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K A L C I O M A R C I O! - Lo Schifo Continua -

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CALCIOSCOMMESSE

Palazzi, andamento lento

E il processo si allontana

Tante audizioni in procura, ma quasi tutti calciatori di secondo piano

La A per ora al riparo: Masiello vuole collaborare, ma è in lista d’attesa

di FRANCESCO CENITI & MAURIZIO GALDI (GaSport 15-03-2012)

C'è un fantasma che si aggira nella classifica della A e ha le sembianze delle

scommesse. Sono passati diversi mesi da quando la procura di Cremona

ha affondato i colpi su un cancro fatto di combine e giocatori infedeli. I

«quattro sfigati» sono diventati diverse decine: oggi la preoccupazione per

penalizzazioni e squalifiche è trasversale. Tutti chiedono di conoscere al più

presto il loro destino. Il presidente della Federcalcio, Giancarlo Abete, ha

dichiarato «faremo in fretta», ma le prime mosse della Procura Federale sono

quantomeno da «andamento lento». A parte l'audizione di Carobbio, quasi

tutti i giocatori sentiti sono riferiti ad atti, partite e situazioni già note da

mesi. Anzi, molti dei tesserati convocati erano stati inspiegabilmente

lasciati tranquilli la scorsa estate, quando era andato in scena il primo

processo. In oltre 20 giorni di interrogatori, la Serie A è entrata solo di

striscio. Eppure i jolly in mano al procuratore Stefano Palazzi non mancano.

Pentiti alla finestra Il pm Di Martino ha consegnato quasi tutti gli atti

alla Procura federale. In quelle carte ci sono almeno 25 giocatori della

massima serie indagati. A parte Cristiano Doni e un paio di tesserati del

Novara, nessuno è stato chiamato a Roma. Come mai? Difficile dare una

risposta, forse Palazzi sta aspettando altri e più incisivi riscontri. Di sicuro

è inspiegabile la non convocazione di Andrea Masiello. Il difensore

dell'Atalanta è stato sentito due volte a Cremona (e altrettante a Bari): sta

collaborando e le sue rivelazioni stanno permettendo ai magistrati di

allargare l'inchiesta. Una sua chiamata permetterebbe a Palazzi di entrare a

due piedi sul marcio dello scorso campionato di A e magari scatenare un

effetto domino. Tra l'altro Salvatore Pino, legale di Masiello, ha richiesto più

volte l'audizione. Comprensibile: il giocatore sta scontando una squalifica

preventiva (non è stato più convocato da fine gennaio) e spera di patteggiare

la pena, come accaduto con Micolucci (che aveva consentito il salto di

qualità nella scorsa estate). Masiello e anche Gervasoni sono pedine

fondamentali, eppure in questa fase sfilano figure di secondo piano. Per

carità, va scoperto tutto e punito ogni comportamento fuori legge, ma forse

sarebbe il caso di occuparsi delle situazioni più scottanti. E non di evitarle

specie se, come annunciato dal capo della Polizia Manganelli, sono in arrivo

delle novità che daranno un'ulteriore accelerata all'inchiesta sportiva. E se

a questo aggiungiamo che il lavoro delle procure di Bari e di Napoli (ma

almeno le carte di un caso preciso di frode sportiva non sono state già

trasmesse?), presto coinvolgerà altri tesserati, allora il rischio è che il

fantasma diventi cliente fisso delle classifiche. Certo, se Palazzi cambiasse

passo...

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Inviato (modificato)

CALCIOSCOMMESSE - Presentata una proposta di legge

«Confischiamo i

beni ai giocatori

che scommettono»

Paniz: «Sbagliato pure punire i club coinvolti che sono parte lesa

La responsabilità oggettiva va rivista»

di EDMONDO PINNA (CorSport 15-03-2012)

ROMA - Nella piaga delle scommesse clandestine e del toto nero, c’è una

categoria che dovrebbe essere punita due volte. Perché scommette pur essendo

un giocatore, con uno stipendio ben superiore (anche senza arrivare alle

stelle della serie A) alla media nazionale, che guadagna divertendosi.

L’onorevole Maurizio Paniz, che il calcio ce l’ha nel sangue (è presidente

dello Juventus Club Montecitorio), ha messo nero su bianco questo suo

pensiero. E l’ha tradotto nella proposta di legge presentata martedì e che

presto dovrebbe essere assegnata alla Commissione giustizia. In sintesi, si

tratta di inasprire le pene previste dalla legge 401/89 (poi modificata)

equiparando frode sportiva e truffa aggravata, con la conseguente confisca dei

beni (art. 640 quater Codice Penale). E’ scritto, nella proposta che «ai fini

della prevenzione e della repressione, si è constatato che la recente politica

giudiziaria della aggressione dei beni degli autori dei reati si sta rivelando

efficace». Un bel giro di vite.

Onorevole Paniz, spieghiamo quest’iniziativa?

«Ho individuato due falle nella normativa penale così come è oggi. Mancano

delle aggravanti specifiche per chi inquina dall’interno il mondo dello sport,

che dovrebbe essere puro, animato da valori veri, un divertimento».

Sta parlando dei calciatori, ovviamente.

«Sto parlando di chi ha tutto: stipendi cospicui, guadagnati sì lavorando, ma

un lavoro che è molto anche divertimento, ovvero il gioco del pallone. Di chi

dovrebbe regalare a noi tifosi regolarità, onestà, una vita senza inganni.

Tifosi che danno tutto, che si rammaricano per un rigore o per un gol

annullato, e ne so bene io qualcosa dopo Genova... Ecco perché sono previste

pene più gravi, che arrivino anche alla confisca dei beni».

Parlava di due falle: la seconda?

«Si accomunano, in occasioni come queste, i giocatori che commettono un reato

e le società d’appartenenza, che in realtà sono delle vittime. Penso

all’Atalanta, ad esempio. Percassi ha fatto tanti sacrifici, tanti sforzi per

riportare la società ai livelli che le competono e pare estraneo alle combine

di Doni e, forse, di qualcun altro: mi chiedo, perché deve pagare?».

La soluzione?

«Modificando il D.L. 8.06.2001 n. 231 (disciplina della responsabilità

amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni

anche prive di personalità giuridica), inserendo le società sportive ai cui

danni sia stata consumata la frode sportiva, ovvero quando le persone hanno

agito nell’interesse proprio o di terzi. Una modifica che deve essere un

messaggio forte anche per la giustizia sportiva. La responsabilità oggettiva

deve essere rivista».

Modificato da Ghost Dog

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IL CASO

"Bologna-Juventus taroccata"

le Iene riaprono il caso del 1980

La partita giocata 32 anni fa finì 1-1 con errore di Zinetti e autogol di Brio. Il programma di Italia 1 intervista gli ex calciatori di allora. Petrini: "Le due società si misero d'accordo, chi non accettava non avrebbe giocato"

Repubblica-Bologna.it - 14-03-2012

Domani alle ore 21.10, su Italia 1 nuovo appuntamento con "Le Iene Show", che vede il debutto alla conduzione di Claudio Amendola, a fianco di Ilary Blasi e Enrico Brignano. La Iena Paolo Calabresi si occupa dello scandalo del calcio sommesse scoppiato nel 1980 che vede coinvolte diversi giocatori, dirigenti e società. In particolare, si concentra sulla partita Bologna-Juventus del 13 gennaio 1980, finita in pareggio (1-1) dopo un errore del portiere del Bologna Zinetti e un autogol del difensore juventino Sergio Brio. La Iena cerca di far luce sull'episodio intervistando alcuni protagonisti di allora, tra cui gli ex calciatori del Bologna Carlo Petrini, Angelo Castronaro, Renato Sali e Arcadio Spinozzi e gli ex Juventini Franco Causio e Roberto Bettega. Carlo Petrini, ex calciatore di serie A, squalificato per tre anni per il calcio scommesse di allora, già 10 anni fa ha raccontato i segreti del calcio scommesse degli anni '80 facendo nomi e cognomi in un libro. In merito alla partita Bologna-Juventus ribadisce alle Iene:"Le due societa' si misero d'accordo e chi quel giorno non avesse accettato quell'accordo non avrebbe giocato. Chi ce lo comunicò? Arrivò negli spogliatoi il direttore sportivo di quei tempi e disse 'questa partita deve finire in pareggio'. Abbiamo scommesso tutti, tranne due, Angelo Castronaro e Renato Sali".

Petrini fa anche i nomi dei giocatori dei bianconeri che secondo lui sapevano dell'accordo. "A chi hai chiesto conferma direttamente?", gli chiede la Iena. Petrini: "Lo dissi a Trapattoni e Causio in cima alla scalinata dello spogliatoio di Bologna. E loro che risposero? Di non preoccuparmi che la partita sarebbe andata come doveva andare". La Iena si reca, quindi, dall'ex del Bologna Renato Sali, che in merito al medesimo match dichiara: "Bologna-Juventus del 13 gennaio 1980 cosa mi ricorda? Quella famosa partita dove i compagni mi dissero che avevano telefonato Bettega e Causio prospettandoci di fare un punto a testa". Anche Castronaro, intervistato da Calabresi, ribadisce: "Cosa dissero negli spogliatoi? Dissero che la partita doveva essere un pareggio". Stessa versione per Arcadio Spinozzi, ex del Bologna, che conferma:"Ci venne detto che la Juventus aveva proposto di pareggiare la partita".

Paolo Calabresi si reca quindi da Franco Causio per raccogliere la sua versione dei fatti e quando gli viene chiesto se la partita Bologna-Juventus del 13 gennaio 1980 è stata taroccata, l'ex juventino risponde:"Io non ho mai fatto questa roba qui. Taroccata assolutamente no". Carlo Petrini nomina anche Bettega nella sua versione dei fatti in merito a quella partita: "La telefonata i primi giorni di gennaio arrivò da Bettega a casa di Beppe Savoldi (ex Bologna ndr) e ci propose di pareggiare questa partita. Noi accettammo e fu facile". Interpellato dalle Iene, Bettega alla domanda se quella gara fosse taroccata a sua volta ha risposto:"Sinceramente non me la ricordo molto". E dopo alcune insistenti domande della Iena ha aggiunto:"Intanto che lei parlava ho cercato di andare indietro col pensiero. Io andai in tv, qualche settimana dopo, e al giornalista che disse la stessa cosa risposi che stava facendo del terrorismo giornalistico. È venuta fuori la storia delle scommesse, è forse stata coinvolta la Juve? Mi risponda, chieda a Petrini di rispondere". La Iena ha riferito a Bettega che "ci ha risposto che il giorno prima che Cruciani (la persona che, secondo Petrini "in quel momento a Roma poteva farti scommettere su qualsiasi partita") doveva deporre per il processo ha ricevuto una chiamata, dice, da Boniperti". Quindi Bettega:"Mi sembra indelicato oltre che offensivo andare a scomodare una persona come Boniperti... Mi scusi ma a questo punto Petrini dovrebbe stare zitto".

(14 marzo 2012) ©

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Modificato da huskylover

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Discorso del presidente UEFA ai ministri dello sport

Il presidente UEFA Michel Platini ha invocato una stretta cooperazione tra

le autorità sportive ed europee in un discorso alla Conferenza del

Consiglio d'Europa per i Ministri dello Sport, svoltasi giovedì a Belgrado.

di UEFA News | Giovedì, 15 marzo 2012, 18.30CET

Provvedimenti vigorosi contro le combine, la lotta alla violenza negli stadi,

l'implementazione del fair play finanziario e la risoluzione delle

controversie sportive da parte di tribunali specifici sono quattro argomenti

discussi dal presidente UEFA Michel Platini in un discorso alla 12esima

Conferenza del Consiglio d'Europa per i Ministri dello Sport, tenutasi a

Belgrado giovedì.

Il signor Platini ha invocato in particolare una convenzione internazionale

sulle combine, affinché diventino materia penale, per combattere un fenomeno

che mette a repentaglio lo sport. Il presidente UEFA ha richiesto misure forti

sulla violenza negli stadi e ha spiegato come il fair play finanziario della

UEFA possa dare stabilità allo sport.

Il presidente UEFA ha anche ribadito la natura fondamentale del calcio per

nazionali come fonte di identità e patrimonio europeo, oltre alla necessità di

risolvere le controversie sportive in tribunali specifici invece che civili.

"A settembre vi ho parlato di un male che sta rovinando uno dei maggiori

pregi dello sport, ovvero l'incertezza del risultato. Si tratta delle combine

- ha dichiarato il signor Platini in apertura -. Gli incontri combinati

scatenano un grave allarme che sfocia nella paura. Paura, perché dietro queste

partite ci sono reti criminali organizzate, che approfittano di lacune legali

per sconvolgere tutte le competizioni".

"Le combine devono essere affrontate legalmente. Pertanto, non possono essere

risolte utilizzando solo le risorse degli organi sportivi. L'Europa deve

collaborare per porre fine a questo problema. Quindi, richiedo l'assistenza

immediata degli Stati membri del Consiglio d'Europa e sostengo che le combine

debbano essere trattate come violazioni penali".

"Con la stessa urgenza, richiedo una collaborazione efficace tra la polizia e

le autorità giudiziarie europee per distruggere queste organizzazioni

criminali. Sono convinto che il modo più saggio di tutelare l'integrità dello

sport sia la cooperazione, quindi sono a favore di una convenzione

internazionale sulle combine. Questa convenzione, naturalmente, sarebbe solo

un primo passo verso la sincerità e l'integrità nello sport, ma la ritengo

indispensabile come prova evidente delle nostre intenzioni".

A proposito della violenza, il signor Platini ha spiegato che il suo

desiderio di combatterla è dettato dalle emozioni e dalla determinazione. "Per

troppo tempo - ha dichiarato -, abbiamo pensato che la violenza fosse un

problema risolto. Per troppo tempo abbiamo tenuto gli occhi chiusi. Il

problema è tutt'altro che risolto".

"Ecco perché abbiamo accettato di collaborare con il Consiglio d'Europa.

Cercheremo di garantire sicurezza e armonia in tutti i nostri stadi". Questo

sforzo congiunto, ha dichiarato il presidente UEFA, deve basarsi sulla

Convenzione europea sulla violenza negli stadi del 1985.

Per quanto riguarda il fair play finanziario, il signor Platini ha definito

"estremamente a rischio" la posizione finanziaria dei club europei,

sottolineando che nel 2010 hanno accumulato perdite per oltre 1, 6 miliardi di

euro. " Questi dati illustrano la fragilità di un sistema che ha trasformato

alcuni club in giganteschi casinò", ha osservato.

"Dobbiamo guidare il calcio verso la disciplina finanziaria - ha aggiunto -.

Ci serve un fair play finanziario. Posso riepilogare questo approccio con due

principi che si appellano al senso comune: 'vivere con i propri mezzi' e 'non

superare un certo limite'. La situazione è diventata insostenibile e pertanto

richiede provvedimenti. Vi chiedo solo di proteggere il fair play finanziario

e sostituire le pericolose incertezze con soluzioni legali".

ll signor Platini ha quindi parlato delle competizioni per nazionali come

"vera espressione della cittadinanza europea. Vorrei anche dire che

contribuiscono al patrimonio culturale del nostro continente. Tuttavia, le

nazionali attraversano momenti difficili, perché alcuni club si rifiutano di

mettere a disposizione i giocatori".

"Alla luce di queste incertezze, un paese ha imposto l'obbligo di rilascio

dei giocatori nelle sue leggi. Questo paese è la Spagna. Un'iniziativa del

genere dimostra una cosa: mettere fine a questo problema è possibile".

Il presidente UEFA ha concluso il discorso parlando della giustizia sportiva

che, dichiara, "tutti i giorni viene messa a repentaglio da strutture che ne

debilitano le prerogative".

"Cerchiamo di non consentire che le controversie puramente sportive vengano

affrontate in tribunali di stato. Cosa accadrebbe se le regole fossero

interpretate diversamente a Madrid, Roma e Bruxelles? Mi impegno a dare alle

nostre procedure di arbitrato le garanzie di cui hanno disperatamente bisogno".

Il signor Platini ha chiuso invocando una cooperazione tra le autorità

sportive ed europee per il futuro benessere del continente. "Ogni giorno, vedo

che per milioni di europei lo sport rappresenta un rifugio, un orizzonte,

un'identità - ha commentato -. Se tutto questo venisse a mancare, l'Europa

come la conosciamo non esisterebbe più. Cerchiamo di collaborare per dare allo

sport le regole basate sul senso comune di cui ha bisogno. Questa è la nostra

lotta congiunta, per la sostenibilità dello sport e il futuro dell'Europa".

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Tempo Scaduto di ALIGI PONTANI (Repubblica.it 15-03-2012)

Polizia, politica e federcalcio

pericolose invasioni di campo

Succedono cose mai viste. Vediamo. Il capo della polizia, nel bel mezzo di un

convegno-incontro-seminario, parlare delle inchieste della magistratura sulle

scommesse nel calcio e dire come fosse la cosa più normale del mondo che le

indagini della polizia in corso porteranno presto a novità importanti. Panico,

facce sbiancate, redazioni dei giornali in subbuglio, liste di arrestandi che

circolano impazzite. Il calcio, per bocca dei suoi dirigenti, tace, aspettando

rassegnato il tintinnio di manette.

Passano un paio di settimane. Sempre nel mezzo di un

seminario-incontro-dibattito un alto dirigente della federcalcio dice che la

tessera del tifoso cambierà presto, e non solo nome. Sarà meno di controllo e

più di servizio, sarà amichevole e morbida, si chiamerà fidelity card, sarà

insomma buona. Panico, paginate sui giornali, servizi ampi alla tv, tifosi in

festa e politici inferociti. In particolare l'ex ministro Maroni, che della

tessera del tifoso - quella cattiva - è stato il papà, assieme proprio al capo

della polizia. Il quale capo della polizia, imbarazzato prima, imbestialito

poi, dice subito che trattasi di equivoco, che non cambia poi tanto. Anzi,

visto che la bufera non si placa, due giorni dopo dice addirittura che non

cambia proprio un accidenti, e chi ha detto il contrario è un imbecille. Usa

proprio questo aggettivo. Non imprudente, affrettato, incauto, ingenuo,

frettoloso, superficiale, sciocchino: no, imbecille

Ecco, dicevamo: cose mai viste, e parole mai sentite nella storia dei

rapporti per solito di "fattiva collaborazione" tra lo sport (il calcio in

particolare) e le istituzioni, la politica, la polizia. Cosa sia accaduto

davvero, in queste giornate un po' folli e molto avvilenti, non si sa con

certezza. Si può però pensare qualcosa, ragionevolmente vicina alla realtà.

Per esempio, che le procure che indagano sulle scommesse sono ancora molto,

molto attive, anche senza parlare troppo, e che quindi il calcio sarà

investito da una nuova ondata che si abbatterà sull'ufficio della procura di

Palazzi, che pare aver aperto già tutti gli ombrelli a disposizione, senza

ripararsi granché. E che la tessera del tifoso, quella cattiva, sia da tempo

oggetto di delicate riflessioni che riguardano il bilancio reale dei suoi

risultati: certamente lusinghieri per la riduzione degli episodi di violenza,

molto più discutibili per quanto riguarda la limitazione delle libertà dei

tifosi sani e soprattutto della voglia di questi ultimi di riempire gli stadi

italiani, divenuti ormai spettrali. Essendo la materia delicata, dal momento

che investe la politica, un ex ministro degli interni, uno nuovo e le forze

dell'ordine, pare ovvio che non andasse in alcun modo trattata così: con

uscite ottimistiche, precoci e non concordate da parte della federcalcio e con

gli insulti che ne sono poi scaturiti.

Perché adesso quel che resta, dopo le esternazioni, è un terribile senso di

confusione, una nebbia nella quale tutto galleggia e nulla è ben definito.

Tranne lo smarrimento dei tifosi, che poi del calcio dovrebbero essere

l'anima. A cosa dovrebbero essere fedeli, se continuiamo a tradirli tutti i

giorni?

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Gli ultras e la fidelity card

di STEFANO NAZZI (il POST 14-03-2012)

Adesso arriva la fidelity card, la tessera del tifoso sparisce. Ho letto

titoli che dicevano “Gli ultras gioiscono, hanno vinto”. L’ha detto anche

Maroni. Mah, io di ultras festanti non ne ho visti. Non si capisce bene che

cosa sarà la fidelity card del tifoso, probabilmente in qualche modo

ricalcherà le funzioni della tessera del tifoso. Che, dice l’ex ministro

Maroni, ha portato importanti risultati. Non c’è motivo per non credergli.

Ieri guardando in Tv Inter-Marsiglia ho sentito continue esplosioni di quelle

che generalmente vengono chiamate “bombe carta”. Come sono entrate a

San Siro? Non da sole. Immagino che qualcuno le abbia portate dentro e

che forse, ai cancelli, qualcuno non abbia controllato. Durante Roma-Lazio ci

sono stati pesanti cori razzisti contro Juan, giocatore giallorosso. Non risulta ci

siano state denunce. In Inghilterra per un fatto del genere i tifosi individuati

sarebbero finiti in tribunale. Ero allo stadio durante un Inter-Lazio di

qualche anno fa, era il 25 aprile (o la vigilia, non ricordo), i tifosi

laziali esposero uno striscione bello grande che recitava “25 aprile lutto

nazionale”, nessuno si sognò da farlo togliere e molti della curva nord

interista applaudirono. Ma allora la tessera del tifoso non c’era ancora.

Dice ancora l’ex ministro Maroni che con la tessera del tifoso gli spettatori

sono aumentati. Dello 0,9 per cento. Il capo della polizia, Manganelli, ha

detto che “la nuova tessera manterrà inalterate le sue caratteristiche

fondamentali già evidenziate negli ultimi due campionati, a cominciare dalla

necessità del suo possesso per le trasferte e gli abbonamenti”. La vecchia

tessera era fornita dalle società sportive dopo il permesso della Questura che

segnalava la presenza di motivi che ne impedivano il rilascio. Per capirci, un

soggetto colpito da Daspo (Divieto di accedere a manifestazioni sportive)

oppure che aveva una condanna anche di primo grado, non poteva richiedere

la tessera del tifoso (sul fatto che poi questi soggetti non vadano in trasferta

o non entrino allo stadio ci sono sensati dubbi). La tessera era inoltre

rilasciata solo ai possessori di carte di credito: conteneva un microchip

attraverso cui era possibile ricevere i dati a distanza. Era di fatto una

tessera commerciale. Con fototessera, anche se il garante della privacy aveva

dato parere contrario. Nel dicembre scorso il Consiglio di Stato ha dichiarato

la tessera “illegittima”. Come sarà la nuova tessera ancora non si è capito.

Sembra che sia allo studio la possibilità di acquisto dei biglietti per altre

persone e la possibilità di cessione a terzi. È allo studio anche l’abolizione

della vendita di biglietti per il settore ospiti il giorno della gara ai

botteghini dello stadio.

I dati del Ministero dell’Interno dicono comunque che sono diminuiti i reati

all’interno degli stadi ed è diminuito il numero di agenti delle forze

dell’ordine feriti. Quello che non è diminuito sicuramente è la potente

egemonia della criminalità organizzata all’interno delle curve. Succede a

Milano, Roma, Napoli, Torino. La criminalità organizzata, alleata spesso alle

formazioni della destra radicale, controlla le curve. E quindi gli affari

delle curve. È un cambiamento avvenuto negli ultimi anni e che è stato

denunciato anche dal capo della polizia. Tutto questo è raccontato bene

da un libro scritto da Giorgio Specchia, Il teppista, che descrive la storia di

Nino Ciccarelli, uno degli elementi di spicco della storia della curva nord

milanese, quella interista. Un altro libro, Fascisti a Milano, di Saverio

Ferrari, spiega bene gli affari che girano intorno alle curve, dalla vendita

dei biglietti e di tutto il materiale ultras fino allo spaccio di droga. Sono

soldi importanti e relativamente facili, ovvio che la criminalità organizzata

abbia voluto metterci le mani eliminando chi si opponeva all’occupazione

militare delle curve. Chi ci provò, come la Fossa dei Leoni della curva sud

milanista, venne letteralmente fatto fuori: minacce di morte per chi avesse

rimesso piede allo stadio.

Quello che fa più pensare è che se si vanno a guardare le fotografie delle

feste di fine campionato organizzate dai gruppi ultras capeggiati dai

malavitosi, vedi sempre il calciatore o il dirigente a braccetto con questi

personaggi. Accade a Milano, a Roma, ovunque. Certo, ci vuole coraggio

per idirigenti delle società per sottrarsi a ricatti costanti e sottintesi, per

voltare le spalle alle curve. Tanto più che spesso gli ultras fanno comodo.

Vuoi mandare via quel giocatore o quell’allenatore? Che cosa c’è di meglio

di una contestazione dura?

Che l’ordine malavitoso regni nelle curve è un problema di cui nessuno

sembra occuparsi. Ed è un problema a cui nessuna tessera del tifoso

può porre rimedio. Così come è difficile che qualsiasi tessera da sola riporti

la gente allo stadio. La gente non va allo stadio perché i biglietti costano

uno sproposito. Una famiglia di tre persone che voglia vedere Inter-Atalanta

domenica prossima a San Siro spende 110 euro al secondo anello. Se vuole

vederci bene e andare al primo anello deve sborsare più di 200 euro. Tanto.

Questo accade ovunque, in stadi che fanno schifo e sono vecchi, da buttare

(a parte quello dello Juventus, il primo stadio moderno di proprietà). Per il

resto il panorama è desolante con servzi che per le persone normali e che

non vanno in tribuna vip fanno letteralmente schifo (a proposito, avete

mai visitato i bagni di San Siro?)

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IL

Marzo 2012

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Marca la differenza di SANTIAGO SEGUROLA (GaSport 16-03-2012)

PERCHÉ MOURINHO HA TRASFORMATO

IL CALCIO SPAGNOLO IN UN PANTANO

Cesar Luis Menotti era solito dire che le cose migliori del calcio italiano

succedevano prima o dopo le partite. Era affascinato dalla coreografia che

circondava l'evento, però lo annoiava il contenuto. Considerava un errore

tutta l'energia che si consumava nella parte aneddotica e la scarsa attenzione

per il gioco. C'era un punto di esagerazione nelle parole dell'allenatore

argentino, però il suo discorso era prezioso. Gli dispiaceva che la parte

essenziale del calcio diventasse una questione di minore importanza davanti

all'aspetto periferico che abbonda nei giornali: le dichiarazioni intempestive,

i titoli provocatori, la demagogia, le chiacchere del mercato.

Il veterano Menotti si sentirebbe ancora più deluso con l'attuale paesaggio

del calcio spagnolo, trasformato dai mezzi di comunicazione e da alcuni

protagonisti — Mourinho, in testa — nello scenario di un grossolano reality

show. In condizioni normali, la Spagna dovrebbe essere un paradiso calcistico.

Ha la nazionale campione del mondo, e nessuno mette in dubbio che il Barça e

il Madrid sono le due migliori squadre del pianeta, condotte da due giocatori

capaci di segnare un'epoca. Se Messi può guardare in faccia Pelé e Maradona,

Cristiano Ronaldo è una delle macchine da gol più letali che il calcio abbia

mai prodotto.

Non sembra salutare disdegnare questa magnifica realtà, però il clima nel

calcio spagnolo è diventato irrespirabile. Dominano le teorie della

cospirazione, il giornalismo di barricata, le dichiarazioni sgradevoli,

l'insulto al rivale, le informazioni faziose e la demagogia in tutto il suo

splendore. Il calcio è solo una scusa per far affiorare la parte peggiore del

giornalismo. La formula non è una novità. Non è altro che la trasposizione al

mondo del calcio degli infami reality che hanno trasformato la televisione in

un prodotto miserabile, però rivestiti di autorità perché sono in testa agli

indici di audience. Il paesaggio descrive dei mezzi di comunicazione

deplorevoli e una società malata. Ci deve essere una ragione quando la

televisione di un paese che non ha trasmesso gli ultimi due Mondiali di

atletica, dedica un tempo enorme a trasformare il calcio in una pozzanghera.

Che cosa è successo perché la Spagna abbia disdegnato la felicità e sia

diventata incline alla coltellata? Non so cosa succede in Italia, anche se

tutti i paesi sono vittime di questa meschina cultura mediatica, però

l'involuzione nel calcio spagnolo si è accentuata nell'ultimo anno e mezzo.

Non sono mai mancati gli agitatori che finiscono per rendersi ridicoli, come

l'ex allenatore della nazionale Javier Clemente, però nessuno ha occupato la

privilegiata posizione che ha José Mourinho nel Real Madrid: allenatore del

club più importante della Spagna e perfetto rappresentante della nuova cultura

del reality show, del twitter e della banalità.

Non esiste un megafono nel mondo del calcio più potente del Real Madrid. Due

quotidiani sportivi, una moltitudine di mezzi di comunicazione intorno,

qualsiasi tipo di programma notturno sia nella radio che nella televisione: il

paesaggio ideale per dar da mangiare alla bestia mediatica. Nessuno la

alimenta meglio — ed è lì che risiede la perversione — di Mourinho, l'uomo che

simboleggia la natura dei nostri tempi. Produttore costante di messaggi, non

importa se contraddittori o incoerenti, profondo conoscitore dell'arte della

demagogia, «egolatra» di primo grado, temuto e viziato, Mourinho è stato il

principale fattore della trasformazione del calcio spagnolo in un pantano,

dove non c'è spazio per l'ingenuità, la sensatezza e il piacere. Dicono che la

sua contaminante personalità possiede il potere di affascinare. È probabile.

Con questo tipo di materiale, di solito, si costruiscono gli idoli mediatici

dei nostri tempi.

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Mi pare che...

Dopo l’abbaglio la triste realtà

In Europa restiamo piccoli

di LUCIANO MOGGI (Libero 16-03-2012)

È sembrato un abbaglio collettivo, pochi infatti si staccavano dal coro delle

previsioni favorevoli al Napoli. E forse ne è rimasta contagiata anche la

squadra, caduto come l’Inter, niente triplete italiano in Champions: resta il

Milan per la miseria di un gol. Improvvisamente ridiventiamo piccoli, e se il

calcio inglese ce l’ha fatta per il rotto della cuffia, noi siamo lontani

dagli splendori spagnoli e tedeschi.

Toccherà dunque interrogarsi se sia stato il Napoli a tradire, più che il

Chelsea a sbalordire col mestiere di Drogba, Lampard e Terry. La squadra di

Mazzarri esce a testa alta, ma l’elogio sa di effimera consolazione: per noi

esce e basta, e ce ne dispiace. Meglio dire chiaramente che il Napoli ha

sbagliato l’approccio, troppo poco hanno fatto i suoi tenori: non c’era il

miglior Lavezzi, meno che mai Cavani, il cui intervento più apprezzato è stato

in chiave difensiva. Poco efficace Hamsik che avrebbe dovuto mettere in crisi

il Chelsea sfilando tra le linee. Tutto questo può succedere quando si

incontrano avversari di caratura superiore. Mazzarri si appiglia

all’infortunio di Maggio, e può aver ragione, ma se bastava questo per fermare

il Napoli, significa che i sogni dei quarti erano pretenziosi. Di Matteo ha

rispolverato anche il niño Torres, che ha creato molti grattacapi alla difesa

del Napoli.

In una serata nerissima rendiamo atto a De Laurentiis di aver reagito con

compostezza e filosofia: non è poco per chi è abituato a lanciare bordate e

provocazioni. Ha salvato anche l’arbitro, e qualcosa poteva invece dire, ma ha

chiuso con eleganza: «Per noi è esperienza».

Il Napoli ha capito di dover catapultarsi subito sul campionato: il terzo

posto per tornare in Champions è più che mai importante, De Laurentiis l’ha

detto chiarissimo, e passa per l’Udinese al Friuli, nel posticipo di domenica.

L’operazione Di Matteo è stata tentata anche da Ranieri, dentro tutti i

senatori, ma l’esito è stato diverso. La guardia imperiale dei tempi del

triplete è stata una comparsata di reduci, e l’eliminazione ad opera di

Deschamps, vecchia Juve (c’entra poco ma insomma...) ha posto il timbro alla

fine di un ciclo. L’Inter, fattasi grande con Calciopoli quando gli avversari

erano stati fatti fuori o messi in un angolo, dopo aver depredato tutto ciò

che si poteva depredare, è giunta alla fine del percorso e del grande

pateracchio; nessuno ne ha voluto la fine, giunta per via naturale lasciando

che Moratti riprendesse le sue abitudini di sbagliare uomini e strategie. Il

risultato è nei numeri: fuori dalla Champions, 17 punti dal Milan, otto dal

terzo posto, fuori anche dalla Coppa Italia, distante anche l’Europa League.

Ai grandi che compivano questo percorso gli antichi dedicavano un epitaffio.

Non chiedetelo a noi, non siamo abituati ad infierire.

Il Facchetti che non si doveva toccare neanche con un pensiero viene

tristemente toccato dall’Inter stessa. Nella memoria difensiva presentata dal

club nella causa intentatale dall’ex arbitro De Santis gli avvocati della

società dicono e scriveranno che Facchetti non aveva le deleghe necessarie per

commissionare le attività di dossieraggio ai danni di De Sanctis, e non solo.

Evidente l’intento, Inter non colpevole, ma se fosse accertato un

coinvolgimento di Facchetti, sarebbe stata una sua iniziativa personale,

mancando le deleghe. Una squallida operazione nei confronti dello scomparso ex

presidente, non sfuggita agli articolisti di Ju29ro che si chiedono cosa abbia

da dire in proposito Gian Felice Facchetti visto che l’Inter «rinnega la

celebrazione agiografica del padre». E anche la rosea, in proposito, cosa ne

dice ? I nodi vengono al pettine. Basta saper aspettare.

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Inviato (modificato)

Gli spalti degli altri L’Inghilterra

Il dramma Sheffield

E poi la rivoluzione

Così per i club è nata l'era dei profitti

di FRANCESCO CAREMANI (Corriere Fiorentino 01-03-2012)

La Football Money League redatta dalla Deloitte parla chiaro. Tre squadre

inglesi nei primi sei posti, sei nei primi venti. Nella classifica dei ricavi

il Manchester United è terzo con 120. 300. 000 euro provenienti dalla

biglietteria, 132.200.000 dai diritti televisivi e 114.500.000 dal

merchandising. Una notizia, nei tre anni precedenti, infatti, i ricavi da

stadio superavano le altre due voci.

Tutta colpa (e merito) della tragedia di Sheffield dove nell'89 morirono 96

tifosi del Liverpool schiacciati e soffocati contro le inferriate che

dividevano gli spalti dal terreno di gioco. Fu istituita una commissione

d'inchiesta presieduta da un giudice dell'Alta Corte inglese, Lord Peter

Taylor of Gosforth. Da allora il suo omonimo rapporto ha rappresentato il

libro mastro per tutti gli stadi del Regno Unito: solo posti a sedere nei due

campionati maggiori, nuovi rapporti con i tifosi, finanziamento pubblico di

200 milioni di sterline per la ristrutturazione degli impianti, già di

proprietà dei rispettivi club.

Negli ultimi vent'anni il calcio inglese è cresciuto, trasformandosi in un

business patinato dal grande appeal televisivo, capace di richiamare grandi

giocatori e ricchi investitori stranieri. Tutto questo aveva e ha negli stadi

di ultima generazione, come l'Emirates dell'Arsenal per esempio, il volano di

profitti crescenti. Non solo grazie al tutto esaurito (oggi intaccato dalla

crisi economica, soprattutto nel Nord dell'Inghilterra), ma anche a impianti

aperti sette giorni su sette capaci di catalizzare appassionati e no, creando

un indotto economico importante. Senza dimenticare che uno stadio di proprietà

è un bene immobile di grande valore che si porta a bilancio.

L'Arsenal passando da Highbury all'Emirates (guadagnando 20.000 spettatori

a partita), con buona pace dei puristi, ha firmato un contratto di 100 milioni

di sterline per il naming rights (i diritti all'intitolazione dello stadio,

fino al 2019) e il main sponsor delle maglie (fino al 2014), con biglietti che

vanno da un minimo di 40,14 a un massimo di 114,70 euro. Trecento milioni

di sterline il ricavato stimato dal cambio di destinazione dell'area del vecchio

impianto. Il modello inglese, però, non deve essere mitizzato tout court,

perché non mancano imprenditori indigeni o stranieri privi di scrupoli. Nelle

ultime quattro stagioni per esempio l'Old Trafford ha fruttato al Manchester

United 498.600. 000 euro, nonostante questo si è sentito spesso parlare

dell'indebitamento dei Red Devils, questo perché la famiglia americana Glazer

(che pare esperta in questo tipo di transazioni) attraverso un'operazione

finanziaria è riuscita a far ricadere sul club il costo del suo stesso

acquisto, mentre il criticatissimo Abramovich non solo ha trasformato in

azioni, ricomprandosele, i debiti del Chelsea, ma ha costruito un centro

d'allenamento d'avanguardia.

Ovviamente, l'impianto di proprietà, la maggior responsabilizzazione dei club

nei confronti delle intemperanze dei tifosi (lontane dagli stadi inglesi ma

non dalla società) e servizi di alta qualità all'interno (un box privato

all'Emirates ha un costo base annuo di 65.000 sterline) hanno portato anche a

un aumento dei prezzi capace di cambiare volto al pubblico presente, più

ordinato e meno appassionato, tanto da andare via anche cinque minuti prima

del fischio finale per evitare la coda nella metropolitana. Rupert Murdoch

grazie al calcio inglese trasmesso in esclusiva per tanti anni (oggi divide la

torta con ESPN) ha trasformato BSkyB nella gallina dalle uova d'oro. Ma non

tutte vengono trasmesse come la nostra serie A, in media due al sabato, due

alla domenica e, quando c'è, il monday night. Ragion per cui chi non può

vedere il match in televisione va allo stadio, in una nazione in cui

l'appartenenza alla comunità è molto forte. A Londra, sia Chelsea che

Tottenham Hotspur stanno cercando di costruire il nuovo impianto, tra problemi

burocratici, le Olimpiadi che incombono e l'idea di una capitale divisa in

quartieri con precise appartenenze calcistiche e coabitazioni impossibili. A

Firenze questi problemi non ci sarebbero, una squadra, una comunità, uno

stadio di proprietà, per risalire quella Football Money League che nel 2011

vedeva la Fiorentina al 21° posto con 106.400.000 euro di ricavi totali.

-------

Gli spalti degli altri L’inchiesta sugli stadi in Europa: la Germania

Sponsor sulle arene del calcio

E i conti tornano, per tutti

In Bundesliga media spettatori doppia rispetto all’Italia

di FRANCESCO CAREMANI (Corriere Fiorentino 02-03-2012)

«In Italia avete investito troppo sulle gambe e poco sugli stadi», parola di

Karl-Heinz Rummenigge, attualmente Ceo della compagnia FC Bayern Monaco

Ag e presidente dell'Eca, European Club Association. Perché se ai Mondiali non

c'è storia, nel ranking Uefa la Germania ci ha superato e continua a surclassarci

con numeri impressionanti, che non sono solo quelli dei giovani e dei settori

giovanili: 266 centri di formazione, 29 centri di coordinamento, 500 milioni

di euro per l'investimento, 30 per il mantenimento, 90 quelli a disposizione

dei club per 42 «centri di prestazione». I numeri che fanno la differenza sono,

soprattutto, quelli degli stadi e anche se non è facile da comprendere il

vero grande sorpasso è iniziato proprio lì dentro.

Dalla stagione 2005-06 al 2009-10 la media degli spettatori negli impianti

tedeschi è oscillata da un minimo di 38.612 a un massimo di 41.904. In serie A,

nello stesso periodo, si è andati da 18.765 a 24.717. Nei cinque campionati

presi in esame il riempimento degli stadi della Bundesliga è stato del 91,6%

contro il 54,4% dell'Italia. Il Bayern Monaco ha una performance del 100%,

mentre il Borussia Mönchengladbach è ultima in questa speciale classifica con

l'82% e il peggior rapporto tra biglietti venduti e capienza.

Per andare a vedere Bayern Monaco e Stoccarda si spendono al massimo 70

euro (fascia A), 385 (stessa fascia) per l'Inter. Nella scorsa stagione la gara

più vista in serie B è stata Atalanta-Siena con 20.995 spettatori, nel

corrispettivo campionato tedesco Hertha-Union Berlino (derby cittadino):

74.244. E non è solo un problema di impianti, per la maggior parte di

proprietà, di ultima generazione e costruiti grazie anche al naming rights

(come l'Allianz Arena), ma anche di cultura sportiva: le partite sono tutte

combattute, anche quelle di mezza classifica, anche quelle di fine campionato

che non valgono niente, perché se il pubblico non si diverte non va allo

stadio e non spende. Regole certe (un club che ha debiti viene retrocesso

senza nemmeno passare dal via) e lealtà sportiva uguale profitti e

sostenibilità economica di tutto il movimento. All'Allianz Arena quando gioca

il Bayern Monaco vengono venduti in media 21.000 litri di birra, 20.000

wurstel e 5.000 brez'n. «Quando lo Schalke vince si vende il doppio dei

boccali di birra abituali (29.500 in media, ndr)», spiega l'ufficio relazioni

esterne della Veltins, birra che sponsorizza e rifornisce lo stadio di

Gelsenkirchen.

Nell'ultima Football Money League (Deloitte) il Bayern Monaco è quarto con

oltre 320 milioni di euro di ricavi totali: 71,9 dalla biglietteria, 71, 8 dai

diritti televisivi e ben 177,7 dal merchandising. In Germania i gadget dei

club sono tutti ufficiali e venduti dentro gli impianti. Una sola gara

notturna il venerdì e poi il fine settimana per le famiglie, che riempiono gli

spalti in un clima sereno, senza l'eccessiva militarizzazione tipica degli

stadi italiani. Non mancano certo le rivalità e tifoserie storicamente «calde»,

ma il lavoro di questi ultimi vent'anni è stato importante, anche se qualche

episodio di dubbio gusto ha riacceso l'allarme sicurezza. Tutto questo non

sarà il paradiso calcistico ma ha prodotto risultati concreti: sei anni fa i

diritti televisivi all'estero erano ceduti gratis, oggi valgono 50 milioni di

euro. «Impianti all'altezza, stipendi puntuali, visibilità mondiale: nel

decennio scorso erano rari i giocatori brasiliani che sceglievano la

Bundesliga», sottolinea Oliver Bierhoff, oggi dirigente federale. Tornando

agli stadi il Bayern Monaco ricava dal naming rights (la sponsorizzazione

dello stadio, a cui si dà il nome di un'azienda) 6 milioni di euro l'anno,

l'Amburgo 4,3 e il Borussia Dortmund 4. Insieme allo Schalke04 le quattro

tedesche piazzate nei primi venti posti della Football Money League. Eppure

nelle ultime dieci edizioni della Champions le squadre teutoniche non hanno

mai vinto, perdendo due volte in finale, identico lo score in Europa League,

dimostrando che il calcio per essere sostenibile deve liberarsi anche dalla

dittatura della vittoria. Sarà un caso ma appena un anno fa l'indebitamento

lordo della Bundesliga era di 644 milioni di euro, quello della serie A di 2,3

miliardi circa.

-------

Gli spalti degli altri

La Francia in costruzione

(con la Consob del calcio)

di FRANCESCO CAREMANI (Corriere Fiorentino 10-03-2012)

L'ultima, e unica, vittoria di una squadra francese in Champions League

risale al 1993 (O. Marsiglia), l'ultima finale giocata al 2004 (Monaco), come

in Europa League (O. Marsiglia), senza mai aver vinto la competizione.

Scoprire poi che il movimento calcistico francese sta segnando il passo

potrebbe far sorridere, ma c'è poco di cui compiacersi se non per le vittorie

internazionali (4 mondiali a 1) dove non c'è storia.

Per anni il calcio francese è stato preso ad esempio (in Italia ogni modello

straniero acquisisce un fascino particolare) per i suoi centri di formazione

(che oggi hanno un costo di 5-6 milioni di euro l'anno) e per l'attenzione ai

bilanci con due risultati importanti: club sani e un continuo ricambio

generazionale. I frutti? Mondiale ed Europeo vinti nel giro di due anni, il

primo dei quali organizzato in casa. Ma a sentire Frédéric Bolotny, esperto di

economia sportiva, una società francese equivale a una tedesca del 2000,

perché lì s'è fermato il movimento transalpino: «Il calcio tedesco —

sottolinea Bolotny — sarà sempre più competitivo. L'origine di questa

crescita? La ristrutturazione del suo parco stadi per i Mondiali del 2006,

costata 1,5 miliardi di euro». In Francia non tutti gli stadi sono di

proprietà dei club, anzi, e lo Stade de France, palcoscenico della vittoria

finale contro il Brasile, è rimasto troppo spesso inutilizzato, tanto che i

nuovi proprietari qatarioti del Paris Saint Germain ne vogliono fare la nuova

casa del club a partire dalla stagione 2013-14.

Il sistema francese ha una fragilità e una forza. La fragilità è che le casse

dei club si riempiono soprattutto grazie ai diritti televisivi (senza contare

l'imminente arrivo di Al Jazeera), più del doppio del merchandising e del

triplo dei biglietti. La forza risiede nella capacità di autocontrollo, grazie

al DNCG, Direzione Nazionale di Controllo e Gestione, con al suo interno

un'apposita commissione che tiene i fari puntati sui club professionisti: ne

controlla i rischi finanziari; verifica che la gestione sia in linea con la

legislazione vigente; analizza la struttura giuridica delle società e la

situazione degli azionisti; controlla i bilanci; supervisiona le relazioni

annuali e i conti; punisce coloro che non rispettano le regole. In Francia se

non si saldano i debiti a fine campionato si retrocede in Ligue 2. Nella

stagione 2009-10 i debiti delle squadre francesi erano di 127,5 milioni di

euro, una bazzecola se confrontati con quelli della serie A, ma sintomo di una

crisi economica che ha messo sul piatto della bilancia la rivisitazione verso

il basso degli ingaggi dei calciatori. Nella stessa stagione il costo medio di

un biglietto era di 17 euro e la media degli spettatori di 20.089, l'ultima

considerando i 5 maggiori campionati europei.

Certo, gli stadi francesi sono messi meglio di quelli italiani, tanto che

dopo aver ospitato i Mondiali del 1998 nel 2016 ospiteranno gli Europei,

mentre l'Italia è dal 1990 che non organizza più un evento calcistico. Gli

impianti nuovi stanno nascendo, per la maggior parte, grazie a partenariati

tra pubblico e privato, con due grandi difficoltà: la crisi economica che sta

ritardando i finanziamenti da parte delle banche; i continui litigi tra

amministrazioni locali e club che in quello stadio giocheranno per molto tempo

ancora. Una cosa, però, è certa saranno di ultima generazione, capaci quindi

di attrarre denaro anche oltre il calcio. A Lille la spesa sarà di 324 milioni

(48.000 spettatori) di euro, con due hotel, un centro sportivo, una spa,

ristoranti e negozi. Il Nizza Stadium costerà 170 milioni per 33.400 posti. A

Tolosa 40.000 posti e costo di 54 milioni. A Bordeaux 43.000 per 183,8 milioni,

di questi 135 li mette il club che vuole tornare da protagonista in Champions

League; stadio che sarà utilizzato anche dal rugby. Perché in Francia sono

molti gli impianti che condividono le due discipline.

L'Europeo, quindi, avrebbe potuto dare una grande spinta, agli stadi italiani,

ma i mostri d'Italia '90 rappresentano ancora oggi un minus difficile da

cancellare.

-------

Gli spalti degli altri: la Spagna

Solo Real e Barça

Il resto sono debiti

Stadi vecchi e rischio bancarotta

di FRANCESCO CAREMANI (Corriere Fiorentino 15-03-2012)

Negli ultimi quattro anni il Real Madrid ha sempre occupato il primo posto

nella Football Money League redatta dalla Deloitte. Primo club europeo, quindi

mondiale, per ricavi, con i quali riesce a pareggiare, con un po’ di fatica, i

debiti contratti. A ben guardare i diritti televisivi fanno la parte del leone,

seguiti dal merchandising e dalla biglietteria, con differenze di qualche

decina di migliaia di euro. Nell’ultima stagione le Merengues hanno incassato

123.600.000 euro dal Santiago Bernabeu, tre volte emezzo quello che il Milan

ricava da San Siro, quasi undici volte quello che la Juventus ricavava dallo

stadio Olimpico. Perché se il modello francese, pur con le sue difficoltà, può

rappresentare un buon punto di partenza, quello spagnolo, nonostante i

lustrini di Barcellona e Real, non è, nella sua interezza, da prendere in

considerazione. A iniziare dalla ripartizione dei diritti televisivi,

espressione della diarchia che sta facendo implodere tutto il movimento.

Nella stagione 2009-10, senza contare i diritti all’estero, i due club rivali

prendevano 140milioni di euro a testa, contro i 42 di Atletico Madrid e

Valencia, subito dietro in questa speciale graduatoria, 25 il Villarreal, 24

il Siviglia, addirittura 12 le ultime, tra cui il Malaga. Una sperequazione

capace, da sola, di raccontare la crisi di un calcio travolto dai debiti, che

allo scorso giugno si aggiravano intorno ai 4 miliardi di euro, quasi il

doppio di quelli delle squadre italiane di serie A. Negli ultimi venti

campionati 10 volte ha vinto il Barcellona, 6 il Real Madrid, 2 il Valencia,

una a testa Deportivo La Coruna e Atletico Madrid. Decisamente più variegata

la situazione in Coppa del Re. In Champions League la Spagna domina con 13

coppe, 9 del Real e 4 del Barça. Nelle ultime venti edizioni i blaugrana hanno

vinto quattro volte, i blancos tre, perdendo due finali con il Valencia e una

con il Barcellona. Quattro vittorie e due finali perse nelle ultime venti di

Europa League. Il calcio spagnolo domina anche a livello di nazionale, essendo

campione del mondo e d’Europa in carica, senza dimenticare che la squadra

guidata da Del Bosque è l’espressione del blocco blaugrana con qualche innesto

del Real Madrid e poco altro, non l’amalgama di un intero movimento.

José Maria Gay de Liébana, titolare della cattedra di Economia finanziaria e

contabilità presso l’Università di Barcellona, aveva previsto che la forza

sportiva ed economica dei due grandi rivali avrebbe rischiato di strozzare gli

altri club, sottolineando l’indebitamento crescente, che solo Barça e Real

Madrid riescono a compensare con un merchandising mostruoso e le vittorie sul

campo, un circolo virtuoso che non ha impedito all’ex presidente blaugrana,

Joan Laporta, di lasciare la società con un’economia che è stata definita «di

guerra» per colpa di un’impressionante esposizione verso le banche. Tutta

colpa di una politica miope e nazionalista, tesa a creare un consenso oltre il

calcio. Per Laporta il Barcellona è stato «più che un club» e le ombre del suo

operato sono ancora al vaglio del successore, Sandro Rosell. Fuori da Camp Nou

e Santiago Bernabeu (stadi di proprietà) c’è la desolazione delle

amministrazioni controllate, di società che rischiano la bancarotta e in balia

di acquirenti stranieri, come già accaduto a Malaga (dello sceicco qatariota

Abdullah Al Thani) e Racing Santander (del tycoon indiano Ahsan Ali Syed e

nonostante questo a rischio retrocessione). Mentre Athletic Bilbao e

Barcellona si sono dovute piegare allo sponsor sulla maglia, è andata meglio

ai catalani con la Qatar Foundation e 165 milioni di euro in soli 4 anni. La

Liga non ha l’appeal della Premier League e nemmeno gli stadi della Bundesliga,

solo due impianti si avvalgono del naming rights, El Sardinero (Racing

Santander) e l’Iberostar (Maiorca): due società che si occupano di turismo. In

compenso non ci sono segni di violenza e le squadre si allenano in un clima

impensabile in Italia.

La Spagna, Real Madrid e Barcellona a parte, non è certo un esempio calzante,

semmai il baratro verso cui si può scivolare tra perdita di competitività

interna, oligarchie sportive e, di conseguenza, economiche.

-------

Gli spalti degli altri Lo Juventus Stadium

Uno scudetto già vinto

(insieme al Comune)

Convezioni, investimenti e aree riqualificate

di FRANCESCO CAREMANI (Corriere Fiorentino 16-03-2012)

A Firenze e ai fiorentini non piacerà, ma il nuovo stadio della Juventus non è

solo la casa dell'acerrima rivale, bensì un sentiero verso il futuro che, in

nome della sostenibilità economica e del fair play finanziario, tutti i club

dovranno seguire. Lo stadio di proprietà, infatti, non è più uno sfizio di

qualche nababbo, ma uno degli elementi fondamentali per una società del terzo

millennio che deve far quadrare i bilanci. Ovviamente, la Juventus inizierà a

sentirne col tempo, risultati sportivi permettendo. Lo Juventus Stadium ha una

capienza di 41.000 spettatori (mentre in Inghilterra si corre verso il doppio),

4.000 posteggi, 2 pitch view studio, 3 spogliatoi, 8 aree ristorazione, 20

bar, 64 sky box e 459 posti in tribuna stampa. La prima fila è a soli 7,5

metri dalla linea laterale del campo. Senza contare il manto erboso, capace di

reggere con la neve, anche se l'impianto di drenaggio dell'Emirates pare

imbattibile, altro che sintetico. Alla Juventus lo stadio è costato 105

milioni di euro e presto ci sarà anche il museo.

Tutto è iniziato quando nel 2003 la società bianconera ha acquistato per 25

milioni dal Comune di Torino (con il quale sono state firmate varie

convenzioni, anche per la riqualificazione dell'area intorno alla struttura

sportiva) il diritto di superficie sull'area dello Stadio delle Alpi per 99

anni. La demolizione è iniziata nel 2008 e nella costruzione del nuovo

impianto sono state riutilizzate parti del vecchio. Il delle Alpi era uno dei

mostri d'Italia '90, per certi aspetti «il mostro», non solo per il gigantismo

della struttura, ma anche per i problemi da cui è stato afflitto. Innanzi

tutto la manutenzione della copertura e del terreno di gioco che è costata

molto più di quanto previsto, per non parlare della visibilità, con le curve

lontanissime dal campo di gioco per la presenza della pista d'atletica. In

realtà questa aveva un senso per l'utilizzo multidisciplinare dell'impianto,

ma a parte lo Iaaf Grand Prix del '92 il delle Alpi è stato impiegato quasi

esclusivamente per il calcio, restando legato ai fasti della Juventus di

Marcello Lippi. Ma la cosa che ha dell'incredibile è rappresentata

dall'impianto d'irrigazione che causava una sorta d'allegamento del terreno,

danneggiando il manto erboso. Dopo la parentesi dell'Olimpico, dove oggi gioca

il Torino (il Comune ha ceduto gratuitamente ai granata l'area dell'impianto),

dall'inizio di questa stagione il club della famiglia Agnelli ha inaugurato la

nuova casa, riuscendo a invitare solo una parte dei familiari delle vittime

dell'Heysel il cui ricordo doveva rappresentare una fase importante della

cerimonia dello scorso 8 settembre. Nella prima parte dell'attuale campionato

le partite più viste sono state Inter-Juve, Napoli-Juve e Lazio-Juve. I

bianconeri riempiono i botteghini ma non hanno la media spettatori più alta,

anche se con 36.630 registrano un incremento del 66,7% rispetto al 2010-11

(nessuno come loro), numeri ripuliti dai biglietti omaggio e da quelli

riservati alle autorità. Ma altri numeri dovrebbero preoccupare gli avversari.

Da quando è stato istituito lo «Juventus Stadium Tour» a oggi i visitatori

sono stati 16.200: «Stiamo per aprire il Museo della Juventus — sottolinea il

direttore commerciale, Francesco Calvo — e siamo certi che si tratterà della

punta di diamante di un tour che vedrà aumentare ancor di più il proprio

pubblico». Come in Inghilterra, un impianto aperto 7 giorni su 7, con bar,

ristoranti e la possibilità di organizzare anche la riunione aziendale nei box

che danno sul terreno di gioco. Senza contare il merchandising, i gadget

ufficiali sono in vendita allo store. Chi va a vederlo manda le foto a casa

dallo smartphone prim'ancora d'entrare, perché la struttura lascia senza

fiato. E poi c'è l'effetto del dodicesimo uomo in campo, che però, di questi

tempi, non sembra dare una mano concreta alla squadra, anche se finora non è

ancora riuscito a nessuno espugnarlo.

Nella strada verso il fair play finanziario e nuove (indispensabili) risorse

economiche la Juventus ha messo la freccia. La sfida a Firenze (e alle altre

città che stanno provando a costruire un nuovo stadio) è lanciata.

-------

I progetti in serie A

Le partite delle altre città

Chi si affida ai club

e chi cerca l'archistar

Passi avanti Torino in vantaggio, a Catania è

stato il presidente Pulvirenti a presentare il piano

di FRANCESCO CAREMANI (Corriere Fiorentino 16-05-2012)

Il miraggio dello stadio di proprietà. Da una parte il club che percepisce la

pubblica amministrazione come un nemico armato di piano regolatore e iter

burocratici; dall’altra il comune che vede nella società un soggetto dai modi

spicci, con il pericolo di appalti di dubbio profilo professionale, dannosi

per la riuscita del progetto e per l’armonia di una città. Eppur si muove. Un

mese fa la VII Commissione della Camera dei Deputati ha approvato

all’unanimità tutti gli emendamenti proposti dal relatore Claudio Barbaro, Fli,

alla proposta legislativa «Lolli-Butti»: «Disposizioni per favorire la

costruzione e la ristrutturazione di impianti sportivi e stadi anche a

sostegno della candidatura dell’Italia a manifestazioni sportive di rilievo

europeo e internazionale». Prima dell’inizio dell’estate dovrebbe diventare

legge dello Stato per garantire la costruzione e la ristrutturazione degli

stadi e dei palazzetti in tempi certi e attraverso regole chiare.

Anche perché, Juventus a parte, tutti gli impianti italiani sono di proprietà

pubblica. Otto anni e otto mesi, tanto è durato l’iter del nuovo stadio

bianconero: dall’approvazione della variante n. 56 al piano regolatore

generale (dicembre 2002), alla fine dei lavori e relativo collaudo (agosto

2011). Nel 2003 la Juventus ha acquistato dal Comune di Torino il diritto di

superficie sull’area dello stadio Delle Alpi per 99 anni. È seguita

l’approvazione di un’altra variante al Prg, sottoscrizione della convenzione

relativa al piano esecutivo, approvazione del progetto da parte del Cda della

Juventus e due gare d’appalto: una per la demolizione del vecchio impianto,

l’altra per la costruzione del nuovo. Nel febbraio 2009 è stato approvato il

piano d’intervento e poi sono arrivati i permessi per costruire lo stadio, il

parco commerciale e il museo. Solo nel maggio del 2010 è arrivata

l’approvazione del piano per le opere di urbanizzazione. Oggi lo Juventus

Stadium è il tredicesimo uomo del club: esaurito tutto l’anno, palcoscenico di

una squadra tornata ai vertici e che ha già fruttato 14 milioni di euro di

ricavi.

Qualcosa si sta muovendo anche a Napoli, dove la Champions ha riempito gli

occhi e il cuore. Il Comune deciderà attraverso una manifestazione d’interesse

pubblica, al vaglio di un’apposita commissione. L’idea è ambiziosa: nuovo

stadio multifunzionale a Ponticelli da 55.000 posti, un palaeventi da 12.000,

e la ristrutturazione del San Paolo con altri 35.000 posti a sedere per

meeting sportivi e concerti. Circa 700 milioni di euro d’investimenti, da

decidere poi chi e come usufruirà delle royalties di questi nuovi impianti.

Una cosa è chiara, le pubbliche amministrazioni hanno solo da guadagnare da

queste operazioni, anche solo dalla concessione del diritto di superficie.

Quella di Udine, a metà aprile, ha approvato la delibera che fissa le linee

guida per la gara di conferimento del diritto di superficie dello stadio

Friuli, con grande soddisfazione di Giampaolo Pozzo, pronto a costruire un

impianto da 22.000 posti (30.000 col terzo anello se partecipa anche il

Comune). Se Pozzo si aggiudicherà la gara le ruspe entreranno in azione già

quest’estate, dopo sette anni che si parla del nuovo impianto.

Iter burocratico simile a Palermo, dove l’architetto Gino Zavanella (firma

dello Juventus Stadium) è pronto a disegnare la nuova casa dei rosanero da

35.000 posti, obiettivo? Riqualificare il quartiere Zen: «Uno sguardo ai

tifosi, l’altro alla città».

Anche a Catania sono a buon punto, con i sopralluoghi dei tecnici del Comune

andati a buon fine per l’area che è già stata individuata e destinata a tale

indirizzo dal piano regolatore: Librino, zona San Teodoro. Poi il progetto

definitivo dovrà passare al vaglio del consiglio comunale, anche perché il

presidente del club, Antonino Pulvirenti, è pronto a fare la sua parte, ma ci

vorranno pure i soldi di Comune e Provincia.

A Foggia lo «Sport & leisure consortium» sta cercando di costruire un

impianto da 25.000 posti (160 milioni di euro, privati), con negozi,

ristoranti, una sede dell’università e 700 vani abitabili, avviando trattative

anche per quelli di Albinoleffe e Nocerina.

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La fine del calcio?

Oggi il Glasgow Rangers potrebbe fallire. Scomparirebbe uno dei club calcistici più antichi del mondo

di SIMONE TREBBI (IL FOGLIO.it 16-03-2012)

Ballare sul corpo dei rivali è una macabra usanza, che affonda le

proprie radici in una insospettabile tradizione popolare che tuttora aleggia

tra Scozia e Inghilterra. L'uggiosa Glasgow è la metafora perfetta di un dualismo

innato, una separazione così netta da essere avvertita a ogni angolo

d'osservazione, soprattutto quando a scendere in campo sono le due squadre

cittadine e il calcio diventa di colpo l'apparente effimero dal quale chiunque

ama lasciarsi sedurre.

L'atmosfera mistica e pregna di magia, pietra miliare della tradizione

celtica, rischia però di scomparire definitivamente. Uno dei club calcistici

più antichi del mondo è stato fondato proprio in quel di Glasgow, sponda

Rangers, nel lontano 1872. La squadra, ora, si trova a dover affrontare una

pessima amministrazione, che per aggiudicarsi giocatori poi rivelatisi molto

spesso sopravvalutati, ha messo sul piatto ingaggi mastodontici in relazione

alle proprie possibilità. All'erario britannico, inoltre, spettano circa 90

milioni di euro: se entro oggi i Rangers non troveranno un acquirente disposto

a farsi carico dei debiti, il mondo del calcio dovrà rinunciare alla squadra

da cui tutto – o quasi – ebbe inizio il secolo scorso.

E sebbene si fosse fatto il nome di Brian Kennedy (già proprietario

dei Rangers Rugby), l'uomo ha confessato candidamente "di non voler comprare

il club, ma di non poter vedere i Rangers morire". Le quotazioni di un possibile

fallimento continuano a levitare, poichè i soldi hanno poco senso della storia

e tendono ad essere auto referenziali. Anche i tifosi dei bianco-verdi Celtics

hanno fiutato l'evento, tanto da esordire con entrate scenografiche durante le

partite casalinghe al grido di "balleremo la conga / quando i Rangers

moriranno". I Celtic non sembrano consapevoli che la mancanza d'una squadra

riduce inevitabilmente il senso specifico dell'altra; parafrasando il celebre

motto ispanico del Barcellona riprodotto sulle gradinate del Camp Nou,

entrambe le società sono "mès que un club", molto più di una pur leggendaria

storia calcistica.

Rangers e Celtic incarnano infatti una rivalità che esula dalla mera

competizione sportiva, sfociando in principi etici, religiosi e politici

radicalmente differenti. I Blue Knights, i cavalieri dei Glasgow Rangers, sono

nati da un'idea che coinvolse nel 1872 più fondatori, dai fratelli McNeil a

Peter Campbell. Rappresentano in tutti gli aspetti l'animo filomonarchico che

lega ancora ben più di uno scozzese, compreso il forte sentimento religioso

protestante e conservatore. I Celtic, che presero vita nel 1888 da uno

sconosciuto uomo religioso di origini irlandesi, oggi sono l'espressione della

parte cattolica di Glasgow, anche detta nostalgicamente – con richiamo al

fondatore – "anima d'Irlanda", impermeandosi ai valori conservatori con un

progressismo che vede nella Scozia secessionista una battaglia divina e voluta

dall'alto.

Il tessuto sociale di Glasgow è intimamente connesso alle tematiche pubbliche

e storiche rappresentate dai due club rivali, tanto che in seguito a numerosi

episodi di violenza e tensione, il Parlamento scozzese ha votato una legge che

vieta espressamente ai tifosi dei Rangers e dei Celtic di esprimersi

pubblicamente (con cori, ad esempio) su temi quali religione e sovranità

nazionale. Da non sottovalutare anche l'atteggiamento dei tifosi dei Celtic,

che meglio di mille filosofie racconta la Glasgow calcistica: la rivalità è

talmente accesa che anche in una crisi quasi irreversibile come quella dei

Rangers, mai l'agonismo lascia posto ad un qualche sentimento simile alla

pietà. Se è vero che le grandi perdite vengono metabolicamente soppesate, i

Celtic si troveranno a far fronte a una perdita impagabile, rinunciando a

quella competitività che è sempre stato il timone ed il motore della mitica

Old Firm, forse il derby calcistico con più tradizione e storia al mondo.

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Gemelli in RCS

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Lotito guida la rivolta

La Lega boicotta la nazionale

No ai raduni e Abete si infuria

di FABIO MONTI (CorSera 17-03-2012)

MILANO — È riapparso Claudio Lotito in via Rosellini e immediatamente la Lega

di serie A si è paralizzata. Dopo aver avuto il via libera per restare

presidente della Lazio, attraverso una modifica ad hoc delle norme vigenti,

Lotito ha impugnato presso il tribunale ordinario l'art. 8 bis delle Noif, che

lo estromette dalla carica di consigliere federale, dopo la condanna per frode

sportiva (primo grado) al tribunale di Napoli. Ai vertici della Lega non è

sembrato vero di poter rinviare le elezioni dei componenti del Direttivo (a

cominciare da quella del vice-presidente), elezioni che, secondo statuto, si

sarebbero dovute celebrare nel settembre 2011. Ci sarebbero gli estremi per

commissariare la Lega, ma la Figc ha scelto la linea morbida e in cambio ha

ottenuto uno sgarbato no alla richiesta presentata da Prandelli per un solo

stage ad aprile. Così il presidente, Maurizio Beretta: «I presidenti sono

stati costretti a dire di no; nessuno vuole danneggiare la nazionale e la

nostra risposta non va interpretata come mancanza di attenzione per gli

azzurri. Il problema è un calendario intensissimo e non potevamo fare

diversamente a quattro/cinque giornate dalla fine del campionato. Il problema

è che quest'anno si giocano 6 turni infrasettimanali, c'è stata l'emergenza

neve e un calendario Fifa molto intenso». Figc e c.t. hanno preso malissimo la

decisione della Lega, vivendola come l'ennesima sfida di una Lega ormai

ingestibile nei confronti del governo del pallone. Ha detto il presidente

Abete: «Prendiamo atto della decisione dell'assemblea che mi è stata

preannunciata dal presidente Beretta. C'è forte rammarico, ma non c'è

sorpresa. Si è persa un'occasione utile e importante per preparare meglio gli

Europei. Ci prepareremo bene comunque, ne ho già parlato con Albertini, che si

occupa in maniera specifica, da vice-presidente della Figc, del club Italia e

con Prandelli. Non c'è stata attenzione per un'esigenza che riguarda tutto il

movimento sportivo, e non una situazione in particolare; la preparazione

dell'Europeo riguarda tutto il movimento calcistico. E non c'era nemmeno la

motivazione data dalle squadre rimaste nelle coppe europee: la Spagna ne ha

cinque e noi una sola. Ma questa è l'occasione per fare una riflessione sul

calendario». I presidenti però hanno già venduto i diritti tv per il

campionato di serie A a venti squadre per il triennio 2012-2015 e sono fieri

di questa scelta, nonostante anche in questa stagione il torneo a 20 squadre

si sia rivelato un non-senso sotto tutti i punti di vista. Abete e Prandelli

avevano chiesto due stage a Coverciano il 16 e 17 aprile e il 23 e 24. Negli

ultimi giorni si era deciso di chiedere la disponibilità degli azzurri per un

solo raduno, sempre a Coverciano, il 23, 24 e 25 aprile. Ma l'assemblea di

Lega ha opposto uno sdegnato no, l'ennesimo segnale di sfida alla Figc, anche

se la nazionale potrà far bene (o male) all'Europeo, anche senza lo stage di

aprile. Resta il fatto che gli azzurri si presenteranno all'esordio con la

Spagna con appena tre amichevoli nel 2012: Stati Uniti (0-1, 29 febbraio),

Lussemburgo (29 maggio, a Parma) e Russia (1° giugno, Zurigo). Se poi

Prandelli decidesse di lasciare l'incarico a fine Europeo, non ci sarebbe da

stupirsene.

___

IlCommento di ANDREA "SFIDUCIATO" MONTI (GaSport 17-03-2012)

Diamo un'occasione

ai nostri azzurri

L'uomo del monte ha detto no. Cortese ma fermo, l'olimpo dei patron di Serie A,

per bocca del presidente di Lega Maurizio Beretta, ha respinto al mittente la

richiesta di Cesare Prandelli che chiedeva di poter tenere un paio di stage

fuori programma con i giocatori della nazionale in vista di Euro 2012. Il

rapporto tra i club e le rappresentative nazionali è una questione spinosa di

vecchissima data, e non un'esclusiva italiana: pochi giorni fa il soave Pep

Guardiola ha mandato platealmente al diavolo El Niño Sanchez che si è

infortunato al ritorno da un'inutile amichevole con il suo Cile. Certamente le

società hanno le loro ragioni: si gioca tantissimo, il periodo è decisivo per

tutti, i pochi giorni liberi servono agli allenatori per rinserrare i ranghi.

Ma le buone giustificazioni non producono automaticamente una scelta giusta.

Il rifiuto unanime dei presidenti, per chi vuole pensar male, è un messaggio

politico alla Figc. A noi pare semplicemente un errore di immagine oltre che

di sostanza. [...] il povero Prandelli non chiedeva la luna. Due sessioni

divise per reparto. Una notte a Coverciano, due giornate di campo più tattiche

che fisiche. Il minimo sindacale per preparare una spedizione importante che,

al di là degli ottimismi d'ordinanza, presenta parecchie incognite. Davvero

non si poteva trovare un saggio compromesso?

In attesa che il concetto stesso di comunità nazionale sia sventuratamente

divorato dalla globalizzazione, la chiamata a rappresentare il proprio Paese

sul campo rimane l'onore più alto per un atleta. Nelle nostre menti e nei

nostri cuori, le immagini del trionfo mondiale del 2006 sono parte di un

patrimonio condiviso che va ben oltre il pallone, materiale di narrazione

epica per i nostri figli e nipoti. Dare un'occasione anche agli azzurri di

Prandelli per urlarci che è tutto vero, soprattutto in un momento in cui

all'Italia serve di sentirsi viva e vincente, non è una scelta sportiva. È,

per dirla un po' grossa, un dovere civile.

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Dossier contro i vertici della Roma

di LAVINIA DI GIANVITO (CorSera 17-03-2012)

ROMA — Dossier fabbricati a tavolino per screditare la Roma. Documenti

taroccati che gli autori avrebbero pure tentato di vendere ad alcuni organi di

informazione. La manovra però è fallita ed è finita all'attenzione della

magistratura: la procura ha aperto un'inchiesta nei confronti del conduttore

radiofonico Mario Corsi, «Marione», e del giornalista Roberto Renga. Il reato

ipotizzato per ora è la diffamazione, ma non è escluso che possano essere

contestati reati più gravi. L'indagine è iniziata un paio di settimane fa,

quando il d.g. dei giallorossi, Franco Baldini, ha presentato una denuncia

alla Digos. Probabilmente il manager aveva saputo qualcosa a proposito del

piano. Sembra infatti che «Marione» e il giornalista, anziché tenere segreto

il «complotto», avessero in più occasioni sparso in giro notizie adatte a

diffamare Baldini: secondo la Digos, guidata da Lamberto Giannini, gli autori

dei dossier avevano fatto circolare la voce di poter dimostrare, grazie a dei

documenti, che la Roma aveva compiuto operazioni poco chiare. In particolare,

secondo loro, Baldini avrebbe avuto interessi privati nella compravendita dei

giocatori e non meglio precisati legami con la massoneria. La polizia ha

perquisito «Marione» e Renga, ha sequestrato i dossier e ha scoperto che li

avevano confezionati loro stessi. Baldini, che era stato ds della Roma con la

famiglia Sensi, con cui si era lasciato in maniera traumatica, è il dirigente

a cui la nuova proprietà americana si è affidata per il progetto di

ricostruzione della società. Nel turbolento mondo dell'etere romano si è

creata una spaccatura tra i nostalgici della vecchia gestione e i sostenitori

della Roma made in Usa. Ma nessuno poteva immaginare che si sarebbe arrivati a

una battaglia fatta di dossier.

___

IL CASO

Falsi dossier contro Baldini

scatta l’inchiesta della Procura

di VALENTINA ERRANTE (Il Messaggero 17-03-2012)

ROMA - Un’attività di dossieraggio nei confronti del direttore generale

dell’As Roma Franco Baldini. La denuncia a carico di quattro persone,

giornalisti e collaboratori di diverse testate che avrebbero creato un falso

dossier ai danni di Baldini e dell’As Roma, ha già portato la Digos a svolgere

una serie di accertamenti e di perquisizioni.

L’inchiesta, coordinata dal procuratore reggente Giancarlo Capaldo, ha fatto

in fretta molti passi in avanti, dopo un esposto presentato in questura

soltanto alcune settimane fa negli uffici della Digos. Gli indagati avrebbero

tentato di vendere informazioni inventate ad alcuni organi di stampa su

presunti affari privati e su interessi del manager Franco Baldini, legati alla

compravendita dei giocatori. E persino su suoi presunti rapporti con la

massoneria. Per ora, dai primi accertamenti, è emerso anche il nome di Mario

Corsi, ex Nar, conosciuto come «Marione», voce della radio sportiva «Centro

suono sport», già condannato nel 2010 per alcune affermazioni offensive nei

confronti di un giocatore della Juve. Così proprio uno dei commentatori

radiofonici più popolari tra i giallorossi sarebbe coinvolto nell’attività ai

danni della squadra. Le perquisizioni e le acquisizioni di documenti sono

state eseguite nei giorni scorsi e hanno confermato l’ipotesi della denuncia:

negli appartamenti e nei luoghi di lavoro dei giornalisti sono stati ritrovati

i dossier, confezionati per danneggiare Baldini. Adesso la procura sta

valutando, altre ipotesi di reato oltre alla diffamazione.

Baldini è tornato alla Roma nell’ottobre scorso dopo una lunga stagione

trascorsa nel Real Madrid. Sue le prime denunce contro il sistema «Moggi». Nel

giugno 2004, dopo la decisione di Fabio Capello di lasciare la Roma e passare

alla Juve, è proprio l’attuale direttore generale dei giallorossi che, in onda

nella trasmissione di Serena Dandini «Parla con me», denunciò pubblicamente la

Gea, il Milan e la Juventus di amministrare il calcio secondo i loro interessi

economici e sportivi sottolineando che Capello, fino a pochi mesi prima

insieme a lui, avesse criticato atteggiamenti sleali della Juve, del Milan e

della Gea.

___

Volevano truffare la Roma americana

La Procura di Roma apre un'inchiesta per "tentata truffa e attività di dossieraggio".

Ancora non ci sono indagati. Nei prossimi giorni ascoltati Baldini & Co. come parte offesa.

di TIZIANO CARMELLINI (IL TEMPO.it 17-03-2012)

Nubi dense come la pece tornano ad offuscare i cieli della Capitale. La

Procura della Repubblica di Roma sta indagando su una tentata truffa a danno

della As Roma. L'inchiesta - sulla quale la società giallorossa non ha voluto

dire nulla - sarebbe scaturita da un'attività di «dossieraggio» svolta in

ambienti dell'informazione romana.

Stretto riserbo sul materiale all'esame del Procuratore Capo di Roma

Giancarlo Capaldo (che non ha preso per niente bene la fuga di notizie), sul

quale indaga da circa due mesi dopo una denuncia della società giallorossa per

«tentata truffa verso ignoti». Ma è evidente come le indicazioni portino tutte

verso un tentativo di destabilizzazione della nuova proprietà che ha da poco

rilevato il club e che sta portando avanti un lento lavoro di risanamento

innanzitutto economico. La As Roma adesso, «ripulita» dalla crisi economica

che ne aveva messo in dubbio il futuro non più di qualche mese fa, torna

evidentemente a far gola e nel mirino sono finiti i nuovi dirigenti

giallorossi. Che in pentola bollisse qualcosa, in città si era intuito già da

qualche settimana e la conferma dell'inchiesta aperta dalla Procura ne è solo

l'ennesima conferma.

Al momento non ci sono nomi iscritti nel registro degli indagati e la

denuncia è verso ignoti, ma nei prossimi giorni è probabile che lo stesso

Capaldo decida di sentire i diretti interessati: Baldini &Co. , che hanno

sporto la denuncia, come parte offesa.

Sulla Roma quindi tornano a manifestarsi fantasmi del passato, complici

probabilmente anche vecchie alleanze, vetusti volponi che non hanno mai

mandato giù l'arrivo dei nuovi proprietari americani e il ritorno di qualche

dirigente. E chissà che questo tentativo di attacco non possa essere

ricondotto a qualche antica ruggine, o se più semplicemente sia solo il

tentativo di rimettere in discussione il futuro della Roma. Probabilmente è

solo il primo round di un match, che come in passato rischia di diventare una

vera e propria guerra.

___

Il caso

Roma, truffa stile Totò

cronista e speaker indagati

di CARLO BONINI (la Repubblica 17-03-2012)

ROMA - Fai presto a dire "Progetto". E hai voglia a spiegare agli americani

dove sono finiti. La "As Roma" sarà anche "bostoniana". Ma Roma, resta Roma. E

passerà del tempo prima che Trigoria si liberi dell´assedio miserabile di

questuanti e diffamatori. Dal berciare di certi "opinionisti" (si fa per dire),

dal risentimento degli «esclusi» dalla nuova proprietà. Storia delle ultime

due settimane. Roba stracciona da «soliti ignoti», risolta da un´indagine

della Digos coordinata dal Procuratore capo reggente Giancarlo Capaldo. Alla

vigilia dell´ultimo derby, la "Iena" Paolo Calabresi viene avvicinato da un

giornalista ormai in pensione, Roberto Renga, già "firma" di Paese Sera e

Messaggero, portata in palmo di mano dalla vecchia proprietà. L´uomo dice di

avere documenti in grado di devastare l´immagine pubblica e privata di Franco

Baldini, direttore generale del club, e di Mauro Baldissoni, avvocato membro

del cda. Si tratta di "trascrizioni di sms" - farfuglia, mostrando due

fogliacci compilati a mano libera da chi sa chi - che dimostrerebbero

(pensate...) che i due sono massoni (come indicherebbe un umoristico anagramma,

"tfa", triplice fraterno abbraccio) e che, naturalmente, il nuovo gruppo

dirigente fa "la cresta" sul calciomercato.

La "Iena" cui il falso appare macroscopico, registra di nascosto la

conversazione. Il nastro finisce alla Digos, dove vengono ascoltati come

testimoni Baldini, Baldissoni e il ds Walter Sabatini. Nella stangata

"stracciona" - accerta rapidamente l´indagine con pedinamenti e testimonianze

- Renga ha dei compagni di merende. Suo figlio Francesco e un paio di voci

delle radio libere. Giuseppe Lo Monaco e Mario Corsi, detto "Marione". Un tipo

con un passato neofascista che, da anni, usa il microfono come un randello.

Ora sono tutti indagati per diffamazione. Mentre la Digos, pochi giorni fa, ha

bussato a casa Renga, dove ha recuperato le prove del falso da "soliti

ignoti". Dunque, chi vive a Roma, oggi accenda la radio. Ci sarà da ridere. O

da piangere. Dipende dai punti di vista.

File mp3

R.Renga tenta di spiegare cosa è successo (su RadioRadio, stamattina)

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NOMINE RINVIATE IL PATRON DELLA LAZIO, SOSPESO DA CONSIGLIERE FEDERALE, VA AL TRIBUNALE DI ROMA

Lotito, ricorso contro Coni-Figc

La Lega aspetta, la Juve pure...

di MATTEO BREGA & MARCO IARIA (GaSport 17-03-2012)

Claudio Lotito rilancia la sfida alle istituzioni dello sport e trascina con

sé tutta la Lega. O almeno quei 16 club (Cagliari e Lecce contrari, Roma

astenuta) che ieri hanno deciso di rinviare di oltre un mese il pacchetto di

nomine all’ordine del giorno per aspettare l’esito del ricorso ex articolo 700

presentato dal patron della Lazio e in discussione il 3 aprile presso il

Tribunale di Roma. Dopo la bocciatura dell’Alta Corte, Lotito esce dall’alveo

della giustizia sportiva con tutti i rischi connessi alla violazione della

clausola compromissoria: non ci sta ad accettare la sospensione dalla carica

di consigliere federale, suggellata dalle nuove norme etiche del Coni in virtù

della condanna in primo grado per Calciopoli. La Lega aveva già incassato

qualcosa, vale a dire il reintegro nei rispettivi ruoli societari — compresa

la possibilità di partecipare alle assemblee di A— per lo stesso Lotito e per

Andrea Della Valle e Sandro Mencucci della Fiorentina. Ma non era

evidentemente abbastanza. Peraltro, la Lega avrebbe potuto conservare la

stessa rappresentatività all’interno del consiglio della Federcalcio

scegliendo un supplente. Niente da fare.

Ruolo-chiave Ieri è emerso tutto il carisma di Lotito, abilissimo a stringere

un patto di ferro con le big, figlio del compromesso storico sui bacini

d’utenza, e a tenere sotto la sua ala un bel po’ di medio- piccole. Non è un

caso che ieri né Galliani né Agnelli abbiano preso parola contro la richiesta

del presidente laziale. Un silenzio assenso. L’unico a opporsi è stato Massimo

Cellino: «Impugnare ogni legge e mettere di mezzo gli avvocatimi sembra una

cosa anomala. È una decisione puramente personale di Lotito». Peraltro, quel

pacchetto di nomine che prevedeva la vicepresidenza di Lega per De Laurentiis

(Napoli), due posti in Consiglio per Fenucci (Roma) e Zarbano (Genoa) e la

poltrona di consigliere federale per Campoccia (Udinese), è risultato

indigesto a più d’uno, pur essendo stato varato all’unanimità dall’esecutivo.

In primis a Lotito, ovviamente, che — in caso di sconfitta dinnanzi al

Tribunale — punterebbe a entrare quantomeno in Consiglio di Lega. A quel punto,

potrebbe essere la Juventus a sedere nel governo della Figc, quella stessa

Figc alla quale ha chiesto 444 milioni di risarcimento danni per lo scudetto

2006. Appuntamento, quindi, all’assemblea del 20 aprile, ma già nel Consiglio

del 26marzo si ridefiniranno le strategie.

Varie Ok al regolamento dei collegi arbitrali, che Beretta e Tommasi

firmeranno all’inizio della prossima settimana. E via libera al rinnovo della

sponsorizzazione con Tim che nel prossimo triennio porterà 15, 750 milioni

annui nelle casse della Lega, 200 mila euro in più del contratto precedente.

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Il pallone di Luciano

Quelle strane designazioni

che alimentano i sospetti

di LUCIANO MOGGI (Libero 17-03-2012)

Senza voler esagerare è fuor di dubbio che la designazione di Bergonzi per

Fiorentina-Juve è quanto meno inopportuna. Significa che dalle parti del

designatore si usano i paraocchi. E se per carità di patria escludiamo una

provocazione, dobbiamo propendere per una possibile disattenzione con Braschi

che ne esce male, perché il primo a essere messo a disagio sarà proprio

Bergonzi: se sbagliando favorirà la Fiorentina, reclameranno gli juventini, al

contrario, se sbagliando favorirà la Juventus, saranno i tifosi gigliati a

dire che è stato mandato per far pace con la Juve. Non si può scegliere per

una partita già carica di tensione, l’arbitro che a Bologna faceva il quarto

uomo e che ha fatto espellere Conte.

Ma c’è anche di più, uno degli assistenti designati è il sig. Stefani, il

cognome magari non dirà niente, resta però il fatto che il soggetto, durante

Calciopoli, fu raccomandato a più riprese al designatore, dal sig. Meani,

dirigente addetto agli arbitri del Milan, non vorrà dire niente, insomma. . .

Scelta dunque sbagliata che sta a significare come ci siano persone

specializzate nel crearsi grane. En passant, anche gli assistenti sono gli

stessi di Bologna e Bergonzi è quello che il 27 ottobre 2007 diede due rigori

fasulli a favore del Napoli che costarono la sconfitta alla Juve (3-1). Un bel

calderone tenuto acceso da dirigenti arbitrali non all’altezza. L’augurio che

possiamo fare al calcio è che non accada nulla in uno stadio infuocato come

quello di Firenze dove i tifosi fiorentini vedono il bianconero alla stessa

stregua dei tori quando vedono il rosso.

La Juve, in trasferta a Firenze, ritenta di recuperare punti dopo la

delusione di Genova che ha visto salire a + 4 il vantaggio dei rossoneri. In

trasferta anche il Milan in quel di Parma. I ducali appaiono alla portata dei

rossoneri più della Fiorentina per i bianconeri. I tifosi viola pungolano il

brasiliano Amauri a prendersi la rivincita su chi l’aveva messo da parte, di

solito è merce che non basta o è superflua, normale che Amauri tenti di farsi

bello con la veste dell’ex, tutto da dimostrare se riuscirà nell’intento.

La Fiorentina non può perdere, il Lecce è a 7 punti e domani gioca in casa

contro un Palermo assai rimaneggiato. Sta peggio dei viola il Parma, assieme

al Cagliari quartultima in classifica a pari punti, ne consegue quindi il peso

della gara col Milan, una sconfitta sarebbe preoccupante, il valore di un

pareggio dipenderebbe dal risultato del Lecce. Giocano per primi i rossoneri

alle 18, bene se vincono perché Conte andrebbe in ambasce.

È salita d’interesse e d’importanza la lotta per il terzo posto, in lizza

Lazio, Napoli e Udinese, Reja con due punti in più sulle altre va a Catania,

Mazzarri e Guidolin spareggiano tra di loro. L’Inter fatta fuori dal Marsiglia,

non una corazzata, prova a centrare almeno un posto in Europa League, contro

l’Atalanta. Scontri con vista fondo, il Cagliari riaffidato a Ficcadenti deve

guardarsi dall’assalto del Cesena che ritrova Mutu; il Siena diffida del

Novara, dopo il colpo gobbo del richiamato Tesser all’Udinese; ma lo

spartiacque è il Lecce: se i salentini, che ritrovano Di Michele, vincono ci

sarà agitazione per molti. A Palermo Mutti si deve dare una mossa, Zamparini

gli ha dato gli otto giorni, non proprio il massimo per lavorare tranquilli,

chi non ha gli squalificati Miccoli, Barreto e Pisano e gli infortunati

Bacinovic e Silvestre. Bologna e Chievo sono tranquilli, può uscirne un

confronto senza patemi, ricco di gol e bello da vedere. La Roma scenderà in

campo lunedì sera contro il Genoa. In forse Totti. Luis Enrique punta ancora

alla Champions, distante sette punti. Il Genoa si accontenterebbe di un punto.

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A Firenze comunque un’altra stagione persa

di OLIVIERO BEHA (olivierobeha.it 14-03-2012)

Non starò a farla lunga su Catania. E’ vero, si è predisposta bene e doveva

segnare malgrado metà squadra sia sotto tono. Ma non l’ha fatto, ha perduto e

non ha più reagito. E sabato c’è la Juventus, le mani avanti sull’arbitro

modello Parma, il rischio di precipitare ancora di più in classifica. Spero

che Rossi punti al pareggio per strappare una vittoria, e non il contrario.

Nel frattempo nessuno fa due più due: la notizia dell’interessamento della

Fiorentina per Benassi, portiere del Lecce, se vera è fantastica. Non vi

ricorda l’acquisto di Bojinov a gennaio nel campionato di Calciopoli, con

Corvino poi arrivato a Firenze? E il Lecce sarebbe un concorrente per evitare

la B? Ma si pensa che siano tutti con l’anello al naso (anche senza aspettare

eventuali notizie leccesi da “Scommettopoli”)? Candidato a sostituire Corvino

sarebbe Lo Monaco, del Catania. Prima di decidere, perché i Della Valle bros. ,

Mencucci e soci non si informano su molte stagioni catanesi specie nelle

ultime partite? Così, tanto per chiaccherare: davvero nessuno è curioso?

Magari Zenga è un interlocutore interessante. Magari. Oppure al tifoso scapato

(con la “p” non con la “f” purtroppo) gli si può ormai dare di tutto.

-------

Qui la Fiorentina c’entra meno…

di OLIVIERO BEHA (olivierobeha.it 16-03-2012)

E’ così difficile da capire ciò che succede da sempre e sta succedendo nel

calcio?A giudicare dalle reazioni al mio ultimo post sì. Andiamo per ordine,

anche se telegraficamente. Non vi risulta come risulta a me, agli addetti ai

lavori, agli “zingari” Gegic e Ilievski delle scommesse, che da sempre le

ultime partite del campionato siano merce di scambio? Solo che adesso

con il monte-scommesse su di loro la faccenda è diventata colossale,

per gli introiti e la quantità di partite combinate. Vi preoccupate solo

della Fiorentina. Io no. Io mi ricordo di quando Della Valle entrando nel

calcio e “fantasticando” di progetti affermò di voler “cambiare un calcio

che così non andava”.

Sono passati otto anni da quelle dichiarazioni. E allora? La notizia

dell’interessamento a Benassi, portiere del Lecce, girava da giorni su

internet e su qualche giornale. Di qui il mio commento. I pasticci tra Lecce e

Fiorentina non sono di oggi. La domanda da fare a Lo Monaco, del Catania,

papabile a quanto pare per Firenze, è: che sa di questi pacchetti di partite

di fine campionato? Che cosa sa delle scommesse? Stesse domande agli

allenatori che ha avuto in questi anni, il Catania come per molte altre

squadre di A. E infine per la Fiorentina e i tifosi: volete questo calcio qui,

basta che la Fiore batta la Juventus? Tenetevelo, però poi non lamentatevi se

il calcio arriva al vostro riverito di dietro.

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EVVIVA LE PARRUCCHE

(BENTORNATA IRONIA)

di ANTONIO MONTANARO (Corriere Fiorentino 17-03-2012)

Non si sa ancora quante parrucche (rosse, gialle, viola o tirate fuori dalle

cantine) entreranno al Franchi. Ma, al di là dell’iniziativa anti Conte nata

su Facebook, una cosa è certa: la partita contro la Juventus ha riacceso

l’ironia, la voglia di stupire che ha sempre contraddistinto la tifoseria

viola. Certo, non siamo ai livelli delle coreografie che lasciavano a bocca

aperta mezza Italia (le prestazioni della Fiorentina di quest'anno

toglierebbero l'entusiasmo anche a un bambino in una fabbrica di caramelle),

però c'è qualcosa nell'aria che fa ben sperare: il tentativo di ritrovare

quello spirito di comunità che fa sentire parte di un unico mondo club,

allenatore, squadra, tifosi e città. Ci voleva l'arrivo della Vecchia Signora

in bianconero per risvegliare l'orgoglio viola, ci vorrà una vera impresa

perché i tifosi non ricadano nuovamente nell'oblio disincantato (e deluso).

Questa sera la Fiorentina ha l'occasione per iniziare una nuova fase (in

campionato e nei rapporti con la città): Delio Rossi e i calciatori — a

leggere le dichiarazioni della vigilia — ne sono consapevoli. Ora tocca al

campo dimostrarlo. Vincere contro la Juventus ancora imbattuta ridarebbe

fiducia a tutti, dando il via nel migliore dei modi a quel processo di

rinnovamento che in estate dovrebbe gettare le basi per un nuovo ciclo. I

tifosi non aspettano altro, anche per gettare in aria le parrucche e ritornare

a pensare a come tingere di viola curve e tribune, magari — chissà — più

comode di quelle pur gloriose del Franchi. Vale la pena provarci, almeno.

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Inviato (modificato)

La Lega di A batte un colpo:

via libera al contratto collettivo dei calciatori

di MARCO BELLINAZZO dal blog Calcio & business (Il Sole 24 ORE.com 17-03-2012)

La Lega batte un colpo e accelera sulla firma dell'accordo collettivo con i

calciatori di serie A. Quello su cui le società e l'Aic si erano scontrati lo

scorso anno fino a far saltare per sciopero (o serrata, dipende dai punti di

vista) la prima giornata di campionato. Per far partire il torneo era stato

siglato un accordo "ponte" valido fino al 30 giugno 2012. I club ora intendono

siglare in tempi brevi il rinnovo e avere una base contrattuale più flessibile

per il prossimo triennio. Almeno questo ha annunciato il presidente della Lega

Maurizio Beretta.

Sì al contratto. "Credo che già all'inizio della prossima settimana

incontrerò Tommasi e arriveremo alla ratifica del testo definitivo con l'Aic",

ha detto Beretta. L'assemblea dei presidente ha dato l'ok alla firma

dell'accordo con i calciatori ma non ha effettuato le elezioni previste

all'ordine del giorno per le cariche di Vice Presidente e di Consigliere di

Lega. Ma in compenso è stato prolungato di tre anni il contratto di

sponsorizzazione di tutte le competizioni organizzate dalla Lega Serie A con

Tim, partner istituzionale dal 1998, migliorando il valore del precedente

accordo biennale.

No agli stage per la Nazionale. Per quanto riguarda gli stage chiesti

da Prandelli ad aprile l'Assemblea, all'unanimità, pur comprendendo le esigenze

della Nazionale, ha deciso che non sarà possibile mettere i giocatori a

disposizione per ulteriori allenamenti poiché il campionato, con un calendario

già affollato, si avvicina ad una fase delicata, ricca di impegni e decisiva

della stagione. "I Presidenti sono stati costretti a dire di no - ha spiegato

Beretta - certo nessuno vuole anneggiare la Nazionale e la nostra risposta non

va interpretata come mancanza di attenzione per la squadra azzurra. Il

problema é un calendario intensissimo e non potevamo fare diversamente a

quattro-cinque giornate dalla fine del campionato".

Modificato da Ghost Dog

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SPY CALCIO di Fulvio Bianchi (Repubblica.it 17-03-2012)

Stages, lo schiaffo a Prandelli

E se va alla Juve o all'Inter ?

A difesa della Nazionale (di calcio) e del suo ct, Cesare Prandelli, oggi è

intervenuto il n.1 dello sport, Giovanni Petrucci. "E' sbagliato dire no agli

stage della nazionale e questa decisione non può passare sotto silenzio''. La

decisione, come noto, è stata presa, all'unanimità, dai venti presidenti di

serie A: e pensare che il ct non chiedeva certo la luna, ma solo tre giorni

(due notti a Coverciano) ad aprile per gli stages, quando ci sono le

semifinali di Champions League (e il Milan, se come ci auguriamo fosse ancora

in corsa, potrebbe essere esentato). Niente da fare, i club della Nazionale se

ne infischiano altamente degli azzurri e dei loro impegni europei: è solo un

fastidio, e se fosse per Aurelio De Laurentiis, non darebbe nemmeno i suoi

giocatori per le partite amichevoli. "Sono certo - ha aggiunto - che i

presidenti più saggi possano ritornare sull'argomento e rivedere la loro

posizione negativa parlando con Abete e Prandelli e trovando una soluzione per

le esigenze del Club Italia. La Nazionale è sempre stata e deve rimanere il

valore più alto di un intero movimento e anche per questo auspico che si

intensifichi il dialogo tra Prandelli e i tecnici di club per individuare

quelle sinergie necessarie al supremo interesse del calcio italiano''. Abete

se l'aspettava questa presa di posizione dei club, da tempo ormai in rotta con

la Figc, e Prandelli l'ha digerita male. Il ct ha sempre ripetuto che il suo

mondo è il campo di calcio, e il lavoro del selezionatore azzurro, pur

avendolo fatto nel migliore dei modi, non l'ha mai convinto del tutto. Il suo

sogno è tornare sulla panchina di qualche club. E' vero che ha il contratto

con la Figc sino al 2014 ma non mi stupirei se a fine stagione, dopo gli

Europei (che ovviamente spera di vincere...) dovesse andare via e approdare ad

un club di prestigio. Quale? La sua Juventus è il sogno dei sogni (con Lippi

come direttore tecnico) ma a questo punto entra in ballo anche l'Inter. . .

Lotito e il tribunale di Roma: che fa adesso Palazzi?

Claudio Lotito, presidente della Lazio, non si arrende: è stato sospeso da

qualsiasi carica dirigenziale, tranne quella del suo club, e dopo aver perso

il ricorso all'Alta corte di giustizia presso il Coni ora si è rivolto al

tribunale di Roma chiedendo, in base all'ex art. 700, la sospensione della

decisione. Così facendo ha infranto "la clausola compromissoria": che farà

adesso il superprocuratore Stefano Palazzi? Lo deferirà magari fra due anni

visti i suoi tempi "rapidi"? O la Figc farà finta di niente? In caso di

sconfitta davanti al tribunale, Lotito comunque non potrebbe entrare nemmeno

in consiglio di Lega (come invece scrive qualcuno che non conosce le norme...),

mentre il suo posto nel governo del calcio (decisione il 20 aprile, a

stagione quasi chiusa) potrebbe essere preso pare non più da Campoccia

dell'Udinese ma magari da Andrea Agnelli che con la Figc è in guerra aperta e

che ha chiesto ad Abete qualcosa come 444 milioni di danni....

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SPORTWEEK

17-03-2012

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UFFICIO DI GENE di GENE GNOCCHI (SPORTWEEK 17-03-2012)

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Inviato (modificato)

Il caso Ulteriori verifiche dei magistrati sul possibile raggiro ai danni del dg Baldini e del consigliere Baldissoni

Roma, nelle radio spopola il complotto

di LAVINIA DI GIANVITO & GIANLUCA PIACENTINI (CorSera 18-03-2012)

ROMA — Altro che partita (domani sera) contro il Genoa. Nelle radio romane (e

romaniste) spopola il complotto. Quello contro il direttore generale Franco

Baldini e il consigliere d'amministrazione Mauro Baldissoni, scelti dai

nostalgici della vecchia gestione per colpire la nuova. Una sorta di vendetta

trasversale a cui — ipotizza la procura — oltre agli indagati ormai noti

avrebbero partecipato altri «esclusi» dalla proprietà made in Usa. Per

stabilire quanti soggetti abbiano condiviso il piano, i magistrati hanno

disposto ulteriori verifiche e stanno valutando se interrogare i quattro già

accusati di diffamazione: il giornalista (ex Messaggero) Roberto Renga, il

figlio Francesco e due voci radiofoniche, Giuseppe Lomonaco e Mario Corsi,

«Marione». Il gruppo avrebbe tentato, senza riuscirci, di veicolare a due

quotidiani «notizie scottanti» ricevute via sms: «Baldini e Baldissoni sono

massoni e fanno la cresta sul calciomercato». «Roba da fantascienza — si

accalora Maurizio Costanzo — mi sembra tutto abbastanza incredibile». Gli

indagati si difendono e minacciano querele. «Io vado a dormire tranquillo —

precisa Renga —. Non ho mai pensato di truffare la Roma». La radio Centro

suono sport annuncia che Corsi e Lomonaco si sono autosospesi, «non certo per

le gravi insinuazioni mosse nei loro confronti», ma «per non «prestare il

fianco agli attacchi mediatici». E scende in campo pure Luis Enrique: «È una

cosa brutta — osserva — in Spagna non mi è mai capitata».

___

Inchiesta L’ipotesi di «infangare» Baldini e Baldissoni per colpire la società

Tentata truffa alla Roma

È la vendetta degli «esclusi»

Presto gli interrogatori. Il ruolo della nuova proprietà

di LAVINIA DI GIANVITO (CorSera - Roma 18-03-2012)

Infangare Franco Baldini e Mauro Baldissoni per colpire i nuovi titolari della

As Roma. Tentando, senza riuscirci, di far pubblicare le notizie diffamatorie

da due quotidiani. Alla vendetta trasversale ideata dai nostalgici della

precedente gestione avrebbero partecipato, insieme agli indagati già noti,

anche altri «esclusi» dalla proprietà made in Usa. È l'ipotesi della procura,

che adesso vuole verificare quanti soggetti, e con quali ruoli, abbiano

condiviso il tentativo di diffondere false notizie sul d. g. Baldini e

sull'avvocato Baldissoni, membro del cda del club.

Nei prossimi giorni dunque potrebbe aumentare il numero degli indagati, che

finora sono il giornalista (ex Messaggero) Roberto Renga, il figlio Francesco

e due voci radiofoniche, Giuseppe Lomonaco e Mario Corsi, noto come «Marione».

Sarebbero loro gli autori del «complotto» - su cui la As Roma preferisce

tacere - sventato dalla «Iena» Paolo Calabresi. L'accusa per i quattro è di

diffamazione e la procura sta valutando se interrogarli a breve. Il contatto

tra Renga e Calabresi risale alla vigilia dell'ultimo derby. Il giornalista

avvicina la «Iena» e gli racconta che ha in mano documenti scottanti, con cui

è in grado di rovinare Baldini e Baldissoni. Sostiene di poter dimostrare che

i due sono massoni e che truccano la compravendita dei giocatori per

guadagnarci su. Nell'incontro Renga mostra a Calabresi due foglietti scritti a

mano e gli spiega che sono la trascrizione di sms contenenti la «verità» sul

dg e sull'avvocato. Il «dossier» però è confezionato così malamente che la

«Iena» non ci casca. Anzi, registra la conversazione senza che il giornalista

se ne accorga e denuncia la manovra alla Digos. Dalle indagini emerge che

Renga ha dei soci. E quando scattano le perquisizioni e i sequestri la polizia

scopre ciò che le era già chiaro: in mano al giornalista ci sono solo miseri

falsi fabbricati in casa.

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Le radio L’etere romano dominato dalla vicenda che vede coinvolti alcuni noti commentatori

Marione si autosospende e Renga minaccia querele

di GIANLUCA PIACENTINI (CorSera - Roma 18-03-2012)

Per tutta la giornata di ieri nelle radio romane (e romaniste) si è parlato

poco della gara di domani sera contro il Genoa e molto della vicenda che ha

per protagonisti Franco Baldini e Mauro Baldissoni (rispettivamente d. g. e

membro del cda della Roma), che hanno denunciato un tentativo di truffa da

parte dei giornalisti Roberto Renga (e suo figlio Francesco), Giuseppe

Lomonaco e il conduttore radiofonico Mario Corsi, tutti iscritti nel registro

degli indagati. I protagonisti della vicenda - ad eccezione della Roma, che

non farà alcun tipo di commento finché ci saranno delle indagini in corso -

ieri hanno fatto sentire la loro voce.

«Io vado a dormire tranquillo - è il pensiero di Roberto Renga, ex cronista

del Messaggero, dai microfoni di Radio Radio - non mi è mai passato per la

testa di usare la mia professione se non per motivi professionali. Non ho mai

pensato di truffare la Roma. Ero abituato per altri motivi a finire sui

giornali. Ma solo su una testata è uscito il mio nome. Si saprà al momento del

dibattimento quello che è realmente accaduto».

Mario Corsi e Giuseppe Lomonaco, invece, «hanno scelto di auto sospendersi -

si legge in una nota pubblicata sul sito internet dell'emittente Centro Suono

Sport - dai loro impegni professionali non certo per le gravi insinuazioni

mosse nei loro confronti, ma per permettere che vengano intraprese tutte le

azioni nelle opportune sedi. La scelta è rivolta anche alla volontà di non

prestare il fianco ad attacchi mediatici privi di alcun riscontro e

fondamento». E minaccia querele anche Roberto Renga. «Carlo Bonini e il suo

giornale risponderanno di quello che hanno pubblicato». Sulla questione è

intervenuto anche Luis Enrique in conferenza stampa: «È una cosa brutta, in

Spagna non mi è mai capitata. Ma si tratta di un tema su cui sta lavorando la

magistratura, non voglio e non posso parlarne».

«Roba da fantascienza - il commento di Maurizio Costanzo - e forse sarebbe

meglio tornare a parlare solo di calcio. Mi sembra tutto abbastanza

incredibile e spero che le indagini in corso chiariscano tutto. Io non sento

le radio romane ma mi raccontano che fanno il bello e il cattivo tempo. Penso

che possiamo discutere di tutto quello che ci pare sul calcio, però cerchiamo

di non andare nella fantascienza e nella fantapolitica. Cerchiamo di non

parlare di cose che non siano attinenti al calcio giocato. Mi sembra che siano

dei diversivi per distrarre l'attenzione».

___

IL CASO LO SPEAKER SI AUTOSOSPENDE. INDAGATO ANCHE UN NOTO GIORNALISTA

Nel complotto sulla Roma

l'inchiesta si allargherà

di ALESSANDRO CATAPANO (GaSport 18-03-2012)

Questa storiaccia della macchina del fango all'amatriciana allestita contro

Franco Baldini, Walter Sabatini, Mauro Baldissoni e la Roma, stanata da

un'indagine della Digos prima che potesse riscuotere successo in una città

solitamente assai credulona, probabilmente riuscirà a fare un po' di pulizia

in un ambiente diventato tossico e, forse, pure pericoloso. Ci vorranno mesi,

ma può essere la volta buona.

Domande Quanto ci vorrà, invece, perché la Procura di Roma raccolga tutti gli

elementi di questa storia di cui, probabilmente, il vero protagonista è ancora

ignoto? C'è un mandante? Chi voleva il male della Roma, in particolare di

Baldini? Chi ha «armato» i diffamatori? Chi ha fornito loro presunte

intercettazioni con riferimenti alla massoneria che avrebbero dovuto

«sputtanare» Baldini e compagni? Domande al vaglio della Procura, che spera di

capirne qualcosa di più la prossima settimana, quando scatteranno i primi

interrogatori. Non è escluso che l'indagine si allarghi ad altri membri della

stessa «cricca» romana né che ai reati di diffamazione e truffa si aggiunga

quello di estorsione. Le indagini della Digos hanno inchiodato i maldestri

tentativi dei protagonisti, ma non chi li ha messi insieme, anche perché

qualcuno mentre si indagava ha mangiato la foglia e ha preso le contromisure.

Protagonisti Al momento, risultano indagati il giornalista Roberto Renga,

storica firma de Il Messaggero oggi in pensione, il figlio Francesco, lo

speaker radiofonico Mario Corsi e il suo collaboratore Giuseppe Lomonaco.

Quantomeno curioso il percorso del Corsi: ex militante dei Nar con numerosi

precedenti penali, ex capo del gruppo ultrà Boys, da anni popolare voce

radiofonica, un tempo punto di riferimento della famiglia Sensi e di numerosi

calciatori. Cosa pensa oggi chi per anni gli ha dato tanta legittimità? Ieri

il personaggio in questione si è autosospeso, mentre Roberto Renga si è

dichiarato vittima di un complotto che lo fa «temere per me e la mia famiglia».

La chiave E dire che questa storiaccia non sarebbe uscita fuori senza il

ruolo dell'inviato delle «Iene» Paolo Calabresi. È lui, romanista e buon amico

di Mario Corsi, che viene contattato dalla cricca che vuole «vendergli» la

storia, è lui che sente subito puzza di bruciato, è sempre lui che si rivolge

a Franco Baldini avvisandolo, e di fatto avviando le indagini della Digos. Le

riprese di Renga e Corsi fatte da Calabresi con la telecamera nascosta sono

diventate materiale d'indagine. Vederle, probabilmente, farebbe più piangere

che ridere. Buon per Franco Baldini che sia lontano da tutto questo. Oggi, a

Orlando, in Florida, chiuderà l'accordo con la Disney. Per fortuna la Roma

esiste anche fuori dal raccordo anulare.

___

INDAGATI GIORNALISTI E CONDUTTORI

PATACCHE E VENDETTE

NEL PALLONE ROMANO

di LUCA DE CAROLIS (il Fatto Quotidiano 18-03-2012)

Una storia in bilico tra il ridicolo e l'inquietante. Fatta di un presunto

dossier e veleni atavici, in una città dove il pallone trascina con sé

sospetti e interessi oscuri. La certezza, in un nugolo di ombre tutte da

verificare, è che la Digos indaga su un tentativo di dossieraggio ai danni di

Franco Baldini, direttore generale della Roma, e Mauro Baldissoni, avvocato e

membro del cda del club. A tentare di diffondere il dossier, composto da

trascrizioni di presunte intercettazioni telefoniche, sarebbero stati il

giornalista Roberto Renga, già a Paese Sera e al Messaggero, il figlio

Francesco e due conduttori radiofonici: Mario Corsi, detto Marione, con un

passato nei Nar, e Giuseppe Lomonaco. Tutti e quattro indagati dalla procura

di Roma per diffamazione (ma Renga parla di una diversa imputazione). La

vicenda inizia con l'incontro tra Paolo Calabresi delle Iene e Renga. Il

giornalista aveva avvicinato Calabresi per proporgli le trascrizioni di sms

tra Baldini e Baldissoni. Intercettazioni che avrebbero dimostrato la

vicinanza dei due dirigenti a logge massoniche, fornendo ampie informazioni

sull'attività e gli interessi di entrambi. Calabresi ha registrato il

colloquio, poi finito sul tavolo della Digos, tramite un esposto. Altro punto

fermo: lo stesso materiale presentato a Calabresi era stato poi proposto da

Renga, Corsi e Lo Monaco al Fatto Quotidiano, che l'aveva scartato come privo

di fondamento.

NEI GIORNI scorsi l’avvio dell'inchiesta, coordinata dal procuratore Giancarlo

Capaldo. Gli inquirenti hanno perquisito case e luoghi di lavoro degli

indagati, che avrebbero portato al sequestro delle presunte intercettazioni. I

quattro verranno ascoltati nei prossimi giorni. Secondo l'Ansa, l'inchiesta

potrebbe presto estendersi ad altre persone, legate alla passata gestione

della Roma: tutte “tagliate”, nel passaggio del club della famiglia Sensi agli

americani. Il sospetto della procura, insomma, è che dietro le intercettazioni

ci sia una vendetta. Ieri il Fatto ha parlato con Renga, che assicura: “Mi

sento assolutamente pulito, se avessi tentato di vendere roba del genere sarei

stato stupido e delinquente. L'autorità giudiziaria chiarirà tutto”. Il

giornalista conferma di aver mostrato le intercettazioni a Calabresi e al

Fatto : “Ma ho subito precisato che non poteva essere utilizzato così com'era:

al limite si poteva usare per un'inchiesta sul calcio, togliendo nomi e numeri

di telefono”. E aggiunge: “Appreso che Calabresi aveva registrato il nostro

colloquio, mi sono rivolto all'Ordine per chiedere tutela legale. Allo stato

sono indagato per ricettazione”. A Radio Radio, Renga aveva fornito ulteriori

dettagli: “Tutto nasce da un documento che ho ricevuto, e che non è

assolutamente nè falso nè scritto a mano. Mi ha molto inquietato perchè

conteneva riferimenti precisi che mi hanno fatto preoccupare per la mia

famiglia”. Quanto a Calabresi, “mi ha cercato lui per un servizio. Vado a

dormire tranquillo, spero lo possa fare anche chi registra film di nascosto e

ha un figlio che gioca nella Roma (Calabresi, ndr)”.

Il Fatto ha provato a sentire anche Lomonaco e Corsi, senza esito. I due,

conduttori di programmi sull'emittente Radio Centro Suono Sport, hanno emesso

un comunicato, in cui annunciano “di autosospendersi dai loro impegni

professionali non certo per le gravi insinuazioni mosse nei nostri confronti,

ma per permettere che vengano intraprese tutte le azioni nelle opportune sedi.

Una scelta rivolta anche alla volontà di non prestare il fianco ad attacchi

mediatici privi di riscontro e fondamento”. Sconcertato il tecnico della Roma,

Luis Enrique: “Tutto questo è brutto, bruttissimo, e mi dispiace che sia

capitato a persone per bene con cui lavoro. In Spagna non è mai successo

questo”.

___

IL CASO I magistrati lavorano sui dossier realizzati per danneggiare il dg giallorosso Baldini e il consigliere Baldissoni

Roma,la truffa si allarga

La Procura interrogherà i quattro indiziati e indaga su altri

Gli inquirenti vogliono capire se alla creazione dei falsi documenti

hanno partecipato più persone legate alla vecchia proprietà del club

di VALENTINA ERRANTE (Il Messaggero 18-03-2012)

ROMA - Potrebbero essere convocati nei prossimi giorni in procura i quattro

giornalisti accusati di avere confezionato un finto dossier per danneggiare la

Roma. Sul registro degli indagati, con l’ipotesi di diffamazione, sono finiti

i nomi del giornalista Roberto Renga, del figlio Francesco e di due conduttori

radiofonici, Giuseppe Lo Monaco e Mario Corsi, voce della Roma e noto ai

giallorossi, e non solo, come «Marione».

Gli inquirenti potrebbero decidere di interrogarli per chiarire come sia nata

l’iniziativa e perché siano stati creati quei documenti. I primi accertamenti

hanno consentito di recuperare le false trascrizioni di alcuni sms e, nel

cellulare di uno degli indagati, una foto che riproduceva il dossier taroccato.

Il materiale finito sotto accusa riguarda la squadra ma, in particolare, il

direttore generale Franco Baldini e il consigliere di amministrazione Mauro

Baldissoni, ai quali venivano attribuiti rapporti con la massoneria e presunti

affari personali nell’ambito del calcio mercato. E anche loro, le vittime,

potrebbero a breve essere convocate dai pm per raccontare quali rapporti

avessero con i presunti truffatori e il movente per il quale avrebbero voluto

danneggiarli. Ma intanto l'inchiesta, coordinata dal procuratore reggente

Giancarlo Capaldo e dal pm Paola Filippi, potrebbe anche allargarsi. Gli

inquirenti vogliono stabilire se i quattro abbiano agito da soli o se a

confezionare quel dossier, evidentemente falso, ci fossero anche altri. Perché

nella creazione dei documenti, che gli indagati avrebbero tentato di mettere

in circolazione, potrebbero essere coinvolti anche altri soggetti un tempo

legati alla gestione della famiglia Sensi e ora esclusi dai nuovi proprietari.

Personaggi che non si sarebbero arresi all’idea di essere tagliati fuori dai

giochi. Le posizioni di queste persone saranno esaminate nei prossimi giorni.

Il sospetto è che la paternità dell’iniziativa possa essere attribuita a un

gruppo di scontenti, che non avrebbero accettato le scelte dell’attuale

proprietà della Roma calcio. Personaggi pronti a danneggiare, con documenti

contraffatti Baldini e Baldissoni.

L’indagine della procura è partita proprio da una denuncia presentata dalla

società alcune settimane fa, dopo il tentativo di Roberto Renga di rifilare

alla «Iena» Paolo Calabresi il materiale sui vertici del club. Renga avrebbe

sostenuto di possedere la trascrizione di alcuni sms di Baldini e Baldissoni.

Documenti scritti a mano dai quali sarebbe emerso che i due dirigenti

giallorossi erano legati alla massoneria e avrebbero fatto affari con le

operazioni di calcio mercato. I documenti finiti sotto accusa sono già stati

sequestrati dalla Digos. Ma intanto Renga afferma: «Io vado a dormire

tranquillo».

___

Roma sotto attacco: l’inchiesta si allarga

Presto nuovi interrogatori degli inquirenti che hanno definito «falso» il dossier su Baldini & Co.

Il caso Quattro al momento gli iscritti nel registro degli indagati ma sarebbero coinvolte anche altre persone

di TIZIANO CARMELLINI (IL TEMPO 18-03-2012)

L’inchiesta si allarga e nel calderone del Procuratore capo reggente di Roma

Giancarlo Capaldo finiscono altri nomi: e non tutti legati «solo» al mondo dei

media romani.

Il dossier che i «soliti noti» stavano preparando per screditare il direttore

generale della Roma Franco Baldini e il Consigliere di Amministrazione

giallorosso avvocato Mauro Baldissoni, è risultato totalmente falso e dopo le

perquisizioni dei giorni scorsi (irruzione in casa di uno dei giornalisti

coinvolti e nella sede della radio nella quale uno degli indagati conduce un

programma), nella prossima settimana gli inquirenti dovrebbero iniziare ad

ascoltare i diretti interessati e anche i due dirigenti giallorossi come

«parti offese».

Al momento, secondo quanto risulta all’agenzia Ansa, sarebbero quattro i nomi

iscritti nel registro degli indagati: Roberto Renga (che si dice «tranquillo e

pronto a querelare tutti coloro che lo stanno screditando») giornalista in

pensione con una lunga carriera partita a Paese Sera e conclusa al Messaggero,

il figlio Francesco (avvocato), il conduttore radiofonico Mario Corsi (negli

ambienti del tifo romanista conosciuto meglio come «Marione», che su Centro

Suono Sport conduce il programma «Te la do io Tokyo») e il giornalista, a lui

riconducibile, Giuseppe Lomonaco. Gli inquirenti sospettano che nella vicenda

possano essere coinvolti altri soggetti un tempo legati alla gestione della

famiglia Sensi ed ora «esclusi» dai nuovi proprietari. E anche queste

posizioni saranno esaminate nei prossimi giorni.

Oltre all’accusa per diffamazione e truffa, ora si starebbe indagando anche

su un presunto tentativo di estorsione. Non ci sarebbero però filmati tra gli

elementi raccolti dagli inquirenti, ma molto materiale scritto, che

mostrerebbe come gli indagati cercavano di screditare Baldini & Co. . In

particolare, secondo quanto risulta agli inquirenti, Roberto Renga avrebbe

avvicinato la «iena» Paolo Calabresi sostenendo di possedere documenti, in

particolare trascrizione di sms compilati a mano, dai quali emergerebbe che i

due dirigenti giallorossi sono massoni e che ci sarebbe una sorta di «cresta»

sulle operazioni di calcio mercato. Materiale ritenuto infondato e sequestrato

dalla Digos che nelle prossime ore potrebbe far partire altre perquisizioni.

Ovvio come, con l’inchiesta ancora in corso, la Roma «ufficialmente» non

parli, così come i suoi dirigenti (Baldini è di ritorno dagli States dove ha

chiuso l’accordo con Disney, annuncio atteso oggi) che si sono messi a

completa disposizione degli inquirenti. La domanda che rimbalza nell’ambiente

giallorosso è: perché? Probabilmente perché la Roma, ora «ripulita» da debiti

e in via di ristrutturazione totale, è tornata a far gola. O forse riemergono

vecchie ruggini dal passato di qualche personaggio che già ha avuto a che fare

con Baldini in un’aula di tribunale e che non si è dato ancora per vinto.

Incredulo il tecnico giallorosso Luis Enrique sulla vicenda: «È brutto - ha

detto - mi dispiace che coinvolga persone con cui lavoro ma non voglio

parlarne. In Spagna non è mai successo».

___

CALCIO E VELENI di MARCO CIAFFONE & GIUSEPPE SCARPA (la Repubblica - Roma 18-03-2012)

Falso dossier sulla Roma,

l´inchiesta si allarga

Vittime e indagati in procura. Al centro delle indagini gli scontenti della nuova gestione

Uno degli indagati per diffamazione, il giornalista Roberto Renga ha detto «di

dormire sonni tranquilli». Eppure le indagini della procura e della Digos sul

falso dossieraggio ai danni del dg giallorosso, Franco Baldini, e del

consigliere di amministrazione, Mauro Baldissoni, sembrano essere a un buon

punto. I primi riscontri per dimostrare la falsità dei documenti secondo cui,

oltre a essere massoni i due farebbero anche la cresta sulla vendita dei

calciatori, sono già stati trovati dagli inquirenti (infatti sono state

recuperate le false trascrizioni e nel cellulare di uno degli indagati una

foto che ritraeva gli stessi falsi). Accertamenti che si potrebbero allargare.

Non solo il giornalista, il figlio Francesco, Giuseppe Lomonaco e Mario Corsi,

ma anche altri personaggi legati alla vecchia società. Gente che è stata

estromessa dalla nuova dirigenza e che non si sa rassegnare. Sarebbe questo il

movente del dossieraggio "alla vaccinara". La settimana prossima gli indagati,

ma anche Baldini e Baldissoni, potrebbero essere sentiti dal procuratore

reggente Giancarlo Capaldo e dal pubblico ministero Paola Filippi.

Mentre chi dorme sonni tranquilli lancia sgradevoli minacce a Paolo Calabresi,

la "Iena" che avrebbe svelato la truffa, Corsi e Lomonaco si sono autosospesi

dalle loro trasmissioni radiofoniche e hanno dato mandato ai loro avvocati di

occuparsi della situazione. E la nuova Roma sceglie il silenzio e aspetta che

la conclusione dell´inchiesta che la vede parte lesa. L´unico a parlare è

stato l´allenatore Luis Enrique: «È brutto, bruttissimo, e mi dispiace che sia

capitato a persone per bene con cui lavoro. In Spagna non è mai successo

questo». Ma a Roma, si sa, il calcio non è solo calcio. Da troppo tempo.

-------

Le reazioni

Come un terremoto tra i tifosi

“Una roba da fantascienza”

Marione: non so di che si parla, situazione incredibile

È un terremoto per la tifoseria romanista la notizia della tentata truffa e

diffamazione ai danni di due dei massimi dirigenti del club, il ds Franco

Baldini e l´avvocato del cda, Mauro Baldissoni. I fan giallorossi si dividono

sul fatto che, tra gli indagati, ci sia anche il romanista di lungo corso

Mario Corsi, per tutti "Marione", lo speaker della radio giallorossa più

seguita.

C´è chi si erge a strenuo difensore di Corsi, una voce legata alle gioie

delle vittorie come alla ricerca di consolazioni quando le cose non vanno

bene. E allora le prove di quanto "spifferato" da Marione sarebbero nelle

«assurde cessioni» dell´ultimo mercato estivo, nell´aver regalato calciatori

di livello ai concorrenti per pochi soldi, o anche solo nel non aver mai visto

chi davvero si nasconde dietro alla cordata che fa capo a Thomas DiBenedetto.

Dall´altra parte del ring chi, anche rivangando le vecchie grane giudiziarie

di Corsi, giudica lo speaker «da sempre un pallonaro, buono solo a prendere in

giro i tifosi veri». Come Luciano, che si sfoga sul web: «Qualcuno non aveva

ancora capito che la nuova dirigenza non avrebbe regalato prosciutti a Natale,

e che i fortissimi interessi personali di Renga e Corsi nella Roma adesso sono

da mettere da parte per la prima volta?». Una posizione condivisa sulle

frequenze delle radio sportive capitoline, da chi per esempio sostiene che

questa sia l´occasione per fare piazza pulita di «speaker che alzano troppo la

voce». O c´è infine chi pensa che alla fine tutta la vicenda è «semplicemente

una bolla di sapone». Il calcio è fatto anche di questo, di opinioni

contrastanti su una vicenda sulla quale a far luce sarà la magistratura e non

la curva Sud.

Nel frattempo il diretto interessato, Mario Corsi, annuncia in diretta la

decisione di autosospendersi dalla conduzione del programma "Te la do io

Tokyo": «È la cosa più incredibile che è successa nella mia vita». Poi si

difende e, nel botta e risposta con Giuseppe Lomonaco, suo compagno di

trasmissione, ricorda un episodio risalente «ai primi anni di Franco Sensi,

l´arrivo della Digos mentre noi criticavamo la Roma in modo feroce. Ora stiamo

criticando la Roma nella stessa maniera e mi arriva questa cosa incredibile.

Più che ridere non posso fare». Poi spiega incredulo che «Capaldo è una delle

persone più importanti della procura di Roma», che la Digos «è

l´antiterrorismo», che lui stesso, secondo le ricostruzioni di stampa, sarebbe

«coinvolto nell´attività ai danni della squadra: rimango veramente allibito,

l´unica difesa che posso fare è dire la verità su quello che è successo, però

al giudice. Per il resto sono rimasto come un coglionazzo».

A sorprendersi per tutta la vicenda è anche il tifoso giallorosso Maurizio

Costanzo: «Roba da fantascienza, forse sarebbe meglio tornare a parlare solo

di calcio. Mi sembra tutto abbastanza incredibile».

-------

La replica

Renga sereno

"Io dormo tranquillo"

«Io vado a dormire tranquillo, non mi è mai passato per la testa di usare la

mia professione se non per motivi professionali». Così il giornalista Roberto

Renga, il cui nome è finito tra gli indagati per tentata truffa e diffamazione

ai danni della Roma, replica attraverso le frequenze di Radio Radio. «Ho letto

ricostruzioni da film comico, ma le cose sono molto diverse e la magistratura

presto lo farà sapere. Ho letto di estorsioni, ricatti, che avrei chiesto

soldi alla Roma...Non ho mai pensato di truffare la Roma. È risibile pensare

questo, non ho bisogno di ricattare o rubare». Renga ha spiegato che «tutto

nasce da un documento che ho ricevuto, e che non è assolutamente né falso né

scritto a mano, e che mi ha molto inquietato perché conteneva riferimenti

precisi che mi hanno fatto preoccupare per la mia famiglia». Infine la "Iena",

Paolo Calabresi: «Ho letto che lo avrei cercato: non è vero, mi ha cercato lui

per un servizio, abbiamo avuto un colloquio in cui gli ho mostrato il

documento che ha registrato e filmato. Io vado a dormire tranquillo, spero lo

possa fare anche chi registra film di nascosto e ha un figlio che gioca nella

Roma».

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«La A si salva con gli stadi»

ERBETTA «Provammo 10 anni fa con la Lazio, la Juventus è arrivata per prima»

di STEFANO SALANDIN (Tuttosport 18-03-2012)

Buongiorno Emanuele Erbetta, cominciamo con il chiarire un aspetto

preliminare. Lei è novarese, ma tifoso dell’Inter: giusto?

«Non proprio. La frequentazione dell’Inter è stata una parentesi legata

all’amicizia con Giacinto Facchetti...».

Facchetti? Le parlò mai dei suoi sospetti che sarebbero poi sfociati

in Calciopoli?

«Francemente no... Parlavamo di calcio in generale e del lavoro comune. Però,

appunto, scomparso Facchetti anche l’interesse per l’Inter è scemato quasi del

tutto ed è rimasto quello per il Novara».

Ecco, qualcuno potrebbe obiettare: troppo facile, ora che sta in A. . .

«E sbaglierebbe di grosso: sono tra coloro che frequentavano con assiduità lo

stadio anche quando si giocava in C».

Quando va allo stadio prevale la mentalità del manager attento ai

bilanci oppure quella del tifoso?

«Per carità, lo stadio è puro svago. Mi affascina il calore che la squadra

trasmette alla città, il senso di identità che si crea. Poi, certo, alcune

cose è inevitabile non notarle...».

Per esempio?

«La differenza di organizzazione che è necessaria per fare calcio a certi

livelli: lo si intuiva già tra la Lega Pro e la B, ma in A c’è davvero un

abisso».

Il suo potrebbe essere uno dei casi che hanno fatto litigare in lega

sulla spartizione dei diritti tv. Ballano parecchi soldi nella

distinzione tra “tifoso” e “sostenitore”: lei avrebbe risposto Inter o

Novara?

«Novara, Novara... Ma più che altro, come tifoso, mi aspetterei un’altra cosa

dai soldi che le società incassano per i diritti tv».

Che cosa?

«Che vengano spesi bene, ma per rinforzare la squadra».

Quindi lei giustifica coloro che si lamentano perché i presidenti non

spendono e che contestano le logiche del fair play finanziario?

«Beh, ha una logica pretendere che i club si rafforzino, che migliorino

obiettivi e qualità dei giocatori. Però ci deve essere anche una logica

imprenditoriale che superi quella del mecenatismo».

Club sempre più simili ad aziende?

«Certo. Che non dipendano solo dalle ricapitalizzazioni dei presidenti, che

differenzino le entrate, che migliorino gli asset».

Lei ha il compito di sistemare i conti di Fondiaria Sai che ha chiuso

il bilancio con un rosso di 1,03 miliardi di euro, ma la serie A se la

passa pure peggio: 1.550 milioni di debiti: può andare avanti

un’azienda con tali passivi?

«Sì, ma se ci sono asset a garanzia. Il problema, nel calcio italiano, è

proprio questo».

Gli asset, in buona sostanza, sono i beni, le strutture: nel caso del

calcio gli stadi...

«Esatto. Anche club come Real Madrid o Barcellona sono indebitati, però hanno

sviluppato una maggior capacità di generare profitti e, soprattutto, sono

proprietarie di stadi e cittadelle sportive. Noi, come gruppo, fummo i primi a

progettare uno stadio con gli azionisti della Lazio (nel 2001, con l’allora

patron Cragnotti, ndr), ma non se ne fece nulla. Siamo ancora lontani dagli

equilibri della Bundesliga, ma da allora qualcosa s’è mosso e ci sono club che

lavorano bene».

Quali?

«Il Novara, per esempio. Novarello è un asset importante che crescerà ancora,

c’è attenzione ai parametri economici dei calciatori e un altro aspetto che mi

interessa molto: l’attenzione al sociale e la crescita dei giovani. A

Novarello risiedono già 20 ragazzi delle giovanili: mi dicono che Vinovo la

Juventus ne ospita una quarantina e quindi il risultato è ottimo, per un club

di provincia».

Ecco: la Juventus uno stadio se l’è costruito...

«E quella è un’ottima strategia industriale ed è la strada da seguire. Oltre

che far bene ai conti e a rappresentare un volano economico, lo stadio di

proprietà fa aumentare il senso di identificazione tra squadra e tifosi».

I tifosi sono clienti?

«In un certo senso sì, anche se a loro si vendono emozioni. Noi, ai nostri

clienti, vendiamo sicurezza, ma alla fine bisogna seguire le stesse strategie:

essere chiari e mantenere le promesse».

I manager rischiano quanto gli allenatori?

«Mah - sorride - qualche analogia c’è... Quando ho letto degli avvicendamenti

tra Tesser e Mondonico, e viceversa, si coglie qualche similitudine: certe

volte le scelte non sono popolari, ma un club deve tener conto dell’efficienza

e dei risultati».

E’ d’accordo con la decisione di Monti di non presentare la

candidatura olimpica di Roma?

«Più che in disaccordo, non ne sono contento. Capisco le difficoltà

contingenti, però dopo i tagli bisogna ricominciare a fare investimenti,

altrimenti il Paese non cresce. Con tutto questo, però, mi rendo conto che era

un momento complicato, il più complicato, per prendere questa decisione. . . ».

Il calcio può rappresentare un volano per la crescita dell’Italia

oppure il traino è all’opposto?

«No, guardi: la ripartenza deve essere comune e questo non riguarda solo il

calcio, ma tutti i settori. E’ vero però, e non credo sia una banalità, che il

calcio è lo specchio dell’Italia e un suo miglioramento contribuisce anche

all’immagine».

Domani lei presiederà l’assemblea di Fonsai chiamata a un aumento di

capitale di 1,1 miliardi: più arduo quel risultato o la salvezza del

Novara?

«La salvezza del Novara dipende anche da ciò che fanno gli altri, oltre che

dalle proprie forze...».

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Calciatori pagati con soldi pubblici,

il ministero di Giustizia presidente dell’Astrea

La formazione milita nel campionato di serie D. I giocatori prendono

fino a 1800 euro per due allenamenti alla settimana. A fine carriera

poi possono contare su un posto fisso nella polizia penitenziaria

di CRISTIANO VELLA (il Fatto Quotidiano.it 18-03-2012)

Altri tempi quelli in cui Francesco Guccini cantava che la mamma aveva

ragione nel dire che “un laureato vale più di un cantante”. In un bando del

ministero di Grazia e Giustizia per entrare a far parte del corpo di

polizia penitenziaria, infatti, una presenza in serie B vale come titolo 24 volte

in più di un master in criminologia alla Harvard Law School. Il concorso è stato

creato per risollevare le sorti dell’Astrea, squadra di calcio di serie D di

proprietà del Ministero di Grazia e Giustizia.

Niente calciomercato dunque: dopo risultati non proprio esaltanti ecco che

arriva il concorso per reclutare nuove e valide risorse. Ai fini della

graduatoria finale contano poco laurea (1 punto) o master (0, 5 punti),

rispetto alla partecipazione a un campionato di serie C (8 punti), di serie B

(12 punti) per non parlare di una convocazione in nazionale che garantisce 25

punti.

I vincitori del bando, poi, vengono inquadrati come dipendenti della polizia

penitenziaria. Lo stipendio fisso non è di quelli che fanno girare la testa

nella categoria (in serie D un attaccante da 20 goal a campionato arriva a

prendere anche oltre 3mila euro al mese): dai 1300 ai 1800 euro, per sole due

ore al giorno di allenamento e con le trasferte considerate alla stregua di

missioni. Quello che fa la differenza, però, è che alla fine della carriera

sportiva per i giocatori dell’Astrea non ci sarà nessun patema d’animo su cosa

fare da grandi: saranno assegnati a lavoro d’ufficio in istituti penitenziari

o comunque nel corpo della polizia penitenziaria.

Una squadra, l’Astrea, diversa dalle altre in tutto e per tutto: anche la

gestione finanziaria infatti non ha nulla in comune con le altre squadre di

serie D, che, non potendo contare sui soldi delle tv, ed essendo comunque poca

roba i ricavi provenienti dalla vendita dei biglietti, fanno ampio ricorso

alle sponsorizzazioni e, soprattutto, ai presidenti che mettono mano al

portafoglio.

L’Astrea, invece, di sponsor non ne ha, né sulla maglia bianco blu né al

campo di gioco, lo stadio Casal del Marmo di Roma. Lo statuto della squadra

dice che i fondi si basano su “somme stanziate sui capitoli di bilancio

passivo del Ministero della Giustizia che consentono l’imputazione della

spesa” e poi “fondi erogati dall’Ente Assistenza per il personale

dell’Amministrazione penitenziaria” oltre che a contributi di Figc e Coni e

introiti derivanti da vendita di biglietti e cessione di diritti televisivi e

radiofonici.

E’ chiaro dunque che, almeno una parte del bilancio dell’Astrea, è a spese

dei contribuenti. Un’altra parte è composta da una sorta di contribuzione

volontaria del personale della polizia penitenziaria. Non è dato sapere però a

quanto ammonti una voce e a quanto l’altra: il ministero non fornisce il

bilancio dell’Astrea Calcio, e in ogni caso per le squadre di calcio

dilettantistico il bilancio d’esercizio non è vincolante, ed è esonerato da

molteplici obblighi che hanno i professionisti (redazione bilancio CEE,

deposito presso il Registro delle Imprese ecc).

Elementi che fanno storcere il naso a chi il calcio lo fa in maniera

tradizionale. Massimo Taddeo, presidente della Forza e Coraggio, squadra

vicinissima a vincere lo scorso campionato di serie D a ilfattoquodiano.it

dichiara: “Certo che se una squadra può offrire ai giocatori qualcosa come una

sistemazione per la vita è avvantaggiata rispetto alle altre. Un calciatore,

ovviamente, sa che solo pochi fortunati, specie in serie D, possono restare

nel circuito del pallone come allenatori o direttori sportivi, perciò se

qualcuno può offrire un lavoro che dura per sempre è chiaro che ha qualcosa in

più rispetto alle concorrenti. In più, pensare che una squadra possa avvalersi,

anche in misura minima, di soldi pubblici, è tutt’altro che simpatico”.

E in effetti non soltanto ai presidenti concorrenti, ma anche ai contribuenti

la notizia dell’Astrea “squadra a statuto speciale” non è piaciuta: è partita

su internet una petizione per chiedere al Ministero che cessino le assunzioni

di calciatori e il finanziamento con soldi pubblici per l’Astrea. In ultimo

c’è da pensare ai detenuti: vincere la tradizionale partitella di pallone

contro le guardie per chi è dietro le sbarre ha spesso motivazioni che vanno

oltre il semplice lato sportivo. Chi glielo dice adesso che dovranno battere

dei campioni?

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Joined: 18-Apr-2007
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Oddio vuoi vedere che arriveranno a sostenere che il mandante delle accuse contro baldini è Moggi?

Che poi alla fine, fino ad ora, ad infangare baldini è bastato l'operato dello stesso baldini.

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