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CRAZEOLOGY

K A L C I O M A R C I O! - Lo Schifo Continua -

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Nuovo accordo vicino per UEFA e ECA

UEFA e ECA hanno raggiunto un accordo provvisorio sulla firma di

un nuovo Memorandum di Intesa tra le due organizzazioni.

di UEFA News | Martedì, 28 febbraio 2012, 20.25CET

La UEFA conferma di avere raggiunto in data odierna un accordo temporaneo con

l'Associazione dei Club Europei (ECA) sulla firma del rinnovato Memorandum

d'Intesa, che sarà in vigore dall'1 giugno 2012 al 30 maggio 2018.

Entrambe le parti hanno concordato soluzioni riguardo a diverse questioni

chiave, tra cui: l'incremento della cifra concordata da distribuire ai club

che hanno contribuito al successo dell'edizione di UEFA EURO 2012 (fissata a

55 milioni di euro a gennaio 2008) e a quello futuro di UEFA EURO 2016, nonché

del calcio a livello di squadre nazionali in genere; una polizza assicurativa

che copra i rischi di infortunio quando si è impegnati con le squadre

nazionali; UEFA e ECA hanno raggiunto inoltre un accordo congiunto sulla

proposta di calendario delle squadre nazionali, equilibrando gli interessi

delle squadre nazionali e dei club.

Il rinnovato Memorandum d'Intesa sarà presentato il 22 marzo al Congresso

UEFA a Istanbul. Per quanto riguarda le proposte del calendario internazionale,

occorre l'approvazione della FIFA.

Commentando la notizia, il segretario generale della UEFA Gianni Infantino,

presente all'Assemblea Generale ECA a Varsavia, ha dichiarato: “La UEFA e i

club europei lavorano fianco a fianco nell'interesse di calciatori, club,

squadre nazionali e calcio in generale. Con il nuovo accordo che per la prima

volta prevede un'assicurazione per i calciatori tesserati con i club europei,

non soltanto curiamo i calciatori, i club e le federazioni nazionali, ma

dimostriamo anche rispetto e coesione con le altre confederazioni calcistiche”.

"Siamo quindi particolarmente lieti dell'annuncio dell'accordo con l'ECA e

altrettanto ottimisti che la nostra proposta di calendario sia approvata dalla

FIFA, che ha sempre mantenuto aperto il dialogo con noi su questa questione”.

___

European Club Association reaches agreement with UEFA

di ECA News | Tuesday, 28 02 2012

Warsaw - Representatives from 123 member clubs attended the European Club

Association's (ECA) two-day General Assembly in Warsaw.

Agreement reached with UEFA - no solution found with FIFA

The ECA Executive Board was pleased to announce to the General Assembly that

an agreement was reached with UEFA in relation to a new Memorandum of

Understanding (MoU). The new agreement shall run from 1 June 2012 until 30 May

2018 and includes the following points:

Insurance

UEFA will establish starting June 2012, for the start of the EURO in

Poland/Ukraine, an insurance covering the injury risk of players while on

international team duty. This insurance is valid for all players registered

with a European club, irrespective of their nationality, and for all matches

mentioned in the international calendar, including both official and friendly

matches.

Participation of clubs in the benefits of the UEFA EURO

In accordance with the existing MoU with UEFA, the clubs are entitled to 55

Million Euro of the EURO 2012 benefits as recognition of the significant

contribution of clubs to the success of this tournament. As part of the new

agreement, this amount will be substantially increased in time for this year's

EURO with a further increase for the UEFA EURO 2016 in France. The precise

amounts will be announced at the UEFA Congress in March in Istanbul.

Governance / club representation in decision-making process

In the future, the clubs will have a "Referral Right" on all decisions

affecting club football. No decision relating to club football will be taken

without the consent of the clubs.

International Calendar

The European football family has come to a compromise solution for the future

international calendar, which will be made up of 9 double-headers over a 2

year period with no single friendlies. It is to be noted that the August

friendly match date was completely removed as a result of ECA's request.

Additional points, which form part of the International Calendar proposal,

include:

No more than one international tournament per player per year

The Final Tournaments of all confederations shall end mid-July

The Africa Cup of Nations shall start as soon as possible in January

The two matches of the double-date shall be played on the same continent

(at least the second match must be played in Europe for European teams)

Commenting on the agreement with UEFA and the situation with FIFA, ECA

Chairman Karl-Heinz Rummenigge stated:

"The agreement with UEFA is a major break-through for European club football.

With this agreement, UEFA clearly recognises the importance of clubs and the

significant contribution they make to the success of national team football.

The negotiations have not always proved easy, but were always conducted in a

fair and respectful manner. I sincerely thank UEFA, in particular UEFA

President Platini, on behalf of all European clubs and look forward to our

continued cooperation. This is once more a proof that in the European football

family solutions can be found in a cooperative and fair way. "

"While an agreement has been reached with UEFA, the situation remains

unsatisfactory in relation to FIFA. Unfortunately, discussions with the FIFA

President have failed to lead to a satisfactory outcome which takes account of

the clubs' demands."

Executive Board Elections

Ebru Köksal and John McClelland have stepped down from the ECA Executive

Board, as they ceased to hold an active office at their respective clubs.

Hence, Executive Board Elections were held in order to fill the vacancies. ECA

Ordinary Member Clubs eligible to vote participated in the election and

elected Theodoros Giannikos (Olympiacos FC) and Jakub Otava (AC Sparta Praha)

as new Executive Board Members for the remaining period of the current

membership cycle, which lasts until the end of the 2012/13 season.

EU Autonomous Agreement

The ECA General Assembly approved the autonomous agreement regarding the EU

Social Dialogue. The EU Social Dialogue brings together organisations

representing employer and employees in European football in order to agree

employment and social conditions. The main element included in the agreement

concerns the minimum requirements for player contracts in Europe. Each party

involved in the EU Social Dialogue needs the approval of their respective

decision-making bodies before it can be implemented. The date provisionally

set for a possible signing ceremony of the agreement is April 2012 in

Brussels.

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Joined: 14-Jun-2008
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:|

sefz Fantastico. Funzionasse sempre....

La saga sta continuando.

C'è la critica di un altro lettore oggi su

IL FOGLIO contro R.Paladoro.

E comunque c'è una crisi diplomatica

in atto tra la direzione ed un ex grande

firma come C.Rocca (coadiuvato da P.Battista

del CorSera) proprio a causa dell'anti-juventinismo

dilagante anche sul giornale di Ferrara.

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Joined: 14-Jun-2008
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Interessante...

Purtroppo non sono molto informato al riguardo e non ho possibilita' di approfondire piu' di tanto.

Sarebbe bello sapere da chi e' stata iniziata la crisi.

Il Foglio? Rocca?

E la cosa e' limitata o ha possibilita' di allargarsi ad altre redazioni/giornalisti?

La crisi è iniziata qualche settimana fa per un articolo di Paladoro contro

la Juve e Conte dopo il pareggio casalingo con il Siena.

Poi è sfociata in rissa virtuale su twitter con la pubblicazione dell'articolo

Signora del dischetto.

C.Rocca (soprattutto) e P.Battista accusano IL FOGLIO di battere la

stessa strada de il Fatto Quotidiano (parole grosse, in termini giornalistici:

Fattoglio o Fogliatto) nei confronti della Juventus attuale rivangando

il periodo della Triade ed in generale il sentimento popolare contrario

alla squadra bianconera.

Tra Vietti (granata) e Cerasa (interista) contro C.Rocca è tutto un

rimpallarsi di frecciate e veleni, tipici di compagni di scuola/banco.

Dopo la partita di sabato sera, ad esempio, Vietti avvisava già

Rocca che Paladoro era in procinto di scrivere un nuovo articoletto.

Strano che sul CorSera finora non siano ancora intervenuti

nè Battista né Ostellino a difesa della Juve.

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Modificato da CRAZEOLOGY

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la rovesciata

IN DIFESA DI BUFFON LA RETORICA VA PRESA IN MODICA QUANTITA'

Scagli la prima pietra chi è senza peccato, non chi ne ha commessi di meno

Roberto Beccantini - Gasport - 29-02-2012

Da incallito peccatore quale sono, spezzo una piccola lancia a favore di Gianluigi Buffon che tanta indignazione ha sollevato. Se ci fosse stata la moviola "in busta" ai tempi in cui facevo le note-spese da inviato, chissà quanti goal di Muntari "taciuti" sarebbero affiorati tra le ricevute dei taxi e delle cene (di rappresentanza, naturalmente).

Ho trovato per lo meno singolare tutta 'sta levata di scudi contro Buffon da parte della mia categoria proprio in coincidenza con il testa di c. scagliato da un memebro della medesima ad un allenatore: era un fuori onda e il collega si è scusato. Amen. Wole Soyinka, poeta e drammaturgo nigeriano, premio Nobel per la letteratura nel 1986, ha scritto: "Con l'esempio che ci viene dall'alto, perché stupirci del marcio che c'è in basso". Buffon è alto, sì, ma non occupa tutto il tetto, anche se un minimo di cautela, vista la fragilità delle ringhiere, non guasterebbe: e bene ha fatto Platini a rammentarglielo.

Al dipendente che nega l'evidenza per il bene dell'azienda è venuto in doccorso Thiago Silva, confessando che, nei suoi panni, si sarebbe comportato allo stesso modo. Non oso pensare alla collera di coitus interruptus. Mettiamola sullo scherzo: ha sbagliato, Buffon, a parare l'imparabile colpo di testa di Mexès. Non lavesse fatto, ci saremmo evitati il Far West di Milan-Juve, con strascico di insulti, orge di moviole, e ditta chiusa via Internet. A proposito: non è che si parli troppo di Buffon per parlare poco di altri argomenti, di altri protagonsti? Immagino che Gigi si sia lasciato trasportare da una nuvola d'ira. Nel corso di Juventus-Siena l'arbitro Peruzzo gli aveva chiesto la paternità di un corner. L'aveva negata. L'arbitro, in assenza dell'esame del Dna, l'aveva accordato. Di qui la scelta: ah sì, non mi avete creduto? D'ora in poi sarò disonesto a gettone piuttosto che onesto mazziato. Con buona pace dell'"addolorato" Nicchi. Certo, avrebbe potuto stare zitto. E' il capitano della Juventus e della Nazionale: a magari, quando sarà vecchio, comincerà a dare buoni consigli per consolarsi di non poter più dare cattivi esempi (Fabrizio De André).

Cesare Prandelli l'ha convocato comunque per l'amichevole Italia-Stati Uniti e non l'ha degradato. Eppure, tra gli azzurri, vige il codice etico. Per me è sbagliato, dal momento che l'etica - nello sport, soprattutto - dovrebbe essere implicita - ma c'è. E va rispettato. Così d'improvviso: dare a Cesare quello che è di Cesare significa accettare la presenza del "bugiardo" Buffon: mamma mia. E adesso che si fa: si manda a quela codice i c.t. reo di aver bruciato Balotelli e risparmiato Buffon? mi vengono in mente gli interisti che sbertucciavano Fabio Cannavaro tutte le volte che, da capitano della Nazionale, Pallone d'oro, Fifa World Player eccetera, dichiarava di sentire suoi gli scudetti di Calciopoli, salvo non fare una piega quando li rivendicavano, da interisti stipendiati, gli ex juventini Zlatan Ibrahimovic e Patrick Vieira.

La retorica e il moralismo sono sostanze che non dovrebbero mai superare la modica quantità. Due righe al massimo: scagli la prima pietra chi è senza peccato, non chi ne ha commessi di meno.

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Ma io non ci sto: bentornata, vecchia Juventus

di Gianni Santucciroma.gif Giornalisti nel pallone - corriere.it 26-02-2012

In ogni storia serve un ladrone. In ogni trama di romanzo c’è sempre un Barabba

In ogni storia serve un ladrone. In ogni trama di romanzo c’è sempre un Barabba.

Se poi parliamo di un romanzo ambientato nel triste Paese Italia, il ladrone sarà di sicuro della specie “chiagne e fotte”, che la domenica rubacchia e durante la settimana fa la sceneggiata della povera vittima, perseguitata dalle ingiustizie.

Eccoti qua, vecchia Juve, tornata tra noi. Non ci sei mancata per niente.

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Incredibile: stipendi in nero nel calcio

di GIANFRANCESCO TURANO dal blog RAGÙ DI CAPRA 29-02-2012

La donna Del Monte, di nome Paola e di mestiere magistrato, ha detto sì: nel

Parma di Calisto Tanzi i giocatori venivano pagati con contratti pubblicitari

fasulli della controllante Parmalat, poi finita in bancarotta fraudolenta.

Le distrazioni riguarderebbero undici calciatori (Crespo, Thuram, Asprilla ed

altri) e sarebbero avvenute tra il 1998 e il 2003, all’apice dello splendore

del club emiliano.

Una prima osservazione riguarda la tempistica. Oggi il reato di bancarotta

fraudolenta si prescrive in circa 11 anni da quando è stato commesso il reato.

L’inchiesta, quindi, è inutile fin da ora. Certo, l’azione penale è

obbligatoria. Ma ci volevano tutti questi anni per capire che Tanzi versava ai

suoi giocatori una quota di retribuzione tramite fatture false?

Una seconda osservazione riguarda il coinvolgimento di società straniere

(Harold McKenzie consulting e Rothwell investment). Qui il caso diventa più

interessante e dal Parma di Tanzi si può estendere a gran parte delle squadre

della serie A attuale.

I club concludono normalmente transazioni con società di diritto estero. Per

sponsorizzazioni, per pubblicità e anche per operazioni di calciomercato. Da

tempo molti giocatori sudamericani sono controllati da società di capitali

come fossero palazzi o terreni. Per citare due nomi famosi: Tevez e Mascherano.

Chi controlla i passaggi di denaro in queste operazioni? Nessuno.

A volte ci prova la Guardia di finanza, che per cogliere sul fatto Gianpaolo

Pozzo dell’Udinese organizzò un blitz in Catalogna anni fa. O qualche Procura

come quando processarono il Milan degli Invincibili (prescrizione anche lì, su

legge ad personam). Se no, bisogna aspettare una bancarotta come quella della

Parmalat. E anche lì agendo con la dovuta calma.

I fondi neri fanno bene al calcio. Ci guadagnano i calciatori. Ci guadagnano

i presidenti.

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Quella di Gigi Buffon è stata una vera lezione

di politica: ha detto il vero, professandosi

partigiano. E le critiche sono moralismo puro

di GIULIANO FERRARA dalla rubrica L'ARCITALIANO (PANORAMA | 7 marzo 2012)

Lo sport pulito è un magnifico ideale, ma incongruo. Togli alla partita

l'idolo della vittoria a ogni costo, ed è morta. Togli allo scontro il

feticcio simulato della guerra, e si affloscia. Le regole esaltano lo stile,

la dittatura anche cieca dell'arbitro rende possibile la competizione, ma

come nella vita la sostanza del conflitto è nel libero perseguimento della

felicità, vincere. Tutto il resto è bolsaggine, un arrampicarsi sugli specchi.

Il fair play è a suo modo grandioso, si deve essere duri ma corretti, eppure è

il metodo signorile che è al servizio della competizione, non viceversa.

Gigi Buffon protegge un tempio, il gol dell'avversario ne è la violazione, la

dissacrazione. Buffon non può vedere quel che non deve vedere

secondo l'etica propria del suo mestiere, del suo ruolo, del suo

compito. Si getterà tra le gambe dell'attaccante lanciato, se possa appena

farlo, se ne trovi il coraggio, per confonderlo e farlo cadere, e certo la mira sarà

alla palla, ma la mira più vera, quella sostanziale, è il blocco dell'attacco. Senza

questo il calcio sarebbe una danza un po' fatua, senza interesse, un gioco della

regola invece che un gioco nel rispetto delle regole. La legalità del gioco ha

un tratto politico, vive in uno spazio separato, è alimentata da una giusta

pedagogia, deve essere sostenuta dalla capacità di sanzionare le infrazioni, ma

non è il gioco, non lo riassume come simbolo o narrazione epica.

Dire la verità anche a costo di perdere: ecco una regola che sta dentro e

fuori del perimetro del possibile sportivo, che va interpretata per la propria

squadra, e che naturalmente viene applicata per gli avversari con sacro

rigore. Quell'aggiunta di Buffon, quel: «Non ho visto la palla in porta, ma se

avessi visto che differenza c'è, pensate mai che avrei denunciato un gol a mio

svantaggio?», ecco, quella è la verità più forte di ogni autodenuncia, di ogni

autocolpevolizzazione insincera. Non sono esercizi di immoralismo, sono prove

di realismo. Ed è proprio per questo che c'è un sistema arbitrale. A che cosa

mai servirebbero quattro, e forse presto sei uomini in campo, guardiani di un

punto di vista più forte dei punti di vista avversari perché al di sopra delle

parti, così si spera?

La partita senza arbitro è un'utopia regressiva, allude alla bontà naturale

dell'uomo, alla sua capacità di autogovernarsi senza la mediazione della legge,

del regolamento, dell'istituzione che lo applica nel segno di criteri

universalmente validi. Pensate alla moviola Milan-Juve liberamente giocata

senza l'apparato arbitrale della dissuasione, e pensatela nel segno della

responsabilità verso le ragioni proprie e al tempo stesso dell'altro. La

partita senza identità, che rispetta e ingloba la differenza. E vedrete

che noia abissale nei primi 10 minuti, e poi che rissa

fenomenale, che fonte d'incomprensioni, che Babele di

linguaggi incomponibili.

La legge è in questo senso il sale del calcio. Ma «up to a point». Quella di

Buffon è stata una lezione di politica e di morale sociale applicata, al di là

di ogni legge ha detto il vero confessandosi partigiano, e le censure che gli

sono state rifilate (anche Gianni Mura ha protestato, ed è tutto dire)

mostrano il lato scoperto della chiacchiera sportiva, la sua vacuità,

quell'idea che nel campo da gioco si possa realizzare l'impossibile società

perfetta.

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Il retroscena

La gara del 2000 con la Pistoiese:

Palazzi e l'idea della condanna morale

di FRANCESCO CENITI (GaSport 01-03-2012)

«Abbiamo letto l'intervista, quella che faceva riferimento alla combine su

Atalanta-Pistoiese. Ecco, vorremmo che ci spiegasse che cosa è accaduto».

L'audizione di Cristiano Doni è appena conclusa, quando a sorpresa i due

ispettori federali allargano il discorso a una gara apparentemente fuori dal

tempo. Roba del 2000 e per giunta caduta in prescrizione. La cosa non sfugge

all'avvocato Pino. Fa notare il particolare, ma la risposta degli inquirenti è

netta: «Interessa, interessa». A quel punto si è deciso di rimandare il tutto

a un appuntamento mirato. L'ex capitano ha confermato la propria disponibilità

a raccontare i particolari di quel tarocco per il quale la giustizia sportiva

aveva emesso una sentenza d'appello di proscioglimento per tutti gli imputati,

dopo la raffica di condanne in primo grado. Una collaborazione che potrebbe

portare benefici al giocatore (leggi sconto della squalifica: il giocatore

rischiava la radiazione senza le ammissioni di ieri). Potrebbe sembrare strano

che la giustizia sportiva perda tempo per un reato prescritto. E invece

Palazzi vuole dare un segnale forte. Scopriamo quale.

Come l'Inter Al procuratore federale l'idea deve essere balenata nel

giorno in cui ha letto la rivelazione di Doni nell'intervista rilasciata alla

Ġazzetta dello Sport (e a Repubblica). Dopo oltre 11 anni di «voci» mai

confermate, un protagonista ammetteva la combine. Tutto prescritto e tra

l'altro già giudicato (male) dalla giustizia sportiva. Palazzi ci ha riflettuto,

poi ha tracciato la linea da seguire prendendo come modello il «caso Inter»

sullo scudetto a tavolino. In sostanza, nessuno può vietare al procuratore

federale di aprire una istruttoria su Atalanta-Pistoiese, svolgere gli

interrogatori dei tesserati, accertare le responsabilità e poi stilare una

relazione in cui si faccia notare chi e come sarebbe stato condannato senza

la prescrizione avvenuta. Potrebbe sembrare inutile e stucchevole. E

invece avrebbe un significato forte: altro che amnistia, la giustizia sportiva

colpisce duramente chi vuole fare il furbo, arrivando a una condanna morale

quando non può fare diversamente. Sarebbe un bel segnale e anche un modo

per ristabilire la verità. Senza dimenticare i molti insulti ricevuti dagli

inquirenti dell'epoca, «colpevoli» di una caccia alle streghe.

Ipotesi Se dalle intenzioni si passerà ai fatti, ecco che Doni potrebbe

raccontare come e perché si decise in un ristorante di far finire 1-1

Atalanta-Pistoiese di Coppa Italia. L'ex giocatore l'ha definita una

«goliardata», sulla quale però ci fu un mare di scommesse (anche tra i

parenti dei giocatori) tanto che la Snai si rifiutò di pagare. Una volta acquisita

la deposizione di Doni, Palazzi potrebbe interrogare Ąllegri (l'attuale tecnico

del Milan era alla Pistoiese), Amerini, Aglietti, Lillo, Bizzarri, Siviglia,

Zauri, Gallo, Banchelli e altri tesserati a conoscenza dell'accordo. E poi

giudicarli. In modo virtuale, ma l'impatto sarebbe lo stesso notevole. Inter

docet.

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Inviato (modificato)

SPORT | NO ALLA TECNOLOGIA

Chi ha paura

dell’uomo

in nero?

Una volta smantellata Calciopoli tutto sarebbe

dovuto cambiare. Eppure gli arbitri continuano a

sbagliare. Anche oggi che indossano la divisa verde

pisello. Nemmeno l’occhio di falco ci salverà.

L’errore fa parte del gioco. È il suo bello

di FRED PERRI (TEMPI | 7 marzo 2012)

Quando leggerete queste poche, sporche e inutili righe (molte righe rispetto

al solito), si sarà consumata la madre di tutte le partite del campionato

2011-2012, cioè Milan-Juventus. È stata accompagnata da qualche

polemichetta, da qualche ripicchetta, da qualche battutetta, insomma tutto in

“etta”, perché anche gli arbitri, le moviole, i designatori, insomma i controllori

dello sconquassato volo del pallone, non sono più quelli di un tempo. Mentre

scrivo mi auguro che l’arbitro Tagliavento non abbia preso decisioni sbagliate

e che abbia fatto il suo. Ma anche fosse successo farebbe parte del gioco.

Sono odoroso d’antico, ma sono stanco del gioco al massacro arbitrale. Certo,

non ci si diverte più come prima. Forse, addirittura, qualcuno ha nostalgia

(oltre che della nostalgia stessa, come diceva Simone Signoret) anche

dell’uomo nero, dell’arbitro vecchio stile che, con la sua divisa nera evocava

qualcosa di lugubre, di sinistro, più funzionario della Gestapo che sta per

portarti via, in un posto dove non ti accadrà nulla di buono. Diciamo che a

quei tempi la teoria del complotto reggeva meglio di ora.

A che punto siamo con arbitri, moviole e affini a livello italiano ed europeo?

Innanzitutto partiamo dalla genetica. Nel nostro caso, come succede in

politica, l’arbitro (il giudice) è buono fino a quando non danneggia me, i

miei cari o i miei amici, perché se succede, allora partono i distinguo. Così

è anche nel calcio.

Mourinho, per esempio, che con l’Inter ha vinto tutto e quindi doveva solo

tacere, siccome è un dritto e aveva capito l’andazzo italico, l’ha messa in

rissa con gli arbitri fin dal primo giorno. Il mitico guru di Setubal aveva

sentenziato: «In Italia le partite durano sette giorni». E lui ha praticato,

alla grande, lo sport nazionale. È riuscito nella non facile impresa di far

apparire – e c’è gente che ci ha pure creduto – la squadra più forte d’Italia

e d’Europa (l’Inter fino a due anni fa) come perseguitata da un oscuro

Politburo. Ha fatto il segno delle manette come non si è sognato di fare

neanche il povero Khodorkovsky (non è una mezzala russa, ma il magnate

nemico di Putin a cui il sodale del Berlusca ha fatto fare una brutta fine).

Insomma, ha sfruttato al meglio il vezzo nazionale di vedere complotti

dappertutto. In Spagna, ad esempio, non ha seguito la stessa strategia: l’ha

cavalcata in Europa cercando di destabilizzare il Barcellona, ma non gli è

andata bene.

Nei sei anni che sono seguiti alla tempesta telefonica del 2006 le polemiche

sugli arbitri non sono mancate. Il presidente del Palermo Zamparini ha

minacciato un paio di volte a stagione di dimettersi, i Della Valle hanno

presentato-non presentato un dossier con tutti i presunti torti subiti, Lotito

ha invocato una task force per il controllo delle giacchette verde pisello. Ma

la realtà, come testimoniano anche i nuovi colori sfoggiati dagli arbitri, più

frou-frou, è che se prendersela con un arbitro è sempre uno sport nazionale,

senza collegare il medesimo a una cupola, una commissione, una setta, un

gruppo di potere, non si raggiunge lo stesso effetto. È un po’ come con la

corruzione: quelli che rubano per un partito o una “cricca” fanno più effetto

di quelli che rubano per sé. E gli arbitri italiani, dopo la dipartita di Moggi e

della sua presunta organizzazione, non hanno più le caratteristiche di un tempo.

Insomma, non offrono più gli appigli per evocare un gran sacerdote, un

manipolatore, un manovratore occulto, un piano segreto.

Il saggio Boskov

Insomma, adesso gli arbitri sbagliano perché succede. Ce ne sono di bravi e di

scarsi, come in ogni categoria umana. Gli unici che contestano l’assenza del

complotto sono quelli della Juventus, che vedono una mancata risoluzione del

loro rapporto con la classe arbitrale dopo l’estate dei processi nel 2006. Gli

juventini pensano di stare scontando ancora una pena che, secondo la giustizia,

avrebbero già finito di pagare. Forse questa tesi poteva reggere nel primo

anno di Serie A dopo il cataclisma (2007-2008), ma ora non più. Ora molti

degli arbitri che sono in circolazione non c’erano neanche ai tempi della

Grande Juve, presunto Grande Satana.

Quindi possiamo dire con certezza che non c’è nessun complotto, ma neanche

nessuna paura di fischiare un rigore alla Juve. Succede così, talvolta, come

diceva Boskov: «Rigore è quando arbitro fischia». I nostri arbitri attuali non

sono né meglio, né peggio di quelli che si aggirano per l’Europa. Però

propenderei per il meglio. Certo la generazione Collina (adesso responsabile

europeo alle dipendenze di Platini) era meglio anche da un punto di vista

internazionale, ma in generale il livello medio è buono e per me, come era

prima del 2006 e com’è anche ora, gli arbitri non hanno mai condizionato un

campionato. Alla fine chi doveva vincere ha sempre vinto e chi doveva perdere

ha sempre perso. La Juve ora si lamenta, ma finora, dal 2006 a oggi, ha

ottenuto i piazzamenti che si meritava. Questo è.

Anche l’accanimento moviolistico si è fatto meno prepotente. La Rai, dopo il

Mondiale del 2010 in Sudafrica, ha abolito l’aggeggio che, lei stessa, aveva

inventato nel 1967. Con essa sono spariti gli ex arbitri che la commentavano.

È rimasta su Mediaset dove si è verificato un litigio in diretta. Il moviolista

(ex arbitro) Paparesta ha commentato con Ąllegri un rigore un po’ così

concesso a Pato e l’allenatore livornese, a testimonianza di quello che

si diceva prima, si è irritato. E con lui il Milan. Per quella settimana il club

rossonero non ha concesso interviste ai giornalisti di Mediaset. Un po’ come

quando io mi rifiuto di dare confidenza a mia figlia che mi tratta come un

vecchio rincoglionito, rimarcando tutti i miei errori.

La situazione è fluida e da quando non c’è più l’uomo nero, anche la richiesta

della moviola in campo si è fatta più indistinta, meno pressante. Resiste

ancora, è vero, specie nelle tv private, dove i saltimbanchi che si aggirano

per quelle trasmissioni lunghissime devono pur inventarsi qualcosa per passare

le ore. In generale il movimento “pro moviola in campo” è un po’ sbandato,

anch’esso vittima della scomparsa di un destinatario verso cui indirizzare la

lotta. Insomma senza il Grande Satana non si sa bene a chi gridare “governo

ladro”.

Le promesse di Blatter

Sicuramente la moviola, i replay, sono entrati nel calcio in maniera

prepotente. Forse già ora c’è una regia che avverte gli arbitri, almeno c’era

il 9 luglio 2006, la notte di Berlino, perché della testata di Zidane non si

era accorto nessuno, prima delle riprese televisive. Secondo una corrente di

pensiero, questo tipo di supervisione è presente nelle partite che contano,

tipo la finale dei Mondiali. Però solo per fatti clamorosi, ad esempio a

Johannesburg, nel 2010, Van Bommel scampò una certa espulsione per

un’entrata assassina su Iniesta. In questo caso nessuno aprì bocca o

meglio nessuno teneva acceso il video. In Sudafrica il problema di un

controllo elettronico del pallone fu posto in modo particolare per il gol non

visto di Lampard in Inghilterra-Germania. L’inaffondabile Sepp Blatter,

gran capo della Fifa, promise migliorie in questo senso, finse di aprire a

un sensore elettronico almeno per le porte, manifestò accoglienza per le

idee sulla moviola. Passata la festa, gabbatu lu santu. Non se n’è fatto nulla.

Non c’è tempo per l’hot dog

A livello internazionale è stato solo Michel Platini ad avviare un tentativo

di riforma, con l’inserimento degli arbitri di porta in tutte le competizioni

dell’Uefa. Qualcosa hanno migliorato, almeno in fatto di gol farlocchi, in un

senso o nell’altro. Adesso c’è anche chi ha proposto di mutuare l’occhio di

falco dal tennis. L’occhio di falco è quella specie di moviola elettronica che

governa le palle sospette. Ogni giocatore può richiedere questa migliore

“vista” per tre volte a set. Quindi non può sprecare una chiamata a casaccio.

Qualcuno vorrebbe applicarlo al calcio. Non la moviola su tutto, che non

finisce più, ma ogni squadra può chiedere, due o tre volte a partita, che

l’arbitro riveda un’azione. A differenza di quello che succede sul campo da

tennis (dove la visione è pubblica), però, sarebbe solo il direttore di gara a

osservare il filmato e a decidere se cambiare la propria decisione o meno.

Affascinante, ma scarsamente realizzabile perché si tratterebbe, seppur

mascherata, dell’introduzione della moviola. E tutti i dirigenti che contano a

livello internazionale, da Platini a Blatter, non vogliono che si scavalli

verso l’elettronica, perché si comincerebbe una sorta di rivoluzione che il

calcio non si può davvero permettere.

Il calcio non è uno sport americano, con i suoi tempi morti, con il pop-corn e

l’hot dog, con la Coca-Cola e i ragazzini da portare in bagno. Il calcio non

si può permettere tutto questo, ecco perché, alla fine, l’arbitro di porta di

Platini si rivelerà l’unica concessione all’ossessione del controllo. Anche

perché, l’ossessione della moviola è un vezzo tutto italiano. Altrove non c’è

l’accanimento voyeuristico che ci contraddistingue, al punto che solo in

Italia esiste pure la “Moviola alla radio”.

Il problema è culturale. Per noi, dalla morte dell’uomo di Similaun alla

scomparsa delle lucciole, c’è sempre qualcosa dietro. Un complotto, una

strategia, un qualcosa per cui non c’è mai una decisione fine a se stessa, ma

sempre finalizzata a servire una più vasta e perversa strategia. Comunque,

vedere la Juventus che si lamenta mi fa strano. Perché la Juventus ha subìto

la strategia del lamento per anni e dovrebbe sapere che non paga. Tutti quelli

che si lamentavano prima del 2006, tutti quelli che se la prendevano con la

Juve e con Lucianone Moggi, non hanno mai ottenuto nulla sul campo. Né

rispetto, né considerazione, né decisioni favorevoli. In generale tutti quelli

che hanno cercato di mettere sotto pressione gli arbitri, di condizionarli,

non ne hanno mai tratto alcun giovamento. Perché non c’è nessun complotto,

nessuna trama oscura, nessun disegno criminale. C’è solo l’uomo con i suoi

pregi e con i suoi difetti, c’è un tizio che non era un agente della gestapo

prima e non è la vispa teresa oggi, ma ha due occhi, due gambe e un intuito

più o meno sviluppato. A volte ci prende, a volte no. Si dice, si scrive, si

cerca di farlo passare come il Caronte del football. Di qua lo spettacolo, di

là l’assenza di spettacolo, di qua il paradiso, di là l’inferno. Si pensa che

il prodotto interno lordo di una squadra di calcio dipenda da un rigore dato o

non dato, da un fuorigioco visto o non visto. È un classico modo di pensare

italiano. Accusare uno di tutto il male per dormire sonni tranquilli.

Quel cǒrnuto è uno di noi

E invece l’arbitro sbaglia, ma non meno di un dirigente che acquista un

giocatore infortunato o che non può giocare la Champions League, di un

allenatore che mette in campo una formazione sballata, di un calciatore che

sbaglia un controllo, un gol, una facile presa in tuffo, di un presidente che

butta i soldi dalla finestra, dei tifosi che non hanno pazienza e fischiano al

primo errore, della mancanza di futuro perché i giovani non giocano e se

succede hanno una sola occasione e se la falliscono vengono bollati a vita. E

invece l’arbitro è uno di noi. Mi dispiace, ma sono favorevole ai suoi errori,

come sono favorevole ai miei. Preferirei non commetterli, ma anch’io, nella

mia sommità, sparo qualche sventagliata di cazzate. Per cui questo è il gioco.

Gli arbitri sbagliano e il bello è proprio questo. Oggi per me, domani per te.

E alla fine chi arriva primo se l’è meritato. Io questo penso. Fąnculo la

tecnologia, zitti e giocate.

VIVA LA SINCERITÀ DI BUFFON

Se ci aspettiamo un atto di eroismo

da un portiere stiamo messi male

di FRED PERRI dalla rubrica
SPORT ÜBER ALLES
(TEMPI | 7 marzo 2012)

Milan-Juventus è finita aschifìo, ahinoi, per colpa di una

quaterna arbitrale di non vedenti. Se ne parlerà ancora a lungo

ed è questo il lato della vicenda che più disturba un vecchio

fan del Califfo come me. «Tutto il resto è noia e non ho detto

gioia». Però, come avete letto (spero per voi) in un’altra mia

dotta dissertazione, sapete come la penso su arbitri e moviole.

Qui voglio parlare di Gigi Buffon e della sua dichiarazione

finale che tanto orrore ha suscitato.

Doverosa premessa: direi tutto questo anche se al suo posto ci

fosse il portiere del Novara il cui nome non so scrivere. Gigi è

stato sincero: «Non ho visto la palla dentro e anche se l’avessi

vista non avrei detto nulla ». Apriti cielo degli ipocriti, dei

possessori della trave nell’occhio che sono sempre lì a cercare

le pagliuzze altrui. Doveva denunciare, doveva dare l’esempio.

A parte che esempio ed eroismo li vogliamo sempre dagli altri,

a parte che siamo alla solita litania di questa Italia montiana

e moralista secondo cui io, che pago una barca di tasse perché

ci sono gli evasori fiscali che voi non riuscite a trovare,

dovrei fare pure il vostro lavoro, cioè stanare i disonesti, a

parte tutto questo, quello che mi fa più inorridire è che gli

esempi per la gioventù adesso dovrebbero essere i calciatori o i

ministri tecnici.

Per favore. Ve lo dico chiaro, compagni e amici: siamo messi

male, ma molto, molto male.
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La Juve si sente aggredita e sceglie il silenzio Alex: «Guardare avanti»

di Domenico Latagliata - Il Giornale - 1-03-2012

La linea guida, tanto per cambiare, la detta Alessandro Del Piero. Rimasto in panchina contro il Milan a mordersi le unghie mentre i suoi compagni lottavano e sbuffavano per rimontare il gol segnato da Nocerino: in piedi per quasi tutti i novanta minuti, capitano ai margini del rettangolo di gioco ma non della lotta. Un capitano che ieri, dalle pagine del suo sito, ha esplicitato il da farsi: «Guardiamo avanti. Di fronte alla Juventus ci sono giorni decisivi, con due partite nel giro di quattro giorni, due momenti di fondamentale importanza per la nostra stagione. Erano anni che non arrivavamo a marzo in corsa per due obiettivi, campionato e coppa Italia. Sta per cominciare un mese che dirà molto del nostro futuro e dobbiamo farci trovare preparati. La nostra concentrazione è rivolta soltanto a questo». Non una parola sulle polemiche, almeno non direttamente. Il quotidiano è la sola cosa che conta. Non il passato: quello va archiviato, punto e basta. Si punta al massimo guardando avanti, sbirciando il traguardo oltre gli ostacoli. Che ci sono, inevitabilmente: ma che possono essere superati. Con serenità e senza perdere la calma.

Un po' quello che sta cercando di fare la Juventus tutta, muta ai piani alti dal prepartita di San Siro: le ultime frasi sono quelli in cui per bocca di Marotta la società si diceva «soddisfatta della scelta di Tagliavento». Due ore dopo pareva una barzelletta, ma nessuno ha più voluto tornare sull'argomento. Se altri hanno gettato benzina sul fuoco, la Juve no: quello che doveva dire lo aveva già detto. Punto e a capo.

Nessuna reazione agli attacchi del Milan, nessuna voglia di controbattere a nessuno. Buffon si è difeso da solo incassando la solidarietà pressoch´ unanime dei colleghi (Thiago Silva in primis), Conte è rimasto zitto a Coverciano - in attesa di parlare domani, alla vigilia del match contro il Chievo - e come lui hanno fatto Andrea Agnelli (nella foto) e Marotta. I quali domani parteciperanno alla riunione di Lega e chissà se avranno voglia-piacere di esporsi: improbabile, ma non impossibile. «Il nervosismo di questi giorni? Ha ragione Berlusconi - ha detto ieri a Radio Sportiva l'ex presidente juventino Giovanni Cobolli Gigli - quando dice che gli errori arbitrali esistono ma che le squadre devono cercare di vincere lo stesso senza attaccarsi ad altro. Mi sembra che stiamo facendo processi eccessivi. I toni della Juventus? Non ho avuto la sensazione che i bianconeri abbiano esagerato, anche se è chiaro che Conte aveva fatto una serie di dichiarazioni avallate dalla società. Ci ha però messo del suo anche il Milan, con le polemiche seguite alla conferma della squalifica di Ibra. Piuttosto, non capisco perch´ nel calcio non si possa adoperare la tecnologia: in Milan-Juventus tutto si sarebbe risolto seduta stante».

In attesa magari di maggiori poteri al quarto uomo o dei giudici di linea anche in campionato, Buffon ha incassato tra gli altri la solidarietà di Materazzi («ha detto quello che pensava e questo gli fa onore. Non mi sembra che l'anno scorso, quando Robinho fece gol di mano a Verona, qualcuno abbia detto nulla») e quella del collega Frey («avrei reagito allo stesso modo»). Il tutto, mentre il presidente dell'Uefa Platini fa i complimenti alla Juve che fu sua, non si sbilancia sulla lotta scudetto («proprio a me lo chiedete?») e si dice «favorevole al doppio arbitro, non alla tecnologia in campo». La Juve intanto prende nota di tutto (anche dei sorrisetti sul caso Bonucci tirato dentro lo scandalo calcioscommesse per quando era al Bari) e, nel silenzio del suo fortino di Vinovo (e a porte chiuse), prepara il sorpasso, visto che mercoledì prossimo recupererà il match contro il Bologna rinviato per neve.

A Torino invece splende il sole ormai da giorni e il pareggio di San Siro ha riscaldato ancor più gli animi: «Diamo fastidio, la cosa mi piace», ha gongolato Buffon. Un muro di qua, un muro di là. Rispetto a una decina di giorni or sono, però, il nervosismo non veste più il bianconero: a patto che gambe e testa funzionino ancora come a inizio stagione, potrebbe essere un bel vantaggio nello sprint tricolore.

***************************************************************

"Galliani, sono Agnelli". E' disgelo.

Una telefonata e dopo i veleni di Milan-Juve riparte il dialogo

Il numero uno bianconero chiama l'ad bianconero per stoppare le polemiche. I due faranno fronte comune per difendere Beretta in Lega.

di Carlo Laudisa - Gasport - 1-03-2012

MILANO, 1 marzo 2012 - La luce s’è riaccesa. Juve e Milan hanno già chiuso il caso-Muntari. Al telefono Andrea Agnelli e Adriano Galliani martedì sera hanno riavviato il dialogo tra i due club dopo la tempesta di sabato sera a San Siro.

Il chiarimento Pace firmata, allora? Ad essere più cauti potremmo parlare magari di tregua. Ma quel che importa è che i vertici di corso Galileo Ferraris e via Turati abbiano accantonato in fretta le polemiche per ripromettersi di chiudere la stagione con rispetto reciproco. E senza ulteriori strascichi dialettici. Del resto, all’origine della querelle c’era proprio il risentimento rossonero per le dichiarazioni juventine che avevano prospettato la questione arbitrale. E non a caso Adriano Galliani s’era lamentato proprio di questo nel duro faccia a faccia con Antonio Conte nell’intervallo della sfida-scudetto.

La chiacchierata Va dato atto al presidente della Juve d’aver fatto lui il primo passo, E’ stato Andrea Agnelli a chiamare l’a.d. rossonero, rompendo subito il ghiaccio. Trovando evidentemente un Galliani conciliante. La ripresa del dialogo, dunque, ha permesso di chiarire che nessuno ha voglia di esasperare gli animi. E partendo da questa reciproca constatazione i due dirigenti si sono impegnati ad abbassare i toni. Se non proprio ad azzerare le esternazioni sul tema. Il rapporto In questa vicenda, ad ogni modo, è stato decisivo il rapporto di stima che da sempre unisce il presidente bianconero al massimo dirigente milanista. La riprova s’era già avuta ai primi di dicembre, quando il Milan era in prima fila per l’ingaggio di Tevez. In quell’occasione fu Galliani a chiedere al numero uno bianconero di non intralciare i lavori in corsa e Agnelli fu di parola nel disimpegnare i suoi uomini-mercato sul fronte dell’Apache. Se è per questo i due si erano sentiti anche all’inizio della scorsa settimana, a riprova che tra loro non c’è mai stato nulla di personale.

Le ferite A rasserenare gli animi hanno contribuito anche le decisioni morbide del giudice Tosel che, tolta l’inevitabile squalifica per tre giornate a Mexes, ha chiuso il caso-Galliani con una diffida, mentre non ha applicato la prova televisiva né per Muntari né per Pirlo. Decisione salomonica per i pasdaran, ma utile a voltar pagina e allontanare le attenzioni dalla questione arbitrale. Un’accortezza indispensabile per ridare ai protagonisti la loro vera luce, quella tecnica. Una piccola riprova s’era già avuta lunedì alla cerimonia per la Panchina d’Oro. In quell’occasione coitus interruptus ( coitus interruptus per i benpensanti, ndr) s’era limitato ad una battura ironica, ma aveva evitato nuovi affondi, nonostante alcune domande a trabocchetto. E in quella stessa occasione Conte aveva addirittura evitato di parlare. Un segnale eloquente dell’inversione di tendenza. Abituiamoci all’idea, insomma, di dichiarazioni molto più soft sia degli juventini che dei milanisti da qui in avanti.

Gli affari E in questo auspicato ritorno alla normalità c’è anche la partita politica all’interno della Confindustria del calcio. Agnelli e Galliani sono da tempo sulla stessa barca. E nella telefonata di martedì Agnelli e Galliani hanno toccato anche il tema dell’assemblea di domani della Lega di serie A. All’ordine del giorno c’è la richiesta di dimissioni del presidente Maurizio Beretta sottoscritta da otto club: Inter, Bologna, Cagliari, Cesena, Lecce, Novara, Palermo e Siena. Il regolamento di Lega di serie A prevede un quorum di 14 voti perché la petizione venga accolta. Ma sia Juve che Milan sono per la continuità e stanno lavorando per raccogliere il consenso più ampio possibile in questa votazione. Anzi, la strategia è proprio quella di evitare la conta per garantire una soluzione costruttiva che vada incontro alle esigenze della maggioranza dei 20 club della massima serie.

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SPY CALCIO

Niente sport su Rai 1 o Rai 2.

Giornalisti verso lo sciopero

Fulvio Bianchi - 1-03-2012

Convocata un'assemblea immediata, i giornalisti di Rai Sport sono pronti a scendere in sciopero. Il direttore Lorenza Lei, infatti, ha deciso che in futuro lo sport, ad eccezione della Nazionale di calcio e della Formula 1, non andrà più sui canali tradizionali come Rai 1 o Rai 2 ma sul canale tematico Rai Sport 1, digitale terrestre "free". Questo vuole dire penalizzare fortemente trasmissioni come Dribbling, Stadio Sprint, Novantesimo Minuto e la Domenica Sportiva che, fra sabato e domenica, andavano in onda su Rai 2. "Quelli che il calcio e...", sempre Rai 2, invece sarà chiusa dalla prossima stagione: la formula ormai è superata, finché c'era Simona Ventura faceva ancora ascolti sopra la media della Rete, ma adesso con Victoria Cabello è crollata. I giornalisti di Rai Sport sono sul piede di guerra perché Rai Sport 1 garantisce ascolti nettamente inferiori a Rai 1 o Rai 2: il canale tematico, sul quale il direttore Eugenio De Paoli crede e ha sempre creduto, va bene come secondo canale sportivo (e ha fatto buoni numeri con il volley, il trofeo Viareggio e altre discipline), ma i veri ascolti si fanno sulle reti più forti. Così si relega lo sport in secondo piano: sempre che la Rai riesca a salvare trasmissioni come la Domenica Sportiva e Novantesimo (appena aperta l'asta della Lega di A)... Da parte del cda Rai ci sono stati tagli consistenti che hanno penalizzato soprattutto lo sport, e non certo "Ballando sotto le stelle". La prima tv a Londra sarà Sky, non è detto che la Rai riesca a salvare la Coppa Italia (interessa anche a Mediaset e Sky), mentre dal prossimo anno è sicuro che la Rai non avrà più nemmeno la Champions League (se la spartiranno Sky e Mediaset). Non sono in molti a pagare il canone, è vero, ma la Rai dovrebbe anche ricordarsi di essere (anche) un servizio pubblico: i gol si potranno vedere solo a pagamento?

(01 marzo 2012)

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No, in realtà no, ho fatto il copia incolla da un forum, perché il Pdf della *****accia non me lo faceva fare, però fila meglio così, ne converrai

ps una volta in una citazione su un pezzo che stavo pubblicando sul sito, ho ripreso un pezzo da qua, e invece di 'g a z z e t t a' avevo lasciato 'giornalaccio rosa', me ne sono accorta solo all'ultimo istante.

Modificato da huskylover

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Milan-Juve, interviene Petrucci:

"Non si parli di calciopoli, è finita"

l'Unione Sarda.it 01-03-2012

Errori arbitrali, risse in campo e polemiche. Di tutto di più in Milan-Juventus, ma che nessuno tiri in ballo "calciopoli" perché il presidente del Coni, Gianni Petrucci, considera la vicenda abbondantemente chiusa

A una domanda che riporta la vicenda allo scandalo del 2006 risponde così: "no no, calciopoli è finita", dice il numero 1 dello sport italiano, impegnato allo stadio Militare Albricci di Napoli per la cerimonia di sottoscrizione della convenzione di uso condiviso dell'impianto tra il Coni e il Ministero della Difesa. "Gli arbitri - ha aggiunto Petrucci - sbagliano come sbagliano tutte le altre componenti di questo sport". "Calciopoli non c'entra niente -ha detto ancora Petrucci-, si sono riparlati. Si tratta di due persone intelligenti sia Galliani che Andrea Agnelli, ma questo ha fatto sempre parte delle frizioni durante un campionato, non bisogna mai esagerare, per cui siccome sono due bravi e grandi dirigenti hanno già trovato l'intesa. E poi -ha detto ancora Petrucci- ci saranno sempre le discussioni che fanno parte del calcio, l'importante è rispettare l'etica e i principi morali. Ma sono due persone che io stimo e apprezzo entrambi per cui presumo che tutto sia ormai alle spalle".

Giovedì 01 marzo 2012 13.06

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E bravo il paciere!

Io non sapevo che calciopoli era finita,

non ho mai avuto questa impressione

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Ma perchè ha convocato il famoso tavolo? E noi non abbiamo saputo niente? Ed i 444 mln allora? Brutti scherzi dell'Alzheimer.

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Il retroscena

La gara del 2000 con la Pistoiese:

Palazzi e l'idea della condanna morale

di FRANCESCO CENITI (GaSport 01-03-2012)

«Abbiamo letto l'intervista, quella che faceva riferimento alla combine su

Atalanta-Pistoiese. Ecco, vorremmo che ci spiegasse che cosa è accaduto».

L'audizione di Cristiano Doni è appena conclusa, quando a sorpresa i due

ispettori federali allargano il discorso a una gara apparentemente fuori dal

tempo. Roba del 2000 e per giunta caduta in prescrizione. La cosa non sfugge

all'avvocato Pino. Fa notare il particolare, ma la risposta degli inquirenti è

netta: «Interessa, interessa». A quel punto si è deciso di rimandare il tutto

a un appuntamento mirato. L'ex capitano ha confermato la propria disponibilità

a raccontare i particolari di quel tarocco per il quale la giustizia sportiva

aveva emesso una sentenza d'appello di proscioglimento per tutti gli imputati,

dopo la raffica di condanne in primo grado. Una collaborazione che potrebbe

portare benefici al giocatore (leggi sconto della squalifica: il giocatore

rischiava la radiazione senza le ammissioni di ieri). Potrebbe sembrare strano

che la giustizia sportiva perda tempo per un reato prescritto. E invece

Palazzi vuole dare un segnale forte. Scopriamo quale.

Come l'Inter Al procuratore federale l'idea deve essere balenata nel

giorno in cui ha letto la rivelazione di Doni nell'intervista rilasciata alla

Ġazzetta dello Sport (e a Repubblica). Dopo oltre 11 anni di «voci» mai

confermate, un protagonista ammetteva la combine. Tutto prescritto e tra

l'altro già giudicato (male) dalla giustizia sportiva. Palazzi ci ha riflettuto,

poi ha tracciato la linea da seguire prendendo come modello il «caso Inter»

sullo scudetto a tavolino. In sostanza, nessuno può vietare al procuratore

federale di aprire una istruttoria su Atalanta-Pistoiese, svolgere gli

interrogatori dei tesserati, accertare le responsabilità e poi stilare una

relazione in cui si faccia notare chi e come sarebbe stato condannato senza

la prescrizione avvenuta. Potrebbe sembrare inutile e stucchevole. E

invece avrebbe un significato forte: altro che amnistia, la giustizia sportiva

colpisce duramente chi vuole fare il furbo, arrivando a una condanna morale

quando non può fare diversamente. Sarebbe un bel segnale e anche un modo

per ristabilire la verità. Senza dimenticare i molti insulti ricevuti dagli

inquirenti dell'epoca, «colpevoli» di una caccia alle streghe.

Ipotesi Se dalle intenzioni si passerà ai fatti, ecco che Doni potrebbe

raccontare come e perché si decise in un ristorante di far finire 1-1

Atalanta-Pistoiese di Coppa Italia. L'ex giocatore l'ha definita una

«goliardata», sulla quale però ci fu un mare di scommesse (anche tra i

parenti dei giocatori) tanto che la Snai si rifiutò di pagare. Una volta acquisita

la deposizione di Doni, Palazzi potrebbe interrogare Ąllegri (l'attuale tecnico

del Milan era alla Pistoiese), Amerini, Aglietti, Lillo, Bizzarri, Siviglia,

Zauri, Gallo, Banchelli e altri tesserati a conoscenza dell'accordo. E poi

giudicarli. In modo virtuale, ma l'impatto sarebbe lo stesso notevole. Inter

docet.

casoScommesse di RUGGIERO spregevole PALOMBO (GaSport 02-03-2012)

ATALANTA-PISTOIESE DI 12 ANNI FA

PALAZZI, È MEGLIO PENSARE ALL’OGGI

E’ degno di encomio solenne il «domandone » che gli uomini di Stefano Palazzi

hanno riservato a Doni riguardo la celebre Atalanta-Pistoiese del 20 agosto

2000. Il 28 gennaio di quest’anno Doni ha raccontato al nostro Francesco

Ceniti come andò quel «tarocco» rimasto impunito, ed è giusto che ora anche la

Federcalcio faccia i conti con una verità scomoda. Come minimo, dopo

quell’incredibile assoluzione della Caf, c’è da riabilitare l’eccellente

lavoro svolto dal Procuratore federale di allora, il supercolpevolista e

inascoltato Carlo Porceddu. Detto questo, però, Palazzi non faccia scherzi. E,

per l’amor di Dio, si guardi bene dal dispiegare forze (e tempo) per una

indagine che consegnerebbe ai posteri un altro reato sportivo prescritto, in

questo caso «solo» da una decina d’anni. Per intendersi bene: delle 80 pagine

del dossier Calciopoli due per stanare fuori tempo massimo l’Inter questa

volta non sappiamo che farcene. Basta e avanza il verbale dell’interrogatorio

di Doni (che, toh, sul presente è stato meno loquace), due paginette ben

scritte per dirci quello che già sappiamo e che tutto è prescritto. Amen.

Risorse, tempo e attenzione, la massima attenzione, meglio, molto meglio

riservarli al presente e a un passato prossimo, non ancora prescritto,

nell’ambito del quale il buon Palazzi, se lo lasci dire, non ha brillato fin

qui di grande perspicacia. No, non alludiamo alla lentezza con cui l’affaire

Farina è passato dai tavoli della Procura federale a quelli della Procura di

Cremona, quanto alle omissioni consumatesi nell’inchiesta su Scommessopoli

uno. Dove qualche interrogatorio e qualche domanda in più — bastava leggere a

fondo le carte di Cremona — avrebbero avuto pieno diritto di cittadinanza.

Palazzi ci dia dentro adesso, che ancora può: il 30 giugno scade il suo

mandato e questa volta, così almeno si sussurra a via coitus interruptus, la

riconferma non è così automatica.

la
Puntura

di ROBERTO
spregevole
PELUCCHI

(GaSport 02-03-2012)

Qualcuno avverta Palazzi

che nella Guerra di ƫroia

l'utilizzo del cavallo fu

soltanto omessa denuncia,

può anche evitare di

approfondire l'argomento.

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PALAZZO

Beretta resta, subito i «saggi»

per costruire la nuova Lega

Oggi assemblea: verso l'accordo tra big e ribelli. Governance sul tavolo

di MARCO IARIA (GaSport 02-03-2012)

Il presidente Maurizio Beretta resterà al suo posto fino alla scadenza del

quadriennio olimpico, a patto che si avvii da subito una riforma della

governance per dare un nuovo volto alla Lega di Serie A, orientato ai modelli

vincenti di Premier e Bundesliga. Sarebbe questo il compromesso raggiunto tra

le grandi e le otto firmatarie della lettera con la quale era stato chiesto a

Beretta, dimissionario da marzo, di farsi da parte. Così l'assemblea di oggi,

inizialmente descritta come una resa dei conti stile far west, dovrebbe finire

per produrre un ramoscello d'ulivo. È stata la Juventus, in tandem col Milan,

a proporre una soluzione alle «ribelli»: un comitato di saggi, magari formato

da tre presidenti di società, che si incarichi di riscrivere le regole di

funzionamento della Lega, ponendo termine al ricorso continuativo e (spesso)

infruttuoso alle assemblee e ripristinando il consiglio direttivo, con meno

teste pensanti e quindi meno conflittualità. È sulle modalità organizzative

che le opinioni divergono: c'è chi vuole a capo della Lega un manager esterno,

c'è chi propone la presidenza a rotazione in mano agli stessi club. Qualcosa,

comunque, si è mosso. Ed era proprio l'obiettivo che si erano prefissate Inter,

Palermo, Cagliari, Bologna, Siena, Cesena, Lecce e Novara quando avevano

deciso di porre l'aut aut a Beretta e, conseguentemente, all'assemblea. La

richiesta della ratifica delle dimissioni del presidente e dell'elezione di un

sostituto, insomma, come un passepartout per portare al centro del dibattito

la questione cruciale: una Lega da cambiare, nella governance più che nelle

persone. «L'operatività della Lega — ragiona il fronte delle "ribelli" — sta a

cuore anche a noi, volevamo solo accelerare un processo che si è impantanato».

Le otto s'incontreranno prima dell'assemblea per affinare la strategia: l'idea

sarebbe quella di porre paletti stringenti al comitato di saggi, limitandone

la durata a un mese e conferendogli autorevolezza, «per evitare che sia

un'inutile perdita di tempo».

Sospensioni In tal modo, la discussione sul mandato di Beretta, prevista

all'ordine del giorno, scivolerà in secondo piano, anche se Cellino e

Zamparini non sono tipi che si arrendono facilmente. Né tantomeno si arriverà

alla conta. A differenza di Claudio Lotito, atteso oggi in via Rosellini, sarà

ancora assente la Fiorentina, perché il suo a. d. Sandro Mencucci, sospeso

dalla carica societaria dopo la sentenza in primo grado di Calciopoli, vuole

attendere — «per rispetto delle regole» — che il consiglio federale del 7

marzo modifichi l'articolo 22 bis delle Noif recependo il nuovo codice etico

del Coni e riapra e lui e agli altri dirigenti coinvolti le porte

dell'assemblea di Lega. Il club viola è in sintonia col riformismo di Napoli,

Roma e Udinese. «Basta con le lotte intestine, facciamo le riforme — spiega

Mencucci —. Siamo stati sorpassati su stadi e marketing e nel ranking Uefa

perché mentre gli altri guardavano al futuro noi eravamo immobili. Per dare

più appetibilità al prodotto Serie A bisogna creare sistema e costruire una

governance intelligente. Poi si potrà trovare un nuovo presidente». Tutto

sommato, non la pensa diversamente l'Inter, che pure ha firmato quella lettera.

Archivio Tv Lazio Beretta e la governance, in realtà, sono quisquilie

rispetto alla madre di tutte le battaglie: la ripartizione dei proventi tv del

2012-15, roba da un miliardo all'anno. Fino a questa stagione tutto è deciso.

E proprio ieri sono arrivati i risultati delle indagini demoscopiche sui

bacini d'utenza da cui dipende la distribuzione del 25% della torta, con i

dati Auditel che verranno aggiornati a fine campionato. Rispetto al 2010-11,

forte crescita della Juve, di oltre due punti percentuali (un gruzzolo di 4-5

milioni in più). La Lazio ha acquistato dalla Rai tutti i diritti sulle

immagini d'archivio.

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Mi pare che...

Balotelli deve giocare sempre

Ci sono altri modi per punirlo

di LUCIANO MOGGI (Libero 02-03-2012)

Non riteniamo sia il caso di fare una tragedia per la sconfitta con gli Usa ma

non la si può neanche trascurare. La situazione in cui si gioca la conosciamo,

un mercoledì raccattato in un calendario zeppo, il carattere di amichevole che

rattrappisce gli stimoli anziché spingerli in su. E poi il momento cruciale

che vive il campionato, botte da orbi e regole calpestate, arbitri ed

assistenti che non ne indovinano una, il designatore che fa di peggio,

esemplifica un solo errore, il gol non dato al Milan, dimenticandosi quello

annullato a Matri. C’è anche l’amnistia nelle discussioni della vigilia,

lanciata dal pm di Cremona, che, meno male, non ha trovato proseliti. Tra gli

altri si è opposto anche Preziosi, «tutti debbono pagare come ho pagato io».

Anche se come abbia pagato non è del tutto chiaro, la radiazione

misteriosamente cancellata sarebbe stata allora patteggiata e dunque

economicamente valutata?

Del resto c’è sempre l’abitudine a girare le cose a seconda delle

convenienze. Più di tutti Moratti. A proposito della dichiarazione di Buffon,

ha sostenuto che «i suoi avrebbero fatto diversamente», aggiungendo che «il

bello dell’Inter è anche questo». La casistica a carico dei nerazzurri parla

diversamente.

Italia al tappeto per la prima volta contro gli Usa che non sono più

ragazzoni allo sbaraglio, molti giocano in Europa e il loro tecnico Klinsmann

si è fatto pratico e non capisce l’esclusione di Balotelli. Noi ci puntiamo

invece la faccia e portiamo a casa la disfatta, agli Usa basta un gol, noi

nessuno, e sì che di attaccanti ce n’erano, ma come capita sempre, quando si

perde, il lamento è soprattutto per chi non c’era, Cassano, Rossi e Balotelli.

I primi due difficilmente recupereranno, il caso di Balo mi sembra più

pregnante. Tra l’altro non capiamo Prandelli quando dice che vorrebbe

parlargli ma aspetta che sia il giocatore a chiamarlo. Di solito succede il

contrario. Suggeriremmo una via di mezzo, partendo dal fatto che in casa Figc

non c’è cosa più ballerina dell’etica. Se ricordate bene Abete è quello

dell’etica che non va in prescrizione e che fu mandata invece alle ortiche.

Per chi l’avesse dimenticato il riferimento è allo scudetto di cartone,

regalato all’Inter. Alle corte, va bene il senso etico se usato sempre, in

tutte le occasioni e verso tutti, non va bene se usato solo verso taluni o

sotto la spinta del “sentimento popolare”, anche questo un parametro usato con

metro diabolico in casa Figc. Abbiamo comunque l’impressione che se si fosse

trattato di una gara importante di qualificazione una soluzione si sarebbe

trovata. Prandelli può darsi tutte le spinte che vuole, «se giocheremo con

questo spirito faremo un grosso Europeo», ma queste dichiarazioni non ci

convincono. Secondo noi, caro Ct, se giocheremo così faremo poca strada. E poi

quale spirito se per sua ammissione ha provato seconde e terze linee? Ora non

sarà il caso di spaventarsi perché la Spagna ne ha fatti cinque al Venezuela,

e noi non abbiamo cavato un ragno dal buco dal duo non inedito Giovinco-Matri,

entrambi hanno fallito una occasione importante. Se poi anche la truppa

juventina, compreso Pirlo, fa poco, e così gli altri, può significare che la

testa era altrove. Le uniche note positive vengono infatti da Ogbonna e Borini

e non poteva essere diversamente trattandosi di due giocatori all’esordio

azzurro, quindi vogliosi di fare bella figura.

Di fronte a queste gare il problema della Nazionale resta quello vecchio,

fino a quando la serie A resterà a 20 squadre. E poi per noi a quanto pare

contano solo le gare che contano. A questo punto per non deprimerci conviene

crederci, partendo dal rientro di Balotelli. Diversamente non andremo molto

avanti.

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PARLA TOSEL

Il giudice

più odiato

Il “padrone” della prova tv: «Decido chi fermare ma applico solo

dei “tariffari” in base ai video. Dal razzismo ai petardi: il lunedì

spedisco le multe ai club». E il Milan poteva difendere meglio Ibra

di IVAN ZAZZARONI (Libero 02-03-2012)

Tosel.jpg

Tosel, si è mai sbagliato?

«Mai, ovviamente. (Sorride). Lo chieda alla Corte di Giustizia che talvolta

modifica le mie decisioni ».

Gianpaolo Tosel è il signor una, due o tre giornate, e talvolta anche

qualcosa di più. È anche mister prova televisiva. Settantun anni a

ottobre, scafato con i media, ha un solo punto di vista, quello del

codice, il CGS, e coltiva il senso della distanza di sicurezza; è mite

ma tendenzialmente inavvicinabile.

«Mi vanto di essere entrato in un’intercettazione del processo di Napoli. A un

certo punto uno dei personaggi chiede all’altro: ‘Ma in commissione

disciplinare conosci qualcuno?’. Risposta: “Per carità, Tosel e gli altri

mordono, se provi ad avvicinarli ti ritrovi di fronte al plotone d’esecuzione».

Di sé, dice:

«Sono il giudice del lunedì, come

la pillola». In effetti risolve.

Per molti è un’entità astratta - il giudice sportivo - e in fondo lo è, eppure

ha una faccia, un profilo, un nome e un cognome, un percorso, una vita, una

moglie («sempre la stessa da quarantatre anni, ma non me ne vanto», altra

risatina), tre figli («una juventina, un interista e il terzo, il più saggio,

al quale non frega nulla del calcio »). Ha soprattutto due labrador, Gustavo,

il maschio, in età da viagra, e la femmina, Guendalina, «elegante sgualdrina

di mezza età». È nato a Udine ed è un uomo di cultura, un interlocutore

trattenuto ma piacevole, se e quando decide di farsi trovare. Naturalmente,

dovendo punire il campione della domenica («sanzionare », precisa) ha tanti

nemici di una settimana, un mese, un anno e anche di più. Ogni giorno e per

due anni esatti, da febbraio a febbraio, Radio Marte, la radio ufficiale del

Napoli, ha aperto le trasmissioni di calcio dedicandogli una pillola di veleno.

In magistratura per 35 anni, Tosel non si è mosso sempre nello stesso solco.

Laureatosi a ventun anni («ci tengo»), magistrato a ventiquattro («ero il più

giovane, ci tengo »), è stato sostituto procuratore a Udine, sostituto

procuratore generale a Venezia e procuratore capo sempre a Udine,

particolarmente impegnato negli anni di piombo nella lotta al terrorismo.

Dal Duemila è in pensione.

«Alla giustizia sportiva sono arrivato nell’84, facevo parte del mitico

Ufficio Inchieste composto da 25 magistrati. Non tanto per meriti calcistici,

immagino, poiché nella squadra del liceo venivo sistematicamente espulso per

falli a ripetizione, quanto - piuttosto - per istanze paleoleghiste, dal

momento che le società del nordest non avevano rappresentanti negli organi

giudicanti. Sono stato il primo magistrato cintura nera di judo. Che abbia

pesato anche quella?».

In seguito, eccolo vice capo dell’ufficio indagini, membro della

Disciplinare, giudice sportivo della Lega professionisti e, dopo la

scissione, della Lega di Serie A.

«Sulla mia scrivania confluiscono i referti arbitrali, nonché i rapporti dei

collaboratori della Procura Federale. Su tali atti, e soltanto su tali atti,

ufficiali, emetto provvedimenti che diventano esecutivi attraverso la

pubblicazione del comunicato ufficiale sul sito della lega. Di regola, nel

pomeriggio del giorno dopo».

Didascalico.

«È il senso di questa intervista».

Tira i dadi, e via...

«Sarebbe un esercizio più complicato, mi creda. La discrezionalità del giudice

sportivo è estremamente limitata, i rapporti dell’arbitro, degli assistenti e

del quarto uomo - recita a memoria - fanno piena prova circa il comportamento

dei tesserati in occasione delle gare, articolo 35 n. 1.1. Salvo ovviamente le

ipotesi, limitatissime, in ordine alle quali è prevista la prova tv. Non posso

in alcun modo porre in discussione un’ammonizione o un rosso, neppure se - per

ipotesi - palesemente errati. Devo peraltro dimenticare immediatamente ciò che

ho visto allo stadio quando lo frequento, e lo frequento spesso, e non tenere

conto di segnalazioni esterne, campagne giornalistiche, immagini che non siano

quelle che mi sono state fornite».

In altre parole, si attiene a una specie di tariffario.

«Perfetto. Il tariffario previsto dal Codice di Giustizia Sportiva. Per dire:

un’espressione ingiuriosa rivolta agli ufficiali di gara vale minimo due

giornate di squalifica, quattro ammonizioni di seguito una. Per una condotta

violenta - pugno, sputo e schiaffo - la sanzione minima è di tre turni, e così

via».

Più che un giudice, lei è un notaio.

«Il vero giudice è l’arbitro».

Sulla responsabilità oggettiva ha però maggiore libertà.

«In prevalenza è oggetto dei rapporti della procura federale, la sanzione

varia in funzione della gravità dei fatti e per la ricorrenza, o meno, di una

serie di circostanze attenuanti o esimenti quali, ad esempio, la

collaborazione con le forze dell’ordine, ovvero l’evidente dissociazione di

parte del pubblico dai beceri cori razzisti, intonati da altri tifosi… E così

l’esplosione di un unico petardo, sanzionata negli stadi di A con un’ammenda

da 10.000 a 50.000 euro, articolo 12, in presenza di circostanze attenuanti

può valere solo un paio di migliaia di euro».

La prova televisiva è il vero campo minato.

«Ricordo la mia prima volta. Toni era stato espulso per una gomitata mai

sferrata a un avversario. Le immagini lo provarono e io reintegrai Toni e

sanzionai il simulatore con due turni. La prova tv è prevista solo in alcune

circostanze, ossia nel caso di condotta violenta, in quattro casi di condotta

gravemente antisportiva. Gliele elenco».

No, la prego.

«La simulazione, da cui consegue la concessione di un calcio di rigore ovvero

l’espulsione diretta del calciatore innocente da parte dell’arbitro tratto in

inganno dal simulatore; la realizzazione di una rete con un volontario tocco

della “mano di dio” secondo la terminologia maradoniana; la segnatura di un

gol evitata con un tocco di mano e infine, dallo scorso campionato,

l’espressione blasfema. Entro le 16 del successivo giorno feriale il

procuratore può segnalarmi gli episodi qualora non siano stati sanzionati

dall’arbitro e io, acquisite le relative immagini tv “di piena garanzia

tecnica e documentale” e verificato che il direttore di gara non abbia

effettivamente visto quanto segnalato, mi sostituisco di fatto a lui. Le do

una chicca».

Si faccia perdonare il linguaggio tecnico.

«Non sia mai. Nelle stesse ipotesi in cui è prevista la segnalazione al

giudice da parte del procuratore federale, il codice, articolo 35, n. 1. 3, IV

comma, prevede la possibilità che la società, ovvero il diretto interessato,

possa richiedere al giudice l’esame di immagini da depositare entro lo stesso

termine, le 16 del primo giorno feriale, al fine di dimostrare che il

tesserato non ha in alcun modo commesso il fatto di condotta violenta o

gravemente antisportiva o concernente l’uso di espressioni blasfeme sanzionato

dall’arbitro. Facoltà questa di cui, a mia memoria, nessuno si è mai avvalso».

Vuol dire che il Milan avrebbe potuto “aiutare” Ibra producendo

immagini a sua discolpa il lunedì dopo il Napoli?

«Andiamo avanti».

Non crede che il codice di giustizia sportiva dovrebbe essere

modificato, aggiornato?

«Ogni valutazione sull’eventuale modifica dell’ordinamento sportivo, e non,

spetta al legislatore sportivo, mica ai giudici. Posso solo sperare che per

gli organi della giustizia sportiva non venga in alcun modo soppresso il

divieto congruamente sanzionato come violazione di un elementare principio

deontologico, di esprimere valutazioni o commenti in ordine ai procedimenti in

corso o a quelli nei quali siano stati chiamati a pronunciarsi».

Articolo?

«Ventotto. Almeno nel mondo del calcio la giustizia resti silenziosa».

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E' TORNATO IL BUONSENSO

Paolo De Paola - Tuttosport - 02-03-2012

Le scuse di Galliani ad Agnelli rappresentano finalmente un passo costruttivo dopo il sonno della ragione seguito al pareggio fra Milan e Juventus a San Siro. Complimenti al vicepresidente rossonero. Pur comprendendo qualsiasi sfogo immediato dovuto alla disastrosa prestazione arbitrale, restano, comunque, un mistero le accuse rivolte alla Juventus e la successiva ricerca di fantomatiche ed oscure strategie che sarebbero state orchestrate dai bianconeri. Per non parlare degli sgradevoli episodi che hanno coinvolto, in maniera gratuita, un pezzo di storia rossonera come Pirlo e uno di quella bianconera come Buffon.

Insomma una reazione davvero esagerata e soprattutto contrastante con l’ottimo dialogo che le due società vantano su tanti altri temi. Visto, però, che si è ripresa con saggezza la strada della discussione, è giusto ricordare ciò che il Milan ha contestato alla Juventus, la causa dell’accanimento verbale (e scritto) contro Agnelli, Marotta e Conte. Se di un punto e a capo si parla, è doveroso sottolineare quel punto, altrimenti poi, torti e ragioni confluiscono in un unico calderone e resta la memoria di una guerra che guerra non fu, dato che si è trattato dell’attacco di una parte contro un’altra. Basta riconoscerlo con serenità, ribadendo il tema che ha scatenato le ire dei rossoneri e cioè le precedenti lamentele della Juventus nei confronti di alcuni arbitraggi. Tutto qui, purtroppo. E allora? Si ritiene, forse, che determinate proteste (comuni più o meno a tutti i club a rotazione) abbiano davvero il potere di condizionare un arbitro o un guardalinee tanto da indurli a non concedere un gol regolare? Se così fosse, il calcio sarebbe già bello e finito. No, l’errore tecnico arbitrale (subìto peraltro anche dalla Juventus), per quanto grave continua ad appartenere a un gioco che non vuole dotarsi di tecnologia. La rabbia rossonera andava rivolta solo contro chi ha sbagliato in campo. Tirare in ballo la Juventus è stato un pericoloso boomerang. Dopo le scuse, anche di Mexes, si volti pagina e torni il buonsenso.

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la controinchiesta

LA FARSA DI CALCIOPOLI Intervista a De Santis

L’incontro arbitro-Lepore:

«Sparite le telefonate coi pm»

Il fischietto condannato: «Ero amico di tanti magistrati

ma su 171mila intercettazioni trascritte soltanto 900»

di GIAN MARCO CHIOCCI (il Giornale 03-03-2012)

Non lo hanno mai interrogato e quando ha chiesto di essere sentito, se ne sono

fregati. È stato intercettato due anni, legalmente e illegalmente, e pur non

trovando mai una telefonata con quel diavolo di Moggi è passato alle cronache

per essere l’arbitro a capo della «combriccola» di Lucianone. Massimo De

Santis, ex fischietto di prima fascia, interviene a gamba tesa nella

contro-inchiesta del Giornale sui buchi neri del processo sul calcio sporco

della procura di Napoli.

La sua condanna: un anno e undici mesi di reclusione.

«La sentenza è un obbrobrio perché Calciopoli è una farsa. Su 171mila

telefonate ne sono state trascritte solo 900 e non 3mila ­che già era un dato

scioccante- come avete scritto voi. Gli investigatori hanno sbobinato

esclusivamente le telefonate sulla Juve nascondendone altre. Hanno

intercettato solo me quand’è provato che molti altri arbitri parlavano con i

dirigenti in modo molto poco ortodosso, ammonivano a richiesta i giocatori

diffidati, sempre a disposizione per poi chiedere favori e lavori. In appello

tireremo fuori tutto quello che a Napoli hanno nascosto: faremo una strage,

mezza serie A è coinvolta».

Parliamo di lei e di Moggi.

«(risata). I carabinieri mi intercettano ininterrottamente da novembre 2004 a

giugno 2005. E mai esce una telefonata con Moggi. Anzi, in decine di

telefonate si sente Moggi imprecare contro di me, anti-juventino. Il 20 aprile

2005, Moggi parla col giornalista Tosatti. La Juve ha appena perso col

Palermo: “Questo (De Santis, ndr) ­dice - è un figlio di puţţana, c’ha creato

mille problemi in questo campionato, se noi perdiamo il campionato uno degli

artefici è lui perché c’ha dato troppo contro. A Palermo c’era rigore e non

l’ha dato, a Parma c’era rigore e non ce l’ha dato, è un casino“. Telefonata

del 7 febbraio 2005, Moggi col giornalista Biscardi: “De Santis mi ha rotto i

ċoglioni, ha rotto“. Gli esempi e le telefonate non si contano. Moggi mi

odiava. Per l’unica partita asseritamente arbitrata a favore della Juve, e

cioè quella col Lecce del 14 novembre 2004, io sono stato assolto. E anche

nelle intercettazioni illegali Moggi non esce mai. . . ».

Intercettazioni illegali?

«L’Inter mi ha spiato illegalmente attraverso l’arbitro Nucini, mandato da

Facchetti, e con l’investigatore privato Cipriani, amico di Tavaroli, quello

dello scandalo Telecom. Hanno messo sottosopra la mia vita, mi hanno pedinato,

controllato i telefoni e nemmeno lì Moggi è uscito mai.

Ok, lei è Moggi non avevate rapporti

«Ok un cavolo: mi hanno messo a capo dell’associazione per delinquere di Moggi

quando nemmeno ci parlavo. Strano no?

È strano che lei, stando alla sentenza, avesse avuto da Moggi una sim

svizzera.

«(Occhiataccia). Io non ho mai utilizzato alcuna linea riservata con Moggi.

Gli inquirenti si sono fissati su una sim svizzera (che peraltro avrei avuto

per poco tempo e quando la Juve da me arbitrata perdeva) ma io ho dimostrato-

anche se non hanno voluto prendere atto delle prove in senso contrario che

esibivo­ che la mia presenza non combaciava mai con quella dov’era ubicata la

cella della sim svizzera. Il telefono era là, io ero sempre da un’altra parte».

Lei avrebbe cambiato modo di arbitrare quando le arriva la proroga

delle indagini da parte dei pm di Napoli.

«Falso! L’avviso viene notificato a giugno, a campionato finito».

La accusano di aver avuto una soffiata interna al Csm sulle indagini

dei carabinieri...

«Minchiata. Hanno sostenuto che avessi appreso notizie riservate da un autista

del Csm col quale ho parlato talvolta, come se questo fosse stato in grado di

rivelarmi chissà che cosa, e non si sono preoccupati dei miei contatti con

alti magistrati (ai quali, ovviamente, non mi sono mai sognato di chiedere

nulla). All’epoca frequentavo il giudice di Torino Caselli, il giudice di

Napoli Mancuso, conoscevo bene Rognoni (ex capo del Csm, ndr) persone

stimatissime e integerrime, e come loro tanti altri importanti magistrati, se

vuole le faccio l’elenco. E poi. . . »

Dica.

«Il 9 maggio, qualche giorno prima che lo scandalo scoppiasse sui giornali,

sapete con chi ho parlato? Direttamente con il procuratore capo di Napoli,

Giandomenico Lepore, al quale ho chiesto ragguagli su quel che i giornali

stavano anticipando riguardo all’inchiesta. Perché allora tanto malanimo nei

miei confronti? Perché negli atti dell’inchiesta le telefonate coi magistrati

sono scomparse? Sono o non sono autorizzato a pensare male? Al figlio di

Facchetti che mi ha querelato perché rivelai che parlavo col padre, ho dovuto

chiedere scusa perché nelle carte processuali le telefonate effettivamente non

risultavano anche se ero certo, certissimo, di averle fatte. Solo quando il

perito della difesa, Nicola Penta, le ha scovate a fatica dopo averne sentite

30mila, mai sbobinate dai carabinieri, quelle telefonate sono miracolosamente

uscite. Il tempo mi darà ragione, e in tanti saranno costretti a chiedermi

scusa. Il figlio di Giacinto Facchetti ancora non lo ha fatto, è il primo che

deve farsi avanti. Sto aspettando».

(4 - fine)

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Il pallone di Luciano

La Signora è di nuovo antipatica

Ottimo segnale per chi la ama

di LUCIANO MOGGI (Libero 03-03-2012)

Una premessa d’obbligo. Il presidente del Coni Gianni Petrucci è persona

intelligente e perbene. Ci sorprende, quindi, che insista sul concetto «gli

arbitri possono sbagliarecometutte le componenti di questo sport» senza

aggiungere che sbagliano adesso come sbagliavano prima. La conseguenza non è

dunque che «Calciopoli è finita» o «non c’entra niente», Calciopoli banalmente

non è mai esistita. Se sono errori umani adesso, lo erano anche prima, e solo

un perverso “sentimento popolare” dell’epoca creò l’orrore di una impalcatura

diretta a eliminare chi più di altri e meglio di chiunque altro sapeva

vincere. Le motivazione del tribunale di Napoli dicono chiaramente che il

campionato 2004-05 era regolare, che il sorteggio era regolare così come le

ammonizioni, che le investigazioni sono state parziali e indirizzate. Gli

ambienti infatti dovrebbero essere messi sotto lente di ingrandimento a 360°

per capire se c’è del marcio e dove sta. Se lo avessero fatto... Per ragion di

stato (o se volete di assemblea di Lega), Milan e Juve hanno ripreso a

parlarsi, ma il fuoco cova sotto la cenere. Quandoci si offende c’è sempre un

motivo e nessuna scusa al mondo può far dimenticare certe parole. Detto questo

la Signora è finalmente tornata antipatica dopo anni di “simpatia” e flop:

buon segno per chi tifa bianconero.

Andando al calcio giocato, il turno sembra essere favorevole alla Juve, anche

se l’avversario del diavolo (il Palermo) non sarà in formazione tipo. Per la

Signora dieci punti possibili nelle prossime quattro partite (recupero di

mercoledì con il Bologna compreso). Per oggi Conte pensa al 4-3-3, il modulo

che ha messo in difficoltà il Milan nel finale al Meazza.

Il derby dell’Olimpico è la gara più attesa di domani. Vinto all’andata dalla

Lazio, ha fatto mettere da parte l’ironico anatema di Totti , «Il segreto per

vincere è Reja, con lui vinciamo sempre noi». Non fu così e per la Roma non

sono rose e fiori, dopo la batosta di Bergamo. Il progetto di Baldini non

decolla, è anzi a rischio di naufragio. L’autolesionismo di Luis Enrique,

ammantato da rispetto per le regole, sembra essere stato provocato da un caso

assai più grave di un paio di minuti di ritardo. La Lazio vuole confermarsi al

terzo posto, dove è abbarbicata anche l’Udinese, che aspetta al Friuli

l’Atalanta, traguardo questo a cui punta apertamente anche il Napoli,

distaccato di cinque punti. Mazzarri fa visita alle 12,30 al Parma, i ducali

vinsero con Colomba in panchina al San Paolo e sono ora guidati dall’ex

Donadoni. Biabiany con la sua velocità e Giovinco con la voglia di dimenticare

la delusione in nazionale, potrebbero essere le armi del Parma. Il Napoli

punta alla quarta vittoria consecutiva e schiera tutti i titolarissimi.

La gloria del calcio è passata da tempo per l’Inter, quasi patetica nei

proclami affidati a turno a qualcuno dei suoi grandi decaduti. Stavolta tocca

a Milito, «Siamo con Ranieri», come se potesse bastare. Le colpe vengono da

lontano e chiamano in causa il patron, l’abbiamo spiegato troppe volte per

doverlo ripetere. Domani c’è il Catania a San Siro, avversario non facile. Con

Milito c’è Pazzini, in panchina Sneijder, mito infranto. Il Genoa delle

ambizioni represse - Marino per Malesani non ha cambiato molto - va a Lecce.

Con Muriel e Cuadrado, colombiani della provvidenza, Cosmi ha calzato gli

stivali delle 7 leghe. Se arrivassero altri tre punti... Il caso clinico della

Fiorentina contro la disperazione del Cesena: Rossi non può sbagliare, Beretta

lascia a casa Mutu.

Chiusura con le pericolanti. La favola di Mondonico sembra finita, il Bologna

con il Novara cerca sollievo. Il Siena pericolante ospita il Cagliari: tre

punti fondamentali per Sannino.

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Quella partita

sospetta su cui

nessuno indaga

“C’era accordo”: ignorato report Uefa

su Chievo-Catania (1-1) del 2010

di IVO ROMANO (LA STAMPA 03-03-2012)

Udinese-Bari, l’ultima delle partite sospette. Per ora, l’ultima. In attesa

delle prossime rivelazioni. La Procura di Cremona sta lavorando sodo, i

risultati arrivano, naturalmente a tappe. Se solo il mondo del calcio (Figc in

testa, Lega a ruota) si fosse attivata per tempo, forse la lotta alla

corruzione sarebbe meno difficile. Palazzi segue la giustizia ordinaria, com’è

giusto che sia. Si lamenta degli scarsi mezzi a disposizione, oggettivamente

insufficienti.

Logica vorrebbe una piena collaborazione, anche in direzione opposta: la

Procura federale che trasmette atti alla giustizia ordinaria. È accaduto con

colpevole ritardo, per la denuncia di Farina. In altri casi, nulla è stato

trasmesso, neppure in ritardo. Udinese-Bari, l’ultima delle partite

incriminate.

Roba della stagione 2009-2010, infestata da gare sospette. Un caso limite,

quello di Chievo-Catania. Ne parlò la stampa britannica, definendolo «The

Italian Job». Puntate sospette (la storia si sarebbe ripetuta qualche

settimana dopo in Bologna-Catania), tutte sul pareggio, molte (oltre 180mila

euro solo su Betfair) sul risultato esatto (1-1). In Uefa molti strabuzzarono

gli occhi quando, chi per il massimo organismo europeo monitora l’andamento

delle scommesse, inviò un dettagliato report. L’allarme scattò, subito

trasmesso in Italia, alla Procura federale. Una relazione chiara, tradotta

perfino in italiano, malgrado l’Uefa abitualmente utilizzi la lingua inglese.

Dati, cifre, andamento del gioco, sia prima della gara che in modalità live,

sia sui bookmaker tradizionali che su quelli asiatici e i betting- exchange. E

una conclusione più che eloquente: «L’andamento del gioco sui bookmaker

tradizionali, su Betfair e sui bookmaker asiatici non lascia dubbi: le due

squadre si sono accordate per il pareggio. E la cifra astronomica scambiata

sull’1-1 su Betfair chiarisce come ci fosse accordo anche per lo score finale».

Troppi soldi sul pareggio in Europa e sul «Catania + 0, 5» (che, tradotto

dall’Asian Handicap, equivale al nostro X2) in Asia. E quote che crollano (da

3,0 fino a 1,5, prima dello stop). Per non parlare del live: dopo il vantaggio

del Chievo, il gol del Catania quotato appena a 1, 5. E l’Uefa conclude:

«Appare chiaro il salto di qualità: se spesso in passato il campionato

italiano ha visto accordi taciti (interesse comune per la classifica),

stavolta le modalità del gioco denotano un accordo operato con molti giorni

d’anticipo e la monetizzazione attraverso le scommesse (ignoti i soggetti

interessati) del suddetto accordo ». Parole forti.

Palazzi aveva aperto un’indagine conoscitiva, di quelle che si aprono e si

chiudono in men che non si dica. Pochi mezzi e scarse possibilità di giungere

a conclusioni certe. Altra storia, forse, avvremmo avuto chiamando in causa la

giustizia ordinaria, ipotesi ignorata. Per quella come per altre partite della

stessa stagione. Molte di serie B, sulle quali poi la Procura di Cremona

avrebbe posato la sua attenzione, grazie anche alla collaborazione delle

autorità investigative croate, che indagavano sui cosiddetti Zingari. L’Uefa

aveva avvertito per tempo, come nel caso di Chievo-Catania, ma l’allarme era

suonato a vuoto. Il passato insegna, è il caso di farne tesoro.

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