avrete posto nella vostra prima squadra, e sarete

giunti all'età del giudizio e potrete incontrarvi lealmente, a paro a paro,

con i vostri competitori d'ieri) ricordatevi che, quando eravate piccini,

foste l'istrumento incosciente di una grande ingiustizia; che faceste insulto

a chi era maggiore di voi; che offendeste degli stranieri che erano ospiti in

Italia e sul vostro campo; che strappaste loro il pianto con i vostri dileggi;

ricordatevi che essi furono generosi, della generosità dei più forti, verso la

vostra età, verso la vostra piccolezza, ché essi si ricordarono del fratellino,

nella propria famiglia, che qualche volta fa capricci e alza il piccolo pugno,

in atto di comica prepotenza ... Ricordatevi: e, quel giorno, portate un

fiore ai giocatori dell'Internazionale».

IL DURO DEL PIANTO

Non meno significativa, sullo stesso organo ufficiale della Federcalcio, la

cronaca dettagliata dell'accaduto: «I componenti il club milanese si sono

recati, come le altre volte che sono stati a Vercelli, ai bagni, ove sono

numerosi stanzini per spogliarsi. Ma essi sono inesorabilmente respinti: non

vi è più posto, ed essi devono recarsi in una specie di cascinale sul campo.

Il terreno di gioco si presenta animatissimo, molto tempo prima che abbia

inizio il match. Nel pubblico è una irrequietezza, una elettricità

annunziatrici. Ed ecco che su da tutta quella folla si leva un applauso alto e

sonoro: un applauso strano, ironico: e grida e fischi che non finiscono più.

Cosa avviene? Semplicemente questo: l'équipe dei nero e azzurri è stata scorta

mentre s'avvia al campo. Il baccano è indesctivibile. I componenti del F. C.

Internazionale non hanno osato penetrare sul terreno. Aspettano, riuniti, che

l'ira popolare abbia a cessare. Noi li vediamo soli in mezzo a centinaia di

persone, come capri espiatori votati al sacrificio. Ecco: essi entrano nel

campo. Si provano a dar calci a un goal solo. E il pubblico ad applaudire: un

continuo applauso, che sorge tanto dopo i colpi riusciti, che dopo quelli

falliti. Notiamo, intorno al campo, quasi tutti i componenti la prima squadra

della Pro Vercelli. E ci dispiace vederli inattivi quei giovani, che forse

segretamente rimpiangono di non trovarsi sul campo a misurarsi coi forti

competitori, vittime più che altro degli ordini dei loro dirigenti. La squadra

che si contrapporrà agli internazionali, tarda non poco a comparire. Il

ritardo è procurato a bella posta: esso acuisce la curiosità, l'impazienza, la

morbosità dell'attesa. Ma eccoli finalmente, i componenti la quarta squadra

della Pro Vercelli, teneri bambinelli, dagli undici ai quattordici anni. E il

pubblico ad acclamare, a ridere di gusto. Una folla da delirio. L'arbitro,

signor Meazza dell'U.S.M., verifica le tessere. Capitano della squadra

vercellese è un bamboccio undicenne, alto sì e no un metro, che si reca dal

lunghissimo Fossati, il capitano della Società milanese, a presentargli

dei ... cioccolatini. Poi offre a Peterlj un pezzo di gesso da lavagna:

affinché segni la sua grande giornata. Ma se Dio vuole, la partita sta per

iniziarsi! È inutile dire che dal momento in cui prima apparvero

gl'internazionali, fino al termine della indecorosa partita, il pubblico non

ristette un secondo dal gridio e dall'applauso ironico. Vediamo Fossati

avvicinarsi tristemente alla tribuna, dove sono molti soci del suo club, che

se ne stanno muti, addolorati, senza protesta, di fronte al dileggio dei loro

colori. Fossati è pallido, fa sforzi evidenti per trattenere il pianto! E la

sua angoscia ci stringe il cuore, a noi semplici amatori di sport: ma è

permesso deridere in tal modo degli ospiti? Ci domandiamo.

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LA PICCOLA VENDETTA BOMBARDA

«La buffonata si inizia» spiega "Foot-ball", «con un sottile spirito di

raffinata malvagità, i vercellesi hanno trovato la più terribile forma di

vendetta: hanno scagliati i loro giuocatori più piccoli, di più tenera età,

contro gli avversari. E hanno detto loro: - Dileggiateli, burlatevi di essi

nel modo che crederete migliore. Voi non correte nessun pericolo: siete

piccoli mentre essi sono grandi: essi non oseranno toccarvi. E se facessero

una simile vigliaccheria, guai a loro! Forti dunque della vostra piccolezza,

provocateli meglio che potrete: noi vi applaudiremo, vi incoraggeremo, li

insulteremo a nostra volta: e il tormento del loro animo sarà la più bella

vendetta e il più buffo spettacolo che mai abbia visto Vercelli.

E a quei bambini, forti dell'appoggio di tutto il pubblico, non parve vero di

sfogarsi su chi era più grande di loro. Ma vi pare poca soddisfazione, per un

bimbo undicenne, quello di fare l'atto di dare un ceffone a un pezzo di

giovane alto il doppio? E vedere i genitori, gli amici, ridere e ridere, e

applaudire, e approvare? Dàlli! Dàlli! Non vedevano forse essi il sacerdote

scagliare i suoi- bravo! -ironici ai competitori; forse in nome di Cristo?

Sul campo, ne avveniva d'ogni colore. Quei minuscoli prepotenti toccavano la

palla con le mani, spingevano gli avversari, si fermavano in atto di comica

minaccia, come avevano visto fare ai foot-ballers grandi, pretendendo di

essere stati urtati. Dopo segnati i primi goals senza molta fatica, gli

internazionali giuocarono solo per finire la partita. E allora, vedendo che

gli avversari non volevano schiacciarli, i vercellesi stessi si segnarono dei

goals. I backs tiravano essi nella propria rete. O sport, dove eri andato a

finire?

Quei piccoli foot-ballers che sono ottime promesse, eccitati dal pubblico,

non presi sul serio dai milanesi, trovarono qualche volta la via del goal. Non

perché essi sapessero segnarli: solo perché i difensori nero e azzurri, pur di

non svolgere un giuoco forte, li lasciavano divertirsi a loro agio.

LA GAZZARRA DELLO SPORT

«Finalmente» conclude "Foot-ball", «la burla colossale ebbe termine: mentre

gli internazionali si avviavano al loro cascinale, qualcuno di essi ebbe a

ricevere calci nelle gambe da qualche spettatore imbestialito.

Mentre si svolgeva la commedia di domenica a Vercelli, una cosa ci ha fatto

veramente piacere: e cioè l'ammirevole contegno che tennero i quattro italiani

e i sette svizzeri componenti il FC Internazionale. Ai dileggi, alle

provocazioni, essi opposero calma e serietà, dimostrandosi superiori a tutta

la bambinesca gazzarra che avveniva intorno a loro. Essi furono dei veri

uomini di sport: e quegli undici marmocchi prepotenti, aizzati temerariamente

all'insulto di tutta una équipe valorosa, non si ebbero dai componenti di

questa il minimo atto di violenza».

Una nota di cronaca va aggiunta. Quello stesso giorno a Milano la squadra

vercellese del 53° Fanteria vince il torneo militare e la relativa targa d'oro

messa in palio dal "Secolo", battendo 4-0 la rappresentativa della nave Amalfi.

Non senza ironia, il quotidiano torinese "La Stampa" il giorno dopo commenta:

«Il risultato è lusinghiero. Lusinghiero più che tutto per la nostra

Federazione, che ha così chiuso in modo veramente degno del suo governo la

laboriosa serie dei matches di campionato. Il poco che le rimane ancora da

fare per quest'anno e cioè la formazione definitiva della squadra nazionale e

la preparazione del prossimo Congresso internazionale di foot-ball, che si

terrà a Milano, a Pentecoste, ci auguriamo possa sortire un esito migliore . . .

e più convincente dell'attuale campionato». Da Vercelli la difesa della

"burla" propone tre argomenti: primo, l'Internazionale ha vinto il 10 aprile

in modo un po' troppo vistoso per non destare sospetti (7-2) la partita contro

il Torino per la quale erano in ballo i due punti necessari a conquistarsi il

diritto allo spareggio e pure la differenza-reti; secondo, se la Federcalcio

avesse fissato la data e basta, senza proporne tre salvo poi decidere per una

sgradita a una delle due contendenti, il problema non sarebbe neppure sorto.

Sulla terza, si apre un "caso" ufficiale.

PERMETTE, SIGNORINA?

I vercellesi non considerano chiusa la partita e puntano a vincere a tavolino:

«La "Pro Vercelli" ha presentato, prima dell'odierno match, un reclamo al

referee (arbitro, ndr), reclamo che verrà pure trasmesso alla Federazione

italiana, tendente a dimostrare che nella squadra dell'"Internazionale" giuocò,

domenica 10 aprile, contro il "F.C. Torino", e oggi, 24, un giuocatore di

nazionalità svizzera: Aebi Ermanno, fatto passare per italiano. Un articolo

(11) del regolamento federale dice che le squadre che incorreranno nella colpa

di aver presentato come italiano un giuocatore straniero, che non abbia avuto

il regolamentare periodo di permanenza in Italia, e giuocati i regolari tre

matches approvati dalla Federazione, saranno passibili di squalifica, perdendo

i due punti del match eventualmente vinto, due punti che passeranno all'attivo

della squadra avversaria. Cosicché, se il reclamo è fondato,

l'"Internazionale", perdendo i due punti del match vinto contro il "Torino

F.C." ed i due punti del match vinto oggi contro la "Pro Vercelli", questa

verrebbe senz'altro a trovarsi prima, per punti, nella classifica del tanto

discusso Campionato nazionale».

Chi è Aebi? Un campione in erba, che col tempo verrà soprannominato

"Signorina", per via della figura smilza e della correttezza in campo, ma

anche della naturale eleganza dei movimenti: il suo calcio, infatti, talora

esibisce più le apparenze di una danza con la sfera che di un duro cimento di

gladiatori. Nato a Milano da padre svizzero e madre italiana, possiede anche

la nazionalità elvetica e per questo sarà considerato il primo "oriundo" della

Nazionale italiana, quando vi esordirà a 28 anni nel 1920, alla ripresa dopo

la lunga sosta bellica (oriundo diretto, tra l'altro, in quanto di madre

italiana, e inoltre diventato cittadino italiano, avendo prestato il servizio

militare al 20° Autoparco durante il conflitto).

Ha cominciato a giocare giovanissimo, cooptato a 18 anni da Giovanni

Paramithiotti, presidente dell'Internazionale, nella squadra nerazzurra,

fondata da appena due anni e già frequentata da parecchi giocatori svizzeri,

per lo più impiegati in filiali locali di aziende elvetiche. Ha esordito in

nerazzurro il 10 aprile 1910 contro il Torino (battuto 7-2) e poi ha giocato

appunto la discussa finale.

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LA SCURE FEDERALE

Il 1° maggio 1910 la Federcalcio emette due sentenze. La prima riguarda i

"deplorevoli incidenti" dello spareggio e il reclamo presentato

dall'Internazionale per esserle stata opposta una squadretta di bambini:

«Premesso che una società federata ha sempre il dovere di ubbidire alle

disposizioni della Presidenza Federale; che malgrado le pratiche amichevoli

fatte dalla Presidenza Federale non fu possibile di accordare la Pro Vercelli

e l'Internazionale su una data di comune gradimento; che nessun componente

della Presidenza Federale ha dato ad alcuna delle società assicurazione

formale che la gara si sarebbe svolta in una data gradita ad una sola delle

due società interessate; che la Pro Vercelli non poteva e non doveva

subordinare le gare di Campionato ad altre gare indette da società o da enti

privati;

deplora che Pro Vercelli alla prima squadra dell'Internazionale ne abbia

contrapposta un'altra con l'intenzione di esporre la prima al ridicolo e alle

beffe del pubblico che assisteva; che abbia incitato i suoi giuocatori a

beffarsi degli avversari, dando così esempio di nessuna correttezza sportiva,

né verso gli avversari, né verso i propri giuocatori;

delibera che la Pro Vercelli ed il suo campo siano squalificati da oggi al 31

dicembre ed una penale a carico della stessa di L. 200, da versare entro il

corrente maggio;

Ricorda a tutte le società federate che la squalifica impedisce loro di

incontrarsi coi giuocatori e sul campo della società squalificata, e che di

questa non sono ritenute valide le gare indette né gli impegni che entrino

nell'orbita del nostro sport».

Quanto al "caso Aebi", «in merito al reclamo presentato dalla Pro Vercelli nei

riguardi del giuocatore Aebi Ermanno, per avere questi giuocato col F. C.

Internazionale prima di un mese dalla data del rilascio della tessera federale,

come stabilisce il regolamento organico in merito ai giuocatori stranieri»,

la decisione è ugualmente contraria ai vercellesi: «Premesso che le

disposizioni del regolamento organico riguardanti il rilascio della tessera ai

giuocatori stranieri e la partecipazione di questi alle gare di campionato

dipendono dal volere impedire la facile importazione degli stranieri stessi

alla vigilia, o poco prima, di gare (e a tale proposito si citano le partite

per la Palla Dapples che furono la fonte principale di tali dispositivi), ciò

che può mettere in condizioni di superiorità una squadra in confronto

all'avversaria, e che solo in tale modo le disposizioni stesse debbano venire

interpretate; che il signor Aebi Ermanno, pure potendo secondo le leggi

italiane venire considerato eventualmente cittadino svizzero, è di nascita

italiana ed in Italia dimora dalla sua nascita - salvo una breve interruzione

per causa di studio - ciò che gli permette di non cadere in incompatibilità

col disposto degli articoli di cui sopra, che debbono essere considerati dal

lato eminentemente sportivo, delibera di ritenere valide le partite del

Campionato di prima categoria del 10 e 24 aprile 1910, nelle quali rimase

vincente il F. C. Internazionale».

Come immediata conseguenza, i principali esponenti della nascente scuola

italiana sono costretti pochi giorni dopo a disertare le prime due partite

della neonata Nazionale.

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Nella vignetta, tratta da "Foot-Ball", rivista ufficiale della Federcalcio

italiana, l'atroce beffa dello spareggio per il titolo del 24 maggio 1910,
col

bimbo dell'asilo "in rappresentanza della 1ª squadra della Pro Vercelli", il

bimbo col gessetto per segnare il numero dei gol, il sacerdote-ultrà che

invita a consegnarlo a Peterlj e il bimbo col cesto per raccogliere i gol

incassati dalle "bianche casacche"

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Il Sole 24 ORE 16-04-2012

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Spagna padrona d´Europa

ma il potere logora i bilanci

Debiti alle stelle per le 5 semifinaliste di coppa

Champions ed Euroleague parlano spagnolo,

489 mln di rosso. E il Bayern grida allo scandalo

di ANDREA SORRENTINO (la Repubblica 16-04-2012)

Prima la buona notizia o quella cattiva? La buona, anzi l´ottima: il calcio

spagnolo tiranneggia l´Europa, per la prima volta nella storia ha cinque

semifinaliste su otto nelle coppe europee. Quella cattiva è che per salire

così in alto il movimento sguazza nei debiti: la risposta del Governo a

un´interrogazione parlamentare ha rivelato che i club dei tre campionati

professionistici devono al fisco 752 milioni (489 la sola Liga), una somma che

negli ultimi quattro anni è lievitata di 150 milioni; se aggiungiamo le altre

esposizioni dei club con le banche, il totale porta a circa 4 miliardi di euro

di debiti complessivi. E questo nonostante la ben nota fiscalità agevolata,

che con la legge Zapatero consentì ai club di pagare un´aliquota del 24 per

cento per gli ingaggi dei giocatori stranieri.

È tutto folle ed esagerato nel futbol egemone in Europa. Esageratissime sono

le due corazzate che fanno da traino: il Barcellona e il Real Madrid sono così

oltre, si sono spinte talmente in là nella corsa a superarsi, da aver scavato

un solco tra il loro iperuranio e i comuni mortali, sono fortissime e

inavvicinabili in Spagna e in Champions, esibiscono prestazioni e numeri

abbacinanti, Messi e Cristiano Ronaldo hanno già segnato più di 50 gol

ufficiali (il Barça è a quota 161 reti totali, il Real 157) e continueranno a

sfidarsi fino all´ultima giornata di Liga, forse anche nella finale di

Champions a Monaco (ma Chelsea e Bayern non partono già sconfitte in

semifinale). Dietro Barça e Real, che divorano da sole la metà dei diritti

televisivi della Liga (su 640 milioni, 320 vanno alle due regine e il resto

alle altre 18), in campionato c´è il vuoto, perché la terza è il Valencia a 33

punti dal Real capolista: l´equilibrio, questo sconosciuto. Eppure il traino

dei due mostri ha fatto bene a Valencia, Athletic Bilbao e Atletico Madrid,

semifinaliste in Europa League. Il Valencia di Emery è equilibrato, con poche

stelle (Adil Rami in difesa, Soldado in attacco) e sopravvive a fatica al suo

passato, l´Athletic del "Loco" Bielsa è invece una delle sorprese del calcio

europeo col suo 4-3-3, schemi d´attacco di nitida bellezza che hanno portato

allo storico trionfo di Old Trafford (3-1), ma ha anche individualità da urlo

come Javi Martinez e il ventenne Munain; l´Atletico Madrid è guidato da

Simeone, ha perso in Europa una sola partita (a Udine nel primo girone: 0-2) e

ha giocatori come Falcao, Adrian Lopez e Miranda che da noi spopolerebbero,

oltre a un Diego che si sta togliendo qualche sassolino con una stagione

mirabile. L´Europa League sembra un affare spagnolo, coi portoghesi dello

Sporting Lisbona quarto incomodo. Ma intanto i debiti aumentano: i club

contano di ripianare quelli col Fisco entro il 2020, portando come garanzia il

nuovo contratto televisivo che sarà firmato nel 2014: 900 milioni totali e

spartizione più equa. Eppure la voragine è enorme. Quando l´ha saputo, il

presidente del Bayern Uli Hoeness è esploso a modo suo: «La Germania ha dato

centinaia di milioni alla Spagna per tirarla fuori dalla ɱerda, poi i club

calcistici non pagano le tasse. È uno schifo».

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Spagna padrona d´Europa

ma il potere logora i bilanci

Debiti alle stelle per le 5 semifinaliste di coppa

Champions ed Euroleague parlano spagnolo,

489 mln di rosso. E il Bayern grida allo scandalo

di ANDREA SORRENTINO (la Repubblica 16-04-2012)

[...]

l´Atletico Madrid è guidato da

Simeone, ha perso in Europa una sola partita (a Udine nel primo girone: 0-2) e

ha giocatori come Falcao, Adrian Lopez e Miranda che da noi spopolerebbero,

oltre a un Diego che si sta togliendo qualche sassolino con una stagione

mirabile.

[...]

vorrei sapere che sassolini si sta togliendo diego, visto che non lo si vede e sente praticamente mai. se il sassolino è giocare qualche volta da titolare, il giornalista si accontenta di poco

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