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CRAZEOLOGY

K A L C I O M A R C I O! - Lo Schifo Continua -

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Beha: “Calcio nuovo

e vecchie polemiche”

di OLIVIERO BEHA (il Fatto Quotidiano.it 27-02-2012)

Nell'ultimo fine settimana è successo di tutto. Prima il tribunale di Milano

ha mandato in prescrizione il processo Mills, poi a San Siro è stato "mandato

in prescrizione" il gol di Muntari. Un errore macroscopico, quasi ridicolo.

Che tuttavia fa pensare che il calcio stia tornando meravigliosamente

indietro. Le polemiche che si sono scatenate tra Milan e Juventus appartengono

al calcio di ieri, così lontano da quello di oggi, segnato dalle scommesse e

dalle riforme di Blatter e Platini. Il clamoroso errore di sabato sera fa

venire in mente Calciopoli. Allora una domanda sorge spontanea: ora che non

c'è più, chi è che gioca a fare il Moggi?

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Il posticipo_Milan-Juventus

(La strada per San Siro,

con Arturo Bandini Buffon)

di FRANCESCO SAVIO dal blog Non c'è fretta 27-02-2012

Che Arturo Bandini puzzasse di pesce era cosa nota. Di sapone e di pesce per

la precisione, a causa delle giornate trascorse a lavorare alla California

Packing Company, la fabbrica per l'inscatolamento del pesce a Terminal Island,

giornate alle quali seguivano ripetuti lavaggi che tuttavia non riuscivano a

toglierli di dosso quell'odore forte di abitanti del mare. Sull'autobus la

gente si allontanava da lui, al cinema i posti che confinavano con il suo

venivano immediatamente abbandonati. Dentro uno stadio tutto esaurito, avevo

pensato, vuoi vedere che stiamo più larghi.

Così avevo convinto Arturo, 25 euro per un biglietto al terzo anello rosso

gli erano sembrati un buon prezzo, anche considerando il fatto che se li era

procurati vendendo gli unici gioielli di famiglia, rubati alla madre. Al monte

dei pegni di via Capecelatro, l'ebreo arcigno oltre il banco l'aveva fregato,

ma che importava con il biglietto fila 7 posto 21 fra le mani.

Salendo rotatori una delle quattro torri dello stadio, Bandini mi aveva

raccontato di aver fatto un sacco di mestieri per mantenere la famiglia dopo

la morte del padre: spalatore di fossi, lavapiatti, scaricatore di camion,

commesso di drogheria. Ma nessuno che si decidesse ad assumerlo come scrittore,

anche perché Arturo non riteneva la sua prosa in vendita, scrivendo egli per

la posterità: "Scrivo sia romanzi che racconti, sono ambidestro".

Dalla vetta di San Siro, una partita deceduta veniva portata in vita al

quattordicesimo del primo tempo da Beckenbauer Bonucci, abile prima a servire

via Robinho l'avversario Nocerino con un grottesco disimpegno difensivo, poi a

deviare sfortunato il tiro da fuori area del numero 22 rossonero alle spalle

di Buffon. La Juve più brutta della stagione sprofondava, e il Milan pur senza

mostrare un bel gioco raddoppiava con Muntari al venticinquesimo, pronto

sottoporta a spingere in rete dopo una strepitosa respinta sulla riga del più

forte portiere del mondo su colpo di testa di Mexes: Milan 2, Juventus 0. Il

match pareva concluso, ma nel secondo tempo gli omini bianconeri reagivano di

nervi sfiorando il goal con Quagliarella e pareggiando nell'ultimo quarto

d'ora con una doppietta di Matri: al settantottesimo su imbeccata di Vucinic e

all'ottantatreesimo in splendida girata su cross di Pepe.

Riscendendo in circolo verso la terra da sopra illuminata con fari e sirene

volteggianti, Bandini mi aveva sorpreso estraendo dallo zaino due fucili ad

aria compressa.

"Adesso sai che facciamo? Ci fermiamo in questo punto della torre e ci

mettiamo a sparare addosso a tutti quelli che getteranno benzina sul fuoco di

questo Milan-Juventus. Presidenti, dirigenti, allenatori, giornalisti corrotti

e incapaci. Tieni il tuo fucile, e spara. Addio, codardi. Sputo su di voi,

disgustato. La vostra codardia ripugna il Fuhrer Bandini. Odiosa gli è la

codardia quanto gli è odioso un morbo. Non vi perdonerà. Possano le maree

mondare la terra dal crimine della vostra codardia, canaglie".

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Juventus e vecchi merletti

di GIANFRANCESCO TURANO dal blog RAGÙ DI CAPRA 27-02-2012

In Borsa come in campo tira un’aria nuova sulla Juve di Conte e di Andrea

Agnelli. Così nuova che assomiglia alla vecchia. Ecco qualche indizio.

Indizio numero uno. San Siro, 25 febbraio, poco dopo le 21. La quaterna

arbitrale non si accorge di un gol del milanista Muntari che avrebbe visto

anche Stevie Wonder.

Nel secondo tempo, un gol regolare viene negato al bianconero Matri. Pareggio

dei torti? In realtà, il bilanciamento regge soltanto nell’arringa difensiva

post-partita dei Gobbi. Il fuorigioco di Matri è questione di pochi

millimetri. Il gol di Muntari è dentro di 1 metro, pari a 1000 millimetri.

Altro indizio. Qualche giorno prima Andrea Agnelli si libera di un peso e

beatifica l’asse di Calciopoli dicendo che Giraudo è un padre per lui e che

Moggi era il migliore.

La dichiarazione contraddice parzialmente quanto il Presidente bianconero ha

detto per riconquistare lo scudetto perso a tavolino nel 2006, ossia che Moggi

era una scheggia impazzita e che, se ha imbrogliato, ha imbrogliato in proprio

e ad insaputa dell’azionista. Ma fa niente.

Terzo e conclusivo indizio. La Juventus ha chiuso da poco l’aumento di

capitale da 120 milioni di euro necessario a riparare le perdite di bilancio.

Ci sono solo tre soci segnalati alla Consob al di sopra della quota di

possesso del 2%. Uno è il socio di controllo, cioè l’Exor della famiglia

Agnelli. L’altro è la Lafico, la finanziaria libica entrata nel capitale ai

tempi di Gheddafi, con il 7,5%. Il terzo è un socio nuovo, inglese. Si chiama

Lindsell Train ltd ed è una società londinese di investimenti privati che

prende il nome dai due fondatori, i signori Mike Lindsell e Nick Train,

appunto.

Il loro mestiere è prendere i soldi dei clienti e farli fruttare attraverso

investimenti in azioni. Di chi sono i soldi di Lindsell & Train? Inutile

chiederlo a loro. Sono tenuti a non dirlo.

Altra domanda. Quale cittadino italiano si è trasferito a lavorare a Londra

dopo essere stato amministratore delegato e azionista della Juve?

Domanda finale. A volte ritornano?

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FIGC News In Breve

Violazione regolamento agenti:

un anno a Pasqualin e D’Amico

27/02/2012

Sospensione della licenza per un anno e 15. 000 euro ciascuno per violazione

del regolamento agenti: sono queste le sanzioni adottate nei confronti degli

agenti di calciatori Claudio Pasqualin e Andrea D’Amico dalla Commissione

Disciplinare Nazionale, nella riunione odierna presieduta da Claudio

Franchini.

Per consultare il testo integrale del documento

N.B.

Deferiti anche i fratelli Capone (spettacolo!).

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Mi permettete di parlare con voi di calcio,

come a una puntata di "Controcampo"?

di GIAMPIERO MUGHINI (tiscali: opinioni 27-02-2012)

Confesso che ieri, domenica 26 febbraio, m'è mancato molto di non esserci alla

puntata di "Controcampo", la trasmissione Mediaset di cui sono stato ospite

per tanti anni, un'esperienza professionale che ho chiuso due anni fa. Il

calcio è uno sport bellissimo, e gli imbecilli che dicono di non amarlo non

sanno che cosa si perdono. E quanto alla domenica sera, è difficile che ci sia

un argomento da commentare in televisione più caldo e importante di quel che è

successo sui campi verdi della serie A, un gioco e uno sport che coinvolgono

circa trenta milioni di italiani. Domenica 26 febbraio avrei tanto ma proprio

tanto voluto chiacchierare del Milan-Juve del sabato precedente e di quel che

è successo in campo e fuori dal campo.

Bellissima partita, non solo rovente. Premetto che in termini di lealtà

sportiva, avrei preferito che Ibrahimovic ci fosse (eccessiva la sua condanna

a tre giornate). Ovvio riconoscere che un Milan astrale ha dominato per 60

minuti buoni. Ovvio che se il gol validissimo di Muntari fosse stato

riconosciuto da guardalinee ed arbitro e il Milan fosse andato sul 2-0,

sarebbe stato difficilissimo per la Juve rimontare e pareggiare, e che di

tutto questo giocatori e tifosi del Milan siano furenti. Per quel che mi

riguarda, ancora una volta mi tolgo il cappello innanzi alla squadra e alla

società rossonere, gente che ha fatto la storia del calcio italiano e che (a

differenza di altre squadre) s'è cucita sulle maglie scudetti sempre meritati

e strameritati.

E invece non vanno bene certi atteggiamenti e certe parole usate ai

bordi del campo o negli spogliatoi o ai microfoni televisivi. Dico subito

che non mi riferisco all'intemerata in diretta di Carlo Pellegatti contro Antonio

Conte. Conosco Carlo, so che è un bravissimo ragazzo e che quelle espressioni

gli sono scappate in un momento di esaltazione e rabbia. Leggo da qualche parte

che Conte ha intenzione di querelarlo. Se potessi direi a quello che chiamo

"il capitano" (perché ai miei occhi continuava lui ad essere il capitano e

anche se la Juve aveva affidato la fascia di capitano ad Alex Del Piero) di

ripensarci e lasciar perdere. Le scuse fatte da Pellegatti bastano e avanzano.

Di querele i tribunali italiani sono già intasati. Scuso meno Galliani per

tutto quanto ha inveito contro la Juve. Da un uomo esperto come lui non mi

aspettavo che offendesse quelli che fanno il suo stesso mestiere in altre

squadre. E poi la questione è di fondo. Non è che ogni volta si possa

trasformare il risultato di 90 minuti di calcio nella terza guerra mondiale.

Quelli del Milan accusato la Juve di "arroganza". A dire il vero sabato

sera nessuno si è tirato indietro in fatto di arroganza. Può darsi che Conte e la

Juve avessero ecceduto in lamentele per il rigore e mezzo che la Juve non aveva

avuto nella partita contro il Parma, e anche se ammetterete che sia un po'

strano che in questo campionato che sta dominando dalla a alla z (con un

possesso palla per partita del 61 per cento), la Juve abbia avuto in tutto un

solo rigore a favore. Detto questo, pensare che guardalinee ed arbitro (il

miglior arbitro italiano) abbiano sbagliato perché intimoriti dalle lamentele

juventine di un paio di domeniche fa, mi sembra da babbei. Succede che gli

arbitri sbaglino nel valutare le cose del campo. Talvolta sono sbagli

grossolani. Talvolta sbagliano a favore dei tuoi beniamini, talvolta contro.

Solo che il torneo si gioca in 38 partite e alle fine i conti si bilanciano

Quanto agli errori dell'arbitro in Milan-Juve sono stati fondamentalmente

tre. Avere annullato un gol buonissimo del Milan, non avere espulso Mexes per

il gran cazzottone dato a Borriello, avere annullato un gol buonissimo della

Juve. Vedo che Gigi Buffon viene criticato per avere ammesso che se avesse

visto che la palla era dentro non lo avrebbe confessato all'arbitro. Qualcuno

arriva a dire che Buffon non merita più la nazionale. Ecco, se Buffon avesse

ammesso che la palla era dentro e poi l'arbitro non espelleva Mexes e poi non

convalidava un gol buonissimo di Matri, Buffon sì o no avrebbe vinto l'Oscar

per il giocatore più fesso al mondo? Plachiamoci. Evviva il grande Milan,

evviva il calcio, evviva noi che lo amiamo. E vinca il migliore, com'è sempre

stato.

Modificato da Ghost Dog

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SPY CALCIO di Fulvio Bianchi (Repubblica.it 27-02-2012)

Un calcio senza fair play

Abete attacca la Lega di A

Giancarlo Abete forse se lo sentiva. Ecco perché alla vigilia della supersfida

di San Siro aveva messo le mani avanti, tanto da scatenare le (assurde) accuse

da parte della Juventus. D'altronde, se non può parlare il n.1 del calcio. . .

Ma Abete non si arrende di sicuro, non è nel suo carattere: ed ecco che oggi a

Coverciano è tornato all'attacco della Lega di A dove parlano (e litigano. . . )

soltanto sui soldi da spartirsi e mai che discutano con serietà e serenità dei

veri problemi del nostro calcio così rissoso. ''Milan-Juventus non è stato uno

spot a favore del calcio e del fairplay per come è nata, maturata e per quanto

è accaduto dopo'', ha sostenuto Abete. Poi l'affondo: ''Che cosa chiedo? Ai

giocatori, ai tecnici e ai dirigenti di avere senso della misura, buonsenso e

atteggiamenti responsabili, alla Lega di serie A, che si riunirà il 2 marzo,

chiedo di fare una riflessione a 360 gradi sulle situazioni comportamentali,

in modo che tutti ne siano consapevoli. Agli arbitri e agli assistenti chiedo

di non commettere errori come quelli di sabato sera, errori importanti che

pesano su una partita importante. E comunque, non era una finale di Champions

o di Coppa del mondo, visto che il campionato è ancora lungo''. Insomma, la

Lega nella sua assemblea dovrebbe parlare dei "sistemi comportamentali": Abete

è in linea con Giovanni Petrucci, suo "sponsor" numero 1. L'assemblea è stata

convocata per parlare della situazione del presidente Maurizio Beretta, fra

chi è contro (per ora otto club) e chi è a favore o non si è ancora schierato.

Parleranno anche di etica? Abete, come da noi anticipato ieri, inoltre spera

che si trovi una soluzione per i gol-fantasma ma lo scontro è fra Blatter (a

favore della tecnologia, ma chissà se è vero...) e Platini che ancora oggi ha

ribadito la sua posizione per i due arbitri di porta. Antonello Valentini, dg

della Figc, sostiene che qualsiasi soluzione potrebbe andare bene, "purché se

ne venga a capo". E' vero, i due arbitri (e non assistenti) in più a partita

possono creare problemi di reclutamento, e anche di spese. Ma la Figc è pronta

farsene carico: pur non di vedere più partite come Milan-Juventus.

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L’AZZURRO Bonucci

e l’ombra di Udinese-Bari

di ANTONIO MASSARI (il Fatto Quotidiano 28-02-2012)

Dalle inchieste incrociate sul calcio scommesse, quelle delle procure di

Cremona e Bari, emerge il coinvolgimento del 23enne Leonardo Bonucci.

Difensore della Nazionale, un passato nell’Inter e nel Bari, il nome di

Bonucci non è stato inserito nel registro degli indagati, ma compare negli

atti d’i n d agine. E su di lui sono in corso gli accertamenti degli

investigatori. Il riferimento a Bonucci è legato alla presunta combine tra

Udinese e Bari, terminata 3-3, nel campionato 2009/2010 di Serie A. La partita

– già inserita nell’elenco di 150 incontri con flussi anomali di scommesse,

consegnato dai monopoli di Stato alle procure – con le sue 6 reti rientra

nella tipologia di scommessa “over”, la preferita dagli scommettitori legati

al clan degli “zingari” che, stando all’inchiesta di Bari, non sarebbe stato

l’unico gruppo interessato alle combine. La procura pugliese, infatti, indaga

anche sul coinvolgimento dei clan mafiosi di Bari nella corruzione dei

calciatori.

___

Udinese-Bari: spunta Bonucci

La posizione del difensore attualmente alla Juve al vaglio degli inquirenti per il 3-3 del maggio 2010

di FRANCESCO CENITI (GaSport 28-02-2012)

C'è un nome nuovo nelle carte che sta esaminando la Procura di Bari: Leonardo

Bonucci. La posizione del giocatore della Juventus è al vaglio degli

inquirenti che da oltre due anni stanno indagando sulle infiltrazioni mafiose

nel mondo delle scommesse e su un numero consistente di partite combinate. Le

prime indiscrezioni parlano di un possibile coinvolgimento del difensore per

quanto riguarda Udinese-Bari 3-3, partita segnalata dal factotum Angelo

Iacovelli al gip di Cremona, Guido Salvini, durante l'interrogatorio di

garanzia dello scorso 7 febbraio. L'ausiliario aveva fatto mettere a verbale:

«So che alcune amici scommettevano a nome di Andrea Masiello. Una circostanza

avvenuta per Udinese-Bari. Andrea avrebbe poi riscosso i soldi delle puntate

fuori da un noto ristorante». Il particolare era già noto ai magistrati del

capoluogo pugliese tanto che nella lista degli attuali 17 indagati dovrebbero

esserci proprio delle persone riconducibili agli ex calciatori del Bari. Oltre

a Masiello, le indagini avrebbero portato alla ribalta anche Bonucci.

Scommesse e combine Al momento il difensore della Nazionale (è in ritiro

a Genova) non dovrebbe essere indagato, ma il pm Angellilis e il procuratore

Laudati dovrebbero approfondire la sua posizione in tempi rapidi. Per gli

investigatori un fatto è certo: diversi giocatori del Bari scommettevano. E lo

facevano a credito presso alcuni ristoratori, una sorta di «centro raccolta»

che piazzava le puntate in bookmaker sicuri (secondo la procura dietro questo

movimento c'era il clan Parisi e quindi la criminalità organizzata che

riciclava fiumi di denaro). Le persone scommettevano in nome dei calciatori e

in caso di vittoria riscuotevano i soldi e poi li consegnavano. Non mancano

gli strumenti per arrivare a scoperchiare questo giro: movimenti bancari,

tabulati telefonici, intercettazioni e una serie di testimonianze. A partire

da quella di Iacovelli, ma anche delle persone indagate che rischiano

incriminazioni pesanti (l'ipotesi di reato prevede l'associazione per

delinquere di stampo mafioso e il riciclaggio) a meno di una collaborazione

proficua con i magistrati. Questa potrebbe essere l'unica strada praticabile

per i calciatori indagati come Masiello, Marco Rossi, Bentivoglio, Parisi,

Belmonte, Ghezzal, l'ex Marco Esposito, ma anche la new entry Portanova.

Perché Bonucci Ma come si è arrivati al nome di Bonucci? La risposta è

nelle carte dell'inchiesta. Gli inquirenti ritengono che molte partite del Bari

dello scorso campionato siano state combinate e le «informazioni» vendute al

miglior offerente per far cassa. Ma il fenomeno parte da lontano e affonda le

radici in un'altra piaga: le scommesse. L'indagine dimostrerebbe che tutto

parte da qui: molti calciatori si «divertivano» a puntare nonostante il

divieto della giustizia sportiva. Per farlo si appoggiavano a gente «poco

raccomandabile», per i magistrati veri e propri affiliati alla criminalità che

offrivano la possibilità allettante di giocare su bookmaker sicuri e dal

profitto alto. Seguendo questa traccia si è arrivati a una partita come

Udinese-Bari 3-3, ultima giornata del campionato 2009-2010. Sfida senza

assilli, con le due squadre già in «vacanza». Per Iacovelli alcuni calciatori

decidono di sondare il terreno per organizzare un over (almeno 3 gol segnati).

I riscontri porterebbero non solo a Masiello come ipotizzato da Iacovelli, ma

anche a Bonucci compagno di reparto di una difesa (che quel 9 maggio non ha

certo dato prove di affidabilità) era completata da Parisi e Belmonte, poi

sostituito da un altro nome che compare nelle carte: Stellini, attuale vice di

Conte alla Juve. Resterebbe da chiarire un solo tassello: hanno fatto tutto da

soli oppure c'è stata anche una sponda da parte di qualche giocatore

dell'Udinese? Nei prossimi giorni potrebbero esserci altre novità.

___

Scommesse

Coinvolto anche Bonucci

l´inchiesta arriva in azzurro

Il pm Di Martino: "Al calcio serve un´amnistia"

di GIULIANO FOSCHINI & MARCO MENSURATI (la Repubblica 28-02-2012)

L´inchiesta sul calcioscommesse arriva in azzurro. Il difensore della Juventus,

Leonardo Bonucci, è coinvolto nell´indagine condotta dalla procura di Bari.

Il suo nome è finito agli atti in relazione alla gara Udinese–Bari del 9

maggio 2010, quando Bonucci giocava con la maglia biancorossa. La partita

terminò 3-3. Le cronache sportive raccontano che fu la classica festa di fine

campionato: il Bari voleva chiudere bene una lunga striscia positiva, Di

Natale era sul punto di festeggiare i 100 gol in serie A, l´Udinese non aveva

nulla da perdere e nulla da vincere. Le cose andarono spensieratamente in

discesa, per tutti: un pareggio, tanti gol, tanto spettacolo e festa

collettiva. Oggi si scopre però che probabilmente quella goleada non fu

l´epilogo di una bella giornata di calcio ma il frutto di un accordo raggiunto

sulla base di denaro messo a disposizione da alcuni gruppi di scommettitori.

I primi a segnalare la gara alle Procure sono stati i Monopoli di Stato

qualche mese fa, inserendola tra gli eventi delle ultime due stagioni che

hanno fatto registrare flussi anomali di scommesse. Il secondo a elencare

quella partita in un verbale giudiziario è stato Angelo Iacovelli, il facchino

barese arrestato e poi scarcerato un mese fa, dopo aver svelato ai magistrati

molti dei segreti del calcioscommesse italiano. Tra questi segreti anche

quello di Udinese-Bari, partita taroccata. Non disse né come né da chi. Solo

che, a quanto gli risultava, quella gara era stata decisa a tavolino ben prima

del fischio di inizio. Da quel giorno i magistrati si sono messi al lavoro

sulla traccia e ora sono arrivati ai primi, preziosi, riscontri. Particolari,

cifre, nomi. Uno è, appunto, quello di Leonardo Bonucci, che secondo quanto

risulta a una fonte qualificata, «avrebbe saputo per lo meno dell´accordo» tra

le squadre. Al momento Bonucci non è indagato ma il suo coinvolgimento a

livello di giustizia sportiva appare probabile (Palazzi procede anche solo per

omessa denuncia), a conferma della necessità di trovare una via d´uscita

"politica" a una situazione sempre più drammatica: «Il fenomeno è dilagante -

ha detto a Sky ieri il procuratore di Cremona Roberto Di Martino - Il calcio

forse dovrebbe pensare a un´amnistia per ripartire».

In attesa delle mosse della Figc il procuratore di Bari, Antonio Laudati, è

impegnato a ricostruire il flusso del denaro delle scommesse. Vuole cioè

capire da chi provenivano i soldi, dato che l´ipotesi dell´accusa è che a

tirare le fila del gioco sporco fossero le mani dei potenti gruppi mafiosi

locali. Del resto la procura di Bari e quella di Cremona – che recentemente

erano entrate in una sorta di conflitto di competenza proprio sull´inchiesta

Calcioscommesse - sono addivenute ad accordo. Bari da ora in avanti procederà

solo sulla parte relativa alle connessioni con i gruppi mafiosi del sud,

mentre Cremona sull´associazione a delinquere internazionale, quella, per

capirsi, che riporta direttamente agli "Zingari" e agli asiatici.

Anche su questo versante l´inchiesta minaccia di avere risvolti piuttosto

pesanti. Proprio in queste ore, ad esempio, gli inquirenti hanno maturato la

definitiva convinzione che quel "Corvia" che sin dal primo istante era

comparso nelle pieghe dell´indagine non fosse una millanteria di Paoloni, ma

che si trattasse invece proprio di Daniele Corvia, centravanti del Lecce, ed

ex Roma. Se ciò fosse vero (e a quanto pare ci sono anche dei riscontri

tecnici positivi) mezza serie A tornerebbe d´improvviso a tremare: la

posizione di Corvia era strettamente collegata a due partite fortemente

sospette: Inter-Lecce 1-0, con i giocatori nerazzurri che si ritirarono

dall´affare nel tunnel del Meazza. E Roma-Fiorentina: «Sarà over glielo, ha

detto (a Corvia, ndr) il capitano della giallorossa», recitava una

intercettazione del giugno scorso, recentemente recuperata dalla procura di

Cremona. Quella gara finì 2-2. Over, appunto.

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PUGNI e Caresse

Quanta trippa per Pellegatti

di ANDREA SCANZI (il Fatto Quotidiano 28-02-2012)

LA PARCELLIZZAZIONE mediatica del calcio ha sdoganato una nuova figura

professionale: il telecronista tifoso. Per iscriversi all’albo, aiuta

conoscere la massima di George Bernard Shaw: “Per giocare a golf non è

necessario essere imbecilli. Però aiuta molto”. La voce ufficiale del Milan è

Carlo Pellegatti. Imperversa su Mediaset e Milan Channel. Di Pellegatti si

ricordano vertici invidiabili, ad esempio il record mondiale di annuimenti

durante le interviste a Galliani e Berlusconi, oppure gli scritti memorabili

(dedicati ai cavalli) sulla Ġazzetta dello Sport, che dimostrano da soli

perché l’ippica sia gergalmente presa come approdo ultimo dei senza qualità. È

prassi dei telecronisti ultrà trovare un soprannome per ogni calciatore.

Roberto Scarpini, desolante megafono interista, chiamava Materazzi “Matrix”

(Keanu Reeves ha sporto querela). Pellegatti è più elegiaco: Laursen (sì,

Laursen) era “Raggio di Luna”, Rui Costa “il Musagete” (dopo averlo saputo, il

portoghese non ha più indovinato una partita). Sabato, dopo l’arbitraggio

illuminato di Tagliavento e soci in Milan-Juventus, Pellegatti si è scagliato

contro l’ameno Antonio Conte. Mediaset si è giustificata parlando di un fuori

onda trasmesso per errore: ovviamente non ci ha creduto nessuno. Ispirandosi a

un rapper afasico, Pellegatti ha ripetuto autisticamente la frase: “Che

ingiustizia, che vergogna”. Poi se l’è presa con il tecnico bianconero: “Conte

senza vergogna va a protestare!”. Quindi il crescendo rossiniano: “Conte è

malato mentale! Vai e vai negli spogliatoi stasera, cązzo rompi i ċoglioniI

stasera! Stasera muto e vai negli spogliatoi (. . ) Colpa di quel testa di

cązzo! (..) Per fare inca**are Ambrosini ce ne vuole!” (notoriamente Ambrosini

è uno dei giocatori più fumantini del Milan). A questo punto perfino

Pellegatti si è reso conto di avere esagerato. Ha così biascicato uno

straziante: “Non dir stupidate”. Parlava con se stesso, ma come spesso capita

non si è sentito.

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Non c’è Trippa per Boccolini (per non parlare della Juve)

di RIO PALADORO (IL FOGLIO 28-02-2012)

L’Anziolavinio pareggia contro il Cynthia, zero a zero a Genzano. Molto

del merito è di Boccolini: a fine gara ho dovuto dargli otto in pagella.

I castellani sono stati incolori, poca grinta, troppo attendismo. E’ vero,

a metà primo tempo Mammetti ha avuto una buona intuizione ma

quando scambi il lampione dietro gli spalti per l’incrocio dei pali ottieni il

solo risultato di far ritardare la partita perché nessuno vuole

scavalcare la recinzione e cercare la palla. Nella ripresa l’occasione

migliore è degli ospiti. Ma Trippa rovina addosso a Boccolini che

s’infortuna ma almeno fa salvo il risultato. Settimana prossima seguirò

l’Orvietiana a Pontedera, a meno che qualche lettore del Foglio non dica

al mio direttore che avevo ragione io (sulla Juve intendo).

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IL CALCIO E LA QUESTIONE MORALE

Quando Montero dichiarò:

«Si può rubare»

Il difensore della Juve disse: «Sono onesto

nella vita, ma in campo io voglio vincere»

di LUCA CURINO (GaSport 28-02-2012)

Meglio una brutta verità di una verità falsa. Perciò è da apprezzare la

sincerità con cui Buffon ha dichiarato che, se si fosse reso conto che

quello di Muntari era gol, non l'avrebbe certo detto all'arbitro. E il

modo con cui ha sottolineato il suo essere onesto «nel caso in cui» fa

sorgere il dubbio che un piccolo dubbio, pur nella concitazione del

momento, lì per lì sia venuto anche a lui.

Bergamo, 1990 La sua dichiarazione ne riporta alla mente una fatta

da Montero una decina d'anni fa in una delle sue rarissime e preziose

conferenze stampa, preziose e rare proprio perché è uno incapace di false

verità, delle banalità che intossicano il pallone. «Il calcio è dei furbi

— ammise Paolo —. Se per vincere devo rubare, rubo. Io sono onesto e

voglio essere un esempio nella vita. Ma non in campo, dove voglio

vincere». Benché non fosse che la formalizzazione di quanto Franco Baresi

e Alemao avevano già codificato in due diverse occasioni nel 1990 a

Bergamo, allora si aprì il cielo, e già il fatto che a distanza di dieci

anni la reazione non sia più la stessa potrebbe indurre a riflettere.

Prescrizione Sbagliato, invece, sarebbe riflettere e malignare sulla

coincidenza che a parlare così fosse un altro juventino. Quella volta

questo giornale fece un'inchiesta tra i giocatori di Serie A e a chi

scrive toccò raccogliere l'opinione in merito degli interisti: un

florilegio di banalità, di verità sfacciatamente false. Tutto sommato il

più onesto fu Gigi Di Biagio, che a taccuino chiuso disse: «La penso

esattamente come Montero, e non credere a chi sostiene il contrario. Ma

non posso permettermi di dirlo, dunque non voglio che si scriva». Oggi

che il capitano azzurro ha definitivamente sdoganato e mandato in

prescrizione il concetto, a distanza di tanto tempo si può scrivere.

Mano de dios A questo i troppi soldi hanno ridotto non solo il calcio,

ma anche altri sport, compreso forse quello chiamato vita (si vedano, per

restare in ambito calcistico, i casi Terry-Bridge e Giggs-Giggs): pur di

vincere, tutto è lecito. Il risultato conta più dell'etica (sportiva),

fare sesso più dei rapporti di amicizia e parentela. Col bizzarro effetto

di arrivare a concepire un paradosso come «sono onesto perché ammetto di

essere disonesto». Ma molto meglio riconoscerlo, come ha fatto il Gigi

nazionale, che comportarsi da struzzi (e chi non ha mai avuto un moto di

compiaciuta indulgenza per la mano de dios scagli la prima pietra). Una

falsa verità porta solo a perdurare nell'errore, mentre una brutta verità

può servire a prendere atto di un problema, se lo si ritiene tale, e

magari ad affrontarlo. Quindi bravo Buffon, bravo Montero, belle le

sonorità, bravi tutti. Solo una cosa, però: in nome delle brutte verità,

che la smettano di considerarli — e loro di proporsi — come degli esempi.

E viva la verità!

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CALCIOSCOMMESSE

L’idea della procura di Cremona: amnistia

sportiva per i giocatori che collaborano

Di Martino: Darebbe la possibilità di ripartire da zero, senza danni

I giovani non si vedrebbero interrompere la carriera

di ANDREA RAMAZZOTTI (CorSport 28-02-2012)

MILANO - Un’amnistia sportiva per favorire le confessioni dei giocatori. E’

questa l’idea lanciata dal procuratore di Cremona, Roberto Di Martino, per far

decollare definitivamente l’inchiesta sul calcio scommesse e sconfiggere una

volta per tutte il problema: «Secondo me - ha detto a Sky - sarebbe

auspicabile un’amnistia sportiva. Dal punto di vista penale no, ma per un

provvedimento simile consentirebbe un chiarimento, darebbe la possibilità di

ripartire da zero, senza provocare danni a nessuno. Magari così facendo

sarebbe favorita una sorta di moralizzazione e certi fenomeni che per lo

sportivo corretto sono veramente fastidiosi, sparirebbero». Quella di Di

Martino è tutt’altro che una provocazione. Il magistrato sa che solo facendo

qualcosa per rompere il muro dell’omertà l’estensione del “cancro” calcio

scommesse può venir fuori nella sua interezza. «E’ noto che i calciatori

temano più la giustizia sportiva che quella ordinaria. Soprattutto i giovani,

coloro che hanno ancora diversi anni di carriera davanti. Un’amnistia potrebbe

essere un bell’incentivo a parlare. La Giustizia Sportiva può garantire sconti

a chi è nel pieno dell’attività agonistica e di fronte a certi “incentivi” è

possibile che coloro che hanno qualcosa da dire lo facciano. E’ già successo

con Micolucci. Ecco perché sottolineo che l’amnistia potrebbe essere una

soluzione».

Naturalmente però il fenomeno scommesse va combattuto anche in altri modi:

«Il problema è vasto ed esteso, non solo in Europa, ma anche fuori. Anzi, ci

sono dei posti “esotici” dove i risultati si addomesticano ancora meglio

perché le pressioni dei tifosi sono minori e i controlli più difficili e meno

efficaci. Lì può succedere di tutto. E poi ci sono i famosi “over”, una

scommessa per la quale l’accordo è più facile da raggiungere, un risultato per

tutte le stagioni che frutta molti soldi». Dipendesse da lui, non sarebbe più

possibile scommettere l’“over” nei vari campionati. Finale su Gegic che

continua la sua latitanza: «Rispetto a giugno la sua posizione è molto

peggiorata. Vuole chiarire costituendosi? Io al posto suo l’avrei già fatto.

Per me comunque ha poco da chiarire visto il suo coinvolgimento, ma le sue

confessioni potrebbero essere utili per ampliare il quadro, far venire a galla

nuovi episodi e tante altre partite combinate».

BARI CALDA - A Bari intanto i Carabinieri hanno sequestrato nella sede della

società i contratti di alcuni calciatori tesserati nelle passate stagioni. Gli

accertamenti della Procura vanno avanti ed è possibile che altri giocatori

finiscano sotto la lente d'ingrandimento per match ritenuti combinati. Tra le

ipotesi di reato anche la truffa ai danni del club di Matarrese.

DOMANI AUDIZIONE DI DONI - Domani mattina a Milano presso lo studio del suo

legale, Salvatore Pino, è in programma l’audizione di Cristiano Doni da parte

della giustizia sportiva. Per la Figc saranno presenti il vice procuratore

federale Squicquero e l'avvocato Pinna. In contemporanea a Roma ci sarà

l'interrogatorio di Carobbio nella sede della Procura Federale. Ieri infine la

Cremonese ha annunciato che ricuserà la sentenza del Tnas relativa alla

penalizzazione di 6 punti e che chiederà la riapertura del caso con un altro

giudice.

Modificato da Ghost Dog

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Il commento

Che Malinconia quando la

Verita' Diventa un Tradimento

di BEPPE SEVERGNINI (CorSera 28-02-2012)

Il calcio è lo specchio deformato del Paese: non l'unico, di certo uno dei più

interessanti. Possiamo non essere contenti dell'immagine che ci restituisce;

ma quella è la nostra faccia. Se abbiamo ambizioni estetiche — o civili, se

vogliamo uscir di metafora — è meglio non farci illusioni, e partire di qui.

Non c'era bisogno di Milan-Juventus per capirlo. Nel calcio abbiamo trasferito

alcuni meccanismi psicologici collettivi: tra questi, il tribalismo fazioso.

L'eccitazione e la rassicurazione della tribù sono piaceri superiori a quello

dell'obiettività e dell'onestà intellettuale. Noi tifosi siamo contradaioli

senza cavalli e senza traguardi: la nostra corsa non finisce mai. C'è un

aspetto romantico, nel tifo calcistico, che ha prodotto molti bei ricordi,

tante buone amicizie e qualche bella pagina. Finché gli occhi, la testa e il

cuore vedono e dicono le stesse cose, va tutto bene. Ma quando gli occhi e la

testa sono obbligati a smentire il cuore, vengono zittiti. In materia di

calcio, conta la fede. Che, come insegna la storia recente del mondo, non

intende sentire ragioni. C'è addirittura un orgoglio intellettuale nel negare

l'evidenza con eleganza. È lo stesso orgoglio che rende piacevoli certe

vigilie allo stadio o certe serate al bar; e ha guidato la vita di tanti

militanti politici. Trovare un modo di dar ragione alla propria parte anche

quando ha torto! Questa è la sfida. Dopo lo spettacolo di sabato a San Siro —

anche i disastri possono essere spettacolari — tutti danno addosso alla

Juventus, agli juventini e all'allenatore Conte che, a dispetto del nome, non

ha tenuto un comportamento aristocratico. È vero: c'è poco di cui andare

orgogliosi. Mi chiedo però, e vi chiedo, cosa avrebbero fatto le altre tribù

calcistiche, davanti a un errore arbitrale che, di fatto, assicura un pezzo

del totem — scusate, dello scudetto. Noi ragioniamo, in queste materie, come

uffici stampa, dedicati a un cliente che non ci paga. Della nostra squadra non

siamo solo tifosi, siamo avvocati difensori: diamo ragione all'assistito

oppure taciamo (solo in casi eccezionali rinunciamo all'incarico). È un

destino amaro e romantico, che ci obbliga a sperare che l'assistito sia

innocente. Alcune tifoserie, negli ultimi anni, sono state più fortunate di

altre. Ma non è detto che vada sempre così. Dire la verità, nell'Italia

faziosa, viene considerato un tradimento, se la verità danneggia la propria

parte. Il bianconero Gianluigi Buffon e il rossonero Thiago Silva, nella loro

ingenuità, hanno ben riassunto la questione. Buffon: «Non ho visto se la palla

è entrata, ma non avrei aiutato l'arbitro». E poi, rispondendo al presidente

degli arbitri, Marcello Nicchi: «Non ho capito che tipo di aiuto chiede,

altrimenti arbitrano i giocatori. Sinceramente non capisco, è una retorica

avvilente, stucchevole». Thiago Silva: «Anch'io avrei fatto lo stesso, il

calcio è la mia vita è il mio lavoro, avrei fatto come lui, non avrei

parlato». Onestà = retorica, nel calcio di oggi. E i tifosi — salvo eccezioni

— si comportano allo stesso modo. Prima i colori, poi i principi. Ecco perché

un aiuto tecnologico per gli arbitri è urgente e indispensabile, soprattutto

in Italia. Perché aiuterà il cuore ad avvicinarsi alla testa. È malinconico,

ma non sorprendente, che i calciatori siano disposti a dire qualsiasi cosa pur

di non mettere in difficoltà la propria società: sono professionisti ben

pagati. Ma che noi facciamo lo stesso, gratis e senza che ce lo chiedano: be',

questo è più grave.

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Il pallone di Luciano

Rissa verbale nel tunnel a San Siro

Ma solo a me hanno fatto la pelle

di LUCIANO MOGGI (Libero 28-02-2012)

Recitano alcuni blog a riguardo di Milan-Juve, «Immaginate cosa si sarebbe

potuto scrivere se alla Juve ci fossero ancora Moggi e Giraudo». L’abbiamo

pensato anche noi, vista la guerra senza esclusione di colpi. Galliani che

s’infila nel sottopassaggio alla fine del primo tempo per gridare a

Tagliavento «era dentro di un metro» non è consentito dal regolamento. Ci

sembra comunque giusto rilevare come sul 2-0 poteva essere tutta un’altra

partita a favore del Milan, tenendo anche conto del “bonus” che ha la Juve: il

recupero col Bologna. Significa che lo scontro con i bianconeri valeva doppio,

e vederlo a rischio per il gol non visto dall’assistente Romagnoli, ha fatto

saltare i freni inibitori. Galliani doveva sentirselo, la Juve ha pareggiato

nel secondo tempo e al Milan resta un pari mingherlino. La guerra è continuata

a colpi di immagini spulciate in ogni fotogramma. Questo è un vizio del Milan

e per esso di Mediaset, costò tre giornate di squalifica a Ibra all’epoca in

cui vestiva la maglia bianconera. Ora la guerra viaggia ancora a fini di prova

tv, chi ne ha fatte di troppe e di più, sicchè ai richiami da parte juventina

di due botte date da Mexes e Muntari ad altrettanti bianconeri vengono

proposte due gomitate di Pirlo che non sembrano tali. Infatti i provvedimenti

del giudice vanno in quella direzione: tre giornate a Mexes, assolti Muntari

per non essere riuscito ad abbattere l’avversario e Pirlo per non aver

commesso il fatto. Per il resto c’è solo da vergognarsi. Quello che doveva

avvenire con le squalifiche non è avvenuto.

Nel caravanserraglio finisce anche Buffon: “non mi sono accorto del pallone

dentro, ma se me ne fossi accorto non avrei dato una mano all’arbitro”. Apriti

cielo, «fuori dalla Nazionale » il coro dei siti rossoneri. Buffon è

ovviamente vittima della sua sincerità. Il quadro di baraonda è completato

dalla cronaca “tifosa” di Pellegatti. Le scuse non cancellano gli insulti

beceri e sguaiati a Conte.

Nicchi, bontà sua, ha accusato il colpo, finalmente si è accorto che la sua

squadra di arbitri, difesa ad ogni caduta come se nulla fosse successo, ha più

crepe che pecche. Dice «il Dio del pallone non ci ha voluto bene» senza

neppure immaginare come, il Dio del pallone, sia incazzato con quanti hanno

contribuito a creare la farsa di Calciopoli, sono solo gli inizi di

dimostrazioni atte a sconfessare il teorema. Poi dirotta su Buffon, «Sono

deluso, il capitano della mia nazionale ha detto cose che si poteva

risparmiare». Se qualcuno poteva risparmiarsi il commento questo era proprio

Nicchi. Arbitri: posso convenire che «sono solo errori che possono capitare»,

ma si dovrebbe spiegare perché prima non era così, e si volevano vedere ad

ogni costo complotti e macchinazioni.

Sul punto sta zitto Moratti. Fino al 2006 i suoi fallimenti erano tutti colpa

del “potere” della Juve, adesso dovrebbe guardarsi allo specchio, il

fallimento di oggi appartiene a lui, come gli appartenevano tutti gli altri.

Ranieri dice di sentirsi ancora sicuro in panchina, noi ne dubitiamo, vede la

squadra in progresso. . . (avrà visto un’altra partita).

Luis Enrique sarà anche “un uomo tutto d’un pezzo”, per dirla alla Totò, ma

con De Rossi ha esagerato. Ogni forma di “punizione” deve salvaguardare

l’interesse della squadra e non so che cosa ci stia a fare lì Baldini.

L’allenatore va bene nella sua autonomia ma se questa confligge col bene del

club deve prevalere il buon senso. Enrique non spiega una disfatta colossale,

come se la difesa di un progetto dovesse giustificare ogni tracollo.

«Aspiriamo al terzoposto » aveva detto Baldini prima della gara, «ci stiamo

consegnando alla mediocrità» ribatteva Sabatini nel dopo, segno che nella Roma

c’è confusione.

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È il meno pagato dei 23 in campo. Ma i suoi

errori scatenano polemiche che durano anni.

La vita impossibile del direttore di gara

L'arbitro

Per cinquemila euro di gettone in serie A

corre almeno dodici chilometri a partita

prendendo una decisione ogni tre minuti, ma se

la sbaglia può durare per sempre

Vita da arbitro, uomo solo al comando con un

unico obiettivo: che nessuno s´accorga di te

La sfida

del fischio

perfetto

di ANGELO CAROTENUTO (la Repubblica 28-02-2012)

Il più crudele degli attimi. Dura due decimi di secondo. Prima c´è un

orizzonte pieno di eventualità, dopo arriva il giudizio del mondo. La vita di

un arbitro abita lì, nel mezzo, dentro il cuore di quella minuscola porzione

di tempo che scorre lentissima, prima di ogni sua decisione. La sottile linea

tra il giusto e il malfatto è nel soffio d´aria dentro il Fox 40, il nome dei

fischietti che portano al collo, sono di plastica, quelli di ferro spaccano

gli incisivi. Via pure la pallina interna. Così non si inceppano. Come se

bastasse a far filare tutto liscio. Ne sa qualcosa Paolo Tagliavento, l´ultimo

finito nella polvere dopo Milan-Juventus dell´ultimo week-end. A lui, come

agli altri, tocca vivere il più crudele degli attimi almeno una trentina di

volte in ogni giornata di lavoro. Significa una decisione da prendere ogni 3

minuti, e però in fretta, subito, con la stessa capacità di reazione di un

macchinista delle ferrovie. Vent´anni fa si sbagliavano sei decisioni a

partita, oggi ne basta una per finire sulla croce.

Decidere, sempre col fiatone. Non sono meno di dodici i chilometri che un

arbitro corre durante una partita di serie A, più spesso diventano quindici,

mai tutti allo stesso ritmo. Scatto, stop, marcia indietro, una sbirciata

dietro le maglie, e intanto la palla è già dall´altra parte. Vai, corri,

fischia. A 45 anni in Italia li mandano già in pensione, come in Spagna,

lavoro usurante. È in Inghilterra che durano un po´ di più: un gruppo di

ricercatori ha verificato che gli arbitri più anziani corrono sì di meno, ma

sono più spesso vicino alla palla: «Sono più bravi a prevedere il gioco e ad

anticipare i movimenti». All´estero non è raro trovare corsi dedicati per la

cura dell´autostima e per allenare la rapidità con cui vanno prese le

decisioni. È una questione di strategie di programmazione neuro-linguistica,

per questo i bilingui sono avvantaggiati.

I nostri arbitri corrono. Si allenano due ore al giorno. Fanno gli architetti,

gli assicuratori, i bancari. Oppure il parrucchiere, (Tagliavento).

Guadagnano poco più di 5mila euro per una partita in serie A, circa 2. 500 in

serie B e 1. 300 per una notturna di Coppa Italia. Se vieni designato come

"quarto uomo" (l´assistente che siede fra le panchine) non si va oltre i 500

euro. Ai gettoni di presenza s´aggiunge un´indennità di preparazione che

premia il curriculum: 37.180 euro annui agli internazionali, 24. 180 a chi ha

messo insieme più di 25 gare in serie A, 18mila per tutti gli altri. Ma la

strada per arrivare in serie A è lunga, non meno di un decennio di battaglie

sui campi impolverati dei dilettanti, la diaria che oscilla fra i 26 e i 40

euro, più le spese di viaggio. Se alla fine si arriva a 200 è già tanto.

Domeniche di smacco e avvilimento. «A Fossalta di Piave, una volta arrivai con

la borsa da arbitro e tre ore di anticipo. Chiesi al guardiano dove fossero

gli spogliatoi, il custode si rivolse all´amico che stava segnando il campo:

Nino, tira fora el cavalo che xe rivà l´arbitro», il racconto è di Paolo

Casarin.

Per iniziare bisogna aver compiuto almeno 15 anni e non averne più di 35,

occorre il diploma di scuola media inferiore. Li reclutano in 212 sezioni, da

Abbiategrasso a Vibo Valentia, con gli arbitri da bambino finisci per studiare

pure la geografia. Uno diceva Barbaresco di Cormons, e imparavi qualcosa in

più sul Friuli. La convocazione in serie A arriva con una telefonata, oppure

con una mail, due o tre giorni prima. Il computer in ufficio fa plin, e ti

dice che ti tocca Inter-Fiorentina, o Roma-Udinese. Da quel momento comincia

lo studio della partita. Le squadre, le tattiche, le possibili insidie. Chi

sono i simulatori, chi sono quelli che protestano. Perché nel tempo il

mestiere più difficile al mondo è cambiato. Il fischio è solo una parte. Hanno

cominciato dando all´arbitro una divisa colorata, hanno continuato

cambiandogli le regole sotto gli occhi. Nel dubbio, prima dovevano

privilegiare i difensori. Poi sono arrivati i noiosissimi Mondiali del ‘90 e

il desiderio della Fifa di migliorare la qualità della vita degli attaccanti.

Così nascono il fallo da ultimo uomo, il fuorigioco ininfluente, il concetto

di "danno procurato" sul fallo di mani al posto della "volontarietà". È il

calcio che va più veloce, più gol, più rigori. Ma significa anche con più

contestazioni.

Scriveva Mario Soldati che «l´equità del comportamento dell´arbitro di calcio

viene messa a repentaglio da due ordini di pressioni: la violenza psicologica

dei giocatori e del pubblico: la possibilità di corruzione». L´arbitro

perfetto è quello di cui non si parla, paradossale per un uomo che ha scelto

di mettersi al centro di una scena. Ogni mese, dei loro errori, discutono

all´interno di una stanza, al centro di Coverciano. Faccia a faccia con il più

grande nemico della categoria. La moviola. Ne hanno una in casa. Ai raduni

parte il replay e scorre il fallimento. Dopo averlo visto e rivisto cento

volte in tv. Le immagini non sono mai d´aiuto. Il referto va spedito al

giudice sportivo senza vederne, prima di lasciare lo stadio. C´è un fax nella

stanzetta. Non c´è mestiere più di questo che abbia l´errore per compagno di

percorso. Una carriera si può ribaltare per centimetri. «Il dovere di

decidere», lo chiamava Rosetti, arbitro internazionale, uno dei migliori al

mondo, la carriera spenta da un fuorigioco dell´argentino Tevez non visto al

mondiale in Sudafrica.

Da un po´ s´è aggiunta la dieta. Si mangia tre ore prima della partita, 100

grammi di pasta con pomodoro fresco e parmigiano. Una fetta di crostata con

marmellata, evitare crema, panna o cioccolato. Due volte all´anno si tiene il

test per verificare le condizioni di forma, si chiama Yo-Yo, scatto avanti e

scatto indietro, ecco perché. E poi c´è quello della tv che ne sa più di te.

La durezza del mestiere la conosce bene il cinema. «Quando facevo l´arbitro in

serie C mi minacciavano in tutti i modi, ma io non ho mai avuto paura», è la

bugia migliore che il ministro Botero (Nanni Moretti) sa scovare ne Il

portaborse per descriversi come un duro. Poi c´è il protagonismo. Prima ancora

del delirio di Lando Buzzanca nei panni di Carmelo Lo Cascio da Acireale

(L´arbitro, film del 1974), c´era stato Marcello Mastroianni come arbitro

Tornabuoni ne Il nemico di mia moglie (1959). Lo insultano, gli sfasciano la

Lambretta, lui torna a casa e sua moglie (Giovanna Ralli) gli dice: «O smetti

di fare l´arbitro o divorzio». Avrà il fiato per mormorare a un amico: «Solo

sul campo mi sento qualcuno». La debolezza dell´arbitro dev´essere questa. Del

resto Vittorio Pozzo, il ct mondiale dell´Italia ‘34 e ‘38, diceva che

«neppure lo spettatore è un uomo perfetto. Paga per fare lo spettatore e poi

vuole fare l´arbitro».

Il commento

Sono una metafora del presente. Si prendono troppo sul serio, ma dobbiamo esser loro grati

Così sono diventati i simboli

della nostra incapacità di giudicare

di MASSIMO CACCIARI (la Repubblica 28-02-2012)

Strana faccenda: "arbitro" e "arbitrio" son quasi la stessa parola,

eppure saremmo propensi a pretendere che nulla di arbitrario venga a

macchiare l´operato di un arbitro. Esigenza già assai ardua da

soddisfare per un giudice, che arriva alla sentenza attraverso lunghe

indagini, sedute e sedute di dibattimento, giorni di camere di

consiglio, ecc.

Figuriamoci per un povero arbitro costretto a decidere letteralmente

su due piedi. E si vorrebbe non lo facesse un po´ ad libitum?

Praticamente tutte le sue decisioni avvengono all´insegna del "a me

pare che". Perciò non sono sopportabili quegli arbitri che nel loro

comportamento sul campo assumono la maschera della divinità

inappellabile, della tetragona certezza. Questi arbitri rivelano il

lato più oscuro della vocazione "tremenda" a giudicare il prossimo.

Giudici e arbitri svolgono, ahimè, funzioni insostituibili nella città

dell´uomo, sempre pronta a trasformarsi in città del diavolo – ma che

le svolgano, per quanto possibile, con modesta coscienza dei propri

limiti e del carattere infernale (come diceva Simone Weil) che sempre

l´affliggere pene porta con sé.

L´arbitro di calcio può valere come metafora della crescente

quasi-impossibilità a "giudicare secondo giustizia" nella realtà

attuale. Si dovrebbe decidere sulla responsabilità individuale, dice

il diritto. Ma come fare? Tutto è "in rete", tutto si tiene. Posso

forse tutto altrettanto vedere? Seguo un´azione, ma, nello stesso

momento, attori della stessa partita si cazzottano lontani dal mio

sguardo. I comportamenti della squadra, o dell´organismo sociale, che

dovrei "sorvegliare e punire" sono tutti tesi ad ingannarmi, ad

occultare le loro intenzioni. Fa parte del gioco il farsi gioco di me.

E questi attori, in lotta tra loro, strenui difensori del proprio

interesse e noncuranti di ogni "bene comune", sono sempre più

aggressivi, più rapidi, più "atleti". Come può starci dietro un

distinto signore, per quanto bene allenato? Impari lotta, davvero. Il

meno che possa capitargli è non vedere una pallone in gol – o andare

sistematicamente nel pallone con i fuorigioco.

E allora un modesto ragionamento. O si sostituisce l´arbitro con

un´occulta Presenza che segue la partita da un Panopticon dotato di

potenti mezzi audio-visivi, moviole, ecc. , e proclama attraverso

altoparlanti a giocatori e pubblico le sue decisioni (sostituendo,

magari, il fischietto con una sirena da allarme aereo). Oppure si

riduce drasticamente il peso delle decisioni che l´arbitro assume

rivedendo il regolamento. Già limitare il fuorigioco alla sola area di

rigore semplificherebbe la vita, risultando fisicamente impossibile

cogliere insieme l´istante di un lancio e la posizione di un giocatore

trenta metri oltre. Si farebbero più gol - e più gol si possono fare,

meno drammatico diventa beccare un rigore. Da bambini facevamo sei

corner, oppure tre falli non eclatanti in area, un rigore. Sarebbe

divertente. Ma giudici e arbitri hanno la cattiva abitudine di

prendersi tremendamente sul serio. Mai, però, quanto le "società" che

debbono, e gliene siamo grati, tentare comunque di far giungere a fine

gara senza troppe vittime.

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2004: il Milan si sceglie gli arbitri

di ALVARO MORETTI & GUIDO VACIAGO (Tuttosport 28-02-2012)

NON CI sono più gli assistenti di una volta. . . Guai adesso a chiedere un “amico” come Puglisi per un Milan-Fiorentina. E oggi – nonostante le preclusioni implicite (Tagliavento&Rocchi-Inter; Bergonzi-Juve; Russo-Milan&Roma) – non c’è neanche la possibilità di farsi una griglia su misura. Come capitato (e trascurato dai carabinieri di Auricchio) nella telefonata del 9 dicembre 2004 tra Leonardo Meani, ex dirigente addetto agli arbitri del Milan, condannato per frode sportiva al processo di Calciopoli di Napoli,e l’ex designatore Paolo Bergamo, lui condannato come associato al rivale di Meani, Moggi. Alla faccia del vincolo esclusivo con la Juve, ecco che va in scena l’accordo per la griglia del sorteggio (non truccato) di Juventus-Milan del 18 dicembre 2004, per la quale l’accordo con l’assenso di un non precisato superiore di Meani, facilmente intuibile. Il tutto in un accordo preso 8 giorni prima della griglia, che sarà proprio quella concordata tra Meani e Bergamo: Collina, Paparesta e Bertini (che arbitrerà) più il precluso Rosetti. E De Santis di riserva perché «lui», il referente di Meani, è dell’idea che innervosirebbe il Milan. Arbitri e assistenti à la carté. Beh, sentite un po’…

Bergamo: Leo?

Meani: Allora ho parlato. Vanno bene quei tre lì.

Bergamo: Quindi Collina, Paparesta e Bertini.

Meani: E Bertini, vanno bene quei tre lì. Anche lui (chi è lui? A chi si rapporta sempre Meani, l’ex dirigente arbitrale milanista? Ndr), anche lui dice no De Santis, è dell’idea che De Santis innervosisce la squadra. Come dici tu: De Santis va bene per tutte le partite, ma questa qui (è Juve-Milan, ndr)... Oh io ho mantenuto la promessa della borsa. Vediamo se tu mantieni la

tua…

Bergamo: Io mi rendo disponibile… Noi saremmo lì dalle sei in poi

Meani: No, no io ti dico quello che c’è sulle fasce laterali…

Bergamo: Ti riferisci a Faverani (assistente tuttora in attività: ha diretto Lazio-Fiorentina, ndr)? Te lo rimetto in serie A domenica prossima.

Meani: No mi riferisco a Puglisi: fagli fare Milan-Fiorentina, ma dai!

Bergamo: Ieri sera ha fatto bene Bayer Leverkusen contro Dinamo Kiev con Collina.

Meani: Questo qui è bravissimo. E’ bravo come Ivaldi, Pisacreta, Griselli, come è bravo Copelli.

Bergamo: Come Mitro

Meani: Come è bravo Mitro. Mitro se non fosse così brutto, è che sembra uno scaldabagno. E’ vero o no?

Bergamo: Uno scaldabagno con la testa, ma è bravissimo.

Meani: Mitro non sbaglia mai

Bergamo: Ora glielo dico: Meani dice che pari uno scaldabagno. (Ridono)

Meani: Uno scaldabagno con lo scudetto dell’Italia. Invece di esserci scritto Beretta c’ha lo scudetto dell’Italia davanti. Però è bravo ed è una brava persona e gli voglio bene. Ma è una persona splendida

Bergamo: E’ una persona splendida. E vedrai anche Niccolai è una persona perbene.

Meani: Mentre Mitro e Puglisi sono ipercollaudati, Niccolai ha ancora bisogno. Questi son pronti… Se riesci a mettermelo (Puglisi, ndr) dentro per Milan-Fiorentina mi fai un favore, è un anno e mezzo che non fa il Milan.

Bergamo: Ora non mi strappare la promessa certa per domenica, devo vedere se è in griglia, lui era anche impegnato.

Vediamo dai.

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La posizione dell'Ussi sul "caso Pellegatti".

"L'Unione Stampa Sportiva Italiana, sempre impegnata a garantire un corretto esercizio della cronaca sportiva e a denunciare atteggiamenti lesivi da parte di società e tesserati, con altrettanta forza giudica deplorevoli le espressioni gravi pronunciate dal collega Carlo Pellegatti, giornalista di Mediaset Premium, durante la telecronaca dell'incontro Milan – Juventus del 25 febbraio 2012, nei confronti di Antonio Conte, allenatore della Juventus.

La cronaca di una partita deve restare il racconto del gesto sportivo e mai degenerare in espressioni offensive e irrispettose.

L'Ussi chiede all'Ordine nazionale dei Giornalisti, che ha nella deontologia professionale uno dei suoi compiti primari, di verificare i fatti per evitare che anche in futuro i giornalisti si prestino, come talvolta accade, ad accettare una interpretazione distorta del ruolo, che è quello di informare e non, invece, prestare la voce, e la professionalità, ad una cronaca di parte.

L'episodio in questione conferma l'assoluta necessità che l'Ordine intervenga affinché mai, in nessuna emittente, la “telecronaca del tifoso” sia affidata ad un giornalista. In questa sua azione, l'Ordine nazionale dei Giornalisti avrà sempre l'Ussi al suo fianco."

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Il commento: Buoni solo a metà

AMMETTERE IL GOL O NO? VINCERE A OGNI COSTO O DIFENDERE I VALORI. L'ITALIA SI DIVIDE COSI'.

L'uscita di Buffon accende la discussione: c'è chi si richiama all'arte di arrangiarsi e chi esige più etica.

Luigi Garlando - Gasport - 28-02-2012

Cosa pretendete da Gigi Buffon? Siamo l’Italia di Machiavelli, abituati da sempre a giustificare il fine con tutti i mezzi possibili. Sì, ma siamo anche l’Italia di Galileo che difese la sua verità mettendo in gioco la libertà personale. Abiurò in zona Cesarini, okay, ma a quel punto la sua verità aveva già rivoluzionato il mondo. E allora, come giudicare il portierone azzurro che, per principio, non denuncia all’arbitro i gol-fantasma? Un fuoriclasse della ragion di Stato, un abile professionista che procura il massimo utile all’azienda che lo stipendia? Oppure uno sportivo che tradisce le regole del gioco e trasmette ai giovani un esempio diseducativo?

Spacca-Italia I sondaggi raccontano di un’Italia spaccata in due come una mela: metà pro Buffon, metà contro. Coppi o Bartali? Due scelte in un uomo solo, stavolta. L’appassionata discussione sulla palla smanacciata oltre la linea è divampata ovunque, è lievitata oltreMilan-Juve ed è diventata trattato sui massimi sistemi, quasi filosofia: meglio sincero o onesto? Buffon che cancella un gol è l’arte di arrangiarsi che tanto serve in questi tempi di spread malato: bravo. Anzi no, è quello che ci manca per uscire da questi tempi cupi: valori solidi e coraggio etico. Ognuno ha detto la sua ieri. Tra i primi a farlo, Thiago Silva: «Io avrei fatto come lui». L’avversario lo assolve, a riprova di una spaccatura complessa, sofferta. Con l’eccezione di due anime fantasiose (Zeman e Platini) tutto il calcio, con una compattezza da casta, si schiera a sostegno di Buffon che nel ritiro azzurro non abiura come Galileo: «Ripeterei le stesse parole». E poi ci lancia la patata bollente: «Cosa direste se vi facessi perdere un Mondiale denunciando un gol-fantasma?». Astuto: più facile difendersi da azzurro, amato da tutti, che da juventino. Altro lavoro per i filosofi: etica o utile?

Codice che? All’ora di pranzo, arriva l’atteso parere di Prandelli, che imposta bene il problema. «Sto con Luis Enrique tutta la vita. Le regole vanno rispettate». Intransigenza, quindi. Anche se ti chiami De Rossi. L’etica è un abito a taglia unica: deve valere per tutti. «State certi che i ragazzini della Roma non arriveranno più in ritardo». Perfetto: il potere dell’esempio, il campione educa. Quindi tiriamo le conclusioni: la Nazionale ha un codice etico, Buffon legittima i gol-fantasma, perciò farà la fine di De Rossi perché altrimenti i ragazzi possono pensare che fregare l’arbitro sia cosa buona e giusta. E invece il c.t. spiega che la fascia non è in discussione, che non esistono portieri che convincono l’arbitro a loro danno e che Gigi semmai «poteva» correggere a freddo le parole dette a caldo. Quel «poteva» che incrina il codice etico.

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Tacconi su Milan-Juve è un fiume in piena: "Buffon? La verità non paga. Una volta gli scudetti si vincevano con cazzotti e denti rotti, il calcio di oggi mi fa ca**re"

ESCLUSIVA - L’ex numero uno bianconero spiega: “Essere sinceri nel calcio non paga. Io per aver detto la verità sono rimasto fuori sei mesi”.

di Paolo Camedda - goal.com - 28-02-2012

A qualche giorno di distanza dalla sfida Scudetto Milan-Juventus, e alla vigilia della gara amichevole della Nazionale italiana contro gli Stati Uniti, fanno ancora discutere le dichiarazioni del numero uno bianconero Gianluigi Buffon, che nel dopo partita di San Siro ha dichiarato: “Se mi fossi accorto del goal di Muntari, non lo avrei detto all’arbitro”. La critica si è divisa fra colpevolisti e innocentisti. Noi di Goal.com siamo andati a sentire in esclusiva sull’argomento l’ex numero uno bianconero Stefano Tacconi.

Stefano, ti chiedo di provare a vestire per un momento i panni di Buffon. Se ci fossi stato tu al suo posto, cosa avresti fatto se ti fossi accorto che sul colpo di testa di Muntari la palla aveva oltrepassato la linea? Lo avresti detto all’arbitro? “Non avrei detto nulla, sarei rimasto zitto. Mai dire la verità nel calcio. Io l’ho sperimentato sulla mia pelle nel corso della mia carriera: per aver detto una volta la verità sono rimasto fuori sei mesi. Da allora ho capito che essere sinceri nel calcio non paga”.

Non pensi che beneficerebbero tutti di una maggiore collaborazione fra arbitri e calciatori?

“Ognuno guardi in casa propria e si attenga al suo ruolo: gli arbitri facciano gli arbitri e i calciatori facciano i calciatori”.

Buffon ha fatto bene a fare quell’esternazione nel dopo partita?

“Nel calcio di oggi si parla tutti troppo. Io dico questo: che ognuno si prenda le sue responsabilità e che si torni solo a giocare a calcio. Una volta gli Scudetti si vincevano con pugni, cazzotti e denti rotti, oggi che ci sono mille telecamere che riprendono tutto, invece, gli Scudetti si vincono parlando… Che torni a essere solo il campo a parlare”.

Dalle tue parole mi pare di capire che il calcio di oggi non ti piaccia molto…

“Il calcio di oggi mi fa ca**re. Ormai non è più calcio, è calcio-gossip: quello è uscito con quella, quell’altro ha sniffato coca… Sono questi gli argomenti che spesso si leggono sui giornali e su Internet, di calcio giocato non si parla quasi più. Continuando di questo passo sarà sempre peggio. Si deve tornare a giocare a calcio, ormai più si parla, più si vince. Hanno accusato la Juve di doping e di comprare i campionati, ma quelle erano tutte signore squadre. Oggi si parla tanto di Zeman e del suo ‘calcio spettacolo’: bene, che faccia pure quello ritiene di fare, a me il suo calcio spettacolo non piace e non interessa”.

Ma torniamo a Buffon: le sue parole dopo Milan-Juve hanno avuto strascichi anche sulla Nazionale: fra i colpevolisti c’è chi ritiene che il portiere bianconero non debba più indossare la fascia di capitano. Tu cosa ne pensi?

“È successa la stessa cosa a Fabio Capello con Terry: volevano che lui gli togliesse la fascia da capitano e per tutta risposta il commissario tecnico ha rassegnato le dimissioni. Noi abbiamo la fortuna di avere un signor allenatore come Prandelli, che ha chiarito da subito che non c’era niente di male in quello che Gigi ha detto. Lasciamo che sia lui, che conosce meglio di tutti gli altri il gruppo azzurro, a decidere per la Nazionale, non pretendiamo di condizionare le sue scelte facendo dei sondaggi”.

Dopo la tanto discussa Milan-Juventus come vedi la lotta per lo Scudetto?

“Ormai è un discorso fra Milan e Juventus. Il duello potrebbe durare fino alla fine, anche se di solito gli Scudetti si decidono in Primavera. Con l’arrivo dei primi caldi si vedrà chi avrà più forze e più testa. Il Milan potrebbe dover spendere energie importanti in Champions, ma la partita resta aperta”.

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Editoriale - Galliani, Conte e Buffon: la natura del calcio italiano in una sola notte

Tutto quello che non ci è piaciuto (fuori dal campo) nella serata di Milan-Juventus: storie già viste e riviste nella storia del nostro calcio...

di Sergio Chesi - goal.com - 28-12-2012

E' arrivato il momento in cui bisogna capire di cosa si vuole parlare, dove si vuole arrivare, quale calcio si intende vivere. Se restare quelli dei complotti, delle falsità e delle polemiche, o se essere qualcosa di diverso, come sembra a cuore a chi si riempie la bocca di paroloni come morale, etica e fair play. Perchè le due cose non possono andare di pari passo, è evidente.

Premessa doverosa: noi - intesi come media - il caos lo alimentiamo, per certi versi ci sguazziamo anche. Ma perchè è la semplice natura del nostro ruolo: ci occupiamo di ciò che succede, di quel che vediamo, dei fatti che tengono banco. Se dopo Milan-Juventus si è parlato poco, pochissimo di calcio, la colpa non è nostra.

E' di un sistema, di una cultura sportiva che ogniqualvolta prova ad indossare il grembiule immacolato da scolaretto perfetto, al primo incidente di percorso diventa verde come Hulk e finisce per strapparselo di dosso per l'incazzatura. Siamo tutti bravi a predicare bene, convincenti come noi - in giro per il mondo - non ce n'è. Ma è a razzolare male che siamo i veri campioni.

La serata di San Siro, in questo senso, ha offerto un vero campionario di italianità calcistica.

Nell'intervallo Galliani si è comportato da tifoso più che da dirigente top

Andiamo in ordine di tempo, partendo dall'intervallo: perchè Adriano Galliani era sceso negli spogliatoi in cerca di un confronto con l'arbitro Tagliavento? Non esiste un regolamento che vieta contatti tra dirigenti delle squadre e direttore di gara nel corso di una partita? Per quale motivo nessuno si è preso la briga di rispettare queste regole?

Il torto subito dal Milan è di quelli pesanti, come spiegato da Robinho proprio a pochi secondi dal 45' "rischia di decidere un campionato". Ma questo non può e non deve trasformare un dirigente di tale spessore in un tifoso qualunque. Perchè sì, Galliani ha agito da tifoso. E se tutti - dal Milan al Chievo - agissero così al primo danno, ogni stadio diventerebbe saloon.

Non ci è piaciuto neanche Antonio Conte, al di là delle schermaglie da spogliatoio che lasciano il tempo che trovano. "Dispiace che questa partita sia stata caricata troppo - ha spiegato nel post-partita -, sia dagli addetti ai lavori che da chi c’era intorno. L’ambiente non era ottimale e non era bello per lo sport. Mi dispiace dirlo, ma è giusto che si dica".

Un pizzico di mea culpa s'è intravisto, ma troppo velato rispetto alla linea che Conte e la Juventus avevano scelto nelle ultime settimane. Perchè sì, se c'è qualcuno che ha caricato di pressioni aggiuntive Milan-Juve è da individuare su sponda bianconera. Si è arrivati a tanto di comunicato del club a supporto dello sfogo dell'allenatore, dopo Parma. Tutto dimenticato?

E poi Gigi Buffon. Un vero numero uno tra i pali, un vero numero uno in termini di schiettezza. Ma di tanto in tanto, un numero uno anche nelle gaffe. "Io non mi sono ovviamente accorto di nulla - ha ammesso a proposito del goal di Muntari -, perchè stavo guardando la palla e non certo la linea di porta. Devo anche dire che anche se me ne fossi accorto, in tutta sincerità, di certo non gliel'avrei detto all'arbitro, come non lo avrebbe fatto nessun altro al mio posto".

Lo stesso Buffon, poche settimane fa, dopo Juve-Siena aveva malinconicamente denunciato un malinteso con l'arbitro Peruzzo: "Io collaboro però l’arbitro mi ascolti. Tiro di Gazzi, Peruzzo mi chiede se ho deviato, rispondo di no e lui assegna l’angolo. Dico la verità ma se non si viene creduti è meglio pensare a se stessi. In 17 anni di carriera sono sempre stato onesto quando mi è stato chiesto qualcosa, altrimenti è inutile che gli arbitri ci interpellino".

C'è qualcosa che stride, nelle due esternazioni. Così come rischia di stridere la fascia di capitano meritatamente indossata da Buffon dopo anni di militanza in azzurro con il codice etico che Prandelli ha voluto per il suo nuovo corso azzurro e che rigidamente sta applicando da quando è in carica. Come avrà reagito, il cittì, alle parole del suo portiere?

Ma soprattutto: davvero noi italiani, nel calcio, possiamo permetterci di parlare di 'codice etico'? Non sarebbe molto più semplice cominciare, una volta per tutte, a comportarsi seriamente? Senza semplici moralismi, ma solo per capire a che gioco stiamo giocando.

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SPY CALCIO di Fulvio Bianchi (Repubblica.it 28-02-2012)

Amnistia nel calcio?

No di Petrucci e Figc

"Rispetto l'opera dei magistrati e dunque ringrazio Di Martino per il lavoro

che sta facendo. Ma ho sentito anche il presidente della Figc, Abete, e quella

dell'amnistia sportiva è un'ipotesi irrealizzabile": così il n.1 dello sport,

Giovanni Petrucci, commenta l'idea lanciata dal procuratore di Cremona sul

Calcioscommesse. "Proprio il Coni - aggiunge Petrucci -, in osservanza al Cio,

ha recentemente varato un codice etico per il rispetto dei principi di lealtà

e correttezza sportiva, è evidente che non possiamo essere favorevoli

all'amnistia. Nel momento in cui vengono alla luce certi episodi, il nostro

discorso deve essere chiaro dall'inizio e non dare adito a dubbi o

interpretazioni diverse".

Antonello Valentini, d.g. della Figc, da parte sua in occasione di un

convegno, ha spiegato che "l'amnistia non è stata percorribile. Il presidente

Abete e Petrucci si sono sentiti stamani, noi abbiamo già nei nostri codici

forme premiali per chi collabora e sono state utilizzate anche la scorsa

estate, nel primo processo per il calcio scommesse. Certo, è un momento

difficile per il calcio italiano e questa inchiesta giudiziaria rischia di

farci perdere credibilità. Proprio per questo credo che i protagonisti debbano

darci una mano...". Nei codici Figc, come detto da Valentini, sono già

previsti sconti per i pentiti, e il procuratore Stefano Palazzi, che sta per

iniziare gli interrogatori, sentirà moltissimi calciatori dai quali si aspetta

la massima collaborazione collaborazione. Se qualcuno vuole salvare la propria

carriera. Certo, sarà un'inchiesta lunga: sino al 15 marzo le prime audizioni,

poi toccherà anche ai big. Probabile a questo punto che il processo sportivo

si tenga in estate, durante gli Europei. Ma quando verranno scontate le

penalizzazioni? I campionati saranno sconvolti? O molti club partiranno dalla

prossima stagione con meno 3 o meno 6? E' presto per dirlo ma c'è molto timore

fra le società.

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Crespo, Dino Baggio, Asprilla:

tutto il Parma dei miracoli

indagato per bancarotta

Nell'avviso di fine indagine legato al crac Parmalat sono coinvolti dirigenti e

giocatori: venivano pagati con compensi milionari extra completamente al nero

di SILVIA BIA (il Fatto Quotidiano - Parma 28-02-2012)

Ci sono quasi tutti i giocatori del Parma dei miracoli tra gli indagati nel

filone di inchiesta del crac Parmalat che riguarda il Parma Ac. Undici

calciatori che insieme a ex dirigenti e vertici della società calcistica che

sono accusati di concorso in bancarotta fraudolenta per distrazione. In

tutto 28 indagati, tra cui compaiono anche i nomi di noti giocatori che tra il

1992 e il 2003 contribuirono a portare la squadra del Parma nell’olimpo

calcistico tra vittorie in Coppa Uefa, Coppa Italia e Coppa dei campioni.

Coinvolti nell’inchiesta sarebbero Faustino Asprilla e Dino Baggio, ma

anche lo storico capitano Lorenzo Minotti, insieme ad alcuni dei giocatori più

acclamati dalla curva Nord come Luigi Apolloni, Tomas Brolin e Massimo

Crippa. E poi Enrico Chiesa, Hristo Stoichkov, Lilian Thuram, insieme a

due calciatori ancora in attività: Juan Sebastiàn Veron e Hernan Crespo.

Secondo la Procura, che ha da poco chiuso le indagini preliminari sul caso,

in quel periodo i giocatori avrebbero concorso a distrarre e dissimulare 9

milioni e 937mila euro dalle casse di Parmalat insieme all’ex patron

Calisto Tanzi, che ai tempi era proprietario della società calcistica, e a

Domenico Barili, direttore commerciale e firmatario degli accordi di

sponsorizzazione con i calciatori. Il denaro veniva distratto con la realizzazione

di contratti fittizi per promuovere e pubblicizzare il marchio e i prodotti

Parmalat che venivano firmati da Barili e dai giocatori o società fiduciarie

ad essi riconducibili. Quindi venivano emesse false fatture, che Tanzi ordinava

di pagare con fondi provenienti da Parmalat, senza che vi fossero prestazioni

verso la società.

I pagamenti extra che i giocatori ricevevano oltre al normale compenso per il

proprio ingaggio erano consistenti: si parla di 5.647.724 dollari per Veron,

4.425.000 dollari per Asprilla, 2.654.589 dollari per Baggio, 2 milioni

per Crespo. Cifre a parecchi zero, sempre fuori busta, anche per Thuram,

con 962.355 dollari, Brolin (990. 048 dollari), Apolloni (507. 000 dollari),

Stoichkov (550.000 dollari), fino ai 449.706 di Chiesa, i 339.889 di Minotti e

i 163.774 di Crippa.

Nell’inchiesta sarebbero indagati anche 16 ex dirigenti del Parma Ac. Tra le

persone coinvolte il figlio dell’ex re del latte Stefano Tanzi, che ai tempi

era presidente della società calcistica, ma anche gli ex membri del Cda

Alessandro Chiesi, Giorgio Scaccaglia e Paolo Tanzi. Nel registro compaiono

anche i nomi degli ex sindaci del Parma Fabio Branchi, Antonio Bevilacqua

e Oreste Luciani, oltre a quello dell’ex legale rappresentante di Parmalat Asia

Alberto Maurizio Ferraris e del revisore della società Grant & Thorton

Maurizio Bianchi (per Bevilacqua, Ferraris, Stefano e Paolo Tanzi, essendo

già stati giudicati per condotta analoga nel processo principale sul crac

Parmalat, la Procura non contesterà il reato).

Secondo l’accusa gli indagati, in concorso tra loro, avrebbero alterato i

dati del bilancio del Parma chiuso il 30 giugno 2002 “al fine di conseguire,

per la società sportiva, un ingiusto profitto costituito dalla possibilità di

ridurre in modo fittizio i debiti nei confronti della controllante Parmalat

Spa”. Secondo un accordo fittizio del gennaio 2002 tra Parma A. C. ,

Parmalat Asia e Ltd (società coreana del gruppo di Tanzi), in cambio dei

diritti di sfruttamento del suo marchio fino a ottobre 2010, la società

calcistica avrebbe ricevuto 8 milioni di euro. La somma sarebbe stata

indebitamente inserita tra i ricavi del bilancio chiuso a giugno 2002. Quindi

il 20 dicembre il credito sarebbe stato ceduto a Parmalat Spa, che a sua

volta l’avrebbe girato a Bonlat, che secondo la Procura veniva utilizzata

per chiudere le falsificazioni con un fittizio incasso della somma.

Ma i movimenti di denaro illeciti non riguardavano solo il pagamento extra

dei calciatori. Le indagini riguardano anche transazioni per l’acquisto e

la cessione di giocatori. Tra queste, il caso di Amauri e dell’acquisto del

suo cartellino, effettuato quando il giocatore era già libero dalla società

precedente.

In questo caso gli indagati per bancarotta fraudolenta patrimoniale per

distrazione, oltre a Calisto Tanzi e al figlio Stefano, sono Enrico Fedele, ex

responsabile dell’area tecnica del Parma tra il 1999 e il 2001, Fabrizio

Larini, direttore sportivo del Parma tra il 1997 e il 2002, Mariano Grimaldi,

procuratore di Amauri nel 2001, insieme a Stanislao Grimaldi e Patrick Edmond

Lecourt, amministratore della Harold McKenzie counsulting Ltd e della Rothwell

management. Secondo l’accusa nell’estate 2001, a seguito di accordi tra i

Grimaldi e i dirigenti Fedele e Larini, il Parma avrebbe stipulato un

contratto fittizio con la Harold McKenzie counsulting Ltd per la consulenza

e l’acquisto del giocatore per una somma di 3, 5 milioni di dollari.

Ma Amauri aveva lasciato il Napoli il primo luglio 2001, quindi era libero di

passare al Parma senza pagamento al club precedente. Secondo la Procura

anche in questo caso l’operazione era volta a distrarre denaro: la somma versata

dal Parma alla società di Lecourt sarebbe infatti stata girata attraverso un giro

di trasferimenti su un conto di Monaco dei Grimaldi per un importo di 2

milioni e 150mila dollari.

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BASTA NICCHIATE

Vittorio Oreggia - Tuttosport -28-09-2012

Dopo aver ascoltato le dichiarazioni di Nicchi, il presidente dell'Aia, crediamo che sia cosa buona e giusta tornare all'antico, quandp neppure i vertici arbitrali avevano diritto di parola e chi dirigeva le partite di pallone viveva addirittura con il bavaglio sulla bocca. Non c'è dubbio: meglio il silenzio di fronte a certe boiate atomiche, meglio le riflessioni "addolorate" di domenica delle esternazioni di ieri, senza un senso per una cosa - gli errori macroscopici di San Siro - per una cosa che senso non ha.

Il Micchi se l'è presa con Buffon, ha attaccato le televisioni, ha scardinato il sistema messo in piedi dal designatore Braschi, perché venti arbitri sono pochi, soprattutto ha minacciato di applicare il regolamento alla lettera. Ah, però... Nicchi, sia buono, ci faccia capire, ci dischiuda un orizzonte, vuoti il sacco: fino adesso in che modo è stato applicato il regolamento? probabilmente "ad minchiam", per citare il compianto professor Scoglio, di una trasversalità tale da escludere qualsiasi tipo di malafede. D'ora in avanti "chi protesta verrà ammonito, se le proteste saranno fuori dalle righe verrà espulso, chi commetterà falli violenti verrà buttato fuori": siamo alla comicità involontaria, una summa di affermazioni che vanno oltre qualsiasi linea di demarcazione del buonsenso, più ancora del pallone di Muntari.

Nicchi ha pure confessato che voleva mandare gli arbitri in sala stampa e che farà un passo indietro. Silenzio, come ai (bei) tempi bulgari. Consiglio: cominci lui, però, a stare zitto.

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Moggi, chiesto processo dopo querela Zeman

Il rinvio a giudizio dell'ex dg della Juventus per diffamazione aggravata

Tuttosport.com 28-02-2012

TORINO - Zdenek Zeman contro Luciano Moggi. Lo 'scontro', ormai diventato un classico, rischia di arrivare in un'aula di Tribunale e ad un processo. La Procura di Milano, infatti, ha chiesto il rinvio a giudizio dell'ex dg della Juventus per diffamazione aggravata per alcune affermazioni da lui rilasciate alla stampa, al termine di un'udienza del processo sulla vicenda Calciopoli, tra cui un "non sa allenare" riferita all'allenatore ceco.

L'inchiesta del pm Letizia Mannella, che ha portato alla richiesta di processo (dovrà essere valutata dal gup), nasce da una querela presentata dall'ex tecnico del Foggia e della Roma. Il 20 novembre 2009, Zeman era stato ascoltato nel processo a Napoli (che si è concluso con la condanna per Moggi a 5 anni e 4 mesi) e aveva raccontato davanti ai magistrati che la sua carriera di allenatore era stata danneggiata dopo la sua denuncia sull' 'affaire doping' nei confronti della Juventus. In particolare, il tecnico boemo aveva spiegato che Moggi suggerì al presidente del Napoli dell'epoca, Giorgio Corbelli, di prenderlo ad allenare il club per poi esonerarlo e rovinare la sua carriera. Nell'udienza successiva, uscendo dal tribunale, Moggi aveva rilasciato dichiarazioni alla stampa a riguardo.

Dichiarazioni riportate nella querela di Zeman, che fa riferimento ad un articolo della giornalaccio rosa dello Sport (di qui la competenza della Procura di Milano) in cui Moggi dice: "Se Zeman pensa che sia stato io (...) a farlo esonerare per rovinargli la carriera, dovrebbe ringraziarmi perchè ha guadagnato cinque miliardi di lire netti per un anno". Moggi, come riporta l'articolo, ha spiegato inoltre che Zeman è stato esonerato dal Napoli, dalla Lazio, dalla Salernitana, dal Lecce, dal Fenerbahce e dalla Stella Rossa "perchè non sa allenare, è lento e impacciato nel parlare e i giocatori non lo capiscono".

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ESCLUSIVA TJ - Luciano Moggi: "I moralisti ringrazino Dio che c'è Buffon. Pellegatti? Mancanza di rispetto totale verso Conte. Zeman è il re nell'arte di far confusione"

Luciano Moggi è un fiume in piena e in esclusiva per TuttoJuve.com dice la sua su tutto: dal caso Buffon agli insulti ricevuti da Conte nel dopo Milan-Juventus, passando per il calcioscommesse e la disputa che lo porterà in tribunale faccia a faccia contro il suo rivale Zeman.

Direttore, partiamo dal caso Buffon: da che parte sta?

"In difesa di Gigi ci mancherebbe. Quando si dicono cose a caldo, può capitare di dire cose che non hanno nulla a che vedere con il momento. Non dobbiamo dimenticarci che c'è la rabbia e la tensione del dopo partita ad incidere. Sabato è successo di tutto con il gol valido annullato a Matri e il gol in malo modo annullato a Muntari che era buono. Buffon ha espresso liberamente un prorpio pensiero non capisco tutta questa caccia alle streghe e moralismi...".

Lei poi lo conosce bene, cosa ha pensato?

"Gigi è un ragazzo acqua e sapone. Fondamentalmente ha detto una cosa che pensano tutti. A sua discolpa aggiungo che è difficile accorgersi nel frangente di un secondo mentre si gioca e si compie un movimento se la palla è entrata o meno".

Eppure c'è chi non lo vorrebbe più in Nazionale...

"Buffon è stato ingenuo, ma sincero e leale nelle sue esternazioni. Siamo di fronte a un campione che ha dato tanto a Juve e Nazionale. Quelli che non lo voglio e ritengono meritevole dell'azzurro dovrebbero ringraziare Dio di avere in porta un fuoriclasse come Gigi".

Ieri è emersa la possibilità di un'amnistia per il calcioscommesse, che ne pensa?

"Sono rimasto senza parole di fronte ai moralisti e alle affermazioni del piemme De Martino. Ci vuole l'amnistia altrimenti si ferma il calcio: dire ciò è una vergogna! Ci sono state partite falsate con un giro di soldi che ha taroccato la regolarità delle gare. Il calcio se si deve fermare per ripulirlo s'ha da fermare".

Tutto il contrario di Calciopoli...

"Su Calciopoli e il calcioscommesse stiamo assistendo a due pesi e due misure. Meno male che il Coni ha detto che è irrealizzabile l'amnistia. Io non la voglio, le assoluzioni me le conquisto da sole. Ci vuole giustizia per le tante famiglie rovinate da questi scandali".

Un suo ex giocatore, ora allenatore, Antonio Conte è stato esposto ad una gogna mediatica...

"Guardi lasciamo stare questo capitolo che è disdicevole. Trattare Conte come ha fatto Pellegatti non è da giornalisti. C'è stata una mancanza di deontologia. Antonio si sarà pure allargato precedentemente in qualche dichiarazione, ma un conto è provocare un altro è insultare".

Un'ultima battuta sul possibile processo che la vedrà rispondere in aula alle accuse di Zeman...

"Certi personaggi non meritano neppure risposta. Non hanno nulla da dire. Zeman spicca nell'arte del far confusione: tante parole ma fatti zero".

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Modificato da huskylover

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L’iniziativa Una postilla nel contratto: «Estraneità a fatti illeciti»

Il Varese ai suoi giocatori

«Siete onesti? Firmate qui»

Clausola etica: stipendio tagliato a chi sgarra

di CLAUDIO DEL FRATE (CorSera - Milano 28-02-2012)

VARESE — «Noi ci stiamo spendendo per un campionato pulito; non stiamo

facendo nulla di eccezionale, ma vedo che il nostro mondo è piuttosto in ritardo

su questa strada...». Antonio Rosati, presidente del Varese, ha alle spalle una

carriera da manager dello sport tutto sommato breve, ma potrebbe passare alla

storia come il primo patron calcistico che ha introdotto una clausola etica

nei contratti da far firmare ai suoi atleti. A tutti i giocatori della società

biancorossa, oggi sesta nel torneo di serie B, verrà fatta sottoscrivere una

postilla al contratto che li impegna a dichiarare di non essere mai stati

coinvolti in episodi di illecito sportivo e che li sottopone a severe sanzioni

nel caso in cui violassero questa norma di fair play.

Uno potrebbe pensare: è la scoperta dell'acqua calda. Errore, perché oggi

i calciatori godono spesso di tutele al cui confronto l'articolo 18 degli operai

è niente. Cristiano Doni, tanto per fare un esempio, continua a percepite

l'ingaggio dall'Atalanta, benché reo confesso e squalificato per combine

mentre il Bari — altra società nell'occhio del ciclone — per non subire

penalità in classifica ha dovuto pagare gli arretrati anche ai suoi tesserati

sospettati di essersi venduti le partite del passato torneo.

«Le regole che vogliamo darci — ha spiegato ieri mattina il presidente Rosati

— sono a tutela sia dei calciatori sia della società. Quest'ultima, per il

criterio della responsabilità oggettiva, rischia spesso di pagare per colpe di

cui non è affatto consapevole o per i gesti di qualche tesserato che perde la

testa».

Gli eventi del calcioscommesse non hanno macchiato la reputazione del

Varese,ma la società si sente comunque penalizzata («Club che l'anno

scorso arrivarono davanti a noi oggi si ritrovano coinvolti nelle indagini. . . »

ha rimarcato Rosati); dunque l'operazione etica è figlia dei tempi che il calcio

italiano sta attraversando. I dettagli giuridici sono stati illustrati

dall'avvocato Stefano Amirante, consulente legale della società: «Il Varese

chiede innanzitutto ai suoi tesserati una sorta di "autocertificazione", un

attestato di estraneità a fatti illeciti. Se questa norma dovesse essere

violata, il Varese la potrà far pesare davanti al collegio arbitrale e

ottenere una riduzione dell'ingaggio fino al 100% oppure anche la risoluzione

del contratto. Da parte sua il Varese vuole in questo modo far capire che sta

facendo tutto quanto in suo potere per prevenire episodi di "infedeltà" alla

maglia e alle regole».

Un meccanismo non facilissimo, ma che è figlio degli scarsi poteri

sanzionatori che oggi i club hanno nei confronti dei loro tesserati: prima di

un pronunciamento della giustizia sportiva il calciatore può ricevere un

ammenda pari al massimo al 5% del suo stipendio. Domenica ai giocatori

biancorossi è stata illustrata la clausola etica a cui dovranno aderire. Il

primo a sottoscriverla è stato Emanuel Rivas, argentino, approdato a gennaio

al Varese proveniente dal Bari. Che in fatto di scommesse a quanto pare non

era un «ambientino» facile. Rivas ha firmato senza la minima esitazione. Se

non altro un ottimo auspicio.

Dalle parole

si passa ai fatti.

Finalmente

di FABIO MONTI (CorSera - Milano 28-02-2012)

L'esempio del Varese, in linea con quanto ipotizzato

dall'accordo collettivo fra le società della Lega di B e il

Sindacato calciatori, firmato l'8 novembre a Vicenza, apre la

strada alla mobilitazione contro il malaffare che coinvolge il

pallone italiano. Una mobilitazione più volte invocata dal Coni

e dalla Federcalcio, in questi ultimi tre mesi e che fin qui non

ha trovato risposte chiare dalla lega di A. È un segnale

importante, perché si passa dalle parole ai fatti e perché

dimostra come il Varese, per primo, abbia avvertito la gravità

della situazione e i rischi legati alla tentazione da parte dei

tesserati di scivolare nell'illecito, finendo per coinvolgere i

club. La passione della gente nella regolarità del pallone va

salvaguardata al di là di ogni ragionevole dubbio.

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